Sezione multimediale minoranze linguistiche calabresi - Materiale girato grezzo


Documentazione televisiva tratta dai materiali d'archivio della Cooperativa "Raffaele Lombardi Satriani" - materiale girato grezzo.

I racconti di Domenico Maviglia - Le misere condizioni di vita ad Africo Vecchio e la catastrofica alluvione nel 1951
I racconti di Domenico Maviglia - Le misere condizioni di vita ad Africo Vecchio e la catastrofica alluvione nel 1951
Reggio Calabria
17.10.1999
Il lungo racconto di Domenico Maviglia, classe 1925, costituisce un’eccezionale testimonianza sulle condizioni di vita ed il tessuto sociale-politico ed economico di Africo Vecchio, prima e dopo la devastante alluvione dell’ottobre 1951. L’acqua e la corrente elettrica arrivarono quando ormai il paese era disabitato, con quasi tutti gli abitanti trasferiti nei campi di raccolta, da Bova Marina a Reggio, Fiumara di Muro, Palmi. Si viveva con qualche prodotto della terra, per ogni altra necessità bisognava spostarsi a piedi sulle mulattiere, 12-15 ore di cammino per andare e tornare da Brancaleone oppure si andava a Bova Marina, dove i prodotti erano meno cari. Dalla memoria emergono gli anni bui del fascismo, il voto degli africesi e poi i drammatici e lucidissimi ricordi dei lunghi giorni di pioggia, il paese che inizia a scivolare giù, le frane, le case crollate e la morte che piomba su Africo e Casalnuovo.

I racconti di Domenico Maviglia - In cammino verso Bova per la salvezza ed i retroscena della costruzione di Africo Nuovo
I racconti di Domenico Maviglia - In cammino verso Bova per la salvezza ed i retroscena della costruzione di Africo Nuovo
Reggio Calabria
17.10.1999
Dopo l’alluvione, un intero paese si mette in marcia per raggiungere Bova. Il cibo scarseggiava già prima della devastazione, ad Africo non c’erano più le condizioni per vivere. Maviglia racconta dettagliatamente la trattativa politica per spostare il paese in località Cersabella, nei dintorni di Cosoleto. Gli abitanti erano d’accordo a cedere le rispettive proprietà per avere una nuova casa nella Piana e trovare lavoro nella florida agricoltura del posto, salvo poi scoprire che, all’insaputa dei più, con un accordo tra don Stilo ed il comunista Musolino, Africo Nuovo era stato ricostruito a Bianco. La scelta dei Campi di Bova era già fallita per i cattivi rapporti con i bovesi e per la mancanza d’acqua in quel sito. Subentra un forte sentimento di delusione per le condizioni di estrema povertà e il disimpegno della politica e del partito comunista.

I racconti di Domenico Maviglia - Come Zanotti Bianchi scoprì Africo, la costruzione dell’asilo e della scuola, api e arnie di canna
I racconti di Domenico Maviglia - Come Zanotti Bianchi scoprì Africo, la costruzione dell’asilo e della scuola, api e arnie di canna
Reggio Calabria
17.10.1999
Domenico Maviglia racconta l’incontro del nonno materno, abitante a Santo Stefano d’Aspromonte, con Umberto Zanotti Bianco e l’invito fattogli di recarsi ad Africo per intervenire sulle drammatiche condizioni di vita in quel luogo. Fu così che nel paese furono costruiti l’asilo, la scuola, la caserma, il municipio, le case per il personale del Genio Civile. Maviglia passa poi dagli anni della scuola elementare all’attività di operaio forestale ed apicoltore, produttore anche di grappa al miele ed idromele. Racconta delle arnie di canna ed altri manufatti con materiali naturali.
Infine, torna all’alluvione del 1951, alle fasi di salvataggio degli abitanti, l’aiuto degli americani e gli episodi di sciacallaggio.

I ricordi dell’aratura con i buoi e la semina del grano
I ricordi dell’aratura con i buoi e la semina del grano
San Pantaleone (RC)
27.11.1999
Domenico Mangiola ha sempre coltivato i suoi terreni in colonìa e racconta il duro lavoro per rendere il terreno produttivo: l’aratro costruito in legno, i buoi presi in affitto ed “appaiati”, la semina del grano majorca, con gesto leggero e sapiente. Ma anche il momento della mietitura, con l’allegria dei balli al suono di tamburello e ciaramella, ed il trasporto del grano al mulino a dorso d’asino. Quindi, mostra qualche attrezzo di lavoro ed utensile e ne ricorda il nome.

Alla scoperta del centro storico di Guardia Piemontese accolti dal poeta occitano Giuseppe Visca
Alla scoperta del centro storico di Guardia Piemontese accolti dal poeta occitano Giuseppe Visca
Guardia Piemontese (CS)
04.01.2000
Dopo una serie di immagini panoramiche del piccolo centro cosentino, che costituisce un’isola occitana nel meridione d’Italia, il poeta Giuseppe Visca rivolge un saluto nell’antica lingua dei valdesi e recita una delle sue poesie, come ha fatto per buona parte della vita accompagnando i visitatori tra le vie del borgo e facendo loro cogliere le atmosfere e la sonorità della lingua occitana. La Roccia di Val Pellice, portata dal Piemonte e collocata dove sorgeva il tempio valdese, ricorda le 118 vittime della persecuzione religiosa del 1561. Attraverso i vicoli si osservano scene di vita e lavoro quotidiani fino ad arrivare al Museo della civiltà contadina, ricco di oggetti, abiti ed arredi. Ogni pezzo porta il suo nome in lingua occitana, custode e memoria delle tradizioni del popolo francese e piemontese accolto dalla Calabria.

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