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Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione Siciliana - Sentenza n. 851/2022 [Responsabilità della P.A.]
Responsabilità del legislatore per illecito costituzionale - domanda di risarcimento dei danni conseguenti - infondatezza

Secondo la ricostruzione effettuata dalla giurisprudenza della Corte di cassazione e da quella amministrativa, in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale di una legge regionale, per violazione della potestà legislativa statale, ovvero di una legge statale, deve escludersi una responsabilità per "illecito costituzionale", che sia rilevante sul piano risarcitorio, in quanto, essendo la funzione legislativa espressione di un potere politico, incoercibile e sottratto al sindacato giurisdizionale, rispetto ad esso non possono configurarsi situazioni giuridiche soggettive dei singoli, protette dall'ordinamento.

Infatti, occore ricordare che la funzione legislativa è per definizione "libera nei fini", salvi i limiti costituzionali, per cui un eventuale danno - a differenza di quanto avviene di fronte all'azione amministrativa e di quanto previsto per la responsabilità dello Stato italiano nell'ipotesi di violazione del diritto dell'Unione europea da parte del legislatore - non può essere definito "ingiusto" e, dunque, dare luogo al risarcimento.

 

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Tar Emilia Romagna - Sentenza n. 511/2022 [Procedure esecutive]
Enti del Servizio sanitario della Regione Calabria - art. 16-septies, comma 2, lett g), d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, convertito con mod. con l. 17 dicembre 2021, n. 215 - divieto temporaneo di intraprendere o di proseguire azioni esecutive - giudizio di ottemperanza - estensione - violazione degli articoli 24 e 113 Cost. - questione di legittimità costituzionale

E' rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lett. g), d.l. 21 ottobre 2021, n. 146 (Misure urgenti in materia economica e fiscale, a tutela del lavoro e per esigenze indifferibili), come introdotto dalla legge di conversione 17 dicembre 2021, n.215, che dispone - fino al 31 dicembre 2025 - il divieto di intraprendere nuove azioni esecutive, o di proseguire quelle già avviate, nei confronti degli Enti del Servizio sanitario della Regione Calabria, per contrasto con gli artt. 24 e 113 della Costituzione.

Secondo il Tribunale amministrativo, infatti, la norma in questione, per il lunghissimo periodo di quattro anni, determina l'impossibilità per i creditori degli Enti del Servizio sanitario regionale della Calabria di ottenere dal giudice amministrativo la tutela giurisdizionale esecutiva, in ragione del provvedimento giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario, comportando altresì un'ingiustificata disparità tra debitore pubblico e creditori privati.

 

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Consiglio di Stato - Sentenza n. 4517/2022 [Diritto di accesso]
Accesso difensivo - caratteristiche - nozione di strumentalità

Posto che la legge 7 agosto 1990, n. 241 definisce l'accesso ai documenti amministrativi quale principio generale dell'attività amministrativa, al fine di favorire la partecipazione e di assicurarne l'imparzialità e la trasparenza, l'art. 24 della medesima legge, al comma 7 stabilisce che "Deve comunque essere garantito ai richiedenti l'accesso ai documenti amministrativi la cui conoscenza sia necessaria per curare o per difendere i propri interessi giuridici".

Secondo il costante orientamento del Consiglio di Stato, in tema di accesso difensivo occorre applicare una nozione ampia di "strumentalità" del diritto di accesso, nel senso della finalizzazione della domanda ostensiva alla cura di un interesse diretto, concreto, attuale e non meramente emulativo o potenziale, connesso alla disponibilità dell'atto o del documento del quale si richiede l'accesso: in particolare, si è affermato che il legame tra la finalità dichiarata e il documento richiesto è rimesso alla valutazione dell'ente, in sede di amministrazione attiva, e del giudice amministrativo, in sede di giurisdizione esclusiva.

Tale valutazione va effettuata in astratto, senza apprezzamenti diretti (e indebiti) sulla documentazione richiesta, la quale deve essere genericamente mezzo utile per la difesa dell'interesse giuridicamente rilevante, e non strumento di prova diretta della lesione di tale interesse.

Resta in ogni caso fermo che la valorizzazione del principio della massima ostensione non può essere estesa fino al punto da legittimare un controllo generalizzato, generico e indistinto del singolo sull'operato dell'amministrazione.

 

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Tar Emilia Romagna - Sentenza n. 416/2022 [Concorsi pubblici]
Soccorso istruttorio - caratteristiche e limiti - rapporti con i principi di autoresponsabilità e di par condicio dei concorrenti

Secondo l'orientamento prevalente in giurisprudenza, nelle selezioni concorsuali il soccorso istruttorio di cui all'articolo 6 della legge n. 241 del 1990 presenta un contenuto molto più ridotto rispetto al soccorso previsto nel Codice degli appalti pubblici vigente (art. 83, comma 9, d.lgs. n. 50/2016). In particolare, esso non può sopperire ad errori commessi nella presentazione della documentazione specie ove non agevolmente riconoscibili, pena la violazione del principio di autoresponsabilità dei candidati e di par condicio.

Tuttavia, un orientamento più recente (cui aderisce la presente pronuncia) ritiene che, anche nei concorsi pubblici, il soccorso istruttorio non è una facoltà ma rappresenta un dovere per l'Amministrazione, non potendo essere pregiudicato l'interesse pubblico alla selezione dei candidati migliori da meri errori formali facilmente emendabili mediante la collaborazione dell'Amministrazione stessa.

In questi casi, il limite all'attivazione del soccorso istruttorio va fatto coincidere con la mancata allegazione di un requisito di partecipazione ovvero di un titolo valutabile in sede concorsuale, poiché, effettivamente, consentire ad un candidato di dichiarare, a termine di presentazione delle domande già spirato, un requisito o un titolo non indicato, significherebbe riconoscergli un vantaggio rispetto agli altri candidati in palese violazione della par condicio (così Consiglio di Stato sez V, 22 novembre 2019, n. 7975; in termini T.A.R. Abruzzo L'Aquila, 1 aprile 2021, n. 172).

 

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Consiglio di Stato - Sentenza n. 3738/2022 [Edilizia ed urbanistica]
Titolo edilizio - permesso di costruire - apposizione di condizioni da parte dell'Amministrazione - ammissibilità - condizioni

In base all'orientamento giurisprudenziale prevalente, deve ritenersi legittima la prassi di apporre condizioni ad un titolo edilizio, purchè queste siano previste dalla legge o comunque rispondano a rilevanti esigenze di interesse pubblico e, inoltre, non siano idonee a snaturare il contenuto tipico del provvedimento stesso, essendo coerenti con il fine pubblico previsto dalla norma attributiva del potere.

Infatti, premesso che in linea generale la possibilità di sottoporre un provvedimento amministrativo ad una condizione civilisticamente intesa è stata espressamente riconosciuta dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, con particolare riferimento all'apposizione di condizioni ad un titolo edilizio, è stato tra l'altro chiarito che " Non è di per sé vietato, anzi è ammissibile, inserire nel provvedimento di concessione edilizia, in via generale ed in mancanza di specifiche disposizioni di legge contrarie, prescrizioni a tutela sia dell'ambiente, sia del tessuto e del decoro abitativo, in quanto tali clausole, che esattamente sono dette "prescrizioni", semplificano la procedura, giacché senza di esse occorrerebbe respingere l'istanza del privato (spiegando i punti del progetto che devono essere rivisti), ripresentare il progetto e, poi, riapprovare il progetto emendato" (così Consiglio di Stato sez. VI, 09/11/2018, n.6327).

 

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Consiglio di Stato - Sentenza n. 2882/2022 [Processo amministrativo]
Ricorso collettivo - ammissibilità - requisiti

Secondo il consolidato orientamento della giurisprudenza amministrativa, i presupposti di ammissibilità del ricorso collettivo sono: a) la mancanza del conflitto di interesse tra i ricorrenti; b) l'identità di situazioni sostanziali e processuali, e cioè che le domande giudiziali siano identiche nell'oggetto, e che gli atti impugnati abbiano lo stesso contenuto e vengano censurati per gli stessi motivi.

Nella fattispecie in esame, invece, il ricorso, proposto unitamente da docenti di ruolo e da docenti inseriti nelle graduatorie provinciali permanenti, va dichiarato inammissibile, sia in quanto i ricorrenti rappresentano una platea di soggetti diversificati in ragione della natura giuridica del rapporto di lavoro instaurato con l'Amministrazione resistente, sia perchè le ragioni dell'impugnazione sono parimenti differenziate e mirano alla caducazione dell'atto impugnato per profili diversi.

 

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Consiglio di Stato - Sentenza n. 2518/2022 [Appalti pubblici]
Procedure di affidamento - impugnabilità degli atti relativi - ricorso straordinario al Capo dello Stato - ammissibilità - esclusione.

In materia di procedure di affidamento di contratti pubblici, a norma dell'art. 120, comma 1, c.p.a., il rimedio giurisdizionale avverso gli atti illegittimi facenti parte delle relative procedure è unico, e si riduce al solo ricorso al Tribunale amministrativo regionale competente, con esclusione, quindi, del ricorso straordinario al Capo dello Stato.

La scelta del legislatore di escludere l'uso degli strumenti di tutela giustiziale, come il ricorso straordinario, trova giustificazione nella complessiva ratio che sorregge la disciplina dettata dal codice del processo amministrativo per tale tipo di controversie, cadenzata da tempi processuali serrati e stringenti, il cui rispetto sarebbe certamente pregiudicato dallo svolgimento di una fase contenziosa da svolgersi davanti all'amministrazione.

Infatti, l'esigenza di una tutela da concludere in tempi rapidi non sarebbe compatibile con la possibilità, per l'interessato, di attivare un contenzioso dopo centoventi giorni dall'emanazione dei provvedimenti impugnati; con ulteriore allungamento dei tempi nell'ipotesi di istanza di trasposizione proposta dall'amministrazione appaltante o dai controinteressati.

 

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Consiglio di Stato - Sentenza n. 2019/2022 [Diritto di accesso]
Accesso civico generalizzato di cui all'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33/2013 - presupposti e limiti - differenze con l'accesso documentale di cui alla legge n. 241 del 1990

Il c.d. accesso civico generalizzato, previsto dall'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33/2013, risponde all'intento di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche, nonchè di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico.

Sebbene il legislatore, a differenza di quanto stabilito con riguardo all'accesso documentale di cui alla l. n. 241/1990, non subordini l'esercizio del diritto di accesso civico ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente nè richieda per esso una specifica motivazione a supporto, ciò non rende l'istituto uno strumento atto a legittimare un accesso civico indiscriminato ai dati, alle informazioni ed ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni.

In particolare, nella fattispecie di un'istanza ostensiva avanzata da un'associazione sindacale finalizzata a conoscere - tra l'altro - l'appartenenza sindacale di soggetti più o meno determinati, sussiste la necessità di verificare la compatibilità dell'accesso con le eccezioni relative previste dall'art. 5 bis, commi 1 e 2, d.lgs. n. 33/2013 a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, contemplati da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza.

Presupposto imprescindibile dell'ammissibilità dello strumento in esame, dunque, è la sua strumentalità alla tutela di un interesse generale, come previsto dal Regolamento n. 2016/679/UE: esso può essere utilizzato solo per evidenti ed esclusive ragioni di tutela di interessi propri della collettività generale dei cittadini, non anche a favore di interessi riferibili, nel caso concreto, a singoli individui od enti associativi particolari.

 

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TAR Lombardia - Sentenza n. 245/2022 [Pubblico impiego]
Procedura di mobilità compartimentale - natura ed effetti - giurisdizione del Giudice Amministrativo - non sussiste

Delle controversie che originano da una procedura di mobilità compartimentale, conosce il Giudice ordinario in funzione di Giudice del lavoro e non il Giudice amministrativo.

Nel caso di rapporto di pubblico impiego contrattualizzato, infatti, la giurisdizione del Giudice amministrativo è limitata alle controversie che hanno ad oggetto le procedure concorsuali prodromiche alla instaurazione del rapporto di lavoro o alla novazione oggettiva del rapporto già esistente. Tra questi casi non rientra la procedura di mobilità, la quale non dà luogo a un nuovo rapporto di lavoro, ma a una cessione del contratto già in essere.

Precisamente, per effetto della mobilità il rapporto di pubblico impiego non si instaura ex novo in seguito ad un diverso inquadramento del lavoratore già dipendente, ma è il medesimo rapporto di lavoro che prosegue con l'Amministrazione cessionaria.

 

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Tar Sardegna - Sentenza n. 99/2022 [Procedimento Amministrativo]
Procedimento amministrativo - preavviso di rigetto ex art. 10bis L. n.241/1990 - osservazioni formulate dal privato - comunicazione tramite PEC - mancata consegna all'Amministrazione - conseguenze

A norma dell'art. 3 del Codice dell'Amministrazione digitale (D.lgs. n.82/2005), sussiste un diritto dei cittadini all'uso delle tecnologie telematiche nelle comunicazioni con le pubbliche Amministrazioni, a fronte del quale vi è un dovere di queste ultime di consentire che tale uso sia effettivamente garantito adottando tutti i comportamenti necessari, tra cui la cura della casella di posta elettronica onde evitare che risulti piena. La violazione di tali doveri, tuttavia, non può comportare, almeno in assenza di una espressa previsione di legge, una presunzione di conoscenza del contenuto di documenti che non erano pervenuti all'Amministrazione.

Nella fattispecie, relativa all'invio tramite PEC da parte di un cittadino ad un'Amministrazione comunale di osservazioni formulate, nell'ambito di un procedimento amministrativo, ai sensi dell'art. 10bis della legge 241/90, il privato è incorso, a sua volta, in una violazione dei canoni comportamentali della correttezza e della buona fede, in quanto pur avendo ricevuto il messaggio del gestore della posta elettronica che gli comunicava la mancata consegna all'Amministrazione delle osservazioni da lui inviate e, dunque, pur avendo avuto piena contezza dell'impossibilità per l'Amministrazione di conoscerne il contenuto, non si è ulteriormente attivato per mettere nella effettiva disponibilità dell'Amministrazione le sue osservazioni.

 

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