Pubblicato il 21/07/2022
N. 00851/2022REG.PROV.COLL.
N. 00875/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il CONSIGLIO DI GIUSTIZIA AMMINISTRATIVA PER LA REGIONE SICILIANA
Sezione giurisdizionale
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 875 del 2021, proposto dalla -OMISSIS- s.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dagli avvocati xxxxxx xxxx e xxxxxx xxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
il Comune di -OMISSIS-, in persona del Sindaco pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxxx xxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
nei confronti
della -OMISSIS- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, e della -OMISSIS- s.r.l., affiliato -OMISSIS- s.p.a., in persona del legale rappresentante pro tempore, non costituiti in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per la Sicilia, sezione staccata di Catania (Sezione Seconda) n. 1811/2021, resa tra le parti, depositata il 1° giugno 2021, non notificata, pronunciata nel giudizio di primo grado n.r.g. 1527/2019;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio del Comune di -OMISSIS-;
Vista l'ordinanza collegiale n. 708 del 16 giugno 2022;
Visto il decreto presidenziale n. 191 dell'8 luglio 2022;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore, nell'udienza pubblica del giorno 16 giugno 2022, il consigliere Michele Pizzi e uditi per le parti l'avvocato xxxxx xxxx, anche su delega dell'avvocato xxxx xxxx, e l'avvocato xxxxx xxxx, su delega dell'avvocato xxxxx xxxxx;
Ritenuto e considerato in fatto ed in diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO
1. Con ricorso proposto innanzi al T.a.r. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, notificato il 1° ottobre 2019 e depositato il 2 ottobre 2019, la società -OMISSIS- s.r.l. esponeva:
- di essere iscritta nel registro delle imprese di Palermo e di gestire un punto vendita di occhiali (c.d. attività di vicinato) presso il centro commerciale A., denominata "xxxxxxx xxxxx", situato in -OMISSIS-, in contrada del Fusco, località Pantanelli;
- di aver presentato, in data 29 maggio 2019, al s.u.a.p. del Comune di -OMISSIS-una s.c.i.a. per l'attività di vicinato per la vendita di occhiali da sole, montature vista, prodotti per contattologia e accessori oftalmici, chiedendo il rilascio dell'autorizzazione amministrativa in deroga per l'attività di vendita di articoli di ottica oftalmica e relativi accessori;
- che il Comune di -OMISSIS-, con provvedimento prot. n. 104956 del 3 luglio 2019, aveva negato il rilascio dell'autorizzazione in deroga;
- che nella medesima data del 3 luglio 2019, il Comune di-OMISSIS-, con nota prot. n. 104946, aveva precisato che l'attività consentita, presso il punto vendita situato nel centro commerciale A., era solo quella relativa alla vendita di occhiali premontati, e non anche l'attività di ottico;
- che nonostante la richiesta di riesame, il Comune di -OMISSIS- aveva confermato il diniego.
2. L'-OMISSIS- s.r.l. pertanto, con ricorso contenente altresì domanda cautelare, impugnava, unitamente agli atti presupposti:
a) il provvedimento del Comune di -OMISSIS- prot. n. 104956 del 3 luglio 2019, di rigetto della domanda di autorizzazione in deroga per l'attività di vendita di articoli di ottica oftalmica e relativi accessori, da svolgere all'interno del centro commerciale denominato "xxxx xxxxx", situato in-OMISSIS-, contrada del Fusco, località Pantanelli;
b) la nota comunale prot. n. 104946 del 3 luglio 2019, contenente "Precisazioni";
c) il provvedimento del Comune di -OMISSIS- prot. n. 155883 del 28 agosto 2019, di conferma del diniego.
2.1. La ricorrente chiedeva altresì il riconoscimento del diritto a godere della deroga disposta dall'articolo 1, comma 2, della legge regionale della Sicilia n. 12/2004.
3. Il ricorso di primo grado era articolato nei seguenti due motivi:
i) violazione dell'art. 1, comma 2, della legge regionale n. 12/2004, e delle indicazioni provenienti dalla sentenza della CGUE 26 settembre 2013, in causa C-539/11, difetto di istruttoria e di motivazione, violazione e falsa applicazione degli articoli 4 e 41 della Costituzione, violazione dell'art. 3 della legge n. 241/1990 e della corrispondente previsione della legge regionale n. 7/2019, e dell'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, eccesso di potere, assenza di contraddittorio, disparità di trattamento, contraddittorietà ed ingiustizia manifesta, mancata rispondenza all'interesse pubblico all'ordinato svolgimento delle attività commerciali in regime di concorrenza, per aver il Comune di -OMISSIS-, con il provvedimento prot. n. 104956 del 3 luglio 2019, omesso di compiere un'adeguata istruttoria a sostegno del diniego dell'autorizzazione in deroga, contenendo il gravato provvedimento affermazioni in parte assertive, in parte inconcludenti ed in parte rimesse a valutazioni imprenditoriali che non dovrebbero essere proprie del Comune, considerato oltretutto che il successivo provvedimento di conferma del diniego del 28 agosto 2019 ha fatto riferimento ad atti endoprocedimentali - non comunicati alla ricorrente - successivi alla data del 3 luglio 2019, con ciò dimostrandosi che l'istruttoria vera e propria - senza tuttavia la partecipazione procedimentale dell'-OMISSIS- - fu portata a termine successivamente all'adozione del primo provvedimento di diniego; inoltre il Comune di -OMISSIS-, nel prendere in considerazione i centri commerciali ove collocare l'attività di ottico, ha omesso di valutare che questi coinvolgono un bacino molto più ampio di possibile utenza-clientela rispetto a quello segnato dai confini comunali, tenuto conto altresì che lo studio d'impatto - preso a riferimento dal Comune di -OMISSIS- nel provvedimento di conferma del diniego del 28 agosto 2019 - sarebbe ultroneo ed inconferente al caso di specie, riferendosi "al Centro commerciale nella sua interezza e non al più "modesto" e fattibile esercizio di ottica" (pag. 8 del ricorso di primo grado); inoltre l'invalidità del gravato diniego del 3 luglio 2019 sarebbe "confermata dalla circostanza che il Comune di -OMISSIS- era al tempo della domanda di -OMISSIS- srl sprovvisto di alcuna pianificazione delle attività di ottico, in contrasto con quanto richiesto da CGUE 26 settembre 2013, in causa C-539/11, e che allora non poteva impedire alcunché all'odierna ricorrente" (pag. 9 del ricorso di primo grado);
ii) illegittimità del diniego opposto per l'intervenuta abrogazione dell'art. 1 della legge regionale della Sicilia n. 12/2004, incostituzionalità della disciplina regionale per violazione degli articoli 3, 41 e 117, comma 2, lett. e) e lett. l) della Costituzione, in quanto i limiti fissati dall'art. 1 della menzionata legge regionale all'esercizio dell'attività di ottico contrastano con i limiti posti dalla Costituzione alla potestà legislativa regionale in materia di ordinamento civile e di concorrenza, rimesse entrambe alla potestà legislativa esclusiva dello Stato, con la conseguenza che "la l.r. Sicilia n. 12/2004 risulta in contrasto con il principio di uguaglianza (art. 3), con il diritto al lavoro (art. 4), con il riconoscimento dell'iniziativa economica privata (art. 41) e con i limiti propri della potestà regionale riguardo l'ordinamento civile e la tutela della concorrenza" (pag. 12 del ricorso di primo grado), con conseguente necessità di sollevare questione di legittimità costituzionale della norma regionale; inoltre la disciplina regionale risulterebbe in contrasto con la tendenza alla liberalizzazione dei servizi e dell'attività commerciale tipica della legislazione statale, come emerge dall'art. 1 del decreto legge n. 223/2006, convertito con modificazioni in legge n. 248/2006, dal decreto legislativo n. 59/2010 (richiamato dalla circolare dell'Assessorato attività produttive della Regione Sicilia n. 3 del 12 febbraio 2014), dall'art. 3 del decreto legge n. 138/2011, convertito con modificazioni con legge n. 148/2011, dall'art. 1 del decreto legge n. 1/2012, convertito con modificazioni dalla legge n. 27/2012, con la conseguenza che: "la limitazione dell'art. 1, comma 1, l.r. n. 12/2004, risulta essere stata abrogata dal d.l. 138/2011, e poi dall'art. 1 d.l. n. 1/2012" (pag. 16 del ricorso di primo grado).
4. Il Comune di -OMISSIS-, con memoria del 22 ottobre 2019, si costituiva nel giudizio di primo grado chiedendo il rigetto del ricorso.
5. La ricorrente, con memoria del 30 ottobre 2019, notificata al Comune di -OMISSIS- ed ai controinteressati in pari data, precisava di aver ottenuto un'autorizzazione in data 14 ottobre 2019, essendo stata "costretta ad acquistare un'autorizzazione [...] per poter lavorare presso il Centro Commerciale ed evitare sanzioni pressoché quotidiane a suo carico".
5.1. Nella medesima memoria notificata - da valere come ricorso per motivi aggiunti - la ricorrente articolava le seguenti due ulteriori censure avverso i medesimi provvedimenti già impugnati con il ricorso introduttivo:
i) violazione del dovere di correttezza del Comune di -OMISSIS- nel non dare seguito alle richieste di -OMISSIS- s.r.l. del 6 e del 7 luglio 2019 e del 21 agosto 2019, in contrasto con l'obbligo in capo alle pubbliche amministrazioni di interloquire con il soggetto privato ai sensi degli articoli 1, 7 ed 8 della legge n. 241/1990 e delle corrispondenti norme della legge regionale della Sicilia n. 7/2019, nonché del principio espresso dall'art. 41 della Carta dei diritti fondamentali dell'Unione europea, violazione dell'art. 97 della Costituzione, difetto di istruttoria, considerato che il gravato provvedimento di conferma del diniego prot. n. 155883 del 28 agosto 2019, per il suo contenuto, non sarebbe affatto un atto di riscontro alle citate istanze presentate dalla -OMISSIS-, non prendendo a riferimento le osservazioni presentate, ma occupandosi di altri argomenti e, precisamente, del c.d. layout del centro commerciale;
ii) illegittimità del provvedimento di conferma del diniego prot. n. 155883 del 28 agosto 2019 per contraddittorietà manifesta, irragionevolezza, aggravamento del procedimento, difetto di istruttoria e di motivazione, ingiustizia manifesta e sproporzionatezza, violazione dell'art. 1 della legge regionale n. 12/2004 e dell'art. 7, comma 1, lett. b), del d.p.r.s. n. 165/2000, considerato che il menzionato provvedimento del 28 agosto 2019 avrebbe illegittimamente chiesto alla ricorrente di presentare il c.d. layout per l'intero centro commerciale e che tale richiesta "era decisamente tardiva e, soprattutto, ultronea ed inconferente rispetto alla fattispecie in esame", essendo inoltre impossibile, per un operatore economico, che prende in locazione uno o più stand all'interno del centro commerciale, presentare un layout relativo al medesimo centro commerciale nella sua interezza, tenuto poi conto che lo stesso Comune di -OMISSIS- avrebbe contraddittoriamente cessato di richiedere il suddetto layout al momento del rilascio dell'autorizzazione n. 7830 del 14 ottobre 2019.
6. Il Comune intimato, con successiva memoria del 14 novembre 2019, nell'illustrare le proprie difese, confermava in punto di fatto che: "[...] il Dirigente, ritenendo sussistere le condizioni di cui all'art. 1, co. 1 della L.R. n. 12/2004, ha emesso il provvedimento di autorizzazione n. 7830 del 14/10/2019", stante l'impossibilità della -OMISSIS- di svolgere l'attività di ottico nei locali (oggetto di locazione) già utilizzati dal proprio dante causa, a seguito dell'opposizione della proprietaria al subentro, con conseguente autorizzazione comunale al "trasferimento dell'attività di ottico nei locali del centro Commerciale dove la ricorrente già svolgeva l'attività di vicinato".
7. La ricorrente, con memoria del 22 aprile 2021, insisteva nei motivi di ricorso ed il Comune resistente, con memoria di replica del 3 maggio 2021, eccepiva la carenza di interesse a sollevare la questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale n. 12/2004, essendo la ricorrente divenuta titolare di un'autorizzazione amministrativa all'esercizio dell'attività di ottico.
8. L'-OMISSIS-, con note di udienza del 24 maggio 2021, insisteva in tutte le sue deduzioni, ivi compresa la questione di legittimità costituzionale della legge regionale n. 12/2004.
9. Il T.a.r. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, respinta la domanda cautelare con ordinanza n. 731 del 2019, con la successiva sentenza n. 1811 del 2021:
a) ha respinto tutti i motivi di ricorso;
b) non ha ritenuto sussistenti i presupposti per sollevare questione di legittimità costituzionale della norma regionale;
c) ha condannato la ricorrente al pagamento delle spese di lite.
10. Con ricorso in appello notificato il 7 agosto 2021 e depositato in pari data, l'OMISSIS- s.r.l. ha impugnato la menzionata sentenza del T.a.r. per la Sicilia, sezione staccata di Catania, criticandone l'impianto motivazionale e riproponendo tutti i motivi di ricorso articolati in primo grado, tra i quali anche la richiesta al Collegio di sollevare questione di legittimità costituzionale della legge regionale n. 12/2004.
10.1. L'appellante ha, altresì, chiesto al Collegio, sempre con riferimento alla menzionata legge regionale n. 12/2004, di sollevare questione pregiudiziale di compatibilità con il diritto dell'Unione europea, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, per contrasto con gli articoli 49 e 56 del medesimo Trattato, dovendosi chiedere alla Corte di Giustizia "se è tuttora valida la compatibilità con il diritto comunitario della l.r. Sicilia n. 12/2004, atteso che essa sembra contrastare sia con la libertà di stabilimento sia con quella di libera prestazione dei servizi, al tempo non considerato dalla sentenza 26 settembre 2013 [...]. A distanza di anni è possibile richiedere alla Corte di ritornare sulla vicenda, anche alla luce dei cd criteri Cilfit" (pag. 17 dell'appello).
10.2. L'appellante ha poi articolato istanza istruttoria, al fine di richiedere alla Regione Sicilia-Assessorato attività produttive una relazione circa lo stato di attuazione della legge regionale n. 12/2004 ed il monitoraggio sugli effetti prodottisi.
11. Il Comune di -OMISSIS-, in data 16 febbraio 2022, si è costituito in giudizio chiedendo il rigetto dell'appello.
12. In data 30 marzo 2022 l'appellante ha depositato una memoria difensiva, insistendo per l'accoglimento del gravame.
13. All'udienza pubblica del 16 giugno 2022 la causa è stata trattenuta in decisione.
14. Dopo il passaggio in decisione della causa, il Collegio, con ordinanza n. 708 del 16 giugno 2022, pronunciata ai sensi dell'art. 73 c.p.a., ha "rilevato che sussistono seri dubbi in ordine alla procedibilità del ricorso di primo grado per sopravvenuta carenza di interesse, nonché in ordine all'ammissibilità dell'appello, considerato che la società odierna appellante ha ottenuto l'autorizzazione alla vendita di articoli di ottica oftalmica e relativi accessori, da esercitarsi nei locali in -OMISSIS-, via Necropoli del Fusco s.n.c., presso il centro commerciale denominato "A.", come da autorizzazione del Comune di -OMISSIS- prot. n. 7830 del 14 ottobre 2019", chiedendo altresì al Comune di -OMISSIS- di fornire "adeguati chiarimenti circa la normativa regionale richiamata dall'appellante, ai fini della possibilità di apertura, da parte del medesimo soggetto, di plurimi esercizi di ottica oftalmica, nel territorio comunale in generale e nel medesimo centro commerciale in particolare".
15. Entrambe le parti hanno depositato tempestive memorie difensive in data 30 giugno 2022.
15.1. L'appellante, in particolare, ha evidenziato che: "il Comune di -OMISSIS- non ha svolto alcuna pianificazione riguardo le autorizzazioni all'esercizio dell'attività di ottico" e - al fine di evitare sanzioni - di essere stata "costretta ad acquistare un'autorizzazione per l'esercizio di ottico al prezzo "creato" in Sicilia dal numero chiuso dettato dalla l.r. n. 12/2004, e ne ha chiesto il trasferimento", acquisendo (con atto notarile del 3 ottobre 2019) il ramo d'azienda contenente l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di ottico dalla dante causa -OMISSIS- & C. s.a.s. (per il prezzo di euro 50.000,00); l'appellante ha quindi dichiarato di avere "interesse a coltivare il presente giudizio d'appello e a far decidere la questione di legittimità costituzionale sul numero chiuso degli esercizi di ottico in Sicilia stabilito dalla l.r. n. 12/2004", in quanto:
a) "il giudizio di legittimità costituzionale ha sempre una valenza di stampo oggettivo volta all'eliminazione di norme contrarie alla Costituzione"
b) l'appellante avrebbe interesse "a vedersi riconoscere le sue ragioni allorquando ha iniziato il giudizio ed impugnato il diniego del 3 luglio 2019";
c) "-OMISSIS- ha interesse ad aprire eventualmente nuovi esercizi di ottico in tutta la Regione senza sottostare al limite del numero chiuso stabilito dalla l.r. Sicilia n. 12/2004";
d) "OMISSIS- ha diritto al rimborso al contributo unificato versato per il ricorso introduttivo di primo grado ed alle spese processuali del primo grado e del presente giudizio", dovendosi quindi utilizzare il criterio della c.d. soccombenza virtuale ed affrontare le questioni sollevate nel gravame;
e) "OMISSIS- ha tutto l'interesse - e preannuncia appunto tale azione - a richiedere il risarcimento del danno subito, che oltretutto nella fattispecie è di facile determinazione (acquisto dell'autorizzazione)".
15.2. Il Comune di -OMISSIS- ha ribadito, in punto di fatto, che la ricorrente ha acquistato una preesistente autorizzazione all'attività di ottico ed ha poi presentato al Comune un'istanza per il trasferimento di detta attività all'interno del Centro commerciale A., "al cui interno essa già svolgeva l'attività commerciale di vendita di occhiali da sole ed altri prodotti"; prosegue il Comune di aver autorizzato il trasferimento dell'autorizzazione de qua all'interno del Centro commerciale A., ai sensi dell'art. 1, comma 1, quarto periodo, della legge regionale n. 12/2004, stante l'opposizione della proprietaria dei locali (già utilizzati dalla cedente) al subentro della cessionaria; prosegue il Comune appellato richiamando la determina dirigenziale del s.u.a.p. n. 99 del 10 settembre 2019 (doc. 8 del fascicolo del Comune in primo grado), nella quale si è dato atto dell'impossibilità di rilasciare nuove autorizzazioni all'esercizio dell'attività di ottico, stante la saturazione del numero massimo previsto dalla legge, a parte i casi di autorizzazioni in deroga previsti dalla medesima norma regionale.
16. La causa è stata successivamente decisa, senza fissazione di ulteriore udienza, alla camera di consiglio del 5 luglio 2022.
17. Con decreto presidenziale n. 191 dell'8 luglio 2022 è stata respinta l'istanza, presentata dall'-OMISSIS- nella medesima data, di rimessione della causa sul ruolo.
18. Si può quindi passare all'esame ed alla decisione della controversia sottoposta al Collegio.
19. Il ricorso introduttivo di primo grado ed i motivi aggiunti - come già indicato nell'ordinanza collegiale n. 708 del 2022 pronunciata ai sensi dell'art. 73 c.p.a. - sono divenuti improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse, per le ragioni che ora si vanno ad esporre.
20. In primo luogo non vi è più interesse, in capo alla società appellante, ad una pronuncia di annullamento dei provvedimenti del Comune di -OMISSIS-originariamente impugnati (sopra indicati alle lettere a), b) e c) del § 2), in quanto risulta per tabulas che attualmente la società -OMISSIS- s.r.l. può esercitare l'attività di ottico (vendita di articoli di ottica oftalmica e relativi accessori) nei locali situati in -OMISSIS-, presso il Centro commerciale A., via Necropoli del Fusco, come da autorizzazione n. 7830 del 14 ottobre 2019, rilasciata dal predetto Comune (doc. 4 del fascicolo di primo grado), la quale ha pertanto superato e sostituito l'originario diniego impugnato.
21. Né è possibile accertare l'illegittimità dei suddetti provvedimenti comunali a fini meramente risarcitori, ai sensi dell'art. 34, comma 3, c.p.a.
21.1. Infatti, alla luce di quanto dedotto dall'appellante (cfr. memoria depositata il 30 giugno 2022), il danno tuttora lamentato dalla -OMISSIS- s.r.l. - consistente nell'aver dovuto acquistare (per la somma di euro 50.000,00) l'autorizzazione all'esercizio dell'attività di ottico mediante cessione del ramo d'azienda da chi ne era già in possesso - non deriva dai provvedimenti comunali impugnati (ora superati dall'autorizzazione rilasciata dal Comune di -OMISSIS- in data 14 ottobre del 2019), ma piuttosto dall'articolo 1, comma 1, della legge regionale della Sicilia n. 12/2004 che ha subordinato il rilascio dell'autorizzazione all'esercizio dell'attività di ottico alla presenza di due condizioni (il rispetto del limite di popolazione di ottomila residenti ed il rispetto della distanza minima di 300 metri tra gli esercizi di ottico), in tal modo dando vita al lamentato "numero chiuso" che l'appellante ritiene incostituzionale e contrario al diritto euro-unitario e, come tale, asseritamente foriero di danno risarcibile, salve le ipotesi di autorizzazione in deroga previste dal comma 2 del medesimo articolo 1 della l.r. n. 12/2004.
22. La dichiarazione di interesse, resa dall'appellante, alla decisione della causa nel merito ai fini meramente risarcitori (pur astrattamente idonea di per sé a sorreggere una pronuncia di mero accertamento, cfr. Cons. Stato, ad. plen., sent. n. 8 del 2022), non è tuttavia idonea a giustificare che venga sollevata questione di legittimità costituzionale dell'art. 1 della legge regionale della Sicilia n. 12/2004, considerato che:
a) l'eventuale ristoro risarcitorio si porrebbe a valle della declaratoria di incostituzionalità del menzionato articolo 1 della legge regionale della Sicilia n. 12/2004, sub specie di "colpa del legislatore" per "illecito costituzionale";
b) il danno - derivante da una norma statale o regionale dichiarata incostituzionale - non sarebbe comunque qualificabile come "danno ingiusto" ai fini risarcitori (e la prospettata azione risarcitoria non potrebbe quindi radicare l'interesse all'odierno ricorso), come più volte ribadito dalla giurisprudenza della Corte di Cassazione: "In virtù dell'insindacabilità dell'attività esplicativa di funzioni legislative, in caso di declaratoria di illegittimità costituzionale di legge regionale, per violazione della potestà legislativa statale, non è ipotizzabile alcun danno risarcibile, a differenza di quanto previsto per la responsabilità dello Stato italiano nell'ipotesi di violazione del diritto dell'Unione europea, non essendo ravvisabile, nella specie, quella distinzione tra ordinamenti - con prevalenza di uno sull'altro - che costituisce il fondamento di tale ipotesi di responsabilità (Cass. civ., sez. III, sent. n. 23730 del 2016); conforme da ultimo Cass. sez. lavoro, ord. n. 34465 del 2019: "Nel caso di norma dichiarata incostituzionale, deve escludersi una responsabilità per "illecito costituzionale", rilevante sul piano risarcitorio, dell'organo governativo che ha presentato il relativo disegno di legge, e dato impulso all'iter parlamentare sfociato nella pubblicazione della norma espunta dall'ordinamento per contrasto con la Costituzione, in quanto, essendo la funzione legislativa espressione di un potere politico, incoercibile e sottratto al sindacato giurisdizionale, rispetto ad esso non possono configurarsi situazioni giuridiche soggettive dei singoli protette dall'ordinamento.";
b.1) negli stessi termini, circa l'infondatezza di una domanda risarcitoria per "illecito costituzionale", si veda anche quanto affermato dal Consiglio di Stato: "Pertanto, nella ricostruzione della giurisprudenza amministrativa, un atto emanato sulla base di una norma (successivamente) dichiarata illegittima è qualificabile come viziato in via derivata (o sopravvenuta) e quindi riconducibile al regime processuale dell'annullabilità, dovendo, invece, certamente escludersi il regime della inesistenza e quindi la logica della rimozione ipso iure dell'atto stesso. Non può negarsi, però, come nel periodo precedente alla dichiarazione di incostituzionalità l'atto risulti conforme alla norma (non ancora dichiarata incostituzionale) e quindi legittimo, dovendo così essere il ricorrente (o in via diretta, come nel caso di specie, lo Stato o e Regioni) a provocare l'incostituzionalità della norma e quindi l'illegittimità dell'atto in via derivata, attraverso una impugnazione per motivi di incostituzionalità. Con la conseguenza che, se nel periodo precedente alla dichiarazione di incostituzionalità l'atto risulti conforme alla norma e quindi, legittimo, nessun presupposto per il risarcimento del danno richiesto può riconoscersi.
Peraltro, giova osservare che una responsabilità dello Stato "legislatore" è stata riconosciuta soltanto per violazione del diritto comunitario, per la prima volta in via giurisprudenziale con la sentenza 19 novembre 1991, pronunciata a definizione del celebre caso Francovich (Cause riunite C-6/90 e C-9/90, in Racc. p. I-5357): la fattispecie concerneva il mancato recepimento della direttiva 80/97/CEE, che imponeva agli Stati membri la predisposizione di un meccanismo di tutela volto a garantire la liquidazione dei salari dei lavoratori in caso di insolvenza del datore di lavoro. Tale ipotesi non è chiaramente esportabile nel caso di supposta responsabilità del legislatore regionale, come nell'ipotesi di specie." (Cons. Stato, sez. V, sent. n. 1862 del 2015); conforme da ultimo Cons. Stato, sez. V, sent. n. 4642 del 2021: "Invero, la funzione legislativa, essenzialmente "politica", è per definizione - salvi i limiti costituzionali - "libera nei fini": ne segue la naturale insussistenza di una possibile qualificazione del danno come "ingiusto", perché - diversamente che di fronte all'azione amministrativa - davanti all'attività legislativa non vi sono situazioni soggettive dei singoli protette dall'ordinamento (cfr. Cass., III, 22 novembre 2016, n. 23730, nonché Cons. Stato, V, 14 aprile 2015, n. 18652).
Va perciò rimarcata la diversità della fattispecie della responsabilità dello Stato per inadempimento degli obblighi comunitari (peraltro diffusamente qualificata "di natura indennitaria per attività non antigiuridica" in ragione della postulata distinzione tra ordinamento giuridico interno ed ordinamento unionale, ai fini della qualificazione dell'evento lesivo). Solo nel caso di ritardata o mancata attuazione di obblighi comunitari è possibile, invero, rinvenire un'adeguata base legale alla responsabilità dello Stato-legislatore, con correlato diritto del singolo attivabile direttamente dinanzi all'autorità giudiziaria (Cass., lav., 24 dicembre 2019, n. 34465).
Non porta a diverse conclusioni il rilievo che, nella specie, il Governo - operando quale legislatore delegato - non avrebbe esercitato l'ordinaria attività legislativa (imputabile al Parlamento e, nei sensi chiariti, insindacabile e libera nei fini), ma un'attività vincolata dalla legge delega, da cui limiti avrebbe, in concreto, abusivamente esorbitato.
L'assunto non è fondato, posto che l'attribuzione, in via di delega, di una funzione legislativa al Governo ha testuale base nell'art. 76 Cost. e nei caratteri che, per tale disposizione, deve avere la legge di delega: il che rende il potere legislativo delegato come un potere limitato e non libero nei fini, com'è (nei limiti costituzionali) quello parlamentare.
Infatti il decreto legislativo delegato può essere sottoposto al sindacato di legittimità costituzionale ex art. 134 Cost., quanto a rispetto dei limiti derivanti non solo dalle norme costituzionali, ma anche di quelli stabiliti dalla legge di delega: sicché la validità del decreto legislativo dipende, oltre che dalla validità della legge di delega, dal rispetto dei limiti da essa prefissati.
In questo senso, la legge di delega può essere considerata come norma interposta tra la norma costituzionale dell'art. 76 e il singolo decreto legislativo. Come ha, infatti, affermato la Corte costituzionale fin dalla sentenza n. 3 del 1957, "sia il precetto costituzionale dell'art. 76, sia la norma delegante costituiscono la fonte da cui trae legittimazione la legge delegata", con la conseguenza che l'eventuale sua violazione determina l'incostituzionalità del decreto legislativo per indiretta violazione dell'art. 76 Cost..
Da questo peculiare rapporto tra legge delega e legge delegata non può però trarsi il corollario dell'assoggettamento ad un diverso regime di responsabilità, il quale finirebbe per assimilare l'attività legislativa delegata a una mera attività amministrativa a contenuto normativo, come è per le fonti secondarie.
Non è, dunque, in discussione il rango primario di entrambe le fonti di produzione e la forza e il valore di legge del decreto legislativo, capaci di abrogare norme di pari rango primario. Sicché il decreto legislativo rimane - malgrado i limiti connessi alla sua natura non originaria ma derivata - un atto politico insindacabile (o meglio, sindacabile nelle sole forme del controllo di costituzionalità) ed insuscettibile di costituire, di suo, la base per una responsabilità risarcitoria per fatto legislativo illecito.
Non si può dunque configurare una responsabilità del legislatore delegato per illecito costituzionale interno.".
23. Oltre a quanto esposto deve essere altresì aggiunto che:
a) la natura "oggettiva" ed erga omnes della eventuale pronuncia di incostituzionalità da parte della Corte costituzionale non fa venire meno la natura di giurisdizione soggettiva del giudizio amministrativo (cfr. Cons. Stato, ad plen., sent. n. 4 del 2015; id., sent. n. 8 del 2022), considerato poi che la Corte costituzionale, ai fini della ammissibilità del giudizio di legittimità costituzionale, procede di regola alla verifica in concreto circa il perdurare dell'interesse della parte nel giudizio a quo (cfr. ex multis Corte cost., sent. n. 184 del 2021; con la precisazione che l'interesse, ai fini del giudizio di rilevanza della questione di legittimità costituzionale, deve essere valutato ex ante cfr. Corte cost., sent. n. 30 del 2022);
b) il giudizio amministrativo, retto dal principio della domanda (Cons. Stato, ad. plen., n. 5 del 2015) trova la sua sostanza in un interesse personale, attuale e concreto fatto valere dalla parte ricorrente - interesse leso dall'atto impugnato asseritamente illegittimo - con la conseguenza che non valgono a radicare il suddetto interesse le mere richieste di ripristino della legalità violata (non avendo il giudizio amministrativo natura oggettiva, come sopra evidenziato, cfr. ex multis Cons. Stato, sez. III, sent. n. 5732 del 2021), né la vaga prospettazione dell'eventuale e futuro interesse - manifestato dall'appellante - ad aprire ulteriori centri di ottica, considerato oltretutto che tale questione sfugge al thema decidedum del presente giudizio, che fu incardinato dalla -OMISSIS- non in vista di tali future ed eventuali aperture di ulteriori ed indefiniti centri di ottica, ma solo per opporsi ad uno specifico diniego opposto dal Comune di -OMISSIS- all'esercizio di un'attività di ottica situata (non in un qualunque punto del territorio comunale, ma specificatamente) all'interno del Centro commerciale A. (interesse ora soddisfatto a seguito dell'autorizzazione comunale prot. n. 7830/2019);
c) l'interesse alla liquidazione delle spese di lite ed alla rifusione del contributo unificato non è di per sé sufficiente per radicare l'interesse al ricorso ed a sollevare la questione di legittimità costituzionale della norma regionale in quanto:
c.1) anche qualora la Corte costituzionale dichiarasse incostituzionale l'art. 1 della legge regionale della Sicilia n. 12/2004, verrebbe in rilievo un'ipotesi di novità della questione e di complessità della controversia, che giustificherebbe la compensazione delle spese di lite;
c.2) nel giudizio amministrativo l'interesse al ricorso rappresenta una proiezione processuale dell'interesse legittimo (di natura sostanziale) che si assume violato e, a sua volta, quest'ultimo interesse - nella sua più moderna concezione sostanzialistica - trova il suo substrato materiale nell'interesse ad un bene della vita, esterno al processo, che il privato desidera conseguire (interesse legittimo c.d. pretensivo) o mantenere (interesse legittimo c.d. oppositivo), come più volte ribadito dal Consiglio di Stato (da ultimo, sulla rilevanza dell'interesse sostanziale sotteso al processo, Cons. Stato, sez. VII, sent. n. 1155 del 2022; sez. III, sent. n. 988 del 2022; id. sent. n. 551 del 2022; id. sent. n. 8159 del 2021), con la conseguenza che non è sufficiente a radicare l'interesse al ricorso, al fine di evitare una declaratoria di improcedibilità dello stesso, la prospettazione del mero interesse (interno al processo e, come tale, inidoneo ad integrare il "bene della vita" che costituisce il proprium dell'interesse legittimo) alla rifusione del contributo unificato, essendo quest'ultimo un accessorio processuale non autonomamente valutabile e pertanto destinato a seguire le sorti del processo cui inerisce.
24. Tanto esposto in punto di infondatezza di una domanda risarcitoria per "illecito legislativo per violazione della Costituzione", bisogna invece ora esaminare la domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia dell'Unione Europea, per l'asserito contrasto dell'art. 1 della legge regionale della Sicilia n. 12/2004 con gli articoli 49 e 56 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea ("illecito legislativo per violazione del diritto europeo"), tenuto conto che - a differenza di quanto sopra esposto - un eventuale contrasto della legge regionale siciliana con il diritto euro-unitario ben potrebbe dare luogo ad una domanda risarcitoria (e, pertanto, essere ostativo ad una declaratoria di improcedibilità del ricorso), come stabilito dalla Corte di giustizia sin dalla nota sentenza Francovich (cause riunite C-6/90 e C-9/90) e come anche ribadito dalla giurisprudenza nazionale sopra richiamata alle lettere b) e b.1) del § 22 della presente sentenza.
24.1. La domanda di rinvio pregiudiziale è infondata e deve essere respinta.
24.2. Innanzitutto deve essere delimitato il perimetro dell'obbligo, gravante sul giudice nazionale di ultima istanza, di sollevare questione di pregiudizialità euro-unitaria ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea e, al riguardo, soccorre quanto affermato dalla Corte di giustizia dell'Unione europea nella recente sentenza del 6 ottobre 2021 (causa C-561/19) Consorzio Italian Management, con la quale la Corte di Lussemburgo - richiamando i precedenti della medesima Corte, tra i quali anche la nota sentenza del 6 ottobre 1982 Cilfit - ha delineato tre ipotesi in cui non sussiste il menzionato obbligo di rinvio pregiudiziale (cfr. § 33 della sentenza):
a) quando il giudice nazionale abbia constatato che la questione sollevata non è rilevante;
b) quando il giudice nazionale abbia constatato che la disposizione del diritto dell'Unione di cui trattasi è già stata oggetto di interpretazione da parte della Corte di giustizia dell'Unione europea;
c) quando il giudice nazionale constati che la corretta interpretazione del diritto dell'Unione europea si imponga con tale evidenza da non lasciar adito a ragionevoli dubbi.
24.3. Con riferimento alla seconda ipotesi sopra indicata sub b), la Corte di giustizia ha poi precisato (cfr. § 36 della sentenza) che: "[...] l'autorità dell'interpretazione data dalla Corte in forza dell'art. 267 TFUE può far cadere la causa dell'obbligo previsto dall'articolo 267, terzo comma, TFUE, e renderlo senza contenuto, segnatamente, qualora la questione sollevata sia materialmente identica ad altra questione, sollevata in relazione ad analoga fattispecie, che sia già stata decisa in via pregiudiziale [...]", ferma restando la mera facoltà (e non l'obbligo) in capo al giudice nazionale di adire comunque nuovamente la Corte qualora lo ritenga opportuno, come in caso di difficoltà di comprensione circa la portata della sentenza della Corte stessa (§§ 37 e 38 della sentenza).
24.4. Nel presente caso, alla luce delle coordinate ermeneutiche rese dalla Corte di giustizia, deve essere rigettata la domanda di rinvio pregiudiziale sollevata dalla-OMISSIS-, in quanto su identica questione - circa la compatibilità euro-unitaria della legge regionale della Sicilia n. 12/2004 - la Corte di giustizia si è già pronunciata con la sentenza del 26 settembre 2013 (causa C-539/11), Ottica New Line di Accardi Vicenzo, su rinvio pregiudiziale proposto da questo Consiglio di giustizia amministrativa, né la menzionata sentenza della Corte ha posto problemi interpretativi che possano indurre il Collegio a sottoporre nuovamente la questione all'esame dei giudici europei, né la società appellante - al di là di generiche affermazioni - ha indicato per quali ragioni si dovrebbe nuovamente sollevare questione di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia in relazione ad una norma regionale già scrutinata dalla stessa Corte, essendosi l'-OMISSIS- limitata ad affermare che la Corte di giustizia dell'Unione europea, con la suddetta sentenza del 26 settembre 2013, avrebbe "probabilmente" inteso adottare una "soluzione sperimentale" e che "sotto questo profilo" andrebbe chiesto nuovamente alla suddetta Corte "se è tuttora valida la compatibilità con il diritto comunitario della l.r. Sicilia n. 12/2004" (pag. 17 dell'appello; posizione analogamente ribadita dall'appellante nelle memorie del 30 marzo 2022 e del 30 giugno 2022).
24.5. Sul punto il Collegio non condivide la tesi dell'appellante circa la natura asseritamente "sperimentale" della citata sentenza della Corte di giustizia, la quale - pur affermando l'astratta compatibilità euro-unitaria della norma regionale siciliana - ha chiaramente indicato (§§ 47 e seguenti della sentenza) i presupposti fattuali e le condizioni necessarie per riconoscere la compatibilità euro-unitaria dell'articolo 1 della legge regionale della Sicilia n. 12/2004, dando rilievo al fatto che "le autorità competenti si avvalgano delle facoltà offerte dalla normativa di cui trattasi in maniera adeguata, rispettando criteri trasparenti e oggettivi, al fine di realizzare in modo coerente e sistematico le finalità perseguite da detta normativa, attinenti alla tutela della salute nell'intero territorio di cui trattasi, circostanza che sarà compito del giudice nazionale accertare", dovendosi quindi procedere, dal punto di vista del diritto interno, ad accertare in punto di fatto quanto richiesto dalla Corte di giustizia, senza che vi sia alcuna ragione di opportunità (né tantomeno alcun obbligo) di proporre nuovamente la questione di pregiudizialità euro-unitaria.
24.6. In particolare la Corte di giustizia ha evidenziato alcuni dubbi circa determinati aspetti della suddetta legge regionale (§ 56 della sentenza, rimandando la verifica in concreto al giudice nazionale), con riferimento:
a) alle criticità applicative per i comuni con popolazione compresa tra 8.000 e 16.000 abitanti;
b) all'indeterminatezza del requisito delle "compravate esigenze territoriali" per il rilascio dell'autorizzazione in deroga;
c) alle criticità circa la composizione della commissione provinciale presso la camera di commercio per il rilascio dell'autorizzazione in deroga;
d) all'eccessivo potere discrezionale per i comuni con popolazione fino a 8.000 abitanti circa il rilascio dell'autorizzazione in deroga.
24.7. Come è agevole notare da quanto esposto, le possibili criticità applicative evidenziate dalla Corte di giustizia (che il giudice nazionale è tenuto a verificare in concreto) attengono a profili che sono irrilevanti ed ininfluenti nel caso di specie, e quindi estranei al thema decidendum del presente giudizio, in quanto:
a) il Comune di -OMISSIS- ha una popolazione superiore a 100.000 abitanti, venendo quindi meno i profili di rischio evidenziati per i comuni con popolazione fino a 16.000 abitanti;
b) l'oggetto del presente giudizio non concerne la discrezionalità, i limiti e le modalità circa il rilascio dell'autorizzazione in deroga (aspetti sui quali si sono concentrati i profili di rischio evidenziati dalla Corte di giustizia), ma riguarda la stessa compatibilità euro-unitaria del numero chiuso delle autorizzazioni, previsto dall'art. 1, comma 1, della legge regionale n. 12/2004;
c) su tale ultima questione la Corte di giustizia, con la menzionata sentenza del 2013, si è già pronunciata chiaramente in favore della compatibilità del numero chiuso con l'art. 49 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea, considerati i limiti alla libertà di stabilimento derivanti dalle esigenze di tutela della salute, e rientrando i servizi di ottica "nel settore della tutela della salute" (§ 37 della sentenza della CGUE del 26 settembre 2013; si vedano anche i §§ 41 e 42 della medesima sentenza circa la compatibilità euro-unitaria del limite della popolazione di 8.000 abitanti e del limite della distanza minima tra due esercizi di ottica).
24.8. Inoltre, in relazione alla diversa disciplina prevista per le farmacie, considerato che, come riconosciuto dalla Corte di giustizia nella medesima sentenza (§ 43), "l'interesse alla prossimità degli esercizi di ottica non si impone con un'intensità equiparabile a quella esistente in materia di distribuzione dei medicinali", risultano razionali e proporzionati i limiti previsti dalla legislazione regionale siciliana, che prevedono un esercizio di ottica ogni 8.000 residenti ed una distanza minima di 300 metri tra due esercizi di ottica, rispetto alla più capillare e diffusa presenza delle farmacie sul territorio ai sensi dell'art. 1 della legge n. 475/1968, che prevede una farmacia ogni 3.300 abitanti ed una distanza minima tra le farmacie di 200 metri, come anche già riconosciuto da questo Consiglio di giustizia amministrativa con la sentenza n. 651 del 2014.
24.9. Alla luce di quanto esposto la domanda di rinvio pregiudiziale alla Corte di giustizia deve essere respinta.
25. L'improcedibilità della domanda di annullamento (stante il rilascio dell'autorizzazione nell'ottobre del 2019) e l'infondatezza della prospettata domanda risarcitoria, sia sub specie di responsabilità del legislatore per illecito costituzionale, sia sub specie di responsabilità del legislatore per illecito euro-unitario, comporta l'integrale improcedibilità del ricorso di primo grado e dei motivi aggiunti.
26. Stante l'improcedibilità del ricorso introduttivo di primo grado e dei motivi aggiunti, ne consegue necessariamente l'annullamento senza rinvio della sentenza impugnata e la declaratoria di inammissibilità dell'appello per difetto di interesse.
27. In definitiva il ricorso introduttivo di primo grado ed i motivi aggiunti devono essere dichiarati improcedibili per sopravvenuta carenza di interesse e, per l'effetto, la sentenza impugnata deve essere annullata senza rinvio e l'appello deve essere dichiarato inammissibile per difetto di interesse.
28. Sussistono giuste ragioni, stante la complessità della controversia, per compensare le spese di lite del doppio grado di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, in sede giurisdizionale, definitivamente pronunciando sull'appello n.r.g. 875/2021, come in epigrafe proposto:
- dichiara improcedibili il ricorso di primo grado ed i motivi aggiunti (n.r.g. 1527/2019);
- annulla senza rinvio la sentenza impugnata;
- dichiara inammissibile l'appello;
- compensa le spese di lite del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'Autorità amministrativa.
Così deciso presso il Consiglio di Giustizia Amministrativa per la Regione Siciliana, con sede in Palermo, nelle camere di consiglio dei giorni 16 giugno 2022 e 5 luglio 2022, con l'intervento dei magistrati:
Rosanna De Nictolis, Presidente
Roberto Caponigro, Consigliere
Michele Pizzi, Consigliere, Estensore
Maria Immordino, Consigliere
Antonino Caleca, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Michele Pizzi Rosanna De Nictolis





IL SEGRETARIO