Pubblicato il 21/03/2022
N. 02019/2022REG.PROV.COLL.
N. 09764/2021 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Terza)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 9764 del 2021, proposto da I.N.A.I.L.- Istituto Nazionale contro gli infortuni sul lavoro, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati xxxxxx, xxxxxxx e xxxxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
contro
l'Associazione -OMISSIS- aderente alla Federazione - OMISSIS-, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentata e difesa dall'avvocato xxxxxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in Roma, viale ....., n. ....;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Lazio, Sede di Roma (Sezione Terza), 18 ottobre 2021, n. 10605, resa tra le parti e concernente l'istanza di accesso avanzata dall'odierna appellata ai sensi dell'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33.

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visto l'atto di costituzione in giudizio dell'Associazione -OMISSIS- aderente alla Federazione -OMISSIS-;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2022 il Cons. Giovanni Pescatore, udito per la parte appellante l'avvocato xxxxxxx e vista l'istanza di passaggio in decisione depositata per la parte appellata dall'avvocato xxxxxxx;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO
1. - Con la sentenza qui appellata, il TAR per il Lazio ha accolto il ricorso proposto dall'Associazione -OMISSIS- INAIL avverso la nota di quest'ultimo Istituto del 10 marzo 2021, con la quale è stato opposto un parziale diniego alla richiesta di accesso agli atti del 24 febbraio 2021, avanzata dalla suddetta Associazione ai sensi della legge 7 agosto 1990, n. 241, e dell'art. 5, comma 2, del decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33, al fine di ottenere "il dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell'Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità".
L'impugnativa ha riguardato anche la successiva nota INAIL prot. n. 4380 del 18 marzo 2021, con la quale, a seguito della reiterazione della richiesta da parte della medesima Associazione in data 11 marzo 2021, è stato confermato il diniego parziale già opposto alla prima istanza del 24 febbraio 2021.
2. - Deve premettersi che l'Associazione -OMISSIS- è un'associazione che si è definita apolitica, a carattere sindacale, che non persegue fini di lucro e aderisce alla Federazione -OMISSIS-: essa, in particolare, "persegue la tutela degli interessi giuridici, morali ed economici, nonché della funzione, professionalità, dignità e autonomia degli appartenenti al ramo legale dell'I.N.A.I.L. ed in generale degli avvocati, dei professionisti e dei dirigenti degli Enti Previdenziali" (cfr. art. 2 del relativo Statuto).
In tale veste, con nota del 24 febbraio 2021, essa ha presentato all'INAIL richiesta di accesso, ai sensi della l. n. 241/90 e dell'art. 5, comma 2, del d.lgs. 33/2013, chiedendo:
-- "al fine di poter valutare la rappresentatività relativa di ciascuna OO.SS., di conoscere il numero di iscritti dell'Area Funzioni Centrali di ogni Organizzazione rappresentativa nella predetta area, distinti per sezione (dirigenti, medici e professionisti)";
-- "al fine di consentire alla scrivente tutte le necessarie ricognizioni e verifiche in ordine agli effetti dell'azione delle singole Organizzazioni sindacali ed anche allo scopo di escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa, di fornire il dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell'Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità".
3. - Con nota del 10 marzo 2021, l'INAIL ha riscontrato la richiesta trasmettendo alla richiedente "l'allegato prospetto in cui è riportato per categoria di personale (dirigenti, medici e professionisti) e per sigla sindacale il numero complessivo di deleghe attive al 1° gennaio 2021", mentre l'ha respinta con riferimento al dato relativo agli iscritti distinti per incarico di coordinamento, in quanto "l'iscrizione a sigle sindacali da parte dei dipendenti dell'Istituto costituisce un dato "riservato" tutelato dalla normativa in materia di privacy (d.lgs. 196/03 e s.m.i., Codice in materia di protezione dei dati personali) e, pur avendo la richiesta in esame ad oggetto un dato aggregato, privo dei nominativi dei dipendenti, per alcuni tipi di incarichi (es. di coordinamento generale) è possibile risalire al nominativo del dipendente incaricato".
4. - Con nota dell'11 marzo 2021, l'Associazione ha rappresentato all'INAIL che la richiesta di accesso riguardava anche i dati aggregati relativi al numero degli iscritti di ogni organizzazione rappresentativa dell'Area funzioni centrali con incarico di coordinamento centrale, regionale e distrettuale e al numero dei professionisti iscritti di ogni organizzazione rappresentativa dell'Area funzioni centrali che avevano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità, richiedendo all'Istituto di esplicitare quantomeno le motivazioni del rifiuto di accesso agli stessi.
5. - Con nota n. 4380 del 18 marzo 2021, l'INAIL, nel richiamare la precedente nota del 10 marzo 2021, ha ribadito il diniego all'accesso, evidenziando che "le richieste di accesso agli atti dell'Amministrazione è consentita alle organizzazioni sindacali soltanto nei casi in cui le stesse siano fondate su di un interesse diretto, concreto e attuale corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata, riguardante le prerogative del sindacato e/o le posizioni di lavoro di singoli iscritti e non si traduca in forme di preventivo controllo dell'attività dell'Amministrazione datrice di lavoro, in quanto diretta a verificare se la procedura di conferimento degli incarichi/livelli sia o meno legittimamente e correttamente svolta, che non sono demandate alle organizzazioni sindacali".
6. - L'Associazione si è quindi rivolta al TAR per il Lazio, chiedendo di "annullare in parte qua i provvedimenti impugnati e, comunque, accertare il diritto della Associazione ricorrente ad accedere, mediante presa visione ed estrazione di copia, anche ai sensi dell'art. 22 e ss. l. n. 241/90 ovvero comunque ai sensi dell'art. 5 d.lgs. n.33/2013, al "dato aggregato costituto del numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell'Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità", oggetto della richiesta formulata con nota del 24.02.2021,condannando in tal senso l'INAIL alla relativa ostensione".
7. - Il giudice di primo grado, come accennato, ha accolto il ricorso sulla base dei seguenti principali postulati motivazionali:
-- a differenza di quanto previsto dall'art. 22 della l. n. 241/1990, l'art. 5, comma 3, del d.lgs. n. 33/2013 non subordina l'esercizio del diritto di accesso civico ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente: pertanto, "poiché la richiesta di accesso è stata presentata anche ai sensi del D.Lgs. n. 33/2013, nel caso un problema di legittimazione non si pone";
-- ai sensi del citato art. 5 d.lgs. n. 33/2013, il "diritto di accedere ai dati e ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni" deve avvenire "nel rispetto dei limiti relativi alla tutela di interessi giuridicamente rilevanti", "secondo quanto previsto dall'articolo 5-bis";
-- l'art. 5-bis, comma 2, d.lgs. cit. prevede che "l'accesso di cui all'articolo 5, comma 2, è altresì rifiutato se il diniego è necessario per evitare un pregiudizio concreto alla tutela di uno dei seguenti interessi privati:
a) la protezione dei dati personali, in conformità con la disciplina legislativa in materia";
-- ai sensi dell'art. 4, comma 1, lett. b), decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 (Codice in materia di protezione dei dati personali), per "dato personale" deve intendersi "qualunque informazione relativa a persona fisica, identificata o identificabile, anche indirettamente, mediante riferimento a qualsiasi altra informazione, ivi compreso un numero di identificazione personale", mentre, per la lett. d), i "dati sensibili" sono "i dati personali idonei a rivelare (...) l'adesione a partiti, sindacati, associazioni od organizzazioni a carattere religioso, filosofico, politico o sindacale...";
-- ai sensi dell'art. 22, comma 2, decreto legislativo 10 agosto 2018, n. 101, a decorrere dal 25 maggio 2018, l'espressione "dati sensibili", utilizzata ai sensi della citata lettera, ovunque ricorrente, si intende riferita alle categorie particolari di dati di cui all'art. 9 del Regolamento (UE) n. 2016/679;
-- il citato art. 9, relativo al "trattamento di categorie particolari di dati personali", prevede, al comma 1, che "è vietato trattare dati personali che rivelino (...) l'appartenenza sindacale...";
-- ai sensi del comma 2, tuttavia, il divieto non si applica "se si verifica uno dei seguenti casi: (...) g) "il trattamento è necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato";
-- lo stesso Reg. n. 2016/679/UE, all'art. 6, par. 1, prevede che il trattamento è lecito solo se, tra gli altri casi, "il trattamento è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento" (lett. e);
-- secondo il par. 3, "la base su cui si fonda il trattamento dei dati di cui al paragrafo 1, lettere c) ed e), deve essere stabilita: a) dal diritto dell'Unione; o b) dal diritto dello Stato membro cui è soggetto il titolare del trattamento"; inoltre, "la finalità del trattamento è determinata in tale base giuridica o, per quanto riguarda il trattamento di cui al paragrafo 1, lettera e), è necessaria per l'esecuzione di un compito svolto nel pubblico interesse o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento. Tale base giuridica potrebbe contenere disposizioni specifiche per adeguare l'applicazione delle norme del presente regolamento, tra cui: le condizioni generali relative alla liceità del trattamento da parte del titolare del trattamento; le tipologie di dati oggetto del trattamento; gli interessati; i soggetti cui possono essere comunicati i dati personali e le finalità per cui sono comunicati; le limitazioni della finalità, i periodi di conservazione e le operazioni e procedure di trattamento, comprese le misure atte a garantire un trattamento lecito e corretto, quali quelle per altre specifiche situazioni di trattamento di cui al capo IX. Il diritto dell'Unione o degli Stati membri persegue un obiettivo di interesse pubblico ed è proporzionato all'obiettivo legittimo perseguito";
-- "la "base giuridica", a cui il regolamento rinvia per ritenere legittimo il trattamento di dati personali, per quanto riguarda il nostro ordinamento è data:
--- innanzitutto, dall'art. 59 del d.lgs. n. 196/2003, il quale, "fatto salvo quanto previsto dall'articolo 60", per quanto riguarda "i presupposti, le modalità, i limiti per l'esercizio del diritto di accesso a documenti amministrativi contenenti dati personali, e la relativa tutela giurisdizionale", rinvia alla legge n. 241/1990, "anche per ciò che concerne i tipi di dati di cui agli articoli 9 e 10 del regolamento e le operazioni di trattamento eseguibili in esecuzione di una richiesta di accesso"; con l'ulteriore precisazione che "i presupposti, le modalità e i limiti per l'esercizio del diritto di accesso civico restano disciplinati dal decreto legislativo 14 marzo 2013, n. 33"; dalla stessa legge n. 241/1990, che agli artt. 24 e 22, comma 1, lett. d), prevede che il diritto di accesso è escluso (solo) per i tipi di documenti ivi elencati, e che per "documento amministrativo" deve intendersi "ogni rappresentazione grafica, fotocinematografica, elettromagnetica o di qualunque altra specie del contenuto di atti, anche interni o non relativi ad uno specifico procedimento, detenuti da una pubblica amministrazione e concernenti attività di pubblico interesse, indipendentemente dalla natura pubblicistica o privatistica della loro disciplina sostanziale". E solo per quanto riguarda invece i dati c.d. "super sensibili" (quelli cioè "relativi alla salute o alla vita sessuale o all'orientamento sessuale"), l'art. 60 prevede che "quando il trattamento concerne dati genetici, relativi alla salute, alla vita sessuale o all'orientamento sessuale della persona, il trattamento è consentito se la situazione giuridicamente rilevante che si intende tutelare con la richiesta di accesso ai documenti amministrativi, è di rango almeno pari ai diritti dell'interessato, ovvero consiste in un diritto della personalità o in un altro diritto o libertà fondamentale", mentre, "in casi come quello in esame, l'accesso può essere rifiutato solo se il diniego è "necessario" (dovendosi intendere tale requisito letteralmente), al fine di "evitare un pregiudizio concreto alla tutela", tra gli altri interessi privati, della "protezione dei dati personali", peraltro "in conformità con la disciplina legislativa in materia";
-- "il Collegio ritiene che i documenti chiesti dalla ricorrente riguardino "attività di pubblico interesse", nel senso che, come previsto dal citato regolamento, "il trattamento è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento". Infatti, l'Associazione ricorrente ha motivato la propria richiesta con la necessità di effettuare "tutte le necessarie ricognizioni e verifiche in ordine agli effetti dell'azione delle singole Organizzazioni sindacali ed anche allo scopo di escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa". Ed è possibile affermare che tale eventualità ha certamente a che fare con "l'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento", cioè l'INAIL. Oltretutto, se, da una parte, i dati finora forniti dall'INAIL rispettano il descritto requisito della proporzionalità, dall'altra, per quanto riguarda la richiesta della ricorrente di ottenere "il dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell'Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità", la possibilità, paventata dall'INAIL, che "per alcuni tipi di incarichi (es. di coordinamento generale) è possibile risalire al nominativo del dipendente incaricato", non è sufficiente per il Collegio per negare l'accesso richiesto, sia perché la motivazione avrebbe avuto bisogno di maggiore dimostrazione, e sia perché quella stessa (mera) possibilità non concretizza una significativa violazione di diritti dei soggetti interessati, sulla posizione dei quali organizzazioni come l'Associazione ricorrente possono vantare un preciso interesse e diritto a sapere se l'adesione di quei dipendenti a una determinata Organizzazione sindacale, piuttosto che a un'altra, li abbia favoriti nella carriera, a detrimento di altre".
8. - Mediante i motivi di appello, l'INAIL censura la sentenza appellata in relazione ai profili così sintetizzabili:
i) l'estraneità dell'interesse ostensivo fatto valere dall'Associazione ricorrente al paradigma finalistico di cui all'art. 5 d.lgs. n. 33/2013;
ii) l'inammissibilità dell'istanza ostensiva avente ad oggetti dati necessitanti una attività di elaborazione da parte dell'Amministrazione;
iii) nell'ottica di un bilanciamento tra l'interesse alla conoscenza e la tutela della riservatezza dei dati personali, la necessità di effettuare un confronto in concreto, sulla base dei principi di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza, nell'ambito del quale quello fatto valere dall'Associazione ricorrente non può essere considerato prevalente rispetto alla seconda;
iv) l'insussistenza dell'interesse legittimante l'accesso ai sensi della l. n. 241/1990;
v) la mancata verifica da parte del giudice di primo grado della necessità di integrare il contraddittorio nei confronti di eventuali controinteressati.
Si è costituita in giudizio l'originaria ricorrente, per opporsi all'accoglimento dell'impugnativa, anche eccependo l'inammissibilità - per mancanza di specificità - del primo motivo.
9. - L'appello risulta fondato e va accolto per le ragioni e nei limiti di seguito precisati.
10. - In via preliminare, deve essere disattesa l'eccezione di inammissibilità del primo mezzo di gravame per mancanza di sufficiente specificità, rivelando esso un contenuto più ampio di quello che l'Associazione resistente pone a fondamento dell'eccezione medesima (in quanto inteso, come meglio si vedrà nel prosieguo, a contestare in senso lato la sussistenza di una finalità pubblicistica a fondamento dell'istanza ostensiva).
11. - Ciò premesso, la controversia, così come sottoposta alla cognizione di questa Sezione (quindi al netto della statuizione, non contestata, con la quale - seppure implicitamente - è stata esclusa la sussistenza dei presupposti per l'accoglimento dell'istanza ostensiva sulla base delle disposizioni concernenti il cd. accesso documentale), attiene essenzialmente ai limiti applicativi dell'istituto del cd. accesso civico ex art. 5 ss d.lgs. n. 33/2013, suscettibile - ad avviso del giudice di primo grado - di offrire copertura legittimante all'interesse ostensivo dell'Associazione ricorrente relativamente al "dato aggregato costituito dal numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell'Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità", cui si riferiva l'impugnato atto di diniego (parziale) all'accesso opposto dall'Istituto appellante.
Come si evince dalla esposizione che precede delle ragioni poste a base della sentenza appellata, il primo giudice ha evidenziato che:
- la disciplina dell'accesso civico non subordina il soddisfacimento dell'istanza ostensiva alla sussistenza di una specifica legittimazione ad exhibendum in capo al soggetto istante;
- non è opponibile, all'esibizione dei documenti richiesti, il limite connesso alla protezione dei dati personali (recte, sensibili) dei soggetti cui gli stessi si riferiscono, ex art. 5-bis, comma 2, lett. a) d.lgs. cit., in quanto, secondo l'art. 6, par. 1, Reg. n. 2016/679/UE, il trattamento è lecito se "è necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento": condizione nella specie sussistente in quanto "i documenti chiesti dalla ricorrente riguardano "attività di pubblico interesse"" e la finalità sottesa all'istanza ostensiva de qua - in quanto funzionale ad effettuare "tutte le necessarie ricognizioni e verifiche in ordine agli effetti dell'azione delle singole Organizzazioni sindacali ed anche allo scopo di escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa" - "ha certamente a che fare con "l'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento", cioè l'INAIL";
- l'accesso richiesto non può trovare ostacolo nella possibilità di risalire al nominativo del dipendente interessato, "sia perché la motivazione avrebbe avuto bisogno di maggiore dimostrazione, e sia perché quella stessa (mera) possibilità non concretizza una significativa violazione di diritti dei soggetti interessati, sulla posizione dei quali organizzazioni come l'Associazione ricorrente possono vantare un preciso interesse e diritto a sapere se l'adesione di quei dipendenti a una determinata Organizzazione sindacale, piuttosto che a un'altra, li abbia favoriti nella carriera, a detrimento di altre".
12. - Nell'affrontare i motivi di appello, la Sezione ritiene opportuno esaminare con priorità quello inerente alla sussistenza dei presupposti applicativi dell'art. 5, comma 2, d.lgs. n. 33/2013, con particolare riguardo alla ratio della disciplina del cd. accesso civico, individuata dal legislatore nello "scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico".
Si impongono sul punto, in via preliminare, alcune considerazioni inerenti alla ricostruzione del quadro normativo che fa da sfondo alla controversia.
Come evidenziato dal TAR, i parametri normativi cui fare riferimento ai fini della suddetta indagine sono principalmente apprestati dal Reg. n. 2016/679/UE, laddove - con riguardo alle condizioni legittimanti, rispettivamente, il trattamento dei dati personali e di "categorie particolari" di essi, come quelli, nella specie di interesse, "che rivelino l'appartenenza sindacale" di cui all'art. 9, comma 1, del medesimo Regolamento - richiede (art. 6, comma 1, lett. e) che il trattamento sia "necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico o connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento" e che (art. 9, comma 2, lett. g) esso sia "necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri, che deve essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato".
Deve in proposito osservarsi, in primo luogo, che l'indistinto riferimento (quale sembra trapelare dalla sentenza appellata) alle citate norme regolamentari - rispettivamente dedicate, come si è detto, ai "dati personali" tout court ed a "categorie particolari" di essi, come quelli idonei a rilevare l'appartenenza sindacale del soggetto cui i dati medesimi si riferiscono, cui la presente controversia specificamente inerisce - è suscettibile di inficiare la verifica successiva, attinente alla sussistenza dei presupposti legittimanti l'esecuzione del trattamento laddove esso impinga nella sfera di riservatezza di terzi: va osservato infatti che, mentre l'art. 6, comma 1, lett. e) (ma anche l'art. 3, comma 2, secondo periodo) del Regolamento subordina la liceità del trattamento alla (sola ed alternativa) condizione che esso sia "necessario per l'esecuzione di un compito di interesse pubblico" ovvero "connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento"; viceversa, l'art. 9, comma 2, lett. g) - oltre a porre la più limitativa condizione che il trattamento sia "necessario per motivi di interesse pubblico rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri" - aggiunge quella più stringente che esso debba "essere proporzionato alla finalità perseguita, rispettare l'essenza del diritto alla protezione dei dati e prevedere misure appropriate e specifiche per tutelare i diritti fondamentali e gli interessi dell'interessato".
Deve inoltre osservarsi che le citate disposizioni europee si limitano a stabilire che il "trattamento" deve rispondere ad un interesse pubblico (ovvero, per i "semplici" dati personali, deve essere "connesso all'esercizio di pubblici poteri di cui è investito il titolare del trattamento"), mentre resta demandato al diritto dell'Unione o a quello dello Stato membro selezionare - anche in relazione alla specifica tipologia del trattamento (che, ai sensi dell'art. 4, numero 2, del Regolamento comprende, per quanto di interesse, "l'estrazione, la consultazione, l'uso, la comunicazione mediante trasmissione, diffusione o qualsiasi altra forma di messa a disposizione" dei dati de quibus) ed alle finalità cui lo stesso è preordinato - gli interessi pubblici rilevanti al fine di legittimarne l'esecuzione.
Tanto si desume, con specifico riferimento ai dati de quibus, dall'art. 9, comma 2, lett. g) Reg. n. 679/2016, laddove prevede che il trattamento deve essere necessario per motivi di interesse pubblico "rilevante sulla base del diritto dell'Unione o degli Stati membri".
Consegue dai rilievi che precedono, e con specifico riferimento a quella tipologia di trattamento che è rappresentata dall'accesso ai dati detenuti dalla P.A., che non basta, al fine di verificare la sussistenza delle condizioni legittimanti l'accoglimento dell'istanza ostensiva, che l'operazione sia (genericamente) necessaria per ragioni di interesse pubblico, né tampoco che i dati oggetto di trattamento rivelino una (altrettanto se non più generica) connessione con l'esercizio di pubblici poteri, ma occorre che essa sia funzionale alla realizzazione dell'interesse pubblico nella specifica declinazione cui conferiscono rilievo le pertinenti disposizioni, siano esse di diritto interno o europeo.
Da tale punto di vista, non vi è dubbio che le disposizioni (interne) in tema di accesso civico, alla luce delle specifiche e qualificate finalità cui lo stesso è preordinato (così come rilevato dalla sentenza dell'Adunanza Plenaria di questo Consiglio di Stato n. 10 del 2020, che ne ha posto in risalto l'essenza di strumento non solo per il "miglior soddisfacimento degli altri diritti fondamentali che l'ordinamento giuridico riconosce alla persona", ma anche per la piena attuazione del principio di buon andamento della P.A., ex art. 97 Cost.), integrino il presupposto - relativo alla necessità "per motivi di interesse pubblico" - cui il citato Regolamento europeo subordina la liceità del trattamento-accesso: in tal senso, peraltro, si deve rilevare che l'art. 2-sexies, comma 2, d.lgs. n. 196/2003, inserito dall'art. 2, comma 1, lett. f) d.lgs. n. 101/2018, prevede espressamente che "si considera rilevante l'interesse pubblico relativo a trattamenti effettuati da soggetti che svolgono compiti di interesse pubblico o connessi all'esercizio di pubblici poteri nelle seguenti materie: a) accesso a documenti amministrativi e accesso civico".
Ebbene, è con diretto riferimento alle finalità dell'accesso civico, nelle quali l'"interesse pubblico" contemplato nelle linee generali dall'ordinamento europeo riceve specificazione e concretizzazione, che deve essere riguardata la meritevolezza dell'istanza ostensiva, onde verificare se essa sia funzionale al suo soddisfacimento e, quindi, risponda alla complessiva ratio dell'istituto de quo.
Ciò tanto più in quanto, ai sensi del comma 1 del citato art. 2-sexies d.lgs. n. 196/2003, "i trattamenti delle categorie particolari di dati personali di cui all'articolo 9, paragrafo 1, del Regolamento, necessari per motivi di interesse pubblico rilevante ai sensi del paragrafo 2, lettera g), del medesimo articolo, sono ammessi qualora siano previsti dal diritto dell'Unione europea ovvero, nell'ordinamento interno, da disposizioni di legge o, nei casi previsti dalla legge, di regolamento che specifichino", ex aliis, "il motivo di interesse pubblico rilevante", sulla cui sussistenza nella fattispecie in esame dovrà quindi soffermarsi il giudicante.
13. - Prima di procedere oltre nel discorso argomentativo, si impongono alcune ulteriori precisazioni concernenti il perimetro applicativo, alla luce della sottostante ratio legis, dell'istituto del cd. accesso civico.
In primo luogo, il fatto che, ai sensi dell'art. 5, comma 3, d.lgs. n. 33/2013, l'esercizio del diritto in discorso non sia "sottoposto ad alcuna limitazione quanto alla legittimazione soggettiva del richiedente" e che la relativa istanza non richieda motivazione, non fa dell'istituto uno strumento atto a legittimare un accesso indiscriminato ai dati, alle informazioni ed ai documenti detenuti dalle pubbliche amministrazioni: da questo punto di vista, invero, deve rilevarsi che se, da un lato, le disposizioni appena citate emancipano l'esperibilità dell'accesso da ogni requisito legittimante di carattere soggettivo (tratto che ne segna più marcatamente la differenziazione rispetto all'istituto dell'accesso documentale, per il quale l'art. 22, comma 1, lett. b) l. n. 241/1990 richiede, invece, la titolarità in capo al richiedente di "un interesse diretto, concreto e attuale, corrispondente ad una situazione giuridicamente tutelata e collegata al documento al quale è chiesto l'accesso"), dall'altro lato, l'accesso civico conosce una chiara quanto qualificante connotazione teleologica, laddove, come si è visto, è finalisticamente orientato dal legislatore "allo scopo di favorire forme diffuse di controllo sul perseguimento delle funzioni istituzionali e sull'utilizzo delle risorse pubbliche e di promuovere la partecipazione al dibattito pubblico".
Potrebbe anzi sostenersi che alla radice individuale del cd. accesso documentale, siccome proteso alla tutela di interessi conchiusi entro la sfera giuridica del soggetto richiedente, fa da contraltare la vocazione generale del cd. accesso civico, in relazione al quale il richiedente agisce non uti singulus, ma uti civis, quale portatore dell'interesse indifferenziato dei membri della collettività al controllo diffuso del modo col quale vengono esercitate le pubbliche funzioni: ciò in una prospettiva sia di arricchimento della dinamica democratica e partecipativa dei cittadini all'esercizio del potere pubblico, sia di garanzia del buon andamento della P.A.
Le conclusioni esposte - nel senso dell'esigenza di verificare la sussistenza in capo al proponente una istanza di cd. accesso civico di una specifica legittimazione non individuale - sono supportate dalle considerazioni poste a base della citata pronuncia dell'Adunanza Plenaria, laddove si rileva che "a fronte di una istanza, come quella dell'odierna appellante, che non fa riferimento in modo specifico e circostanziato alla disciplina dell'accesso procedimentale o a quella dell'accesso civico generalizzato e non ha inteso ricondurre o limitare l'interesse ostensivo all'una o all'altra disciplina, ma si muove sull'incerto crinale tra l'uno e l'altro, la pubblica amministrazione ha il dovere di rispondere, in modo motivato, sulla sussistenza o meno dei presupposti per riconoscere i presupposti dell'una e dell'altra forma di accesso, laddove essi siano stati comunque, e sostanzialmente, rappresentati nell'istanza. A tale conclusione non osta il fatto che l'istanza di accesso civico generalizzato non debba rappresentare l'esistenza di un interesse qualificato, a differenza di quella relativa all'accesso documentale, e che non debba essere nemmeno motivata, perché l'interesse e i motivi rappresentati, indistintamente ed eventualmente, al fine di sostenere l'esistenza di un interesse uti singulus, ai fini dell'art. 22 della l. n. 241 del 1990, ben possono essere considerati dalla pubblica amministrazione per valutare l'esistenza dei presupposti atti a riconoscere l'accesso generalizzato uti civis, quantomeno per il limitato profilo, di cui oltre si tratterà, del c.d. public interest test".
Il rilievo che precede consente, peraltro, anche di valorizzare il rapporto di integrazione che la giurisprudenza ravvisa tra i due testi normativi (quello relativo al cd. accesso documentale e quello concernente il cd. accesso civico), siccome collocati in una posizione di equiordinazione finalizzata, nel loro combinato operare, a consentire il più alto tasso di apertura dell'organizzazione amministrativa alle esigenze conoscitive dei cittadini, nella duplice veste (individuale e collettiva) che essi sono suscettibili di assumere allorché si relazionano con la P.A.: rapporto che consente anche di escludere che il cd. accesso civico assuma il ruolo, del tutto indistinto e residuale, di offrire protezione alle istanze ostensive "non qualificate" e che, quindi, non possano trovare ricetto entro la cornice normativa di cui alla l. n. 241/1990, per la carenza nelle stesse (secondo una valutazione meramente "in negativo") di alcuno dei presupposti legittimanti da essa contemplati, con l'effetto di obliterare del tutto il valore "in positivo" che l'ordinamento riconosce al cd. accesso civico quale mezzo di modernizzazione in chiave democratica del modo di essere della P.A. e del modo di esercizio delle funzioni pubbliche ad essa attribuite.
14. - Quanto, poi, ai criteri di emersione in concreto dell'interesse (generale) legittimante l'esercizio del diritto di cd. accesso civico, non può che farsi leva, come posto in evidenza dalla sentenza appena citata, su tutti gli elementi caratterizzanti la concreta fattispecie, senza trascurare nemmeno quelli che, come la motivazione della domanda di accesso, secondo la definizione legislativa dell'istituto non devono necessariamente sussistere, ma dei quali l'interessato abbia nondimeno ritenuto di corredare l'istanza ostensiva: essa, infatti, sebbene irrilevante ai fini della individuazione di una posizione legittimante di carattere individuale (che, come si è detto, è estranea ai presupposti applicativi del cd. accesso civico), può utilmente concorrere alla verifica della (necessaria) tensione generale della domanda ostensiva, evitando che si possa dare tutela ingiustificata ad interessi di carattere egoistico.
Nei sensi illustrati si è già espressa la giurisprudenza amministrativa, osservando che, "alla luce del quadro normativo in materia (...) uno solo è il presupposto imprescindibile di ammissibilità dell'istanza di accesso civico generalizzato, ossia la sua strumentalità alla tutela di un interesse generale. La relativa istanza, dunque, andrà in ogni caso disattesa ove tale interesse generale della collettività non emerga in modo evidente, oltre che, a maggior ragione, nel caso in cui la stessa sia stata proposta per finalità di carattere privato ed individuale. Lo strumento in esame può pertanto essere utilizzato solo per evidenti ed esclusive ragioni di tutela di interessi propri della collettività generale dei cittadini, non anche a favore di interessi riferibili, nel caso concreto, a singoli individui od enti associativi particolari: al riguardo, il giudice amministrativo è tenuto a verificare in concreto l'effettività di ciò, a nulla rilevando - tantomeno in termini presuntivi - la circostanza che tali soggetti eventualmente auto-dichiarino di agire quali enti esponenziali di (più o meno precisati) interessi generali. Deve pertanto concludersi che, sebbene il legislatore non chieda all'interessato di formalmente motivare la richiesta di accesso generalizzato, la stessa vada disattesa, ove non risulti in modo chiaro ed inequivoco l'esclusiva rispondenza di detta richiesta al soddisfacimento di un interesse che presenti una valenza pubblica, essendo del tutto estraneo al perimetro normativo della fattispecie la strumentalità (anche solo concorrente) ad un bisogno conoscitivo privato" (cfr. Cons. Stato, sez. V, n. 1121 del 2020).
15. - Applicando le coordinate ermeneutiche che precedono alla fattispecie oggetto di giudizio, deve preliminarmente richiamarsi il contenuto dell'istanza ostensiva del 24 febbraio 2021, nella parte concernente i documenti di cui l'INAIL ha ricusato l'esibizione all'Associazione ricorrente:
"Si chiede, inoltre, al fine di consentire alla scrivente tutte le necessarie ricognizioni e verifiche in ordine agli effetti dell'azione delle singole Organizzazioni sindacali ed anche allo scopo di escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa, di fornire il dato aggregato costituto del numero degli iscritti di ogni Organizzazione rappresentativa dell'Area Funzioni Centrali titolari di incarico di coordinamento Generale, Centrale, Regionale e Distrettuale e di quelli che abbiano conseguito il secondo livello differenziato di professionalità".
15.1. Primo argomento rilevante ai fini della reiezione dell'istanza di accesso - nell'ottica di una bilanciata ponderazione rispetto al pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali, da effettuarsi secondo criteri di proporzionalità, pertinenza e non eccedenza - è quello concernente l'effetto di disvelamento delle identità soggettive desumibili dal dato aggregato richiesto in esibizione all'INAIL. Si è già detto che la regola della generale accessibilità incontra il limite della tutela della riservatezza di dati personali, in relazione ai quali l'art. 9 del richiamato Regolamento UE 679/2016, stabilisce, al comma 1, che «È vietato trattare dati personali che rivelino l'origine razziale o etnica, le opinioni politiche, le convinzioni religiose o filosofiche, o l'appartenenza sindacale...». Anche l'Adunanza Plenaria del Consiglio di Stato con la richiamata sentenza n. 10 del 2020 ha ricordato "la necessità di verificare la compatibilità dell'accesso con le eccezioni relative previste dal citato art. 5 bis, commi 1 e 2, a tutela degli interessi-limite, pubblici e privati, contemplati da tale disposizione, nel bilanciamento tra il valore della trasparenza e quello della riservatezza".
Ebbene, le informazioni sull'adesione sindacale del lavoratore rientrano nella categoria dei dati "particolari" ex art. 9 par 1 del Regolamento Ue 2016/679, già denominati "sensibili" dalla normativa privacy previgente, rispetto ai quali la disciplina di protezione dei dati riconosce una particolare forma di tutela.
A questo proposito, con riferimento all'istanza ostensiva de qua INAIL ha chiarito che "per alcuni tipi di incarichi (es. di coordinamento generale) è possibile risalire al nominativo del dipendente incaricato". Le ulteriori precisazioni fornite sul punto, esplicative della modalità attraverso le quali sarebbe possibile risalire dal dato aggregato alle singole identità, consentono di escludere la tesi secondo cui l'INAIL avrebbe opposto motivazione generiche e indeterminate: è stato al contrario dettagliatamente illustrato (con deduzioni, peraltro, non specificamente disarticolate dalla controparte nei loro singoli passaggi) che l'informazione richiesta riguarda una platea piuttosto limitata di persone (i titolari di incarico di coordinamento) e che alla loro individuazione è possibile risalire attraverso la lettura incrociata del dato aggregato chiesto in esibizione con quello desumibile dai dati pubblicati sulla intranet aziendale (graduatorie dei vincitori delle apposite selezioni interne, organigramma di ciascuna delle consulenze dell'INAIL con l'indicazione nominativa dei professionisti e dell'incarico dagli stessi rivestito, lista nominativa degli iscritti al sindacato istante - v. appello pag. 23 e ss.).
Poiché, come si è detto, la comunicazione di dati personali nell'ambito del procedimento di accesso anche generalizzato non deve determinare un'interferenza ingiustificata e sproporzionata nei diritti e libertà delle persone cui si riferiscono tali dati, la motivata valutazione che l'INAIL ha reso sul punto, esaminata nella prospettiva di un sindacato su ambiti di esercizio discrezionale del potere, non può dirsi immotivata o censurabile per illogicità e sproporzione.
15.2. Sotto un secondo profilo che si integra al precedente - sempre nell'ottica del bilanciamento tra interesse ostensivo e pregiudizio concreto alla protezione dei dati personali - appare dubbio che la domanda ostensiva di cui si discute, siccome finalisticamente correlata al soddisfacimento di un interesse di carattere anche individuale dell'Associazione ricorrente (così come da questa declinato, ovvero quello di effettuare "tutte le necessarie ricognizioni e verifiche in ordine agli effetti dell'azione delle singole Organizzazioni sindacali ed anche allo scopo di escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa"), possa ritenersi pienamente riconducibile ad una "forma diffusa di controllo" (sul perseguimento delle funzioni istituzionali), la quale si caratterizza per il fatto di riguardare indistintamente i cittadini e non singole componenti, anche di carattere collettivo, della comunità amministrata: da tale punto di vista, quindi, la domanda ostensiva de qua appare non pienamente rientrante nel perimetro funzionale dell'istituto del cd. accesso civico, in quanto proteso, come si è detto, a "favorire forme diffuse", e non individuali, di controllo sull'esercizio della funzione pubblica.
15.3. La finalizzazione "individualistica" della domanda di accesso appare ancora più accentuata, ove si consideri che l'esibizione dei dati de quibus viene richiesta dall'Associazione ricorrente al fine di verificare l'efficacia della sua azione rispetto a quella delle altre organizzazioni affini, ovvero in vista di un'esigenza di carattere strategico-sindacale rilevante nei rapporti di "competizione" rappresentativa con le omologhe associazioni (eloquente in tal senso è il dichiarato intento di voler "escludere qualsivoglia profilo discriminatorio e/o di turbativa, diretta o indiretta, in danno della scrivente Organizzazione Sindacale e/o degli iscritti alla stessa").
Deve solo aggiungersi che tale conclusione non si pone in contraddizione con l'assenso dato dall'INAIL all'accesso da parte dell'Associazione ricorrente ai dati relativi al "numero di iscritti dell'Area, Funzioni Centrali di ogni Organizzazione rappresentativa nella predetta area, distinti per sezione (dirigenti. medici e professionisti)", cui fa riferimento la prima parte dell'istanza ostensiva del 24 febbraio 2021, dal momento che essa veniva correlata dalla parte istante alla diversa finalità di "valutare la rappresentatività relativa di ciascuna OO.SS.", la quale appare suscettibile di trovare tutela già nell'ambito del sistema normativo delineato dagli art. 22 ss. l. n. 241/1990.
15.4. - Deve infine osservarsi che anche il cd. accesso civico incontra il limite generale in materia di accesso relativo al carattere non emulativo della richiesta, quale si avrebbe se essa, lungi dall'essere preordinata ad un controllo sì generalizzato ma comunque concreto ed oggettivo della funzione pubblica, fosse invece finalizzata all'esercizio di un sindacato privo di ogni plausibile addentellato rispetto agli ordinari canoni dell'agire amministrativo: ciò che appare verificarsi nella fattispecie in esame, ove si consideri che la parte ricorrente muove dall'assunto che gli incarichi dirigenziali in oggetto vengano (recte, verrebbero) conferiti in rapporto al peso rappresentativo delle sigle sindacali di appartenenza, senza fornire alcun appiglio a fondamento di tale preteso (ed invero, ove effettivamente riscontrabile, patologico) modus operandi dell'Istituto appellante.
16. - L'appello, in conclusione e per le ragioni esposte, deve essere accolto, potendo dichiararsi l'assorbimento delle censure non esaminate: ciò anche in relazione al motivo inteso a lamentare la mancata integrazione del contraddittorio nei confronti dei controinteressati, dovendo farsi applicazione del disposto di cui all'art. 49, comma 2, c.p.a., ai sensi del quale "l'integrazione del contraddittorio non è ordinata nel caso in cui il ricorso sia manifestamente irricevibile, inammissibile, improcedibile o infondato".
L'oggettiva peculiarità e la novità delle questioni trattate giustificano la compensazione delle spese concernenti entrambi i gradi di giudizio.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Terza), definitivamente pronunciando sull'appello, come in epigrafe proposto, lo accoglie e, per l'effetto, in riforma della sentenza impugnata, respinge il ricorso di primo grado.
Compensa le spese del doppio grado di giudizio.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 3 marzo 2022 con l'intervento dei magistrati:
Luigi Maruotti, Presidente
Giovanni Pescatore, Consigliere, Estensore
Raffaello Sestini, Consigliere
Solveig Cogliani, Consigliere
Giovanni Tulumello, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Giovanni Pescatore Luigi Maruotti





IL SEGRETARIO