Pubblicato il 10/06/2022
N. 00511/2022 REG.PROV.COLL.
N. 00087/2022 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Tribunale Amministrativo Regionale per la Emilia Romagna
(Sezione Seconda)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 87 del 2022, proposto da
-OMISSIS- S.r.l., in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxx xxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio xxxxxx xxxxx in Bologna, via xxxx xxxx;
contro
Asp -OMISSIS-, non costituito in giudizio;
per l'ottemperanza
del Decreto Ingiuntivo n775/2018 - Tribunale di Forlì

 

Visti il ricorso e i relativi allegati;
Visto l'art. 114 cod. proc. amm.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2022 il dott. Giancarlo Mozzarelli e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

-Rilevato che la Società ricorrente agisce in giudizio per l'ottemperanza del decreto ingiuntivo meglio indicato dianzi;
-Ritenuto che il Collegio valuta che sia rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lett. g) d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, come introdotto dalla legge di conversione, e cioè la l.17 dicembre 2021, n. 215, per contrasto con l'art. 24 Cost., da solo e, nella misura in cui riguardi anche il giudizio d'ottemperanza svolto davanti al giudice amministrativo, in combinata lettura con l'art. 113 Cost., nella scia dell'orientamento già accolto sul punto dal TAR Calabria (ord.n.356/2022).
-La disposizione della cui compatibilità con la Costituzione si dubita così recita: «al fine di coadiuvare le attività previste dal presente comma (e cioè le attività di controllo, liquidazione e pagamento delle fatture, sia per la gestione corrente che per il pregresso, nonché le attività di monitoraggio e di gestione del contenzioso, NDR), assicurando al servizio sanitario della Regione Calabria la liquidità necessaria allo svolgimento delle predette attività finalizzate anche al tempestivo pagamento dei debiti commerciali, nei confronti degli enti del servizio sanitario della Regione Calabria di cui all'articolo 19 del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, non possono essere intraprese o proseguite azioni esecutive (...). Le disposizioni della presente lettera si applicano fino al 31 dicembre 2025».
-La previsione normativa deve trovare applicazione, oltre che alle azioni esecutive proposte ai sensi del codice di procedura civile, anche al giudizio di ottemperanza, che, secondo la consolidata giurisprudenza amministrativa, ha funzione e natura esecutiva, allorché sia attivato ai fini dell'esecuzione di un provvedimento di giudice civile.
Si è infatti chiarito che, in sede di ottemperanza di un titolo formatosi davanti al giudice ordinario, il giudice amministrativo deve svolgere un'attività meramente esecutiva senza possibilità d'integrare la sentenza, (cfr., tra le tante, Cons. Stato, Sez. VI, 13 maggio 2016, n. 1952; Cons. Stato, Sez. V, 2 febbraio 2009, n. 561; Cons. Stato, Sez. VI, 8 settembre 2008, n. 4288; C.G.A., 8 settembre 2014, n. 522) dovendosi limitare all'accertamento dell'esistenza di un comportamento omissivo o elusivo e all'attuazione del disposto della pronuncia del giudice civile passata in giudicato, trovando in essa un limite invalicabile ( in tal senso, Cons. Stato, Sez. IV, 18 gennaio 2016, n. 145).
Non a caso, si ritiene pacificamente applicabile al giudizio di ottemperanza la sospensione delle procedure esecutive individuali prevista tanto all'art. 243-bis, comma 4 d.lgs. 18 agosto 2000, n. 267, in caso di avvio della procedura di riequilibrio di bilancio di un Ente locale (cfr. CGA 28 ottobre 2014, n. 586; TAR Sicilia - Catania, Sez. I, 11 luglio 2013 , n. 2045), tanto dall'art. 248, comma 2 del medesimo testo normativo per il caso di dissesto (cfr. Cons. Stato, Sez. IV, 4 settembre 2018, n. 5184; TAR Lazio - Roma, Sez. II, 8 novembre 2021, n. 11440;
-Occorre, a questo punto, prendere posizione su un orientamento formatosi nella giurisprudenza amministrativa a proposito della sospensione delle esecuzioni nei confronti degli Enti del Servizio Sanitario disposta in passato con leggi che saranno richiamate ultra.
Un certo orientamento (cfr. Cons. Stato, Sez. III, 11 luglio 2013,n.3726; TAR Calabria - Reggio Calabria, 31 luglio 2020, n. 480) ritenne che la sospensione operasse soltanto per la fase propriamente esecutiva, svolta dal Commissario ad acta nominato dal giudice amministrativo, giacché l'accoglimento, da parte del giudice, della domanda di ottemperanza si risolve nell'ordine alla stessa amministrazione debitrice di provvedere all'esecuzione entro un dato termine, afforzando così un ordine che scaturisce già dal dictum giurisdizionale rimasto ineseguito.
Questo Tribunale ritiene non condivisibile l'orientamento testé descritto.
Innanzitutto, esso opera una distinzione, quanto agli effetti della sospensione, tra la fase dell'ottemperanza svolta davanti al giudice amministrativo e la fase curata dal Commissario ad acta da esso nominato. Di tale distinzione, però, non v'è traccia nelle varie previsioni legislative succedutesi, che, come quella oggi in rilievo, si limitano a vietare che le azioni esecutive vengano "intraprese" o "proseguite" nei confronti degli enti del Servizio Sanitario Nazionale. Peraltro, l'uso del verbo "intraprendere" richiama semanticamente e logicamente l'attenzione alla fase introduttiva dell'azione d'ottemperanza, e cioè al momento della proposizione del ricorso.
In secondo luogo, la distinzione in questione appare artificiale, se solo si consideri che entrambe le fasi - quella davanti al giudice amministrativo, quella che vede il Commissario ad acta come protagonista - hanno come unica finalità l'attuazione del comando giurisdizionale contenuto nel provvedimento del giudice ordinario. Infine, una simile opzione ermeneutica comporterebbe spreco di attività giurisdizionale, richiedendo la pronuncia del giudice amministrativo sulla domanda di ottemperanza senza che, poi, il privato possa ottenere la soddisfazione del credito agitato esecutivamente; e comportando elevate probabilità di incidenti di esecuzione proprio in ordine all'applicabilità della ridetta sospensione.
- Emerge, dunque, in tutta la sua evidenza la rilevanza dei dubbi di legittimità costituzionale.
Ai sensi dell'art.16-septies, comma 2, lett g) d.l. 21 ottobre 2021 n.146, infatti, questo Tribunale Amministrativo Regionale dovrebbe dichiarare, immediatamente e in via del tutto preliminare, improcedibile il ricorso in oggetto.
-Il dubbio di incompatibilità tra l'art. 16-septies, comma 2, lett. g) d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, e l'art. 24 Cost. è alimentato dall'esame della giurisprudenza della Corte costituzionale
Essa ha ripetutamente affermato che la garanzia di poter agire in giudizio per la tutela dei propri diritti comprende anche l'esecuzione forzata, che è diretta a rendere effettiva l'attuazione del provvedimento del giudice (sentenza n. 522 del 2002).
La tutela in sede esecutiva, infatti, è componente essenziale del diritto di accesso al giudice: l'azione esecutiva rappresenta uno strumento indispensabile per l'effettività della tutela giurisdizionale perché consente al creditore di soddisfare la propria pretesa in mancanza di adempimento spontaneo da parte del debitore (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 225 del 2018, n. 198 del 2010, n. 335 del 2004, n. 522 del 2002 e n. 321 del 1998; ordinanza n. 331 del 2001).
La fase di esecuzione coattiva delle decisioni di giustizia, proprio in quanto componente intrinseca ed essenziale della funzione giurisdizionale, deve ritenersi costituzionalmente necessaria (sentenza n. 419 del 1995), stante che «il principio di effettività della tutela giurisdizionale [...] rappresenta un connotato rilevante di ogni modello processuale» (sentenze n. 225 del 2018 e n. 304 del 2011).
È certo riservata alla discrezionalità del legislatore la conformazione degli istituti processuali, con il limite della manifesta irragionevolezza o arbitrarietà della disciplina (ex plurimis, sentenze n. 44 del 2016, n.10 del 2013 e n. 221 del 2008); ma tale limite è valicato «ogniqualvolta emerga un'ingiustificabile compressione del diritto di agire» (sentenza n. 225 del 2018; negli stessi termini, tra le tante, sentenze n. 87 del 2021, n.271 del 2019, n. 44 del 2016 e n. 335 del 2004).
La sospensione delle procedure esecutive deve costituire, pertanto, un evento eccezionale: «un intervento legislativo − che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore − può ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora [...] siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale» (sentenza n.
186 del 2013).
È ben vero che il legislatore ordinario - in presenza di altri diritti meritevoli di tutela - può procrastinare la soddisfazione del diritto del creditore alla tutela giurisdizionale anche in sede esecutiva.
Deve però sussistere un ragionevole bilanciamento tra i valori costituzionali in conflitto, da valutarsi considerando la proporzionalità dei mezzi scelti in relazione alle esigenze obiettive da soddisfare e alle finalità perseguite (ex plurimis, cfr. le sentenze n. 212 del 2020, n. 71 del 2015, n. 17 del 2011, n. 229 e n. 50 del 2010, n.221 del 2008 e n. 1130 del 1988).
- Sulla base dei principi testé illustrati, la Corte ha già dichiarato illegittimo, con sentenza del 12 luglio 2013, n. 186, l'art. 1, comma 51, l. 13 dicembre 2010, n. 220, sia nel testo risultante a seguito delle modificazioni introdotte dall'art. 17, comma 4, lettera e), d.l. 6 luglio 2011, n. 98, conv. con mod. con l. 15 luglio 2011, n. 111, sia nel testo risultante a seguito delle ulteriori modificazioni apportate dall'art. 6-bis, comma 2, lettere a) e b), d.l. 13 settembre 2012, n. 158, conv. con mod. con l. 8 novembre 2012, n. 189, nella parte in cui prevedeva che, nelle Regioni già commissariate in quanto sottoposte a piano di rientro dei disavanzi sanitari, non potessero essere intraprese o proseguite azioni esecutive, anche ai sensi dell'articolo 112 c.p.a., nei confronti delle aziende sanitarie locali e ospedaliere delle regioni medesime, fino al 31 dicembre 2012.
La Corte ha ribadito che un intervento legislativo - che di fatto svuoti di contenuto i titoli esecutivi giudiziali conseguiti nei confronti di un soggetto debitore - può ritenersi giustificato da particolari esigenze transitorie qualora, per un verso, siffatto svuotamento sia limitato ad un ristretto periodo temporale (sentenze n. 155 del 2004 e n. 310 del 2003) e, per altro verso, le disposizioni di carattere processuale che incidono sui giudizi pendenti, determinandone l'estinzione, siano controbilanciate da disposizioni di carattere sostanziale che, a loro volta, garantiscano, anche per altra via che non sia quella della esecuzione giudiziale, la sostanziale realizzazione dei diritti oggetto delle procedure estinte (sentenze n. 277 del 2012 e n. 364 del 2007).
Viceversa, la disposizione in quella sede censurata, la cui durata nel tempo, inizialmente prevista per un anno, era stata differita di ulteriori due anni sino al 31 dicembre 2013, oltre a prevedere la estinzione delle procedure esecutive iniziate e la contestuale cessazione del vincolo pignoratizio gravante sui beni bloccati ad istanza dei creditori delle aziende sanitarie ubicate nelle Regioni commissariate, con derivante e definitivo accollo, a carico degli esecutanti, della spese di esecuzione già affrontate, non prevedeva alcun meccanismo certo, quantomeno sotto il profilo di ordinate procedure concorsuali garantite da adeguata copertura finanziaria, in ordine alla soddisfazione delle posizioni sostanziali sottostanti ai titoli esecutivi inutilmente azionati.
Essa, pertanto, si poneva, in entrambe le sue versioni, in contrasto con l'art. 24 Cost. in quanto, in conseguenza della norma censurata, venivano vanificati gli effetti della tutela giurisdizionale già conseguita dai numerosi creditori delle aziende sanitarie procedenti nei giudizi esecutivi.
Costoro non soltanto si trovano, in alcuni casi da più di un triennio, nella impossibilità di trarre dal titolo da loro conseguito l'utilità ad esso ordinariamente connessa, ma dovevano, altresì, sopportare, in considerazione della automatica estinzione (o, nella versione precedente, della inefficacia) delle procedure esecutive già intraprese e della liberazione dal vincolo pignoratizio dei beni già asserviti alla procedura, i costi da loro anticipati per l'avvio della procedura stessa. Né si verificava la condizione che, secondo la giurisprudenza costituzionale, rende legittimo il blocco delle azioni esecutive, cioè la previsione di un meccanismo di risanamento che, come detto, canalizzasse in una unica procedura concorsuale le singole azioni esecutive, con meccanismi di tutela dei diritti dei creditori che non si rinvenivano nei piani di rientro cui la disposizione faceva riferimento, sicché la posizione sostanziale dei creditori trovasse una modalità sostitutiva di soddisfazione.
La disposizione in esame, infatti, non conteneva la disciplina di tale tipo di procedura né identificava le risorse finanziarie da cui attingere per il suo eventuale svolgimento.
La Corte ha, altresì, considerato rilevante la circostanza che, con la disposizione censurata, il legislatore statale avesse creato una fattispecie di ius singulare che determinava lo sbilanciamento fra le due posizioni in gioco, esentando quella pubblica, di cui lo Stato risponde economicamente, dagli effetti pregiudizievoli della condanna giudiziaria, con violazione del principio della parità delle parti di cui all'art. 111 Cost.
Né poteva, infine, valere a giustificare l'intervento legislativo censurato il fatto che questo potesse essere ritenuto strumentale ad assicurare la continuità della erogazione delle funzioni essenziali connesse al servizio sanitario: infatti, a presidio di tale essenziale esigenza già risultava da tempo essere posta la previsione di cui all'art. 1, comma 5, del d.l. 18 gennaio 1993, n. 9, conv. con mod. con l. 18 marzo 1993, n. 67, in base alla quale è assicurata la impignorabilità dei fondi a destinazione vincolata essenziali ai fini della erogazione dei servizi sanitari.
- Recentissimamente, con la sentenza del 7 dicembre 2021, n.236, la Corte costituzionale ha dichiarato l'illegittimità costituzionale dell'art. 3, comma 8, d.l. 31 dicembre 2020, n. 183, conv. con l. 26 febbraio 2021, n. 21, che, in ragione dell'emergenza derivante dall'epidemia di Covid-19, aveva prorogato la sospensione delle esecuzioni e l'inefficacia dei pignoramenti nei confronti degli enti del Servizio sanitario nazionale, già precedentemente disposta.
Dopo aver ripercorso la motivazione della precedentemente evocata sentenza n. 186 del 2013, la Corte ha precisato che, nonostante l'evoluzione dell'emergenza sanitaria e la possibilità di ricalibrare su di essa la programmazione di cassa, la disposizione censurata aveva prorogato la misura in danno dei creditori per un intero anno senza alcun aggiornamento della valutazione comparativa tra i loro diritti giudizialmente accertati e gli interessi dell'esecutato pubblico.
In tal modo, gli effetti negativi della protrazione del "blocco" delle esecuzioni venivano lasciati invariabilmente a carico dei creditori, tra i quali pure possono trovarsi anche soggetti cui è stato riconosciuto un risarcimento in quanto gravemente danneggiati nella salute o operatori economici a rischio di espulsione dal mercato. Costituzionalmente tollerabile ab origine, la misura era divenuta sproporzionata e irragionevole per effetto di una proroga di lungo corso e non bilanciata da una più specifica ponderazione degli interessi in gioco, che ha leso il diritto di tutela giurisdizionale ex art.24 Cost. nonché, al contempo, la parità delle parti e la ragionevole durata del processo esecutivo.
Il protratto sacrificio imposto ai creditori sul piano della tutela giurisdizionale avrebbe potuto essere ricondotto a conformità con i parametri costituzionali ove fosse stata approntata una tutela alternativa di contenuto sostanziale, che però non era stata nella specie predisposta.
- La disposizione che in questa sede va applicata replica, a parere di questo Tribunale, tutti i profili di illegittimità evidenziati con riferimento ai precedenti provvedimenti di sospensione.
Essa impedisce, per un lunghissimo periodo di quattro anni (che si aggiungono ai quasi due anni in cui, sino alla sentenza della Corte costituzionale n. 236 del 2021, le procedure esecutive nei confronti di tutti gli Enti del Servizio Sanitario Nazionale sono rimaste sospese), l'accesso alla tutela esecutiva.
Non prevede una procedura concorsuale idonea a garantire la soddisfazione, quanto meno pro quota, delle pretese dei creditori.
Crea un'ingiustificata disparità tra debitore pubblico e creditori privati, tra i quali possono ben esservi soggetti socialmente o economicamente svantaggiati.
Per tali ragioni, essa si pone in diretto contrasto con l'art. 24 Cost., che invece assicura a tutti il diritto ad agire, anche esecutivamente.
- La violazione dell'art. 24 Cost. si apprezza, trattandosi di giudizio di ottemperanza davanti al giudice amministrativo, anche in combinato disposto con l'art. 113 Cost, che assicura sempre «la tutela giurisdizionale dei diritti e degli interessi legittimi dinanzi agli organi di giurisdizione ordinaria o amministrativa» e ne vieta l'esclusione o la limitazione a particolari mezzi di impugnazione o per determinate categorie di atti.
Infatti, ciò che la norma in questione determina è proprio l'impossibilità per il creditore degli Enti del servizio sanitario regionale della Calabria di ottenere dal giudice amministrativo la tutela giurisdizionale esecutiva, in ragione del provvedimento giurisdizionale definitivo ottenuto dal giudice ordinario.
Risulta quindi violato anche l'art. 113 Cost.
- Il giudizio presente va quindi sospeso, con trasmissione, ai sensi dell'art. 23 l. 11 marzo 1953, n. 87, degli atti alla Corte costituzionale, affinché decida della questione di legittimità costituzionale che, con la presente ordinanza, incidentalmente si pone.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale per l'Emilia Romagna (Sezione Seconda), sospende il giudizio e, ai sensi dell'art. 23 l. 11 marzo 1953, n. 87, dispone la trasmissione degli atti alla Corte costituzionale affinché si pronunci sulla rilevante e non manifestamente infondata questione di legittimità costituzionale dell'art. 16-septies, comma 2, lett. g) d.l. 21 ottobre 2021, n. 146, come introdotto dalla legge di conversione, e cioè la l. 17 dicembre 2021, n. 215, per contrasto con gli artt. 24 e 113 Cost.
Manda alla Segreteria di comunicare alle parti la seguente ordinanza e di notificarla al Presidente del Senato della Repubblica, al Presidente della Camera di Deputati e al Presidente del Consiglio dei Ministri.
Così deciso in bologna nella camera di consiglio del giorno 6 aprile 2022 con l'intervento dei magistrati
Giancarlo Mozzarelli, Presidente, Estensore
Ines Simona Immacolata Pisano, Consigliere
Stefano Tenca, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Giancarlo Mozzarelli





IL SEGRETARIO