Sala "Giuditta Levato"

Sala Giuditta Levato

L’Aula è dedicata ad una giovane bracciante calabrese, martire delle lotte sociali avvenute in Calabria alla fine della seconda guerra mondiale. Nata a Calabricata, frazione di Sellia Marina in provincia di Catanzaro, Giuditta levato fu uccisa il 28 novembre del 1946, all’età di 31 anni, da un colpo sparatole al ventre dal servitore di un latifondista, mentre, incinta del suo terzo figlio, difendeva un proprio diritto ad occupare i terreni incolti dell’allora vastissimo latifondo calabrese posseduto da pochi e ricchi proprietari. Le terre incolte erano state assegnate ai poverissimi contadini meridionali, le cui condizioni si erano tragicamente aggravate dopo la seconda guerra mondiale, così come prevedeva la riforma agraria, voluta dal primo ministro all’agricoltura del dopoguerra, il calabrese Fausto Gullo.
La riforma Gullo suscitò una forte reazione degli agrari, che ricorsero anche ad atti di violenza per impedire che gli assegnatari delle terre incolte, cooperative e leghe bracciantili, le mettessero a frutto.
Il suo omicidio rappresenta uno dei tanti episodi gravi e dolorosi che videro dal 1945 al 1950 vittime i contadini calabresi, che rivendicavano il diritto di aver assegnata la terra, condannata all’incuria degli agrari, sulla quale lavoravano per sfamare le loro famiglie.
Queste le parole poste sulla sua lapide “uccisa dal piombo di un agrario per dare pane ai suoi figli e terra e lavoro ai contadini”.
Una parete dell’aula è occupata dal quadro che rappresenta la barbara uccisione della donna per mano del servo latifondista.
La parete antistante è occupata da tre bassorilievi ceramicati ed argentati, opera dello scultore reggino Michele Di Raco, e raffiguranti la vendemmia, la raccolta delle arance e la raccolta delle olive. Simboli del legame dei calabresi con le attività della terra.
L’Aula Giuditta Levato ospita prevalentemente conferenze, convegni ed iniziative dei gruppi consiliari.