Storia
La Varia di Palmi

I festeggiamenti che si celebrano a Palmi in onore della Madonna della Sacra Lettera sono legati al profondo sentimento religioso e alla pietà popolare che ha sempre animato la nostra gente. Questa tradizione secolare trae origine da Messina con la quale la Città di Palmi intrattiene antichi legami di amicizia e di commercio, grazie soprattutto al breve tratto di mare che permetteva alle rispettive marinerie un frequente contatto.
Palmi non era ancora nata quando avvenne un evento straordinario, che tanti secoli dopo avrebbe interessato la comunità palmese, e dato origine al culto Mariano e alla tradizione del trasporto della Varia.
I Messinesi avevano già appreso dai mercanti navigatori che giungevano dall’Oriente la notizia della morte di Gesù Cristo sulla Croce, quando San Paolo, predicando la parola del Figlio di Dio prima a Reggio e dopo a Messina, accese ancora di più i loro animi.
Così, convertiti alla vera fede e mossi a pietà per il dolore sofferto da quella povera Madre che aveva assistito impotente al supplizio del Suo Figliolo, il Senato Messinese deliberò di inviarLe un’ambasceria in segno di conforto e solidarietà.
L’8 settembre dell’anno 42 d.C. di ritorno dalla missione, sbarcarono nella Città dello Stretto Girolamo Origgiano, Ottavio Brizio, Marcello Benecifate e Centurione Mulè e consegnarono al Vescovo Bacchilo una Lettera che la Madre di Gesù di Nazareth aveva scritto alla Città. Nell’epistola vergata il 3 giugno dello stesso anno, la Madonna impartiva la benedizione al popolo e alla Città, promettendo in eterno la Sua protezione “VOS ET IPSAM CIVITATEM BENEDICIMUS” e, non potendo andare di persona come avrebbe voluto, mandava anche alcuni suoi capelli. Fin dal momento dell’arrivo della Lettera e dei Capelli fiorì nei Messinesi un culto così profondo verso la Vergine appellata della Sacra Lettera a ricordo della missiva, tanto da proclamarLa Patrona e Protettrice della Città, invocandola nei momenti più bui della sua millenaria storia. Abbattuti gli idoli pagani vennero eretti nel suo nome numerose Chiese ed Altari e, intorno al 1500, per rappresentare in modo spettacolare la Sua Assunzione in Cielo, fu inventata dall’architetto Francesco Radese una macchina molto artificiosa detta “Vara”, perfezionata successivamente da suo genero Giovannello Cortese e poi da Mastro Jacopo.
Il culto verso la Madonna appellata sotto lo stesso titolo si diffuse anche a Palmi sia per i continui rapporti di amicizia tra quest'ultima Città e quella Messinese ma, soprattutto, per un importante avvenimento storico.
Nel giugno del 1575 scoppiò nella Città peloritana una grave pestilenza che durò 30 anni e che portò alla morte oltre 40 mila persone.
Durante il corso dell’epidemia i marinai palmesi, con slancio di umana solidarietà, aiutarono i fratelli Siciliani, ospitandoli, assistendoli ed inviando Lori medicinali e viveri, incuranti di contrarre il contagio o di essere imprigionati qualora fossero stati sorpresi a violare il cordone sanitario che le Autorità avevano creato per impedire il diffondersi della malattia.
Quando il terribile morbo si attenuò, il Senato di Messina, quale segno tangibile di riconoscenza per l’aiuto prestato dai marinai Palmesi, fece dono alla Città di Palmi di uno dei Capelli della Madonna che gli ambasciatori avevano portato da Gerusalemme.
Così, accompagnato da una miriade di imbarcazioni pavesate a festa l’11 gennaio del 1582 approdò alla Marinella di Palmi la barca di Patron Peppe Tigano con la reliquia del Sacro Capello. Da quel momento anche a Palmi nacque il culto verso la Madonna della Sacra Lettera, che diventò Patrona e Protettrice della Città con Decreto emanato nel 1733 dalla Sacra Congregazione dei Riti. Fu inoltre realizzata da un artista ancora ignoto la Sua Effigie nera e quella del Bambino racchiuse in una manta d’argento simile a quella di Messina.
Tanti Palmesi imposero ai propri figli il nome di Littara e Littaru (Letteria e Letterio) quale tangibile dimostrazione della devozione nutrita verso la Vergine e soprattutto per affidarli sotto la Sua protezione. La venerazione verso la Madonna della Sacra Lettera e il privilegio di possedere un Suo Sacro Capello, comportò di conseguenza anche l’introduzione del trasporto della “Varia”, tanto che verso la metà del 1600 Mastro Jacopo costruì anche a Palmi un Carro Sacro simile a quello della sua Città.
In onore della Madonna si eressero cappelle ed altari e nella ricorrenza dell’Assunzione in cielo, Le vennero tributate solenni processioni culminanti con grandi festeggiamenti alla cui spesa partecipavano soprattutto i macellai che, assieme ad un balzello imposto dal Comune sulla vendita della carne, donavano centinaia di corna dei bovini macellati che venivano venduti per ricavarne pettini, bottoni, manici per ombrelli e per coltelli.
A dimostrazione della grande quantità di corna che si accumulava ai piedi della Statua della Vergine, per apostrofare una particolare persona venne coniato il detto popolare “Hai cchiù corna tu c’a Madonna d’a Littara”.
La Città di Cilea e Repaci prima ancora dell’emanazione del decreto della Congregazione dei Riti, aveva già indicato nell’ultima domenica di agosto la data per celebrare i festeggiamenti civili e religiosi in onore della sua Patrona, in segno di rispetto verso la Città consorella dove si svolgevano il 15 dello stesso mese.
Così che ancora oggi, nella giornata di sabato che precede il trasporto della Varia, una imponente processione di popolo accompagna per le vie della Città il seicentesco quadro raffigurante la Madonna della Sacra Lettera e il Suo Sacro Capello.
Anticamente i marinai della Confraternita di Maria SS.ma del Soccorso trasportavano processionalmente in una sola varetta l’effigie della Madonna con il Sacro Capello posto sulla sua testa, reputando più naturale che la Reliquia dovesse essere un tutt’uno con la Vergine.
Nel corso dei secoli la tradizione non fu più rispettata e nella processione vennero impiegate due varette sulle quali si collocarono distintamente i due simulacri finché nel 1996, per simulare l’arrivo dal mare, la reliquia della Madonna viene trasportata sulla coperta di un vascello.
Nel 1872 la Varia fu abolita ovunque con un decreto prefettizio che la definiva barbara e incivile, emanato in conseguenza delle cronache negative che alcuni corrispondenti dei giornali italiani ed europei avevano scritto dopo aver assistito alla manifestazione della Vara di Messina e a causa di alcuni incidenti che si erano verificati.
Mentre i Messinesi continuarono a trasportarla con personaggi finti, a Palmi non si celebrò più tanto che la struttura fu venduta con un’asta pubblica.
Nel 1900, dopo quasi 30 anni dalla soppressione, Palmi riprese la tradizionale manifestazione della Varia con personaggi viventi grazie all’ingegno di Giuseppe Militano che ideò e costruì una “Varia Meccanica” simile a quella antica.
La sua Varia da oltre un secolo non viene più trasportata sulle spalle degli ‘Mbuttaturi, ma scivola a spinta sulle lastre di granito del Corso mediante quattro pattini di ferro fissati sotto la base della struttura, rendendo così più suggestivo e spettacolare il Trionfo della Sacra Vergine in cielo.
La Varia propriamente detta è una macchina in ferro che poggia su una base di legno detto “Cippu”, pesa circa 20 tonnellate ed è alta quasi 16 metri.
La meravigliosa macchina devozionale rappresenta l’Anima della Madonna che, abbandonato il Suo Corpo deposto in una “Bara” (Vara o Varia) collocata sulla base del “Cippu”, sale in cielo. Accanto al sepolcro vegliano in preghiera le Sacre Spoglie gli Apostoli, i sacerdoti e 12 bambine vestite da angeli che girano intorno fissati nella “ruota persiana” e altre 20 posizionate più in alto. La piramide a forma di nuvola argentata disseminata di stelle luccicanti attraversa il globo terrestre, la luna e il sole che per dei meccanismi interni girano su se stessi, mentre nella sommità si staglia la figura del Padreterno nell’atto di porgere col palmo della mano l’Anima della SS.Vergine, rappresentata da una bambina detta Animella, al Suo Figliolo.
A sollevare, spingere e fare strisciare sui quattro pattini d’acciaio il Carro Sacro della Varia lungo il corso granitico prendono posto 200 giovani ‘Mbuttaturi”, che condividono l’immane fatica sotto le cinque travi di legno disposti sotto le antiche insegne corporative dei Marinai, Artigiani, Carretteri, Bovari e Contadini.
Alle due lunghe e robuste corde protese davanti alla Varia si pone il popolo per aiutare nell’immane sforzo i giovani ardimentosi, quale sostegno fisico e morale della Città che si ritrova unita come il fascio di verghe impresso nello stemma civico per raggiungere la stessa meta implorando la Sacra Vergine con l’antica preghiera “senza sconsu Maria di la Littara”.

Francesco Lovecchio
Bibl. - Teresa Galluccio, Francesco Lovecchio - LA VARIA - Storia e tradizione, REM Ed., 2000