RICORSO N. 88 DEL 22 SETEMBRE 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 22 settembre 2020.

(GU n. 46 del 11.11.2020)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, C.F. 80224030587, n. fax 0696514000 ed indirizzo p.e.c. per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;   Contro la Regione Toscana, in persona del Presidente della Giunta regionale in carica, con sede in Firenze, Piazza del Duomo n. 10;   Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, comma 2, comma 3 e conseguentemente il comma 5, che contiene la clausola di cedevolezza, dell'art. 3 e dell'art. 8 della legge della Regione Toscana n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento del personale giornalista assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale n. 43/2006 e alla legge regionale n. 9/2011», pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione Toscana n. 69 del 24 luglio 2020, pubblicata nel Bollettino ufficiale della regione n. 73 del 29 luglio 2020 recante: «Inquadramento del personale giornalista assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge.regionale n. 43/2006 e alla legge.regionale n. 9/2011», per contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera 1) e terzo comma, della Costituzione in materia di ordinamento civile e di coordinamento della finanza pubblica, anche in relazione agli articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione e articoli 1, 2 e 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all'art. 9, della legge n. 150 del 2000, e con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione;   E cio' a seguito ed in forza della delibera di impugnativa assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 10 settembre 2020.

 

Fatto

 

La legge dela Regione Toscana del 24 luglio 2020 n. 69 recante «Inquadramento del personale giornalista assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006 e alla legge regionale 9/2011» detta disposizioni inerenti l'inquadramento del personale giornalista delle strutture speciali per le attivita' di informazione del Consiglio regionale e degli organi di governo della regione, definendone, in via transitoria, il relativo trattamento giuridico ed economico.

La legge regionale in oggetto contempla talune disposizioni che appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto contrastanti con le norme generali inerenti la competenza esclusiva statale in materia di ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche, riconducibile all'ordinamento civile ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera 1), 117 comma 3, in materia di finanza pubblica, della Costituzione in materia di ordinamento civile e di coordinamento della finanza pubblica, anche in relazione agli articoli 81 e 97, primo comma, della Costituzione e articoli 1, 2 e 40 del decreto legislativo 165 del 2001 e all'art. 9, della legge 150 del 2000, e con il principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

In particolare, contrastano con le disposizioni summenzionate, e sono pertanto illegittime le norme di cui gli articoli 1, comma 1, comma 2, comma 3 e conseguentemente il comma 5, che contiene la clausola di cedevolezza, l'art. 3 e l'art. 8 della legge in esame della Regione Toscana n. 69 del 2020 e, giusta determinazione assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 10 settembre 2020, sono impugnate per i seguenti;

 

Motivi

 

1. Illegittimita' degli articoli 1, comma 1, comma 2, comma 3 e conseguentemente il comma 5, che contiene la clausola di cedevolezza, della legge Regione Toscana n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento del personale giornalista assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006 e alla legge regionale 9/2011», per violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera 1) e terzo comma, della Costituzione in materia di ordinamento civile e di coordinamento della finanza pubblica, anche in relazione agli articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione e agli articoli 1, 2, 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e all'art. 9, della legge n. 150 del 2000, e del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

L'art. 1, comma 1, della legge in esame n. 60 del 2020 recante «Inquadramento del personale giornalista» inquadra il personale giornalista nella categoria D del CCNL Funzioni locali mentre il comma 2, richiamando la legge di bilancio n. 160 del 2019 (che ha introdotto il comma 5-bis all'art. 9 della legge n. 150/2000) attribuisce un assegno ad personam riassorbibile.

Il comma 3 affida ad una deliberazione della Giunta regionale l'attuazione dei precedenti commi 1 e 2, ivi compresa la definizione di tabelle di equiparazione; il comma 5 poi circoscrive l'efficacia dei predetti commi solo fino alla sottoscrizione del contratto integrativo successivo al CCNL Funzioni locali 2016-2018 per l'attuazione dell'art. 18-bis del medesimo CCNL recante «Istituzione dei nuovi profili per le attivita' di comunicazione e informazione».

Tali previsioni (disciplina del trattamento economico, ivi compresa la materia degli inquadramenti del personale) sono disciplinate dalle disposizioni del codice civile e della contrattazione collettiva di competenza, quindi, del legislatore statale e pertanto si pongono in contrasto con gli articoli 1, 2, 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001 e l'art. 9 della legge 150 del 2000, in violazione dell'art. 117, comma 2, lettera 1) in materia di ordinamento civile nonche' del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

Lo stesso legislatore regionale mostra di avere consapevolezza che la disciplina anche di tale personale, in particolare, con espresso riferimento alla individuazione di tabelle di equiparazione, riconducibili alla materia del trattamento giuridico ed economico del personale, non puo' che essere retta dalle disposizioni della contrattazione collettiva.

Quanto alla transitorieta' della norma, c.d. clausola di cedevolezza, si richiama la sentenza della Corte costituzionale n. 81 del 2019 secondo cui «quanto al carattere transitorio della disciplina regionale oggetto di impugnativa, e' da osservare che il principio di riserva di contrattazione collettiva non puo' essere derogato nemmeno in via provvisoria».

In ordine alla predisposizione delle suddette tabelle di equiparazione, da cui discenderebbero effetti giuridico/economici, sembrerebbe altresi' ricorrere l'ipotesi di violazione dell'art. 3 della Costituzione.

Ed infatti tale disciplina, in quanto valevole (seppur per un periodo limitato) per il solo personale della Regione Toscana, si porrebbe in contrasto con il principio di eguaglianza fra i cittadini e, nella specie, fra i lavoratori pubblici della categoria in argomento per i quali solo il CCNL assicurerebbe uniformita' di trattamento su tutto il territorio nazionale.

Come noto, la vigente normativa in materia di rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione e' contenuta nel decreto legislativo n. 165 del 2001, concernente «Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche» e nella legge n. 150 del 2000 concernente «Disciplina delle attivita' di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni».

Come piu' volte ribadito da codesta Ecc.ma Corte costituzionale, «a seguito della privatizzazione del rapporto di pubblico impiego, la disciplina del rapporto di lavoro alle dipendenze della pubblica amministrazione e' retta dalle disposizioni del codice civile e dalla contrattazione collettiva (tra le ultime, sentenze n. 62 e n. 10 del 2019)».

In particolare, dall'art. 2, comma 3, terzo e quarto periodo, del decreto legislativo n. 165 del 2001, emerge il principio per cui il trattamento economico dei dipendenti pubblici e' affidato ai contratti collettivi.

«Anche la posizione dei dipendenti regionali e' attratta dalla citata disciplina del trattamento economico e giuridico dei dipendenti pubblici, ai sensi dell'art. 1, comma 2, del decreto legislativo n. 165 del 2001. Di conseguenza, il rapporto di impiego dello stesso personale delle Regioni e' regolato dalla legge dello Stato e, in virtu' del rinvio da questa operato, dalla contrattazione collettiva» (Corte costituzionale sentenza n. 154 del 2019, sentenze nn. 72 e 160 del 2017).

Tale disciplina, peraltro, «costituisce norma fondamentale di riforma economico-sociale della Repubblica, alla stregua dell'art. 1, comma 3, del citato decreto legislativo n. 165 del 2001, il quale rinvia in proposito ai principi desumibili dall'art. 2 della legge 23 ottobre 1992, n. 421 (Delega al Governo per la razionalizzazione e la revisione delle discipline in materia di sanita', di pubblico impiego, di previdenza e di finanza territoriale), che, al comma 1, lettera a), stabilisce per l'appunto come principio la regolazione mediante contratti individuali e collettivi dei rapporti di lavoro e di impiego nel settore pubblico» (Corte costituzionale sentenza n. 314 del 2003; cfr. anche sentenza n. 81 del 2019).

Pertanto, in relazione al riparto di competenza tra Stato e Regione, cio' comporta che la disciplina del trattamento economico e, piu' in generale di quella del rapporto di impiego pubblico, ivi compresa la materia degli inquadramenti del personale, rientra nella materia «ordinamento civile» riservata alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato (sentenze n. 213 del 2012, nn. 160 e 175 del 2017, sentenza n. 154 del 2019), che in tal modo fissa principi che «costituiscono tipici limiti di diritto privato, fondati sull'esigenza, connessa al precetto costituzionale di eguaglianza, di garantire l'uniformita' nel territorio nazionale delle regole fondamentali di diritto che disciplinano i rapporti tra privati» (Corte costituzionale sentenza n. 189 del 2007).

La stessa giurisprudenza della Corte costituzionale, nella recente sentenza n. 112 del 2020 e nelle precedenti decisioni di analogo tenore, le nn. 10 e 81 del 2019, ha cosi' argomentato: «In riferimento all'art. 2, commi 2 e 6, della legge regionale impugnata, la posizione degli addetti agli uffici stampa regionali va esaminata alla luce delle disposizioni del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165 (Norme generali sull'ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche) e della legge 7 giugno 2000, n. 150 (Disciplina delle attivita' di informazione e di comunicazione delle pubbliche amministrazioni) e successive modifiche e integrazioni».

Il decreto legislativo n. 165 del 2001 demanda la regolazione dei rapporti di lavoro dei dipendenti pubblici alla contrattazione collettiva, secondo le modalita' dettate dall'art. 40, il quale, a sua volta, nel testo novellato dal decreto legislativo 27 ottobre 2009, n. 150 (Attuazione della legge 4 marzo 2009, n. 15, in materia di ottimizzazione della produttivita' del lavoro pubblico e di efficienza e trasparenza delle pubbliche amministrazioni) dispone che «[n]ell'ambito dei comparti di contrattazione possono essere istituite apposite sezioni contrattuali per specifiche professionalita'».

Con riferimento ai dipendenti pubblici che siano altresi' giornalisti, rilevano l'art. 9, comma 2, della legge n. 150 del 2000, che prevede che «gli uffici stampa sono costituti da personale iscritto all'albo nazionale dei giornalisti» e, il successivo comma 5, secondo cui «negli uffici stampa l'individuazione e la regolamentazione dei profili professionali sono affidate alla contrattazione collettiva nell'ambito di una speciale area di contrattazione, con l'intervento delle organizzazioni rappresentative della categoria dei giornalisti».

Tale disposizione prevede per le sole Regioni a statuto speciale e per le province autonome di Trento e di Bolzano l'applicazione, agli addetti agli uffici stampa, del contratto collettivo riconosciuto dai singoli ordinamenti, fino alla definizione di una specifica disciplina in sede di contrattazione collettiva e comunque non oltre il 31 ottobre 2019.

La peculiare posizione degli addetti agli uffici stampa regionali trova oggi una regolamentazione nell'intervenuta normativa di cui alla legge 27 dicembre 2019, n. 160 (Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2020 e bilancio pluriennale per il triennio 2020-2022), che ha introdotto il comma 5-bis nella legge n. 150 del 2000, dove viene stabilito che ai dipendenti di ruolo in servizio presso gli uffici stampa delle pubbliche amministrazioni che, prima dei contratti collettivi pubblici relativi al 2016-2018, godevano del contratto nazionale di lavoro giornalistico piu' favorevole rispetto a quello stabilito dai citati contratti collettivi, puo' essere riconosciuto il mantenimento del piu' favorevole trattamento in godimento tramite assegno ad personam riassorbibile.

Tale norma, essendo contenuta nella legge di bilancio, decorre dal 1° gennaio 2020, con riferimento alla possibilita' per le amministrazioni di valutare discrezionalmente il mantenimento dell'assegno ad personam.

Si tratta di norma che «deve intendersi riferita unicamente ai rapporti di lavoro dei singoli soggetti, ancorche' la loro regolazione con il contratto di lavoro giornalistico abbia trovato fonte e ragione in normative regionali, che tale applicazione espressamente autorizzavano, mentre non potrebbe intendersi quale ratifica di tali leggi regionali anche al fine di autorizzazione della spesa da parte dell'ente locale» (Corte costituzionale sentenza n. 112 del 2020).

E', dunque, evidente che la regolazione del rapporto di lavoro del personale in questione e' riconducibile alla competenza statale in materia di ordinamento civile, come codesta Corte ha avuto modo di affermare con le sentenze n. 10 e n. 81 del 2019, con cui si e' dichiarata l'illegittimita' costituzionale di due previsioni regionali analoghe a quelle oggetto del presente giudizio, l'una della regione autonoma Friuli-Venezia Giulia e l'altra della Regione Lazio, che prevedevano l'applicazione del contratto giornalistico agli addetti agli uffici stampa regionali, sul presupposto dell'illegittima invasione della sfera di competenza del legislatore statale, a cui spetta in via esclusiva porre la disciplina del rapporto di lavoro pubblico.

Ed in vero, il contratto collettivo relativo al personale del comparto funzioni locali (negoziato dall'A RAN e dalle organizzazioni sindacali del comparto) ha disciplinato la posizione dei giornalisti addetti agli uffici stampa regionali, cosi' da escludersi la legittimita' di una legge regionale che prevede «l'applicazione ai giornalisti inquadrati, a seguito di concorso pubblico, nel personale di ruolo della regione di un contratto collettivo non negoziato dall'Agenzia per la rappresentanza negoziale delle pubbliche amministrazioni (ARAN), ma dalle organizzazioni datoriali degli editori e dalla Federazione nazionale della stampa italiana», poiche' lesiva della sfera di competenza statale di cui all'art. 117, secondo comma, lettera l), Costituzione e delle leggi statali di disciplina della contrattazione collettiva del pubblico impiego (sentenza n. 10 del 2019).

La particolare area di contrattazione prevista dalla disciplina statale, peraltro, non e' stata mai attuata dalla contrattazione collettiva e la posizione degli addetti agli uffici stampa regionali, come gia' detto, e' attualmente definita non gia' da un contratto negoziato dal sindacato dei giornalisti, ma dal contratto collettivo nazionale di lavoro relativo al personale del comparto funzioni locali per il triennio 2016-2018, non sottoscritto dalla Federazione nazionale della stampa italiana.

Non risulta attuata la speciale sezione contrattuale per specifiche professionalita', prevista dal comma 2 dell'art. 40 del decreto legislativon. 165 del 2001. Tuttavia, come Codesta Ecc.ma Corte ha gia' avuto modo di rilevare con riguardo ad un'analoga previsione normativa della Regione Basilicata, «la mancata attuazione della disciplina statale non esclude che la legge regionale della Basilicata n. 7 del 2001, la quale prevede che gli uffici stampa regionali operano come redazioni giornalistiche e che agli addetti si applica il contratto nazionale di lavoro dei giornalisti e prevede, altresi', una specifica area di contrattazione tra gli organi regionali e l'associazione della stampa di Basilicata, invada la competenza statale, con riferimento all'ordinamento civile».

«La suddetta invasione di competenza e' funzionalmente correlata alla violazione degli articoli 81 e 97, primo comma, della Costituzione, avendo determinato un incremento delle poste passive del bilancio in riferimento al costo del personale giornalistico, originato da un 'autorizzazione priva di valido presupposto normativo, non potendo la regione allocare le risorse in difetto di competenza legislativa» (Corte costituzionale sentenza n. 112 del 2020).

Quindi, la definizione di un trattamento economico attraverso legge regionale, operato mediante la tecnica del rinvio ad un contratto collettivo nazionale del settore privato, quale quello dei giornalisti, non solo integra una fonte di disciplina diversa dalla contrattazione collettiva del pubblico impiego regolata dal decreto legislativo n. 165 del 2001, ma, nella prospettiva propria dello specifico giudizio a qua, comporta un aumento illegittimo della spesa.

Tale aumento esorbita dalle risorse entro cui si muove la stessa contrattazione collettiva pubblica, risorse che sono assegnate dal legislatore statale tenendo conto dei principi di coordinamento della finanza pubblica e che vedono nei limiti alla spesa per il personale un importante strumento di contenimento per assicurare l'equilibrio di bilancio di tutto il settore pubblico allargato.

2. Illegittimita' dell'art. 3 della legge della Regione Toscana n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento del personale giornalista assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006 e alla legge regionale 9/2011», per violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera 1) e terzo comma, della Costituzione in materia di ordinamento civile e di coordinamento della finanza pubblica, anche in relazione agli articoli 81 e 97, primo comma della Costituzione, agli articoli 1, 2, 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001, all'art. 9 della 1egge n. 150 del 2000 e all'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 75 del 2017, e del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

L'art. 3 della legge n. 69 del 2020 in esame recante «Fondo salario accessorio del personale del comparto» introduce espressamente una deroga al limite imposto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 75 del 2017.

La disposizione prevede che il limite delle risorse destinate annualmente al trattamento accessorio previsto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, e' stabilmente incrementato dei risparmi che conseguono dal progressivo riassorbimento dell'assegno «ad personam» previsto dall'art. 1, comma 160, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020), a seguito dell'inquadramento del personale giornalista nel nuovo ordinamento professionale, i quali sono riconvertiti al finanziamento dei fondi per il trattamento accessorio ai sensi di quanto previsto dall'art. 67, comma 2, lettera d), del CCNL Funzioni locali relativo al triennio 2016-2018.

Sempre la medesima disposizione regionale consente di incrementare il predetto limite previsto dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, anche per le risorse stanziate nell'esercizio 2019 per le retribuzioni variabili di tale personale.

La norma regionale interviene sia in una materia disciplinata dalla contrattazione collettiva, recante le modalita' di costituzione e di appostamento delle risorse finanziarie nel «Fondo risorse decentrate» di cui all'art. 67 del CCNL Funzioni locali relativo al triennio 2016-2018 sia in materia di limiti al trattamento accessorio normativamente disciplinati dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, come peraltro anche espressamente richiamati dal comma 11, del art. 67, del citato CCNL.

Tale disposizione determina anche effetti emulativi da parte di altre regioni, che dovranno applicare le modalita' di attribuzione e di riassorbimento del dell'assegno «ad personam» previsto dall'art. 1, comma 160, della legge n. 160/2019 (legge di bilancio 2020).

Inoltre, dal punto di vista degli effetti finanziari, con la disposizione regionale in esame confluiscono nel «Fondo risorse decentrate» emolumenti retributivi in forma duplicata in quanto, nella quantificazione dell'assegno «ad personam» soggetto a graduale riassorbimento, risultano ricomprese anche le voci retributive di parte variabile del Contratto nazionale di lavoro giornalistico (CNLG) che, in tale ambito negoziale privatistico, assumono generalmente natura fissa e ricorrente, con cio' determinando una evidente duplicazione di oneri a carico della finanza pubblica.

Infine, la citata norma regionale risulta prevaricare anche le future determinazioni che saranno assunte in sede negoziale, all'esito dell'apposita sequenza contrattuale prevista dalla dichiarazione congiunta n. 8 allegata al CCNL Funzioni locali relativo al triennio 2016-2018, sottoscritta tra l'Aran e le Organizzazioni sindacali con l'intervento della FNSI, volta proprio a disciplinare in maniera omogenea le modalita' di attribuzione e di riassorbimento del predetto dell'assegno «ad personam».

La disposizione regionale in esame contrasta con l'art. 117, secondo comma, lett 1) della Costituzione, il quale riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi, i rapporti di diritto privato regolabili dal codice civile, nonche' con il comma 3 del medesimo articolo, in materia di coordinamento della finanza pubblica, cui la regione, pur nel rispetto della sua autonomia, non puo' derogare.

3. Illegittimita' dell'art. 8 della legge della Regione Toscana n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento del personale giornalista assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006 e alla legge regionale 9/2011», per violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera 1) della Costituzione in materia di ordinamento civile, anche in relazione agli articoli 1, 2, 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001, all'art. 9 della 1egge n. 150 del 2000, e del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

L'art. 8 recante «Inquadramento del personale giornalistico.

Sostituzione dell'art. 5 della legge regionale 9/2011» nel modificare l'art. 5 della legge regionale n. 9 del 2011, interviene sull'inquadramento del personale giornalista appartenente al ruolo unico regionale in servizio a tempo indeterminato presso l'ufficio stampa del consiglio regionale.

Al riguardo, si richiamano le osservazioni formulate per l'art. 1, anche con riferimento alla sentenza della Corte costituzionale n. 213 del 2012, secondo cui anche la materia degli inquadramenti del personale, e' riservata dalla legge alla contrattazione collettiva (art. 40, comma 1, primo periodo, del decreto legislativo 30 marzo 2001.n. 165).

Tali previsioni (disciplina del trattamento economico, ivi compresa la materia degli inquadramenti del personale) sono disciplinate dalle disposizioni del codice civile e della contrattazione collettiva di competenza, quindi, del legislatore statale e pertanto si pongono in contrasto con gli articoli 1, 2 e 40 del decreto legislativo n.165 del 2001 e con l'art. 9 della 1egge n. 150 del 2000, in violazione dell'art. 117, comma 2, lettera 1) in materia di ordinamento civile nonche' del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

 

P. Q. M.

 

Per le considerazioni esposte, il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e difeso, chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 1, comma 1, comma 2, comma 3 e conseguentemente il comma 5, che contiene la clausola di cedevolezza, dell'articolo 3 e dell'articolo 8 della legge della Regione Toscana n. 69 del 2020, intitolata «Inquadramento del personale giornalista assunto a tempo indeterminato. Modifiche alla legge regionale 43/2006 e alla legge regionale 9/2011», per violazione degli articoli 117, secondo comma, lettera l) e 117, terzo comma, della Costituzione in materia di ordinamento civile e di coordinamento della finanza pubblica, anche in relazione agli articoli 81 e 97, primo comma, della Costituzione, agli articoli 1, 2, 40 del decreto legislativo n. 165 del 2001, all'articolo 9 della 1egge n. 150 del 2000 e all'articolo 23, comma 2, del decreto legislativo 75 del 2017, e del principio di uguaglianza di cui all'art. 3 della Costituzione.

Con l'originale notificato del presente ricorso si deposita:   1. Originale estratto della determinazione del Consiglio dei ministri, assunta nella seduta del 10 settembre 2020 e della relazione allegata al verbale;   2. Copia della impugnata legge della Regione Toscana n. 69 del 2020.

Roma, 18 settembre 2020

L'Avvocato dello Stato: Mangia