RICORSO N. 52 DEL 12 GIUGNO 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 12 giugno 2020.

(GU n. 28 del 8.7.2020)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege, dall'Avvocatura generale dello Stato, (C.F. 80224030587, per il ricevimento degli atti fax 06-96514000 e pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12 - domicilia - contro;   Regione Abruzzo, in persona del Presidente pro tempore, dott. Marco Marsilio, con sede in L'Aquila - via Leonardo da Vinci n. 6 - cap 67100;   Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge regionale n. 9/2020 (pubblicata nel B.U.R. n. 44 del 7 aprile 2020) recante «Misure straordinarie ed urgenti per l'economia e l'occupazione connesse all'emergenza epidemiologica da COVID 19», articoli 2, comma 3 lettera b) e comma 7, 3, commi 2, 3 e 4, 5, comma 11, 9, commi 6 e le lettera a), b), c) e d).

La Regione Abruzzo con la legge epigrafata, relativamente alle norme teste' citate ha ecceduto dalla propria competenza, come si intende dimostrare con la illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

1. Articoli 2, comma 3, lettera b) e comma 7, 3, commi 2, 3 e 4, 5, comma 11, 9, comma 6.

Le norme epigrafate risultano in contrasto con l'art. 81, terzo comma, della Costituzione non indicando l'occorrente copertura finanziaria.

Invero, l'art. 2, comma 3, lettera b) non indica la copertura finanziaria delle disposizioni previste su strumenti di intervento finanziario per microimprese, piccole e medie imprese abruzzesi, in contrasto con l'art. 81, terzo comma, Costituzione.

L'art. 2, comma 7 non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste su iniziative «Compra abruzzese» in contrasto con l'art. 81, terzo comma, Costituzione.

L'art. 3, comma 2, non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, su acquisto di beni e servizi informatici, in contrasto con l'art. 81, terzo comma, Costituzione.

L'art. 3, comma 3 non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, su fondo di solidarieta' per contribuire alle maggiori spese sostenute per l'acquisto di beni e servizi e per lo straordinario del personale dipendente, in contrasto con l'art. 81, terzo comma, Costituzione.

L'art. 3, comma 4 non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, su prestazioni di primaria necessita' nei confronti dei cittadini piu' fragili, in contrasto con l'art. 81, terzo comma, Costituzione.

L'art. 5, comma 11 non indica la copertura finanziaria delle disposizioni ivi previste, su incentivo economico a parziale ristoro dei costi fissi e imprescindibili sostenuti al fine di mantenere in funzione impianti a ciclo continuo, in contrasto con l'art. 81, terzo comma, Costituzione.

L'art. 9, comma 6: la norma prevede che i fondi di rotazione istituiti ai sensi delle leggi regionali n. 17 e n. 29 del 2018 siano considerati trasferimenti definitivi a fondo perduto a favore degli enti beneficiari. La norma, tuttavia, non indica la copertura dei nuovi oneri da essa derivanti, in contrasto con l'art. 81, terzo comma, Costituzione.

Orbene, e' di solare evidenza che ogni legge che importi nuovi o maggiori oneri provvede ai mezzi per farvi fronte.

In particolare, con specifico riferimento all'art. 3, comma 3, la legge regionale non quantifica gli oneri necessari, parla di eventuali economie e genericamente di fondi da riprogrammare senza specificare se si tratti di fondi inscritti sul bilancio regionale, oppure di FSC, con cio' rendendo impossibile la verifica della capienza di fondi disponibili ossia non coperti da precedenti impegni assunti. La copertura, per non andare in contrasto con l'art. 81, deve essere presente al momento dell'entrata in vigore della legge e non futura e incerta.

Inoltre, con riferimento all'art. 5, comma 11, non viene fornita una quantificazione degli oneri e la copertura e' indicata a valere sull'art. 2, comma 1, lettera e), il quale indica una generica riprogrammazione di fondi statali non vincolati (o finalizzati) ad attivita' compatibili con le finalita' della legge.

Pertanto, anche in questo caso, la copertura finanziaria delle spese deve essere certa ed attuale. Al riguardo, si rappresenta, a margine, che qualora la regione intendesse avvalersi della facolta' di riprogrammare le risorse statali del Fondo per lo sviluppo e la coesione (FSC) per il contrasto all'emergenza Covid prevista dall'art. 241 del decreto-legge n. 34/2020, comunque non richiamato dalla regione medesima, si rappresenta che le riprogrammazioni previste da tale disposizione in relazione all'emergenza COVID devono essere oggetto di approvazione da parte della Cabina di regia.

In altri termini, l'incentivo previsto non e' in alcun modo quantificato se non con un mero rinvio per la copertura all'art. 2, comma 1, lettera e). Tale disposizione fa un generico riferimento alla riprogrammazione dei fondi statali non vincolati o finalizzati ad attivita' compatibili con le finalita' di cui alla legge stessa per i quali non siano stati assunti impegni giuridicamente vincolanti, senza precisare quali siano questi fondi e quindi rendendone impossibile la riprogrammazione e conseguentemente la determinazione dell'effettiva capienza dei fondi stessi. La disposizione inoltre e' suscettibile di ingenerare aspettative per le aziende destinatarie del ristoro e di generare contenziosi. Anche qui prima di prevedere un beneficio occorre individuare con certezza le risorse con cui fare fronte.

2. Art. 9, comma 1 c, lettere a), b), c) e d).

L'art. 9, comma 1 c, lettere a) b) c) d) introduce condizioni limitative che, oltre a non avere alcuna attinenza con le misure straordinarie ed urgenti per l'economia e l'occupazione connesse all'emergenza epidemiologica e con la natura transitoria della legge, in qualche modo pregiudicano i diritti dei cittadini operando di fatto una modifica con conseguenze durature sulla previgente normativa.

Invero la norma, che, come detto, pone in essere una limitazione evidente di natura non transitoria bensi' permanente, prevede che i comuni e gli enti gestori delle terre civiche ad utilizzazione pascoliva di cui all'art. 15 adottino i seguenti criteri per l'assegnazione dell'uso civico di pascolo: le terre civiche sono conferite ...prioritariamente ai soggetti di cui all'art. 26 della legge n. 1766/1927 iscritti nel registro della popolazione residente da almeno dieci anni che abbiano un'azienda zootecnica, ricoveri per stabulazione invernali e codice di stalla riferito allo stesso territorio comunale o ai comuni limitrofi; nel caso in cui l'azienda assuma la forma giuridica di societa' di persone o societa' di capitali, il possesso dei requisiti di cui alla lettera a) deve verificarsi in capo alla totalita' dei soci nel caso di societa' di persone e almeno due terzi delle quote societarie nel caso di societa' di capitali. Il codice aziendale di stalla deve essere unico, attribuito alla forma giuridica conferitaria e ricomprendere l'intera consistenza zootecnica; d) una volta soddisfatta la domanda di concessione di cui alla lettera a), in caso di eccedenza l'assegnazione e' concessa ai residenti dei comuni limitrofi e poi delle province limitrofe e, infine, ai residenti della regione.

Quanto ai dedotti profili di incostituzionalita', nell'evidenziare che la materia dei «domini collettivi» ha una molteplice dimensione, a un tempo personalista, pluralista, comune, solidarista, collettiva, civica, cooperativa, territoriale, frazionale, sussidiaria, storica, giuridica, politica, sociale, comparata, urbanistica, turistica, forestale, archeologica, etnologica, antropologica, culturale (e via dicendo) si rappresenta che la disposizione in argomento configura:   una distorsione dell'istituto cosi' come disciplinato dalla legge n. 168 del 2017, il cui art. 1 riconosce i domini collettivi, comunque denominati, come ordinamento giuridico primario delle comunita' originarie in attuazione dell' art. 2 della Costituzione;   una conseguente potenziale violazione della norma costituzionale da ultimo citata.

La legge statale del 2017, il cui contenuto dispositivo si riporta per comodita', riconosce ai domini collettivi la capacita' di autonormazione, sia per l'amministrazione oggettiva e soggettiva, sia per l'amministrazione vincolata e discrezionale, nonche' la capacita' di gestione del patrimonio naturale, economico e culturale che fa capo alla base territoriale della proprieta' collettiva, considerato come comproprieta' intergenerazionale; inoltre, nel successivo art. 2, commi 2 e 3 si legge che «... la Repubblica riconosce e tutela i diritti dei cittadini di uso e di gestione dei beni di collettivo godimento preesistenti allo Stato italiano. Le comunioni familiari vigenti nei territori montani continuano a godere e ad amministrare loro beni in conformita' dei rispettivi statuti e consuetudini, riconosciuti dal diritto anteriore. 3. Il diritto sulle terre di collettivo godimento si caratterizza quando si verificano le seguenti situazioni: a) avere normalmente, e non eccezionalmente, ad oggetto utilita' del fondo consistenti in uno sfruttamento di esso; b) essere riservato ai componenti della comunita', salvo diversa decisione dell'ente collettivo».

Segnatamente, dunque, la violazione eccepita si concretizza nella circostanza che la norma regionale, cosi' come enucleata, non tiene conto del fatto che gli usi civici e le proprieta' collettive sono espressione di diritti fondamentali, o meglio sono diritti storici riconosciuti, di cui, complessivamente, la persona gode sia come singolo sia nelle formazioni sociali «ove si svolge la sua personalita'» ex art. 2, Costituzione nella dimensione pluralista cosi' come storicamente determinatasi.

Inoltre, si ravvisano ulteriori profili di incostituzionalita' con riferimento agli articoli 3 e 117, comma 1, lettera I) della Costituzione in quanto la legge regionale introduce delle condizioni limitanti del diritto all'uso civico da parte degli utenti non previste dalla normativa statale ed assegna un regime preferenziale ad alcune categorie rispetto ad altre.

Al riguardo, non si puo' fare a meno di rammentare che, gia' prima della riforma del Titolo V della Costituzione, il regime civilistico dei beni civici non e' mai passato nella sfera di competenza delle regioni, in quanto la materia «Agricoltura e foreste» di cui al citato art. 117 della Costituzione, che giustificava il trasferimento delle funzioni alle regioni e l'inserimento degli usi civici nei relativi statuti, mai avrebbe potuto ricomprendere la disciplina della titolarita' e dell'esercizio dei diritti dominicali sulle terre civiche.

Per quanto detto, ogni civis, in quanto appartenente ad una determinata collettivita', e' legittimato ed ha il diritto di poter godere dei suddetti diritti. Vieppiu', la disposizione regionale, con specifico riferimento alla lettera c) del punto c del comma 1 dell'art. 9, ove si legge che «per i soggetti di cui alla lettera a) puo' essere assicurata, compatibilmente con le disponibilita' di ogni singolo comune, una concessione annuale fino ad un ettaro di terre civiche ad utilizzazione pascoliva per ogni 0,1 UBA immessa al pascolo; in canone annuale per il diritto di uso civico di pascolo non puo' superare quaranta euro per UBA» presenta ulteriori elementi di criticita' in quanto, da una parte, genera una concorrenza sleale nei confronti degli altri allevatori che non beneficiando dell'uso civico pagano per il foraggio cifre ben piu' elevate e, dall'altra, tradisce la ratio dell'uso civico, rappresentata dall'esigenza di procurare il foraggio per soddisfare il fabbisogno familiare dell'allevatore, introducendo una forma piu' estesa che comprende il c.d. «uso civico economico».

Cio' si traduce in una violazione delle norme di cui agli articoli 101 e 102 del Trattato sul funzionamento dell'Unione europea relative alla parita' di concorrenza tra gli operatori economici (corrispondenti agli articoli 81-89 nella versione previgente del Trattato, che riguardano le normative nazionali in materia di attivita' d'impresa).

Altresi', va sottolineato che con l'art. 9, comma 1, lettera c): poiche' si tratta usi civici connotati da una valenza economica in quanto il titolare dell'uso civico del pascolo nel contesto attuale e' un imprenditore agricolo, la circostanza di accordare un beneficio economico, quale previsto dal citato comma art. 9, comma 1, lett. c), ad un soggetto residente di una concessione annuale con canone calmierato puo' alterare il corretto assetto concorrenziale tra imprenditori residenti nel territorio comunale rispetto a quelli dei territori confinanti. Da qui la lesione dei principi di cui agli articoli 101 e 102 del Trattato dell'Unione europea, con conseguente violazione dell'art. 117, primo comma, della Costituzione, nonche' dell'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione che riserva allo Stato la materia della tutela della concorrenza.

 

P.Q.M.

 

Si conclude perche' siano dichiarate costituzionalmente illegittime le norme teste' censurate della Regione Abruzzo.

Si produce l'attestazione del deliberato consiliare del 5 giugno 2020.

Roma, 6 giugno 2020

Il Vice avvocato generale dello Stato: Figliolia