RICORSO N. 41 DEL 16 APRILE 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 aprile 2020.

(GU n. 20 del 13.5.2020)

 

Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio attualmente in carica, rappresentato e difeso per mandato ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici ha domicilio in Roma - via dei Portoghesi n. 12 - ricorrente;   Contro Regione Liguria, in persona del Presidente della Giunta regionale pro tempore resistente - per l'impugnazione e la dichiarazione di incostituzionalita' dell'art. 8, comma 1, lettera b) e dell'art. 24 della legge regionale della Liguria 6 febbraio 2020, n. 1 recante «Adeguamento della legislazione regionale in materia di disciplina edilizia per le attivita' produttive alla disciplina statale e altre disposizioni in materia di governo del territorio», pubblicata nel B.U.R. n. 1 del 12 febbraio 2020.

Il 6 febbraio 2020 il consiglio regionale della Liguria ha approvato la legge regionale n. 1; un testo composto complessivamente di 25 articoli suddivisi in due titoli: il primo dedicato all'esercizio delle attivita' produttive ed il secondo dedicato ad introdurre modifiche a varie precedenti leggi regionali in materia urbanistica e di governo del territorio in genere.

Detta legge tuttavia, ad avviso della Presidenza del Consiglio dei ministri, si pone in contrasto con i principi costituzionali che regolano il riparto della competenza legislativa fra Stato e regioni e se ne rende pertanto necessaria l'impugnativa affidata ai seguenti

 

Motivi

 

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 1, lettera b) della legge regionale ligure 6 febbraio 2020, n. 1 per violazione dell'art. 9 e dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

La disposizione in epigrafe menzionata sostituisce integralmente il comma 2 dell'art. 12 della precedente legge regionale n. 10/2012.

La nuova norma prevede che gli interventi di ampliamento degli insediamenti produttivi destinati ad attivita' artigianali, industriale, agrituristiche, ad alberghi tradizionali, a strutture turistico ricettive e ad attivita' socio assistenziali e commerciali (da attuarsi mediante ristrutturazione, nuova costruzione o sostituzione edilizia), sono realizzabili anche in deroga alla disciplina dei piani urbanistici e territoriali vigenti o in salvaguardia, fatto salvo il rispetto degli standard urbanistici, della necessaria dotazione di parcheggi e delle opere di urbanizzazione.

La modifica interviene a mutare le modalita' ed i termini di attuazione degli interventi, prima coordinati con i tempi della DIA ed ora invece lasciati alla disciplina della convenzione urbanistica da stipulare con il comune, la cui sottoscrizione e' condizione sospensiva dell'autorizzazione SUAP.

In sostanza, la norma della novella ripropone la deroga generalizzata agli strumenti di pianificazione urbanistica e territoriale, anche se operanti in salvaguardia, ma tale deroga - in assenza di prescrizioni che impongano comunque il rispetto delle norme contenute nella Parte II del codice dei beni culturali e del paesaggio, o in ogni caso del piano paesaggistico sovraordinato, viene ad invadere la sfera di potesta' legislativa dello Stato in materia di tutela dei beni culturali e del paesaggio, come esercitata con gli articoli 20 e 21 del codice di settore, e con le norme dello stesso codice che impongono la pianificazione congiunta (articoli 135, 143 e 145).

E' evidente infatti il potenziale pregiudizio cui sono esposti i beni tutelati (soprattutto quelli di interesse culturale) ove interessati in lavori previsti dalla legge in deroga generalizzata agli strumenti di pianificazione, e senza il contestuale limite del rispetto delle norme statali.

Diversamente disponendo, la tutela apprestata dalla legge dello Stato, e segnatamente dal codice dei beni culturali sarebbe facilmente aggirata e vanificata in presenza di interventi modificativi - addirittura di sostituzione edilizia - consentiti dalla legge regionale.

E' noto il costante orientamento della giurisprudenza costituzionale che riserva allo Stato il potere di regolare la disciplina dei beni culturali; la conservazione dei beni culturali ed ambientali rientra nel concetto di «tutela», perche' impedisce che essi possano degradarsi nella loro struttura fisica e quindi nel loro valore (Corte costituzionale sentenza n. 9/2004).

La regione pertanto non puo' dettare una disciplina che consenta - anzi favorisca - l'ampliamento generalizzato dei complessi immobiliari in deroga agli strumenti pianificatori, senza prevedere espressamente che con riguardo ai beni sottoposti a tutela disponga la legge statale che li tutela.

Con riferimento al paesaggio, la legge regionale che consente in modo generalizzato (ed indiscriminato) sull'intero territorio regionale l'ampliamento dei complessi immobiliari, e quindi anche di quelli sottoposti a vincolo, finisce per svuotare la funzione propria del piano paesaggistico.

Nel sistema delineato dagli articoli 135, 143 e 145 del codice dei beni culturali e del paesaggio, spetta in fatti al piano paesaggistico di dettare, per ciascuna area tutelata, le prescrizioni del caso, le trasformazioni compatibili e quelle vietate, nonche' le condizioni delle eventuali trasformazioni.

Ora, e' regola fondamentale di questo sistema l'esistenza di un vero e proprio obbligo di pianificazione congiunta tra Stato e regioni (c.d. «copianificazione») e tale obbligo e' stato piu' volte evidenziato come tale dalla giurisprudenza costituzionale (v. Corte costituzionale sentenza n. 86/2019) al punto da essere ritenuto non derogabile dal legislatore regionale in quanto espressione di un potere necessariamente diretto a stabilire una metodologia uniforme sull'intero territorio nazionale.

La disciplina legislativa regionale deve pertanto, quando si riferisce ai beni paesaggistici, muoversi all'interno di un'elaborazione congiunta con lo Stato della relativa disciplina e deve di conseguenza attenersi alla regola della copianificazione. La deroga generalizzata ai piani e' invece evidentemente incompatibile con questi principi. La norma in rubrica pertanto e' illegittima per violazione dell'art. 9 della Costituzione, che attribuisce allo Stato la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, e dell'art. 117, comma 2, lettera s) che attribuisce allo Stato la competenza legislativa esclusiva in materia di relativa tutela.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 2, della legge regionale Liguria 6 febbraio 2020, n. 6 per violazione dell'art. 9 e dell'art. 117, comma 2, lettera s) e comma 3 della Costituzione.

La norma in esame, in tre distinti commi, modifica altrettanti articoli della precedente legge regionale 24 dicembre 2019, n. 30.

Va premesso che la stessa legge modificata e' oggetto di impugnativa, tuttora pendente, avanti alla Corte costituzionale e la legge di modifica non solo ignora le censure mosse in quella sede ma neppure supera l'ulteriore vaglio di costituzionalita'. La legge modificata prevede che il riutilizzo per i fini di legge (e cioe' per destinazione residenziale, turistico ricettiva, commerciale, produttiva, rurale e per servizi) di locali ed accessori e di pertinenze di un fabbricato, anche collocati in piani seminterrati, nonche' di immobili non utilizzati, anche diroccati, e' ammesso in deroga alla disciplina dei vigenti strumenti urbanistici comunali, nonche' alla disciplina del vigente piano territoriale di coordinamento paesistico regionale.

Il comma 2 della norma in rubrica modifica l'art. 3, comma 1, della legge regionale n. 39/2019 nel senso di far salva la disciplina regionale degli ambiti di rigenerazione urbana.

Come detto, questa modifica non sana i vizi di costituzionalita' gia' dedotti e che qui si devono riproporre.

Sotto il profilo edilizio, va ricordato e ribadito che l'art. 14 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380 del 2001 consente permesso di costruire in deroga agli strumenti urbanistici solo per gli edifici ed impianti di interesse pubblico, previa deliberazione del consiglio comunale, e comunque nel rispetto delle disposizioni contenute nel decreto legislativo n. 490/1999 e delle altre normative di settore aventi incidenza sull'attivita' edilizia.

La stessa norma statale consente il permesso di costruire in deroga alle destinazioni d'uso per interventi di ristrutturazione edilizia attuali in aree industriali dismesse, ma anche qui previa deliberazione del consiglio comunale che ne attesti l'interesse pubblico, e a condizione che l'intervento non comporti un aumento della superficie coperta e comunque fermo restando il rispetto delle norme del decreto-legge n. 201/2011.

E in ogni caso la deroga deve rispettare le norme igieniche, sanitarie e di sicurezza e puo' riguardare solo i limiti di densita' edilizia, di altezza e di distanza fra i fabbricati. Cosi come la modifica lascia immutati i vizi di costituzionalita' dedotti con riferimento alla norma modificata, nella parte in cui questa riguarda anche i beni sottoposti a tutela, il cui riutilizzo in generalizzata deroga senza il necessario rispetto delle disposizioni di tutela dettate dallo Stato (con inclusi gli interventi di mutamento fisico della loro integrita') compromette il rispetto della tutela stessa, e invade - per le medesime ragioni articolate nel precedente motivo - la sfera di potesta' legislativa e dizione dello Stato.

E' evidente che, questi essendo i motivi di illegittimita' dedotti nei riguardi della norma modificata, essi rimangono immutati anche in presenza della modifica introdotta con l'attuale legge, che nulla risolve in positivo facendo salva la disciplina degli ambiti di rigenerazione urbana.

E siccome e' noto che le norme statali dettate in materia edilizia dal testo unico n. 380/2001 costituiscono espressione di principi fondamentali, che come tali devono valere su tutto il territorio nazionale.

La norma in epigrafe menzionata, pertanto, esattamente come la norma che essa va a modificare, e' illegittima per violazione dell'art. 9 della Costituzione, che riserva allo stato la tutela del paesaggio e del patrimonio storico e artistico, e dell'art. 117, comma 1, lettera s) della Costituzione che riserva allo Stato la potesta' legislativa esclusiva per la relativa tutela. E' altresi' illegittima per violazione del terzo comma dell'art. 117 della Costituzione perche' contrasta con i principi fondamentali dettati dallo Stato nella materia del governo del territorio.

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 24, comma 3, della legge regionale Liguria 6 febbraio 2020, n. 6, per violazione dell'art. 3 della Costituzione.

La norma in esame modifica l'art. 4, comma 3 della precedente legge regionale n. 30/2019 ma - pur dovendosi prendere atto della soppressione del riferimento all'«approvazione dell'eventuale programma integrato di intervento» - resta invariata la previsione dell'applicabilita' delle disposizioni regionali anche ai locali, alle pertinenze e agli immobili per i quali sia stato gia' conseguito il titolo edilizio abilitativo.

La modifica, insomma, non e' satisfattiva delle censure gia' dedotte con il precedente ricorso, perche' la portata derogatoria resta estesa con valenza retroattiva agli immobili gia' abilitati.

Si ribadisce che l'esercizio del potere legislativo con efficacia retroattiva non e' precluso alle regioni, ma esso deve essere assistito da un'adeguata giustificazione sul piano della ragionevolezza.

In questo caso cio' non e', perche' la retroattivita' pregiudica l'affidamento che la collettivita' fa della certezza dei rapporti e di conseguenza - secondo l'insegnamento della giurisprudenza costituzionale (Corte costituzionale sentenze n. 73/2017 e n. 170/2013) - si pone in contrasto con l'art. 3 della Costituzione.

Nella materia edilizia questo affidamento, anche se agisce prevalentemente nei rapporti fra privati, deve essere tutelato in presenza di norma che agendo retroattivamente, sacrificano le posizioni dei controinteressati che si sono determinati sulla base dell'assetto normativo previgente.

 

P.Q.M.

 

La Presidenza del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentata e difesa conclude affinche' la Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittime le norme della legge regionale Liguria 6 febbraio 2020, n. 6 come sopra denunciate.

Cavo, Isola d'Elba 10 aprile 2020

L'Avvocato dello Stato: Corsini