RICORSO N. 44 DEL 21 APRILE 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 16 aprile 2020.

(GU n. 21 del 20.5.2020)

 

Ricorso (ex. art. 127, comma 1, della Costituzione) per il Presidente del Consiglio dei ministri - (C.F. 80188230587), rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12, telefax n. 06.96.51.40.00; indirizzo PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it giusta delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 20 aprile 2020, ricorrente;   Contro la Regione autonoma Sardegna, in persona del Presidente della giunta regionale in carica intimata per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 1, commi 1, 4, 5 e 8, della legge Regione Sardegna, del 21 febbraio 2020, n. 1, pubblicata nel B.U.R. n. 9 del 27 febbraio 2020, recante «Disposizioni sulla gestione della posidonia spiaggiata».

Per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, in relazione agli articoli 3 e 4 dello statuto della Regione Sardegna approvato con legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3.

Con la legge 21 febbraio 2020, n. 1, la Regione autonoma Sardegna ha emanato «Disposizioni sulla gestione della posidonia spiaggiata».

In particolare, l'art 1, comma 1, prevede che «La regione riconosce la posidonia spiaggiata come strumento di difesa naturale contro l'erosione costiera e come risorsa riutilizzabile. Fatta salva la possibilita' del mantenimento in loco, che e' soluzione preferibile, i comuni interessati, anche tramite i titolari di concessioni demaniali, qualora i depositi di posidonia sul litorale impediscano la regolare fruizione delle spiagge durante la stagione estiva, possono procedere, previa comunicazione ai competenti uffici regionali e statali, allo spostamento temporaneo dei relativi accumuli in zone idonee dello stesso arenile o, qualora non disponibili, in aree idonee appositamente individuate all'interno del territorio del comune».

Il comma 4, stabilisce che «Qualora si proceda allo spostamento della posidonia, e' fatto assoluto divieto procedere al suo smaltimento in discarica».

Al successivo comma 5, il legislatore ha previsto che «Tutte le operazioni di raccolta, spostamento e riposizionamento sono effettuate previa separazione della sabbia dal materiale organico, con rimozione dei rifiuti frammisti di origine antropica al fine del recupero della sabbia da destinare al ripascimento dell'arenile di provenienza. Tale vagliatura puo' avvenire nella spiaggia di prelievo o nel sito in cui e' conferita la posidonia».

In base al comma 8, «Fatto salvo quanto previsto dal presente articolo, ai prodotti costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, depositata naturalmente sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica si applica l'art. 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale)».

Le suddette disposizioni appaiono costituzionalmente illegittime, in quanto eccedono dalla competenza statutaria della regione e contrastano con la legislazione emanata in materia dallo Stato nell'esercizio della propria competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

Il Presidente del Consiglio dei ministri propone pertanto il presente ricorso, affidato ai seguenti

 

Motivi

 

Incostituzionalita' dell'art. 1, commi 1, 4, 5 e 8 della l.r. Sardegna n. 1/2020 per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, in riferimento agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3 del 1948 (statuto speciale per la Sardegna), in relazione agli articoli 180-bis, comma 1-bis, 182, 183, comma 1, lettera n) e lettera bb), 184, comma, 2, lettera d), 185, comma 1, lettera f), e 193, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dell'art. 39, comma 11, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205.

Per poter congruamente valutare i profili di incostituzionalita' della normativa regionale impugnata, giova evidenziare che essa incide in via principale e diretta sulla disciplina dei rifiuti, che rientra nella materia della «tutela dell'ambiente e della tutela dell'ecosistema», attribuita alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

L'art. 184, comma 2, lettera d), del decreto legislativo del 3 aprile 2006, n. 152, recante il testo unico delle norme in materia ambientale (TUA), dispone infatti che costituiscono «rifiuti urbani» i rifiuti «di qualsiasi natura o provenienza giacenti... sulle spiagge marittime e lacuali e sulle rive dei corsi d'acqua».

Per tale motivo, gli accumuli di posidonia spiaggiata, ai quali si riferisce la legge regionale impugnata, sono soggetti alla disciplina generale sui rifiuti contenuta nella parte quarta del TUA, allo scopo di proteggere l'ambiente e la salute umana, di prevenire o ridurre gli impatti negativi della loro gestione, di ridurre gli impatti complessivi dell'uso delle risorse e di migliorarne l'efficacia. Per quanto qui interessa, in particolare, la disciplina statale regola in modo dettagliato tutte le attivita' di gestione dei rifiuti, costituite dalle attivita' di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti, con la precisazione che esse non comprendono «le operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici e meteorici, incluse mareggiate e piene anche frammisti ad altri materiali di origine antropica, effettuate nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati» (art. 183, comma 1, lettera n), TUA).

In particolare, per quel che qui rileva, relativamente alla gestione della posidonia spiaggiata l'art. 39, comma 11, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205, dispone che laddove sussistano elementi univoci che facciano ritenere la relativa presenza di posidonia (per esempio meduse spiaggiate) direttamente dipendente da mareggiate o altre cause comunque naturali, e' consentito l'interramento in sito dei materiali sopracitati, purche' cio' avvenga senza trasporto ne' trattamento. Al fine di dare corretta attuazione alle disposizioni legislative in materia, il Ministero dell'ambiente e della tutela e del territorio e del mare ha poi emanato le circolari, prot. 8123/2006 e 8838/2019, entrambe aventi ad oggetto la «gestione degli accumuli di Posidonia oceanica spiaggiati», allo scopo di fornire a tutte le Regioni le corrette modalita' di gestione di tali materiali.

La disciplina contenuta nella legge regionale sarda qui impugnata, benche' ispirata allo scopo di incoraggiare il mantenimento e riutilizzo in loco della posidonia spiaggiata come strumento naturale di difesa dall'erosione costiera, si discosta dalla normativa statale di riferimento e presenta i profili di criticita' che di seguito si evidenziano:   1) all'art. 1, comma 1, il legislatore regionale ha previsto che, fatta salva la possibilita' del mantenimento in loco, laddove il mantenimento in loco della posidonia impedisca la regolare fruizione della spiaggia a fini turistici, i comuni o i gestori concessionari, previa comunicazione alla Regione, possono spostare temporaneamente gli accumuli di posidonia in zone idonee dello stesso arenile o in altre zone del comune se la prima opzione non e' praticabile.

Tale disposizione e' censurabile nella parte in cui prevede lo spostamento temporaneo degli accumuli di posidonia in «aree idonee appositamente individuate all'interno del territorio del comune», e percio' in zone diverse da quelle individuate dalla disciplina statale e dalle disposizioni di prassi adottate in materia, implicando altresi' attivita' di trasporto che deve essere esercitata nel rispetto del regime previsto dall'art. 193 del TUA.

Come si' e' gia' evidenziato, l'art. 183, comma 1, lettera n), del TUA esclude dall'ambito di gestione dei rifiuti, e consente quindi di esercitare liberamente, le sole operazioni di prelievo, raggruppamento, cernita e deposito preliminari alla raccolta di materiali o sostanze naturali derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica, che siano effettuate nel tempo tecnico strettamente necessario, presso il medesimo sito nel quale detti eventi li hanno depositati. Inoltre, l'art. 39, comma 11, del decreto legislativo n. 205 del 2010, consente di procedere all'interramento in loco della posidonia, purche' cio' avvenga senza trasporto ne' trattamento. In coerenza con tali previsioni, la circolare ministeriale 8838/2019 ha chiarito che la posidonia spiaggiata per eventi meteorologici naturali puo' costituire oggetto di spostamento solo su spiagge (che possono anche essere diverse da quelle su cui si sono originariamente depositate, ma che appartengano comunque alla medesima unita' fisiografica), in funzione del successivo interramento nello stesso luogo.

Tutt'altro genere rivestono invece le operazioni di spostamento verso non ben specificate «aree idonee individuate all'interno del territorio comunale», che sono consentite dalla norma regionale impugnata. In tal caso si determina infatti un'attivita' di vera e propria gestione di rifiuti, che deve essere pienamente assoggettata alla legislazione statale di riferimento.

Il citato art. 183, comma 1, lettera n), del TUA, dispone infatti che, al di fuori dell'ipotesi innanzi esaminata, qualunque operazione di raccolta, trasporto, recupero e smaltimento dei rifiuti deve essere considerata attivita' di gestione dei rifiuti. In particolare, costituisce attivita' di gestione di rifiuti, qualunque operazione di prelievo [che e' compresa nell'attivita' di raccolta ai sensi della lettera o) del predetto art. 183, comma 1, TUA, e che comprende la cernita preliminare, il deposito preliminare alla raccolta e la gestione di un centro di raccolta finalizzato al trasporto agli impianti di recupero e trattamento, come quello di cui all'art. 180-bis, comma 1-bis, del TUA)], e qualunque attivita' di trasporto, che deve essere effettuata nel rispetto delle prescrizioni contenute nell'art. 193 TUA.

Ove poi con la generica espressione «aree idonee appositamente individuate all'interno del territorio del Comune» il legislatore regionale abbia voluto riferirsi al deposito temporaneo, la norma si pone in contrasto con la disposizione di cui all'art. 183, comma 1, lettera bb) del TUA. Secondo la giurisprudenza della Corte di cassazione, il deposito temporaneo deve ritenersi ammesso esclusivamente nelle ipotesi previste dal predetto art. 183, comma 1, lettera bb) del TUA, e cioe', quando sia effettuato nel luogo stesso in cui i rifiuti sono stati prodotti e nella tassativa ricorrenza di tutte le condizioni previste dalla predetta norma (Cass. pen., n. 16988/12; n. 49911/09). Invece, con l'impugnata disposizione il legislatore regionale realizza un'ipotesi di deposito temporaneo al di fuori delle previsioni di cui alla predetta norma.

Per tutte queste ragioni, in tutti i casi in cui il materiale organico viene prelevato dalla spiaggia per essere trasportato altrove, si rende necessaria l'integrale applicazione della normativa sui rifiuti, in conformita' e nel rispetto delle disposizioni sopra citate.

In particolare, in considerazione degli impatti che le sostanze cosi' accumulate possono produrre sull'ecosistema, e' necessario che l'invio sia effettuato presso aree ricomprese negli specifici centri di raccolta previsti dall'art. 180-bis, comma 1-bis, TUA, che richiama il successivo art. 183, comma l, lettera mm) (e non presso gli spazi generici cui fa riferimento la disposizione impugnata), che possano costituire valido presidio di garanzia per la salute e per l'ambiente. Da cio' deriva l'incostituzionalita' di una normativa, come quella in esame, che consenta di equiparare tali materiali a «non rifiuti» e di sottrarli quindi alla corrispondente disciplina di tutela;   2) il successivo comma 4 dell'art. 1 stabilisce che, qualora si proceda allo spostamento della posidonia, e' fatto assoluto divieto di procedere al relativo smaltimento in discarica.

Anche questa disposizione, che prevede un divieto assoluto di procedere allo smaltimento in discarica, si pone in contrasto con la disciplina statale di cui all'art. 182 del TUA, il quale prevede la possibilita' di ricorrere allo smaltimento in discarica ogni qualvolta non sia possibile dal punto di vista tecnico ed economico eseguire le operazioni di recupero o accedervi a condizioni ragionevoli, anche considerando il rapporto costi/benefici;   3) il comma 5 dello stesso art. 1 consente poi di effettuare la vagliatura del materiale organico spiaggiato anche presso il sito ove si intende conferire la posidonia.

Fatte salve le considerazioni precedentemente svolte in relazione al comma 1, con riferimento al luogo di deposito ove conferire la posidonia, questa disposizione si pone in contrasto con quanto espressamente stabilito dall'art. 183, comma 1, lettera n), del TUA, che considera estranea all'attivita' di gestione esclusivamente l'esecuzione delle operazioni di cernita che sia compiuta presso il «medesimo sito ove gli eventi li hanno depositati»;   4) lo stesso art. 1, al comma 8, esclude dal campo di applicazione della normativa sui rifiuti, i materiali costituiti di materia vegetale di provenienza agricola o forestale, che si siano depositati naturalmente sulle sponde di laghi e fiumi e sulla battigia del mare, derivanti da eventi atmosferici o meteorici, ivi incluse le mareggiate e piene, anche ove frammisti ad altri materiali di origine antropica.

Anche questa disposizione, prevedendo l'esclusione dalla normativa ambientale dei materiali non espressamente previsti dall'art. 185, comma 1, lettera f), del decreto legislativo n. 152 del 2006, si pone in contrasto con la normativa statale, e potrebbe altresi' comportare l'apertura di una procedura di infrazione comunitaria.

Come si e' evidenziato, infatti, i residui di posidonia, al pari di altri materiali spiaggiati, vengono classificati dall'art. 184, comma 2, lettera d), del TUA, come rifiuti urbani, in guisa che ad essi si applica la disciplina sui rifiuti anche nelle fasi del trasporto e del successivo invio ad operazioni di recupero (da privilegiare in accordo con i principi dell'economia circolare) o di smaltimento. Ne' essi rientrano nelle ipotesi di esclusione di cui all'art. 185, primo comma, lettera f), del TUA, che riguarda specificamente il materiale agricolo o forestale derivante dalle pratiche culturali e dalla manutenzione del verde pubblico (e non pure quello giacente, per qualsiasi causa, sulle spiagge).

L'esclusione della posidonia spiaggiata dalla disciplina dei rifiuti puo' essere ammessa solo se non si concretizza la volonta' del disfacimento, perche' la stessa - compatibilmente con la fruizione delle spiagge nel periodo estivo - viene comunque gestita in loco come risorsa per la protezione dell'arenile. La circostanza che con il quarto comma la regione abbia vietato lo smaltimento in discarica, non consente invece di escludere tout-court dalla disciplina dei rifiuti i materiali e le biomasse vegetali, depositate sulle rive di laghi e fiumi o spiaggiate, che non possono essere utilizzate in loco per la protezione degli arenili. La necessita' che tali materiali siano avviati ad impianti di riciclo e compostaggio, comporta inevitabilmente la trasformazione della loro natura giuridica da risorsa a rifiuto.

Le suddette difformita' dalla legislazione statale di riferimento comportano l'illegittimita' costituzionale delle norme regionali qui impugnate, non potendo le regioni invadere le competenze attribuite in via esclusiva allo Stato, come quelle in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema. Le disposizioni contenute negli articoli 3 e 4 dello statuto di autonomia non attribuiscono alla regione nessuna competenza in materia ambientale; in ogni caso, i profili di tutela ambientale sono assorbenti e prevalenti rispetto ad ogni altra questione che possa incidere su altre materie interferenti, che siano ricomprese nell'ambito delle proprie competenze statutarie.

Secondo i principi piu' volte affermati da codesta ecc.ma Corte in precedenti giudizi nei confronti della Regione Sardegna, «La conservazione ambientale e paesaggistica spetta, in base all'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione, alla cura esclusiva dello Stato, e tale titolo competenziale riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di regioni speciali o di province autonome» (Corte costituzionale, 11 maggio 2017, n. 103.

Analogamente, Corte costituzionale, 18 luglio 2014, n. 210). In verita', si tratta di una normativa che riflette uno specifico interesse unitario della comunita' nazionale e prevale su concorrenti aspetti affidati alle competenze legislative delle autonomie locali.

Si e' piu' volte affermato, al riguardo, che i valori ambientali possono essere considerati «trasversali», perche' incidono su materie ed interessi di vario genere, e che spettano comunque «allo Stato le determinazioni che rispondono ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale (cfr. sentenze n. 507 e n. 54 del 2000, n. 382 del 1999, n. 273 del 1998)» (Corte costituzionale, sentenza 26 luglio 2002, n. 404).

Pertanto, in materia ambientale sussiste uno specifico limite all'esercizio del potere normativo delle Regioni, come codesta Corte costituzionale ha ritenuto con la sentenza del 14 novembre 2007, n. 378, in cui si legge testualmente che: «La potesta' di disciplinare l'ambiente nella sua interezza e' stato affidato, in riferimento al riparto delle competenze tra Stato e regioni in via esclusiva allo Stato, dall'art. 117, comma secondo, lettera s), della Costituzione, il quale, come e' noto, parla di "ambiente" in termini generali e onnicomprensivi».

Per tutte queste ragioni, occorre conclusivamente ritenere che le disposizioni in esame si pongono in contrasto con il parametro costituzionale offerto dal secondo comma, lettera s), dell'art. 117 della Costituzione, perche' intervengono in una materia - quella della «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», in cui rientra la disciplina della gestione dei rifiuti (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 249 del 2009) - che e' attribuita in via esclusiva alla competenza legislativa dello Stato e che esula dalle potesta' legislative affidate alla Regione Sardegna dagli articoli 3 e 4 dello statuto di autonomia (ex multis, Corte costituzionale, sentenze n. 54 del 2012, numeri 244 e 33 del 2011; numeri 331 e 278 del 2010; numeri 61 e n. 10 del 2009), pur restando ferma la competenza della stessa regione nella cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, numeri 225 e 164 del 2009 e n. 437 del 2008). In sostanza, la disciplina statale, «in quanto appunto rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque in una materia che, per la molteplicita' dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasivita' rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009), con la conseguenza che, «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino (sentenze n. 378 del 2007, n. 62 del 2008, n. 314 del 2009, n. 58 del 2015)» (Corte costituzionale, 23 luglio 2015, n. 180).

 

P. Q. M.

 

Per questi motivi il Presidente del Consiglio dei ministri propone il presente ricorso e confida nell'accoglimento delle seguenti conclusioni «Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittimo l'art. 1, commi 1, 4, 5 e 8, della legge Regione Sardegna, del 21 febbraio 2020, n. 1, pubblicata nel B.U.R. n. 9 del 27 febbraio 2020, per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione, in riferimento agli articoli 3 e 4 della legge costituzionale n. 3 del 1948 (statuto speciale per la Sardegna), per contrasto con gli articoli 180-bis, comma 1-bis, 182, 183, comma 1, lettera n) e lettera bb), 184, comma, 2, lettera d), 185 e 193, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, e dell'art. 39, comma 11, del decreto legislativo 3 dicembre 2010, n. 205.

Si producono:   1) copia della legge regionale impugnata;   2) copia conforme della delibera del Consiglio dei ministri adottata nella riunione del 20 aprile 2020 recante la determinazione di proposizione del presente ricorso, con allegata relazione illustrativa.

Roma, 21 aprile 2020

L'Avvocato dello Stato: Guida