RICORSO N. 28 DEL 2 MARZO 2020 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 2 marzo 2020.

(GU n. 15 del 8.4.2020)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione per il Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso con il patrocinio ex lege, dall'Avvocatura generale dello Stato, (codice fiscale 80224030587, per il ricevimento degli atti fax 06-96514000 e PEC ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it), presso i cui uffici in Roma, alla via dei Portoghesi, n. 12 domicilia;   Nei confronti della Provincia autonoma di Trento, in persona del Presidente pro tempore, in piazza Dante, 15 - 38122 Trento, posta elettronica certificata presidente@pec.provincia.tn.it per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge Trento n. 13 del 23 dicembre 2019, pubblicata nel B.U.R n. 51 del 24 dicembre 2019 denominata: «Legge di stabilita' provinciale 2020», art. 10, commi 1 e 2, art. 11, commi 1 e 4, art. 12, comma 1, art. 15, comma 1, lettera b);   La legge della Provincia autonoma di Trento n. 13 del 2019, pubblicata nel B.U.R n. 51 del 24 dicembre 2019, denominata: «Legge di stabilita' provinciale 2020» e' illegittima con riguardo all'art. 10, commi 1 e 2, all'art. 11, comma 1 e 4, all'art. 12, comma 1, all'art. 15, comma 1, lettera b) perche' prevede disposizioni in contrasto con l'art. 117, commi 2 e 3 della Costituzione, con l'art. 97 della Costituzione e con l'art. 3, comma 2, avendo la Provincia ecceduto dalla propria competenza legislativa, come si intende dimostrare con la illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

A. L'art. 10 modifica i limiti per la spesa relativa al personale appartenente al comparto autonomie locali e al comparto ricerca (comma 1) nonche' al comparto scuola (comma 2), fissati dall'art. 6 della legge provinciale n. 5 del 2019 per gli esercizi finanziari 2020 e 2021 e introduce i limiti di spesa per l'esercizio 2022.

Al riguardo, gli stanziamenti definiti con l'art. 10 della legge in oggetto, riferiti al triennio 2020-2022, aggiornano sostanzialmente i valori spesa complessiva di' personale previsti dall'art. 6 della legge provinciale n. 5 del 2019 per il triennio 2019-2021, includendo gli oneri gia' autorizzati per la contrattazione del triennio 2016-2018, senza fornire elementi per l'individuazione dei criteri utilizzati a tal fine. Tale spesa puo' essere influenzata, anche se solo in parte, da eventuali incrementi per rinnovi contrattuali del triennio in parola che comunque non sono evidenziati distintamente, circostanza quest'ultima che preclude la possibilita' di conoscere i criteri di determinazione degli incrementi contrattuali eventualmente ricompresi nella spesa.

Le norme impugnate, nella loro generica formulazione, non consentono di valutare i criteri adottati per la definizione dell'importo ivi previsto ad integrazione di altri importi gia' definiti a titolo di incremento contrattuale da una precedente legge provinciale.

In termini generali, laddove le leggi regionali dispongono, come nel caso di specie, incrementi contrattuali senza l'indicazione di alcun criterio di calcolo, risulta impossibile una valutazione in termini di coerenza con gli incrementi previsti in ambito nazionale per il restante personale pubblico.

Le disposizioni violano dunque l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione in materia di ordinamento civile.

B. L'art. 11, comma 1, determina in 20 milioni di euro per l'anno 2020 e 10 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022 gli oneri per l'avvio della contrattazione collettiva provinciale per il triennio 2019-2021 relativa al personale degli enti a cui si applica la contrattazione collettiva provinciale in base all'art. 54 della legge sul personale della Provincia 1997, n. 7, nonche' al personale delle scuole dell'infanzia equiparate e dei centri di formazione professionale. La norma del comma 4, inoltre, autorizza uno stanziamento di 500.000 euro sui bilanci degli esercizi finanziari 2020, 2021 e 2022 per coprire il 50 per cento della quota di adesione a fondi sanitari integrativi per i familiari di eta' inferiore a diciotto anni del personale di cui al periodo precedente.

Al riguardo, le medesime considerazioni effettuate con riferimento all'art. 10 della legge in oggetto valgono anche in relazione agli incrementi relativi alla contrattazione collettiva provinciale per il triennio 2019-2021, autorizzati con il citato art. 11 della legge in esame, tenuto conto che - in assenza di elementi per la determinazione degli importi - previsti risulta impossibile una valutazione in termini di coerenza con gli incrementi definiti in ambito nazionale per il restante personale pubblico.

In tale quadro, la legge n. 160/2019 (legge di bilancio per il 2020) ha integrato per il settore Stato le risorse da destinare alla contrattazione collettiva e ai miglioramenti economici del personale in regime di diritto pubblico, con conseguente riconoscimento di incrementi cumulati delle retribuzioni medie pari all'1,3% per il 2019, al 2,01% per il 2020 e al 3,72% a decorrere dai 2021.

Le disposizioni impugnate non consente una compiuta valutazione, violando pertanto l'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione.

C. L'art. 12, comma 1 modifica l'art. 21, comma 7 della legge provinciale 7 del 1997 prevedendo, da un lato, la riduzione della percentuale degli incarichi dirigenziali conferibili con contratto a tempo determinato al personale non di ruolo ed introducendo, dall'altro, una riserva di almeno cinque posti in favore del personale in possesso della qualifica di direttore.

L'articolo in questione era stato di recente novellato dall'art. 7, comma 5, lettera b) della L.P. n. 5/2019.

Gia' rispetto alla precedente formulazione dell'art. 21, comma 7, L.P. 7/97 (peraltro non incisa significativamente dalla sopravvenienza normativa rispetto ai profili di incostituzionalita' gia' denunciati), pende altro ricorso dinanzi alla Corte costituzionale (Reg. ric. n. 104 del 2019 n. parte 1 pubbl. nella Gazzetta Ufficiale del 6 novembre 2019, n. 45).

L'Avvocatura dello Stato, nel ricorso pendente, ha gia' sottolineato il contrasto della disposizione provinciale con l'art. 19, comma 6, decreto legislativo n. 165/2001, ai sensi del quale gli incarichi a soggetti esterni all'amministrazione possono essere conferiti «entro il limite del 10 per cento della dotazione organica dei dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'art. 23 e dell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia».

Detta censura, che e' stata formulata per violazione della materia dell'«ordinamento civile» (avendo la Corte costituzionale, con la sentenza n. 324 del 2010, chiarito che «Si tratta di una normativa riconducibile alla materia dell'ordinamento civile di cui all'art. 117, secondo comma, lettera I, Costituzione, poiche' il conferimento di incarichi dirigenziali a soggetti esterni, disciplinato dalla normativa citata, si realizza mediante la stipulazione di un contratto di lavoro di diritto privato.

Conseguentemente, la disciplina della fase costitutiva ditale contratto, cosi' come quella del rapporto che sorge per effetto della conclusione di quel negozio giuridico, appartengono alla materia dell'ordinamento civile»), va ora ribadita anche rispetto al nuovo testo in esame.

Anche l'odierna modifica legislativa, nel fissare nel 18% il contingente massimo di incarichi conferibili a dirigenti non di ruolo, viola l'art. 19, comma 6, decreto legislativo n. 165/2001, che lo fissa nel 10 per cento della dotazione organica per i dirigenti appartenenti alla prima fascia dei ruoli di cui all'art. 23 e nell'8 per cento della dotazione organica di quelli appartenenti alla seconda fascia.

La disposizione esaminata, oltre a costituire una violazione delle competenze statali in materia di ordinamento civile, confligge anche con gli ulteriori parametri costituzionali del buon andamento della pubblica amministrazione, fissati dall'art. 97 della Costituzione.

Sia consentito a tale proposito richiamare alcune pronunce in cui la Corte costituzionale ha affermato l'irragionevolezza e la non conformita' al principio di buon andamento della pubblica amministrazione di disposizioni regionali che aumentano «indebitamente il limite percentuale per il conferimento degli incarichi dirigenziali a soggetti non appartenenti ai ruoli dirigenziali dell'amministrazione in difformita' con quanto previsto dai principi fondamentali che disciplinano l'organizzazione degli uffici e il rapporto di impiego alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni stabiliti dal decreto legislativo 30 marzo 2011, n. 165». Il principio di buon andamento della pubblica amministrazione, infatti, «richiede che le funzioni di direzione delle strutture fondamentali dell'apparato burocratico (appunto, quelle di livello dirigenziale) siano attribuite a soggetti muniti di adeguate competenze; il che e' assicurato essenzialmente dal fatto che i soggetti cui quegli incarichi sono affidati rivestano la corrispondente qualifica alla quale abbiano avuto accesso a seguito di apposita selezione comparativa» (Corte costituzionale, sentenza n. 105/2013).

D. L'art. 15, comma 1, lettera b), introduce un titolo di preferenza per i residenti in Provincia di Trento per l'accesso ai corsi universitari, nel limite di una riserva di posti non inferiore al 10 per cento.

La disposizione comporta ingiustificatamente una discriminazione ed una lesione del principio di eguaglianza laddove introduce un titolo di preferenza per l'accesso all'universita' in ragione di un criterio che non appare strettamente legato al merito scolastico o, piu' in generale, alla mission dell'istituzione universitaria stessa, ma al requisito della mera residenza anagrafica.

Infatti, l'art. 3, comma 2 della Carta costituzionale affida alla Repubblica il compito di rimuovere gli ostacoli di ordine economico e sociale che, limitando di fatto l'uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana.

Le disposizioni normative contenute negli articoli di legge indicati eccedono anche dalle competenze provinciali previste Statuto speciale di autonomia della regione Trentino Alto Adige.

 

P. Q. M.

 

Si conclude perche' siano dichiarati costituzionalmente illegittimi i seguenti articoli della legge provinciale Trento n. 13 del 23 dicembre 2019:   10, (in particolare commi 1 e 2), perche' contrario all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione in materia di ordinamento civile;   art. 11 (in particolare commi 1 e 4), perche' contrario all'art. 117, secondo comma, lettera l), della Costituzione in materia di ordinamento civile;   art. 12, comma 1, perche' viola le competenze statali in materia di ordinamento civile e contrasta con il principio di buon andamento di cui all'art. 97 della Costituzione;   art. 15 (in particolare comma 1, lettera b) perche' contrasta con l'art. 3, comma 2 della Costituzione;   tutti i predetti articoli per contrasto con i limiti di competenza posti dallo Statuto provinciale di autonomia della Regione Trentino Alto Adige.

Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri in data 21 febbraio 2020.

Roma, 21 febbraio 2020

L'Avvocato dello Stato: Basilica