RICORSO N. 112 DEL 3 DICEMBRE 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 dicembre 2019.

(GU n. 51 del 18.12.2019)

 

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato,   Nei confronti della Regione Marche in persona del suo Presidente per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale degli articoli 1 e 2 «nonche', in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27, legge n. 87/1953, degli articoli 3, 4 e 5» della legge regionale 18 settembre 2019, n. 29, concernente: «Criteri Localizzativi degli impianti di combustione dei rifiuti e del CSS», (pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Marche n. 76 del 26 settembre 2019).

La legge della Regione Marche 18 settembre 2019, n. 29, recante: «Criteri Localizzativi degli impianti di combustione dei rifiuti e del CSS», all'art. 1, rubricato (Finalita'), prevede che: «1. Questa legge definisce i criteri per l'individuazione dei luoghi idonei ad accogliere gli impianti di combustione del combustibile solido secondario (CSS) e quelli rientranti nelle tipologie di cui ai punti 1 e 10 dell'Allegato 2, Suballegato 1 (Norme tecniche per l'utilizzazione dei rifiuti non pericolosi come combustibili o come altro mezzo per produrre energia), del decreto del Ministero dell'ambiente 5 febbraio 1998 (Individuazione dei rifiuti non pericolosi sottoposti alle procedure semplificate di recupero ai sensi degli articoli 31 e 33 del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22)».

Il successivo art. 2, sotto la rubrica (Criteri di Localizzazione), prevede poi che: «1. Gli impianti di cui all'art. 1 devono essere ubicati ad una distanza minima di 5 chilometri dai centri abitati, come definiti dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e da funzioni sensibili.

2. La distanza dai centri abitati di cui al comma 1 va considerata dal perimetro esterno delle zone residenziali consolidate, di completamento e di espansione come individuate dagli strumenti urbanistici.»   Il combinato disposto degli articoli 1 e 2 della predetta legge regionale e' costituzionalmente illegittimo per i

 

seguenti motivi

 

1) Violazione dell'art. 136 Cost., in riferimento alla sentenza n. 142/2019 della Corte costituzionale.

In base al combinato disposto degli articoli 1 e 2 della legge regionale, gli impianti di combustione del combustibile solido secondario (CSS) «definito dall'art. 183, comma 1, lett. cc), del decreto legislativo n. 152/2006 come "il combustibile solido prodotto da rifiuti che rispetta le caratteristiche di classificazione e di specificazione individuate delle norme tecniche UNI CEN/TS 15359 e successive modifiche ed integrazioni; fatta salva l'applicazione dell'art. 184-ter, il combustibile solido secondario, e' classificato come rifiuto speciale"» e quelli rientranti nelle tipologie di cui ai punti 1 e 10 dell'Allegato 2, Suballegato 1 del decreto del Ministero dell'ambiente 5 febbraio 1998 «e cioe' gli impianti di combustione del CDR (combustibile derivato da rifiuto) e dei fanghi essicati di depurazione di acque reflue» debbono "essere ubicati ad una distanza minima di 5 chilometri dai centri abitati, come definiti dal decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada) e da funzioni sensibili". «enfasi aggiunta».

Il decreto legislativo 30 aprile 1992, n. 285 (Nuovo codice della strada), all'art. 3, comma 1, n. 8), definisce «il centro abitato» come «l'insieme di edifici delimitato lungo le vie di accesso dagli appositi segnali di inizio e fine. Per insieme di edifici si intende un raggruppamento continuo, ancorche' intervallato da strade, piazze, giardini o simili, costituito da non meno di venticinque fabbricati e da aree di uso pubblico con accessi veicolari o pedonali sulla strada».

La nozione di «funzione sensibile» che si rinviene nel primo comma dell'art. 2 qui censurato deve essere interpretata alla luce del Piano regionale di Gestione dei Rifiuti adottato con delibera di G.R. n. 34/2015, in base al quale per «funzioni sensibili» devono intendersi «strutture scolastiche, asili, ospedali, case di riposo e case circondariali».

Il secondo comma dell'art. 2 in esame precisa, infine, che «la distanza dai centri abitati di cui al comma 1 va considerata dal perimetro esterno delle zone residenziali consolidate, di completamento e di espansione come individuate dagli strumenti urbanistici».

In base alle disposizioni regionali censurate, la distanza minima dei cinque chilometri deve essere rispettata in relazione ad ogni centro abitato (tale essendo qualsiasi raggruppamento di edifici che presenti le caratteristiche indicate dall'art. 3, comma 1, n. 8) del Nuovo codice della strada) e in relazione ad ogni «funzione sensibile» (ancorche', in ipotesi, non inserita in un agglomerato definibile come centro abitato).

Orbene, con la sentenza n. 142 del 2019, la Corte costituzionale ha dichiarato, su impugnativa in via principale del Governo, l'illegittimita' costituzionale della legge della regione Marche n. 22 del 2018, che bandiva dall'intero territorio regionale il trattamento termico dei rifiuti.

Il su illustrato criterio localizzativo successivamente introdotto dagli articoli 1 e 2 della legge della Regione Marche n. 29/19 qui censurata non appare conforme al predetto giudicato costituzionale perche' - riferendosi in modo generalizzato ed indiscriminato ad ogni «centro abitato» e ad ogni «funzione sensibile», senza prevedere lo svolgimento di alcuna previa istruttoria nel caso concreto - si presenta eccessivamente restrittivo e rigido e, dunque, tale da rendere di fatto impossibile o, comunque, estremamente difficoltosa la collocazione di impianti di combustione dei rifiuti e del CSS nel territorio regionale, tenuto conto del fatto che, in concreto, non vengono specificate le aree interdette, ne' viene individuata, in positivo, alcuna localizzazione idonea.

Sotto tale profilo, il combinato disposto degli articoli 1 e 2 della L.R. 29/2019 si pone in contrasto con l'art. 136 Cost. e con il principio del rispetto del giudicato costituzionale in esso sancito.

Come, infatti, affermato, tra le altre, dalla sentenza n. 245 del 2012 «il giudicato costituzionale e' violato non solo quando il legislatore emana una norma che costituisce una mera riproduzione di quella gia' ritenuta lesiva della Costituzione, ma anche laddove la nuova disciplina miri a «perseguire e raggiungere, "anche se indirettamente", esiti corrispondenti» (sentenze n. 223 del 1983, n. 88 del 1966 e n. 73 del 1963)». Il che, per le ragioni sopra illustrate, e' precisamente quanto accaduto nel presente caso.

2) Violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione per contrasto con l'art. 195, comma 1, lettera p) e con l'art. 196, comma 1, lettere n) e o) del decreto legislativo n. 152 del 2006, quali norme interposte.

Le disposizioni regionali censurate incidono sulla gestione dei rifiuti che, secondo il costante orientamento della Corte, e' riconducibile alla materia «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema» riservata alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s) Cost. (cfr. tra le tante, sentenze n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009).

Esercitando tale competenza, lo Stato ha regolato, con gli art. articoli 195 e 196 del decreto legislativo n. 152 del 2006, la localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti.

In particolare spetta allo Stato «l'indicazione dei criteri generali relativi alle caratteristiche delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento dei rifiuti» (art. 195, comma 1, lettera p); nel rispetto di tali criteri generali, la Regione definisce i «criteri per l'individuazione, da parte delle province, delle aree non idonee alla localizzazione degli impianti di smaltimento e di recupero dei rifiuti» (art. 196, comma 1, lettera n); inoltre, la Regione determina i «criteri per l'individuazione dei luoghi o impianti idonei allo smaltimento [...]» (art. 196, comma 1, lettera o), dovendo rispettare, in entrambi i casi, «i principi previsti dalla normativa vigente e dalla parte quarta del presente decreto, ivi compresi quelli di cui all'art. 195 [...]», sulla base di quanto indicato nella parte iniziale dello stesso art. 196, comma 1.

In tale quadro normativo, la Corte ha affermato il principio secondo cui la Regione «non puo' introdurre «limitazioni alla localizzazione», ma puo' somministrare «criteri di localizzazione», quand'anche formulati «in negativo», purche' cio' avvenga mediante la «delimitazione di aree ben identificate», ove emergano interessi particolarmente pregnanti affidati alle cure del legislatore regionale, e purche' cio' non determini l'impossibilita' di una localizzazione alternativa (sentenze n. 278 del 2010; n. 285 del 2013 e n. 142 del 2019).

Nella fattispecie, le disposizioni regionali censurate - senza alcuna concreta istruttoria tecnica preordinata all'equo contemperamento degli interessi coinvolti (e cioe' l'interesse del soggetto privato operatore economico, e gli ulteriori interessi di cui sono titolari singoli cittadini e comunita'), e senza alcuna valutazione in concreto dei luoghi in sede procedimentale- hanno introdotto un criterio per la collocazione degli impianti de quibus (formulato in termini di necessario rispetto della distanza minima, inderogabile, di cinque chilometri da ogni centro abitato e da ogni «funzione sensibile»):   non previsto dalla disciplina statale;   che non consente di identificare con certezza le aree effettivamente interdette;   e, che, comunque, non individua, in positivo, aree idonee all'interno del territorio regionale.

La giurisprudenza della Corte costituzionale ha, peraltro, in diverse occasioni dichiarato l'illegittimita' costituzionale di disposizioni che prevedevano un divieto arbitrario, generalizzato e indiscriminato di localizzazione di impianti seppur riferiti alla produzione di energia da fonti rinnovabili (sentenza n. 308 del 2011).

Ferma la censura che precede, gli articoli 1 e 2 della legge Regione Marche n. 29/2019 si pongono, quindi, in contrasto con gli articoli 195, comma 1, lettera p), e 196, comma 1, lettere n) e o), del decreto legislativo n. 152 del 2006, con conseguente violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

L'auspicata declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge Regione Marche n. 29/2019 dovra' essere estesa in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27, legge n. 87/1953, agli articoli 3, 4 e 5 della medesima legge regionale perche' di per se' privi di autonomo significato normativo.

 

P. Q. M.

 

Si conclude perche' gli articoli 1 e 2 della legge regionale 18 settembre 2019, n. 29 siano dichiarati costituzionalmente illegittimi, con conseguente declaratoria della illegittimita' costituzionale in via consequenziale, ai sensi dell'art. 27, legge n. 87/1953, degli articoli 3, 4 e 5 della medesima legge regionale.

Si producono:   estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 14 novembre 2019;   relazione, allegata alla medesima delibera, della Presidenza del Consiglio dei ministri;   legge regionale n. 29/2019.

Roma, 20 novembre 2019

L'Avvocato dello Stato: Palatiello