RICORSO N. 100 DEL 30 SETTEMBRE 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 30 settembre 2019.

(GU n. 44 del 30.10.2019)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, c.f. 80224030587, n. fax 0696514000 ed indirizzo p.e.c. per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi n. 12;   Contro la Regione Puglia, in persona del presidente della Giunta regionale in carica, con sede in Bari, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 10, 11, 12 e 16 della Regione Puglia 23 luglio 2019, n. 34, intitolata «Norme in materia di promozione dell'utilizzo di idrogeno e disposizioni concernenti il rinnovo degli impianti esistenti di produzione di energia elettrica da fonte eolica e per conversione fotovoltaica della fonte solare e disposizioni urgenti in materia di edilizia, pubblicata nel B. U. Puglia 25 luglio 2019, n. 84»,   e cio' a seguito ed in forza della delibera di impugnativa assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 19 settembre 2019.

 

Fatto

 

La legge regionale in esame n. 34 del 2019, che detta norme in materia di promozione dell'utilizzo di idrogeno e disposizioni concernenti il rinnovo degli impianti esistenti di produzione di energia elettrica da fonte eolica e per conversione fotovoltaica della fonte solare e disposizioni urgenti in materia di edilizia, presenta aspetti di illegittimita' costituzionale con riferimento alle disposizioni contenute negli articoli 3, rubricato «Piano regionale dell'idrogeno», e 10, concernente «Valutazione preliminare dei potenziali impatti ambientali», che violano la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, in riferimento alla impossibilita' per le regioni di incidere sul dettato normativo che attiene ai procedimenti di verifica ambientale, cosi' come definito dal legislatore nazionale con le norme del Codice dell'ambiente, decreto legislativo n. 152 del 2006.

Inoltre, le disposizioni contenute negli articoli 11, 12 e 16, per i motivi di seguito specificati, violano principi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» in violazione dell'articolo art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Le disposizioni della legge regionale summenzionate, quindi, sono illegittime e, giusta determinazione assunta dal Consiglio dei ministri nella seduta del 19 settembre 2019, sono impugnate per i seguenti motivi di

 

Diritto

 

1. Illegittimita' costituzionale degli articoli 3, rubricato «Piano regionale dell'idrogeno», e 10, concernente «Valutazione preliminare dei potenziali impatti ambientali» della legge regionale Puglia n. 34 del 23 luglio 2019, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione e delle norme contenute nel decreto legislativo n. 152 del 2006 (Codice dell'ambiente).

L'art. 3 della legge in esame, intitolato «Piano regionale dell'idrogeno» dispone:   1. Per il raggiungimento degli obiettivi indicati all'art. 2, in coerenza con la programmazione europea in materia di energia e trasporti e quella nazionale in materia di trasporti, la Giunta regionale, acquisito il parere della competente commissione consiliare, approva il Piano regionale triennale dell'idrogeno (PRI).

2. Il PRI:   a) analizza lo stato delle conoscenze tecnologiche e le prospettive di sviluppo della ricerca applicata all'idrogeno;   b) definisce gli obiettivi da raggiungere nell'arco temporale di tre anni;   c) individua gli interventi regionali di promozione e sostegno dei settori legati alla filiera dell'idrogeno prodotto da energia da fonte rinnovabile al fine di razionalizzare e ottimizzare le risorse finanziarie disponibili;   d) definisce gli ambiti di ricerca e di ricerca applicata da sostenere;   e) evidenzia le risorse finanziarie destinate all'attuazione del PRI; prevede strumenti di verifica dello stato di attuazione del PRI.

3. In sede di prima applicazione, la Giunta regionale adotta il PRI entro centottanta giorni dalla data di entrata in vigore delle presenti disposizioni.

4. Il PRI e' aggiornato o modificato con deliberazione della Giunta regionale da adottare entro l'ultimo semestre di ciascun triennio, all'esito di una procedura di consultazione dell'Osservatorio di cui all'art. 4.

5. Tenendo conto delle finalita', degli obiettivi e delle azioni di cui alle presenti disposizioni, la Regione aggiorna gli atti di programmazione generale e il Piano energetico ambientale regionale (PEAR), di cui all'art. 2, della legge regionale 24 settembre 2012, n. 25 (Regolazione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili).

L'art. 10 della stessa legge intitolato «Valutazione preliminare dei potenziali impatti ambientali» prevede:   1. I progetti relativi a interventi di integrale ricostruzione, potenziamento, rifacimento e riattivazione, finalizzati a migliorare il rendimento delle prestazioni ambientali degli impianti esistenti di produzione di energia elettrica da fonte eolica e per conversione fotovoltaica della fonte solare con potenza nominale complessiva superiore a 1 MW, risultante dagli interventi proposti, possono essere sottoposti, su richiesta del proponente, al procedimento di valutazione preliminare di cui all'art. 6, comma 9, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale).

2. All'esito della valutazione preliminare, i progetti di cui al comma 1 non sono comunque assoggettati al procedimento di verifica di assoggettabilita' a valutazione di impatto ambientale o a VIA a condizione che prevedano: a) per gli impianti eolici, la riduzione del numero di aereogeneratori pari ad almeno il 50 per cento del totale di aereogeneratori precedentemente installati; b) per gli impianti fotovoltaici, la riduzione della superficie radiante pari ad almeno il 20 per cento della superficie radiante precedentemente installata o una riduzione della superficie destinata all'installazione dell'impianto fotovoltaico pari ad almeno il 20 per cento di quella precedentemente occupata. I progetti di cui alle lettere a) e b) devono altresi' prevedere misure di compensazione di carattere ambientale e territoriale in favore dei comuni nei cui territori ricadono gli impianti, conformi ai criteri definiti dal decreto del Ministero dello sviluppo economico 10 settembre 2010, n. 47987 (Linee guida per l'autorizzazione degli impianti alimentati da fonti rinnovabili) e dalle linee guida regionali adottate ai sensi dell'art. 16, per le quali i comuni abbiano manifestato il proprio assenso.

3. Agli effetti di cui al comma 2, nel caso in cui il progetto coinvolga piu' impianti esistenti ricadenti in un'area vasta, per gli impianti eolici la riduzione del numero di aereogeneratori e' pari ad almeno il 40 per cento del totale degli aereogeneratori precedentemente installati; le soglie minime di riduzione previste per gli impianti fotovoltaici sono pari ad almeno il 15 per cento.

4. Laddove l'applicazione delle percentuali indicate nei commi 2 e 3 per la definizione della soglia minima di riduzione del numero di aereogeneratori determini un quoziente con cifre decimali, si applica un arrotondamento in difetto se il decimale e' inferiore alla meta' dell'unita'; al contrario, si applichera' l'arrotondamento in eccesso qualora il decimale e' uguale o superiore alla meta' dell'unita'.

5. Ai fini di quanto disposto al comma 2, fermo restando l'obbligo di prevedere misure di compensazione, le soglie minime di riduzione di cui all'art. 10 non trovano applicazione per i progetti di cui al comma 1 relativi agli impianti esistenti di cui al paragrafo 12.1 e 12.2 del decreto ministeriale n. 47987/2010, nonche' agli impianti esistenti aventi le caratteristiche di cui all'art. 2, comma 2, della legge regionale 18 ottobre 2010, n. 13 (Modifiche e integrazioni alla legge regionale 12 aprile 2001, n. 11 "Norme sulla valutazione dell'impatto ambientale").

6. Per la valutazione preliminare di cui all'art. 6, comma 9, del decreto legislativo n. 152/2006 dei progetti di cui al presente articolo e per gli eventuali conseguenti procedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA o di VIA, l'autorita' competente e' la Regione. La Regione e' altresi' autorita' competente qualora il progetto debba essere assoggettato a valutazione di incidenza, ad autorizzazione paesaggistica e/o accertamento di compatibilita' paesaggistica».

Le suddette disposizioni, come detto, violano la competenza esclusiva statale in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s) della Costituzione, in riferimento alla impossibilita' per le regioni di incidere sul dettato normativo che attiene ai procedimenti di verifica ambientale, cosi' come definito dal legislatore nazionale con le norme del Codice dell'ambiente, decreto legislativo n. 152 del 2006 .

Come affermato da codesta ecc.ma Corte (ex multis, Corte costituzionale, sentenze n. 54 del 2012, n. 244 e n. 33 del 2011, n. 331 e n. 278 del 2010, n. 61 e n. 10 del 2009) per quanto riguarda la disciplina del procedimento di VIA/VAS, deve intendersi riservato allo Stato il potere di fissare livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale, ferma restando la competenza delle Regioni alla cura di interessi funzionalmente collegati con quelli propriamente ambientali (tra le molte, sentenze n. 67 del 2014, n. 285 del 2013, n. 54 del 2012, n. 244 del 2011, n. 225 e n. 164 del 2009 e n. 437 del 2008).

Tale disciplina, «in quanto appunto rientrante principalmente nella tutela dell'ambiente, e dunque in una materia che, per la molteplicita' dei settori di intervento, assume una struttura complessa, riveste un carattere di pervasivita' rispetto anche alle attribuzioni regionali» (sentenza n. 249 del 2009), con la conseguenza che, la disciplina statale «costituisce, anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di tutela uniforme e si impone sull'intero territorio nazionale, come un limite alla disciplina che le regioni e le province autonome dettano in altre materie di loro competenza, per evitare che esse deroghino al livello di tutela ambientale stabilito dallo Stato, ovvero lo peggiorino» (sentenze n. 118 del 2019, 246 del 2018, n. 58 del 2015, n. 314 del 2009, n. 62 del 2008 e n. 378 del 2007).

Cio' premesso, risultano censurabili le seguenti disposizioni regionali:

A) Per quanto concerne gli aspetti in materia di Valutazione ambientale strategica, l'art. 3 della legge regionale definisce il «Piano regionale dell'idrogeno» (PRI), elencando, ai relativi commi 3 e 4 le fasi ed i tempi di approvazione e aggiornamento del PRI.

Il comma 3 prevede espressamente che: «[...] la Giunta regionale adotta il PRI entro centottanta giorni dalla data in vigore delle presenti disposizioni»; il successivo comma 4 stabilisce, altresi', che: «Il PRI e' aggiornato o modificato con deliberazione della Giunta regionale da adottare entro l'ultimo semestre di ciascun triennio, all'esito di una procedura di consultazione dell'osservatorio di cui all'art. 4». In relazione al disposto dei citati commi 3 e 4 dell'art. 3 e dei contenuti previsionali della legge regionale, non si rinviene alcun rimando all'applicazione della disciplina di VAS del «Piano regionale dell'idrogeno» (PRI). Tale omissione comporta che il Piano in oggetto venga sottratto all'applicazione della VAS, in contrasto con l'art. 6, comma 2 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, che richiede una valutazione per tutti i piani e i programmi che sono elaborati per la valutazione e gestione della qualita' dell'aria e dell'ambiente, per il settore energetico, dal momento che il PRI attiene ai settori dell'energia e potrebbe altresi' riprodurre i casi di cui all'art. 6, comma 3-bis del medesimo decreto legislativo, che, per taluni progetti di opere e interventi da realizzarsi nell'ambito del Piano regolatore portuale, prevede interazioni tra la valutazione ambientale strategica la Valutazione di impatto ambientale.

Con riferimento al rapporto con il Piano energetico ambientale regionale (PEAR), di cui al comma 5 dell'art. 3 in parola, la norma regionale risulta illegittima laddove non prevede che il Piano debba rispettare il disposto di cui all'art. 3-ter del decreto legislativo n. 152/2006 - Principio dell'azione ambientale, in base al quale «La tutela dell'ambiente e degli ecosistemi naturali e del patrimonio culturale deve essere garantita [ ...], mediante una adeguata azione che sia informata ai principi della precauzione, dell'azione preventiva, della correzione, in via prioritaria alla fonte, dei danni causati all'ambiente [...]».

In ragione del citato contenuto dell'art. 3-ter, qualora il PRI dovesse configurarsi come uno strumento in grado dettare un'autonoma disciplina rispetto al PEAR, analogamente a quanto accade per quest'ultimo, dovrebbe essere oggetto di un procedimento di Valutazione ambientale strategica.

B) L'art. 10 risulta illegittimo in relazione alla Valutazione di impatto ambientale. La norma, rubricata «Valutazione preliminare dei potenziali impatti ambientali», nell'introdurre una specifica disciplina regionale da applicare all'esito della valutazione preliminare di cui all'art. 6, comma 9, del decreto legislativo n. 152 del 2006 (ai sensi del quale, il soggetto proponente puo' chiedere alla Regione una valutazione preliminare circa la procedura autorizzativa da seguire per gli interventi volti a migliorare il rendimento energetico dell'impianto in precedenza autorizzato), al relativo comma 1 dispone che le modifiche di impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile di potenza superiore ad 1 MW, qualora si tratti di interventi di integrale ricostruzione, potenziamento, rifacimento e riattivazione, sono soggetti alla procedura di «pre-screening» ai sensi dell'anzidetto art. 6, comma 9 del decreto legislativo n. 152 del 2006.

Occorre al riguardo specificare che tali disposizioni, nonche' quelle dei commi successivi del medesimo art. 10, possono riguardare solo gli impianti di competenza regionale per quanto riguarda la VIA (opere comprese negli allegati III e IV alla Parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006). In particolare, devono essere sottratti all'applicazione dell'art. 10, gli impianti eolici di potenza superiore a 30 MW (VIA di competenza statale).

Il successivo comma 2 nel dettare i criteri che devono essere applicati nella procedura di «pre-screening» ex art. 6, comma 9 del decreto legislativo n. 152 del 2006, relativi alle modifiche di impianti come specificate al comma 1, dispone che in esito a tale procedura nessuna valutazione ambientale occorre quando tali modifiche comportino una determinata percentuale di riduzione del numero di aerogeneratori o di superficie impegnata.

La suddetta previsione introduce una deroga alla disciplina della Verifica di assoggettabilita' a Via e della Via di cui al decreto legislativo n. 152 del 2006 che, all'art. 5, commi 6 e 7, individua i casi per i quali le opere e gli interventi sono soggetti, rispettivamente, a Verifica di assoggettabilita' e a Via.

Secondo la legislazione nazionale, infatti, le regioni possono esonerare gli impianti di produzione di energia da fonte rinnovabile dalla verifica di Assoggettabilita' a Via e dalla Via solamente nel caso in cui la potenza dell'impianto non superi 1 MWp e cio' e' stato deliberato gia' in passato da numerose regioni, compresa la Puglia.

L'esonero dalle citate procedure di valutazione dell'impatto ambientale anche delle iniziative di rifacimento e potenziamento degli impianti, indicando come parametro di riferimento non la soglia di potenza ma una riduzione del numero degli aerogeneratori o della superficie eccede dalla competenza delle regioni.

Analoghe considerazioni valgono per le disposizioni contenute nei commi 3, 4 e 5 del medesimo art. 10, stante la necessita' di specificare che la disciplina, per quanto riguarda gli impianti eolici, si applica solo a quelli di competenza regionale ovvero con potenza minore di 30 MW.

Come anche recentemente affermato dalla Corte costituzionale, occorre evidenziare che la normativa in tema di VIA - VAS rappresenta, «anche in attuazione degli obblighi comunitari, un livello di protezione uniforme che si impone sull'intero territorio nazionale, pur nella concorrenza di altre materie di competenza regionale» (sentenze n. 93 del 2019 e n. 198 del 2018). La Corte ha, altresi', precisato che l'art. 27-bis cod. ambiente, costituisce uno degli snodi fondamentali della riforma apportata dal decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104 (Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114); tale disposizione, infatti, rientra tra quelle «che - in attuazione degli obiettivi [...] di "semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale" e di "rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale" - determinano un tendenziale allineamento dei diversi schemi e modelli procedimentali, assegnando allo Stato l'apprezzamento dell'impatto sulla tutela dell'ambiente dei progetti reputati piu' significativi e, cosi', evitando la polverizzazione e differenziazione delle competenze che caratterizzava il previgente sistema».

L'unitarieta' e l'allocazione in capo allo Stato delle procedure relative a progetti di maggior impatto ambientale ha risposto, pertanto, «ad una esigenza di razionalizzazione e standardizzazione funzionale all'incremento della qualita' della risposta ai diversi interessi coinvolti, con il correlato obiettivo di realizzare un elevato livello di protezione del bene ambientale» (sentenze n. 93 del 2019 e n. 198 del 2018).

Il legislatore statale ha dunque riservato a se stesso, in via esclusiva, la disciplina dei procedimenti di verifica ambientale, definendo le modalita' attraverso le quali fissare un equilibrio fra gli interessi e i diversi valori coinvolti. In particolare, come detto, la disciplina della VIA e' mossa dalla necessita' di affiancare alla tutela ambientale anche la semplificazione, razionalizzazione e velocizzazione dei procedimenti: esigenze che sarebbero frustrate da interventi regionali che, incidendo sul relativo procedimento, finiscano per incidere significativamente sul relativo portato, in aperta contraddizione con le scelte del legislatore statale.

In siffatta cornice non e' casuale, a tale riguardo, che anche l'art. 7-bis, comma 8, del decreto legislativo n. 152 del 2006, pur riconoscendo uno spazio di intervento alle regioni e province autonome, ne definisca tuttavia il perimetro d'azione in ambiti specifici e puntualmente precisati. Le regioni, infatti, possono disciplinare, «con proprie leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA», stabilendo «regole particolari ed ulteriori» solo e soltanto «per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione [...] dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie» (sentenza n. 198 del 2018).

Fuori da questi ambiti, e' dunque preclusa alle regioni la possibilita' di incidere sul dettato normativo che attiene ai procedimenti di verifica ambientale cosi' come definito dal legislatore nazionale.

2. Illegittimita' costituzionale degli articoli 11, rubricato «Disciplina delle modifiche sostanziali e non sostanziali», 12, intitolato «Rinnovo del titolo abilitativo», e 16 intitolato «Disposizioni in materia di adempimenti della Giunta regionale» della legge regionale Puglia n. 34 del 23 luglio 2019, per violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione con riguardo ai principi fondamentali in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», in relazione ai decreti legislativi 29 dicembre 2003, n. 387 e 3 marzo 2011, n. 28.

L'art. 11 disciplina le modifiche sostanziali e non sostanziali ai fini dell'individuazione del regime abilitativo degli interventi in esame. La norma statale di riferimento e' l'art. 5, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011 che detta la disciplina transitoria per la semplificazione delle procedure per la modifica degli impianti esistenti identificando le fattispecie di interventi assoggettati a Procedura abilitativa semplificata (PAS).

La norma regionale in esame introduce al comma 1 una disciplina simile a quella del citato art. 5, comma 3, del decreto legislativo n. 28 del 2011, specificando che la semplificazione della PAS si applica, a date condizioni, «a prescindere dalla potenza nominale complessiva risultante dagli interventi proposti.

Tuttavia, al comma 4, lettera b) assoggetta ad autorizzazione unica (AU) le modifiche non sostanziali di impianti esistenti assentiti con Denuncia inizio attivita' (DIA), Procedura abilitativa semplificata (PAS) o Segnalazione certificata inizio attivita' (SCIA) e che «comportano la realizzazione di un impianto di potenza nominale complessiva superiore a 1 MW».

Risulta dunque contraddittorio il descritto comma 1 che assoggetta a semplificazione (PAS) dati interventi non sostanziali «a prescindere dalla potenza nominale complessiva risultante dagli interventi proposti» quando poi al comma 4 si afferma il contrario assoggettando al regime piu' gravoso dell'AU gli interventi non sostanziali che «comportano la realizzazione di un impianto di potenza nominale complessiva superiore a 1 MW».

Va sottolineato che le disposizioni dell'art. 11 della legge regionale in esame sono riconducibili alla materia «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» che, ai sensi dell'art. 117, comma 3 Cost., e' attribuita alla potesta' legislativa concorrente. Lo Stato ha dettato i principi fondamentali in detta materia con il decreto legislativo n. 79/1999 («Attuazione della direttiva 96/92/CE recante norme comuni per il mercato interno dell'energia elettrica») il decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (di attuazione della direttiva 2001/77/CE sulla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti rinnovabili) e il decreto legislativo 3 marzo 2011, n. 28 di attuazione della direttiva 2009/28/CE sulla promozione dell'uso dell'energia da fonti rinnovabili (sentenze Corte costituzionale, ex multis nn. 275/2012, 310, 308 e 107 del 2011; nn. 194, 168, 124, 120 e 119 del 2010; n. 282 del 2009; n. 364 del 2006).

I regimi di abilitazione degli impianti FER e delle relative modifiche sono sottratti alla legislazione regionale in quanto costituiscono principio fondamentale della materia, di competenza statale, per il necessario rispetto dei canoni di proporzionalita' e di adeguatezza (art. 4, decreto legislativo n. 28/2011) nonche' di esigenze di celerita' e soprattutto di omogeneita' sull'intero territorio nazionale. Cosi' come principio fondamentale della materia sono anche i termini delle procedure abilitative (art. 12, comma 4, del decreto legislativo n. 387/2003, come modificato dall'art. 5, comma 2 del decreto legislativo n. 28/2011, e art. 6, decreto legislativo n. 28/2011) (Corte cost. n. 364 del 2006, n. 282/2009, n. 124/2010).

La complessiva regolamentazione del regime abilitativo per la costruzione degli impianti a fonte rinnovabile, ivi compresa quella relativa alle procedure semplificate (PAS o Comunicazione) costituisce dunque esercizio della legislazione di principio nella predetta materia, in quanto il regime non puo' che essere lo stesso su tutto il territorio nazionale, pena l'ingiustificata discriminazione tra le iniziative economiche nelle diverse regioni del Paese (cfr. sentenze n. 119 e n. 124 del 2010; 192 e 275 del 2011; sentenza n. 99/2012).

Analoghe osservazioni vanno svolte con riferimento all'art. 12 concernente il rinnovo del titolo abilitativo. Le disposizioni ivi contenute pongono una serie di condizioni per l'ottenimento del rinnovo che non trovano alcun riscontro nella normativa nazionale, improntata, come detto, a principi di proporzionalita' e di adeguatezza (cit. art. 4, decreto legislativo n. 28/2011).

Si tratta di condizioni che comportano considerevoli aggravi per gli operatori, dal punto di vista progettuale, realizzativo e amministrativo, con conseguenti significativi oneri economici.

Tale aggravio procedimentale e' illegittimo perche' contrasta con le norme interposte e i principi fondamentali di cui agli articoli 12 del decreto legislativo n. 387 del 2003, 4 e 6 del decreto legislativo n. 28 del 2011, in tema di abilitazione degli impianti FER, con violazione quindi dei limiti della competenza della Regione in materia di «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia» ex art. 117, comma 3, Cost.

In relazione ai rilievi formulati sugli articoli 11 e 12 della legge in esame, per analoghe ragioni, e' incostituzionale anche l'art. 16, comma 1, lettera a) che rimanda alla Giunta regionale la definizione, tra l'altro, di termini per i procedimenti di cui al Capo II che ha ad oggetto i regimi della Procedura abilitativa semplificata (PAS) e dell'Autorizzazione unica (AU).

 

P.Q.M.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e difeso, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 3, 10, 11, 12 e 16 della Regione Puglia 23 luglio 2019, n. 34, intitolata «Norme in materia di promozione dell'utilizzo di idrogeno e disposizioni concernenti il rinnovo degli impianti esistenti di produzione di energia elettrica da fonte eolica e per conversione fotovoltaica della fonte solare e disposizioni urgenti in materia di edilizia, pubblicata nel Bollettino Ufficiale Puglia 25 luglio 2019, n. 84».

Con l'originale notificato del presente ricorso si deposita:   1) estratto della determinazione del Consiglio dei ministri, assunta nella seduta del 19 settembre 2019 e della relazione allegata al verbale;   2) copia della impugnata legge della Regione Puglia n. 34/2019.

Roma, 23 settembre 2019

L'Avvocato dello Stato: Mangia