RICORSO N. 84 DEL 6 AGOSTO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 6 agosto 2019.

(GU n. 38 del 18.9.2019)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;   Contro la Regione Calabria, in persona del suo Presidente pro tempore, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale della legge della Regione Calabria n. 16 del 31 maggio 2019 - Interpretazione autentica dell'articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria del 3 giugno 2019, n. 61, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 31 luglio 2019, per contrasto con gli articoli 81, 97 e 117, comma 3, della Costituzione.

 

Fatto

 

In data 3 giugno 2019 e' stata pubblicata, sul n. 61 del Bollettino Ufficiale della Regione Calabria, la legge regionale n. 16 del 31 maggio 2019, intitolata: «Interpretazione autentica dell'articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11».

Detta legge, come meglio si andra' a precisare in prosieguo, eccede dalle competenze regionali, e' violativa di previsioni costituzionali, ed invade illegittimamente le competenze dello Stato; si deve pertanto procedere con il presente atto alla sua impugnazione, affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale con conseguente annullamento, sulla base delle seguenti considerazioni in punto di

 

Diritto

 

1. Con l'art. 1 della legge regionale n. 11/2015 la Regione Calabria prevedeva un'ampia serie di misure collegate alla manovra di finanza regionale, per il contenimento della spesa attraverso la riduzione dei costi e il miglioramento dell'efficienza. Dette misure, esplicantisi nell'esercizio nei sensi normativamente indicati da parte dell'Amministrazione regionale dei poteri propri dei soci, riguardavano le societa' in house providing e le societa' controllate direttamente o indirettamente dalla Regione, tenute ad attenersi appunto ad una serie di stringenti disposizioni. Negli anni seguenti (2015, 2016, 2018) la norma era oggetto di una serie di interventi modificativi e additivi.

2. Ora, con la legge n. 16 del 31 maggio 2019 - Interpretazione autentica dell'articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria del 3 giugno 2019, n. 61 che oggi si impugna, la Regione interviene nuovamente sulla disposizione stessa.

La novella esplicitamente prevede, all'art. 1, che «l'articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11 (Provvedimento generale recante norme di tipo ordinamentale e procedurale Collegato alla manovra di finanza regionale per l'anno 2015), si interpreta nel senso che esso non si applica alle societa' "in house providing" e alle societa' controllate, direttamente o indirettamente, dalla Regione Calabria o dai propri enti strumentali che operano prevalentemente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale».

Il successivo art. 2 dispone che «per le societa' di cui all'articolo 1 la Regione Calabria applica esclusivamente le disposizioni normative statali in materia, con particolare riferimento all'articolo 19 del decreto legislativo 19 agosto 2016, n. 175 (Testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica)».

L'art. 3, infine, afferma che «dall'attuazione della presente legge non derivano nuovi o maggiori oneri finanziari a carico del bilancio regionale». Orbene, cosi' disponendo la legge regionale viola le prescrizioni costituzionali e deve pertanto essere annullata.

3. Giova evidenziare, in primo luogo, che, come appena detto, l'articolo della legge del 2015 - ora asseritamente oggetto di interpretazione autentica - contemplava, quale ambito di applicazione, (tutte) le societa' in house providing e le societa' controllate direttamente o indirettamente dalla Regione, senza alcuna distinzione entro quell'ambito.

Le disposizioni sopravvenute, e sopra riportate, che si autoqualificano appunto quali norme di «interpretazione autentica» (e, pertanto, retroattive), contemplano invece solo alcune tra dette societa' (quelle che operano prevalentemente nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale), ed escludono l'applicabilita' ad esse dell'art.1 della legge regionale n. 11/2015; per quei soggetti trovano invece applicazione - evidentemente ab origine, come predica l'art. 2, «esclusivamente le disposizioni normative statali in materia».

4. Ora, appare invece di piena evidenza che la legge che si impugna - in assenza di qualsivoglia contrasto giurisprudenziale o incertezza interpretativa sul testo approvato nel 2015, e, anzi, vistane la assoluta chiarezza, non puo' qualificarsi quale norma di interpretazione autentica, a nulla rilevando, come noto, la qualificazione impressa dal legislatore: di tal che essa deve ritenersi norma certamente innovativa ed avente efficacia ex nunc, e con essa non puo' dunque perseguirsi l'inequivoco intento del legislatore regionale, che e' quello di sottrarre le societa' operanti nel settore dei servizi di trasporto pubblico locale al rigoroso regime posto nel 2015, di fatto disapplicando ex post quelle complesse disposizioni.

5. Tale volonta' si pone d'altro canto sotto piu' profili in contrasto con il dettato costituzionale.

E' agevole rilevare, in primo luogo, le differenze intercorrenti tra il regime posto dalla legge regionale del 2015 e quello contenuto nel testo unico in materia di societa' a partecipazione pubblica approvato nel 2016.

La norma che risulterebbe (oggi, «ora per allora») non piu' applicabile prevedeva, tra l'altro, un complesso procedimento per l'adozione di provvedimenti incidenti sulla spesa per il personale, nonche', in caso di mancato rispetto delle disposizioni finalizzate («immediatamente») alla riduzione dei costi, una serie di stringenti rimedi, comprendenti anche misure lato sensu sanzionatorie.

Completamente diverso - e molto piu' «blando» - e' il sistema posto in essere dal legislatore nazionale, che e' d'altro canto intervenuto con normativa (il citato testo unico, contenente in particolare il richiamato art. 19, che sembra ad un primo esame letterale l'unica disposizione - «esclusivamente» - applicabile), entrata in vigore in una data successiva alla legge regionale: di tal che non e' agevole nemmeno comprendere se, fino all'entrata in vigore della norma statale (che e' da escludere possa avere avuto a sua volta efficacia retroattiva ai fini che qui interessano), si applichi, in ipotesi, altra normativa statale previgente, peraltro non individuata, o se piuttosto - come sembrerebbe ragionevole concludersi - nessuna norma sul contenimento della spesa per le societa' regionali di cui si discute sia stata applicabile (pur nel silenzio della norma regionale quanto alla richiamata distinzione) in quell'intervallo temporale.

In ogni caso, non e' dato sapere se e in che misura le disposizioni regionali abbiano trovato applicazione nel periodo intercorrente tra il 2015 e l'approvazione della nuova legge anche per le societa' in discussione, e che sorte debbano oggi seguire gli eventuali provvedimenti adottati.

Sotto altro, connesso profilo, poi, la «disapplicazione» delle norme contenute nella legge, al di la' della del tutto generica e di per se' insufficiente, rituale previsione di cui all'art. 3 della legge che si impugna, non puo' non comportare pesanti oneri finanziari per l'Ente territoriale, nel momento in cui sottrae (retroattivamente) un consistente nucleo di societa' regionali alle severe misure di contenimento della spesa. Appare di piena evidenza che dalla situazione cosi' venutasi a creare deriveranno effetti negativi (non esattamente quantificabili) sul bilancio regionale: e non puo' essere certamente sufficiente a compensarli un parimenti generico riferimento ad altre, diverse disposizioni - meno restrittive ed operanti a tutto voler concedere da meta' del 2016 - quali quelle di cui all'art. 2 (che richiama il gia' menzionato art. 19 del testo unico).

Sembra fuor di dubbio, quindi, che, cosi' provvedendo, oltre ad ingenerare una indubitabile incertezza sulle disposizioni applicabili, il legislatore regionale ha violato i principi di buon andamento dell'Amministrazione (art. 97 della Costituzione), ha posto una normativa che comporta a carico del bilancio regionale (puo' ipotizzarsi, addirittura, retroattivamente) oneri privi di copertura (art. 81 della Costituzione), ha violato, infine, l'art. 117, comma 3: pur sussistendo infatti una competenza legislativa concorrente in materia, le norme introdotte si pongono in evidente contrasto con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di coordinamento della finanza pubblica rimuovendo tra l'altro ingiustificatamente delle misure volte al contenimento della spesa.

L'intera legge impugnata viola pertanto gli articoli 81, 97 e 117 della Carta fondamentale e dovra' essere dichiarata incostituzionale.

 

P.Q.M.

 

Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittima, e conseguentemente annullare, la legge della Regione Calabria n. 16 del 31 maggio 2019 - Interpretazione autentica dell'articolo 1 della legge regionale 27 aprile 2015, n. 11, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Calabria del 3 giugno 2019, n. 61, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 31 luglio 2019, per contrasto con gli articoli 81, 97 e 117, comma 3, della Costituzione.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:   1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri 31 luglio 2019;   2. copia della legge regionale impugnata;   3. rapporto del Dipartimento degli affari regionali;   Con ogni salvezza.

Roma, 1° agosto 2019

L'Avvocato dello Stato: Salvatorelli