RICORSO N. 43 DELL'8 MARZO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'8 marzo 2019.

(GU n. 22 del 29.5.2019)

 

Ricorso ai sensi dell'art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri in carica, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato (codice fiscale 80224030587, n. fax 0696514000 e PEC per il ricevimento degli atti ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it) nei cu uffici e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi, 12;   Contro la Regione Sardegna, in persona del presidente della regione pro tempore, domiciliato per la carica presso la sede della Regione in Cagliari, viale Trento 69 (c.a.p. 09123) per l'impugnazione della legge della Regione Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 pubblicata sul B.U.R n. 2 del 28 dicembre 2018 recante: «Legge di stabilita' 2019», quanto agli articoli 4 comma 26, 8 comma 18, 8 comma 34, 8 comma 35, 9, 3 comma 1, 3 comma 6, 8 comma 31, 10 comma 10, come da delibera del Consiglio dei ministri adottata nella seduta n. 47 del 27 febbraio 2019.

 

Fatto

 

In data 28 dicembre 2018 e' stata pubblicata sul B.U.R. n. 2 della Regione Sardegna la legge regionale 28 dicembre 2018, n. 48 intitolata «Legge di stabilita' 2019».

Premesso che ai sensi dello Statuto regionale sardo la Regione esercita la propria potesta' legislativa «in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico sociali della Repubblica», si osserva che numerose disposizioni della predetta legge regionale appaiono costituzionalmente illegittime per i seguenti     Motivi

 

1. Illegittimita' costituzionale dell'art. 4, comma 26, per violazione dell'art. 3 della Costituzione.

L'art. 4, comma 26, dell'indicata legge regionale inserisce un comma 2-bis nel corpo dell'art. 3 della legge regionale n. 35 del 1995 che dispone che «L'Azienda regionale per l'edilizia abitativa (AREA) e' autorizzata, con il medesimo spirito di sussidiarieta' e nell'ottica di valorizzare l'interesse pubblico e sociale prevalente, ad alienare a prezzo simbolico alle Onlus riconosciute dalla Regione, iscritte nel Registro generale di volontariato previsto dalla legge regionale 13 settembre 1993, n. 39 (Disciplina dell'attivita' di volontariato e modifiche alla legge regionale 25 gennaio 1988, n. 4, e alla legge regionale 17 gennaio 1989, n. 3), detentrici da almeno tre anni continuativi, gli immobili di proprieta' in cui siano svolte  attivita' di valenza sociale e assistenziale, di aggregazione giovanile e di assistenza all'infanzia e alla terza eta'».

Una previsione normativa di tal sorta, che attribuisce un trattamento di favore unicamente agli enti del Terzo settore riconosciuti dalla Regione Sardegna ed iscritti nei suoi registri, trascura tutta la platea delle associazioni di promozione sociale che, pur operando nel medesimo ambito territoriale, risultano iscritte nel registro nazionale, conformemente alla disciplina degli articoli 7 e 8 della legge n. 383/2000 e del decreto ministeriale n. 471 del 14 novembre 2001. Ne conseguirebbe, quindi, un'ingiustificata discriminazione per le Onlus a carattere nazionale, immotivatamente escluse - in violazione del principio di uguaglianza espresso dall'art. 3 della Costituzione - dal godimento delle agevolazioni concesse ai soli enti filantropici riconosciuti dalla Regione Sardegna. Una tale disparita' risulta ancor piu' ingiustificata alla luce del dettato normativo espresso dall'art. 7, comma 3, della legge n. 383/2000, laddove viene esplicitamente ribadito che «L'iscrizione nel registro nazionale delle associazioni a carattere nazionale comporta il diritto di automatica iscrizione nel registro medesimo dei relativi livelli di organizzazione territoriale e dei circoli affiliati mantenendo a tali soggetti i benefici connessi alla iscrizione nei registri di cui al comma 4» (vale a dire quelli di regioni e province autonome).

Si segnala ad ogni buon fine che per analoga questione il Consiglio del Ministri, con delibera del 24 gennaio 2019, ha deciso di impugnare davanti alla Consulta la legge della Regione Basilicata n. 43 del 30 novembre 2018.

2. Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 18 per violazione degli articoli 3 e 118 della Costituzione, anche in relazione al parametro interposto costituito dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore).

L'art. 8, comma 18 autorizza l'erogazione di contributi in favore delle associazioni Onlus «operanti nelle attivita' di distribuzione di beni di prima necessita' e favore degli indigenti, per sostenerne i costi di locazione di immobili adibiti in via esclusiva o principale ad esercizio di attivita' sociali.»   Appaiono cosi' esclusi ad es. i soggetti aventi forma giuridica diversa da quella associativa e ugualmente provvisti della qualifica di Onlus o le associazioni che pur svolgendo tali attivita' sono privi della qualifica fiscale di Onlus.

La disposizione comporta una lesione del principio di uguaglianza sostanziale di cui all'art. 3 Cost., in considerazione della disparita' di trattamento, del tutto ingiustificata, rispetto ai soggetti teste' indicati.

Sotto altro profilo, la norma regionale, limitando l'erogazione dei contributi alla sola specifica categoria di soggetti in essa indicata, e' in contrasto con l'art. 118 Cost. in materia di sussidiarieta' orizzontale che assegna agli enti territoriali il compito di favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivita' di interesse generale, anche in considerazione delle disposizioni del Codice del Terzo settore, tutte coerentemente volte ad assicurare la partecipazione piu' ampia possibile, in condizioni di parita', di tutti gli «enti del terzo settore» elencati nel suo art. 4.

3. Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 34, per violazione degli articoli 3 e 118, ultimo comma della Costituzione anche in relazione al parametro interposto costituito dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore).

L'art. 8, al comma 34 limita la concessione dei contributi per la sterilizzazione dei cani e la prevenzione del randagismo alle sole associazioni di volontariato iscritte nel registro regionale e alle cooperative sociali che si occupano statutariamente di randagismo, escludendo le associazioni di promozione sociale che svolgono le medesime attivita' di tutela degli animali e prevenzione del randagismo ai sensi dell'art. 5, comma 1, lettera e) del Codice del terzo settore e della legge n. 281/1991 (la quale non fa riferimento solo alle associazioni di volontariato ma anche alle associazioni protezioniste e zoofile e al loro personale volontario). Si rammenta che ai sensi del Codice del terzo settore anche le associazioni di promozione sociale svolgono le proprie attivita' con apporto prevalente dei volontari associati; e che tra le associazioni di promozione sociale iscritte al Registro nazionale delle APS vi e' ad esempio la Lega nazionale per la difesa del cane.

Alla luce di quanto detto, si ritiene che la disposizione regionale impugnata contrasti anzitutto con l'art. 3 della Costituzione, provocando una disparita' di trattamento ingiustificata rispetto alle associazioni di protezione sociale.

Sotto altro profilo, la norma regionale, limitando l'erogazione dei contributi alla sola specifica categoria di soggetti in essa indicata ed escludendola per soggetti pur previsti dal Codice del Terzo settore e svolgenti attivita' analoghe, e' in contrasto con l'art. 118 Cost. in materia di sussidiarieta' orizzontale che assegna agli enti territoriali il compito di favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivita' di interesse generale.

4. Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 35, per violazione degli articoli 3 e 118 ultimo comma della Costituzione, anche in relazione al parametro interposto costituito dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore).

L'art. 8, al comma 35 limita la concessione di contributi per assistenza veterinaria e sterilizzazione dei gatti esclusivamente alle «associazioni di tutela degli animali d'affezione iscritte nel registro generale del volontariato previsto dalla legge regionale n. 39 del 1993». La disposizione introduce in tal modo una limitazione irragionevole e discriminatoria nei confronti di altri soggetti pertanto contrasta con il Codice del Terzo settore e viola gli articoli 3 e 118 Cost.;

5. Illegittimita' costituzionale dell'art. 9 per violazione degli articoli 3 e 118 ultimo comma della Costituzione, anche in relazione al parametro interposto costituito dal decreto legislativo 3 luglio 2017, n. 117 (Codice del Terzo settore).

L'art. 9, relativo alla prevenzione e contrasto della violenza di genere prevede il finanziamento dei centri antiviolenza promossi da enti, Onlus e organizzazioni di volontariato escludendo da tali attivita' le associazioni di promozione sociale.

Tale esclusione non e' motivata e quindi appare lesiva dell'articoli 3 della Costituzione.

Sotto altro profilo, la norma regionale, limitando l'erogazione dei contributi alla sola specifica categoria di soggetti in essa indicata ed escludendola per soggetti pur previsti dal Codice del Terzo settore e svolgenti attivita' analoghe, e' in contrasto con l'art. 118 Cost. in materia di sussidiarieta' orizzontale che assegna agli enti territoriali il compito di favorire l'autonoma iniziativa dei cittadini, singoli e associati, per lo svolgimento di attivita' di interesse generale.

6. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 1, per violazione dell'art. 81 della Costituzione.

L'art. 3, comma 1 - prevede che, nelle more della stipula dell'accordo di finanza pubblica tra Io Stato e la Regione autonoma della Sardegna concernente la definitiva quantificazione del concorso agli obiettivi di finanza pubblica della Regione per gli anni 2019-2021 e in ossequio alla sentenza della Corte costituzionale n. 77 del 2015, sono accertati e impegnati in favore dello Stato euro 250.245.000 per ciascuno degli anni 2019, 2020 e 2021, a titolo di contributo alla finanza pubblica a valere sulle quote di compartecipazione ai tributi erariali.

Il predetto importo di euro 250.245.000, determinato senza tener conto del concorso di cui all'articolo 16, comma 3, del decreto-legge n. 95/2015, pari ad euro 285.309.000, risulta sottostimato per euro 446.000 annui.

Nel merito, si segnala che l'art. 1, comma 875, della legge 30 dicembre 2018, n. 145, pone a carico della Regione, nelle more dell'Accordo con lo Stato, il contributo alla finanza pubblica pari a complessivi 536 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021. In particolare, il contributo normato mantiene sostanzialmente inalterato il livello di concorso alla finanza pubblica previsto dalla legislazione previgente (ivi compreso quello previsto dall'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95/2015 oggetto della sentenza n. 77 del 2015), nelle more della ridefinizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione mediante la conclusione di apposito accordo.

Cio' posto, si rappresenta che la Corte costituzionale con la recente sentenza n. 6 del 2019 ha censurato il ritardo dello Stato nell'attuazione della precedente sentenza n. 77 del 2015 (che ha circoscritto temporalmente all'anno 2017 il concorso alla finanza pubblica previsto dal citato art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95/2012), affermando la necessita' di tener conto, nella sostanza e non solo nella formale petizione di principio, dell'esigenza attuativa della sentenza n. 77 del 2015.

Premesso che sono stati avviati confronti tra lo Stato e la Regione Sardegna per addivenire alla stipula di una intesa diretta ad «una diversa modulazione dei flussi finanziari» che tenga conto dei criteri sanciti dalla Corte costituzionale nella sentenza richiamata, si rappresenta che la norma in esame genera minori entrate per il bilancio dello Stato prive di idonea copertura finanziaria per 285.309 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2019 al 2021.

Tanto premesso, considerata la portata applicativa della richiamata sentenza n. 6 del 2019, in assenza della preventiva copertura finanziaria prevista dall'art. 17, comma 13, della legge n. 196 del 2009, si ritiene che la disposizione sia lesiva dell'art. 81 della Costituzione.

7. Illegittimita' costituzionale dell'art. 3, comma 6, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera e) della Costituzione, in relazione ai principi contabili dettati dal decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118.

L'art. 3, comma 6 prevede che il disavanzo di cui al comma 1 dell'art. 2 della legge regionale n. 40 del 2018, pari ad euro 680,712 milioni, non costituisce impedimento ai fini dell'utilizzo del margine corrente consolidato quale copertura degli investimenti pluriennali. Al riguardo, si rileva che tale disposizione non risulta conforme alla disciplina dettata in materia di copertura degli investimenti pluriennali dal decreto legislativo n. 118/2011, in quanto la stessa consente alla Regione di utilizzare, in deroga al principio contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria di cui al punto 5.3 (allegato 4/2 al decreto legislativo n. 118/2011), il saldo positivo dell'equilibrio di parte corrente in termini di competenza finanziaria, risultante dal prospetto degli equilibri allegato al bilancio di previsione, pur avendo registrato un disavanzo di amministrazione in entrambi gli ultimi due esercizi di riferimento (anni 2017 e 2018). In altri termini, la norma regionale in esame non considera come effettivo disavanzo regionale il disavanzo generato dall'accantonamento al risultato di amministrazione delle perdite del sistema sanitario regionale, pari a complessivi euro 680.712.119,30, registrato nell'esercizio finanziario 2017, di cui all'art. 2, comma 1, della legge regionale n. 40 del 2018.

Il decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118 - principio generale della competenza finanziaria - prevede che puo' costituire copertura agli investimenti imputati all'esercizio in corso, secondo le modalita' individuate nel principio applicato della contabilita' finanziaria, il saldo positivo dell'equilibrio di parte corrente in termini di competenza finanziaria, risultante dal prospetto degli equilibri allegato al bilancio di previsione.

In particolare, va evidenziato che in caso di disavanzo di amministrazione registrato negli ultimi due esercizi (se l'esercizio precedente non e' ancora stato rendicontato, si fa riferimento alla situazione risultante dal prospetto concernente il risultato di amministrazione presunto) il margine corrente consolidato non puo' costituire copertura degli impegni concernenti investimenti imputati agli esercizi successivi. Ai fini di tale riscontro si considera il risultato di amministrazione determinato tenendo conto degli accantonamenti, dei vincoli e delle risorse destinate, mentre non rileva il disavanzo costituito esclusivamente da maggiore disavanzo derivante dal riaccertamento straordinario dei residui, da disavanzo tecnico e da debito autorizzato e non contratto dalle regioni.

Inoltre, fino a quando il piu' vecchio degli ultimi due esercizi non e' stato rendicontato il margine corrente consolidato non puo' costituire copertura degli impegni concernenti investimenti imputati agli esercizi successivi.

La deroga normata dalla Regione si pone in contrasto con le modalita' di copertura degli investimenti sopra indicate, come definite dal principio contabile generale della competenza finanziaria, dal principio contabile applicato concernente la contabilita' finanziaria e dal principio contabile generale della prudenza, da applicarsi in modo da garantire che la copertura delle spese di investimento, in particolare quelle imputate agli esercizi successivi, risulti «credibile, sufficientemente sicura, non arbitraria o irrazionale, in equilibrato rapporto con la spesa che si intende effettuare in esercizi futuri».

Per le argomentazioni sopra riportate, si ritiene che la disposizione debba essere annullata da codesta ecc.ma Corte costituzionale. Essa, infatti, si pone in contrasto con i principi contabili generali della competenza finanziaria e della prudenza che costituiscono parte integrante del decreto legislativo 23 giugno 2011, n. 118, confliggendo con l'art. 117, secondo comma, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'armonizzazione dei sistemi contabili e degli schemi di bilancio delle regioni.

8. Illegittimita' costituzionale dell'art. 8, comma 31, per violazione dell'art. 117, terzo comma della Costituzione, in relazione alle disposizioni dettate dall'art. 23, comma 2, del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.

L'art. 8, comma 31 dispone uno specifico stanziamento di risorse, nelle annualita' 2019, 2020 e 2021, per garantire al personale non dirigente del servizio sanitario regionale un'integrazione del trattamento accessorio, finalizzata in maniera prioritaria quale incentivo per lo smaltimento delle liste d'attesa.

Al riguardo, si fa presente che la disposizione in esame, ponendosi in contrasto con l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017, oltre a essere suscettibile di determinare maggiori oneri si pone in contrasto con l'art. 117, terzo comma, della Costituzione, atteso che le vigenti disposizioni in materia di contenimento della spesa delle Amministrazioni, ivi incluse quelle degli enti del Servizio Sanitario nazionale, si configurano quali principi di coordinamento della finanza pubblica.

9. Illegittimita' costituzionale dell'art. 10, comma 10, per violazione dell'art. 117, secondo comma, lettera L) della Costituzione, in relazione alle disposizioni dettate dall'art. 23, comma 2 del decreto legislativo 25 maggio 2017, n. 75.

L'art. 10, comma 10 dispone che, a seguito del trasferimento del personale delle autonomie locali nell'amministrazione regionale e in deroga a quanto disposto dal comma 5 dell'art. 70 della legge regionale n. 2/2016, i fondi per la retribuzione di posizione, per la retribuzione di rendimento, per il lavoro straordinario e per le progressioni dell'Amministrazione regionale sono incrementati a decorrere dall'esercizio finanziario 2019. Parimenti vengono rideterminati i fondi per la retribuzione accessoria del personale delle Amministrazioni di provenienza, mentre rimangono invariati il fondo unico di cui all'art. 10 della legge regionale n. 2/2007 e il contributo annuo previsto dall'art. 25 della legge regionale n. 7/2005. Al riguardo, considerato che la citata normativa in tema di salario accessorio fissa dei valori assoluti di incremento del fondo, che non consentono di comprendere, in assenza di relazione tecnica, in che misura tale incremento sia correlato al trasferimento di personale, si ritiene che la disposizione debba essere annullata da codesta ecc.ma Corte costituzionale. La disposizione regionale impugnata, infatti, si pone in contrasto con l'art. 23, comma 2, del decreto legislativo n. 75/2017 - che rappresenta una cornice di regolazione in materia di contrattazione integrativa che tutte le pubbliche amministrazioni devono rispettare - confliggendo con l'art. 117, secondo comma, lettera L), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato l'ordinamento civile e, quindi i rapporti di diritto privato regolabili dal Codice civile.

Per quanto sopra esposto, si ritiene, pertanto, di promuovere la questione di legittimita' costituzionale della legge regionale in esame e si chiede che

 

P.Q.M.

 

Voglia codesta ecc.ma Corte costituzionale dichiarare costituzionalmente illegittima e conseguentemente annullare la legge della Regione Sardegna 28 dicembre 2018, n. 48 pubblicata sul B.U.R n. 2 del 28 dicembre 2018, recante: «Legge di stabilita' 2019», quanto agli articoli 4 comma 26, 8 comma 18, 8 comma 34, 8 comma 35, 9, 3 comma 1, 3 comma 6, 8 comma 31, 10 comma 10, come da delibera del Consiglio dei ministri adottata nella seduta n. 47 del 27 febbraio 2019.

Con l'originale del ricorso si depositeranno:   1. copia della legge regionale Sardegna n. 48 del 2018;   2. estratto della delibera del Consiglio dei ministri del 27 febbraio 2019.

Roma, 28 febbraio 2018

Il Vice Avvocato generale dello Stato: Pignatone