RICORSO N. 42 DELL'8 MARZO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'8 marzo 2019.

(GU n. 22 del 29.5.2019)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato c.f. 80224030587, fax 06/96514000 e PEC roma@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;   nei confronti della Regione Puglia, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 15, 61, 66, 72, 86, 93 e 102 della legge della Regione Puglia n. 67 del 28 dicembre 2018, pubblicata sul B.U.R n. 165 del 31 dicembre 2018, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilita' regionale 2019)», giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 27 febbraio 2018.

Con la legge regionale n. 67 del 28 dicembre 2018 indicata in epigrafe, che consta di cento diciassette articoli, la Regione Puglia ha emanato le «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilita' regionale 2019)».

E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, gli articoli 15, 61, 66, 72, 86, 93 e 102 della legge della Regione Puglia n. 67/2018 citata, la Regione Puglia abbia ecceduto dalla propria competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti

 

Motivi

 

1. L'art. 15 della legge Regionale 28 dicembre 2018, n. 67 citata viola gli articoli 9 e 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

L'art. 15 citato, recante «Ulteriori contesti paesaggistici.

Sistema sanzionatorio», dispone che «1. Fatte salve le eventuali sanzioni penali applicabili, chiunque realizzi interventi in aree individuate ai sensi dell'art 143, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137), come ulteriori contesti senza la previa sottoposizione agli strumenti di controllo preventivo previsti nel medesimo piano paesaggistico o in difformita' al provvedimento autorizzativo rilasciato dall'autorita' competente all'esperimento della procedura di verifica, e' soggetto al pagamento di una sanzione pecuniaria.

L'entita' della sanzione e' determinata sulla base della maggior somma tra il danno arrecato e il profitto conseguito, da calcolare ai sensi del decreto del Ministro per i beni culturali e ambientali del 26 settembre 1997. 2. All'accertamento degli illeciti amministrativi di cui al comma 1 concorre la Sezione vigilanza ambientale della regione Puglia. 3. La Regione, ai fini dell'accertamento degli illeciti amministrativi di cui al comma 1, puo' avvalersi del supporto, previa stipula di specifica convenzione, del Comando unita' per la tutela forestale ambientale e agroalimentare dei Carabinieri.

4. All'irrogazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 1 provvede il Presidente della Regione Puglia ovvero il legale rappresentante dell'ente delegato a norma della legge regionale 7 ottobre 2009, n. 20 (Norme per la pianificazione paesaggistica), ove individuato. 5. I proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative di cui al comma 1 sono destinati alla salvaguardia nonche' alla realizzazione di interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. 6. Le somme introitate dalla Regione a seguito dell'irrogazione delle sanzioni di cui al comma 1 sono iscritte nel bilancio regionale autonomo, parte entrata, nell'ambito del titolo 3, tipologia 200, e destinate nel bilancio regionale autonomo, parte spesa, nell'ambito della missione 9, programma 5, titolo 2, alla salvaguardia nonche' alla realizzazione di interventi di recupero dei valori paesaggistici e di riqualificazione degli immobili e delle aree degradati o interessati dalle rimessioni in pristino. 7. Per il triennio 2019-2021, nel bilancio regionale autonomo, parte entrata, nell'ambito del titolo 3, tipologia 200 e parte spesa, nell'ambito della missione 9, programma 5, titolo 2, e' assegnata una dotazione finanziaria per l'esercizio finanziario 2019, in termini di competenza e cassa, di euro 5 mila.

La medesima dotazione finanziaria, in termini di competenza, e' assegnata per ciascuno degli esercizi finanziari 2020 e 2021.».

L'art. 15 introduce, quindi, un sistema sanzionatorio riferito agli interventi realizzati sugli «ulteriori contesti paesaggistici» di cui all'art. 143, comma 1, lettera e), del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, «Codice dei beni culturali», norma che in materia di «piano paesaggistico» riserva allo Stato «l'individuazione di eventuali ulteriori contesti diversi da quelli indicati dall'art. 134, da sottoporre a specifiche misure di salvaguardia e utilizzazione.»   L'art. 134 definisce, infatti, i beni paesaggistici.

In tal modo la norma impugnata viola la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di paesaggio, di cui agli articoli 9 e 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

Va ricordato che, per costante giurisprudenza costituzionale, la materia ambiente e' «trasversale» e «prevalente», spettando allo Stato la competenza a fissare i livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale.

Il carattere trasversale della materia de quo, legittima le regioni solo a provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non interferisce sulla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (sentenza n. 249 del 2009).

La giurisprudenza costituzionale, infatti, e' costante nell'affermare, da un lato, che la materia «tutela dell'ambiente» rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, appunto, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e inerisce a un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto; dall'altro, che si tratta di una «materia trasversale», titolo che legittima lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un valore costituzionalmente protetto, anche in «campi di esperienza» - le cosiddette «materie» in senso proprio - attribuiti alla competenza legislativa regionale.

Ne deriva che le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le regioni, anche a statuto speciale, e le province autonome, dettano nei settori di loro competenza, essendo a esse consentito soltanto, eventualmente, incrementare i livelli della tutela ambientale, senza, pero', compromettere il punto di equilibrio fra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma statale (ex multis sentenza n. 197 del 2014, punto 3.2. del Considerato in diritto).

Va ricordato che la giurisprudenza costituzionale ha accolto una interpretazione estensiva del termine paesaggio, che, sulla base di una «concezione aperta» del medesimo, si e' accomunata nella qualificazione dell'ambiente come valore costituzionale e nell'affermazione, da parte della giurisprudenza costituzionale e anche da parte della dottrina, della tutela dell'ambiente-paesaggio rimessa in via esclusiva allo Stato.

La norma impugnata viola, pertanto, gli articoli 9 e 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

2. Gli articoli 61, 66, 86 e 93 della legge regionale 28 dicembre 2018, n. 67 citata violano l'art. 117, comma 3, della Costituzione in relazione all'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311.

L'art. 61, rubricato «Disposizioni in materia di Servizio sanitario regionale», dispone che «Nell'ambito del Fondo sanitario regionale, con l'adozione del D.I.E.F. e' destinata una dotazione finanziaria di euro 400 mila per assicurare il rimborso delle spese delle associazioni di volontariato impegnate nei centri di orientamento oncologico (Coro) della Rete oncologica regionale».

Il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 12 gennaio 2017, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale n. 65 del 18 marzo 2017, recante «Definizione e aggiornamento dei livelli essenziali di assistenza, di cui all'art. 1, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502», non prevede affatto tale rimborso.

L'intervento previsto dall'art. 61 citato integra, pertanto, un livello ulteriore di assistenza che la Regione Puglia, essendo impegnata nel Piano di rientro dal disavanzo sanitario, non puo' garantire.

L'art. 66, «Sostegno ai comuni per la costruzione o il risanamento dei canili sanitari», prevede che «1. Al fine di dare piena attuazione, in aderenza alle previsioni dell'art. 8 della legge 14 agosto 1991, n. 281 (legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo), alle finalita' e ai principi previsti dagli articoli 8 e 9 della legge regionale 3 aprile 1995, n. 12 (Norme per la tutela degli animali d'affezione e prevenzione del randagismo), e in ragione della necessita' di potenziare la lotta al randagismo attraverso la realizzazione e/o ristrutturazione da parte dei comuni di canili sanitari, nel bilancio regionale autonomo, nell'ambito della missione 13, programma 7, titolo 2, e' assegnata una dotazione finanziaria per l'esercizio finanziario 2019, in termini di competenza e cassa, di euro 500 mila. 2. Il finanziamento regionale potra' essere concesso ai comuni che ne faranno richiesta per procedere alla realizzazione e/o ampliamento di canili sanitari, di proprieta' comunale nell'ambito del proprio territorio comunale, quale misura diretta a potenziare la lotta al randagismo, l'erogazione di finanziamenti regionali, gravanti su risorse di natura sanitaria (missione 13), a favore dei comuni richiedenti per procedere alla realizzazione e/o ampliamento di canili di proprieta' comunale.»   Si tratta anche in questo caso di un intervento non riconducibile a quelli previsti dal citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017. L'art. 86, «Disposizioni in materia di assistenza psicologica», prevede che «1. Al fine di fronteggiare l'aumento della prevalenza dell'incidenza di patologie, disturbi e disagi psicosociali, la Regione impegna i direttori generali delle ASL a potenziare l'assistenza psicologica nei dipartimenti salute mentale (DSM), nei distretti, nei dipartimenti delle dipendenze patologiche, nella riabilitazione dei deficit fisici, psichici e sensoriali e nelle aree ospedaliere critiche. 2. A tal fine la Giunta regionale destina nel D.I.E.F. una somma pari a euro un milione nell'ambito dell'utilizzo del Fondo sanitario regionale.»   L'art. 86, prevedendo di destinare un milione di euro per il potenziamento dell'assistenza psicologica nelle ASL, impegna a tal fine i direttori generali aziendali, senza che, pero', il Programma Operativo 2016-2018 della Regione Puglia preveda espressamente e specificamente tali azioni.

L'art. 93, «Contributi straordinari per la sterilizzazione dei cani patronali», prevede che «1. Al fine di potenziare la lotta al randagismo sono concessi contributi straordinari ai comuni per la realizzazione di campagne di sterilizzazione di cani patronali. Per la predetta finalita', nel bilancio regionale autonomo, nell'ambito della missione 13, programma 7, titolo 1, e' assegnata una dotazione finanziaria per l'esercizio finanziario 2019, in termini di competenza e di cassa di euro 100 mila. 2. Con deliberazione della Giunta regionale, da emanarsi entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabilite le modalita' per l'accesso e la rendicontazione delle risorse di cui al comma 1.»   Si tratta, quindi, di una previsione che attiene alla concessione di contributi straordinari, gravanti sempre nell'ambito della missione 13, per la realizzazione di campagne di sterilizzazione di cani patronali.

Il citato decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2017 contempla, invece, tali campagne esclusivamente per cani e gatti randagi.

Gli articoli 61, 66, 86 e 93 citati, configurando misure di assistenza supplementari, tutte - pur nella loro diversita' contenutistica - accomunate dalla circostanza di non essere riconducibili ai livelli essenziali di prestazione fissati a livello nazionale, incidono sugli obblighi assunti dalla Regione Puglia in sede di Piano di rientro per il disavanzo sanitario.

Alle regioni impegnate in Piani di Rientro dal disavanzo sanitario, e' vietato effettuare spese non obbligatorie, espressamente previsto dall'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311, contenente le «Disposizioni per la formazione del bilancio annuale e pluriennale dello Stato (legge finanziaria 2005)».

L'autonomia legislativa concorrente delle regioni in materia di tutela della salute e, in particolare, nell'ambito della gestione del servizio sanitario, trova dei limiti in ragione degli obiettivi della finanza pubblica e del contenimento della spesa, specie «in un quadro di esplicita condivisione da parte delle regioni della assoluta necessita' di contenere i disavanzi del settore sanitario» (sentenza n. 104/2013).

Le norme indicate in epigrafe, nel disporre l'assunzione a carico del bilancio regionale di oneri aggiuntivi per garantire un livello di assistenza supplementare, violano il principio di contenimento della spesa pubblica sanitaria, quale principio di coordinamento della finanza pubblica, la cui determinazione e' riservata allo Stato in base all'art. 117, comma 3, della Costituzione.

Va, inoltre, precisato che non risultano finora presentati dalla Regione Puglia i programmi operativi per il triennio 2019-2021, funzionali alla prosecuzione e all'adeguamento dell'originale piano di rientro, nonche' alla attribuzione, in termini di competenza e di cassa, delle risorse finanziarie gia' previste a legislazione vigente e condizionate alla piena attuazione del Piano (ai sensi dell'art. 1, comma 1, del decreto-legge 31 maggio 2010, n. 78, convertito con modificazioni con la legge 30 luglio 2010, n. 122).

Gli articoli 61, 66, 86 e 93 citati dispongono finanziamenti che la Regione Puglia, essendo sottoposta a Piano di rientro, non puo' eseguire, stante il divieto di effettuare spese non obbligatorie, ai sensi dell'art. 1, comma 174, della legge 30 dicembre 2004, n. 311 citata gia' richiamato.

Le disposizioni impugnate contrastano, pertanto, con l'art. 117, comma 3, della Costituzione in materia di coordinamento della finanza pubblica.

3. L'art. 72 della legge regionale 28 dicembre 2018, n. 67 citata viola gli articoli 97 e 117, comma 2, lettera g), della Costituzione.

L'art. 72 citato, recante «Disposizioni in materia di inquadramento», dispone che «1. Gli specialisti ambulatoriali a rapporto convenzionale, veterinari e di altre specialita', che alla data del 31 dicembre 2017 svolgevano esclusivamente attivita' ambulatoriale, i veterinari in regime di convenzione di cui alla legge regionale del 3 agosto 2007 n. 25 (Assestamento e seconda variazione al bilancio di previsione per l'esercizio finanziario 2007) e personale laureato dirigente di cui alla legge regionale 9 giugno 1987, n. 16 (Norme organiche per l'integrazione scolastica degli handicappata), a convenzione a tempo indeterminato ad esaurimento nell'ambito del servizio sanitario nazionale, a domanda, possono essere inquadrati nei ruoli con il trattamento giuridico ed economico previsto dai contratti collettivi nazionali di lavoro della dirigenza, nei limiti dei posti vacanti nelle dotazioni organiche. Ai fini dell'inquadramento di cui sopra gli interessati devono essere titolari di incarico a tempo indeterminato non inferiore a trentotto ore settimanali e avere almeno cinque anni di anzianita' di servizio nella pubblica amministrazione. 2. Resta fermo il giudizio d'idoneita' espletato con le procedure di cui al decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 30 luglio 1997, n. 365 (Regolamento per il giudizio d'idoneita' ai sensi dell'art. 9, comma 8, del decreto legislativo 7 dicembre 1993, n. 517). 3. L'ingresso nei ruoli determina l'automatica eliminazione dei relativi rapporti convenzionali, pertanto, non comporta riflessi diretti o indiretti a carico del bilancio dell'ente.»   La norma impugnata contrasta, pertanto, con l'art. 15, comma 7, del decreto legislativo 30 dicembre 1992, n. 502, recante il «Riordino della disciplina in materia sanitaria, a norma dell'art. 1 della legge 23 ottobre 1992, n. 421», il quale prevede, in tema di «Disciplina della dirigenza medica e delle professioni sanitarie», che «Alla dirigenza sanitaria si accede mediante concorso pubblico per titoli ed esami, disciplinato ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 10 dicembre 1997, n. 484».

Peraltro, lo stesso decreto legislativo n. 502 del 1992, all'art. 8, comma 8, in tema di «Disciplina dei rapporti per l'erogazione delle prestazioni assistenziali», ha previsto una specifica ipotesi di trasformazione dei rapporti convenzionali in rapporto di lavoro dipendente a domanda degli interessati, ma la deroga cosi' prevista al principio generale del pubblico concorso e' stata contenuta entro limiti di tempo ben precisi.

La norma regionale che prevede la possibilita' di inquadramento nei ruoli della dirigenza sanitaria per coloro che sono titolari d'incarico a tempo indeterminato non inferiore a trentotto ore settimanali e con almeno cinque anni di anzianita' di servizio nella pubblica amministrazione non e', quindi, conforme alla legislazione statale e viola, pertanto, gli articoli 97 e 117, comma 2, lettera g), della Costituzione.

L'accesso al pubblico impiego mediante procedure concorsuali aventi caratteri esplicitamente pubblicistici e la sua correlazione con l'attuazione dei principi sanciti dagli articoli 51 e 97 della Costituzione, e', invero, «sottratta all'incidenza della privatizzazione del lavoro presso le pubbliche amministrazioni, che si riferisce alla disciplina del rapporto gia' instaurato» (ex multis, sentenza n. 4/2004).

La regolamentazione dell'accesso ai pubblici impieghi mediante concorso e' riferibile all'ambito della competenza esclusiva statale, di cui all'art. 117, comma 2, lettera g), della Costituzione. Il concorso pubblico - quale meccanismo imparziale di selezione tecnica e neutrale dei piu' capaci sulla base del criterio del merito - costituisce la forma generale e ordinaria di reclutamento per le pubbliche amministrazioni; esso e' posto a presidio delle esigenze di imparzialita' e di efficienza dell'azione amministrativa (sentenza n. 363/2006).

Le eccezioni a tale regola consentite dall'art. 97 della Costituzione, purche' disposte con legge, debbono rispondere a «peculiari e straordinarie esigenze di interesse pubblico» (sentenza n. 81/2006), altrimenti la deroga si risolverebbe in un privilegio a favore di categorie piu' o meno ampie di persone (sentenza n. 205/2006).

Affinche' sia assicurata la generalita' della regola del concorso pubblico disposta dall'art. 97 della Costituzione, l'area delle eccezioni va, pertanto, delimitata in modo rigoroso.

La deroga che l'art. 72 citato, di fatto, introduce al principio del pubblico concorso non e' conforme ai richiamati principi desumibili dalla normativa di riferimento.

L'art. 72 citato, nel prevedere l'inquadramento nei ruoli della dirigenza degli «specialisti ambulatoriali a rapporto convenzionale, veterinari e di altre specialita', dei veterinari in regime di convenzione di cui alla legge regionale n. 25/2007, del personale laureato dirigente di cui alla legge regionale n. 16/1987» a semplice domanda, individuando quale unico requisito per l'accesso la titolarita' di un incarico a tempo indeterminato e l'anzianita' di cinque anni di servizio nella pubblica amministrazione, e' illegittima per violazione dell'art. 117, comma 2, lettera l), della Costituzione in riferimento alla materia ordinamento civile e dell'art. 97 della Costituzione per il mancato rispetto del principio costituzionale del pubblico concorso.

4. L'art. 102 della legge Regione Puglia 28 dicembre 2018, n. 67 citata viola gli articoli 3, 23, 41, 117, comma 2, lettera e) e s), 119, comma 2, e 120, comma 1, della Costituzione.

4.1. L'art. 102 citato, recante «Ulteriori disposizioni in materia di rifiuti», dispone che «I rifiuti urbani e quelli speciali provenienti da fuori regione destinati allo smaltimento nei siti discarica, ubicati nel territorio regionale pugliese, soggiacciono al riconoscimento in favore della Regione Puglia di oneri finanziari nella misura pari ad un incremento del 20 per cento della tariffa applicata dal soggetto gestore, a titolo di ristoro e compensazione ambientale. Il gettito andra' a finanziare un fondo per la realizzazione di interventi di piano volti al miglioramento ambientale del territorio interessato, alla tutela igienico-sanitaria dei residenti, allo sviluppo di sistemi di controllo e monitoraggio ambientale, nonche' alla gestione integrata del ciclo dei rifiuti».

La norma impugnata contiene disposizioni che incidono sul sistema impositivo e sulle norme a tutela dell'ambiente, in violazione delle norme costituzionali indicate in rubrica.

L'art. 102 prevede, infatti, per l'ipotesi di smaltimento di rifiuti non provenienti dal territorio della stessa Regione Puglia, l'applicazione di un'ulteriore aliquota contributiva in aggiunta alla tariffa applicata dal gestore degli impianti di smaltimento rifiuti presenti sul territorio regionale.

Il pagamento di tale tariffa aggiuntiva trova ragione nella necessita' di compensare il disagio legato alla presenza dell'impianto sul territorio configurandosi come indennizzo «a titolo di ristoro e compensazione ambientale».

L'onere finanziario cosi istituito rappresenta, pero', un prelievo non previsto dalla legislazione statale.

La legge 28 dicembre 1995, n. 549, contenente le «Misure di razionalizzazione della finanza pubblica», come modificata dalla legge 27 dicembre 2017, n. 205, in materia di tributi per il conferimento rifiuti in discarica ed impianti di incenerimento senza recupero energetico, all'art. 3, comma 27, stabilisce al fine di compensare il disagio provocato dalla presenza di un impianto di discarica o di incenerimento senza recupero energetico sul territorio, che la Regione puo' destinare parte del gettito derivante dal pagamento del suddetto tributo (per il deposito in discarica e in impianti di incenerimento senza recupero energetico dei rifiuti solidi, compresi i fanghi palabili), ai comuni anche qualora limitrofi all'impianto.

Il comune, pertanto, riceve l'indennizzo dalla regione e non dal soggetto che smaltisce i rifiuti.

L'onere finanziario previsto dall'art. 102 impugnato, nel disporre un onere aggiuntivo, assume la connotazione del prelievo tributario per la doverosita', l'impossibilita' di sottrarsi all'obbligo e l'assenza di collegamento con una prestazione corrispettiva e corrispondente.

La norma impugnata eccede, pertanto, dai limiti della competenza normativa della regione.

Le regioni possono istituire tributi solo in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario; in mancanza, come detto, di una analoga previsione nella legislazione statale, la norma impugnata istituisce un tributo in violazione dell'art. 23 e dell'art. 119, comma 2, della Costituzione.

Il sistema finanziario e tributario degli enti locali e' oggetto delle disposizioni dell'art. 119 della Costituzione, come novellato dalla legge costituzionale 18 ottobre 2001, n. 3, che considera, in linea di principio, sullo stesso piano comuni, province, citta' metropolitane e regioni, stabilendo che essi hanno «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» (primo comma); hanno «risorse autonome» e «stabiliscono e applicano tributi ed entrate propri» (secondo comma), «in armonia con la Costituzione e secondo i principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario».

Il delineato sistema «... impone come necessaria premessa l'intervento del legislatore statale, il quale al fine di coordinare l'intervento della finanza pubblica dovra' non solo fissare i principi cui i legislatori regionali devono attenersi, ma anche determinare le grandi linee dell'intero sistema tributario e definire gli spazi e i limiti della potesta' impositiva dello stato, regione e enti locali» e le risorse derivanti da tali fonti e dal fondo perequativo istituito dalla legge dello Stato consentono agli enti di finanziare integralmente le risorse pubbliche salva la possibilita' per lo Stato di determinare risorse aggiuntive (sentenza n. 37/2004).

Pertanto, ai sensi del predetto art. 119, le Regioni sono dotate di «autonomia finanziaria di entrata e di spesa» e godono di «risorse autonome» che sono rappresentate da tributi ed entrate proprie; dispongono, inoltre, di compartecipazioni al gettito di tributi erariali (sentenza n. 423/2004).

Per i territori che hanno minore capacita' fiscale la legge dello Stato provvede, poi, a creare un fondo perequativo «senza vincoli di destinazione».

Nel loro insieme tali risorse devono consentire alle regioni ed agli altri enti locali di finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro spettanti.

Lo Stato puo' poi destinare «risorse aggiuntive» ed effettuare «interventi speciali» in favore «di determinati» comuni, province, citta' metropolitane e regioni, per garantire una maggiore uniformita' di distribuzione delle risorse sul territorio nazionale.

Solo a seguito della «novella» sono «tributi propri regionali», in base all'art. 119 della Costituzione, i «tributi istituiti dalle regioni con propria legge, nel rispetto dei principi di coordinamento con il sistema tributario statale» (sentenza n. 381/2004) e non, invece, quelli istituiti con legge statale, il cui gettito venga attribuito alle regioni.

In tale contesto, anche a seguito dell'entrata in vigore della legge 5 maggio 2009, n. 42, «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale in attuazione dell'art. 119 della Costituzione», si colloca, appunto, l'attuazione dell'art. 119 della Costituzione, qualificata come «doverosa» in conformita' al nuovo riparto di competenze e alle nuove regole (sentenza n. 193/2007).

Costituisce principio costantemente affermato che «appare evidente che la attuazione dell'art. 119 della Costituzione sia urgente al fine di concretizzare davvero quanto previsto nel nuovo Titolo V della Costituzione, poiche' altrimenti si verrebbe a contraddire il diverso riparto di competenze configurato dalle nuove disposizioni; inoltre, la permanenza o addirittura la istituzione di forme di finanziamento delle regioni e degli enti locali contraddittorie con l'art. 119 della Costituzione espone a rischi di cattiva funzionalita' o addirittura di blocco di interi ambiti settoriali» (sentenza n. 370/2003).

L'attuazione dell'art. 119 presuppone l'individuazione dei limiti che gli enti territoriali incontrano nello stabilire ed applicare entrate e tributi propri «le regioni a statuto ordinario sono assoggettate al duplice limite costituito dall'obbligo di esercitare il proprio potere di imposizione in coerenza con i principi fondamentali di coordinamento e dal divieto di istituire o disciplinare tributi gia' istituiti da legge statale o di stabilirne altri aventi lo stesso presupposto, almeno fino all'emanazione della legislazione statale di coordinamento». (sentenza n. 102/2008).

Le regioni non possono istituire e disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi dello Stato o legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali, in mancanza dei principi di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario, che devono essere fissati dal legislatore statale ai sensi dell'art. 119, comma 2, della Costituzione, alle regioni e' precluso ogni intervento legislativo sui tributi erariali (sentenze n. 102/2008; n. 37/2004; n. 75/2006).

Conclusivamente, in materia tributaria, non puo' affermarsi una piena esplicazione di potesta' legislativa regionale; allo stato della legislazione si deve tuttora ritenere preclusa alle regioni, se non nei limiti ad esse gia' espressamente riconosciuti dalla legge statale la potesta' di legiferare sui tributi esistenti, istituiti e regolati da leggi statali (sentenze n. 296/2003 e n. 297/2003); e, per converso, si deve ritenere tuttora spettante al legislatore statale la potesta' di dettare norme modificative, anche nel dettaglio, della disciplina dei tributi locali esistenti (sentenza n. 37/2004).

Solo per le ipotesi di tributi propri aventi presupposti diversi da quelli dei tributi statali, puo' sussistere il potere delle regioni di stabilirli, in forza del quarto comma dell'art. 117 della Costituzione, anche in mancanza di un'apposita legge statale di coordinamento, a condizione, pero', che essi, oltre ad essere in armonia con la Costituzione, rispettino ugualmente i principi dell'ordinamento tributario (sentenze n. 102/2008 e, in tal senso, n. 37/2004).

Spetta al legislatore statale la potesta' di dettare norme modificative, anche nel dettaglio, relativamente a tributi, gia' regolati dallo Stato, anche se destinati al gettito alle regioni; fino a quando non sara' completato il processo legislativo di coordinamento, le regioni non possono istituire e disciplinare tributi propri aventi gli stessi presupposti dei tributi dello Stato; legiferare sui tributi esistenti istituiti e regolati da leggi statali; legiferare in materia tributaria deducendo i principi di coordinamento dalle norme attualmente in vigore, in attesa della legge statale di coordinamento.

Va osservato che i suesposti principi non sono stati modificati dalla disciplina introdotta della legge 5 maggio 2009, n. 42, «Delega al Governo in materia di federalismo fiscale, in attuazione dell'art. 119 della Costituzione» citata e dell'attuativo decreto legislativo 6 maggio 2011, n. 68, «Disposizioni in materia di autonomia di entrata delle regioni a statuto ordinario e delle province, nonche' di determinazione dei costi e dei fabbisogni standard nel settore sanitario», che ha previsto l'istituzione di tributi propri regionali, all'art. 8, con una elencazione tassativa che non comprende il tributo di conferimento in discarica.

L'art. 102 impugnato, pertanto, si pone in contrasto con i parametri costituzionali di cui agli articoli 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, che riserva alla competenza esclusiva dello Stato la materia del sistema tributario e all'art. 119, comma 2, della Costituzione, che subordina la possibilita' per le regioni e gli enti locali di stabilire e applicare tributi ed entrate proprie al rispetto dei principi (statali) di coordinamento della finanza pubblica e del sistema tributario:   Viola, altresi', la citata legge n. 42 del 2009 e l'attuativo decreto legislativo n. 68 del 2011 citato, recanti principi fondamentali di finanza pubblica e che qui assumono valore di parametri statali interposti.

4.2. L'art. 102 impugnato, inoltre, introduce un trattamento sfavorevole per le imprese esercenti l'attivita' di smaltimento dei rifiuti nella Regione Puglia rispetto a quelle operanti sul restante territorio nazionale; restringe la liberta' di iniziativa economica in assenza di concrete e giustificate ragioni attinenti alla tutela della sicurezza, della liberta' e della dignita' umana, valori che non possono ritenersi posti in pericolo dall'attivita' di smaltimento controllato e sotto il profilo ambientale compatibile dei rifiuti; introduce un ostacolo alla libera circolazione tra le regioni, senza che sussistano ragioni giustificatrici, neppure di ordine sanitario o ambientale (sentenza n. 335 del 2001), violando il vincolo generale imposto alle regioni dall'art. 120, comma 1, della Costituzione, che vieta ogni misura atta ad ostacolare la libera circolazione delle cose e delle persone fra le regioni (sentenze n. 62 del 2005 e n. 505 del 2002).

La norma impugnata viola, pertanto, gli articoli 3, 41 e 120 della Costituzione.

4.3. L'art. 102 impugnato contempla talune disposizioni che afferiscono alla tutela dell'ambiente, rimessa alla competenza statale ai sensi dell'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

Va ricordato che la materia ambiente e' «trasversale» e «prevalente», spettando allo Stato, la competenza a fissare i livelli di tutela uniforme sull'intero territorio nazionale.

Il carattere trasversale della materia de quo, legittima le regioni solo a provvedere attraverso la propria legislazione esclusiva o concorrente in relazione a temi che hanno riflessi sulla materia ambientale, dall'altro non interferisce sulla competenza esclusiva dello Stato a stabilire regole omogenee nel territorio nazionale per procedimenti e competenze che attengono alla tutela dell'ambiente e alla salvaguardia del territorio (sentenza n. 249 del 2009).

La giurisprudenza costituzionale, infatti, e' costante nell'affermare, da un lato, che la materia «tutela dell'ambiente» rientra nella competenza legislativa esclusiva dello Stato, appunto, ai sensi dell'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione e inerisce a un interesse pubblico di valore costituzionale primario ed assoluto; dall'altro, che si tratta di una «materia trasversale», titolo che legittima lo Stato ad adottare disposizioni a tutela di un valore costituzionalmente protetto, anche in «campi di esperienza» - le cosiddette «materie» in senso proprio - attribuiti alla competenza legislativa regionale.

Ne deriva che le disposizioni legislative statali adottate in tale ambito fungono da limite alla disciplina che le regioni, anche a statuto speciale, e le province autonome, dettano nei settori di loro competenza, essendo a esse consentito soltanto, eventualmente, incrementare i livelli della tutela ambientale, senza, pero', compromettere il punto di equilibrio fra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma statale (ex multis sentenza n. 197 del 2014, punto 3.2. del Considerato in diritto).

Conclusivamente, l'art. 102, nell'imporre l'applicazione di un'ulteriore aliquota contributiva alla tariffa applicata dal gestore degli impianti di smaltimento rifiuti presenti sul territorio regionale, nel caso in cui lo smaltimento interessi i rifiuti non provenienti dal territorio pugliese, viola la legge n. 42 del 2009 e l'attuativo decreto legislativo n. 68 del 2011, ponendosi in contrasto con i parametri costituzionali di cui all'art. 117, comma 2, lettera e), della Costituzione, in materia del sistema tributario; e all'art. 117, comma 2, lettera s), in materia di ambiente ed ecosistema; agli articoli 3, 41 e 119, comma 2, della Costituzione e 120, comma 1, della Costituzione.

 

P.Q.M.

 

Si conclude perche' gli articoli 15, 61, 66, 86, 93 e 102 della legge della Regione Puglia n. 67 del 28 dicembre 2018, recante «Disposizioni per la formazione del bilancio di previsione 2019 e bilancio pluriennale 2019-2021 della Regione Puglia (Legge di stabilita' regionale 2019)», indicati in epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Roma, 1° marzo 2019

Il Vice Avvocato generale dello Stato: Palmieri

e per l'Avvocato dello Stato: Morici