RICORSO N. 27 DEL 20 FEBBRAIO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 20 febbraio 2019.

(GU n. 16 del 17.4.2019)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f. n. 80188230587), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f. n. 80224030587; pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it; fax 06/96514000) ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ricorrente;   Contro Regione Puglia in persona del Presidente pro tempore, dott. Michele Emiliano, con sede in Bari, lungomare N. Sauro 33, c.a.p. 70100, resistente;   Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale dell'art. 2 della legge della Regione Puglia 17 dicembre 2018, n. 59, pubblicata nel B.U.R. n. 159 del 17 dicembre 2018, recante «Modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia e per il miglioramento della qualita' del patrimonio edilizio residenziale)».

La legge della Regione Puglia 17 dicembre 2018, n. 59, che detta modifiche e integrazioni alla legge regionale 30 luglio 2009, n. 14 (Misure straordinarie e urgenti a sostegno dell'attivita' edilizia e per il miglioramento della qualita' del patrimonio edilizio residenziale), e' censurabile con riferimento disposizione nell'art. 2 in quanto viola il principio di ragionevolezza di cui agli articoli 3, 97, e 117, comma 3 della Costituzione, alla luce dei seguenti

 

Motivi

 

1. L'art. 2 della legge regionale rubricato «Norma interpretativa del comma 1 dell'art. 4 della l.r. n. 14/2009», testualmente prevede: «1. Il comma 1 dell'art. 4 della l.r. n. 14/2009 deve essere interpretato nel senso che l'intervento edilizio di ricostruzione da effettuare a seguito della demolizione di uno o piu' edifici a destinazione residenziale o non residenziale, puo' essere realizzato anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all'interno dell'area di pertinenza, alle condizioni di cui all'art. 5, comma 3, della medesima l.r. n. 14/2009 e qualora insista in zona dotata delle urbanizzazioni primarie previste dalle vigenti disposizioni normative, statali e regionali.»   Detta disposizione, lungi dal dare una mera interpretazione della citata norma regionale, presenta aspetti del tutto innovativi rispetto a quella che intende interpretare, prevedendo che gli interventi edilizi consentiti dalla medesima disposizione possano essere realizzati «anche con una diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all'interno dell'area di pertinenza».

Occorre ricordare, in proposito, che la legge regionale n. 14/2009 ha dettato norme di carattere straordinario con le quali sono stati consentiti interventi edilizi anche in deroga agli strumenti urbanistici vigenti.

Nello specifico, l'art. 4, comma 1 della legge regionale n. 14/2009, nel testo vigente anteriormente alle modifiche da ultimo introdotte con la legge della Regione Puglia n. 59/2018, risultava cosi' formulato: «1. Al fine di migliorare la qualita' del patrimonio edilizio esistente, sono ammessi interventi di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali e non residenziali o misti con realizzazione di un aumento di volumetria sino al 35 per cento di quella legittimamente esistente alla data di entrata in vigore della presente legge da destinare, per la complessiva volumetria risultate a seguito dell'intervento, al medesimo uso preesistente legittimo o legittimato, ovvero residenziale, ovvero ad altri usi consentiti dallo strumento urbanistico. A seguito degli interventi previsti dai presente articolo, gli edifici residenziali non possono essere destinati a uso residenziale qualora ricadano all'interno delle zone territoriali omogenee E) di cui all'art. 2 del decreto del Ministero dei lavori pubblici 1444/1968».

La disposizione interpretativa, dunque, appare avere una portata retroattiva che la rende incostituzionale sotto vari profili.

Invero, la disposizione oggetto di censura, seppure qualificata dal legislatore regionale in termini di norma di interpretazione autentica, in realta' si pone in contrasto con il consolidato orientamento di codesta Ecc.ma Corte in tema di scrutinio, attraverso il parametro dell'art. 3 Cost., della legittimita' delle norme di interpretazione autentica o, comunque, delle norme dotate di efficacia retroattiva.

Il legislatore regionale, infatti, non ha assegnato alla norma interpretata (l'art. 4, comma 1 della legge regionale n. 14/2009) un significato in quest'ultima gia' contenuto, e riconoscibile come una delle possibili letture del testo normativo (originario), ne' ha chiarito una oggettiva incertezza del quadro normativo in ragione di un dibattito giurisprudenziale irrisolto, o consentito di ristabilire una interpretazione aderente all'originaria volonta' del legislatore a tutela della certezza del diritto e dell'uguaglianza dei cittadini.

Al contrario, il legislatore regionale ha sostanzialmente ampliato (retroattivamente) la portata del dato normativo, legittimando deroghe volumetriche ad interventi di ristrutturazione su edifici, oltre i limiti consentiti dell'originaria disciplina regionale del 2009 (e successive modificazioni).

E' opportuno evidenziare che se e' vero in linea generale che il legislatore ha la possibilita' di emanare norme retroattive di interpretazione autentica, la retroattivita' deve comunque trovare giustificazione nell'esigenza di tutela di principi, diritti e beni di rilievo costituzionale.

Codesta Ecc.ma Corte ha infatti chiarito (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 271/2011) che «il legislatore puo' adottare norme di interpretazione autentica non soltanto in presenza di incertezze nell'applicazione di una disposizione o di contrasti giurisprudenziali, ma anche quando la scelta imposta dalla legge rientri tra le possibili varianti di senso del testo originario, cosi' rendendo vincolante un significato ascrivibile ad una norma anteriore (ex plurimis: sentenze n. 209 del 2010, n. 24 del 2009, n. 170 del 2008 e n. 234 del 2007)»; al contempo, pero', e' stata sottolineata la sussistenza di una serie di limiti all'efficacia retro attiva delle leggi, quali «il rispetto del principio di ragionevolezza the ridonda nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento; la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto; la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico; il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario» (Corte cost. n. 397 del 1994).

La deroga al principio della irretroattivita' delle norme trova quindi il suo fondamento nel principio di ragionevolezza: «La erroneita' della auto-qualificazione delle norme impugnate come interpretative costituisce ... un primo indice ..., della irragionevolezza del loro retroagire nel tempo, ulteriormente corroborato dalla constatazione che le stesse introducono innovazioni, destinate, per lo piu', ad ampliare facolta' in deroga ai relativi strumenti urbanistici, peraltro non necessariamente in termini di logica continuita' con il quadro generale di riferimento sul quale le stesse sono destinate ad incidere» (cfr. Corte cost., sentenza n. 73/2017).

Come si e' detto, e' la stessa giurisprudenza della Corte costituzionale ad aver individuato alcuni limiti generali all'efficacia retroattiva delle leggi, attinenti alla salvaguardia di principi costituzionali sopra citati tra i quali sono ricompresi il rispetto del principio generale di ragionevolezza (che si riflette nel divieto di introdurre ingiustificate disparita' di trattamento), la tutela dell'affidamento legittimamente sorto nei soggetti quale principio connaturato allo Stato di diritto, la coerenza e la certezza dell'ordinamento giuridico ed il rispetto delle funzioni costituzionalmente riservate al potere giudiziario.

In tal senso, e' stato piu' volte chiarito che - fermo restando che sono interpretative «quelle norme obiettivamente dirette a chiarire il senso di norme preesistenti ovvero a escludere o a enucleare uno dei sensi fra quelli ragionevolmente ascrivibili alla norma interpretata» - la norma di interpretazione autentica deve necessariamente derivare da un rapporto tra norme - non riscontrabile nel caso di specie - in cui la norma interpretante si salda con la norma interpretata, dando luogo ad un «precetto normativo unitario» (cosi', Corte cost. nn. 132 del 2008 e, piu' risalenti, 311 e 94 del 1995, 397 del 1994, 424 del 1993, 455 del 1992).

In linea di principio, la potenzialita' retroattiva delle leggi di interpretazione autentica deve necessariamente preservare il rispetto di certezza del diritto e del legittimo affidamento dei cittadini, da considerarsi come principi di «civilta' giuridica».

Dunque, atteso che la previsione regionale ha un indubbio carattere innovativo, con efficacia retroattiva, essa rende legittime condotte che, non considerate tali al momento della loro realizzazione (perche' non conformi agli strumenti urbanistici di riferimento), lo divengono per effetto dell'intervento successivo del legislatore, con l'ulteriore conseguenza di consentire la regolarizzazione ex post di opere che, al momento della loro realizzazione, erano in contrasto con gli strumenti urbanistici di riferimento, dando corpo, in definitiva, ad una surrettizia ipotesi di sanatoria straordinaria che esula dalle competenze regionali e risulta pertanto illegittima.

Si tratta, in altre parole, di una disposizione (l'art. 4 della legge regionale Puglia n. 59/2018) innovativa ad efficacia retroattiva, volta a legittimare condotte che, non considerate tali al momento della realizzazione (in quanto non conformi agli strumenti urbanistici di riferimento), lo diventano per effetto di un successivo intervento legislativo, la cui finalita' (la proroga del c.d. Piano Casa Puglia anche per il 2019 con al fine di incentivare l'attivita' edilizia e migliorare la qualita' del patrimonio edilizio residenziale) e' comunque recessiva rispetto alla certezza del diritto.

E cio' in quanto la disposizione oggetto di impugnazione, per quanto a carattere prevalentemente di favore rispetto agli interessi dei singoli destinatari (la norma, come si e' detto, legittima l'intervento edilizio a seguito della demolizione «anche con diversa sistemazione plano-volumetrica, ovvero con diverse dislocazioni del volume massimo consentito all'interno dell'area di pertinenza»), retroagendo nel tempo, sacrifica le posizioni soggettive di potenziali controinteressati che facevano affidamento sulla stabilita' dell'assetto normativa vigente all'epoca delle rispettive condotte.

La norma in questione, pertanto, travalica i limiti individuati dalla richiamata giurisprudenza della Corte costituzionale, violando l'art. 3 della Costituzione.

Codesta Ecc.ma Corte ha avuto modo di pronunciarsi in piu' occasioni sulla tenuta costituzionale di disposizioni legislative regionali in materia edilizia di contenuto simile a quella oggetto dell'odierna impugnazione.

Particolare interesse riveste, sul punto, il percorso motivazionale della sentenza n. 209/2010, nella quale, nel dichiarare nel dichiarare l'incostituzionalita' di una legge di interpretazione autentica - provinciale urbanistica della Provincia di Bolzano, e' stato evidenziato che, l'irragionevolezza risiede nella circostanza che il legislatore e' intervenuto per rendere retroattivamente legittimo cio' che era illegittimo, senza che fosse necessario risolvere oscillazioni giurisprudenziali e senza che il testo delle norme «interpretate» offrisse alcun appiglio semantico nel senso delle rilevanti modifiche introdotte. In tal modo non solo si e' leso l'affidamento dei consociati nella stabilita' della disciplina giuridica della fattispecie, che viene sconvolta dall'ingresso inopinato e immotivato di norme retroattive che alternano rapporti pregressi, ma si rende inutile e privo di effettivita' il diritto de cittadini di adire i giudici per ottenere la tutela delle proprie situazioni giuridiche soggettive».

Il medesimo percorso argomentativo e' stato ribadito, poi, nella successiva sentenza n. 73 del 2017 (gia' sopra richiamata) di codesta Ecc.ma Corte, chiamata in quell'occasione a pronunciarsi, in fattispecie analoga, sulla tenuta costituzionale dell'art. 44 della legge della Regione Basilicata 4 marzo 2016, n. 5 (recante interpretazione autentica dell'art. 3 L.R. 7 agosto 2009, n. 25 «Misure urgenti e straordinarie volte al rilancio dell'economia e alla riqualificazione del patrimonio edilizio esistente»), ai sensi del quale: «L'art. 3, comma 1 della legge regionale 7 agosto 2009, n. 25, come modificato dall'art. 4 della legge regionale 3 dicembre 2012, n. 25, nella parte in cui prevede che «A tal fine sono consentiti interventi straordinari di demolizione e ricostruzione di edifici esistenti, autorizzati o condonati, con aumento della superficie complessiva entro il limite max del 30%», va interpretato con continuita' temporale nel senso che, «tra gli edifici esistenti sono ricompresi anche gli edifici residenziali in fase di realizzazione in forza di titolo abilitativo in corso di validita'».

Ebbene, svolte le necessarie premesse di carattere generale circa la tenuta costituzionale di una norma di interpretazione autentica a carattere retroattivo, e' stata affermata l'illegittimita' della disposizione regionale, tenuto conto dell'insussistenza - anche in quel caso - di adeguate giustificazioni in punto di ragionevolezza della disposizione in esame, destinata «per lo piu' ad ampliare facolta' in deroga ai relativi strumenti urbanistici, peraltro non necessariamente in termini di logica continuita' con il quadro generali di riferimento sul quale le stesse sono destinate ad incidere».

2. A cio' si aggiunga, quale ulteriore profilo di incostituzionalita' della disposizione in commento, che a motivo delle rilevanti modifiche via via apportate alla legge regionale n. 14 del 2009 (le modifiche all'art. 4 di tale legge regionale sono state introdotte anche a mezzo dell'art. 3 della legge regionale n. 59 del 2018 e, ancora, da ultimo, mediante l'art. 35 della legge regionale n. 67 del 2018), le amministrazioni comunali potrebbero in realta' non trovarsi nelle condizioni di verificare caso per caso e distinguere cio' che e' stato realizzato (o proseguito, o completato) nei periodi intercorrenti tra le modifiche medesime. Cio', in contrasto con i principi di ragionevolezza e buon andamento, di cui agli articoli 3 e 97 della Costituzione.

In proposito appare opportuno rammentare che nella citata sentenza n. 73 del 2017, codesta Ecc.ma Corte ha avuto modo di affermare che «Anche a voler ritenere che, nella specie, le disposizioni impugnate possano trovare una loro giustificazione nell'esigenza della Regione di assicurare una maggiore omogeneita' alle norme in oggetto per fare fronte al sovrapporsi delle modifiche intervenute nel tempo, siffatta finalita' deve ritenersi recessiva rispetto al valore della certezza del diritto, nel caso messo in discussione in una materia, quella urbanistica, rispetto alla quale assume una peculiare rilevanza l'affidamento che la collettivita' ripone nella sicurezza giuridica (sentenza n. 209 del 2010). Del resto, pur guardando alla potenziale incidenza delle norme impugnate sui rapporti inteprivati, va osservato che le stesse, per quanto prevalentemente di favore rispetto agli interessi dei singoli destinatari, retroagendo nel tempo sacrificano, in linea di principio, le posizioni soggettive dei potenziali controinteressati che facevano affidamento sulla stabilita' dell'assetto normativo vigente all'epoca delle singole condotte.».

3. L'art. 2 della legge della Regione Puglia n. 59/2018 risulta, inoltre, adottato anche in violazione della disciplina di «governo del territorio» di competenza dello Stato.

Nello specifico, sussiste il contrasto - quali parametri interposti - con gli articoli 36 e 37 comma 4 del decreto del Presidente della Repubblica n. 380/2001, il quale richiede, ai fini del rilascio del titolo abilitativo in sanatoria, la c.d. «doppia conformita'», intesa come conformita' dell'intervento sia al momento della realizzazione sia al momento della presentazione della domanda, poiche' la portata derogatoria della legge regionale n. 14 del 2009 e successive modifiche, diviene ora applicabile anche ad interventi che, invece, eseguiti medio-tempore, avrebbero dovuto essere realizzati in conformita' agli strumenti urbanistici.

In altre parole, la portata retroattiva della disposizione normativa oggetto di censura finirebbe per rendere legittimi ex post interventi che al momento della loro realizzazione non erano conformi agli strumenti urbanistici all'epoca vigenti.

Com'e' noto, invero, l'atto di sanatoria di titoli edilizi abilitativi puo' essere assentito solo per vizi formali. La «doppia conformita'» e' riconosciuta in via giurisprudenziale quale principio fondamentale vincolante per la legislazione regionale (cfr. Corte costituzionale n. 101/2013; Cons. Stato, IV, n. 32/2013, ove si precisa, tra l'altro che la disciplina urbanistica non ha effetto retroattivo; Cons. Stato, V, n. 3220/2013; Tribunale amministrativo regionale Umbria n. 590/2014), ed e' prevista sia per gli interventi realizzati in assenza di permesso di costruire, o in difformita' da esso, ovvero in assenza di DIA alternativa o in difformita' da essa (art. 36 del dPR n. 380/2001), sia per quelli eseguiti in assenza della o in difformita' dalla SCIA (art. 37, comma 4 del dPR n. 380/2001).

La disposizione censurata non rispetta la citata normativa statale laddove, nel prevede l'efficacia di «interpretazione autentica» dell'art. 4, comma 1, della legge regionale n. 14/2009, subordina l'intervento edilizio «alle condizioni di cui all'art. 5, comma 3, della medesima legge regionale n. 14/2009». L'art. 5 della legge Regione Puglia n. 14/2009, a sua volta, prevede che «tutti gli interventi previsti dagli articoli 3 e 4 sono realizzabili mediante permesso di costruire o mediante segnalazione certificata di inizio attivita' in alternativa al permesso di costruire» (il riferimento e' quindi al procedimento amministrativo di cui agli articoli 36 e 37 del dPR n. 380/2001).

In generale, alla luce delle nuove disposizioni interpretative di cui alla legge in esame la tipologia di interventi previsti dall'art. 2 legge regionale n. 59/2018 viene legittimata mediante l'estensione della portata derogatoria delle previsioni della legge regionale n. 14/2009, con la possibilita' di legittimo rilascio dei prescritti titoli abilitativi, nonostante la disciplina statale degli articoli 36 e 37 ora richiamata.

La disposizione censurata, anche ove dovesse essere ritenuta legittimamente retroattiva, contrasterebbe comunque anche con il disposto dell'art. 5 («Costruzioni private») del decreto-legge n. 70/2011, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 106/2011 (il quale ai commi da 9 a 14 reca la disciplina di principio per la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente e per la promozione e agevolazione della riqualificazione di aree urbane degradate con presenza di funzioni eterogenee e tessuti edilizi disorganici o incompiuti nonche' di edifici a destinazione non residenziale dismessi o in via di dismissione ovvero da rilocalizzare), che al comma 10 esclude che gli interventi edilizi in deroga possano «riferirsi ad edifici abusivi o siti nei centri storici o in aree ad inedificabilita' assoluta, con esclusione degli edifici per i quali sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria.».

L'art. 2 della legge Regione Puglia n. 59 del 2018, dunque, oltre a violare l'art. 3 della Costituzione laddove introduce norme interpretative autentiche, travalica anche i limiti della potesta' legislativa regionale invadendo l'ambito assegnato dalla Costituzione alla legge dello Stato in materia di «governo del territorio», di cui all'art. 117, terzo comma.

Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata, chiede l'accoglimento delle seguenti conclusioni.

 

P.Q.M.

 

Voglia l'Ecc.ma Corte costituzionale adita accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'illegittimita' costituzionale della disposizione oggetto di censura, art. 4 della legge Regione Puglia n. 59 del 2018.

Si deposita la determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri.

Roma, 15 febbraio 2019

Avvocato dello Stato: Nunziata

Procuratore dello Stato: De Vergori