RICORSO N. 21 DEL 12 FEBBRAIO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 febbraio 2019.

(GU n. 14 del 3.4.2019)

 

Ricorso ex art. 127 della Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;   Contro la Regione Marche, in persona del suo presidente pro tempore, per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale degli articoli 1 e 2 della legge regionale della Regione Marche n. 46 del 12 dicembre 2018, recante «Modifiche urgenti alla legge regionale 7 novembre 2018 n. 44 "Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995 n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria" e disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria», pubblicata nel B.U.R. n. 110 del 13 dicembre 2018, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 7 febbraio 2019.

 

Premessa.

 

L'art. 1 della legge regionale in epigrafe dispone che il comma 2 dell'art. 3 della legge regionale 7 novembre 2018, n. 44 (recante Modifiche alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 «Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria» e disposizioni urgenti sulla pianificazione faunistico-venatoria), sia sostituito dal seguente:   «2. Nei siti di cui al comma 1 e' autorizzato l'esercizio venatorio secondo le modalita' e le condizioni indicate nel calendario venatorio vigente (Allegato A).».

Il successivo art. 2 della medesima legge regionale prevede l'aggiunta dell'Allegato A alla l.r. n. 44 del 2018.

Dette previsioni, intervenendo a regolamentare il calendario venatorio ed altri profili dell'attivita' di caccia nei siti della Rete Natura 2000 (nei quali, in mancanza di un piano faunistico venatorio vigente e sottoposto a valutazione d'incidenza ex articoli 5 e 6 del decreto del Presidente della Repubblica 8 settembre 1997, n. 357, la caccia non puo' essere consentita), risultano lesive della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, confliggendo altresi' con il diritto dell'Unione europea, e ponendosi quindi in contrasto con gli standard di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema posti dal legislatore statale nell'esercizio della competenza esclusiva ex art. 117, comma 2, lettera s).

Tanto premesso il presente ricorso si affida ai seguenti argomenti di

 

Diritto

 

1. Violazione dell'art. 111 della Costituzione.

L'illustrazione della censura in rubrica esige la previa esposizione dei fatti che qui di seguito si illustrano.

L'associazione WWF Italia ONG Onlus ha proposto un ricorso al Tribunale amministrativo regionale Marche diretto ad ottenere l'annullamento, previa sospensione dell'efficacia, della deliberazione della giunta regionale n. 1068 del 30 luglio 2018, avente ad oggetto la «L.R. n. 7/1995 art. 30-Calendario venatorio regionale 2018/2019» (ivi compreso il «Documento istruttorio» allegato alla delibera impugnata e il «Calendario venatorio regionale 2018-2019»), nonche' della deliberazione della giunta regionale n. 950 del 9 luglio 2018, avente ad oggetto la «Richiesta di parere alla competente Commissione assembleare permanente sullo schema di deliberazione concernente L.R. n. 7/1995, art. 30 - Calendario venatorio regionale 2018-2019», ivi compreso il «Documento istruttorio» allegato alla delibera impugnata e la «Proposta di Calendario venatorio regionale 2018-2019».

Il Tribunale amministrativo regionale adito, con ordinanza n. 195 in data 13 settembre 2018, ha respinto la suddetta domanda cautelare.

La ricorrente ha quindi proposto appello cautelare al Consiglio di Stato, accolto con ordinanza n. 7625/2018 del 22 ottobre 2018, motivata sul piano del periculum in mora con la sussistenza di un grave e irreparabile danno, con riferimento all'esercizio della caccia nei siti Natura 2000 e quanto al prelievo delle specie ghiandaia, gazza, cornacchia grigia e colombaccio nei giorni 2, 3, 6, 7, 9 e 10 febbraio 2019.

Per l'effetto, il Consiglio di Stato ha riformato l'ordinanza di prime cure, sospendendo l'efficacia degli atti impugnati in primo grado con esclusivo riferimento ai profili ivi indicati.

La Regione Marche, in pendenza del giudizio e dopo l'emanazione della citata ordinanza del Consiglio di Stato del 22 ottobre 2018, ha provveduto a ripristinare l'esercizio della caccia nelle aree suddette con l'emanazione della legge regionale 7 novembre 2018, n. 44 (art. 3) e l'approvazione della delibera di giunta n. 1468/2018 del 8 novembre 2018. Successivamente, il Tribunale amministrativo regionale delle Marche, con l'ordinanza cautelare n. 265/2018 del 7 dicembre 2018, ha accolto l'istanza cautelare proposta dalla Lega per l'Abolizione della Caccia (L.A.C.) Onlus, dal WWF Italia Ong Onlus e dall'Ente Nazionale Protezione Animali (E.N.P.A.), sospendendo l'efficacia della deliberazione della giunta regionale n. 1468 dell'8 novembre 2018 avente ad oggetto «Attuazione art. 3 comma 2 della legge regionale n. 44/2018» e ripristinando cosi' il divieto di esercizio della caccia nei siti natura 2000 e quanto al prelievo delle specie ghiandaia, gazza, cornacchia grigia e colombaccio nei giorni 2, 3, 6, 7, 9 e 10 febbraio 2019.

A detta pronuncia giurisdizionale ha fatto seguito l'approvazione da parte della Regione Marche della legge regionale n. 46, oggetto del presente ricorso, che ha ripristinato ex novo la caccia in tali aree, gia' sospesa per effetto dell'ordinanza cautelare del Tribunale amministrativo regionale Marche del 7 dicembre 2018 n. 265/2018.

Appare evidente, alla luce di quanto esposto, l'interferenza che la legge regionale in esame (riconducibile, come meglio si dira' infra, alla categoria delle c.d. leggi-provvedimento) realizza rispetto all'esercizio della funzione giurisdizionale esercitata attraverso i pronunciamenti cautelari dianzi citati, e che si sostanzia in un vero e proprio travalicamento di poteri da parte del legislatore regionale, in aperto contrasto con l'art. 111 Cost.

Con la sentenza n. 267/2007 la Corte costituzionale ha difatti affermato che le leggi provvedimento «sono ammissibili entro limiti specifici, qual e' quello del rispetto della funzione giurisdizionale in ordine alla decisione di cause in corso», altresi' evidenziando come, nello scrutinio di costituzionalita' delle leggi provvedimento sollevato con riferimento alla violazione della funzione giurisdizionale, «peculiare valenza sintomatica assume la considerazione del tempo, delle modalita' e del contesto in cui e' stata emanata la disposizione censurata».

Ne discende che la legge non puo' interferire con l'esercizio della funzione giurisdizionale, al punto che «pare potersi affermare, (come nel caso di specie), che anche l'annullamento degli effetti giurisdizionali cautelari provocato da un atto avente forza di legge determini l'invasione di una sfera di competenza attribuita esclusivamente al potere giurisdizionale» (Corte cost. n. 267/07 cit.).

Nel caso in esame, e' evidente che la legge regionale invade, in maniera non consentita ed in violazione del principio di separazione dei poteri, l'ambito della funzione giurisdizionale.

2. Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

Secondo principi costantemente affermati dalla Corte costituzionale, la disciplina sulla caccia ha per oggetto la fauna selvatica, che rappresenta «un bene ambientale di notevole rilievo, la cui tutela rientra nella materia tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», affidata alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, che deve provvedervi assicurando un livello di tutela, non «minimo», bensi' «adeguato e non riducibile» (Corte Cost., sentenza n. 193 del 2010).

Da cio' consegue che le norme statali ed eurounitarie (nel caso di specie rappresentate anche dalle direttive comunitarie in materia di ambiente e fauna selvatica (art. 6, comma 3 della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21 maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali e della flora e della fauna selvatiche - c.d. «Direttiva Habitat» - e della direttiva n. 79/409/CEE - c.d. «Direttiva Uccelli»), rappresentano limiti invalicabili per l'attivita' legislativa della Regione, dettando norme imperative che devono essere rispettate sull'intero territorio nazionale per primarie esigenze di tutela ambientale. Anche volendo ricondurre la materia «caccia» alla competenza legislativa residuale della Regione ai sensi dell'art. 117, comma 4, Cost., e' tuttavia necessario che la legislazione regionale rispetti la normativa statale adottata in tema di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, ove essa esprime regole minime uniformi (ex multis, Corte costituzionale sentenze n. 2/2015, n. 278/2012, n. 151/2011 e n. 315/2010), costituenti (come nel caso della legge 11 febbraio 1992, n. 157 («Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio») il nucleo minimo di salvaguardia della fauna selvatica e il cui rispetto deve essere assicurato sull'intero territorio nazionale (Corte cost. n. 233/2010). In tale contesto, l'art. 18, comma 2, della legge n. 157 del 1992, espressivo della suddetta competenza di cui all'art. 117, comma 2, lettera s), Cost., stabilisce che le regioni possono modificare il calendario venatorio, con riferimento all'elenco delle specie cacciabili ed al periodo in cui e' consentita la caccia, indicati dal precedente comma 1, attraverso un procedimento che contempla l'acquisizione del parere dell'Istituto nazionale per la fauna selvatica (nelle cui competenze oggi e' subentrato l'Istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale - ISPRA).

Lo stesso art. 18 della legge n. 157 del 1992, al comma 4, nella parte in cui dispone che il calendario venatorio sia approvato con regolamento, esprime altresi' una scelta del legislatore statale che attiene alle modalita' di protezione della fauna e si ricollega, per tale ragione, alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 536/2002; in seguito, con riferimento alla determinazione della stagione venatoria, sentenze numeri 165/2009, 313/2006, 393/2005, 391/2005, 311/2003 e 226/2003).

Dalle indicate disposizioni statali si evince che il procedimento deve concludersi con l'adozione di un provvedimento amministrativo e non, com'e' avvenuto nel caso di specie, con una legge.

Tale conclusione e' avvalorata da ulteriori considerazioni, discendenti da consolidata giurisprudenza in materia della Corte costituzionale che e' piu' volte intervenuta (cfr. sentenze n. 20/2012 e n. 105/2012), censurando calendari venatori o modifiche di essi inseriti all'interno di leggi regionali, anziche' attraverso un atto amministrativo di giunta, ritenendo con tutta evidenza lesa la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

L'endiadi utilizzata dal legislatore all'art. 18, comma 4, della legge n. 157/1992, secondo cui le regioni hanno l'obbligo di pubblicare «il calendario regionale ed il regolamento relativi all'intera annata venatoria», e' da intendersi, difatti, come riferita ad un unico atto di natura regolamentare, contenente le specifiche norme applicabili nel territorio regionale durante il periodo venatorio preso in considerazione.

Il carattere temporaneo (annuale) del provvedimento indicato dal citato art. 18, poi, si concilia solo con l'adozione di un provvedimento amministrativo e non anche di una legge, non essendo consentito al legislatore regionale sostituirsi all'amministrazione della regione nel compimento di un'attivita' di regolamentazione che l'art. 18, commi 2 e 4, della legge n. 157/1992 riserva alla sfera amministrativa.

Con la formulazione attuale della legge regionale n. 46 del 2018, il contenuto del calendario venatorio, inoltre, non e' piu' limitato allo specifico anno di riferimento, cui peraltro ogni anno si riferisce l'obbligatorio parere ISPRA, ma diventa replicabile di anno in anno.

Quanto, invece, alla natura di tale legge regionale di approvazione del calendario venatorio, la stessa Corte costituzionale si e' gia' espressa riconducendo siffatti provvedimenti nell'alveo delle tipiche leggi-provvedimento, in quanto le disposizioni che esse contengono sono prive di astrattezza e generalita', e destinate ad esaurire i propri effetti contingenti con lo spirare della stagione di caccia.

L'intervento regionale viene, infatti, consentito espressamente dalla legge dello Stato proprio allo scopo di modulare l'impatto delle previsioni generali recate dalla normativa statale, in tema di calendario venatorio e specie cacciabili, sulle specifiche condizioni dell'habitat locale, alla cui verifica ben si presta un'amministrazione radicata sul territorio. In questa prospettiva, l'art. 18 della legge n. 157 del 1992 - se, da un lato, predetermina gli esemplari abbattibili, specie per specie e nei periodi indicati - dall'altro lato permette alla regione l'introduzione di limitate deroghe ispirate ad una simile finalita', e chiaramente motivate con riguardo a profili di natura scientifica: ne e' conferma la previsione del parere dell'istituto superiore per la protezione e la ricerca ambientale (ISPRA), richiesto dall'art. 18, comma 2, e dall'art. 18, comma 4, con specifico riferimento all'approvazione del calendario venatorio.

Quindi, la scelta di provvedere con atto amministrativo non solo e' l'unica coerente con il peculiare contenuto che, nel caso di specie, l'atto andra' ad assumere, e si inserisce armonicamente nel tessuto della legge n. 157/1992, ma si riconnette altresi' ad un regime di flessibilita' certamente piu' marcato che nell'ipotesi in cui il contenuto del provvedimento sia cristallizzato nella forma della legge.

Ove si tratti di proteggere la fauna, un tale assetto e' il solo idoneo a prevenire i danni che potrebbero conseguire ad un repentino ed imprevedibile mutamento delle circostanze di fatto in base alle quali il calendario venatorio e' stato approvato: e' sufficiente, a tale proposito, considerare l'art. 19, comma 1, della legge n. 157/1992, che prevede il ricorso da parte della regione a divieti imposti da «sopravvenute particolari condizioni ambientali, stagionali o climatiche o per malattie o per altre calamita'».

Appare, pertanto, evidente che il legislatore statale - prescrivendo la pubblicazione del calendario venatorio e contestualmente del «regolamento» sull'attivita' venatoria ed imponendo l'acquisizione obbligatoria del parere dell'ISPRA, nonche' esplicitando la natura tecnica dell'intervento - ha inteso realizzare un procedimento amministrativo, al termine del quale la regione e' tenuta a provvedere con divieto di impiegare, invece, la legge-provvedimento.

Alla luce di quanto fin qui rappresentato e del quadro normativo eurounitario e statale in cui si colloca la tutela delle specie oggetto della disposizione censurata, emerge con evidenza il contrasto della norma regionale con il comma 2, lettera s), dell'art. 117 Cost., poiche' tendente a ridurre in pejus il livello di tutela della fauna selvatica stabilito dalla legislazione nazionale e dalle direttive comunitarie in materia (art. 6, comma 3, direttiva 92/43/CEE - c.d. «Direttiva habitat» e direttiva n. 79/409/CEE - c.d. «Direttiva Uccelli»), illegittimamente invadendo la competenza legislativa esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema.

Per i motivi suesposti la legge regionale, limitatamente alle norme sopra descritte, si pone in contrasto con le norme della Costituzione sopra indicate.

 

P.Q.M.

 

Si chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, gli articoli 1 e 2 della legge regionale n. 46/2018.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:   1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri in data 7 febbraio 2019;   2. rapporto del Dipartimento degli affari regionali;   3. copia della legge regionale impugnata;   Con ogni salvezza.

Roma, 11 febbraio 2019

L'Avvocato dello Stato: Russo