RICORSO N. 14 DEL 5 FEBBRAIO 2019 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 febbraio 2019.

(GU n. 12 del 20.3.2019)

 

Ricorso (ex. art. 127, comma 1, Cost.) del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso i cui uffici e' legalmente domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12, contro la Regione Basilicata, in persona del suo Presidente p.t., per la declaratoria dell'illegittimita' costituzionale della legge della Regione Basilicata n. 46/2018 recante: «Disposizioni in materia di randagismo e tutela degli animali da compagnia di affezione», relativamente agli articoli 1, comma 1, lettera c); 6, comma 1, lettera e) e lettera d); 10, comma 4; 7; 8; 19, comma 1; 21, commi 3 e 4; 23, comma 2; 34, comma 3; pubblicata nel B.U.R. n. 52 del 4 dicembre 2018, come da delibera del Consiglio dei ministri in data 24 gennaio 2019

 

Fatto

 

In data 4 dicembre 2018, e' stata pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione Basilicata n. 52/2018 la legge regionale n. 46 del 30 novembre 2018, recante «Disposizioni in materia di randagismo e tutela degli animali da compagnia di affezione».

La normativa dettata dagli articoli in epigrafe indicati collide con svariati precetti costituzionali, per le seguenti ragioni in

 

Diritto

 

1. Violazione dell'art. 117, comma 3 Cost.;

1.1. L'art. 6, comma 1, lettera e) della legge regionale impugnata contrasta con i principi fondamentali in materia di tutela della salute dettati dal legislatore statale (la norma statale interposta e' costituita dall'art. 2, comma 2 della legge n. 281 del 14 agosto 1991 - legge quadro in materia di animali di affezione e prevenzione del randagismo) e, pertanto, con l'art. 117 Cost.

In particolare, l'art. 6, comma 1, lettera e), prevede: «Le aziende sanitarie locali provvedono ... alla soppressione, esclusivamente con metodi eutanasici, dei cani e gatti raccolti, qualora ricorrano le condizioni di cui all'art. 19, comma 1».

A sua volta l'art. 19, comma 1, prevede: «Il responsabile degli animali da compagnia o d'affezione e' tenuto a denunciare lo smarrimento o la sottrazione dell'animale, entro cinque giorni, al Servizio veterinario ufficiale o alle Forze dell'Ordine».

Pertanto, l'art. 6, comma 1, lettera e), nel richiamare le previsioni contenute nell'art. 19, comma 1, afferma la potesta' delle Aziende sanitarie locali di procedere alla soppressione, con metodi eutanasici, di cani e gatti raccolti, in carenza della denuncia di smarrimento o sottrazione degli animali al Servizio veterinario ufficiale e alle Forze dell'Ordine entro il termine di cinque giorni dallo smarrimento o sottrazione.

Tale previsione contrasta con i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti nella legislazione statale di riferimento, in violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione: infatti, il legislatore statale - nell'ambito delle sue prerogative - ha stabilito una serie di garanzie per la tutela e la salvaguardia dei cani e degli altri animali di affezione, stabilendo - all'art. 2, comma 2, della legge n. 281 del 14 agosto 1991 - la seguente norma di principio «I cani vaganti ritrovati, catturati o comunque provenienti dalle strutture di cui al comma 1 dell'art. 4, non possono essere soppressi».

La stessa legge-quadro ha inoltre previsto al comma 6 del citato art. 2 (Trattamento dei cani e di altri animali di affezione), che i cani ricoverati nelle strutture di cui al comma 1 dell'art. 4 possano essere «soppressi, in modo esclusivamente eutanasico, ad opera di medici veterinari, soltanto se gravemente malati, incurabili o di comprovata pericolosita'». La disposizione normativa regionale sopra richiamata, in quanto prevede la potesta' delle ASL di sopprimere animali di affezione ai di fuori delle condizioni e dei limiti previsti dal legislatore statale, determina un evidente abbassamento delle soglie di protezione poste dalla legislazione statale in materia di tutela della salute, in violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione.

1.2. Anche l'art. 10, comma 4, della legge regionale in epigrafe viola l'art. 117, comma 3 Cost.

La norma infatti, stabilendo «Se non reclamati entro trenta giorni dalla cattura, previo espletamento dei controlli sanitari, i cani possono essere ceduti gratuitamente ai privati oppure ad enti ed associazioni protezionistiche, zoofile ed animaliste che dispongono obbligatoriamente di un ricovero», introduce un temine decorso il quale, se non reclamati, i cani smarriti possono essere ceduti gratuitamente.

L'art. 2 comma 5, della legge n. 218 del 1991, invece, a tal fine prevede sia un termine piu' ampio, sia una diversa procedura, che garantiscono maggiormente l'animale, stabilendo: «... se non reclamati entro il termine di sessanta giorni i cani possono essere ceduti a privati che diano garanzie di buon trattamento o ad associazioni protezioniste, previo trattamento profilattico contro la rabbia, l'echinococcosi e altre malattie trasmissibili». Anche sotto tale profilo, dunque, la legge regionale contrasta con i principi fondamentali in materia di tutela della salute contenuti nella legislazione statale di riferimento, in violazione dell'art. 117, comma 3 della Costituzione.

3. Violazione dell'art. 3 della Costituzione;

3.1. La legge impugnata, poi, viola il precetto costituzionale in rubrica nella misura in cui consente alle sole organizzazioni di volontariato (in breve, ODV) le attivita' previste per le associazioni animaliste zoofile e di protezione animale di cui alla legge n. 281/1991. Giova qui ricordare che la tutela degli animali e la prevenzione del randagismo rientrano tra le attivita' di interesse generale di cui all'art. 5 del «Codice del terzo settore» (decreto legislativo n. 117/2017), che possono essere svolte senza fini di lucro dagli enti del terzo settore, senza distinzioni tra associazioni di volontariato, di promozione sociale nonche' (una volta operativo il registro unico) altre tipologie di enti del terzo settore, anche non costituiti in forma associativa.

La citata attivita' (art. 5, lettera e) deve essere esercitata ai sensi della legge n. 281/1991, la quale - a sua volta - non pone alcuna limitazione di tipo soggettivo, in quanto fa riferimento ad associazioni «protezioniste», «animaliste» e «zoofile».

La limitazione alle sole ODV contenuta in numerosi articoli della legge regionale impugnata realizza, dunque, una discriminazione ingiustificata, in contrasto con l'art. 3 della Costituzione, in danno delle associazioni di promozione sociale che, in base agli articoli 7 e 8 della legge n. 383/2000 («Disciplina delle associazioni di promozione sociale») hanno le stesse finalita' e diritto ai medesimi benefici delle ODV, e di altre tipologie di enti del terzo settore.

In particolare, le norme inficiate dall'illegittimita' costituzionale in rubrica sono le seguenti:   L'art. 6, comma 1, lettera d) laddove prevede che le ASL possano stipulare accordi di collaborazione con i privati e le associazioni di volontariato animaliste (di cui al successivo art. 7) per la gestione delle colonie feline, limitando alle associazioni di volontariato (ODV) tale funzione.

L'art. 7 laddove prevede, al comma 1, che le associazioni «di volontariato animalista», «riconosciute» ai sensi della legge n. 266/1991, possano collaborare alla realizzazione di interventi di educazione sanitaria e controllo demografico delle popolazioni felina e canina, e possano partecipare alle attivita' del canile ed abbiano inoltre priorita' nell'affidamento della gestione dei canili.

L'art. 8, laddove prevede che i comuni ed i servizi veterinari possano avvalersi della collaborazione delle guardie volontarie e degli operatori zoofili volontari appartenenti alle associazioni di volontariato di cui all'art. 7.

L'art. 21, riguardante le colonie feline, che al comma 3 e al comma 4 contiene un riferimento alle sole associazioni di volontariato come enti che possono stipulare accordi di collaborazione con i comuni per la gestione delle colonie feline ed il censimento delle zone sede delle stesse.

L'art. 23, al comma 2, il quale prevede che le associazioni animaliste che possono essere cessionarie di cani e gatti siano esclusivamente le ODV.

L'art. 34, riguardante il piano operativo per la tutela del benessere degli animali e la prevenzione del randagismo, il quale prevede, al comma 3, che gli interventi di cui al piano operativo predisposto della regione possano essere attuati tramite specifiche convenzioni tra gli enti locali e le sole associazioni di volontariato animalista.

4. Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera h) Cost. L'art. 1, comma 1, lettera c), ai sensi del quale la regione detta norme in materia di randagismo e di tutela degli animali da affezione «al fine di reprimere ogni tipo di maltrattamento compreso l'abbandono» realizza un illegittimo sconfinamento nella materia riservata alla competenza statale in materia di ordine pubblico e sicurezza di cui all'art. 117, secondo comma, lettera h) della Costituzione.

Infatti, le condotte di maltrattamento e di abuso configurano ipotesi di reato, ai sensi, rispettivamente, degli articoli 544-ter e 727 del codice penale: pertanto; la connessa attivita' di repressione rientra tra i compiti istituzionali affidati alle Forze di polizia.

5. Violazione dell'art. 117 comma 2, lettera g) Cost.;   L'art. 19, comma 1, avente ad oggetto i cani smarriti e rinvenuti, prevede che la denuncia di smarrimento dell'animale debba essere presentata, oltre che al servizio veterinario ufficiale anche alle «Forze dell'Ordine».

In disparte la genericita' della locuzione «Forze dell'Ordine», deve qui osservarsi come la disposizione travalichi il limite della competenza regionale in quanto, in sostanza, individua nelle Forze di polizia il soggetto competente alla ricezione delle denunce.

In particolare, tale previsione realizza uno sconfinamento nella materia «ordinamento e organizzazione amministrativa dello Stato e degli enti pubblici nazionali» che l'art. 117, secondo comma, lettera g) della Costituzione, riserva alla potesta' legislativa esclusiva dello Stato.

Al riguardo, la Corte costituzionale si e' pronunciata (tra le altre, si veda sentenza n. 134/2004) evidenziando come le forme di collaborazione e di coordinamento che coinvolgono compiti ed attribuzioni di organi dello Stato non possano essere disciplinate unilateralmente ed autoritativamente dalle regioni, e cio' neppure nell'esercizio della loro potesta' legislativa: esse devono - piuttosto - trovare fondamento o presupposto in leggi statali, oppure in accordi tra gli enti interessati.

Per tutte le suesposte ragioni gli articoli 1, comma 1, lettera c); 6, comma 1, lettera e) e lettera d); 10, comma 4; 7; 8; 19, comma 1; 21, commi 3 e 4; 23, comma 2; 34, comma 3 della legge regionale della Basilicata n. 46/2018 - devono essere dichiarati incostituzionali.

 

P.Q.M.

 

Si chiede che codesta Ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimi, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra specificati, gli articoli 1, comma 1, lettera c); 6, comma 1, lettera e) e lettera d); 10, comma 4; 7; 8; 19, comma 1; 21, commi 3 e 4; 23, comma 2; 34, comma 3 della legge della Regione Basilicata n. 46/2018.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno:   1. estratto della delibera del Consiglio dei ministri in data 24 gennaio 2019;   2. rapporto del Dipartimento degli affari regionali;   3. copia della legge regionale impugnata.

Con ogni salvezza.

Roma, 29 gennaio 2019

L'Avvocato dello Stato: Russo