RICORSO N. 88 DEL 28 NOVEMBRE 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 28 novembre 2017.

(GU n. 52 del 27.12.2017)

 

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato presso cui e' domiciliato in Roma, via dei Portoghesi n. 12;   Contro Regione Abruzzo in persona del Presidente pro tempore;   per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 6, 7 e 8 della legge della Regione Abruzzo n. 51 del 4 settembre 2017, pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione del 20 settembre 2017, n. 38.

 

Fatto

 

La legge 4 settembre 2017, n. 51 della Regione Abruzzo, intitolata «Impresa Abruzzo competitivita' - sviluppo - territorio» reca disposizioni in materia di competitivita', sviluppo e territorio.

In particolare l'art. 6 dispone sulla Semplificazione e al comma 1, prevede:   In attuazione dell'art. 9 della legge n. 180/2011 e successive modificazioni ed integrazioni, i procedimenti amministrativi relativi all'avvio, svolgimento, trasformazione e cessazione di attivita' economiche, nonche' per l'installazione, attivazione, esercizio e sicurezza di impianti e agibilita' degli edifici funzionali alle attivita' economiche, il cui esito dipenda esclusivamente dal rispetto di requisiti e prescrizioni di leggi, regolamenti o disposizioni amministrative vigenti, sono sostituiti da una comunicazione unica regionale resa al SUAP [sportello unico attivita' produttive] dal legale rappresentante dell'impresa ovvero dal titolare dell'attivita' economica, sotto forma di dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta', che attesti la presenza nel fascicolo informatico d'impresa o il rilascio da parte della pubblica amministrazione dei documenti sulla conformita' o la regolarita' degli interventi o delle attivita'. L'avvio dell'attivita' e' contestuale alla comunicazione unica regionale, alla quale non devono essere allegati documenti aggiuntivi, il cui onere di trasmissione telematica, ai fini dell'acquisizione al fascicolo informatico d'impresa presso la camera di commercio, resta in capo alle pubbliche amministrazioni per il tramite del SUAP. Nel caso in cui tale comunicazione risulti formalmente incompleta l'ufficio competente, per il tramite del SUAP, richiede le integrazioni necessarie da trasmettersi a cura del richiedente entro i successivi quindici giorni, pena la decadenza della comunicazione unica regionale.

Al comma 2, dispone «Entro sessanta giorni dal ricevimento della comunicazione unica regionale, le amministrazioni competenti, verificata la regolarita' della stessa, effettuano i controlli, anche mediante la consultazione del fascicolo informatico d'impresa, almeno nella misura minima indicata dalla Giunta regionale, e fissano, ove necessario, un termine non inferiore a sessanta giorni per ottemperare alle relative prescrizioni, salvo i casi in cui sussistano i vincoli ambientali, paesaggistici o culturali di cui all'art. 19, comma 1, della legge n. 241/1990 o che non sussistano irregolarita' tali da determinare gravi pericoli per la popolazione, con riferimento alla salute pubblica, all'ambiente e alla sicurezza sui luoghi di lavoro. Qualora l'interessato non provveda nel termine assegnato, l'amministrazione competente emette il provvedimento di inibizione al proseguimento dell'attivita'».

Al comma 6, dispone: «La Giunta regionale, d'intesa con il sistema camerale, individuati i procedimenti di cui ai commi 1 e 5 e i requisiti minimi per l'esercizio di ciascuna attivita' di impresa, procede alla pubblicazione dell'elenco unitamente alla relativa modulistica sui portali dei SUAP, sul sito delle Agenzie per le Imprese, sul sito delle camere di commercio e sul sito della Regione Abruzzo».

L'art. 7 disciplina l'Amministrazione Unica, e al comma 5 prevede che:   «5. La domanda di avvio del procedimento e' presentata esclusivamente in via telematica al SUAP. Entro quindici giorni lavorativi dal ricevimento, il SUAP, sulla base delle verifiche effettuate in via telematica dagli uffici competenti, puo' richiedere all'interessato la documentazione integrativa; decorso tale termine la domanda si intende completa e correttamente presentata.».

Su questa base, al comma 6 prevede:   «Verificata la completezza della documentazione, il SUAP: a) adotta il provvedimento conclusivo entro dieci giorni lavorativi, decorso il termine di cui al comma 5 ovvero dal ricevimento delle integrazioni, qualora non sia necessario acquisire, esclusivamente in via telematica, pareri, autorizzazioni o altri atti di assenso comunque denominati di amministrazioni diverse da quella comunale; b) convoca entro sette giorni dal decorso del termine di cui al comma 5, ovvero dal ricevimento delle integrazioni, la conferenza di servizi da svolgersi in seduta unica anche in via telematica entro i successivi quindici giorni lavorativi, qualora sia necessario acquisire pareri, autorizzazioni o altri atti di assenso comunque denominati, di amministrazioni diverse da quella comunale. In caso di mancata partecipazione dei soggetti invitati, ovvero in caso di mancata presentazione di osservazioni entro la data di svolgimento della conferenza stessa i pareri, le autorizzazioni e gli altri provvedimenti dovuti si intendono positivamente espressi, ferma restando la responsabilita' istruttoria dei soggetti invitati alla conferenza ad eccezione dei casi di cui al comma 7.»   Al comma 7 prevede: Qualora l'intervento sia soggetto a valutazione d'impatto ambientale (VIA) o a valutazione ambientale strategica (VAS), verifica di VIA, verifica di VAS, a quelle previste per le aziende a rischio d'incidente rilevante (ARIR) di cui al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 (Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), a quelle previste per gli impianti assoggettati ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) ad autorizzazione unica per nuovo impianto di smaltimento e di recupero dei rifiuti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) o ad autorizzazione unica per impianto alimentato ad energia rinnovabile di cui all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'), oppure ad alcuno dei casi individuati dall'art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990, i termini di cui alla lettera b), del comma 6, decorrono dalla comunicazione dell'esito favorevole delle relative procedure».

Al comma 8, prevede: Il procedimento e' espressamente concluso con provvedimento di: a) accoglimento, che costituisce titolo per la realizzazione dell'intervento o per lo svolgimento dell'attivita'; b) accoglimento condizionato, quando il progetto necessita di modifiche o integrazioni risolvibili mediante indicazione specifica o rinvio al rispetto della relativa norma. Il provvedimento costituisce titolo per la realizzazione dell'intervento o per lo svolgimento dell'attivita' alla condizione del rispetto delle prescrizioni poste; c) rigetto, che puo' essere adottato nei soli casi di motivata impossibilita' ad adeguare il progetto presentato per la presenza di vizi o carenze tecniche insanabili.

Al comma 9, dispone «Decorsi dieci giorni lavorativi dal termine di cui alla lettera a) del comma 6, ovvero dalla seduta della conferenza di servizi di cui alla lettera b) del comma 6, senza che sia stato emanato il provvedimento conclusivo, il procedimento si intende concluso positivamente. L'efficacia del provvedimento conclusivo e' subordinata al pagamento dei corrispettivi eventualmente dovuti.».

L'art. 8 dispone sul Sistema integrato dei controlli e al comma 2, dopo aver previsto al comma 1 che: Al fine di uniformare sull'intero territorio regionale le attivita' di controllo comunque denominate, e con il Piano regionale della prevenzione della corruzione e trasparenza, la Regione approva con deliberazione di Giunta, sulla base dei criteri stabiliti dal Consiglio regionale, un Piano pluriennale dei controlli, anche mediante la stipulazione di specifiche convenzioni con le autorita' amministrative competenti e gli ordini professionali, incentrato sui seguenti principi e basato sull'utilizzo di strumenti di open data:   a) proporzionalita';   b) contestualita';   c) prevenzione;   d) reciprocita';   e) affidamento;   i) buona fede,   dispone:   In ogni caso, le irregolarita' riscontrate in sede di verifica derivanti dall'inosservanza dei requisiti minimi pubblicati ai sensi dell'art. 6, comma 7, non possono dare luogo a provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' senza che prima sia stato concesso un termine congruo per la regolarizzazione non inferiore a centottanta giorni, salvo non sussistano irregolarita' tali da determinare gravi pericoli per la popolazione, l'ambiente o l'ordine pubblico. Le pubbliche amministrazioni, all'esito di procedimenti di verifica, non possono richiedere adempimenti ulteriori ne' irrogare sanzioni che non riguardino esclusivamente il rispetto dei requisiti minimi.

In termini generali, le disposizioni ricordate della legge regionale n. 51/2017 toccano i punti nevralgici dei principi fondamentali della legge sul procedimento amministrativo, con evidenti ripercussioni sull'unitarieta' di disciplina che il legislatore della riforma ha inteso garantire.

Gli articoli 6, 7 e 8, intervenendo sulla disciplina dell'avvio delle attivita' economiche, come si analizzera' di seguito, si pongono in contrasto con le disposizioni statali interposte in quanto derogano alla disciplina generale sul procedimento amministrativo, aggravandolo, poiche' introducono adempimenti ed oneri aggiuntivi non giustificati, in contrasto con i principi di proporzionalita', efficacia, efficienza ed economicita' dell'azione amministrativa.

Va subito ricordato che l'art. 29, comma 2-ter della legge n.

241/1990 prevede che la presentazione di istanze, segnalazioni e comunicazioni, come la disciplina della conferenza di servizi, attengono ai livelli essenziali delle prestazioni ai sensi dell'art.

117, comma 2, lettera m) Cost. e consente alle regioni e agli enti locali di derogare soltanto in melius, prevedendo cioe' livelli ulteriori di tutela (comma 2-quater).

Parimenti, l'art. 5 del decreto legislativo n. 222 del 2016 («Individuazione di procedimenti oggetto di autorizzazione, segnalazione certificata di inizio di attivita' (SCIA), silenzio assenso e comunicazione e di definizione dei regimi amministrativi applicabili a determinate attivita' e procedimenti, ai sensi dell'art. 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124») consente alle regioni e agli enti locali di introdurre deroghe alla disciplina generale, solo prevedendo «livelli ulteriori di semplificazione».

Le disposizioni regionali sopra riportate contraddicono inoltre l'impianto normativo della nuova conferenza di servizi, ridisegnato alla luce dei principi di accelerazione e di certezza dei termini del procedimento, e contravvengono al principio della concentrazione dei regimi amministrativi, introdotto attraverso la «SCIA unica» e la «SCIA condizionata», nonche' alla unificazione e alla standardizzazione degli adempimenti amministrativi previsti per l'avvio e l'esercizio dell'attivita' d'impresa.

Le norme della legge regionale derogano infatti i decreti legislativi nn. 126 («Attuazione della delega in materia di segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA), a norma dell'art. 5 della legge 7 agosto 2015, n. 124»), 127 («Norme per il riordino della disciplina in materia di conferenza di servizi, in attuazione dell'art. 2 della legge 7 agosto 2015, n. 124») e 222 gia' citato, del 2016 che, in attuazione degli articoli 2 e 5 della legge n. 124/2015, riscrivono la disciplina della conferenza di servizi e novellano l'istituto della segnalazione certificata di inizio attivita' (SCIA).

L'istituto della SCIA e' ricondotto, come e' noto, alla determinazione dei livelli essenziali delle prestazioni, materia riservata alla competenza legislativa statale, ex art. 117, comma 2, lettera m) Cost. in quanto «l'attivita' amministrativa puo' assurgere alla qualifica di "prestazione" della quale lo Stato e' competente a fissare un livello essenziale a fronte di uno specifico diritto di individui, imprese, operatori economici e, in genere, soggetti privati» (cfr Corte costituzionale sentenza n. 164 del 2012).

La previsione si collega al fondamentale principio di uguaglianza di cui all'art. 3 Cost. e in tal senso «legittima una restrizione dell'autonomia legislativa delle regioni giustificata dallo scopo di assicurare un livello uniforme di godimento dei diritti civili e sociali tutelati dalla stessa Costituzione».

Cio' premesso in termini generali, gli articoli 6, 7 e 8 della legge regionale n. 51/2017 in epigrafe sono costituzionalmente illegittimi e, giusta delibera del Consiglio dei ministri del 10 novembre 2017, prodotta unitamente al presente ricorso, sono impugnati per i seguenti

 

Motivi

 

Violazione dell'art. 117, comma 2, lettera m), lettera e) e lettera s) della Costituzione.

L'art. 6, comma 1, della legge regionale in esame prevede, come si e' visto, la presentazione di una comunicazione unica regionale (CUR) al SUAP per l'avvio, lo svolgimento, la trasformazione e la cessazione di attivita' economiche, nonche' per l'installazione, l'attivazione, l'esercizio e la sicurezza di impianti e l'agibilita' degli edifici funzionali alle attivita' economiche.

La disposizione si pone in contrasto:   a) con l'art. 2, comma 1 decreto legislativo n. 126 del 2016, che dispone l'adozione di una modulistica unificata e standardizzata a livello nazionale al fine di definire per tipologia di procedimento i contenuti tipici e la relativa organizzazione dei dati e delle istanze, delle segnalazioni e delle comunicazioni, nonche' la documentazione da allegare.

In attuazione della disposizione citata, il 4 maggio e il 6 luglio 2017, la Conferenza unificata ha adottato la modulistica unificata e standardizzata per tutto il territorio nazionale, che individua i regimi amministrativi in materia di attivita' commerciali e assimilabili e per l'edilizia.

In particolare, l'art. 1, comma 2 di entrambi gli accordi dispone: «2. Ai sensi dell'art. 2, comma 1 del decreto legislativo 30 giugno 2016, n. 126 e dell'art. 24, commi 2-bis, 3 e 4 del decreto-legge 24 giugno 2014, n. 90, convertito con modificazioni dalla legge 11 agosto 2014, n. 114, le Regioni adeguano entro il 30 settembre 2017, in relazione alle specifiche normative regionali, i contenuti informativi dei moduli unificati e standardizzati, di cui al presente accordo, utilizzando le informazioni contrassegnate come variabili. I comuni, in ogni caso, adeguano la modulistica in uso sulla base delle previsioni del presente accordo entro e non oltre il 20 ottobre 2017. Restano fermi gli ulteriori livelli di semplificazione di cui all'art. 5 del decreto legislativo 25 novembre 2016, n. 222.».

E' quindi da escludere un potere regionale di regolare la materia applicativa della SCIA in modo difforme da quanto convenuto negli accordi citati; cio' che invece avviene con l'art. 2, comma 1, legge regionale n. 51/2017, nella parte in cui prevede che per iniziare un'attivita' economica sia presentata al SUAP da parte dell'interessato una «dichiarazione sostitutiva dell'atto di notorieta', che attesti la presenza nel fascicolo informatico d'impresa o il rilascio da parte della pubblica amministrazione dei documenti sulla conformita' o la regolarita' degli interventi o delle attivita'.».

b) con l'art. 19-bis, legge n. 241 del 1990, introdotto dall'art. 3 del decreto legislativo n. 126 del 2016, rubricato «concentrazione dei regimi amministrativi», in base al quale, se per lo svolgimento di un'attivita' soggetta a SCIA siano necessarie altre SCIA, comunicazioni, attestazioni, asseverazioni e notifiche, l'interessato presenta una «SCIA unica», mentre invece, presenta una «SCIA condizionata» laddove, oltre alla SCIA, sia richiesta l'acquisizione di atti di assenso comunque denominati o pareri di altri uffici e amministrazioni ovvero l'esecuzione di verifiche preventive.

La disposizione regionale, aggiungendo oneri formali non previsti dalla legge statale ne' dall'intesa in Conferenza unificata, viola il principio che la determinazione dei livelli essenziali intende perseguire, cioe' l'eguaglianza delle condizioni per l'esercizio di un'attivita' d'impresa in tutto il territorio nazionale.

L'ultima parte dell'art. 6, comma 1, poi, prevede, come visto, che alla comunicazione unica regionale «non devono essere allegati documenti aggiuntivi, il cui onere di trasmissione telematica, ai fini dell'acquisizione al fascicolo informatico d'impresa presso la camera di commercio, resta in capo alle pubbliche amministrazioni per il tramite del SUAP. Nel caso in cui tale comunicazione risulti formalmente incompleta l'ufficio competente, per il tramite del SUAP, richiede le integrazioni necessarie da trasmettersi a cura del richiedente entro i successivi quindici giorni, pena la decadenza della comunicazione unica regionale.».

Questa disposizione, nel prevedere ulteriori casi di impiego del fascicolo informatico di impresa, sia a carico dell'amministrazione che a carico dell'interessato, non tiene conto che i profili applicativi del fascicolo di impresa sono gia' previsti nell'art. 4, comma 6 del decreto legislativo n. 219/2016, che affida ad un apposito decreto del Ministero dello sviluppo economico la definizione di termini e modalita' operativi per l'inserimento di atti e provvedimenti nel fascicolo di impresa.

L'art. 6, comma 2, riduce la portata della clausola di salvaguardia dei vincoli rispetto a quanto previsto all'art. 19, comma 1, legge n. 241/1990, poiche' dispone che sono fatti salvi «i casi in cui sussistano vincoli ambientali, paesaggistici o culturali di cui all'art. 19, comma 1, legge n. 241/1990»; restano quindi escluse le altre eccezioni previste dall'art. 19, comma 1, vale a dire quelle relative alla «difesa nazionale, alla pubblica sicurezza, all'immigrazione, all'asilo, alla cittadinanza, all'amministrazione della giustizia, all'amministrazione delle finanze, ivi compresi gli atti concernenti le reti di acquisizione del gettito, anche derivante dal gioco, nonche' di quelli previsti dalla normativa per le costruzioni in zone sismiche e di quelli imposti dalla normativa comunitaria».

Il comma 2 prevede inoltre che entro 60 giorni dal ricevimento della CUR, le amministrazioni competenti effettuano i controlli e fissano un ulteriore termine non inferiore a 60 giorni per ottemperare alle relative prescrizioni.

Anche in tale previsione vi e' un aggravio rispetto alla SCIA, per la quale l'art. 19, comma 3 della legge n. 241/1990 stabilisce che l'interessato, decorsi 60 giorni per i controlli da parte delle amministrazioni competenti, ha un ulteriore termine non inferiore a 30 giorni per conformare la sua attivita' alla normativa vigente.

La previsione regionale, anche se apparentemente favore del privato istante, si traduce in una estensione generale dei termini del procedimento, contraria al parametro delle ulteriori semplificazioni che e' la condicio per giustificare la deroga alla normativa generale.

La prescrizione di adeguamenti e la risposta dell'interessato fanno infatti parte integrante del complessivo procedimento; e la durata di questo, nell'ottica della semplificazione dell'azione amministrativa considerata nel suo insieme, non puo' essere protratta oltre un limite massimo uniforme, neanche a beneficio del singolo interessato. L'azione amministrativa procedimentale, in quanto prestazione pubblica nel senso sopra ricordato, e' infatti un bene «indivisibile», che non puo' essere ridotto a prestazione individuale rivolta ad un singolo istante; sicche' la protrazione eccessiva del procedimento instaurato da un singolo si traduce nella sottrazione di risorse procedimentali (ontologicamente scarse) a danno di tutti gli altri interessati, potenziali o attuali.

L'art. 6, comma 6, prevede che la Giunta regionale d'intesa con il sistema camerale, individui i procedimenti per i quali si applica la CUR (comunicazione unica regionale), senza prevedere i casi in cui alla comunicazione sia necessario allegare le attestazioni e le asseverazioni per consentire alle amministrazioni competenti di effettuare i controlli. Esso contrasta, percio', con il principio di tutela dei livelli minimi essenziali. Infatti, non tiene conto che, al fine di semplificare e standardizzare i regimi amministrativi su tutto il territorio nazionale, il decreto legislativo n. 222 del 2016 ha gia' effettuato l'individuazione dei procedimenti oggetto di autorizzazione, SCIA, silenzio assenso e comunicazione, ivi compresi i casi in cui occorra allegare asseverazioni e certificazioni (art.

2, comma 2 ultima parte decreto legislativo cit.: «Alla comunicazione sono allegate asseverazioni o certificazioni ove espressamente previste da disposizioni legislative o regolamentari.»); cosi' attuando la delega ex art. 5 del medesimo decreto legislativo, ed anche rendendo efficace l'obbligo a cui l'Italia era tenuta ai sensi dell'art. 14 del decreto legislativo n. 59 del 2010 (attuativo della direttiva servizi, 2006/123/UE), secondo cui i «regimi autorizzatori possono essere istituiti o mantenuti solo se giustificati da motivi imperativi di interesse generale, nel rispetto dei principi di non discriminazione, di proporzionalita'».

In tal modo, la prefigurata disciplina regionale della CUR va a sovrapporsi, per giunta senza chiari criteri di esercizio, al complesso della normativa uniforme statale ed europea gia' in vigore, determinando un accrescimento dell'incertezza e della complessita' normativa ed operativa, palesemente contrario al principio di semplificazione e ai livelli di semplificazione ormai determinati dalla richiamata normativa uniforme.

In conclusione, non emergono i vantaggi della CUR e cioe' le «maggiori semplificazioni» che attraverso questa si potrebbero ottenere, tali da giustificare la sostituzione della SCIA che, com'e' noto, attiene ai livelli essenziali. Anzi, il regime della CUR, in parte dettato dalla legge impugnata, in parte da questa rinviato a fonti ulteriori sublegislative, appare idoneo ad accrescere la complessita' normativa e l'incertezza operativa a carico delle imprese, non essendo chiaro il modo in cui il sistema comunicativo prefigurato dalla legge regionale vada ad inserirsi nel sistema uniforme dettato a livello (almeno) nazionale. Laddove l'uniformita' di disciplina a livello nazionale del sistema comunicativo appare indispensabile, considerato che le diverse attivita' toccate dal sistema possono essere esercitate sull'intero territorio nazionale, sia pure partendo da una sede operativa posta in una singola regione; e che, inversamente, un operatore situato in una regione puo' disporre di piu' sedi operative dislocate in regioni diverse; sedi operative che non possono essere ovviamente assoggettate a regimi comunicativi differenziati.

Le norme sopra descritte, contenute nell'art. 6 della legge regionale in esame, sono pertanto in contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera m) della Cost., poiche' derogano nei sensi descritti ai livelli essenziali aggravando il procedimento; e con la lettera e), in quanto inficiano la tutela della concorrenza, introducendo differenziazioni tra le regioni, parimenti non giustificate dal parametro dei «livelli maggiori di semplificazione».

Sulla esigenza di assicurare l'unitarieta' del sistema e il principio di certezza del diritto, valore preminente che deve essere protetto in maniera uniforme dall'ordinamento, si e' espressa recentemente in tal senso codesta ecc.ma Corte costituzionale, con la sentenza n. 49 del 2016, in materia di SCIA edilizia.

L'art. 7 riscrive la disciplina della conferenza di servizi, come modificata dal decreto legislativo n. 127 del 2016, derogando in peius la normativa statale generale, poiche' aggrava e rende incerti i termini dei procedimenti amministrativi, a svantaggio dei cittadini e delle imprese.

L'art. 7 infatti non prevede termini perentori per l'adozione delle determinazioni da parte delle amministrazioni competenti, ne' una scansione dei termini al fine consentire il rispetto del termine di conclusione del procedimento.

Parimenti l'art. 7 non prende in considerazione la tutela degli interessi sensibili nel caso in cui siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela ambientale, paesaggistico-territoriale, dei beni culturali o alla tutela della salute dei cittadini. In particolare l'art. 7, comma 6:   alla lettera a) disciplina l'ipotesi in cui non sia necessario convocare una conferenza di servizi, ma non e' chiaro il termine entro il quale l'interessato deve produrre la documentazione integrativa richiesta dall'amministrazione procedente («ovvero dal ricevimento delle integrazioni»). Non si rinvia infatti all'art. 2, comma 7 della legge n. 241/1990 («i termini di cui ai commi 2, 3, 4 e 5 del presente articolo possono essere sospesi, per una sola volta e per un periodo non superiore a trenta giorni, per l'acquisizione di informazioni o di certificazioni relative a fatti, stati o qualita' non attestati in documenti gia' in possesso dell'amministrazione stessa o non direttamente acquisibili presso altre pubbliche amministrazioni.»), in tal modo rendendo incerto il termine per l'adozione del provvedimento conclusivo del procedimento;   alla lettera b), relativa all'ipotesi in cui sia necessario convocare una conferenza di servizi, poiche' devono essere acquisiti pareri, autorizzazioni o altri atti di assenso, non pone un termine per l'integrazione documentale, ne' rinvia all'art. 2, comma 7, legge n. 241/1990, e cio' rende incerto non solo il termine per la convocazione della conferenza di servizi, ma anche il termine per l'applicazione del silenzio assenso (comma 6, lettera b e comma 9), che dipende dal termine per l'integrazione documentale (lettere a e b del comma 6);   La norma non prevede poi, come stabilito nell'art. 14-bis, legge n. 241/1990, che la modalita' di svolgimento dei lavori della conferenza in modalita' telematica sia «la regola», che invece resta una scelta facoltativa dell'amministrazione procedente; ne' distingue i casi in cui nel procedimento siano coinvolte amministrazioni preposte alla tutela degli interessi sensibili, a svantaggio delle tutele che invece sono garantite dalla legge n. 241/1990 (art. 14-bis e art. 17-bis).

Infatti, senza considerare i termini per l'integrazione documentale, che, come detto, restano incerti, l'art. 7 prevede che il procedimento della conferenza di servizi si concluda sempre entro il termine massimo di 47 giorni dalla presentazione dell'istanza (infatti, dalla presentazione decorrono 15 giorni per l'integrazione documentale, 7 giorni per la convocazione, 15 giorni per lo svolgimento della conferenza di servizi, 10 giorni per l'adozione del provvedimento conclusivo).

In tal modo, la disciplina prefigurata dalla legge regionale da un lato aggrava il procedimento rendendone incerta la durata e non prevedendo che la modalita' telematica sia la regola; dall'altro, trascura la necessaria tutela «rinforzata» degli interessi sensibili, invece garantita dalla disciplina uniforme statale.

Evidente e', quindi, la contrarieta' della normativa regionale anche in questa parte all'art. 117, comma 2, lettera m) Cost.

L'art. 7, comma 7, dal suo canto, prevede: «Qualora l'intervento sia soggetto a valutazione d'impatto ambientale (VIA) o a valutazione ambientale strategica (VAS), verifica di VIA, verifica di VAS, a quelle previste per le aziende a rischio d'incidente rilevante (ARIR) di cui al decreto legislativo 26 giugno 2015, n. 105 (Attuazione della direttiva 2012/18/UE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti connessi con determinate sostanze pericolose), a quelle previste per gli impianti assoggettati ad autorizzazione integrata ambientale (AIA) di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) ad autorizzazione unica per nuovo impianto di smaltimento e di recupero dei rifiuti di cui al decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) o ad autorizzazione unica per impianto alimentato ad energia rinnovabile di cui all'art. 12 del decreto legislativo 29 dicembre 2003, n. 387 (Attuazione della direttiva 2001/77/CE relativa alla promozione dell'energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato interno dell'elettricita'), oppure ad alcuno dei casi individuati dall'art. 20, comma 4, della legge n. 241/1990, i termini di cui alla lettera b), del comma 6, decorrono dalla comunicazione dell'esito favorevole delle relative procedure».

A sua volta, il precedente comma 6, alla lettera b), prevede che il SUAP, al fine di addivenire al provvedimento conclusivo, «convoca entro sette giorni dal decorso del termine di cui al comma 5, ovvero dal ricevimento delle integrazioni, la conferenza di servizi da svolgersi in seduta unica anche in via telematica entro i successivi quindici giorni lavorativi, qualora sia necessario acquisire pareri, autorizzazioni o altri atti di assenso comunque denominati, di amministrazioni diverse da quella comunale».

Da tali disposizioni risulta implicitamente, ma chiaramente, che la disciplina regionale configura la procedura di VIA come una procedura autonoma rispetto a quella volta al rilascio del provvedimento autorizzatorio, anche se ovviamente ad essa funzionalmente collegata.

Tale assetto e' in contrasto con quanto previsto dalle modifiche apportate per effetto del decreto legislativo n. 104/2017 all'art.

27-bis del decreto legislativo n. 152/2006, che disciplina in modo dettagliato ed articolato il procedimento per ottenere il rilascio di un provvedimento unico regionale.

In particolare rileva in questa sede il comma 7 che dispone: «Fatto salvo il rispetto dei termini previsti dall'art. 32 per il caso di consultazioni transfrontaliere, entro dieci giorni dalla scadenza del termine di conclusione della consultazione ovvero dalla data di ricevimento delle eventuali integrazioni documentali, l'autorita' competente convoca una conferenza di servizi alla quale partecipano il proponente e tutte le Amministrazioni competenti o comunque potenzialmente interessate per il rilascio del provvedimento di VIA e dei titoli abilitativi necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto richiesti dal proponente. La conferenza di servizi e' convocata in modalita' sincrona e si svolge ai sensi dell'art. 14-ter della legge 7 agosto 1990, n. 241. Il termine di conclusione della conferenza di servizi e' di centoventi giorni decorrenti dalla data di convocazione dei lavori. La determinazione motivata di conclusione delta conferenza di servizi costituisce il provvedimento autorizzatorio unico regionale e comprende il provvedimento di VIA e i titoli abilitativi rilasciati per la realizzazione e l'esercizio del progetto, recandone l'indicazione esplicita. Resta fermo che la decisione di concedere i' titoli abilitativi di cui al periodo precedente e' assunta sulla base del provvedimento di VIA, adottato in conformita' all'art. 25, commi 1, 3, 4, 5 e 6, del presente decreto».

Non e' quindi ammessa la scissione tra procedimento in conferenza di servizi ai fini della VIA e ai fini dell'autorizzazione o abilitazione.

La scissione si traduce in un evidente aggravio della complessita', con compromissione del livello uniforme di semplificazione ormai raggiunto in materia.

Il contrasto e' inoltre apprezzabile anche con riferimento all'art. 14, comma 4, legge n. 241/1990, il quale dispone che «qualora un progetto sia sottoposto a valutazione di impatto ambientale di competenza regionale, tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del medesimo progetto, vengono acquisiti nell'ambito di apposita conferenza di servizi, convocata in modalita' sincrona ai sensi dell'art. 14-ter, secondo quanto previsto dall'art. 27-bis del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152».

Tali previsioni - disciplinando il procedimento di VIA - sono di competenza legislativa statale in materia di «tutela dell'ambiente e dell'ecosistema», di cui all'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost.

Il contrasto con le medesime si traduce dunque in una causa di illegittimita' costituzionale, per violazione anche di tale parametro costituzionale.

I ricordati art. 27-bis e art. 14, inoltre, sono norme di semplificazione amministrativa adottate dal legislatore statale nell'esercizio della propria competenza in materia di «livelli essenziali delle prestazioni» ex art. 117, secondo comma, lettera m), Cost., tali da vincolare i legislatori regionali, conformemente a quanto stabilito da codesta Corte costituzionale ex multis con la sentenza n. 203 del 2012. Si e' gia' illustrato come la disciplina regionale in parte qua si traduca nella vanificazione del livello uniforme di semplificazione ormai raggiunto.

Da qui, dunque, anche la violazione di tale parametro costituzionale.

Infine la norma contenuta nell'art. 7, comma 8, prevede: «... Il procedimento e' espressamente concluso con provvedimento di: .... c) rigetto, che puo' essere adottato nei soli casi di motivata impossibilita' ad adeguare il progetto presentato per la presenza di vizi o carenze tecniche insanabili ...».

La previsione limita il provvedimento di «diniego assoluto» alle sole ipotesi di vizi o carenze tecniche insanabili del progetto, escludendo, quindi, la possibilita' di un diniego assoluto che riguardi la stessa localizzazione dell'intervento, precludendone l'autorizzazione (cosiddetta «opzione zero»).

Invero, la legge in esame, nel medesimo art. 7, comma 7, precisa, che «Qualora l'intervento sia soggetto a valutazione d'impatto ambientale (VIA) ... oppure ad alcuno dei casi individuati dall'art.

20, comma 4, della legge n. 241/1990 [patrimonio culturale e paesaggistico, l'ambiente, la tutela dal rischio idrogeologico, la difesa nazionale, la pubblica sicurezza, l'immigrazione, l'asilo e la cittadinanza, la salute e la pubblica incolumita', ai casi in cui la normativa comunitaria], i termini di cui alla lettera b), del comma 6, decorrono dalla comunicazione dell'esito favorevole delle relative procedure»; ma tale espressa esclusione dall'ambito di applicazione delle disposizioni regionali di semplificazione non e' contenuta nel comma 8 in esame.

Pertanto, poiche' in tal modo la disposizione sopra riportata si applica anche quando sono coinvolti i beni culturali e paesaggistici, essa si pone in contrasto con la normativa statale a tutela dei beni culturali e del paesaggio.

Infatti, se il «diniego propositivo» e' ammissibile qualora si tratti di interventi manutentivi o di risanamento conservativo e di restauro, spesso in se' necessari per la stessa conservazione del bene protetto, senza consumo di suolo inedificato, non altrettanto puo' dirsi nei casi in cui, invece, il procedimento abbia ad oggetto l'attivazione di nuovi interventi comportanti consumo di nuovo suolo verde o profonda e irreversibile alterazione del bene culturale tutelato: rispetto a tali casi le autorita' preposte alla tutela dei beni culturali e paesaggistici possono e devono, se del caso, opporre un diniego o un parere negativo non condizionato, e proporre diverse localizzazioni, il che si traduce in un diniego per ragioni «localizzative».

La disciplina regionale in esame preclude tale possibilita'.

L'art. 7, comma 9 prevede che: «... Decorsi dieci giorni lavorativi dal termine di cui alla lettera a) del comma 6, ovvero dalla seduta della conferenza di servizi di cui alla lettera b) del comma 6, senza che sia stato emanato il provvedimento conclusivo, il procedimento si intende concluso positivamente». Il comma in esame prevede il silenzio assenso a valle della conferenza di servizi, istituto non applicabile nel procedimenti ad istanza di parte riguardanti la materia dei beni culturali e del paesaggio.

Infatti, come stabilito dal Consiglio di Stato con il parere n.

1640 del 13 luglio 2016, l'istituto del silenzio assenso di cui all'art. 17-bis della legge n. 241/1990 opera in tutti i procedimenti che prevedano una fase co-decisoria necessaria di competenza di altra amministrazione (silenzio assenso «orizzontale»), non applicandosi, percio', ove la richiesta non provenga dall'amministrazione procedente, ma dal privato destinatario dell'atto, direttamente o per il tramite dello Sportello unico.

In tali ipotesi, viene in rilevo il rapporto e privato-pubblica amministrazione e trova applicazione, pertanto, l'art. 20 della legge n. 241/1990, che esclude l'applicabilita' del silenzio-assenso agli interessi sensibili.

Le disposizioni di cui ai citati comma 8 e 9 dell'art. 7 della legge regionale in esame, risultano quindi in contrasto con l'art.

117, secondo comma, lettera s), Cost. che riserva la competenza legislativa esclusiva in materia di tutela di beni culturali e paesaggio allo Stato con riferimento alle le norme interposte di cui al codice dei beni culturali e del paesaggio riguardanti le autorizzazioni relative agli interventi sul patrimonio culturale (in particolare gli articoli 21 e 146 decreto legislativo n. 42/2004).

L'art. 8, comma 2, della legge regionale in esame prevede: «In ogni caso, le irregolarita' riscontrate in sede di verifica derivanti dall'inosservanza dei requisiti minimi pubblicati ai sensi dell'art.

6, comma 7, non possono dare luogo a provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' senza che prima sia stato concesso un termine congruo per la regolarizzazione non inferiore a centottanta giorni, salvo non sussistano irregolarita' tali da determinare gravi pericoli per la popolazione, l'ambiente o l'ordine pubblico. Le pubbliche amministrazioni, all'esito di procedimenti di verifica, non possono richiedere adempimenti ulteriori ne' irrogare sanzioni che non riguardino esclusivamente il rispetto dei requisiti minimi».

Il menzionato art. 6, comma 7, a sua volta, prevede che «la comunicazione unica regionale di cui ai commi 1 e 5, il verbale degli esiti dei controlli espletati dalle autorita' competenti, nonche' il provvedimento di autorizzazione o inibizione, sono trasmessi a cura del SUAP o delle autorita' competenti con modalita' telematica al registro delle imprese per l'inserimento e la conservazione nel fascicolo informatico d'impresa».

Cio' che qui interessa, in particolare, e' il riferimento ai «controlli espletati dalle autorita' competenti» che, in base al tenore testuale della disposizione, non possono non comprendere i controlli in materia di AIA.

Ebbene, dal combinato disposto delle previsioni sopra richiamate deriva che, anche nei casi in cui a seguito dei controlli in materia di AIA emergessero irregolarita', vige l'impossibilita' di provvedimenti di divieto di prosecuzione dell'attivita' in assenza di termine congruo per la regolarizzazione non inferiore a centottanta giorni, «salvo non sussistano irregolarita' tali da determinare gravi pericoli per la popolazione, l'ambiente o l'ordine pubblico».

Tale previsione viola il disposto dell'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost., in relazione all'art. 29-decies, comma 9, del decreto legislativo n. 152/2010.

In particolare, il contrasto e' apprezzabile con quanto previsto dall'art. 29-decies, comma 9, cit. il quale dispone: «In caso di inosservanza delle prescrizioni autorizzatorie o di esercizio in assenza di autorizzazione, ferma restando l'applicazione delle sanzioni e delle misure di sicurezza di cui all'art.

29-quattuordecies, l'autorita' competente procede secondo la gravita' delle infrazioni: a) alla diffida, assegnando un termine entro il quale devono essere eliminate le inosservanze, nonche' un termine entro cui, fermi restando gli obblighi del gestore in materia di autonoma adozione di misure di salvaguardia, devono essere applicate tutte le appropriate misure provvisorie o complementari che l'autorita' competente ritenga necessarie per ripristinare o garantire provvisoriamente la conformita'; b) alla diffida e contestuale sospensione dell'attivita' per un tempo determinato, ove si manifestino situazioni, o nel caso in cui le violazioni siano comunque reiterate piu' di due volte all'anno; c) alla revoca dell'autorizzazione e alla chiusura dell'installazione, in caso di mancato adeguamento alle prescrizioni imposte con la diffida e in caso di reiterate violazioni che determinino situazioni di pericolo o di danno per l'ambiente; d) alla chiusura dell'installazione, nel caso in cui l'infrazione abbia determinato esercizio in assenza di autorizzazione».

Il vincolante riferimento della disposizione regionale soltanto a «irregolarita' tali da determinare gravi pericoli per la popolazione, l'ambiente o l'ordine pubblico» vanifica palesemente il sistema di tutela degli essenziali interessi ambientali apprestato dall'art.

29-decies, comma 9, del decreto legislativo n. 152/2010, e determina quindi un ulteriore contrasto con l'art. 117, comma 2, lettera s) Cost.

 

P.Q.M.

 

Il Presidente del Consiglio come sopra rappresentato e difeso ricorre a codesta ecc.ma Corte costituzionale affinche' voglia dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 6, 7 e 8 della legge regionale dell'Abruzzo n. 51/2017 pubblicata nel Bollettino Ufficiale della Regione del 20 settembre 2017, n. 38.

Si produce in estratto conforme la delibera del Consiglio dei ministri del 10 novembre 2017.

Si producono altresi' i seguenti documenti:

1) legge regionale impugnata.

Roma, 20 novembre 2017

L'Avvocato dello Stato: Aiello