RICORSO N. 3 DEL 3 GENNAIO 2018 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 3 gennaio 2018.

(GU n. 6 del 7.2.2018)

 

Ricorso ex art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato presso i cui uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, e' domiciliato per legge;   Contro la Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol, in persona del presidente in carica della giunta regionale, con sede a Trento, via Gazzoletti, 2, per la declaratoria della illegittimita' costituzionale giusta deliberazione del Consiglio dei Ministri assunta nella seduta del giorno 22 dicembre 2017, dell'art. 1 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol 31 ottobre 2017, n. 8 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol n. 44, numero straordinario n. 1, del 31 ottobre 2017.

 

Premesse di fatto

 

In data 31 ottobre 2017, sul n. 44 - numero straordinario n. 1 - del Bollettino ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol, e' stata pubblicata la legge 31 ottobre 2017, n. 8, intitolata «Istituzione del nuovo comune di Sen Jan di Fassa - Sen Jan mediante la fusione dei comuni di Pozza di Fassa-Poza e Vigo di Fassa-Vich».

In particolare, ed ai fini che qui interessano, l'art. 1 della legge dispone l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2018, del Comune di Sen Jan di Fassa-Sen Jan mediante la fusione dei comuni di Pozza di Fassa-Poza e Vigo di Fassa-Vich. Tale disposizione, nella parte in cui la denominazione del Comune di nuova istituzione e' espressa soltanto in lingua ladina - anziche' congiuntamente in lingua italiana e in lingua ladina -, e' costituzionalmente illegittima perche' eccede le competenze regionali violando, in primo luogo, e frontalmente, l'art. 99 dello Statuto di autonomia del Trentino-Alto Adige/Sudtirol - approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 - nonche', e comunque, i principi desumibili dagli articoli 6 e 5 della Carta fondamentale.

Tale norma viene pertanto impugnata con il presente ricorso ex art. 127 Cost. affinche' ne sia dichiarata la illegittimita' costituzionale e ne sia pronunciato il conseguente annullamento per i seguenti

 

Motivi di diritto

 

Come s'e' detto in premessa, l'art. 1 della legge dispone l'istituzione, a decorrere dal 1° gennaio 2018, del Comune di Sen Jan di Fassa-Sen Jan mediante la fusione dei comuni di Pozza di Fassa-Poza e Vigo di Fassa-Vich.

La norma costituisce espressione della potesta' legislativa riservata alla Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol dall'art. 7 dello Statuto di autonomia - approvato con decreto del Presidente della Repubblica 31 agosto 1972, n. 670 - a mente del quale «Con leggi della Regione, sentite le popolazioni interessate, possono essere istituiti nuovi comuni e modificate le loro circoscrizioni e denominazioni».

Tale disposizione, nella parte in cui la denominazione del Comune di nuova istituzione e' espressa soltanto in lingua ladina - anziche' congiuntamente in lingua italiana e in lingua ladina -, e' costituzionalmente illegittima contrastando innanzitutto con l'art.

99 dello Statuto di autonomia - che, come noto, ha valore e forza di legge costituzionale - a mente del quale (anche) nella Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol la lingua ufficiale dello Stato e' quella italiana; ma si pone pure in contrasto con i principi desumibili dagli articoli 6 e 5 Cost. che, garantendo, la prima, la tutela delle minoranze linguistiche e, la seconda, l'unita' e l'indivisibilita' della Repubblica, ostano a previsioni discriminatorie della maggioranza linguistica italiana e, quindi, all'utilizzo di denominazioni toponomastiche espresse, come nella fattispecie, unicamente nell'idioma locale.

E' ben vero che lo stesso Statuto garantisce, all'art. 102, una tutela specifica alle popolazioni ladine del Trentino - «le popolazioni ladine e quelle mochene e cimbre dei comuni di Fierozzo, Frassilongo, Palu' del Fersina e Luserna hanno diritto alla valorizzazione delle proprie iniziative ed attivita' culturali, di stampa e ricreative, nonche' al rispetto della toponomastica e delle tradizioni delle popolazioni stesse» -; ma e' altrettanto vero che il rispetto della toponomastica delle popolazioni ladine non puo' risolversi nell'eliminazione, tout court, della toponomastica italiana.

Detto in altri termini, la tutela della minoranza linguistica ladina si realizza, in ambito toponomastico, su un piano di concorrenza, e non di alternativita', e, quindi, mediante la compresenza della denominazione italiana del toponimo - lingua che, come dichiara e riconosce lo stesso Statuto, e' e rimane la lingua ufficiale dello Stato - e di quella ladina.

Opinare diversamente, e consentire la presenza della sola toponomastica locale significherebbe infatti operare un'inaccettabile, inammissibile e, soprattutto, costituzionalmente illegittima discriminazione alla rovescia a danno della maggioranza (linguistica) italiana.

Tant'e' che, anche nella Provincia autonoma di Bolzano - ove, com'e' noto, vige un bilinguismo perfetto anche in ambito toponomastico - i nomi dei luoghi debbono essere indicati sia in lingua italiana sia in lingua tedesca: non a caso l'art. 101 dello Statuto stabilisce che «nella provincia di Bolzano le amministrazioni pubbliche devono usare, nei riguardi dei cittadini di lingua tedesca, anche la toponomastica tedesca», evidenziando la particella aggiuntiva «anche» la concomitante necessaria presenza del toponimo italiano.

Coerente con l'impostazione statutaria e' del resto il decreto legislativo 16 dicembre 1993, n. 592, recante «Norme di attuazione dello statuto speciale della regione Trentino Alto Adige concernenti disposizioni di tutela delle popolazioni ladine, mochena e cimbra della provincia di Trento» - il quale, nell'individuare le localita' ladine (art. 5), elenca i comuni di «Campitello di Fassa-Ciampedel, Canazei-Cianacei, Mazzin-Mazin, Moena-Moena, Pozza di Fassa-Poza, Soraga-Soraga e Vigo di Fassa-Vich», tutti espressi rigorosamente - e correttamente - nella forma bilingue.

Insomma, se nella provincia di Bolzano - nella quale vige la regola del bilinguismo perfetto - la tutela delle minoranze tedesche e ladine non esonera dall'utilizzo della toponomastica italiana, a piu' forte ragione nella provincia di Trento - nella quale il bilinguismo non opera - la tutela delle minoranze ladine, mochene e cimbre non puo' esimere dal - contestuale e primario - utilizzo della lingua ufficiale nazionale.

L'analisi sistematica della normativa statale emanata in attuazione dell'art. 6 della Costituzione conferma l'esattezza delle conclusioni attinte in merito alla palese illegittimita' costituzionale della disposizione impugnata.

A cominciare dalla legge 15 dicembre 1999, n. 482, contenente «Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche» ed applicabile anche nelle regioni a statuto speciale fino all'entrata in vigore di specifiche norme di attuazione (cosi' l'art. 18, comma 2), il cui art. 1, pur dichiarando che la Repubblica promuove la valorizzazione, oltre che del patrimonio linguistico e culturale della lingua italiana, di quello delle lingue e delle culture tutelate dalla stessa legge (comma 2), e' pero' assolutamente perentorio ed inequivoco nell'affermare che «La lingua ufficiale della Repubblica e' l'italiano» (comma 1).

Il successivo art. 10 precisa poi che «nei comuni di cui all'art.

3 - in quelli, cioe', nei quali sono presenti minoranze linguistiche storiche: n.d.r. -, in aggiunta ai toponimi ufficiali, i consigli comunali possono deliberare l'adozione di toponimi conformi alle tradizioni e agli usi locali»: la norma, dunque, contempla la possibilita' di aggiungere al toponimo ufficiale - che e' quello italiano, lingua ufficiale dello Stato ai sensi del precedente art. 1 - il toponimo locale, e non certo la facolta' di eliminare il primo «a beneficio» del secondo, come ha appunto illegittimamente fatto la legge regionale qui impugnata.

Il quadro normativo sopra richiamato si completa con la legge provinciale trentina 27 agosto 1987, n. 16, recante «Disciplina della toponomastica», la quale, pur non occupandosi - stante la competenza regionale al riguardo - della denominazione dei comuni, al Capo II, intitolato «Uso della toponomastica», nel definire criteri e modalita' per l'attribuzione delle denominazioni delle frazioni (art.

7) nonche' delle strade, piazze cd edifici pubblici (art. 8), chiarisce comunque, all'art. 10, che «ferme restando le denominazioni attribuite in base agli articoli precedenti che hanno carattere ufficiale, le amministrazioni comunali possono deliberare di affiancare - e non sostituire: n.d.r. - ad esse i toponimi tradizionalmente usati in sede locale» (comma 1).

Ancor piu' di recente, l'art. 19 della legge provinciale trentina 19 giugno 2008, n. 6 - «Norme di tutela e promozione delle minoranze linguistiche locali» - stabilisce che, «fatte salve le denominazioni dei comuni, le indicazioni e le segnalazioni relative a localita' e toponimi di minoranza sono di regola espresse nella sola denominazione ladina, mochena e cimbra» (comma 6): da questa legge risulta dunque che, mentre le localita' e i toponimi di minoranza possono essere - e sono di regola - espressi nel solo idioma locale (ladino, mocheno o cimbro), questo non puo' avvenire per le denominazioni dei comuni le quali debbono essere necessariamente espresse anche - e soprattutto - in italiano - lingua ufficiale dello Stato -, tant'e' che la stessa legge, nel momento in cui individua gli ambiti territoriali di insediamento delle minoranze, indica tutte le denominazioni dei comuni in forma bilingue.

La centralita' dell'italiano - che, come lingua ufficiale dello Stato, non puo' essere sostituito da altre lingue locali le quali possono, al piu', affiancarlo - trova del resto conferma nella recente sentenza di codesta Corte n. 42/2017 la quale, sia pure in diversa fattispecie, ha ribadito, in relazione al principio fondamentale della tutela delle minoranze linguistiche di cui all'art. 6 della Costituzione, «come la lingua sia "elemento fondamentale di identita' culturale e ... mezzo primario di trasmissione dei relativi valori" (sentenza n. 62 del 1992), "elemento di identita' individuale e collettiva di importanza basilare" (sentenza n. 15 del 1996). Cio' che del pari vale per l'unica lingua ufficiale" del sistema costituzionale (sentenza n. 28 del 1982) - la lingua italiana - la cui qualificazione, ricavabile per implicito dall'art. 6 Cost. ed espressamente ribadita nell'art.

1, comma 1, della legge 15 dicembre 1999, n. 482 (Norme in materia di tutela delle minoranze linguistiche e storiche), oltre che nell'art.

99 dello Statuto speciale per il Trentino-Alto Adige, "non ha evidentemente solo una funzione formale, ma funge da criterio interpretativo generale", teso a evitare che altre lingue "possano essere intese come alternative alla lingua italiana" o comunque tali da porre quest'ultima "in posizione marginale" (sentenza n. 159 del 2009)».

Alla stregua delle considerazioni che precedono puo' dunque concludersi che, indicando nella sola lingua ladina la denominazione del Comune di nuova istituzione di Sen Jan di Fassa-Sen Jan - risultante dalla fusione dei Comuni di Pozza di Fassa-Poza e Vigo di Fassa-Vich, nella cui denominazione era peraltro storicamente presente anche quella italiana di San Giovanni -, la Regione autonoma del Trentino-Alto Adige/Sudtirol ha esercitato in modo costituzionalmente non corretto la competenza legislativa alla stessa spettante in materia di denominazione dei comuni di nuova istituzione: con cio' violando, ad un tempo, la norma di cui all'art.

99 dello Statuto di autonomia e i principi ricavabili dagli articoli 6 e 5 della Carta fondamentale.

 

P.Q.M.

 

Il Presidente del Consiglio dei ministri chiede che codesta ecc.ma Corte voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo, e conseguentemente annullare, per i motivi sopra rispettivamente indicati ed illustrati, l'art. 1 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol 31 ottobre 2017, n. 8 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol n. 44 - numero straordinario n. 1 - del 31 ottobre 2017, come da delibera del Consiglio dei Ministri assunta nella seduta del giorno 22 dicembre 2017.

Con l'originale notificato del ricorso si depositeranno i seguenti atti e documenti:   1. attestazione relativa alla approvazione, da parte del Consiglio dei Ministri nella riunione del giorno 22 dicembre 2017, della determinazione di impugnare l'art. 1 della legge della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol 31 ottobre 2017, n. 8 pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol n. 44 - numero straordinario n. 1 del 31 ottobre 2017, secondo i termini e per le motivazioni di cui alla allegata relazione del Ministro per gli affari regionali e le autonomie;   2. copia della legge regionale impugnata pubblicata nel Bollettino ufficiale della Regione autonoma Trentino-Alto Adige/Sudtirol n. 44 - numero straordinario n. 1 - del 31 ottobre 2017.

Con riserva di illustrare e sviluppare in prosieguo i motivi di ricorso anche alla luce delle difese avversarie.

Roma, 24 dicembre 2017

p. Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Salvatorellli