RICORSO N. 6 DEL 23 GENNAIO 2018 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 23 gennaio 2018.

(GU n. 7 del 14.2.2018)

 

Ricorso ai sensi dell'art. 127 Cost. del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato, nei cui uffici domicilia in Roma dei Portoghesi, 12 contro la Regione Liguria, in persona del Presidente in carica per l'impugnazione della legge regionale della Liguria 10 novembre 2017, n. 25, pubblicata sul Bollettino Ufficiale della Regione Liguria n.

16 del 15 novembre 2017, recante «Qualificazione e tutela dell'impresa balneare», in relazione:   - all'art. 1, comma 2;   - all'art. 3;   - all'art. 4, comma 1, lettera b) e comma 2;   - all'art. 6.

La legge regionale della Liguria n. 25 del 2017 ha la finalita', enunciata nel suo art. 1, comma 1, della «tutela e qualificazione dell'impresa balneare ligure in considerazione delle specifiche caratteristiche delle aree demaniali a uso turistico ricreativo della Liguria (...) e dell'importanza del ruolo delle attivita' balneari nella vita e nell'economia delle localita' costiere, nonche' del vero e proprio modello tipico di insediamento balneare ligure, con le sue funzioni organizzative».

Nel quadro di tali obiettivi, l'art. 1, comma 2, della legge regionale, stabilisce che «(a)i sensi e per gli effetti dell'art. 16 del decreto legislativo 26 marzo 2010, n. 59 (Attuazione della direttiva 2006/123/CE relativa ai servizi nel mercato interno) e successive modificazioni e integrazioni le imprese balneari liguri, cosi' come definite all'art. 2, in quanto connotanti il paesaggio costiero costituiscono un elemento del patrimonio storico culturale e del tessuto sociale della Regione».

Il successivo art. 3, rubricato «Azioni di tutela», prevede quanto segue:   «1. La Regione, nel riconoscere il ruolo sociale, economico, turistico, storico e culturale delle imprese balneari, nel Piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo (PUD) di cui all'art.

11 della legge regionale 28 aprile 1999, n. 13 (Disciplina delle funzioni in materia di difesa della costa, ripascimento degli arenili, protezione e osservazione dell'ambiente marino e costiero, demanio marittimo e porti) e successive modificazioni e integrazioni prevede una specifica disciplina per il rilascio delle concessioni alle imprese balneari liguri.

2. I comuni nella redazione del Progetto di utilizzo delle aree demaniali marittime di cui all'art. 11-bis della L.R. 13/1999 e successive modificazioni e integrazioni individuano le aree destinate alle imprese che soddisfano i requisiti di cui all'art. 2».

L'art. 4 della legge regionale, rubricato «Azioni di promozione», dispone:   «1. La Regione, in ambito turistico promozionale, attiva azioni ed iniziative tese a:   a) (...);   b) realizzare un marchio di qualita' quale elemento distintivo per promuovere e tutelare l'impresa balneare ligure in quanto attivita' radicata nel territorio regionale e rappresentante parte della cultura e storia locale.

2. Con atto della Giunta regionale sono stabiliti criteri e modalita' di rilascio del marchio di cui al comma 1».

Infine, l'art. 6 della legge regionale, intitolato «Valore aziendale dell'impresa balneare», prevede quanto segue:   «1. In qualsiasi caso e' riconosciuto l'indennizzo del valore aziendale, il titolare dell'impresa balneare ligure puo' a sua cura e spese dotarsi di una perizia giurata redatta da un tecnico abilitato con la quale viene individuato il valore complessivo dell'azienda, costituito, oltre che dal patrimonio aziendale, dall'avviamento».

Nella seduta del 12 gennaio 2018, il Consiglio dei ministri ha deliberato di impugnare la legge regionale in esame, in relazione ai suoi articoli 1, comma 2, 3 (1) , e 4, comma 1, lettera b) e comma 2, nonche' al suo art. 6.

Tali disposizioni sono illegittime per i seguenti

 

Motivi

 

1) In relazione all'art. 117, comma secondo, lettere e) e s), Cost. violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nelle materie della «tutela della concorrenza» e della «tutela dei beni culturali». In relazione all'art. 117, comma primo Cost., violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.

La disciplina concernente il rilascio delle concessioni su beni demaniali marittimi interseca una pluralita' di settori materiali, attribuiti alla competenza sia statale che regionale (si confronti, per tutte, la sentenza n. 40 del 2017).

Alle regioni sono attribuite, dall'art. 105, comma 2, lettera 1) del decreto legislativo n. 112 del 1998, competenze amministrative inerenti al rilascio delle concessioni in uso di beni del demanio marittimo. Le relative funzioni sono esercitate, di regola, dai comuni, ai sensi dell'art. 42 del decreto legislativo n. 96 del 1999, rispetto ai quali le regioni mantengono poteri di indirizzo (cfr.

art. 11, comma 6, della legge n. 217 del 2011 - legge comunitaria 2010 - come modificato dall'art. 34-quater, comma 1, lettera a, del decreto-legge n. 179 del 2012).

La titolarita' dei relativi beni demaniali permane in capo allo Stato, non avendo avuto ancora attuazione, attraverso gli specifici decreti del Presidente del Consiglio dei ministri volti all'individuazione dei singoli beni, l'art. 3, comma 1, lettera a) della legge n. 42 del 2009, che ha prefigurato il trasferimento alle regioni di tali beni.

Secondo la costante giurisprudenza della Corte, «i criteri e le modalita' di affidamento delle concessioni demaniali marittime devono essere stabiliti nell'osservanza dei «principi della libera concorrenza e della liberta' di stabilimento, previsti dalla normativa comunitaria e nazionale» (sentenza n. 213 del 2011, da ultimo ribadita dalla citata sentenza n. 40 del 2017); ambiti da ritenersi estranei, in via di principio, alle possibilita' di intervento legislativo delle Regioni» (cosi' la piu' recente pronuncia della Corte che si e' occupata della materia, la sentenza n. 157 del 2017, da cui si e' tratta la ricostruzione normativa che precede).

Cio' premesso, si e' visto che l'art. 1, comma 2, della legge regionale impugnata stabilisce che - in quanto connotanti il paesaggio costiero - le imprese balneari liguri, cosi' come definite dall'art. 2 della legge regionale medesima, costituiscono un elemento del patrimonio storico culturale e del tessuto sociale della Regione.

L'art. 2, comma 1, della legge regionale rinvia, per l'identificazione della nozione di «impresa balneare ligure», alla legge regionale 12 novembre 2014, n. 32, recante il testo unico delle leggi regionali in materia di strutture turistico ricettive e norme in materia di imprese turistiche (e, dunque, al Titolo VII di tale legge regionale e, in particolare, all'art. 29). Stabilisce, in particolare, tale comma che impresa balneare ligure quella che «esercita» l'attivita' di conduzione dello stabilimento balneare, cosi' come definito dal detto testo unico. Questo riferimento si presta a essere letto nel senso di circoscrivere il campo di applicazione soggettivo della definizione normativa alle imprese che gia' hanno esercitato e attualmente esercitano l'attivita' di conduzione dello stabilimento: non si vede, del resto, come potrebbe ritenersi «elemento del patrimonio storico culturale e del tessuto sociale» un'impresa che ancora non operi.

Il comma 2 del medesimo art. 2 stabilisce, poi, che e' «impresa balneare ligure» esclusivamente quella che rientra nella definizione di micro o piccola impresa di cui al decreto del Ministro delle attivita' produttive del 18 aprile 2005.

Elemento qualificante dell'art. 1, comma 2, della legge regionale non e tanto avere stabilito che le imprese balneari liguri costituiscono un elemento del patrimonio storico culturale e del tessuto sociale della Regione, quanto, soprattutto, averlo fatto «ai sensi e per gli effetti dell'art. 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010».

Questo articolo - che da attuazione all'art. 12 della direttiva 2006/123/CE (c.d. «Direttiva Servizi» o «Bolkestein»), di cui costituisce pressoche' testuale trasposizione - stabilisce quanto segue (sottolineature nostre):   «1. Nelle ipotesi in cui il numero di titoli autorizzatori disponibili per una determinata attivita' di servizi sia limitato per ragioni correlate alla scarsita' delle risorse naturali o delle capacita' tecniche disponibili, le autorita' competenti applicano una procedura di selezione tra i candidati potenziali ed assicurano la predeterminazione e la pubblicazione, nelle forme previste dai propri ordinamenti, dei criteri e delle modalita' atti ad assicurarne l'imparzialita', cui le stesse devono attenersi.

2. Nel fissare le regole della procedura di selezione le autorita' competenti possono tenere conto di considerazioni di salute pubblica, di obiettivi di politica sociale, della salute e della sicurezza del lavoratori dipendenti ed autonomi, della protezione dell'ambiente, della salvaguardia del patrimonio culturale e di altri motivi imperativi d'interesse generale conformi al diritto comunitario.

3. L'effettiva osservanza dei criteri e delle modalita' di cui al comma 1 deve risultare dai singoli provvedimenti relativi al rilascio del titolo autorizzatorio.

4. Nei casi di cui al comma 1 il titolo e rilasciato per una durata limitata e non puo' essere rinnovato automaticamente, ne possono essere accordati vantaggi al prestatore uscente o ad altre persone, ancorche' giustificati da particolari legami con il primo».

Si dimostra, quindi, che obiettivo dell'art. 1, comma 2, della legge regionale e' quello di precostituire un titolo preferenziale alle (esistenti) imprese balneari liguri, nelle future procedure di selezione dei concessionari del demanio marittimo per finalita' turistico ricreative.

Di qui l'evidente violazione dei parametri costituzionali in rubrica.

Non spetta, in primo luogo, alla legge regionale incidere - attraverso l'identificazione di consimili qualificazioni di favore - sui criteri di affidamento delle concessioni demaniali.

Alle considerazioni di politica sociale e di salvaguardia del patrimonio culturale cui allude l'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 59 del 2010, nel momento in cui queste si traducono in elementi preferenziali di selezione dei concessionari, per dare contenuto esclusivamente la legge statale (fermo restando, poi, che la declinazione in concreto dei criteri normativi ben puo' rientrare nell'ambito delle competenze amministrative di regioni ed enti locali), giacche', diversamente, si finirebbe per abdicare all'esigenza della regolazione uniforme, sul piano nazionale, della disciplina della concorrenza e, in ultima analisi, alla parita' di trattamento, al cui presidio e' appunto posto il titolo di competenza legislativa esclusiva dello Stato di cui all'art. 117, comma secondo, lettera e) Cost..

Quanto precede va affermato anche a prescindere dagli aspetti sostanziali della regolazione: ad esempio, l'attribuzione di un privilegio nelle procedure selettive alle micro o piccole imprese - che le legge regionale opera attraverso la «incorporazione» della relativa nozione in quella di impresa balneare ligure - e' scelta politica che ben potrebbe adottare anche il legislatore statale, ma che certamente non puo' riguardare solo una parte del territorio nazionale.

Nella fattispecie, peraltro, l'intervento normativo regionale si presta a fondate censure anche nel merito delle scelte con esso operate.

L'attribuzione in via astratta e aspecifica a tutte le imprese liguri della qualifica di «elemento del patrimonio storico culturale» esorbita, infatti, dalle competenze regionali e invade il settore, di competenza esclusiva statale, della tutela dei beni culturali.

Inoltre, questo e altri elementi, che si sono visti presenti nella norma regionale, finiscono, in violazione del diritto dell'Unione europea, per attribuire un vantaggio ai concessionari gia' operanti, attribuendo ad essi - appunto attraverso il rinvio all'art. 16 del decreto legislativo n. 59 del 2010 - un titolo preferenziale nei successivi affidamenti.

Ora, con formulazione poi ripresa dall'art. 16, comma 4, del decreto legislativo di recepimento, l'art. 12, par. 2, della Direttiva servizi stabilisce, per contro, che non si possono «accordare (...) vantaggi al prestatore uscente o a persone che con tale prestatore abbiano particolari legami».

L'applicabilita' dell'art. 12 della direttiva servizi alle concessioni del demanio marittimo a fini turistico ricreativi e' pacifica: si vedano, per tutte, la sentenza n. 171 del 2013 e la sentenza della Corte di giustizia dell'Unione europea, 14 luglio 2016, cause riunite C-458/14 e C-67/15, Promoimpresa e a..

La norma regionale e', dunque, contrastante anche con il diritto dell'Unione europea, nella misura in cui tende ad attribuire un privilegio alle imprese balneari gia' attive nel territorio ligure.

2) In relazione all'art. 117, comma secondo, lettera e), Cost.

violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materia della «tutela della concorrenza. In relazione all'art. 117, comma primo. Cost., violazione del vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea.

L'art. 3 della legge regionale impugnata stabilisce che la Regione, nel Piano di utilizzazione delle aree del demanio marittimo («PUD») di cui all'art. 11 della legge regionale n. 13 del 1999, prevede una specifica disciplina per il rilascio delle concessioni alle imprese balneari liguri e che i comuni, nel Progetto di utilizzo delle aree demaniali marittime di cui all'art. 11-bis della medesima legge regionale, individuano le aree destinate alle imprese balneari liguri, cosi' come individuate dall'art. 2 della legge regionale impugnata.

Per ragioni del tutto analoghe a quelle individuate nel superiore motivo di ricorso, la disposizione viola la competenza esclusiva statale in materia di tutela della concorrenza e il diritto dell'Unione europea, atteso che essa prefigura una riserva di aree demaniali marittime in favore di imprese selezionate in base a criteri stabiliti dalla. «Legge regionale (la natura di micro o piccolo, imprese e la precedente operativita' quale impresa balneare nel territorio della Liguria).

Evidente e la disomogeneita' che una simile disciplina puo' determinare sul territorio nazionale e la conseguente disparita di trattamento tra imprese che si propongono di operare nel settore, cosi' come la barriera interposta rispetto a possibili nuovi entranti (siano essi imprese nazionali o di altro Stato membro dell'Unione europea).

Di qui la violazione dei parametri indicati in rubrica.

3) In relazione all'art. 117, comma primo, Cost., violazione dei vincoli derivanti dall'ordinamento dell'Unione europea. In relazione all'art. 117, comma secondo, lettera e), Cost. violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materia della «tutela della concorrenza.

L'art. 4, comma 1, lettera b) e comma 2 della legge regionale impugnata demanda alla Regione la realizzazione di un «marchio di qualita'», destinato a costituire elemento distintivo per promuovere e tutelare l'impresa balneare ligure in quanto attivita' radicata nel territorio regionale e rappresentante parte della cultura e storia locale.

Questo medesimo articolo, al comma 2, stabilisce che, con atto della Giunta regionale, sono stabiliti criteri e modalita' di rilascio del marchio di cui al comma 1.

Tale previsione rende chiaro che compito della Giunta regionale non e' - come era, ad esempio, nel caso analizzato nella sentenza n.

242 del 2016 - di promuovere l'ottenimento, secondo le regole proprie di tale settore dell'ordinamento, di un marchio collettivo d'impresa riferito ai servizi resi dalle imprese balneari liguri (facolta', questa, consentita, per i marchi nazionali, dall'art. 29, par. 2, dalla Direttiva (UE) 2015/2436 e, per i marchi dell'Unione europea, dall'art. 74, par. 1, del Regolamento n. 2007/1001/UE, che appunto attribuiscono anche alle «persone giuridiche di diritto pubblico» la possibilita' di depositare la domanda di un marchio collettivo), ma e' quello di istituire un segno distintivo proprio della Regione, definito «marchio di qualita'» che, per le ragioni gia' indicate nel primo motivo di ricorso, potra' essere ottenuto solo dalle imprese (attualmente) operanti nel territorio ligure.

In base a una radicata giurisprudenza della Corte, la disciplina dei segni distintivi e' suscettibile di incidere su plurimi interessi (dei produttori, dei consumatori, della collettivita' al rispetto del principio di verita', del corretto svolgimento della concorrenza), interferendo, correlativamente, su una molteplicita' di materie.

E' stato, quindi, chiarito che «tale criterio porta a ricondurre anche le disposizioni oggi in esame alla materia, riservata alla legislazione dello Stato, della "tutela della concorrenza". A tale materia risulta, infatti, ascrivibile il nucleo essenziale della disciplina recata dalle norme in discussione, avuto riguardo al loro contenuto e alla loro ratio, che si identifica essenzialmente nell'intento di orientare la preferenza del mercato verso una determinata categoria di prodotti, qualificata dal mero territorio di provenienza» (cosi la sentenza n. 209 del 2013. Si confrontino anche le sentenze n. 368 del 2008 e n. 175 del 2005).

Sono considerazioni che si attagliano anche alla fattispecie in esame, senza che rilevi che il marchio di qualita' riguardi, nel nostro caso, servizi e non prodotti.

Inoltre, come confermo' la Corte di giustizia dell'Unione europea nella sentenza 5 novembre 2002, causa C-325/00, Commissione/Germania, richiamata anche dalla sentenza n. 66 del 2013 di codesta Ecc.ma Corte, una misura imputabile alle autorita' pubblica istitutiva di un segno distintivo riservata a prodotti (o a servizi) di origine locale, e' suscettibile di ostacolare direttamente o indirettamente, in atto o in potenza, gli scambi intracomunitari ed e' quindi contraria ai Trattati, per gli effetti restrittivi sulla libera circolazione delle merci o dei servizi tra Stati membri che essa determina (si veda anche la sentenza 13 marzo 2008, causa C-227/06, Commissione/Belgio).

4) In relazione all'art. 117, comma secondo, lettera e), Cost.

violazione della potesta' legislativa esclusiva dello Stato nella materia della «tutela della concorrenza.

L'art. 6 della legge impugnata stabilisce che, in qualsiasi caso sia riconosciuto l'indennizzo del valore aziendale, il titolare dell'impresa balneare ligure puo' a sua cura e spese dotarsi di una perizia giurata redatta da un tecnico abilitato con la quale viene individuato il valore complessivo dell'azienda, costituito, oltre che dal patrimonio aziendale, dall'avviamento.

Nelle intenzioni del legislatore regionale, il contenuto normativo di tale disposizione sta, evidentemente, nel successivo riconoscimento di tale valore nei confronti dei terzi, ivi comprese le amministrazioni pubbliche: non si spiegherebbe, diversamente, il significato di una norma che si limita apparentemente ad affermare che l'interessato puo' far valutare, con perizia giurata, la consistenza economica dei propri beni.

Appare chiaro, pertanto, come anche tale intervento contrasti con l'esigenza di garantire la parita' di trattamento e l'uniformita' delle condizioni del mercato sull'intero territorio nazionale: esigenza che solo la legge statale puo' assicurare, nell'esercizio della competenza esclusiva in materia di tutela della concorrenza (competenza che, pertanto, risulta manifestamente violata dalla legge regionale).

Tale esigenza non ammette, evidentemente, che la determinazione del valore delle aziende - sia pure ai soli fini del riconoscimento di un indennizzo (fattispecie, peraltro, allo stato non disciplinata dalla legislazione statale e dunque affidata all'applicazione di norme generali) - vari da regione a regione, sulla base di scelte rimesse al legislatore nazionale.

Cio', anche in considerazione del fatto - gia' sopra evidenziato - che il demanio marittimo appartiene allo Stato, titolare su di esso della disciplina «cornice», mentre alle regioni a statuto ordinario competono esclusivamente funzioni amministrative.

(1) Nella relazione allegata alla deliberazione del Consiglio dei  ministri, la volonta' di impugnazione 6, prima facie, indirizzata  solo al comma 1 dell'art. 3. La lettura della pertinente parte  della relazione, tuttavia, consente di concludere che essa si  rivolge all'intero art. 3, ivi compreso il comma 2, nella parte  in cui demanda ai comuni liguri l'individuazione di aree  destinate alle imprese balneari liguri.

 

P.Q.M.

 

Alla stregua di quanto precede si confida che codesta Ecc.ma Corte vorra' dichiarare l'illegittimita' dell'art. 2, comma 2, dell'art. 3, dell'art. 4, comma 1 lettera b) e comma 2, nonche' dell'art. 6 della legge regionale della Liguria 10 novembre 2017, n.

25.

Si produrra' copia autentica della deliberazione del Consiglio dei ministri del 12 gennaio 2018, con l'allegata relazione.

Roma, 13 gennaio 2018

Avvocato dello Stato: Fiorentino