RICORSO N. 12 DEL 15 FEBBRAIO 2018 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

 

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 febbraio 2018.

 

(GU n. 11 del 14.3.2018)

 

 

 

Ricorso per la Presidenza del Consiglio dei ministri (C.F.

97163520584), ex lege rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso cui e'  domiciliata in Roma, via dei Portoghesi n. 12, fax 06-96514000, pec ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it   Nei confronti della Regione Lombardia, in persona del presidente

della Giunta Regionale pro tempore, con sede in Milano, per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale della legge regionale 12 dicembre 2017, n. 33, pubblicata nel BUR n. 50  del 15 dicembre 2017, recante «Evoluzione del Sistema Socio-sanitario Lombardo: modifiche al Titolo III «Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Universita' della Lombardia  con facolta' di medicina e chirurgia per lo svolgimento di attivita' assistenziali, formative e di ricerca» della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle  leggi regionali in materia di sanita')».

La legge della regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 33, pubblicata nel BUR n. 50 del 15 dicembre 2017, recante «Evoluzione del  Sistema Sociosanitario Lombardo: modifiche al Titolo III «Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Universita' della Lombardia con facolta' di medicina e chirurgia per lo  svolgimento di attivita' assistenziali, formative e di ricerca» della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanita')»,  presenta profili di illegittimita' costituzionale, in relazione ai quali si formula il presente ricorso ex art. 127 Cost., rilevando quanto segue.

La legge della Regione  Lombardia del 12 dicembre 2017, n. 33, recante «Evoluzione dei Sistema Socio-Sanitario Lombardo: modifiche al Titolo III "Disciplina dei rapporti tra la Regione e le

Universita' della Lombardia con facolta' di medicina e chirurgia per Io svolgimento di attivita' assistenziali, formative e di ricerca" della legge regionale 30 dicembre 2009,  n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia di sanita')» presenta i seguenti profili di illegittimita' costituzionale.

 

1) L'art. 1, comma 1, lett. b), nella parte in cui sostituisce l'art. 33 della l.r. n. 33 del 2009, che disciplina le strutture della formazione specialistica dei medici,  prevede, al comma 3 del nuovo art. 33, che «qualora particolari esigenze formative connesse a specialita' diverse da quella oggetto della scuola non possono essere soddisfatte  nell'ambito delle strutture di sede e delle strutture collegate della rete formativa della stessa scuola, e' consentito coinvolgere ulteriori strutture di supporto, purche' in  coerenza con il modello di rete di cui al presente Titolo».

Tale disposizione regionale nella parte in cui prevede, con formulazione generica e poco chiara, che le strutture  universitarie formative, al fine di soddisfare esigenze formative specialistiche dell'area sanitaria non connesse a quelle della struttura di sede, possano avvalersi di non  meglio identificate «ulteriori strutture di supporto», contrasta con quanto previsto dal Decreto interministeriale n. 402 del 13 giugno 2017, recante «gli standard, i requisiti e  gli indicatori di attivita' formativa e assistenziale delle Scuole di specializzazione di area sanitaria». Detto decreto, nel dare attuazione all'art. 20, comma 3-bis del decreto  legislativo 17 agosto 1999, n. 368, riguardante la formazione dei medici, prevede, nell'Allegato 1, che «Nell'ipotesi in cui la Scuola di specializzazione debba utilizzare  servizi, attivita', laboratori o altro che possano non essere presenti nella struttura di sede o nelle strutture collegate, l'Ateneo presso cui insiste la Scuola puo' avvalersi  di strutture di supporto pubbliche o private, dette "strutture complementari", di specialita' diversa da quella della struttura di sede, con le quali devono essere  stipulate specifiche convenzioni. [...]. In ogni caso dette strutture, ai pari delle strutture di sede e delle strutture collegate, devono essere obbligatoriamente accreditate  e contrattualizzate con il Servizio sanitario nazionale».

Considerato il disposto della descritta norma statale, la disposizione regionale in esame, omettendo di prevedere per  la formazione specialistica in oggetto la stipula delle specifiche convenzioni con strutture di supporto pubbliche o private, dette "strutture complementari",  obbligatoriamente accreditate e contrattualizzate con il Servizio sanitario regionale, non garantisce lo standard formativo richiesto dalla menzionata norma statale per l'area  sanitaria, contrastando in tal modo con i principi fondamentali della legislazione statale in materia di tutela della salute, in violazione dell'art. 117, terzo comma, della  Costituzione.

 

2) L'art. 1, comma 1, lett. b), nel sostituire l'art. 34 della l.r. n. 33 del 2009, detta disposizioni in merito alle attivita' assistenziali effettuabili dal medico in formazione  specialistica che non sono in linea con la normativa nazionale di riferimento. In particolare il comma 2 del nuovo art. 34 prevede che «le attivita' assistenziali svolte  dal medico in Formazione specialistica sono individuate e tracciate in relazione al progressivo grado di autonomia operativa e decisionale»; la stessa norma individua  inoltre diversi livelli di autonomia dello specializzando, attribuendogli, alla lett. c), la facolta' di svolgere «attivita' autonoma» che consiste nello svolgere «autonomamente  specifici compiti che gli sono stati affidati, fermo restando che il tutor deve essere sempre disponibile per la consultazione e l'eventuale tempestivo intervento».

La  norma regionale in esame, che consente al medico in formazione specialistica di svolgere la propria attivita' autonomamente, limitando l'intervento del tutor ad una eventuale  consultazione o ad un tempestivo intervento, contrasta con il decreto legislativo n. 368 del 1999, riguardante la formazione specifica in medicina, che, all'art. 38, comma 3,  stabilisce che «la formazione del medico specialista implica la partecipazione guidata alla totalita' delle attivita' mediche dell'unita' operativa presso la quale e'  assegnato dal Consiglio della scuola, nonche' la graduale assunzione di compiti assistenziali e l'esecuzione di interventi con autonomia vincolate alle direttive ricevute dal  tutor, di intesa con la direzione sanitaria e con dirigenti responsabili delle strutture delle aziende sanitarie presso cui si svolge la formazione. In nessun caso l'attivita'  del medico in formazione specialistica e' sostitutiva del personale del ruolo».

La disposizione regionale in esame, pertanto, nel prevedere che il medico in formazione  specialistica possa svolgere un'attivita' autonoma senza essere vincolato alle direttive ricevute dal tutor, per un verso non garantisce lo standard formativo richiesto  dalla menzionata norma statale e, per altro verso, rischia di incidere sulla qualita' dell'assistenza sanitaria, ponendosi in tal modo in contrasto anche con la previsione  contenuta nell'art. I, comma 2, del decreto legislativo n. 502 del 1992, secondo il quale il Servizio sanitario nazionale assicura i livelli essenziali e uniformi di assistenza  nel rispetto, tra l'altro, del principio della qualita' delle cure e della loro appropriatezza riguardo alle specifiche esigenze. Essa contrasta pertanto con principi fondamentali  della legislazione statale in materia di «professioni» e di «tutela della salute» e viola l'art. 117, terzo comma, Cost.

Anche la Corte Costituzionale (cfr. per tutte la  sent. n.

126/2014: Pre. Silvestri, rel. Amato) ha ritenuto che la formazione dei medici specializzandi possa essere ricondotta a materie diverse, ossia quella della «professioni»,  ovvero della «tutela della salute», in ragione della stretta inerenza che la stessa presenta con la formazione del medico specializzando, dalla quale dipendono tanto l'esercizio  della professione medica specialistica, quanto la qualita' delle prestazioni rese all'utenza. Cosi' ha nitidamente argomentato la sentenza: «... in questo caso e' possibile  ravvisare una "concorrenza di competenze", in quanto la disposizione in esame si presta ad incidere contestualmente su una pluralita' di materie ("ordinamento  civile", "professioni", "tutela della salute"). ... In tale circostanza, l'individuazione dell'ambito materiale a cui ricondurre la disposizione impugnata e'  operata da questa Corte alla luce del criterio che valorizza «l'appartenenza del nucleo essenziale di un complesso normativo ad una materia piuttosto che ad altre» (sentenza  n. 50 del 2005)... Il criterio porta sicuramente ad escludere che la norma in esame sia riconducibile alla materia dell'"ordinamento civile", come invece ritiene il  ricorrente, in quanto le clausole contrattuali previste dalla disposizione impugnata non modificano lo schema tipo di contratto disciplinato dallo Stato, ma si limitano ad  adattarlo all'eventualita', contemplata dalla stessa normativa statale, che la Regione finanzi contratti aggiuntivi ... D'altra parte, questa Corte ha escluso «che ogni disciplina,  la quale tenda a regolare e vincolare l'opera dei sanitari, [...], rientri per cio' stesso nell'area dell'"ordinamento civile", riservata al legislatore statale»  (cosi' la sentenza n. 282 del 2002)... Al contrario, in forza del suindicato criterio, la disposizione in esame dovrebbe essere ascritta, in prevalenza, a materie diverse e  segnatamente a quella delle «professioni», ovvero della «tutela della salute», in ragione della stretta inerenza che essa presenta con la formazione del medico specializzando,  dalla quale dipendono tanto l'esercizio della professione medica specialistica, quanto la qualita' delle prestazioni rese all'utenza; ed invero, entrambi questi aspetti sono  condizionati, sotto molteplici profili, dalla preparazione dei sanitari in formazione.».

 

3) L'art. 2 della legge in esame prevede che «la disciplina dettata dagli articoli 29, 31, 33 e 34 di cui al Titolo III della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo  unico delle leggi regionali in materia di sanita'), introdotta dalla legge in epigrafe, avviene in via sperimentale per un periodo di cinque anni, al termine del quale la  Regione, in collaborazione con il Ministero della salute e il Ministero dell'istruzione dell'universita' e della ricerca, valuta i risultati della sperimentazione. La Regione,  in collaborazione con il Ministero della salute, effettua una prima verifica al termine del primo triennio di sperimentazione al fine di individuare eventuali interventi  correttivi».

La disposizione regionale in esame, nel prevedere il coinvolgimento del Ministero dell'istruzione, dell'universita' e della ricerca soltanto nella valutazione  finale del quinquennio di sperimentazione, e non anche al termine del primo triennio di sperimentazione per la valutazione dei risultati, contrasta con il principio di  ragionevolezza di cui all'art. 3 della Costituzione, nonche' con il principio di buon andamento della pubblica amministrazione di cui all'art. 97 Cost. Entrambi i Ministeri

(Ministero della salute e M.I.U.R.) sono infatti responsabili della qualita' della formazione degli specializzandi.

 

 

 

P.Q.M.

 

 

 

Per i motivi sopra esposti la legge della regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 33, con riferimento alle indicate disposizioni, viene impugnata dinanzi alla Corte Costituzionale  ai sensi dell'art.

127 Cost., per violazione dell'art. 117, terzo comma, dell'art. 3 e dell'art. 97 della Costituzione.

Si conclude pertanto affinche' sia dichiarata  l'illegittimita' costituzionale nei sensi sopra esposti delle norme della legge della regione Lombardia 12 dicembre 2017, n. 33, pubblicata nel BUR n. 50 del 15 dicembre 2017,  recante «Evoluzione del Sistema Socio-sanitario Lombardo: modifiche al Titolo III «Disciplina dei rapporti tra la Regione e le Universita' della Lombardia con facolta' di medicina  e chirurgia per lo svolgimento di attivita' assistenziali, formative e di ricerca» della legge regionale 30 dicembre 2009, n. 33 (Testo unico delle leggi regionali in materia  di sanita')».

 

Roma, 13 febbraio 2018

 

L'Avvocato dello Stato: De Giovanni