RICORSO N. 15 DEL 21 FEBBRAIO 2018 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

 

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 febbraio 2018.

 

(GU n. 13 del 28.3.2018)

 

 

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura Generale dello Stato, codice fiscale n. 80224030587;  fax 06/96514000 e PEC: roma@mailcert.avvocaturastato.it, presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;   Nei confronti della Regione Puglia, in  persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale della legge Regionale Puglia n. 60 del 20 novembre 2017 e, in  particolare, degli articoli 1, 2, 3 e 5, recante «Disposizioni in materia di clownterapia», pubblicata nel B.U.R. n. 144 del 21 dicembre 2017, giusta delibera del Consiglio dei  Ministri in data 8 febbraio 2018.

Con la legge regionale n. 60 del 20 novembre 2017 indicata in epigrafe, che consta di otto articoli, la Regione Puglia ha emanato le  disposizioni «in materia di clownterapia».

Con la predetta legge, che promuove l'utilizzo della «clownterapia», «quale trattamento a supporto e integrazione delle cure  cliniche-terapeutiche, con particolare riferimento alle strutture sanitarie, nonche' degli interventi nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali» (art. 1, comma 1), la  Regione Puglia eccede dalla propria competenza regionale nella misura in cui istituisce una nuova figura professionale, quale quella del "clown di corsia", non  prevista dalla legislazione statale in materia, con conseguente lesione della competenza statale in materia di professioni, in violazione dell'art 117, comma 3, della Costituzione.

E' avviso del Governo che, con la legge n. 60/17 citata e, in particolare, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione Puglia abbia, quindi, ecceduto dalla propria  competenza in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti

 

 

 

Motivi

 

 

 

Gli articoli 1, 2, 3 e 5 della legge Regione Puglia 20 novembre 2017, n. 60 violano l'art. 117, comma 3, della Costituzione.

Come gia' ricordato, la predetta legge n.

60/2017 promuove l'utilizzo della «clownterapia», «quale trattamento a supporto e integrazione delle cure cliniche-terapeutiche, con particolare riferimento alle strutture  sanitarie, nonche' degli interventi nelle strutture socio-sanitarie e socio-assistenziali» (art. 1, comma 1).

L'art. 1, alla lettera a), definisce il termine  "clownterapia" o "terapia del sorriso" come "la possibilita' di utilizzare, attraverso l'opera di personale medico, non medico, professionale e di  volontari appositamente formati, il sorriso e il pensiero positivo a favore di chi soffre un disagio fisico, psichico o sociale. La clownterapia puo' svolgersi in contesti  ospedalieri, non solo pediatrici, in centri per la disabilita', in centri per la terza eta', in contesti sociali difficili, carceri, quartieri a rischio, nelle scuole,  in missioni umanitarie e in occasione di eventi calamitosi".

Il medesimo art. 1, alla lettera b), definisce "clown di corsia", «quella figura che, utilizzando  specifiche competenze acquisite in varie discipline, analizza i bisogni dell'utente per migliorarne le condizioni fisiche e mentali, all'interno delle strutture sanitarie,

socio-sanitarie e socio-assistenziali, applicando i principi e le tecniche della clownterapia».

- L'art. 2, al comma 1, stabilisce che «per il conseguimento delle  finalita' di cui all'art. 1, la Regione Puglia promuove la formazione professionale del personale delle strutture sanitarie, socio-sanitarie e delle associazioni di volontariato  e di promozione sociale e delle cooperative che operano nell'ambito della clownterapia».

I successivi commi 2 e 3 prevedono, rispettivamente, che «la qualifica  professionale del clown di corsia e' riconosciuta al termine di un percorso formativo che deve svolgersi nel rispetto degli standard formativi specifici, individuati dal regolamento  di cui all'art. 3»; e che «i corsi di formazione sono organizzati dalle associazioni di cui al comma 1, iscritte nel registro regionale delle associazioni di volontariato di  cui alla legge regionale 16 marzo 1994, n. 11 (Nonne di attuazione della legge quadro sul volontariato), secondo le modalita' e i criteri stabiliti dal regolamento di cui  all'art. 3».

- L'art. 3, prevede, quindi, che entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della legge n. 60/2017 citata, «la Giunta regionale, con apposito  regolamento da adottarsi ai sensi dell'art.

44, comma 2, dello Statuto regionale, definisce i criteri e le modalita' di svolgimento dei corsi previsti dalla presente legge»;

tra cui le materie oggetto del percorso formativo, la durata e il numero complessivo delle ore dei corsi, suddivise in ore di studio e ore di tirocinio, i requisiti per  l'accesso ai corsi, i requisiti professionali dei membri della commissione incaricata di effettuare la valutazione della prova finale, le modalita' per il riconoscimento dei  crediti formativi e lavorativi per coloro che gia' svolgono l'attivita' di "clownterapia" presso strutture o enti alla data di entrata in vigore della legge stessa.

- L'art. 5 istituisce un apposito registro regionale per i soggetti che svolgono l'attivita' di "clownterapia".

Le norme sopra indicate, e l'intera legge  regionale, avente carattere normativo omogeneo, individuano e disciplinano, pertanto, la figura professionale del "clown di corsia", della quale definiscono il  percorso formativo, prevedendo, altresi', l'istituzione di un apposito registro regionale per i soggetti che svolgono l'attivita' di "clownterapia".

Cosi'  disponendo, la legge in esame istituisce la nuova figura professionale del "clown di corsia", non prevista dalla legislazione statale in materia, con conseguente lesione  della competenza statale in materia di professioni, in violazione dell'art. 117, terzo comma, della Costituzione.

Spetta, infatti, allo Stato, come costantemente affermato  dalla giurisprudenza costituzionale, l'individuazione delle figure professionali, con i relativi profili e titoli abilitanti, per il carattere necessariamente unitario a  livello statale che riveste tale individuazione (sentenze n. 217 del 2015, punto 2.2. del Considerato in diritto; n. 178 del 2014, punto 1.2. del Considerato in diritto; n.

230 del 2011, punto 2. del Considerato in diritto; e n. 300 del 2010, punto 3. del Considerato in diritto). La potesta' regionale nella materia concorrente delle professioni deve,  pertanto, rispettare tale principio.

Analogamente si e' pronunciata anche la giurisprudenza amministrativa (sentenze del Consiglio di Stato n. 883 del 2015 e n.

1417  del 2014).

Tale principio, in base al quale spetta allo Stato l'individuazione delle figure professionali con i relativi profili e titoli abilitanti, si configura, pertanto,  quale limite di ordine generale «invalicabile dalla legge regionale. Da cio' deriva l'impossibilita' per il legislatore regionale di dar vita a nuove figure professionali»  (sentenza n. 300 del 2010 citata, punto 3. del Considerato in diritto).

Il legislatore statale ha, infatti, specificato, con l'art. 1, al comma 1, del decreto legislativo 2  febbraio 2006, n. 30, contenente la «Ricognizione dei principi fondamentali in materia di professioni, ai sensi dell'articolo 1 della legge 5 giugno 2003, n. 131», che «Il

presente decreto legislativo individua i principi fondamentali in materia di professioni, di cui all'art. 117, terzo comma, della Costituzione, che si desumono dalle leggi vigenti  ai sensi dell'art.

1, comma 4, della legge 5 giugno 2003, n. 131, e successive modificazioni»; al comma 2, che «Le regioni esercitano la potesta' legislativa in materia di  professioni nel rispetto dei principi fondamentali di cui al Capo II»; e, al comma 3, che «la potesta' legislativa regionale si esercita sulle professioni individuate e definite  dalla normativa statale».

Va sottolineato, inoltre, che lo stesso legislatore statale non ha trascurato di considerare che eventuali nuovi fabbisogni possono condurre  all'istituzione di profili professionali diversi e, a tal fine, dopo aver fissato i principi in materia di «professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative,

tecnico-sanitarie e della prevenzione», ha delineato, all'art. 5, significativamente rubricato «individuazione e istituzione di nuove professioni sanitarie», della legge 1° febbraio  2006, n. 43, contenente le «Disposizioni in materia di professioni sanitarie infermieristiche, ostetrica, riabilitative, tecnico-sanitarie e della prevenzione e delega al Governo  per l'istituzione dei relativi ordini professionali», una procedura semplificata per l'individuazione - con il coinvolgimento delle Regioni - di nuove professioni sanitarie  da ricomprendere in una delle aree di cui agli articoli 1, 2, 3 e 4 della legge 10 agosto 2000, n. 251, contenente la «Disciplina delle professioni sanitarie infermieristiche,  tecniche, della riabilitazione, della prevenzione, nonche' della professione ostetrica».

Tale procedura e' stata di recente modificata dall'art. 6 della legge 11  gennaio 2018, n. 3, recante «Delega al Governo in materia di sperimentazione clinica di medicinali, nonche' disposizioni per il riordino delle professioni sanitarie e per la  dirigenza sanitaria del Ministero della salute».

In particolare, il comma 2 del citato art. 5 della legge n. 43 del 2006, come sostituito dall'art. 6 della predetta legge n. 3  del 2018, in vigore dal 15 febbraio 2018, prevede che «L'istituzione di nuove professioni sanitarie e' effettuata, nel rispetto dei principi fondamentali stabiliti dalla  presente legge, previo parere tecnico-scientifico del Consiglio superiore di sanita', mediante uno o piu' accordi, sanciti in sede di Conferenza permanente per i rapporti  tra lo Stato, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano, ai sensi dell'art. 4 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, e recepiti con decreti del Presidente  della Repubblica, previa deliberazione del Consiglio dei ministri».

A seguito di tale intervento legislativo emerge chiaramente che l'esigenza di garantire un percorso  formativo comune per tutti coloro che operano nel campo della "clownterapia" potra' essere eventualmente soddisfatta osservando la procedura sopra illustrata e

soltanto con tale modalita'; medio tempore, per quanto sinora osservato, alla Regione Puglia non e' consentito, con propria legge, istituire la figura professionale del  "clown di corsia", pena la violazione dell'art. 117, comma 3, della Costituzione.

 

 

 

P.Q.M.

 

 

 

Per i suesposti motivi si conclude perche' la legge regionale Puglia n. 60 del 20 novembre 2017 e, in particolare, gli articoli 1, 2, 3 e 5, recante «Disposizioni in materia  di clownterapia», indicata in epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Si produce l'estratto della deliberazione del Consiglio dei ministri dell'8  febbraio 2018.

 

Roma, 16 febbraio 2018

 

Il Vice Avvocato Generale dello Stato: Palmieri