RICORSO N. 26 DELL'8 MARZO 2018 (DELLA REGIONE AUTONOMA DELLA SARDEGNA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria l'8 marzo 2018.

(GU n. 18 del 2.5.2018)

 

Ricorso della Regione autonoma della Sardegna (cod. fisc.

80002870923) con sede legale in 09123 Cagliari (CA), Viale Trento, n.

69, in persona del Presidente pro tempore Francesco Pigliaru, giusta procura speciale a margine del presente atto rappresentata e difesa dagli avv.ti Alessandra Camba (cod. fisc. CMBLSN57D49B354X; posta elettronica certificata: acamba@pec.regione.sardegna.it - fax 070.6062418) e prof. Massimo Luciani (cod. fisc. LCNMSM52L23H501G; fax 06.90236029; posta elettronica certificata massimoluciani@ordineavvocatiroma.org), elettivamente domiciliata presso lo studio del secondo in 00153 Roma, Lungotevere Raffaello Sanzio, n. 9;   Contro il Presidente del Consiglio dei ministri, in persona del Presidente del Consiglio pro tempore, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, presso la cui sede in 00186 Roma e' domiciliato ex lege;   Per la dichiarazione dell'illegittimita' costituzionale dell'art.

1, comma 851, della legge 27 dicembre 2017, n. 205, recante «bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2018 e bilancio pluriennale per il triennio 2018-2020», pubblicata nella Gazzetta Ufficiale 29 dicembre 2017, n. 302, S.O.

 

Fatto

 

1. - Oggetto del presente giudizio e' il comma 851 dell'art. 1 della legge di bilancio per il 2018, legge 27 dicembre 2017, n. 205.

Tale disposizione stabilisce che «nell'anno 2019, nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna che tenga conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, anche in considerazione del ritardo nello sviluppo economico dovuto all'insularita', e' riconosciuto alla Regione Sardegna un contributo pari a 15 milioni di euro».

Tale disposizione, in quanto - come si vedra' - pesantemente pregiudizievole per la Regione, rappresenta un unicum nella legge di bilancio.

Basta esaminare, a tal proposito, le altre norme che sono intese a regolare i rapporti economici con le autonomie speciali:   l'art. 1, comma 815, a tenor del quale «a decorrere dall'anno 2018 alla Regione Friuli-Venezia Giulia non si applicano le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno di cui all'art. 1, commi 454 e seguenti, della legge 24 dicembre 2012, n.

228», che fissano importanti contributi alla finanza pubblica da parte delle Regioni speciali;   l'art. 1, comma 816, in cui si stanziano 120 milioni di Euro per ciascuno degli anni 2018 e 2019, affinche' lo Stato possa ridefinire l'accordo di finanza pubblica sottoscritto in data 23 ottobre 2014 con la Regione Friuli-Venezia Giulia, valevole per un triennio;   l'art. 1, comma 817, che ha riformato il regime di compartecipazione fissa alle entrate erariali della Regione Friuli-Venezia Giulia, ampliandone il numero e le aliquote rispetto al regime precedente, a vantaggio della Regione;   l'art. 1, comma 841, ove si prevede che, «nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Valle d'Aosta che tenga conto, tra l'altro, delle sentenze della Corte costituzionale n. 77 del 2015 e n. 154 del 2017, gli accantonamenti a carico della regione Valle d'Aosta a titolo di concorso alla finanza pubblica sono ridotti di 45 milioni di euro per l'anno 2018, 100 milioni di euro per l'anno 2019 e 120 milioni di euro annui a decorrere dall'anno 2020».

Si deve peraltro ricordare che la Regione Siciliana e la Regione Trentino-Alto Adige e le due Province autonome avevano gia' beneficiato di un ampliamento degli spazi finanziari in ragione rispettivamente delle previsioni di cui all'art. 1, comma 509, della legge n. 232 del 2016 e di cui all'art. 1, commi 406 sgg., della legge n. 190 del 2014. In particolare, i commi 406 sgg. della legge n. 190 del 2014 hanno recepito l'accordo di finanza pubblica stipulato tra il Governo, la Regione Trentino-Alto Adige e le Province autonome di Trento e Bolzano. In quell'accordo sono stati determinati i saldi programmatici per la Regione Trentino-Alto Adige e per le due Province autonome anche attraverso il riequilibrio del contributo di finanza pubblica gia' imposto ai sensi dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 (cfr. punti da 2 a 8 e commi da 408 a 411 della legge n. 190 del 2014).

E' stato definito il contributo di finanza pubblica per ben 9 anni, sino all'esercizio 2022, opportunamente assicurando particolare stabilita' alle condizioni pattuite e prevedendo limitate possibilita' di modificazione, che sono state correlate alla variazione percentuale degli oneri del debito delle pubbliche amministrazioni rilevata nell'esercizio precedente (par. 12).

E' stata altresi' prevista la possibilita' per lo Stato di modificare i contributi di finanza pubblica in termini di saldo netto da finanziare e di indebitamento netto, ma solo nel limite del 10% dei contributi medesimi e solo «per far fronte ad eventuali eccezionali esigenze di finanza pubblica» (punto 14).

Parimenti, e' stato previsto un regime specifico per le riserve erariali, di maggiore e piu' puntuale garanzia a favore delle tre autonomie speciali (punto 18).

Come si vede, si tratta di un accordo particolarmente vantaggioso per la Regione e le due Province autonome, anche in ragione dell'espressa durata temporale prevista. Nondimeno, al punto n. 22 lo Stato si e' anche impegnato «a valutare la possibilita' di un ampliamento degli spazi finanziari per le due Province».

Che si tratti di particolari condizioni di vantaggio e' stato rilevato anche da codesta ecc.ma Corte costituzionale nella sentenza n. 154 del 2017, in cui si afferma che:   «Rispetto a quello stipulato dalle autonomie della Regione Trentino-Alto Adige, l'accordo finanziario concluso il 23 ottobre 2014 dalla Regione autonoma Friuli-Venezia Giulia con lo Stato esibisce contenuti affatto diversi»;   «tra gli accordi conclusi dallo Stato con le autonomie speciali nel corso del 2014, soltanto quello stipulato con le autonomie della Regione Trentino-Alto Adige, non solo esibisce un orizzonte temporale esteso fino al 2022, ma, soprattutto, esclude testualmente la possibilita' di apportare modifiche peggiorative, con la sola salvezza della ricorrenza di esigenze eccezionali di finanza pubblica, ma, in tal caso, per importi gia' predeterminati nelle clausole del patto»;   «La peculiarita' dell'accordo concluso con le autonomie della Regione Trentino-Alto Adige, dunque, e' idonea a giustificarne l'isolata menzione» da parte del legislatore statale nella manovra di finanza pubblica.

La disposizione indicata in epigrafe e' illegittima e gravemente lesiva delle attribuzioni costituzionali della ricorrente, che ne chiede la declaratoria d'incostituzionalita' per i seguenti motivi di

 

Diritto

 

1. - Premessa.

Le poche parole della sintetica previsione normativa qui censurata sono come un'epitome dell'intera vicenda dei rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna, piu' volte scrutinata da codesta ecc.ma Corte e nota come «vertenza entrate». Ne costituisce l'epitome, appunto, perche' in poche righe dimostra, con piana e - va detto - sconcertante evidenza, il pregiudizio negativo che ha informato tutto il comportamento dello Stato in quella vicenda, nella quale la Regione Sardegna e' stata sistematicamente pregiudicata e discriminata, in ispregio di tutte le pronunce rese, nel tempo, dall'ecc.ma Corte costituzionale. Per cogliere appieno la profondita' del vulnus ai piu' elementari principi che governano i rapporti fra lo Stato e le regioni e' qui opportuno tracciare una breve e sintetica ricognizione della c.d. «vertenza entrate», esaminandone i passaggi principali.

1.1. - Nel corso dell'estate del 2005, come risulta dal carteggio tra la Ragioneria generale dello Stato e la Regione, il Ministero dell'economia e delle finanze prendeva atto della necessita' di una revisione dell'ordinamento finanziario regionale disciplinato dall'art. 8 dello Statuto di autonomia, al fine di rendere attuale lo strumento di garanzia dell'autonomia economico-finanziaria della Regione, diventato obsoleto a seguito delle riforme della fiscalita' che avevano reso parzialmente inoperativo il meccanismo di compartecipazione alle entrate erariali vigente illo tempore.

Proprio in considerazione della palese insufficienza del quadro finanziario delle entrate regionali, riconosciuta espressamente dalla Ragioneria generale dello Stato, con l'art. 1, comma 834, della legge n. 296 del 2006 il Parlamento modificava l'art. 8 dello Statuto di autonomia, aumentando i canali di compartecipazione fissa alle entrate.

Contestualmente, lo Stato devolveva alla regione ulteriori 25 milioni di Euro (comma 835), ma le imponeva il finanziamento integrale del sistema sanitario nazionale sul territorio sardo «senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato» (comma 836) e trasferiva all'Ente anche «le funzioni relative al trasporto pubblico locale (Ferrovie Sardegna e Ferrovie Meridionali Sarde) e le funzioni relative alla continuita' territoriale» (comma 837).

Il comma 838 fissava un «tetto» progressivo agli oneri aggiuntivi a carico del bilancio dello Stato per l'attuazione del nuovo art. 8 dello Statuto per le annualita' 2007 (344 milioni di Euro), 2008 (371 milioni di Euro) e 2009 (482 milioni di Euro), specificando che «la nuova compartecipazione della Regione Sardegna al gettito erariale entra a regime dall'anno 2010».

1.2. - Successivamente all'entrata in vigore del riformato art. 8 dello Statuto, sorgeva una vasta controversia tra la Regione e lo Stato, concernente l'esecuzione dell'art. 8 dello Statuto regionale.

In buona sostanza, il contenzioso, in sintesi, ha riguardato i seguenti profili:   a) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato di dare esecuzione al riformato art. 8 attraverso la stipula di un accordo relativo alla capacita' di spesa regionale nel contesto del «Patto di stabilita' interno/territoriale». A questo proposito l'ecc.ma Corte (pur dichiarando inammissibile un conflitto proposto dalla Regione avverso la Nota ministeriale che negava l'accordo sul patto di stabilita' ampliando la capacita' di spesa della regione) ha accolto le tesi della Regione, affermando che la riforma dell'art. 8 non puo' che riverberarsi immediatamente sull'equilibrio del bilancio regionale, tanto sul lato delle entrate, quanto su quello della spesa (cfr.

sentenza Corte costituzionale, n. 118 del 2012);   b) l'inerzia e/o il rifiuto dello Stato di liquidare concretamente alla Regione le maggiori somme derivanti dal rinnovato regime di compartecipazione, se non previa adozione di norme d'attuazione statutaria. Per questo profilo l'ecc.ma Corte costituzionale, pur nel dichiarare inammissibile un conflitto avverso l'inerzia serbata dallo Stato nel liquidare integralmente tutte le somme dovute, ha rivolto un severo monito allo Stato affinche' si attivasse con particolare sollecitudine per dare piena esecuzione al novellato art. 8 (cfr. Corte costituzionale sentenza n. 95 del 2013);   c) la possibilita' per la Regione di indicare come attivita' di bilancio in conto competenza le maggiori entrate derivanti dal riformato art. 8. A tal proposito, l'ecc.ma Corte ha dichiarato inammissibile il ricorso proposto dallo Stato avverso una disposizione di legge regionale che consentiva alla Regione di indicare in bilancio quelle somme (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 99 del 2012);   d) l'inclusione di alcune specifiche tipologie di entrate nella clausola residuale di cui alla riformata lettera m) dell'art. 8 (che assegna alla Regione i «sette decimi di tutte le entrate erariali, dirette o indirette, comunque denominate, ad eccezione di quelle di spettanza di altri enti pubblici»);   e) l'imposizione, da parte del legislatore statale, di contributi di finanza pubblica in capo alla Regione Sardegna, in via unilaterale nonche' nelle more dell'effettiva entrata a regime del nuovo sistema di compartecipazione. A tal proposito l'ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che, nei confronti delle autonomie speciali, oneri nelle forme di generali contributi di finanza pubblica possono essere imposti esclusivamente attraverso il metodo pattizio, che deve essere sempre osservato. Inoltre, la Corte ha stabilito che, nell'esercizio della competenza legislativa concorrente in materia di «coordinamento della finanza pubblica», lo Stato puo' disporre unilateralmente obblighi di finanza pubblica solo se sono rispettati i seguenti limiti:   i vincoli di spesa devono avere ad oggetto non la generale autonomia finanziaria regionale, bensi' un ben specifico settore delle funzioni pubbliche regionali, nel quale si intende conseguire risparmi di spesa partitamente indicati (Cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 154 del 2017);   non sono imponibili limiti di finanza pubblica per i settori di attivita' alla quale lo Stato non concorre almeno in parte (cfr.

Corte costituzionale, sentt. nn. 341 del 2009 e 133 del 2010);   il vincolo deve comunque consentire l'esercizio dell'autonomia regionale nell'allocazione delle risorse, pur nel rispetto del generale obiettivo di risparmio (Corte cost., sentenza n. 82 del 2007);   il vincolo deve essere temporalmente limitato (Corte cost., sentenza n. 199 del 2012);   non sono consentite proroghe dei vincoli e l'estensione dei contributi di finanza pubblica puo' intervenire solo attraverso una nuova e integrale valutazione dei rapporti finanziari tra lo Stato e la Regione relativi al settore specifico per il quale rileva (Corte cost., sentenza n. 154 del 2017);   lo Stato puo' anticipare gli effetti positivi di tali contributi di finanza pubblica attraverso i c.d. «accantonamenti», ma tali somme devono comunque considerarsi nella disponibilita' contabile delle regioni e gli stessi accantonamenti non possono protrarsi per un periodo di tempo eccessivo e irragionevole (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 77 del 2015);   deve sempre essere consentita alle parti la possibilita' di intraprendere la via pattizia per regolare, anche a esercizio di bilancio inoltrato, i rapporti di finanza pubblica tra le parti (Corte cost., sentenza n. 19 del 2015);   non sono consentite, se non negli esatti limiti indicati dallo Statuto e dalle norme di attuazione statutaria, riserve erariali, ovverosia prelievi diretti a valere sulle risorse compartecipate (cfr. Corte costituzionale, sentenza n. 241 del 2012);   gli accordi di finanza pubblica devono essere rispettati (Corte cost., sentenza n. 154 del 2017).

1.3. - Dopo le numerose e significative sollecitazioni di codesta ecc.ma Corte, il Ministero dell'economia e delle finanze e la Regione Sardegna hanno stipulato in data 21 luglio 2014 un «accordo in materia di finanza pubblica», con il quale si regolavano i seguenti elementi del rapporto economico-finanziario tra Stato e regione:   i) fissazione del livello massimo di spesa regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 1);   ii) certificazione del rispetto del patto di stabilita' regionale per l'anno 2013 (art. 1, comma 2);   iii) determinazione dell'obiettivo programmatico per la finanza regionale per l'anno 2014 (art. 2);   iv) determinazione del vincolo di bilancio per la Regione ai sensi dell'art. 9 della legge n. 243 del 2012 e corrispondente non applicabilita', per la Sardegna, delle non compatibili disposizioni di legge in materia di patto di stabilita' (art. 3);   v) determinazione del sistema di controllo sulla finanza regionale (monitoraggio, certificazione e relative sanzioni (art. 4);   vi) composizione stragiudiziale del contenzioso in materia di finanza pubblica o, in caso di soluzione giudiziaria, limitazione agli effetti positivi a favore della Regione per un triennio (art.

5);   vii) recepimento, da parte della Regione, delle disposizioni in materia di armonizzazione dei sistemi contabili (art. 6).

Alcune clausole dell'accordo sono state recepite dallo Stato tramite la loro trasposizione nell'art. 42, commi 9-12, del decreto-legge n. 133 del 2014. Ivi si dispone quanto segue:   «9. Al fine di assicurare il concorso agli obiettivi di finanza pubblica, in applicazione della normativa vigente e dell'Accordo sottoscritto il 21 luglio 2014 fra il Ministro dell'economia e delle finanze ed il Presidente della Regione Sardegna, l'obiettivo di patto di stabilita' interno della Regione Sardegna, di cui al comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, e' determinato in 2.696 milioni di euro per l'anno 2014. Dall'obiettivo 2014 sono escluse le sole spese previste dalla normativa statale vigente e le spese per i servizi ferroviari di interesse regionale e locale erogati da Trenitalia s.p.a.

10. A decorrere dall'anno 2015 la Regione Sardegna consegue il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012. A decorrere dal 2015 alla Regione Sardegna non si applicano il limite di spesa di cui al comma 454 dell'art. 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228 e le disposizioni in materia di patto di stabilita' interno in contrasto con il pareggio di bilancio di cui al primo periodo. Restano ferme le disposizioni in materia di monitoraggio, certificazione e sanzioni previsti dai commi 460, 461 e 462 dell'articolo 1 della citata legge 24 dicembre 2012, n. 228.

11. Non si applica alla Regione Sardegna quanto disposto dagli ultimi due periodi del comma 454 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228.

12. La Regione Sardegna nel 2014 non puo' impegnare spese correnti, al netto delle spese per la sanita', in misura superiore all'importo annuale minimo dei corrispondenti impegni effettuati nel triennio 2011-2013. Nell'ambito della certificazione di cui al comma 461 dell'articolo 1 della legge 24 dicembre 2012, n. 228, la regione comunica al Ministero dell'economia e delle finanze il rispetto del predetto limite».

Successivamente, nel dicembre del 2015, lo Stato e la Regione sono addivenuti a una seconda intesa, recante «accordo [...] per il coordinamento della finanza pubblica nell'ambito del procedimento di attuazione dell'art. 8 della legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3». Con tale intesa lo Stato e la Regione hanno eliminato alcuni residui elementi d'incertezza concernenti il catalogo delle compartecipazioni erariali di cui all'art. 8 dello Statuto (in particolare per quanto concerne le entrate derivanti da giochi e scommesse e la compensazione per la perdita di gettito derivante dalla soppressione della tassa sulle concessioni governative per le patenti di guida; cfr. articoli 1 e 2 dell'intesa) e hanno convenuto che «il saldo del maggior gettito spettante alla Regione per gli anni dal 2010 al 2015 in conseguenza dell'adozione del decreto legislativo di attuazione dell'art. 8 della legge cost. 26 febbraio 1948, n. 3, rispetto all'importo gia' attribuito, e' erogato alla medesima in 4 annualita' costanti a decorrere dall'anno 2016» (art. 3).

Contestualmente, la «commissione paritetica» ai sensi dell'art.

56 dello Statuto regionale ha licenziato il testo delle norme di attuazione del novellato art. 8 dello Statuto speciale, recepito dal decreto legislativo n. 114 del 2016, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale 27 giugno 2016, n. 148.

1.4. - Nelle more della stipula dell'accordo, pero', la Regione Sardegna e' stata sottoposta a contributi di finanza pubblica sempre crescenti, alcuni dei quali imposti non in via temporanea, bensi' senza limiti di tempo.

In particolare, non prevedono limiti di tempo i seguenti accantonamenti:   l'art. 15, comma 22, del decreto-legge n. 95 del 2012, l'art. 1, comma 132, della legge n. 228 del 2012 e l'art. 1, comma 481 della legge n. 147 del 2013 hanno determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 475.998.000;   l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012 ha determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 1.428.404.000;   l'art. 28, comma 3, del decreto-legge n. 201 del 2011 ha determinato per il periodo 2012-2017 contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 903.303.000.

Sono invece temporanei (con scadenza nell'anno 2018 compreso), i seguenti accantonamenti:   l'art. 1, comma 526, della legge n. 147 del 2013 ha imposto contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 229.604.000 per il periodo 2014-2017;   l'art. 1, comma 400, della legge n. 190 del 2014 ha imposto contributi di finanza pubblica pari a complessivi € 291.000.000 per il periodo 2015-2017.

Si tratta di una somma particolarmente elevata e incommensurabile rispetto ai 15 milioni di Euro previsti nella disposizione impugnata.

1.5. - Sfortunatamente, nonostante la apparente chiusura in via pattizia, la «vertenza entrate» si e' immediatamente «riaperta».

Appena 17 mesi dopo la stipula e 15 mesi dopo il suo recepimento da parte del legislatore statale, la legge di bilancio per l'anno 2016 (legge n. 208 del 2015), al comma 680, ha imposto nuovi contributi di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna, senza far precedere tale imposizione dalla revisione dell'accordo di finanza pubblica. Con la legge di bilancio successiva, lo Stato ha ulteriormente definito e aggravato tale obbligo.

La Regione, ritenendo che fosse stato cosi' violato l'accordo di finanza pubblica stipulato in data 21 luglio 2014 e successivamente recepito dal legislatore regionale, impugnava l'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, nonche' l'art. 1, commi 392 sgg., della legge n. 232 del 2016.

In particolare, la Regione sosteneva che la clausola di cui all'art. 3 dell'accordo di finanza pubblica del 21 luglio 2014 (a tenor del quale «a decorrere dall'anno 2015 [...] la Regione Sardegna si impegna a garantire il pareggio di bilancio come definito dall'art. 9 della legge n. 243 del 2012») avesse determinato il modo in cui la Regione contribuisce al raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica nazionali. Per tale motivo la Regione confidava nella stabilita' del quadro regolatorio dei rapporti economico-finanziari, con esclusione di nuovi oneri imposti dallo Stato per almeno un triennio (periodo che rappresenta l'arco di tempo di ordinaria programmazione di bilancio ai sensi della legge di contabilita' pubblica).

Nella recente sentenza n. 154 del 2017, l'ecc.ma Corte ha chiarito quale sia il regime dei rapporti di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Sardegna a seguito della stipula del menzionato accordo di finanza pubblica.

In estrema sintesi, in quella sentenza e' stato affermato che:   l'accordo del 21 luglio 2014 «non escludeva affatto la possibilita' di imporre ulteriori contributi al risanamento finanziario, purche' fosse rispettato il metodo pattizio, nella specie garantito con la previsione di apposite intese da concludere con tutte le autonomie speciali, inclusa la Regione Sardegna»;   per tale ragione, il legislatore statale puo' chiamare le Regioni autonome, compresa la ricorrente, a nuovi contributi di finanza pubblica, purche' «previa intesa» con le medesime autonomie;   fissato l'obiettivo di finanza pubblica da raggiungere anche con il coinvolgimento delle autonomie speciali, queste ultime non hanno «potesta' di deviare rispetto al comune percorso definito dalla Costituzione» e, dunque, di sottrarsi all'interlocuzione con lo Stato al fine di concordare il proprio contributo di finanza pubblica, in quanto «il principio di leale collaborazione [...] richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche»;   l'accordo di finanza pubblica tra lo Stato e la Regione Sardegna «va ascritto al cosiddetto coordinamento dinamico della finanza pubblica, concernente le singole misure finanziarie adottate per il governo di quest'ultima, come tali soggette a periodico adeguamento».

1.6. - Gia' prima dell'entrata in vigore della legge n. 208 del 2015, la Regione Sardegna chiedeva allo Stato di addivenire alla stipula di un nuovo accordo di finanza pubblica, specificamente rivolto al triennio 2017-2019 o al successivo triennio 2018-2020.

In particolare, per limitarsi alle interlocuzioni intervenute nell'ultimo anno, si puo' ricordare che, con Nota del 24 marzo 2017, prot. n. 2111, indirizzata al Presidente del Consiglio e ai Ministri dell'economia e delle finanze, per la coesione territoriale e per gli affari regionali, il presidente della Regione ricordava che nei giorni 16 febbraio e 17 marzo 2017 si erano avute interlocuzioni tecniche tra l'assessore regionale al bilancio e il Sottosegretario di Stato con delega agli affari regionali al fine di definire le linee di una nuova intesa tra Stato e Regione che subentrasse a quella stipulata in data 21 luglio 2014, destinata a esaurire i propri effetti con l'esercizio di bilancio 2017. A tal proposito, la Regione chiedeva che si tenesse una riunione al fine di definire l'accordo di finanza pubblica per il successivo triennio. Tale richiesta e' rimasta inevasa.

La medesima richiesta e' stata rinnovata con Nota prot. n. 1010 del 5 aprile 2017 dell'assessore regionale al bilancio, indirizzata al Sottosegretario di Stato alla Presidenza del Consiglio dei ministri.

Successivamente, con Nota prot. 3930 del 12 giugno 2017, il presidente della Regione ha nuovamente prospettato al Governo la necessita' di addivenire a un'intesa in materia di contributo di finanza pubblica, facendo presente che:   «la Sardegna, diversamente dalle altre regioni italiane, non ha ancora ripreso un sentiero di crescita economica dopo la forte crisi che ha investito l'Italia dal 2009 e mostra la maggiore riduzione del PIL, tra tutte le aree territoriali (-11.3% tra il 2008 e il 2015)»;   «a partire dal 2012 (primo anno di applicazione degli accantonamenti di finanza pubblica) sono stati sottratti alla disponibilita' della Regione 33 miliardi di Euro di entrate proprie stabilite dalle norme statutarie»;   «a legislazione vigente permangono contributi di finanza pubblica, sotto la forma di accantonamenti a valere sulle entrate tributarie erariali compartecipate, dichiarati incostituzionali perche' si protraggono senza un limite temporale o istituiti per il contenimento della spesa sanitaria che la Regione Sardegna finanzia in proprio»;   «a partire dal 2018 la Sardegna chiede di rientrare in possesso di tali quote di entrate spettanti alla Regione, in modo da superare il regime degli accantonamenti nel quadro di un nuovo accordo di finanza pubblica che tenga conto della capacita' fiscale e contributiva dei diversi territori italiani».

Infine, con successiva Nota prot. n. 5870 del 1° settembre 2017, il presidente della Regione rivolgeva nuovamente un appello al Governo, al fine di recepire (almeno alcune del)le richieste regionali, tenendo in conto (almeno alcune del)le statuizioni rese da codesta ecc.ma Corte nel vasto contenzioso in tema di finanza pubblica intervenuto tra le parti del presente giudizio. Anche quell'appello e' rimasto inascoltato.

In conclusione, e in sintesi, risulta che:   la Regione ricorrente non si sottrae a un collaborativo confronto con lo Stato, nonostante tale percorso sia stato reso particolarmente impervio dal sovrapporsi di sempre nuove disposizioni statali di cosi' difficile intellegibilita' che hanno richiesto un costante intervento chiarificatore da parte di codesta ecc.ma Corte (che, peraltro, sovente ha potuto dichiarare legittime le disposizioni di legge statale soltanto a seguito di un'interpretazione ampiamente adeguatrice) nonche' dal fatto che gli accordi di finanza pubblica hanno dimostrato di avere ben poca capacita' di garantire una minima stabilita' temporale dei rapporti economico-finanziari tra le parti, tanto e' vero che il divario di forza «contrattuale» dei paciscenti di fatto ha costretto la Regione a ulteriori concessioni gia' il giorno successivo alla stipula dell'accordo, senza poter contare su una minima stabilita' del quadro finanziario (e con evidente compromissione del principio di veridicita' e completezza del bilancio, che l'ultima giurisprudenza costituzionale ha fortemente valorizzato);   per converso, lo Stato continua a orientare i rapporti economico-finanziari con la Regione facendo leva su un ventaglio di strumenti che l'ecc.ma Corte ha dichiarato illegittimi (riserve erariali; contributi definiti unilateralmente a valere su attivita' di spesa non co-finanziate; contributi e accantonamenti sine die oppure illegittimamente estesi anno dopo anno);   nel contempo, lo Stato si sottrae all'accordo con la Regione, senza formulare adeguate controproposte alle sue richieste (richieste che, si badi, prendevano e prendono tutte le mosse dalle sentenze di codesta ecc.ma Corte che hanno risolto specifiche vicende tra le parti del presente giudizio e che si limitano a rappresentare le note peculiarita' della condizione economica dell'Isola).

1.7. - Vanno ora rappresentati alcuni elementi di fatto che contribuiscono a chiarire il contesto in cui si pone il presente ricorso:   i) Le somme effettivamente liquidate alla Regione, al netto dei contributi di finanza pubblica sono passate da 4.906 nell'anno 2006 a 5,836 miliardi di Euro nell'anno 2010 e sono pari a € 6,707 miliardi nell'anno 2016;   ii) dal lato della spesa, il bilancio dalla Regione Sardegna per l'anno 2016 e' stato pari a 10.689 miliardi di Euro, mentre per l'anno 2017 e' stato pari a 10,676 miliardi di Euro;   iii) i residui passivi della Regione Sardegna nell'anno 2016 ammontano a € 1,4 miliardi di Euro;   iv) i piu' recenti dati del PIL regionale pubblicati a dicembre 2017 dall'Istat e le variazioni annuali registrate dal 2008 al 2016 mostrano un arretramento della ricchezza prodotta in Sardegna (-9,4%) piu' accentuato rispetto al centro-nord (-4,8%) e al Mezzogiorno nel suo complesso (-9,0%). La stessa ripresa maturata negli ultimi anni e' risultata particolarmente fragile: negli anni 2014, 2015 e 2016 il PIL della Sardegna e' cresciuto complessivamente dello 0,7%, rispetto al +1,6% dell'intero Mezzogiorno e al +2,2% del centro-nord.

Il «ritardo dello sviluppo economico dovuto all'insularita'» menzionato dalla disposizione impugnata si evidenzia in ragione della differenza tra PIL pro capite registrato dagli ultimi dati disponibili dell'Istat relativi all'annualita' 2016. Posto come livello «100» il PIL pro capite dell'Italia intera, i dati disaggregati su base territoriale (per le sole autonomie speciali) sono i seguenti:   centro nord: 117,8;   Sardegna: 72,4;   Valle d'Aosta: 126,1;   Provincia di Bolzano: 153,2;   Provincia di Trento: 126,3;   Friuli-Venezia Giulia: 109,4;   Sicilia: 61,8.

Si tratta di dati che non hanno bisogno di particolari commenti: solo in Sicilia il dato e' «di poco» peggiore di quello sardo.

2. - La disposizione impugnata e i suoi effetti.

E' in questo contesto che si colloca (e puo' essere compresa) la disposizione qui impugnata.

Certo, a prima lettura, essa non sembra pregiudizievole: si riconosce alla Regione ricorrente, per l'esercizio finanziario 2019, un contributo economico pari a 15 milioni di Euro, sicche' parrebbe trattarsi di una previsione di favore. Se, pero', la si riconduce al contesto sopra segnalato, risulta evidente la sua lesivita'.

2.1. - Guardiamo anzitutto l'ammontare della somma - diciamo cosi' - graziosamente elargita.

Si tratta di una somma particolarmente bassa (15 milioni di Euro). Essa, per fare solo un esempio, non e' nemmeno sufficiente a coprire le spese correnti per la gestione dei beni demaniali e patrimoniali della regione (titolo per il quale, nel bilancio di previsione 2018, sono stati stanziati 16,4 milioni di Euro per il 2018 e 15,7 milioni per il 2019 e per il 2020; cfr. p. 23 dell'All. 3 del bilancio di previsione 2018-2010, legge reg. Sardegna n. 2 del 2018).

L'esiguita' di tale somma si percepisce ancor piu' se parametrata:   ai contributi giustamente riconosciuti alla Regione Valle d'Aosta, che sono pari a 45 milioni di Euro per il 2018, 100 milioni per il 2019 e 120 per il 2020, come risulta dal sopracitato comma 841 della legge impugnata. La sproporzione deve essere considerata anche alla luce del fatto che la Valle d'Aosta ha un territorio e una popolazione residente ben piu' piccola e che non ha i problemi derivanti dall'insularita';   allo spazio finanziario giustamente riconosciuto alla Regione Friuli-Venezia Giulia, ai sensi dei sopra citati commi 815 sgg.;   allo spazio finanziario giustamente riconosciuto alla Regione Siciliana e alle autonomie speciali del territorio del Trentino-Alto Adige, ai sensi delle leggi di bilancio per gli anni 2015 e 2017;   ai contributi di finanza pubblica che la Regione versa allo Stato in forza della legislazione vigente, che sono pari per il 2018 a € 683.996.000 (oltre a quelli, pari a circa 600 milioni di Euro in un triennio, che - come meglio si vedra' appresso - sono ancora sul tavolo della negoziazione tra le parti, in quanto previsti dall'art.

1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, nonche' dall'art. 1, commi 392 sgg., della legge n. 232 del 2016).

2.2. - Non basta.

Non puo' certo sfuggire che il contributo di 15 milioni di Euro e' stato disposto non per l'anno 2018, bensi' per l'anno 2019 (ovverosia per il secondo anno del triennio oggetto di programmazione con la legge impugnata, il che, fra l'altro, permetterebbe al legislatore statale di revocarlo in sede di approvazione della legge di bilancio per il 2019).

Dato che tale contributo e' erogato «nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione Sardegna», risulta evidente che tale datio e' destinata a precedere la ridefinizione dei rapporti economici tra le parti, ridefinizione che non potra' aversi (e comunque non potra' sortire effetti) prima dell'esercizio di bilancio 2020.

Cio' sta a significare che lo Stato, attraverso questa disposizione di legge:   ha prorogato per due annualita' lo status quo;   ha ex lege rifiutato la stipula di accordi di finanza pubblica con la Regione prima del 2020 (o comunque con produzione di effetti concreti prima dell'esercizio di bilancio 2020), se non addirittura prima del 2021 (atteso che la programmazione economica del bilancio statale e' triennale);   ha unilateralmente e definitivamente fissato in 0 Euro per le annualita' 2018 e 2020 e in soli 15 milioni di Euro per l'annualita' 2019 il proprio contributo in favore della Sardegna, pur espressamente riconsiderandone le peculiari difficolta' economiche;   non ha tenuto in alcun conto i contributi di finanza pubblica gia' imposti alla Regione nonche' il contributo di finanza pubblica tuttora da definire nel dettaglio secondo gli articoli 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015 e 1, commi 392 sgg, della legge n. 232 del 2016, secondo la giurisprudenza di cui alla sentenza Corte costituzionale, n. 154 del 2017.

Tutto questo sta a significare che:   a) prima del 2020 (se non del 2021) non c'e' alcuno spazio di effettiva negoziabilita' nei rapporti fra Stato e Regione;   b) ogni richiesta regionale di rinegoziare gli strumenti finanziari impositivi tuttora vigenti nei confronti della Regione, ma di piu' che dubbia legittimita' alla luce della giurisprudenza costituzionale (riserve, accantonamenti e contributi sine die o imposti su profili di spesa non co-finanziati), e' stata respinta ex lege.

2.3. - Infine, un ultimo cenno deve essere fatto alle due sentenze di codesta ecc.ma Corte costituzionale richiamate dalla disposizione impugnata.

Entrambe le pronunce sono di particolare complessita' e recano numerose statuizioni di sistema, sicche' non e' agevole comprendere per quale specifico profilo esse sono richiamate.

Dal generale contesto e' pero' possibile ipotizzare quanto segue.

a) Il riferimento alla sentenza n. 77 del 2015 potrebbe essere indirizzato in particolare a quanto indicato nel par. 9 del «Considerato in diritto» della sentenza. In quel passo l'ecc.ma Corte ha scrutinato le censure proposte da alcune autonomie speciali avverso l'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, che imponeva un contributo di finanza pubblica per il comparto di tali autonomie pari a € 600.000,00 per l'anno 2012, a € 1.200.000,00 per l'anno 2013 e a € 1.500.00,00 per le annualita' dal 2014 in avanti.

A tal proposito, l'ecc.ma Corte ha osservato che «l'art. 1, comma 454, lettera c), della legge n, 228 del 2012 ha stabilito che le ricorrenti [come si e' gia' detto, si trattava delle regioni e province autonome] concordino con il Ministro dell'economia e delle finanze l'obiettivo finanziario per gli anni dal 2013 al 2017, riducendo il livello delle spese finali di una serie di importi, tra i quali quelli determinati in attuazione dell'art. 16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012. Il contributo previsto in tale ultima disposizione, percio', per gli anni successivi al 2012, e' governato da una nuova norma, che lo ha espressamente circoscritto temporalmente fino al 2017. La modifica normativa ha privato tale contributo del suo carattere cronologicamente illimitato e in tal modo ha abrogato tacitamente la norma impugnata, nella parte in cui ne prevedeva una durata destinata a protrarsi indefinitamente, fino all'approvazione delle norme di attuazione statutaria».

In questa prospettiva, e' da ritenersi che l'accordo di finanza pubblica menzionato dalla disposizione impugnata sia destinato a tenere in debito conto, superandolo, il contributo previsto dall'art.

16, comma 3, del decreto-legge n. 95 del 2012, nonche' dall'art. 1, comma 454, della legge n. 228 del 2012.

b) Nello stesso senso deve interpretarsi il riferimento alla sentenza n. 154 del 2017. Come gia' accennato, in tale pronuncia l'ecc.ma Corte costituzionale ha affermato che le autonomie speciali non sono obbligate a versare la parte del contributo di finanza pubblica indicato all'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015 non «coperta» dalle regioni ordinarie, ma sono tenute a confrontarsi con lo Stato al fine di concordare un ulteriore contributo.

Alla luce di cio' e' da ritenersi che il richiamo alla sentenza n. 154 del 2017 indichi che l'accordo di finanza pubblica menzionato dal comma impugnato debba tenere in debito conto, superandolo, il contributo previsto dall'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, cosi' come modificato dall'art. 1, commi 392 sgg., della legge n. 232 del 2016.

3. - Violazione del principio di leale collaborazione ex articoli 5 e 117 Cost.; violazione del principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost., violazione dell'art. 117, comma 3, Cost.; violazione degli articoli 7 e 8 della legge cost. n. 3 del 1947, recante «Statuto speciale per la Sardegna»; violazione dell'art. 136 Cost., in riferimento ai parametri sopra indicati.

Si possono ora illustrare i vizi della disposizione impugnata.

3.1. - In primo luogo risultano violati il principio di leale collaborazione sancito dagli articoli 5 e 117 Cost., gli articoli 7 e 8 dello Statuto regionale e l'art. 117, comma 3, Cost., per una pluralita' di profili.

Anzitutto, come si e' gia' osservato, il legislatore ha erogato un contributo alla Regione Sardegna «nelle more» della definizione di un accordo complessivo di finanza pubblica. Dato che tale contributo deve essere erogato nell'anno 2019, il legislatore ha disegnato una programmazione economico-finanziaria con la quale si prevede che la stipula dell'accordo di finanza pubblica non puo' che intervenire successivamente al 2019 e che tale accordo non puo' produrre effetti per le annualita' di bilancio anteriori all'esercizio 2020 (se non, addirittura, anteriori all'esercizio 2021).

Tale circostanza e' di per se' lesiva dell'autonomia economico-finanziaria regionale e, di conseguenza, delle prerogative costituzionali e statutarie della Regione, di cui agli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 Cost.

Nel determinare (o anche solo pianificare) un ritardo di almeno due anni nel confronto collaborativo con la regione, il legislatore statale impedisce alla Sardegna di esercitare la propria autonomia economico-finanziaria garantita dagli articoli 7 e 8 dello Statuto, nonche' di esercitare la sua competenza in materia di «coordinamento della finanza pubblica» ex art. 117, comma 3, Cost. Alla lesione delle competenze statutarie e costituzionali si lega anche un concreto pregiudizio, atteso che, come ampiamente segnalato, in questo modo il legislatore ostacola la rinegoziazione dei contributi gia' in essere e impedisce alla regione anche di ottenere il risultato della soppressione degli strumenti finanziari che sono finora sfuggiti allo scrutinio di codesta ecc.ma Corte ma che sono ascrivibili a figure non compatibili con le norme costituzionali, statutarie e di attuazione statutaria rilevanti in materia (riserve erariali, contributi e accantonamenti sine die e/o imposti in settori di spesa non cofinanziati, etc.).

Tale effetto e' manifestamente illegittimo, atteso che, come ricordato ancora nella sentenza Corte costituzionale, n. 154 del 2017, il principio di leale collaborazione «richiede un confronto autentico [...] sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche» (in termini anche le sentt. nn. 19 e 82 del 2015).

In termini generali, poi, nella giurisprudenza costituzionale e' fermo l'orientamento che l'adozione «di una condotta meramente passiva, che si traduca nell'assenza di ogni forma di collaborazione, si risolve in una inerzia idonea a creare un vero e proprio blocco procedimentale» costituisce un «indubbio pregiudizio per il principio di leale collaborazione e per il buon andamento dell'azione amministrativa» (sent. Corte costituzionale, n. 219 del 2013).

Nel caso di specie, tale effetto e' determinato direttamente dalla legge, che cristallizza una sorta di «condotta di blocco» certamente illegittima (sull'illegittimita' delle «leggi di blocco» si veda Corte costituzionale, sentenza n. 198 del 2004).

Ne' si puo' obiettare che il periodo di due anni previsto dalla disposizione impugnata sia irrilevante. A tal proposito e' sufficiente ricordare che, come gia' detto, ai sensi dell'art. 10 della legge n. 196 del 2009, il triennio rappresenta l'arco di tempo fondamentale della programmazione economica delle pubbliche amministrazioni. Un «blocco della negoziazione» che si protrae per i due terzi di questo arco di tempo e' di per se' intollerabile e illegittimo.

3.2. - Il principio di leale collaborazione, gli articoli 7 e 8 dello Statuto e l'art. 117, comma 3, Cost. sono violati anche per un secondo profilo.

Si e' gia' osservato che, in forza della giurisprudenza costituzionale (cfr. sentenza Corte costituzionale, n. 19 del 2015), la preventiva e unilaterale determinazione del contributo delle autonomie speciali alla manovra di finanza pubblica, per essere conforme a Costituzione e compatibile con gli statuti d'autonomia, deve lasciare un effettivo «margine di negoziabilita'» alle Regioni autonome. Tale margine non puo' limitarsi alla rimodulazione interna tra le diverse autonomie speciali (o ordinarie), ma deve estendersi anche alla concreta disponibilita' delle risorse che possono essere eventualmente destinate a finanziare la riduzione dell'onere imputato all'intero comparto delle autonomie speciali e a ognuna di esse.

Tale principio e' stato ribadito nella piu' recente e gia' cit.

sentenza Corte costituzionale, n. 154 del 2017. Nello scrutinare la legittimita' della fissazione unilaterale e preventiva del contributo di finanza pubblica ex art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, infatti, codesta ecc.ma Corte ha rigettato le censure proposte da alcune autonomie speciali attraverso un'interpretazione costituzionalmente orientata delle disposizioni impugnate, in ragione della quale e' divenuto possibile per le autonomie speciali negoziare il carico finanziario inizialmente previsto tanto nell'an che nel quantum (cfr. in particolare il par. 4.4.1 della sentenza).

Tale possibilita' e' qui negata, per la semplice ragione che la stessa legge impugnata non prevede risorse per consentirla.

Non risultano, infatti, somme specificamente stanziate nel bilancio dello Stato a copertura di un eventuale accordo con la Regione Sardegna prima del 2020. Inoltre, lo Stato ha disposto e programmato un impegno nei confronti della Regione Sardegna pari a 15 milioni di Euro per il solo anno 2019, dal che si deduce che per gli esercizi di bilancio 2018 e 2020 lo stanziamento e il conseguente spazio finanziario sono nulli.

3.3. - I parametri sopra menzionati (il principio di leale collaborazione sancito dagli articoli 5 e 117 Cost., gli articoli 7 e 8 dello Statuto e l'art. 117, comma 3, Cost.) sono violati anche in riferimento all'art. 136 Cost.

Come gia' osservato, l'ecc.ma Corte costituzionale ha a piu' riprese imposto alla Regione odierna ricorrente e allo Stato di stipulare un accordo relativo ai reciproci rapporti economico-finanziari. Da ultimo, tale richiamo e' intervenuto con la sentenza n. 154 del 2017, proprio in riferimento all'art. 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015.

Nel dichiarare non fondata l'impugnazione della disposizione appena richiamata, l'ecc.ma Corte ha ricordato che il principio di leale collaborazione «richiede un confronto autentico, orientato al superiore interesse pubblico di conciliare l'autonomia finanziaria delle regioni con l'indefettibile vincolo di concorso di ciascun soggetto ad autonomia speciale alla manovra di stabilita', sicche' su ciascuna delle parti coinvolte ricade un preciso dovere di collaborazione e di discussione, articolato nelle necessarie fasi dialogiche».

Nel caso di specie, per le ragioni sopra illustrate, risulta giuridicamente impossibile per la Regione formulare proposte in termini di finanza pubblica, in quanto lo Stato, in forza della specifica disposizione di legge qui impugnata, si e' radicalmente sottratto al confronto con la Sardegna.

Per tale motivo, il comma qui censurato risulta violativo anche del giudicato costituzionale ex art. 136 Cost., con conseguente lesione dell'autonomia economico-finanziaria della Regione, tutelata dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117 Cost.

3.4. - I medesimi parametri (il principio di leale collaborazione, gli articoli 7 e 8 dello Statuto e l'art. 117, comma 3, Cost.) sono violati anche in riferimento al principio di ragionevolezza ex art. 3 Cost. e all'art. 116 Cost.

Come gia' osservato, la somma stanziata dal legislatore statale e' di soli 15 milioni di Euro e riguarda il solo anno 2019. Si tratta di una somma particolarmente esigua e sostanzialmente inidonea a essere utilmente impiegata in un'azione di sistema per fronteggiare il ritardo nello sviluppo del sistema economico-sociale dell'isola o per compensare lo svantaggio derivante dall'insularita'. Tale circostanza risulta evidente se solo si confronta tale cifra con gli stanziamenti del bilancio regionale. Nel bilancio per il 2018 la Regione ha stanziato 56 milioni di Euro per lo sviluppo del settore turistico; 151 milioni di Euro per lo sviluppo economico e la competitivita' del sistema economico regionale (di cui 37 milioni per lo sviluppo dell'industria, delle piccole e medie imprese e dell'artigianato, 53 milioni per la ricerca e l'innovazione); 208 milioni di Euro per le politiche per il lavoro e la formazione professionale e 200 milioni di Euro per il settore agricolo e il sistema agro-alimentare. Rispetto a queste cifre, l'esiguita' del contributo previsto dal legislatore statale e la conseguente inidoneita' rispetto alle effettive necessita' di politiche di sostegno del sistema economico-sociale dell'isola non puo' che tradursi nell'irragionevolezza della disposizione impugnata.

Parimenti, il vizio d'irragionevolezza si coglie anche in forza della contraddittorieta' tra lo stanziamento effettuato e le finalita' indicate dalla legge, che non sono legate a un singolo intervento, bensi' alle piu' generali necessita' collegate allo stato di insularita' e al ritardo nello sviluppo economico dell'isola, espressamente riconosciuti dallo stesso legislatore.

Infine, costituisce un elemento sintomatico dell'irragionevolezza della disposizione impugnata la sua particolare esiguita' in riferimento all'ammontare dei contributi di finanza pubblica (sia temporanei che indefiniti nel tempo) gia' imposti alla Regione, nonche' all'ammontare dei contributi di finanza pubblica gia' oggetto di determinazione unilaterale e preventiva da parte del legislatore statale e in attesa di ripartizione tra le autonomie speciali ai sensi degli articoli 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015, e 1, commi 392 sgg., della legge n. 232 del 2016.

Come gia' osservato in precedenza, il contributo di finanza pubblica imposto alla Regione per il solo anno 2018 e' pari a € 683.996.000. Il contributo erogato dallo Stato e' appena del 2% circa del contributo che la Regione e' tenuta a restituire.

Ai contributi gia' imposti, come gia' osservato, si devono aggiungere quelli che ancora non sono stati definiti nel dettaglio, ma sono previsti dalle leggi di bilancio per gli anni 2016 e 2017. A tal proposito, si puo' ricordare che con Nota del Sottosegretario agli affari regionali prot. n. 1834 del 31 gennaio 2017, lo Stato ha formulato un'ipotesi di accordo relativo al contributo di finanza pubblica a carico della Regione Sardegna derivante dai menzionati articoli 1, comma 680, della legge n. 208 del 2015 e 1, commi 392 sgg., della legge n. 232 del 2016.

Tale proposta prevede:   con riferimento alla legge di bilancio per il 2016, un concorso alla finanza pubblica pari a 96 milioni di Euro per l'anno 2017 e a 137 milioni di Euro a decorrere dal 2018;   con riferimento alla legge di bilancio per il 2017, un concorso alla finanza pubblica pari a 1,7 milioni di Euro per il 2017, a 27,3 milioni di Euro per il 2018 e a 81,9 milioni di Euro a decorrere dal 2019.

La somma dei contributi e' pari a piu' di 164 milioni di Euro per il 2018 e piu' di 218 milioni di Euro dal 2019 in avanti.

Il contributo previsto dalla disposizione censurata e' meno del 7% di tale ulteriore ammontare. Se si sommano i contributi di finanza pubblica gia' imposti alla Regione con quanto previsto dalla menzionata proposta del gennaio 2017, il contributo elargito dallo Stato non arriva all'1,8% di quanto la Regione deve allo Stato restituire.

In conclusione: la differenza tra il contributo erogato dallo Stato e quello imposto alla Regione e' di grado tale da risultare assolutamente irragionevole e tale irragionevolezza non puo' che ridondare nella lesione dell'autonomia finanziaria regionale, garantita dagli articoli 7 e 8 dello Statuto e 117, comma 3, Cost.

Alla Regione, infatti, sono sottratte copiose risorse, che non sono compensate che in misura irrisoria (sarebbe da dire derisoria) dalla modestissima elargizione prevista per il solo anno 2019, oltretutto in conclamata carenza (gia' preventivata) di un qualsivoglia quadro di pattizia collaborazione fra lo Stato e la Regione.

3.5. - Infine, risulta parimenti evidente la lesione dell'autonomia finanziaria regionale in riferimento alla violazione del principio di parita' di trattamento tra le autonomie speciali (ai sensi degli articoli 3 e 116 Cost.), stante il forte disallineamento tra le somme stanziate a favore della Regione Sardegna e quelle stanziate a favore delle altre autonomie speciali (15 milioni di Euro per la Sardegna, 240 in un biennio per il Friuli-Venezia Giulia e 265 per la Valle d'Aosta, per non parlare delle peculiari condizioni di favore riservate alla Regione Trentino-Alto Adige e alle Province autonome, gia' ricordate in narrativa).

Si badi: l'odierna ricorrente non contesta affatto che siano stati assicurati adeguati spazi finanziari alle altre autonomie speciali, ne' ha alcun interesse a che tali spazi vengano resecati.

Parimenti, la ricorrente riconosce che, all'esito del confronto collaborativo con le diverse autonomie speciali possono essere stipulati accordi di finanza pubblica che hanno un contenuto diverso e che determinano rapporti finanziari reciproci e altre prerogative d'autonomia che possono essere differenti tra regione e regione.

Cio' che si contesta, invece, e' che lo Stato abbia programmato le risorse per il comparto delle autonomie speciali in modo da essere pronto a stipulare accordi di finanza pubblica secondo effettivi margini di negoziabilita' solo con alcune di esse, mentre per la Sardegna, per le ragioni gia' indicate sopra, la disposizione impugnata ha di fatto e di diritto escluso ogni possibilita' di effettiva negoziazione dei rapporti economico-finanziari.

A tal proposito e' possibile ancora una volta citare quanto affermato nella sentenza Corte costituzionale, n. 154 del 2017.

Come gia' osservato, l'ecc.ma Corte ha potuto rilevare «la peculiarita' dell'accordo concluso con le autonomie della Regione Trentino-Alto Adige», peculiarita' che hanno giustificato «l'isolata menzione» di quel solo accordo nella legge di bilancio per il 2016.

Nondimeno, nella stessa sentenza e' stato ribadito «il principio dell'eguale riconoscimento e della parita' di posizione di tutte le autonomie differenziate, rispetto alle richieste di contribuire agli equilibri della finanza pubblica». Anche se, all'esito delle negoziazioni, si puo' determinare l'effetto di accordi aventi «specifici e concreti contenuti» di diverso tenore, la programmazione finanziaria statale deve garantire «eguale riconoscimento» e «parita' di posizione» tra le autonomie speciali.

Tanto, per i motivi gia' indicati supra, non accade nel caso di specie.

Il raffronto e' particolarmente significativo se si considera il trattamento riservato alla Regione Valle d'Aosta. La struttura della disposizione che la concerne (il comma 841), infatti, e' in tutto simile a quella della disposizione qui impugnata (il comma 851). Sono infatti richiamate le sentenze della Corte costituzionale, nn. 77 del 2015 e 154 del 2017 e la previsione normativa e' concepita «nelle more della definizione dei complessivi rapporti finanziari fra lo Stato e la Regione». Tuttavia:   a) per la Valle d'Aosta si riducono gli accantonamenti a suo carico e non ci si limita a prevedere una modesta erogazione aggiuntiva; b) la riduzione e' immediatamente operativa e non si rinvia l'intervento all'esercizio 2019; c) conseguentemente non si da' per scontato che l'accordo con la Regione non ci sara' da qui al 2020.

Si ribadisce: non e' intenzione della Regione Sardegna contestare tali previsioni normative, cosi' come non e' suo interesse contestare alcun intervento riequilibri i gravi sacrifici imposti alle regioni.

E' pero' suo interesse censurare una previsione come quella qui impugnata, che riserva alla ricorrente un privilegio odioso, del resto conforme al negativo atteggiamento che lo Stato ha avuto in tutta la «vertenza entrate».

 

P.Q.M.

 

Chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia:   accogliere il presente ricorso;   per l'effetto, dichiarare l'illegittimita' costituzionale dell'art. 1, comma 581, della l.

Si deposita copia conforme all'originale della delibera della giunta regionale della Regione autonoma della Sardegna del 21 febbraio 2018.

Roma-Cagliari, 27 febbraio 2018

Avv. Camba - Avv. prof. Luciani