RICORSO N. 72 DEL 13 SETTEMBRE 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimità costituzionale depositato in cancelleria il 13 settembre 2017.

(GU n. 45 del 08.11.2017)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato c.f. 80224030587, Fax 06/96514000 e PEC roma@mailcert.avvocaturastato.it presso i cui uffici ex lege domicilia in Roma, via dei Portoghesi n. 12;   nei confronti della Regione autonoma della Sardegna, in persona del presidente della giunta regionale pro tempore per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 13, comma 1, 29, comma 1, lettera a), 37, 38 e 39 della legge Regionale Sardegna n. 11 del 3 luglio 2017, recante le disposizioni della «Disposizioni urgenti in materia urbanistica ed edilizia. Modifiche alla legge regionale n. 23 del 1985, alla legge regionale n. 45 del 1989, alla legge regionale n. 8 del 2015, alla legge regionale n. 28 del 1998, alla legge regionale n. 9 del 2006, alla legge regionale n.

22 del 1984 e alla legge regionale n. 12 del 1994», pubblicata nel B.U.R. n. 31 del 6 luglio 2017, giusta delibera del Consiglio dei ministri in data 29 agosto 2017.

1. La legge regionale della Sardegna n. 11/2017, indicata in epigrafe, composta da 43 articoli, come esplicita lo stesso titolo, contiene disposizioni in materia urbanistica ed edilizia di modifica alle leggi regionali n. 45/1989; n. 8/2015; n. 2811998; n. 9/2006; n.

22/1984 e n. 12/1994. E' avviso del Governo che, con le norme denunciate in epigrafe, la Regione autonoma della Sardegna abbia ecceduto dalla propria competenza statutaria, legge costituzionale 26 febbraio 1948, n. 3, «Statuto speciale per la Sardegna», e successive integrazioni e modificazioni, in particolare l'art. 3, comma, l, lettera n), in violazione della normativa costituzionale, come si confida di dimostrare in appresso con l'illustrazione dei seguenti  

Motivi  

1. L'art. 13, comma 1, della legge Regione autonoma Sardegna n.

11/2017 viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

1.1. Occorre premettere che, sebbene la Regione autonoma della Sardegna goda di competenza legislativa di tipo primario in materia di «usi civici», ai sensi dell'art. 3, comma 1, lettera n), dello Statuto speciale, approvato con la legge costituzionale n. 3/1948 citata, tale competenza, ai sensi della citata norma statutaria, deve attuarsi «in armonia con la Costituzione e i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica e col rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.» (art. 3, comma 1, citato).

Le norme di attuazione dello Statuto attribuiscono alla Regione funzioni relative ai beni culturali e ai beni ambientali, nonche' quelle relative alla redazione e all'approvazione dei piani paesistici (art. 6, decreto del Presidente della Repubblica 22 maggio 1975, n. 480, recante «Nuove norme di attuazione dello Statuto speciale della Regione autonoma della Sardegna») (1) .

Tuttavia, anche le norme di attuazione dello Statuto speciale, che pure assumono senz'altro ruolo interpretativo ed integrativo delle disposizioni statutarie che delimitano le sfere di competenza della Regione ad autonomia speciale, prevalendo sugli atti legislativi ordinari, devono essere esercitate nel rispetto dei limiti individuati nell'art. 3, comma 1, dello Statuto di autonomia citato e, quindi, in armonia con la Costituzione e con i principi dell'ordinamento giuridico della Repubblica, nel rispetto degli obblighi internazionali e degli interessi nazionali, e delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.

Tra queste ultime disposizioni vanno ricondotte anche quelle adottate dal legislatore statale sulla base del titolo di competenza legislativa nella materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali», di cui all'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione; e, in particolare, le norme in materia di beni paesaggistici (nell'ambito dei quali l'art. 142, comma 1, lettera h), «Aree tutelate per legge», annovera anche gli usi civici) e di pianificazione paesaggistica contenute nel decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42, «Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002, n. 137» (2) , che, pertanto, devono intendersi vincolanti anche nei confronti della Regione Sardegna.

La Corte costituzionale, infatti, ha rilevato che «La particolarita' della disciplina del bene giuridico ambiente considerato nella sua completezza ed unitarieta' riverbera i suoi effetti anche quando si tratta di regioni speciali», incidendo sulla loro potesta' normativa (sentenze n. 367/2007; n. 180/2008 punto 3.

del Considerato in diritto; n. 210/2014, punto 8.2. del Considerato in diritto; e n. 103/2017 punti 3.1. e 3.4. del Considerato in diritto;).

Si ricorda, in proposito, che la Corte costituzionale, gia' con la piu' risalente sentenza n. 151 del 1986, (riferita alle disposizioni della cosiddetta «legge Galasso» ), e, poi, con la sentenza n. 164 del 2009 (punto 3.1. del Considerato in diritto), resa, come la prima, nei confronti della Regione Valle d'Aosta, ha affermato la natura di norma di grande riforma economico-sociale della disposizione di cui all'art. 142 citato. Tale orientamento, proprio nei confronti della Regione Sardegna, e' stata confermato con la sentenza n. 210 del 2014, riguardante gli usi civici.

Inoltre, la giurisprudenza costituzionale ha qualificato come norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni statali riguardanti l'autorizzazione paesaggistica «che deve essere annoverata "tra gli istituti di protezione ambientale uniformi, validi in tutto il territorio nazionale"» (sentenze n. 101 del 2010; n. 232 del 2008, punto 5. del Considerato in diritto; n. 238 del 2013, punto n. 2.1. e n. 2.1.1. del Considerato in diritto).

1.2. La norma contenuta all'art. 13, comma 1, rubricato «Modifiche all'articolo 10-bis della legge regionale n. 45 del 1989 (Piano paesaggistico regionale: tutela delle zone di rilevante interesse paesistico-ambientale)», citato dispone che «1. Dopo la lettera i) del comma 2 dell'articolo 10-bis della legge regionale 22 dicembre 1989, n. 45 (Norme per l'uso e la tutela del territorio regionale), sono aggiunte le seguenti:   "i-bis) gli interventi relativi alla realizzazione di parcheggi che non determinino alterazione permanente e irreversibile dello stato dei luoghi e di strutture di facile rimozione a servizio della balneazione e della ristorazione, preparazione e somministrazione di bevande e alimenti, e finalizzate all'esercizio di attivita' sportive, ludico-ricreative direttamente connesse all'uso del mare e delle acque interne;   i-ter) le infrastrutture puntuali di facile rimozione a servizio delle strutture di interesse turistico-ricreativo dedicate alla nautica."».

La norma regionale de qua presenta palesi profili di incostituzionalita' nella parte in cui, aggiungendo le lettere «i-bis» e «i-ter» al comma 2 dell'art. 10-bis della legge regionale n. 45 del 1989, inserisce ulteriori tipologie di interventi tra quelle gia' ammesse nelle zone sottoposte a «vincolo di integrale conservazione dei singoli caratteri naturalistici, storico-morfologici e dei rispettivi insiemi» soggette, per i beni paesaggistici, all'obbligo di condivisione preventiva in sede di copianificazione.

Tali disposizioni anticipano unilateralmente, a livello di legge regionale, scelte di merito di compatibilita' paesaggistica di talune tipologie di interventi che spettano ai piani paesaggistici regionali, sottoposti, per i beni vincolati, all'obbligo di condivisione preventiva con il Ministero competente.

Tali attivita' costituiscono alcuni dei contenuti minimi del piano paesaggistico (art. 143, comma 1, lettera c, del Codice citato, «Piano paesaggistico» (3) ) e devono essere svolte congiuntamente dallo Stato e dalla regione (art. 135 del Codice citato, «Pianificazione paesaggistica (4) ).

La normativa regionale, intervenendo unilateralmente anziche' con la dovuta pianificazione condivisa con gli organi statali, viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione e le norme interposte sulla pianificazione congiunta (articoli 135 e 143 del Codice citati).

Infatti, la copianificazione obbligatoria per le aree vincolate gravate da vincoli paesaggistici (art. 143 citato) e' norma di grande riforma economico-sociale, che si impone, quindi, anche nei confronti delle regioni ad autonomia speciale. Al riguardo, la Corte costituzionale, dopo aver ricordato, con la sentenza n. 308 del 2013 (punto 4.1.2. del Considerato in diritto), che «l'art. 135 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nel testo in vigore dal 2008, stabilisce, all'ultimo periodo del comma 1, l'obbligo della elaborazione congiunta dei piani paesaggistici tra Ministero e Regioni "limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo art.

143", ha sancito, con la sentenza n. 210 del 2014, il principio per cui e' necessario che "effetti giuridici modificativi del regime dei relativi beni non si producano prima, e al di fuori, del Piano paesaggistico regionale» (punto 8.3. del Considerato in diritto).

L'obbligo della pianificazione congiunta deve, pero', essere declinato non solo sul piano formale, ma anche su quello sostanziale, cosicche' esso non si puo' considerare rispettato allorche', con il susseguirsi di leggi regionali, si predeterminano, in via normativa, unilateralmente e con disposizioni di dettaglio, quelli che, invece, devono costituire i contenuti del piano paesaggistico regionale, svuotando, cosi', di contenuto la regola della pianificazione congiunta.

Per tali motivi, la previsione in esame si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione che attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato la materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e con le norme interposte di cui agli articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio citato.

Le disposizioni statali di cui agli articoli 135 e 143 citati costituiscono norme di grande riforma economico-sociale, che si impongono anche alle regioni dotate di autonomia speciale.

Sono numerose, infatti, le sentenze, gia' richiamate al precedente punto 1.1., con le quali la Corte costituzionale ha espressamente qualificato come norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni del Codice citato che riguardano l'elencazione dei beni vincolati ex art. 142 e il regime dell'autorizzazione paesaggistica, in quanto rispondente all'esigenza di uniformita' nella tutela dei beni paesaggistici.

La giurisprudenza costituzionale ha affermato che «l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale, in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (sentenza n. 180 del 2008 citata).

Alla luce delle precedenti considerazioni deve ritenersi, pertanto, che l'art. 13, comma 1, della legge regionale n. 11/2017 citato, ecceda dalle competenze statutarie e contrasti con le predette disposizioni statali e con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

2. L'art. 29, comma 1, lettera a), della legge Regione autonoma Sardegna n. 11/2017 viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

La norma contenuta nell'art. 29, comma 1, lettera a), rubricato «Modifiche all'art. 38 della legge regionale n. 8 del 2015 (Interventi di trasferimento volumetrico per la riqualificazione ambientale e paesaggistica)», prevede che «1. All'art. 38 della legge regionale n. 8 del 2015 sono apportate le seguenti modifiche:   a) la lettera a) del comma 1 e' sostituita dalla seguente:   «a) in aree ricadenti all'interno delle zone urbanistiche omogenee E ed H ed interne al perimetro dei beni paesaggistici di cui all'art. 142, comma 1, lettere a), b), c), ed i) del decreto legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e del paesaggio, ai sensi dell'articolo 10 della legge 6 luglio 2002, n.

137), e successive modifiche ed integrazioni».

La predetta norma regionale, riguardante l'individuazione degli immobili incompatibili con i valori paesaggistici da rilocalizzare in altre aree non di pregio, risulta non in linea con il quadro giuridico nazionale di riferimento.

Tali disposizioni anticipano unilateralmente, a livello di legge regionale, scelte di merito di compatibilita' paesaggistica di talune tipologie di interventi che spettano ai piani paesaggistici regionali, sottoposti, per i beni vincolati, all'obbligo di condivisione preventiva con il Ministero. Tali attivita' costituiscono alcuni dei contenuti minimi del piano paesaggistico (art. 143, comma 1, lettera c, del Codice citato) e devono essere svolte congiuntamente dallo Stato e dalla Regione (art. 135 del Codice citato).

La normativa regionale, intervenendo unilateralmente anziche' con la dovuta pianificazione condivisa con gli organi statali, viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione e le norme interposte sulla pianificazione congiunta (articoli 135 e 143 del Codice citati).

Infatti, la copianificazione obbligatoria per le aree vincolate gravate da vincoli paesaggistici (art. 143 citato) e' norma di grande riforma economico-sociale, che si impone, quindi, anche nei confronti delle Regioni ad autonomia speciale.

Al riguardo, la Corte costituzionale, dopo aver ricordato, con la sentenza n. 308 del 2013, che «l'art. 135 del Codice dei beni culturali e del paesaggio, nel testo in vigore dal 2008, stabilisce, all'ultimo periodo del comma 1, l'obbligo della elaborazione congiunta dei piani paesaggistici tra Ministero e regioni «limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma 1, lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo art. 143», ha sancito, con la sentenza n. 210 del 2014, il principio per cui e' necessario che «effetti giuridici modificativi del regime dei relativi beni non si producano prima, e al di fuori, del Piano paesaggistico regionale».

L'obbligo della pianificazione congiunta deve, pero', essere declinato non solo sul piano formale ma anche su quello sostanziale, cosicche' esso non si puo' considerare rispettato allorche', con il susseguirsi di leggi regionali, si predeterminano, in via normativa, unilateralmente e con disposizioni di dettaglio, quelli che, invece, devono costituire i contenuti del piano paesaggistico regionale, svuotando, cosi', di contenuto la regola della pianificazione congiunta. Per tali motivi, la previsione in esame si pone in contrasto con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione che attribuisce alla legislazione esclusiva dello Stato la materia della «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali» e con le norme interposte di cui agli articoli 135 e 143 del Codice dei beni culturali e del paesaggio citato.

Le disposizioni statali di cui agli articoli 135 e 143 citati costituiscono norme di grande riforma economico-sociale, che si impongono anche alle regioni dotate di autonomia speciale. Sono numerose, infatti, le sentenze, gia' richiamate al precedente punto 1.1. e 1.2., con le quali la Corte costituzionale ha espressamente qualificato come norme di grande riforma economico-sociale le disposizioni del Codice citato che riguardano l'elencazione dei beni vincolati ex art. 142 e il regime dell'autorizzazione paesaggistica, in quanto rispondente all'esigenza di uniformita' nella tutela dei beni paesaggistici.

La giurisprudenza costituzionale ha affermato che «l'impronta unitaria della pianificazione paesaggistica e' assunta a valore imprescindibile, non derogabile dal legislatore regionale, in quanto espressione di un intervento teso a stabilire una metodologia uniforme nel rispetto della legislazione di tutela dei beni culturali e paesaggistici sull'intero territorio nazionale» (sentenze n. 180 del 2008 citata e n. 64 del 2015 citata, punto 3.4. del Considerato in diritto).

Alla luce delle precedenti considerazioni deve ritenersi, pertanto, che l'art. 29, comma 1, lettera a) della legge regionale n.

11/2017 citato, ecceda dalla competenza statutaria e contrasti con le predette disposizioni statali e con l'art. 117, secondo comma, lettera s), della Costituzione.

3. Gli articoli 37 e 38 della legge Regione autonoma Sardegna n.

11/2017 violano l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

Il procedimento delineato dagli articoli 37 e 38 (5) per la permuta, alienazione e trasferimento dei terreni ovvero per il trasferimento dei diritti di uso civico vincola e limita il potere dell'amministrazione statale di valutazione degli aspetti paesaggistici delle aree coperte da usi civici, per le quali consigli comunali richiedono la sclassificazione, al solo profilo del riconoscimento «dell'assenza di valori paesaggistici determinati dall'uso civico».

Nella formulazione degli articoli 37 e 38, infatti, le «valutazioni degli aspetti paesaggistici», cui e' preordinata, in alternativa alla copianificazione paesaggistica, la «fase anticipata» costituita dai predetti accordi di copianificazione, risultano limitate al solo riconoscimento dell'assenza di valori paesaggistici determinati dall'uso civico, con implicita esclusione di una diversa valutazione complessiva tecnico-discrezionale della sussistenza attuale di valori paesaggistici anche non strettamente identificabili con il perdurare dei caratteri e degli usi civici (ad esempio, terreni agrari, ovvero boschivi o pascolativi).

Le previsioni censurate, pertanto, impongono la sclassificazione e la cessazione del vincolo paesaggistico per il solo fatto che gli usi civici non siano piu' attualmente praticati o praticabili a causa del mutamento dello stato dei luoghi, precludendo soluzioni valutative diverse, volte anche, ad esempio, ad ipotizzare, come prevede l'art. 143 del Codice citato, processi di riqualificazione e recupero di contesti paesaggistici parzialmente compromessi o degradati, oltre al ripristino dello stato dei luoghi ove possibile.

Le riferite disposizioni sono censurabili anche per il richiamo non appropriato all'art. 156, comma 1, del Codice citato (6) , al fine di introdurre una nuova figura di potere sostitutivo ministeriale, una volta decorso inutilmente il termine di 90 giorni previsto dalla nuova norma per la stipula dell'accordo di copianificazione, termine decorrente dalla delibera del consiglio comunale.

Alla luce delle precedenti considerazioni, gli articoli 37 e 38 citati eccedono dalle competenze statutarie della Regione autonoma della Sardegna, in particolare quelle di cui all'art. 3, comma 1, lettera n), e contrastano con le disposizioni statali citate, in violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali di cui all'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

4. L'art. 39 della legge Regione autonoma Sardegna n. 11/2017 viola l'art. 117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

La norma contenuta nell'art. 39 citato (7) presenta le stesse criticita' gia' illustrate a proposito dei due precedenti articoli 37 e 38 citati e illustrate con il motivo n. 3. del presente ricorso.

La disposizione di cui all'art. 39, comma 1, lettera a), che prevede che possono essere oggetto di sdemanializzazione i terreni soggetti a uso civico appartenenti ai demani civici a condizione che abbiano irreversibilmente perso la conformazione fisica o la destinazione funzionale di terreni agrari, ovvero boschivi o pascolativi per oggettiva trasformazione, finisce per pregiudicare la valutazione della possibile sussistenza attuale di altri valori paesaggistici e per escludere, di conseguenza, la stessa possibilita' di proporre soluzioni di riduzione in pristino stato dei luoghi degradati o compromessi o di prospettare soluzioni di rigenerazione e di recupero paesaggistico, fermo restando il connesso regime vincolistico.

Nella formulazione dell'art. 39, infatti, si esclude una diversa valutazione complessiva tecnico-discrezionale della sussistenza attuale di valori paesaggistici anche non strettamente identificabili con il perdurare dei caratteri e degli usi civici (ad esempio, terreni agrari, ovvero boschivi o pascolativi).

La previsione censurata, pertanto, prevede la sdemanializzazione del vincolo paesaggistico per il solo fatto che gli usi civici non siano piu' attualmente praticati o praticabili a causa del mutamento dello stato dei luoghi, precludendo soluzioni valutative diverse, volte anche, ad esempio, ad ipotizzare, come prevede l'art. 143 del Codice citato, processi di riqualificazione e recupero di contesti paesaggistici parzialmente compromessi o degradati, oltre al ripristino dello stato dei luoghi ove possibile.

Alla luce delle precedenti considerazioni, l'art. 39 citato eccede dalle competenze statutarie della Regione autonoma della Sardegna, in particolare quelle di cui all'art. 3, comma 1, lettera n), e contrasta con le disposizioni statali citate, in violazione della competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali di cui all'art.

117, comma 2, lettera s), della Costituzione.

(1) «Sono trasferite alla Regione autonoma della Sardegna le  attribuzioni gia' esercitate dagli organi centrali e periferici  del Ministero della pubblica istruzione ai sensi della legge 6  agosto 1967, n. 765 ed attribuite al Ministero per i beni  culturali e ambientali con decreto-legge 14 dicembre 1974, n.

657, convertito in legge 29 gennaio 1975, n. 5, nonche' da organi  centrali e periferici di altri Ministeri. Il trasferimento  predetto riguarda altresi' la redazione e l'approvazione dei  piani territoriali paesistici di cui all'art. 5 della legge 29  giugno 1939, n. 1497. La regione potra' avvalersi, per la  redazione dei predetti piani, della collaborazione degli organi  statali preposti alla tutela delle bellezze naturali e  panoramiche.».

(2) 1. Sono comunque di interesse paesaggistico e sono sottoposti  alle disposizioni di questo Titolo: a) i territori costieri  compresi in una fascia della profondita' di 300 metri dalla linea  di battigia, anche per i terreni elevati sul mare; b) i territori  contermini ai laghi compresi in una fascia della profondita' di  300 metri dalla linea di battigia, anche per i territori elevati  sui laghi; c) i fiumi, i torrenti, i corsi d'acqua iscritti negli  elenchi previsti dal testo unico delle disposizioni di legge  sulle acque ed impianti elettrici, approvato con regio decreto 11  dicembre 1933, n. 1775, e le relative sponde o piedi degli argini  per una fascia di 150 metri ciascuna; d) le montagne per la parte  eccedente 1.600 metri sul livello del mare per la catena alpina e  1.200 metri sul livello del mare per la catena appenninica e per  le isole; e) i ghiacciai e i circhi glaciali; f) i parchi e le  riserve nazionali o regionali, nonche' i territori di protezione  esterna dei parchi; g) i territori coperti da foreste e da  boschi, ancorche' percorsi o danneggiati dal fuoco, e quelli  sottoposti a vincolo di rimboschimento, come definiti dall'art.

2, commi 2 e 6, del decreto legislativo 18 maggio 2001, n. 227;  h) le aree assegnate alle universita' agrarie e le zone gravate  da usi civici; i) le zone umide incluse nell'elenco previsto dal  decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448; l)  i vulcani; m) le zone di interesse archeologico. 2. La  disposizione di cui al comma 1, lettere a), b), c), d), e), g),  h), l), m), non si applica alle aree che alla data del 6  settembre 1985: a) erano delimitate negli strumenti urbanistici,  ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444, come  zone territoriali omogenee A e B; b) erano delimitate negli  strumenti urbanistici ai sensi del decreto ministeriale 2 aprile  1968, n. 1444, come zone territoriali omogenee diverse dalle zone  A e B, limitatamente alle parti di esse ricomprese in piani  pluriennali di attuazione, a condizione che le relative  previsioni siano state concretamente realizzate; c) nei comuni  sprovvisti di tali strumenti, ricadevano nei centri edificati  perimetrali ai sensi dell'art. 18 della legge 22 ottobre 1971, n.

865. 3. La disposizione del comma 1 non si applica, altresi', ai  beni ivi indicati alla lettera c) che la regione abbia ritenuto  in tutto o in parte irrilevanti ai fini paesaggistici  includendoli in apposito elenco reso pubblico e comunicato al  Ministero. Il Ministero, con provvedimento motivato, puo'  confermare la rilevanza paesaggistica dei suddetti beni. Il  provvedimento di conferma e' sottoposto alle forme di pubblicita'  previste dall'art. 140, comma 4. 4. Resta in ogni caso ferma la  disciplina derivante dagli atti e dai provvedimenti indicati  all'art. 157.

(3) «1. L'elaborazione del piano paesaggistico comprende almeno: c)  ricognizione delle aree di cui al comma 1 dell'art. 142, loro  delimitazione e rappresentazione in scala idonea alla  identificazione, nonche' determinazione di prescrizioni d'uso  intese ad assicurare la conservazione dei caratteri distintivi di  dette aree e, compatibilmente con essi, la valorizzazione;».

(4) 1. Lo Stato e le regioni assicurano che tutto il territorio sia  adeguatamente conosciuto, salvaguardato, pianificato e gestito in  ragione dei differenti valori espressi dai diversi contesti che  lo costituiscono. A tale fine le regioni sottopongono a specifica  normativa d'uso il territorio mediante piani paesaggistici,  ovvero piani urbanistico-territoriali con specifica  considerazione dei valori paesaggistici, entrambi di seguito  denominati: «piani paesaggistici». L'elaborazione dei piani  paesaggistici avviene congiuntamente tra Ministero e regioni,  limitatamente ai beni paesaggistici di cui all'art. 143, comma 1,  lettere b), c) e d), nelle forme previste dal medesimo art. 143.

2. l piani paesaggistici, con riferimento al territorio  considerato, ne riconoscono gli aspetti e i caratteri peculiari,  nonche' le caratteristiche paesaggistiche, e ne delimitano i  relativi ambiti. 3. In riferimento a ciascun ambito, i piani  predispongono specifiche normative d'uso, per le finalita'  indicate negli articoli 131 e 133, ed attribuiscono adeguati  obiettivi di qualita'. 4. Per ciascun ambito i piani  paesaggistici definiscono apposite prescrizioni e previsioni  ordinate in particolare: a) alla conservazione degli elementi  costitutivi e delle morfologie dei beni paesaggistici sottoposti  a tutela, tenuto conto anche delle tipologie architettoniche,  delle tecniche e dei materiali costruttivi, nonche' delle  esigenze di ripristino dei valori paesaggistici; b) alla  riqualificazione delle aree compromesse o degradate; c) alla  salvaguardia delle caratteristiche paesaggistiche degli altri  ambiti territoriali, assicurando, al contempo, il minor consumo  del territorio; d) alla individuazione delle linee di sviluppo  urbanistico ed edilizio, in funzione della loro compatibilita'  con i diversi valori paesaggistici riconosciuti e tutelati, con  particolare attenzione alla salvaguardia dei paesaggi rurali e  dei siti inseriti nella lista del patrimonio mondiale  dell'UNESCO.

(5) L'art. 37, rubricato «Modifiche all'art. 18 della legge regionale  n. 12 del 1994 (Permuta ed alienazione di terreni civici)», in  vigore dal 6 luglio 2017. prevede che: 1. Dopo il comma 3  dell'art. 18 sono aggiunti i seguenti: «3-bis. Ai fini della  valutazione degli aspetti paesaggistici la regione e il Ministero  dei beni e delle attivita' culturali e del turismo effettuano le  analisi e le verifiche di competenza in occasione  dell'elaborazione congiunta del Piano paesaggistico regionale o,  in fase anticipata, attraverso singoli accordi di  copianificazione adottati, nel termine di novanta giorni dalla  deliberazione del consiglio comunale, ai sensi degli articoli 11  e 15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di  procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti  amministrativi), e successive modifiche ed integrazioni. Sino  alla sottoscrizione dell'accordo che riconosce l'assenza di  valori paesaggistici determinati dall'uso civico, il decreto di  cui all'art. 15, comma 3, non puo' essere adottato. Decorso  inutilmente il termine sopraindicato il Ministero provvede in via  sostitutiva ai sensi dell'art. 156, comma 1, del decreto  legislativo 22 gennaio 2004, n. 42 (Codice dei beni culturali e  del paesaggio, ai sensi dell'art. 10 della legge 6 luglio 2002,  n. 137). 3-ter. Ove il decreto di cui all'art. 15, comma 3,  autorizzi la permuta dalla data della sua pubblicazione sul  Bollettino ufficiale della Regione autonoma della Sardegna  (Buras) i terreni di nuova acquisizione sono vincolati ai sensi  dell'art. 142, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 42  del 2004.». L'art. 38, rubricato «Modifiche all'articolo 18-ter  della legge regionale n. 12 del 1994 (Trasferimento dei diritti  di uso civico su altri terreni comunali). In vigore dal 6 luglio  2017, prevede: 1. L'articolo 18-ter e' cosi' sostituito: «Art.

18-ter (Trasferimento dei diritti di uso civico su altri terreni  comunali). - 1. I comuni, quando cio' comporti un reale beneficio  per i propri amministrati, possono richiedere il trasferimento  dei diritti di uso civico dai terreni interessati in altri  terreni di proprieta' comunale, ave esistenti, idonei  all'esercizio dei diritti di uso civico nelle forme tradizionali  e non tradizionali. 2. La richiesta di trasferimento e'  deliberata dal consiglio comunale con le modalita' di cui  all'art. 18-quater, commi 4, 6, 7 e 8. 3. Ai fini della  valutazione degli aspetti paesaggistici la regione e il Ministero  dei beni e delle attivita' culturali e del turismo effettuano le  analisi e le verifiche di competenza in occasione  dell'elaborazione congiunta del Piano paesaggistico regionale o,  in fase anticipata, attraverso singoli accordi di  copianificazione adottati, nel termine di novanta giorni dalla  deliberazione del consiglio comunale, ai sensi degli articoli 11  e 15 della legge n. 241 del 1990, e successive modifiche ed  integrazioni. Sino alla sottoscrizione dell'accordo che riconosce  l'assenza di valori paesaggistici determinati dall'uso civico, il  decreto di cui al comma 4 non puo' essere adottato. Decorso  inutilmente il termine sopraindicato il Ministero provvede in via  sostitutiva ai sensi dell'articolo 156, comma 1, del decreto  legislativo n. 42 del 2004. 4. Il trasferimento dei diritti di  uso civico e' disposto con decreto dell'assessore regionale  dell'agricoltura e riforma agro-pastorale. Il decreto  assessoriale e' pubblicato con le formalita' previste dall'art.

19. 5. Dalla data di pubblicazione del decreto di cui al comma 4  sul Buras i terreni sui quali sono trasferiti i diritti d'uso  civico sono vincolati ai sensi dell'art. 142, comma 1, lettera  h), del decreto legislativo n. 42 del 2004.».

(6) 1. Entro il 31 dicembre 2009, le regioni che hanno redatto piani  paesaggistici, verificano la conformita' tra le disposizioni dei  predetti piani e le previsioni dell'art. 143 e provvedono ai  necessari adeguamenti. Decorso inutilmente il termine  sopraindicato il Ministero provvede in via sostitutiva ai sensi  dell'art. 5, comma 7.

(7) Rubricato «Sdemanializzazione e trasferimento dei diritti di usi  civico», in vigore dal 6 luglio 2017, dispone che: 1. Dopo l'art.

18-ter della legge regionale n. 12 del 1994 e' aggiunto il  seguente: «Art. 18-quater (Sdemanializzazione dei terreni civici  e trasferimento dei diritti di uso civico su altri terreni). -  Possono essere oggetto di sdemanializzazione i terreni soggetti a  uso civico appartenenti ai demani civici a condizione che: a)  abbiano irreversibilmente perso la conformazione fisica o la  destinazione funzionale di terreni agrari, ovvero boschivi o  pascolativi per oggettiva trasformazione; b) siano stati  alienati, prima dell'entrata in vigore della legge 8 agosto 1985,  n. 431 (Conversione in legge, con modificazioni, del  decreto-legge 27 giugno 1985, n. 312, recante disposizioni  urgenti per la tutela delle zone di particolare interesse  ambientale. Integrazioni dell'art. 82 del decreto del Presidente  della Repubblica 24 luglio 1977 n. 616), da parte dei comuni  mediante atti posti in essere senza il rispetto della normativa  di cui alla legge n. 1766 del 1927; c) non siano stati utilizzati  in difformita' alla pianificazione urbanistica; d) non siano  stati trasformati in assenza o in difformita' dall'autorizzazione  paesaggistica, fatta salva l'applicazione dell'articolo 167 del  decreto legislativo n. 42 del 2004. 2. La richiesta di  sdemanializzazione di terreni appartenenti ai demani civici e', a  pena di improcedibilita' e salvo quanto previsto dal comma 3,  corredata dalla proposta di trasferimento dei diritti di uso  civico in altri terreni di proprieta' comunale idonei  all'esercizio dei diritti di uso civico, agrario, boschivo o  pascolativo, quantomeno di analoga estensione e valore  paesaggistico. La regione, su richiesta del comune interessato e  previa conforme deliberazione della giunta regionale, puo'  concorrere all'integrazione dei terreni ove trasferire i diritti  di uso civico con terreni appartenenti al patrimonio regionale e  degli enti, aziende e societa' controllati dalla stessa regione.

3. La richiesta di sdemanializzazione non e' corredata dalla  proposta di trasferimento ove i terreni di cui al comma 1 siano  stati utilizzati per finalita' di pubblico interesse connesse  alla realizzazione di opere pubbliche, all'attuazione di piani  territoriali o comunali di sviluppo industriale e produttivo del  territorio o all'attuazione di piani di edilizia economica  popolare. 4. La richiesta di sdemanializzazione di cui ai commi 2  e 3 e' deliberata dal consiglio comunale a maggioranza di due  terzi dei suoi componenti. 5. Qualora trattasi di terreni di  pertinenza frazionale, la deliberazione contiene il parere  obbligatorio positivo del consiglio comunale dell'amministrazione  separata frazionale, ove esistente, da esprimersi entro il  termine di trenta giorni dalla presentazione dell'istanza. 6.

Entro quindici giorni la deliberazione e' depositata a  disposizione del pubblico per trenta giorni presso la segreteria  del comune, mediante l'affissione di manifesti e pubblicata  sull'albo pretorio comunale. 7. Chiunque puo' formulare, entro  trenta giorni a decorrere dall'ultimo giorno di pubblicazione,  osservazioni alla deliberazione. 8. Il consiglio comunale  accoglie o respinge le osservazioni presentate, con parere  motivato e tenuto conto di esse, delibera a maggioranza dei due  terzi dei suoi componenti l'adozione definitiva della richiesta  di sdemanializzazione e di contestuale trasferimento dei diritti  di uso civico. 9. Ai fini della valutazione degli aspetti  paesaggistici la regione e il Ministero dei beni e delle  attivita' culturali e del turismo effettuano le analisi e le  verifiche di competenza in occasione dell'elaborazione congiunta  del Piano paesaggistico regionale o, in fase anticipata ed entro  il termine di novanta giorni dall'adozione della deliberazione di  cui al comma 4, attraverso singoli accordi di copianificazione  adottati ai sensi degli articoli 11 e 15 della legge n. 241 del  1990, e successive modifiche ed integrazioni. Sino alla  sottoscrizione dell'accordo che riconosce l'assenza di valori  paesaggistici determinati dall'uso civico, il decreto di cui al  comma 10 non puo' essere adottato. Decorso inutilmente il termine  sopraindicato il Ministero provvede in via sostitutiva ai sensi  all'articolo 156, comma 1, del decreto legislativo n. 42 del  2004. 10. La sdemanializzazione di cui ai commi 2 e 3 e' disposta  con decreto dell'assessore regionale dell'agricoltura e riforma  agro-pastorale, previo accertamento della esistenza delle  condizioni indicate nel comma 1 ed e' pubblicato nel Buras e, per  almeno trenta giorni, nell'albo pretorio del comune interessato.

Dalla data di pubblicazione sul Buras i terreni sui quali sono  stati trasferiti i diritti di uso civico sono vincolati ai sensi  dell'art. 142, comma 1, lettera h), del decreto legislativo n. 42  del 2004. 11. Al completamento delle procedure di cui al presente  articolo i comuni valutano la stipulazione di appositi atti di  transazione con gli aventi causa individuati negli atti di  alienazione di cui al comma 1, lettera b), o loro eventuali  successori. Al ricorrere delle condizioni di cui al comma 3 i  comuni trasferiscono a prezzo simbolico i terreni oggetto di  sdemanializzazione agli aventi causa individuati negli atti di  alienazione di cui al comma 1, lettera b), o loro eventuali  successori.».

 

P.Q.M.  

Si conclude perche' gli articoli 13, comma 1, 29, comma 1, lettera a), 37, 38 e 39 della legge regionale Sardegna n. 11 del 3 luglio 2017, recante le disposizioni della «Disposizioni urgenti in materia urbanistica ed edilizia. Modifiche alla legge regionale n. 23 del 1985, alla legge regionale n. 45 del 1989, alla legge regionale n. 8 del 2015, alla legge regionale n. 28 del 1998, alla legge regionale n. 9 del 2006, alla legge regionale n. 22 del 1984 e alla legge regionale n. 12 del 1994», indicati in epigrafe, siano dichiarati costituzionalmente illegittimi.

Si produce l'attestazione della deliberazione del Consiglio dei ministri del 29 agosto 2017.

Roma, 4 settembre 2017    Il vice Avvocato generale dello Stato: Palmieri