RICORSO N. 63 DEL 5 SETTEMBRE 2017 (DELLA REGIONE VALLE D'AOSTA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 5 settembre 2017.

(GU n. 41 del 11.10.2017)

Ricorso della Regione autonoma Valle d'Aosta, con sede in Aosta, P.zza Deffeyes, n. 1, c.f. 80002270074, in persona del presidente pro tempore, Pierluigi Marquis, rappresentato e difeso, in forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della deliberazione della giunta regionale n. 1171 del 28 agosto 2017, dal prof. avv.

Francesco Saverio Marini (c.f. MRNFNC 73D28H501U; PEC francescosaveriomarini@ordineavvocatiroma.org; fax 06.36001570), presso il cui studio in Roma, via di Villa Sacchetti, 9, ha eletto domicilio; ricorrente;  Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore, con sede in Roma, Palazzo Chigi, Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma, Via dei Portoghesi, 12, resistente;  Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 luglio 2017, limitatamente agli articoli 5, 16, comma 2, 22, commi da 1 a 4, 23, comma 4, e 24.

Fatto  

Con la direttiva 2014/52/UE del 16 aprile 2014 il legislatore europeo ha novellato la precedente direttiva 2011/92/UE, che disciplina la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati.

Per provvedere alla necessaria attuazione, le Camere, con gli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015, hanno conferito un'apposita delega legislativa al Governo, stabilendo i seguenti principi e criteri direttivi:   a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale;   b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali;   c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE, al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni;   d) destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative per finalita' connesse al potenziamento delle attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio ambientale, alla verifica del rispetto delle condizioni previste nel procedimento di valutazione ambientale, nonche' alla protezione sanitaria della popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

Nell'esercizio di tale delega, il Governo ha adottato il decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, recante «Attuazione della direttiva 2014/52/UE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 16 aprile 2014, che modifica la direttiva 2011/92/UE, concernente la valutazione dell'impatto ambientale di determinati progetti pubblici e privati, ai sensi degli articoli 1 e 14 della legge 9 luglio 2015, n. 114», pubblicato nella Gazzetta Ufficiale del 6 luglio 2017.

L'atto normativo in parola - in modo particolare agli articoli 5, 16, comma 2, 22, commi 1-4, 23, comma 4, e 24 - realizza un profondo e pervasivo riassetto del riparto delle competenze fra Stato e regioni in materia di VIA, che la Valle d'Aosta ritiene illegittimo e lesivo delle proprie competenze costituzionali alla luce dei seguenti motivi di  

Diritto  

I. Sull'art. 5. Violazione degli articoli 2, comma 1, lettera a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano. Violazione degli articoli 3, 5, 76, 117, commi 1 e 3, 120 Cost. anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Violazione degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015.

1. L'art. 5 del decreto legislativo n. 104 del 2017 aggiunge al decreto legislativo n. 152 del 2006 un nuovo art. 7-bis, rubricato «Competenze in materia di VIA e di verifica di assoggettabilita' a VIA».

Per quanto qui interessa, il nuovo articolo contiene una serie di previsioni che indubbiamente interferiscono in modo assai penetrante con ambiti di competenza regionale.

a) Ridisegna (ai commi 2 e 3) la distribuzione delle competenze fra Stato e regioni in relazione ai progetti da sottoporsi a VIA e a verifica di assoggettabilita' a VIA, assegnando allo Stato i progetti di cui agli Allegati II e II-bis alla parte seconda del decreto; alle regioni i progetti di cui agli Allegati III e IV alla parte seconda del decreto.

b) Stabilisce (al comma 4) che in sede statale l'autorita' competente e' il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, che esercita le proprie competenze in collaborazione con il Ministero dei beni e delle attivita' culturali e del turismo per le attivita' istruttorie relative al procedimento di VIA. Si dispone inoltre che il provvedimento di verifica di assoggettabilita' a VIA e' adottato dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare; mentre il provvedimento di VIA e' adottato nelle forme e con le modalita' di cui al nuovo art.

25, comma 2, e all'art. 27, comma 8, che non contemplano piu', al contrario del passato, il parere delle regioni interessate;   c) Per l'ipotesi in cui un progetto sia sottoposto a verifica di assoggettabilita' a VIA o a VIA di competenza regionale, si obbligano (comma 7) le regioni e le Province autonome di Trento e Bolzano ad assicurare che le procedure siano svolte in conformita' agli articoli da 19 a 26 e da 27-bis a 29 del decreto. Il procedimento di VIA di competenza regionale si svolge con le modalita' di cui all'art.

27-bis.

d) Si disciplina integralmente dal centro (ai sensi del comma 7) la procedura di VIA regionale, il quale dovra' svolgersi secondo le modalita' delineate piu' avanti dall'art. 27-bis.

e) Si circoscrive (al comma 8) la potesta' normativa (legislativa e regolamentare) delle regioni e delle Province autonome di Trento e di Bolzano alla disciplina dell'organizzazione e delle modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, consentendo in aggiunta l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali.

Tale potesta' normativa viene assoggettata al rispetto della legislazione europea e di quanto previsto nel decreto, fatto salvo il solo potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie.

In ogni caso non sono derogabili i termini procedimentali massimi di cui agli articoli 19 e 27-bis.

f) Si impongono (al comma 9) penetranti controlli e obblighi di reportistica sulle regioni. Infatti, si prevede che a decorrere dal 31 dicembre 2017, e con cadenza biennale, le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano informino il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare circa i provvedimenti adottati e i procedimenti di verifica di assoggettabilita' a VIA e di VIA, fornendo: i) il numero di progetti di cui agli allegati III e IV sottoposti ad una valutazione dell'impatto ambientale; ii) la ripartizione delle valutazioni dell'impatto ambientale secondo le categorie dei progetti di cui agli allegati III e IV; iii) il numero di progetti di cui all'allegato IV sottoposti a verifica di assoggettabilita' a VIA; iv) la durata media delle procedure di valutazione dell'impatto ambientale; v) stime generali dei costi medi diretti delle valutazioni dell'impatto ambientale, incluse le stime degli effetti sulle piccole e medie imprese.

Ebbene: tale pervasivi interferenza con le competenze regionali si mostra costituzionalmente illegittima, tanto nello strumento attraverso cui e' stata realizzata (norme delegate ultra vires, invalide ex art. 76 Cost.), quanto nei contenuti (per contrasto con plurime disposizioni di grado costituzionale: gli articoli 2, comma 1, lettera a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano; gli articoli 3, 5, 117, commi 1 e 3, 120 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001).

2.1. In via preliminare e assorbente, l'art. 5 e' illegittimo per violazione dell'art. 76 Cost., essendo il Governo incorso in un evidente eccesso di delega, la' dove ha operato, in difetto assoluto di un puntuale conferimento da parte delle Camere, un cosi' profondo riassetto del riparto di competenze fra Stato e regioni in materia di VIA. Se, infatti, si volge lo sguardo ai principi e criteri direttivi, emerge all'evidenza come tale intervento esorbiti dall'alveo del potere normativo delegato.

Anzitutto, le norme delegate sono prive - in parte qua - di qualunque fondamento esplicito nelle norme deleganti.

Le guidelines al cui rispetto il Governo era vincolato - e dalle quali possono ricostruirsi contenuto ed estensione del potere normativo delegato - si traggono dagli articoli 1 e 14 della legge delega n. 114 del 2015. Cominciando dall'art. 1, nell'attuare le direttive elencate negli allegati A e B, il legislatore delegato avrebbe dovuto attenersi in primo luogo ai principi e criteri direttivi sanciti dagli articoli 31 e 32 della legge n. 234 del 2012.

Nessuno di questi, pero', autorizza la modifica del riparto di competenze fra Stato e regioni: anzi, all'opposto, spicca la massima attenzione a salvaguardare le attribuzioni dei singoli livelli di governo, la' dove l'art. 32, comma 1, lettera g) prescrive che «quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competente di piu' amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le piu' opportune forme di coordinamento, rispettando i principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza, la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili».

Ancor piu' «fragoroso», e significativo, e' il silenzio dei principi e criteri direttivi contenuti nell'art. 14, che esclude qualunque intenzione delle Camere di consentire l'intervento governativo sull'assetto delle competenze Stato-regioni.

Per avvedersi di cio', dopo averli illustrati nel Fatto, e' sufficiente scorrerli di nuovo rapidamente:   «a) semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale;   b) rafforzamento della qualita' della procedura di valutazione di impatto ambientale, allineando tale procedura ai principi della regolamentazione intelligente (smart regulation) e della coerenza e delle sinergie con altre normative e politiche europee e nazionali;   c) revisione e razionalizzazione del sistema sanzionatorio da adottare ai sensi della direttiva 2014/52/UE, al fine di definire sanzioni efficaci, proporzionate e dissuasive e di consentire una maggiore efficacia nella prevenzione delle violazioni;   d) destinazione dei proventi derivanti dalle sanzioni amministrative per finalita' connesse al potenziamento delle attivita' di vigilanza, prevenzione e monitoraggio ambientale, alla verifica del rispetto delle condizioni previste nel procedimento di valutazione ambientale, nonche' alla protezione sanitaria della popolazione in caso di incidenti o calamita' naturali, senza nuovi o maggiori oneri a carico della finanza pubblica».

Il combinato disposto degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015 lascia chiaramente intendere che le Camere abbiano conferito al Governo - come spesso avviene - una mera delega di revisione, riordino, armonizzazione e semplificazione delle norme preesistenti, senza autorizzare, pero', «l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente». Un tale, piu' profondo intervento da parte del legislatore delegato - per consolidata giurisprudenza costituzionale - e' «ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalita' del legislatore delegato, giacche' quest'ultimo non puo' innovare al di fuori di ogni vincolo alla propria discrezionalita' esplicitamente individuato dalla legge-delega» (le citazioni sono tratte dalla sentenza n. 293 del 2010).

Posto che, nella fattispecie, mancano del tutto principi e criteri direttivi volti ad autorizzare e circoscrivere l'intervento del legislatore delegato sull'assetto Stato-regioni in materia di VIA, non puo' che trovare applicazione il costante insegnamento di codesta ecc.ma Corte, secondo cui «in mancanza di principi e criteri direttivi che giustifichino la riforma della normativa preesistente, la delega deve essere intesa in senso minimale, tale da non consentire, di per se', l'adozione di norme delegate sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo» (cfr., fra molte, Corte costituzionale, sentenza n. 303 del 2005, e piu' di recente sentenza n. 80 del 2012).

Giova a questo punto richiamare un precedente del tutto sovrapponibile al caso oggi in esame, riguardante il decreto legislativo n. 79 del 2011 («Codice della normativa statale in tema di ordinamento e mercato del turismo»), che era stato impugnato da alcune regioni. Fra le altre doglianze, le ricorrenti lamentavano un eccesso di delega, nella parte in cui il Governo, anziche' limitarsi ad individuare le disposizioni legislative statali, pubblicate anteriormente al 1° gennaio 1970, delle quali si riteneva indispensabile la permanenza in vigore, e a provvedere alla organizzazione delle disposizioni da mantenere per settori omogenei o per materie, ha ridisegnato ex novo l'assetto generale dei rapporti tra Stato e regioni in materia di turismo.

La Corte, analizzato il quadro normativo di riferimento e ricostruita la portata e l'estensione della delega, ha concluso in quella vicenda - analoga all'odierna - che l'oggetto di essa deve ritenersi circoscritto al coordinamento formale e alla ricomposizione logico-sistematica di settori omogenei di legislazione statale, con facolta' di introdurre le sole integrazioni e correzioni necessarie ad un'operazione di coerente riassetto normativo. Stando alla pronuncia, «il fine dichiarato» di questa attivita' consiste, esaurendovisi, nella semplificazione della normativa vigente, cosi' da agevolarne la conoscenza da parte dei cittadini. Per contro, «nella legge delega non si rinviene alcun cenno alla disciplina dei rapporti tra Stato e regioni, ambito per il quale non puo' valere, consideratane a fortiori la particolare delicatezza, una generica delegazione al Governo ad operare un riassetto di norme statali, essendo necessari principi e criteri direttivi appositi. In ipotesi, la remissione al legislatore delegato di tali valutazioni di merito, deve essere preceduta da una precisa delimitazione dell'oggetto della disciplina, che peraltro non puo' estendersi genericamente ad intere materie, e dalla fissazione di principi e criteri direttivi, mirati a indirizzare la normazione particolare affidata al Governo; del resto l'introduzione di soluzioni sostanzialmente innovative rispetto al sistema legislativo previgente e' [...] ammissibile soltanto nel caso in cui siano stabiliti principi e criteri direttivi idonei a circoscrivere la discrezionalita del legislatore delegato, giacche' quest'ultimo non puo' innovare al di fuori di ogni vincolo alla propria discrezionalita' esplicitamente individuato dalla legge-delega».

2.2. D'altro canto, e' impossibile rinvenire un ancoraggio nella delega per l'intervento governativo, anche facendo applicazione dell'insegnamento di codesta ecc.ma Corte (cfr., fra molte, Corte costituzionale, sentt. nn. 98 del 2008, 341 del 2007, 426 del 2006, 285 del 2006), secondo cui «il contenuto della delega deve essere identificato tenendo conto del complessivo contesto normativo nel quale si inseriscono la legge-delega ed i relativi principi e criteri direttivi, nonche' delle finalita' che la ispirano, verificando, nel silenzio del legislatore delegante sullo specifico tema, che le scelte del legislatore delegato non siano in contrasto con gli indirizzi generali della medesima».

Ebbene, in questo caso il silenzio del legislatore delegante, interpretato alla luce delle finalita' di mera armonizzazione, semplificazione e riordino, della disciplina previgente che caratterizzano inequivocabilmente la delega, puo' assumere uno e un solo significato: le Camere non hanno stabilito principi e criteri direttivi specifici per guidare il legislatore delegato nell'attivita'. di riassetto dei rapporti Stato-regioni in materia, per la semplice ragione che non volevano affatto autorizzare un simile intervento riformatore, cui invece il Governo ha poi erroneamente e unilateralmente dato seguito.

A conferma del fatto che le Camere abbiano conferito - per cosi' dire - «una delega minimale», volta solo a coordinare, armonizzare e semplificare la disciplina previgente, senza stravolgerla, depone la circostanza che la legge delega - nel procedimento di formazione del decreto - prescriva il coinvolgimento delle regioni nella forma del mero parere, e non dell'intesa.

Ora, le alternative sono due. Se - con un'operazione d'interpretazione costituzionalmente orientata - si ricostruisce il contenuto della delega alla luce della scelta di coinvolgere le regioni nella forma del mero parere, deve concludersi - secondo quanto qui sosteniamo - che le Camere abbiano abilitato il Governo solo ad una «blanda» operazione di riordino e semplificazione della materia, che intacca in misura minima o addirittura nulla le competenze regionali, e che dunque non richiede l'attivazione di piu' penetranti strumenti di leale collaborazione. In questa prospettiva, quindi, l'art. 5 del decreto legislativo n. 104 del 2017 e' palesemente viziato per eccesso di delega, in ragione dell'invasivo intervento sull'assetto dei rapporti Stato-regioni.

All'opposto, se si ritiene, erroneamente, che l'intervento governativo sia intra vires, e che le Camere abbiano voluto implicitamente consentire al delegato di riformare le competenze statali e regionali in materia di VIA, e' chiaro che lo strumento del mero parere prescritto dalla legge di delega sia del tutto inidoneo a consentire una seria interlocuzione fra i livelli di governo coinvolti, attesa la quantita' e l'intensita' delle competenze regionali sacrificate (quanto meno, quelle in materia di tutela della salute, governo del territorio, oltre a quelle di cui la Valle d'Aosta gode in forza degli articoli 2, comma 1, lettere a), d), f) ed m), 3 e 4 del suo Statuto). La conseguenza cui tale tesi conduce e' ben grave, ed e' quella delineata dalla recente sentenza n. 251 del 2016 di codesta ecc.ma Corte. Gli articoli 1 e 14 della legge delega n. 114 del 2015 - in questa prospettiva - sarebbero illegittimi per violazione del principio di leale collaborazione (articoli 5 e 120 Cost.) nella parte in cui prevedono il mero parere e non l'intesa, il ricorso alla quale e' invece necessario la' dove - come nella specie - «il legislatore delegato si accinge a riformare istituti che incidono su competenze statali e regionali, inestricabilmente connesse», imponendosi «quale cardine della leale collaborazione anche quando l'attuazione delle disposizioni dettate dal legislatore statale e' rimessa a decreti legislativi delegati, adottati dal Governo sulla base dell'art. 76 Cost.».

Di tale vizio, la Corte dovra' conoscere, sollevando innanzi a se stessa, in via di autoremissione, la questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015.

Il vizio che inficia la legge di delega si riverbera in via derivata sulle norme delegate, e assume rilievo - sempre stando all'insegnamento della sentenza n. 251 del 2016 di codesta ecc.ma Corte - dal momento in cui ha dispiegato appieno le sue potenzialita' lesive dell'autonomia regionale. Piu' in particolare, a causa della prescrizione di un mero parere anziche' del piu' pervasivo strumento dell'intesa, il Governo ha potuto del tutto disattendere sette delle nove condizioni che le regioni avevano formulato come irrinunciabili in sede di Conferenza Stato-regioni (parere 17/52/SR8/C5) e che qui di seguito vale riportare:   (Condizione n. 1) art. 23 decreto legislativo n. 104/2017 - nella parte in cui non prevede l'introduzione di un regime transitorio, della durata di tre anni, per consentire alle regioni di adeguare i propri ordinamenti alla nuova disciplina;   (Condizione n. 2) art. 22 decreto legislativo n. 104/2017 - nella parte in cui modifica il riparto delle competenze tra. Stato e regioni e non mantiene l'integrale quadro normativo vigente sul riparto delle competenze amministrative tra livello statale e livello regionale in materia di valutazione di impatto ambientale;   (Condizione n. 4) art. 23 decreto legislativo n. 104/2017 - nella parte in cui non prevede una clausola di salvaguardia per le prerogative di specialita' delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome di Trento e di Bolzano. Con particolare riferimento a queste ultime, e' stato richiesto di fare specifico riferimento agli articoli 7 e 8 del decreto del Presidente della Repubblica 19 novembre 1987, n. 526, nonche' all'art. 10 della legge costituzionale n. 3 del 2001;   (Condizione n. 5) art. 25, comma 2, decreto legislativo n.

104/2017 - nella parte in cui non prevede il mantenimento del parere regionale in sede di VIA statale da parte delle regioni interessate;   (Condizione n. 6) art. 18, decreto legislativo n. 104/2017 - nella parte in cui prevede l'istituto della cd VIA postuma non previsto dalla direttiva comunitaria recepita;   (Condizione n. 7) art. 2, comma 1, lettera c) decreto legislativo n. 104/2017 - nella parte in cui non prevede il mantenimento di un livello progettuale definitivo per le procedure di VIA regionali, nonche' di elementi progettuali certi e sufficientemente approfonditi per la procedura di verifica;   (Condizione n. 8) articoli 8, 14 e 16 decreto legislativo n.

104/2017 - nella parte in cui prevedono la perentorieta' dei termini dei procedimenti di VIA.

2.3. Riepilogando, l'art. 5 del decreto legislativo n. 104 del 2017 e' illegittimo per violazione dell'art. 76 Cost., poiche' dal silenzio assoluto sul punto del legislatore delegante e dalle forme di interlocuzione «minimali» prescritte con le regioni, si desume come il Governo non avesse titolo per operare interventi di profondo riassetto del riparto di competenze fra Stato e regioni in materia.

Ma anche nell'ipotesi in cui si ritenga che l'art. 5 si sia mosso in un ambito autorizzato dal legislatore delegante, esso e' nondimeno incostituzionale in via derivata, perche' sono incostituzionali, a monte, gli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015, la quale, se davvero ha voluto delegare al Governo un cosi' penetrante riassetto delle competenze statali e regionali, avrebbe dovuto prescrivere, nell'iter di formazione del decreto, lo strumento dell'intesa, non gia' quello del mero parere. Ove la Corte ritenga di aderire a questa seconda tesi, si chiede all'ecc.mo Giudice di sollevare innanzi a se stesso questione di legittimita' costituzionale degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015, disponendone l'annullamento, e disponendo altresi' l'annullamento, in via consequenziale, dell'art.

5 del decreto legislativo n. 104 del 2017.

3. Fermo il rilievo assorbente del vizio ex art. 76 Cost., la disposizione impugnata contrasta anche - dal punto di vista contenutistico - con l'art. 2, comma 1, lettere a), d), f), m), nonche' con gli articoli 3 e 4 dello Statuto speciale valdostano, in combinato disposto con l'art. 117, commi 1 e 3 Cost., anche in relazione alla «clausola di maggior favore» di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

Piu' in dettaglio, l'art. 2 attribuisce alla Regione, fra le altre, la competenza legislativa piena in materia di: ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale; agricoltura e foreste, zootecnia, flora e fauna; strade e lavori pubblici di interesse regionale; acque pubbliche destinate ad irrigazione ed a uso domestico. Tale competenza, come noto, incontra il solo limite degli obblighi internazionali, degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica.

L'art. 3, poi, attribuisce alla Regione la potesta' di emanare norme legislative di integrazione e di attuazione delle leggi della Repubblica - sempre entro i limiti degli obblighi internazionali, degli interessi nazionali, nonche' delle norme fondamentali delle riforme economico-sociali della Repubblica - per adattarle alle condizioni regionali, in tutta una serie di materie, che si intrecciano in varia misura con quelle implicate nella valutazione d'impatto ambientale: industria e commercio, disciplina dell'utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico, disciplina della utilizzazione delle miniere, igiene e sanita', antichita' e belle arti.

Infine, l'art. 4 intesta alla Regione «le funzioni amministrative sulle materie nelle quali ha potesta' legislativa a norma degli articoli 2 e 3, salve quelle attribuite ai comuni e agli altri enti locali dalle leggi della Repubblica. La Regione esercita altresi' le funzioni amministrative che le siano delegate dallo Stato con legge».

Ora, a fronte di questo ampio ed intenso elenco di competenze regionali, sia legislative che amministrative, appare evidentemente illegittima e sproporzionata l'operazione effettuata dallo Stato con l'art. 5 del decreto legislativo n. 104 del 2017. Il legislatore nazionale, infatti, ha enormemente compresso e degradato le funzioni di cui la Valle d'Aosta gode in forza del proprio Statuto speciale, che ora:   1) si trova confinata nel ruolo di mero «custode» delle norme e procedure prescritte dallo Stato: l'art. 5, comma 7, dispone infatti che nei casi di progetto sottoposto a verifica di assoggettabilita' a VIA o a VIA di competenza regionale, il ruolo delle regioni e delle Province autonome di Trento e Bolzano e' quello di assicurare che le procedure siano svolte in conformita' agli articoli da 19 a 26 e da 27-bis a 29 del decreto. Tale ruolo di mero custode e' ulteriormente gravato - ex art. 5, comma 9 - da un obbligo di reportistica periodica;   2) vede limitata - ex art. 5, comma 8 - la propria potesta' normativa, sia legislativa che regolamentare, alla disciplina dell'organizzazione e delle modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA (facendosi salva la sola facolta' di dettare norme particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative);   3) subisce l'integrale regolazione dal centro della procedura di VIA regionale (cristallizzata nella disciplina dell'art. 27-bis) e perde ogni ruolo d'interlocuzione nel procedimento di VIA statale, dal momento in cui e' stato eliminato il parere regionale prescritto dalla normativa previgente all'art. 25, comma 2.

Nel nuovo quadro normativo, non si cadrebbe lontano dal vero nell'affermare che la Regione speciale viene irragionevolmente «declassata» a ufficio territoriale dello Stato. Il che peraltro - come si e' gia' detto - e' avvenuto in palese violazione del principio di leale collaborazione di cui agli articoli 5 e 120 Cost., essendo state disattese tutte le proposte di emendamento formulate dalla Conferenza Stato-regioni. Il declassamento in discorso non trova alcuna giustificazione nel diritto europeo. La direttiva 2014/52/UE appare, anzi, per piu' versi attenta alle specificita' territoriali, ed incline a valorizzare, non certo ad annichilire, le competenze degli enti sub-statali. Sotto tale profilo basti pensare, fra l'altro: i) al punto 3 delle Raccomandazioni politiche del Comitato delle regioni, consultato nel procedimento di formazione della direttiva, il quale ha ricordato come «la modifica della direttiva VIA attualmente all'esame avra' un notevole impatto sugli enti locali e regionali, che svolgono un ruolo di primo piano nell'attuazione delle azioni proposte»; ii) al considerando n. 9, dove si evidenzia «l'importanza economica e sociale di una corretta pianificazione territoriale, inclusi l'uso del suolo e la necessita' di un'azione urgente intesa a invertirne il degrado [...] opportuni piani di utilizzo del suolo e politiche a livello nazionale, regionale e locale sono altresi' rilevanti a tal riguardo»; iii) al novellato art. 6, par. 1, della direttiva 2011/92/UE, ai sensi del quale «gli Stati membri adottano le misure necessarie affinche' le autorita' che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilita' in materia di ambiente o in virtu' delle loro competenze locali o regionali, abbiano la possibilita' di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione».

Tale declassamento, poi, si mostra incompatibile con il sistema costituzionale di riparto delle competenze, delineato dall'art. 117 Cost. Benche', infatti, la valutazione d'impatto ambientale sia in larga parte riconducibile alla competenza esclusiva dello Stato in materia di tutela dell'ambiente (ex art. 117, comma 2, Cost.), cio' «non e' incompatibile con interventi specifici del legislatore regionale che si alienano alle proprie competenze» (Corte cost., sentenza n. 259 del 2004), specie in materia di governo del territorio e tutela della salute (Corte cost., sentt. nn. 234 del 2009, 398 del 2006, 407 del 2002). La stessa natura «trasversale» del titolo competenziale «tutela dell'ambiente», seppure consente ampi margini d'intervento allo Stato, e' comunque astretta al limite della ragionevolezza e proporzionalita', non valendo di per se' ad escludere ogni margine di competenza delle regioni. In questa prospettiva, la Corte ha ad esempio ammesso che «e' consentito alla legge regionale incrementare gli standard di tutela dell'ambiente, quando essa costituisce esercizio di una competenza legislativa della Regione e non compromette un punto di equilibrio tra esigenze contrapposte espressamente individuato dalla norma dello Stato (ex plurimis, sentenze n. 66 del 2012, n. 225 del 2009, n. 398 del 2006, n. 407 del 2002)».

Ebbene: se cio' vale per le regioni ordinarie, non puo' non valere, a fortiori, per l'odierna ricorrente, in forza delle ulteriori competenze ad essa attribuite in materia dal suo Statuto speciale o, se non altro, in virtu' della clausola di maggior favore di cui all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Non e' inutile ricordare come piu' volte codesta ecc.ma Corte abbia escluso che - pur ove si tratti di adempiere a obblighi europei - il grado di dettaglio della normativa statale in materia di VIA possa essere tale da precludere ogni spazio d'intervento al legislatore regionale. Si vedano, in proposito, la sentenza n. 273 del 1998, dove si e' riconosciuta la legittimita' di una norma statale che faceva salvo «un margine compatibile con l'autonomia della Provincia di Trento [ricorrente nella fattispecie], e uno spazio sufficientemente ampio all'esercizio del potere normativo delle regioni a statuto speciale e delle Province autonome».

Infine, la consapevolezza circa l'esistenza di incomprimibili competenze delle regioni speciali e' emersa anche nel parere della Commissione ambiente del Senato (ai punti 12 e 13, in cui si raccomanda di adottare in parte qua gli emendamenti suggeriti dalla Conferenza Stato-regioni) e nel parere della I Commissione Affari costituzionali della Presidenza del Consiglio (pp. 49-50, ove si auspicano modifiche per salvaguardare le condizioni di specialita' delle regioni e delle Province autonome).

II. Sugli articoli 16, comma 2, e 24. Violazione degli articoli 2, comma 1, lettera a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano.

Violazione degli articoli 3, 5, 76, 97, 117, commi 1 e 3, 118 E 120 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Violazione degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015.

1. L'art. 16, comma 2, del decreto legislativo n. 104 del 2017 introduce nel decreto legislativo n. 152 del 2006 un nuovo articolo, il 27-bis, che disciplina il «provvedimento autorizzatorio unico regionale». Si tratta di un atto che riassume in se' e sostituisce tutte le autorizzazioni, intese, concessioni, licenze, pareri, concerti, nulla osta e assensi comunque denominati, necessari alla realizzazione e all'esercizio del progetto sottoposto a VIA regionale. Le posizioni di tutte, le amministrazioni coinvolte - ai sensi dell'art. 24 del decreto oggi gravato, che novella l'art. 14, comma 4, della legge n. 241 del 1990 - devono essere assunte nell'ambito di un'apposita conferenza di servizi, convocata in modalita' sincrona ai sensi dell'art. 14-ter della medesima legge n.

241 del 1990.

Con la nuova normativa, il legislatore statale disciplina del centro e in ogni minuto dettaglio il procedimento da seguirsi per il rilascio della VIA regionale; al legislatore regionale, per contro, non residua spazio alcuno, se non quello di vigilare sul procedimento, e di dettare norme particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative.

Sennonche', anche gli articoli 16, comma 2, e 24 - nell'operare un'abnorme compressione dell'autonomia regionale - si mostrano illegittimi in relazione ai medesimi parametri gia' evocati per l'art. 5, oltreche' rispetto agli articoli 97 e 118 Cost.

2. Anzitutto, le norme impugnate esorbitano ampiamente dalla delega conferita con gli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015.

Il vizio si coglie con particolare evidenza, ove si consideri che, a fronte di una delega conferita con meri obiettivi di «semplificazione, armonizzazione e razionalizzazione delle procedure di valutazione di impatto ambientale anche in relazione al coordinamento e all'integrazione con altre procedure volte al rilascio di pareri e autorizzazioni a carattere ambientale» (art. 14, comma 1, lettera a), il Governo da un lato ha fatto tabula rasa di tutte le previgenti discipline regionali; dall'altro lato, ha operato la reductio ad unitatem di tutte le procedure, dettando dal centro, in maniera pervasiva e vincolante, il nuovo procedimento.

Fermi tutti gli argomenti gia' svolti supra con riferimento all'art. 5 (ivi compresi quelli relativi all'eventuale incostituzionalita' a monte della legge delega), da intendersi richiamati, preme ribadire una volta di piu' che un intervento cosi' radicale e penetrante sulle competenze regionali non si sarebbe potuto operare - come invece e' avvenuto - in assenza di una esplicita e circostanziata delega delle Camere, o di strumenti idonei a consentire l'effettiva interlocuzione delle regioni nel procedimento di formazione del decreto delegato.

Il carattere «minimale» della delega conferita con la legge n.

114 del 2015; la predisposizione, da parte di essa, di blandi congegni di raccordo fra Stato e regioni, nella forma del mero parere; il principio di cui all'art. 32, comma 1, lettera g) della legge n. 234 del 2012, in base al quale «quando si verifichino sovrapposizioni di competenze tra amministrazioni diverse o comunque siano coinvolte le competenze di piu' amministrazioni statali, i decreti legislativi individuano, attraverso le piu' opportune forme di coordinamento, rispettando i principi di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e leale collaborazione e le competenze delle regioni e degli altri enti territoriali, le procedure per salvaguardare l'unitarieta' dei processi decisionali, la trasparenza, la celerita', l'efficacia e l'economicita' nell'azione amministrativa e la chiara individuazione dei soggetti responsabili». Tutti questi elementi confermano una volta di piu' come il Governo sia andato ben oltre la lettera e lo spirito della delega conferita dalle Camere.

Peraltro, la draconiana operazione realizzata dal legislatore delegato non trova copertura o giustificazione neppure nel diritto europeo: infatti, la direttiva 2014/52/UE si limita ad evocare in piu' punti la mera opportunita' di istituire procedure coordinate o comuni; ma cio' - ovviamente - e' ben diverso dall'imporre a tutte le regioni una procedura unica e inderogabile. In buona sostanza, ne' la legge di delega, ne' la direttiva 2014/52/UE consentivano, e tanto meno imponevano, al Governo di azzerare il precedente sistema di (moderato) «pluralismo» procedimentale, sostituendolo con un nuovo assetto di granitico «monismo».

3. Gli articoli 16, comma 2, e 24, sono altresi' illegittimi rispetto all'art. 2, comma 1, lettere a), d), f), m), nonche' agli articoli 3 e 4 dello Statuto speciale valdostano, in combinato disposto con l'art. 117, commi 1 e 3 Cost., anche in relazione alla «clausola di maggior favore» di cui all'art. 10 della legge cost. n.

3 del 2001.

La titolarita' in capo alla Regione ricorrente di una pluralita' di potesta' legislative piene e integrative/attuative in materie strettamente connesse alla VIA (gia' richiamate sopra ed elencate al punto successivo), nonche' delle corrispondenti funzioni amministrative, impedisce allo Stato di dettare in modo unilaterale e vincolante per la Valle d'Aosta l'intero procedimento per la valutazione d'Impatto ambientale: cosi' facendo, infatti, i titoli competenziali valdostani sono stati sostanzialmente disattivati dal legislatore statale.

La compressione delle competenze regionali, peraltro, si mostra tanto piu' grave, anzitutto perche' e' avvenuta al di fuori di qualunque forma di seria e paritaria interlocuzione fra Stato e regioni, come invece avrebbe imposto il principio di leale collaborazione.

In secondo luogo, perche' la pretesa del legislatore statale di disciplinare dal centro e in modo uguale per tutto il suolo nazionale la VIA regionale, senza tenere in alcuna considerazione le specificita' locali, si mostra manifestamente irragionevole e contraria ai principi di buon andamento (art. 97 Cost.), sussidiarieta' e differenziazione (art. 118 Cost.). Peraltro, anche a voler ritenere che lo Stato abbia avocato a se' - tramite «chiamata in sussidiarieta'» - la disciplina del procedimento in questione, cio' non toglie che l'integrale regolazione apprestata dal legislatore nazionale esorbiti dai limiti della ragionevolezza e proporzionalita', stabiliti da codesta ecc.ma Corte fin dalla sentenza n. 303 del 2003.

III. Sull'art. 22, commi 1-4. Violazione degli articoli 2, comma 1, lettera a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano. Violazione degli articoli 3, 5, 76, 117, commi 1 e 3, 118 e 120 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001. Violazione degli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015.

1. Con l'art. 22, commi 1-4, del decreto oggi impugnato e' stato ampiamente novellato il corpus degli Allegati alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006, i quali contengono gli elenchi dei procedimenti sottoposti a VIA statale (Allegato II), a verifica di assoggettabilita' a VIA statale (Allegato II-bis), a VIA regionale (Allegato III), a verifica di assoggettabilita' a VIA regionale (Allegato IV).

Le disposizioni in questione, rispetto al testo previgente, drenano in misura drastica gli elenchi dei procedimenti di competenza regionale, trasferendoli allo Stato: anch'esse, dunque, si mostrano lesive - al pari di quelle gia' censurate nei precedenti motivi - in relazione agli articoli 3, 5, 76, 97, 117, commi 1 e 3, 118 e 120 Cost., nonche' in relazione agli articoli 2, comma 1, lettere a), d), f), m), 3 e 4 dello Statuto valdostano.

2. Anzitutto, occorre evidenziare nuovamente come il profondo riassetto del riparto di competenze Stato-regioni esuli di gran lunga dal circoscritto perimetro della delega di mera armonizzazione e semplificazione conferita dalle Camere con gli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015 (salvo a voler considerare quest'ultima incostituzionale per prescrizione di insufficienti strumenti di leale collaborazione). L'assenza di principi e criteri direttivi non voleva ne' poteva essere una delega in bianco al Governo, per consentire al legislatore delegato - come invece e' avvenuto - di riscrivere integralmente in modo arbitrario gli elenchi dei procedimenti affidati ai diversi livelli territoriali. Tale silenzio, molto semplicemente, e' stato serbato solo perche' il Parlamento non ha autorizzato alcun intervento in questo senso: ubi noluit, tacuit.

3. Ancora, l'impoverimento degli elenchi regionali lede illegittimamente le competenze di cui la Regione Valle d'Aosta gode in virtu' del proprio Statuto: cioe', le piu' volte evocate competenze legislative piene di cui all'art. 2, comma 1, lettere a), d), f) e m) (ordinamento degli uffici e degli enti dipendenti dalla Regione e stato giuridico ed economico del personale; agricoltura e foreste, zootecnia, flora e fauna; strade e lavori pubblici di interesse regionale; acque pubbliche destinate ad irrigazione ed a uso domestico); le competenze integrative-attuative di cui all'art. 3 (in primis, industria e commercio, disciplina dell'utilizzazione delle acque pubbliche ad uso idroelettrico, disciplina della utilizzazione delle miniere, igiene e sanita', antichita' e belle arti); le competenze amministrative, accordate dall'art. 4 «in parallelo» a quelle legislative di cui ai precedenti articoli 2 e 3.

Risultano altresi' lese le competenze di cui la Regione gode ex articoli 117 in virtu' dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001, prime fra tutte quelle di tutela della salute e governo del territorio, fortemente intrecciate - come visto - alla valutazione d'impatto ambientale.

4. Devono censurarsi, infine, due ulteriori aspetti.

Il primo, e' la circostanza che la riscrittura degli Allegati alla parte seconda del decreto legislativo n. 152 del 2006 e' stata operata dal legislatore delegato - in violazione degli articoli 5 e 120 Cost. - al di fuori di idonei congegni di leale collaborazione, i quali sarebbero stati costituzionalmente necessari dato l'inestricabile intreccio fra competenze statali e regionali. L'ampia ridefinizione dei procedimenti spettanti ai diversi livelli di governo e' stata operata dal legislatore delegato in maniera unilaterale: rispetto a questo, l'acquisizione del mero parere della Conferenza Stato-regioni, peraltro in larga parte disatteso, costituisce un temperamento del tutto insufficiente a compensare il sacrificio delle attribuzioni regionali.

Il secondo aspetto e' che la nuova sistematica degli elenchi sfugge a qualunque canone di razionalita': se, infatti, si passano in rassegna i procedimenti e i progetti assegnati alla competenza delle regioni e, soprattutto, dello Stato, emerge come il Governo non abbia fatto alcun riferimento alla dimensione territoriale dell'impatto dell'intervento, lasciandosi piuttosto guidare da un'ispirazione «tutoria» e centralistica fine a se stessa.

Le criticita' in discorso si colgono in particolare: i) nell'adozione di criteri dimensionali del tutto scollegati dal dato territoriale - ad esempio, la potenza termica o la dimensione dello specchio acqueo - privi di valore sintomatico rispetto alla dimensione regionale o sovra-regionale dell'intervento; ii) nella scelta di assoggettare alla VIA statale o alla verifica di assoggettabilita' a VIA statale anche progetti (indicati dagli Allegati II e II-bis) che pacificamente interessano una sola regione, la quale peraltro - in virtu' della nuova disciplina che ha eliminato il parere dal testo dell'art. 25, comma 2, del decreto legislativo n.

152 del 2006 - non ha alcuna possibilita' d'interlocuzione nel procedimento statale.

Le scelte irragionevoli del Governo finiscono cosi' per assumere rilievo non solo rispetto all'art. 3, ma anche in relazione agli articoli 97 e 118 Cost., dal momento in cui risultano del tutto disattesi i principi di buon andamento e sussidiarieta'.

IV. Sull'art. 23, comma 4. Violazione degli articoli 2, comma 1, lettera a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano. Violazione degli articoli 3, 5, 117, commi 1, 3 e 5, 118 e 120 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

L'art. 23, comma 4, del decreto legislativo n. 104 del 2017 dispone: «le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano adeguano i propri ordinamenti esercitando le potesta' normative di cui all'art. 7-bis, comma 8, del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, come introdotto dall'art. 5 del presente decreto, entro il termine perentorio di centoventi giorni dall'entrata in vigore del presente decreto. Decorso inutilmente il suddetto termine, in assenza di disposizioni regionali o provinciali vigenti idonee allo scopo, si applicano i poteri sostitutivi di cui all'art. 117, quinto comma, della Costituzione, secondo quanto previsto dagli articoli 41 e 43 della legge 24 dicembre 2012, n. 234».

La disposizione, nel porre a presidio degli obblighi di adeguamento che incombono sulle regioni il potere sostitutivo dello Stato, si mostra illegittima alla luce degli articoli 2, comma 1, lettere a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano; nonche' degli articoli 3, 5, 117, commi 1, 3 e 5, 118 e 120 Cost., anche in relazione all'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001.

In particolare, ad essere censurabile e' l'assoluta genericita' e vaghezza dei presupposti, cui l'attivazione del potere statale e' connessa: vale a dire, la «mera idoneita' allo scopo» delle norme regionali e provinciali adottate in forza delle potesta' normative assegnate dal nuovo art. 7-bis, comma 8, del decreto legislativo n.

152 del 2006.

Ora, il vizio si coglie agevolmente alla luce di due considerazioni. Anzitutto, la valutazione di idoneita' vagheggiata dalla norma statale non e' accompagnata da alcun criterio o parametro atto a delimitare ex ante, o sindacare ex post, l'uso della discrezionalita' da parte dello Stato. La conseguenza e' subito evidente: il potere sostitutivo non «puo' essere brandito dal legislatore statale come un'arma per aprirsi qualsiasi varco» (Corte cost., sentenza n. 177 del 1988), sulla base di valutazioni squisitamente politiche, che trovano un unico contrappeso (tenue e anch'esso tutto politico) nella sottoposizione dell'atto sostitutivo alla Conferenza Stato-regioni, ai sensi dell'art. 41 della legge n.

234 del 2012. Il legislatore statale, cosi', e' posto nella condizione di rimodulare a piacere i confini costituzionali delle competenze.

Da altra prospettiva, e' assai sfuggente e indefinito lo stesso «scopo» cui le norme regionali devono tendere. Questo, infatti, e' individuato tramite un mero richiamo alle potesta' normative attribuite dal nuovo art. 7-bis, comma 8, del decreto legislativo n.

152 del 2006, introdotto dall'art. 5 del decreto oggi impugnato.

Quest'ultimo - come gia' visto - dispone che: «le regioni e le Province autonome di Trento e di Bolzano disciplinano con proprie leggi o regolamenti l'organizzazione e le modalita' di esercizio delle funzioni amministrative ad esse attribuite in materia di VIA, nonche' l'eventuale conferimento di tali funzioni o di compiti specifici agli altri enti territoriali sub-regionali. La potesta' normativa di cui al presente comma e' esercitata in conformita' alla legislazione europea e nel rispetto di quanto previsto nel presente decreto, fatto salvo il potere di stabilire regole particolari ed ulteriori per la semplificazione dei procedimenti, per le modalita' della consultazione del pubblico e di tutti i soggetti pubblici potenzialmente interessati, per il coordinamento dei provvedimenti e delle autorizzazioni di competenza regionale e locale, nonche' per la destinazione alle finalita' di cui all'art. 29, comma 8, dei proventi derivanti dall'applicazione delle sanzioni amministrative pecuniarie».

Le funzioni sopra delineate, a guardar bene, sono tutte ad esercizio eventuale e facoltativo, e dunque rispetto ad esse non e' configurabile alcun potere sostitutivo dello Stato: per pacifica giurisprudenza, infatti, esso puo' ammettersi solo in relazione ad atti e attivita' vincolate nell'an (cfr., fra molte, Corte costituzionale, sentt. nn. 177 del 1988 e 227 del 2004). Solo quella relativa all'organizzazione e alle modalita' di esercizio delle funzioni amministrative puo' dirsi una competenza normativa ad esercizio obbligatorio: sennonche', da un lato, non si vede quale sia l'ubi consistam dello scopo, dato che la nuova disciplina statale gia' determina in modo esaustivo ogni aspetto delle funzioni in questione, soprattutto con il nuovo art. 27-bis introdotto dal decreto oggi gravato; dall'altro lato, e consequenzialmente, diviene ancora piu' difficile valutare l'idoneita' allo scopo di norme regionali di cosi' scarso rilievo, dato che il successo o l'insuccesso della riforma dipendera' tutto quanto dall'efficacia della pervasiva disciplina dello Stato.

Tutte queste criticita' si acuiscono ulteriormente, peraltro, se si considera che l'autonomia speciale di cui gode la ricorrente dovrebbe garantirle un presidio ancora maggiore rispetto ad interventi unilaterali dello Stato: non per caso, in sede di Conferenza Stato-regioni, si erano proposti correttivi funzionali a garantire una maggiore compatibilita' fra potere sostitutivo e competenze delle regioni speciali (cfr. il punto 53 del parere).

 

P. Q. M.

 

Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita, ogni contraria istanza eccezione e deduzione disattesa, accogliere il presente ricorso e per l'effetto:   a) in via principale, dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 16, comma 2, 22, commi da 1 a 4, 23, comma 4, e 24, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, in relazione agli articoli 2, comma 1, lettere a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano; agli articoli 3, 5, 76, 97, 117, commi 1, 3 e 5, 118 e 120 Cost., anche alla luce dell'art. 10 della legge cost.

n. 3 del 2001; agli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015;   b) in via subordinata e nella sola ipotesi in cui non si ritenga violato l'art. 76 Cost.: i) sollevare innanzi a se stessa, in via di autoremissione, la questione di legittimita' costituzionale relativa agli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015, nella parte in cui non prescrive l'acquisizione dell'intesa in sede di Conferenza Stato-regioni, in relazione al principio di leale collaborazione, per i profili esposti in narrativa; ii) consequenzialmente, dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 5, 16, comma 2, 22, commi da 1 a 4, 23, comma 4, e 24, del decreto legislativo 16 giugno 2017, n. 104, in relazione agli articoli 2, comma 1, lettere a), d), f) ed m), 3 e 4 dello Statuto valdostano; agli articoli 3, 5, 76, 97, 117, commi 1, 3 e 5, 118 e 120 Cost., anche alla luce dell'art. 10 della legge cost. n. 3 del 2001; agli articoli 1 e 14 della legge n. 114 del 2015.

Si depositeranno, unitamente al presente ricorso notificato:   copia conforme della delibera di giunta regionale n. 1171 del 28 agosto 2017.

Roma, 1° settembre 2017     Prof. avv. Marini