RICORSO N. 46 DEL 27 GIUGNO 2017 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 27 giugno 2017.

(GU n. 30 del 26.07.2017)

 

Ricorso ex art. 127 Costituzione, per la Presidenza del Consiglio dei ministri (c.f.: 80188230587), in persona del Presidente pro tempore, rappresentata e difesa ex lege dall'Avvocatura generale dello Stato (c.f.: 80224030587; pec: ags.rm@mailcert.avvocaturastato.it; fax 06/96514000) ed elettivamente domiciliata presso i suoi uffici in Roma, via dei Portoghesi n. 12, ricorrente;  Contro Regione Autonoma Friuli-Venezia-Giulia, in persona del Presidente pro tempore, dott.ssa Deborah Serracchiani, con sede in Trieste (cap. 34121), Palazzo del Lloyd Triestino, piazza dell'Unita d'Italia n. 1, resistente;  Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale degli articoli 7, 8, 9, comma 3, e 49 della legge della Regione Friuli-Venezia-Giulia 21 aprile 2017, n. 10, pubblicata nel BRU n. 15 del 26 aprile 2017, recante «Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale e demanio stradale regionale, nonche' modifiche alle leggi regionali 17/2009, 28/2002 e 22/2006».

La legge della Regione Friuli-Venezia-Giulia n. 10 del 21 aprile 2017 reca una disciplina organica della gestione dei beni del demanio marittimo nella laguna di Marano-Grado e apporta modifiche alla legge regionale 13 novembre 2006, n. 22 (Norme in materia di demanio marittimo con finalita' turistico - ricreativa e modifica alla legge regionale n. 16/2002 in materia di difesa del suolo e di demanio idrico) e alla legge regionale 15 ottobre 2009, n. 17 (Disciplina delle concessioni e conferimento di funzioni in materia di demanio idrico regionale).

Al riguardo, si premette che l'art. 4 dello Statuto speciale della Regione autonoma Friuli-Venezia-Giulia (legge costituzionale 31 gennaio 1963, n. 1 e successive modifiche e integrazioni), attribuisce alla Regione, tra l'altro, la potesta' legislativa esclusiva in materia di industria e commercio, turismo e industria alberghiera (art. 4, comma 1, nn. 6 e 10).

La menzionata competenza primaria deve esplicarsi nel rispetto dei limiti dallo stesso Statuto enunciati, dovendosi svolgere «In armonia con la Costituzione, con i principi generali dell'ordinamento giuridico della Repubblica, con le norme fondamentali delle riforme economico-sociali e con gli obblighi internazionali dello Stato, nonche' nel rispetto degli interessi nazionali e di quelli delle altre Regioni [...]».

Con particolare riferimento alle norme di «grande riforma economico-sociale», esse sono poste dallo Stato nell'esercizio delle proprie competenze legislative, tra le quali, per quel che qui e' di piu' prossimo interesse, rilevano quelle poste dalla legislazione statale in tema di «tutela della concorrenza».

Si premette, inoltre, che in attuazione dello Statuto speciale sono stati trasferiti all'ente territoriale gli immobili di natura patrimoniale di proprieta' dello Stato (con decreto del Presidente della Repubblica n. 1401/1967).

Successivamente, in presenza di ulteriori richieste da parte della Regione aventi ad oggetto beni entrati a far parte del patrimonio disponibile dello Stato successivamente all'entrata in vigore dello Statuto, ovvero di beni di diversa natura non contemplati dalle disposizioni statutarie, il trasferimento e' stato attuato da parte dello Stato su base volontaria, sempre nell'ambito di norme di attuazione dello statuto: questo e' quanto avvenuto per i beni appartenenti al demanio idrico e di quelli ricadenti nella Laguna di Marano-Grado.

Nello specifico, con il decreto legislativo 25 maggio 2001, n.

265, sono stati trasferiti in proprieta' alla Regione «tutti i beni dello Stato e relative pertinenze, di cui alla legge 5 marzo 1963, n.

366, situati nella Laguna di Marano Grado». Trattasi, ai sensi della richiamata legge n. 366/1963, del «bacino demaniale marittimo di acqua salsa che si estende dalla foce del Tagliamento alla foce del canale Primero ed e' compreso fra il mare e la terraferma». Fa eccezione la fascia costiera che congiunge Lignano Sabbia d'Oro a Trieste che e' rimasta di proprieta' statale e sulla quale la Regione esercita poteri e competenze gestorie analoghe a quelle delle Regioni a statuto ordinario, ai sensi del decreto legislativo n. 112/1998, seppure con la particolarita' che il Friuli Venezia Giulia introita anche proventi derivanti dalla gestione del demanio marittimo «statale» (cfr. art. 9, comma 5, del decreto legislativo n.

111/2004). In sostanza la Regione gestisce sia demanio marittimo di sua proprieta' sia quello di proprieta' statale, fatta eccezione del Porto di Trieste e dei Cantieri Navali.

La gestione e' univoca per tutti i beni, in quanto l'Ente territoriale e' obbligato a rispettare direttive e principi comunitari, leggi nazionali in materia di ambiente, paesaggio, e quanto contenuto nel Codice della Navigazione che ad oggi sia ancora valido.

Cio' posto, si rileva che la legge regionale in esame risulta censurabile con riferimento alle disposizioni di seguito individuate (dettate in materia di demanio marittimo regionale) relative, in particolare, alle modalita' di affidamento e alla durata delle concessioni demaniali marittime. Tali disposizioni eccedono le competenze statutarie nella parte in cui hanno l'effetto di restringere l'ambito di applicazione delle procedure ad evidenza pubblica per l'assegnazione di concessioni demaniali marittime, limitando cosi' il gioco della concorrenza e ponendosi in contrasto con i principi in materia di liberalizzazione posti dallo Stato in attuazione delle norme eurounitarie di cui alla Direttiva Servizi, recentemente interpretate dalla Corte di Giustizia nella sentenza C-458/14 del 14 luglio 2016.

Le disposizioni censurate, in particolare, violano l'art. 117, primo comma della Costituzione, che impone il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario, contrastando altresi' con il medesimo art. 117, secondo comma lettera e) della Costituzione, sotto il profilo della tutela della concorrenza.

Piu' nel dettaglio, occorre ricordare che la disciplina italiana concernente l'affidamento delle concessioni demaniali marittime e' stata oggetto procedura di infrazione attivata dall'Unione europea, che si e' conclusa con la citata sentenza della Corte di Giustizia n.

C-458/14 del 14 luglio 2016.

La Corte di Giustizia ha chiarito che le concessioni demaniali marittime e lacuali rilasciate dalle autorita' pubbliche e che mirano allo sfruttamento di un'area demaniale a fini turistico-ricreativi sono soggette all'applicazione dell'art. 12 della direttiva 2006/123, per il cui affidamento gli Stati membri sono tenuti ad applicare «una procedura di selezione tra i candidati potenziali, che presenti garanzie di imparzialita' e di trasparenza e preveda, in particolare, un'adeguata pubblicita' dell'avvio della procedura e del suo svolgimento e completamento».

La Corte di Giustizia ha ritenuto incompatibile con il diritto europeo la normativa nazionale che prevede la proroga automatica fino al 31 dicembre 2020 delle concessioni demaniali marittime e lacuali in essere, disposta dall'art. 1, comma 18, del decreto-legge n.

194/2009, e ha ribadito il principio che le procedure di selezione tra i candidati potenziali debbano presentare tutte le garanzie di imparzialita' e di trasparenza, e, in particolare un'adeguata pubblicita'.

Il differimento che le proroghe introducono ritarda il rilascio delle concessioni mediante una procedura trasparente di gara, introducendo, a danno delle imprese con sede negli Stati membri che potrebbero essere interessate a tali concessioni, una disparita' di trattamento, vietata in linea di principio dall'art. 49 TFUE. Secondo la Corte tali proroghe non sono giustificate dalla necessita' di consentire ai concessionari di ammortizzare i loro investimenti.

In particolare, laddove le concessioni sono state attribuite quando gia' era stato dichiarato che i contratti aventi un interesse transfrontaliero certo dovessero essere soggetti a procedure improntate ad obblighi di trasparenza, non puo' trovare spazio il principio della tutela del legittimo affidamento, il quale puo' essere invocato solo laddove il titolare dell'autorizzazione, potesse legittimamente aspirare al rinnovo del procedimento concessorio ed abbia effettuato i relativi investimenti.

Una siffatta giustificazione non puo' pertanto essere invocata validamente a sostegno di una proroga automatica disposta dal legislatore nazionale ed applicata indiscriminatamente a tutte le autorizzazioni in questione.

Come e' noto, a seguito della nota decisione della Corte di Giustizia, il Consiglio dei ministri ha approvato, in data 27 gennaio 2017, un disegno di legge recante delega al Governo per la revisione e il riordino della normativa relativa alle concessioni demaniali marittime lacuali e fluviali ad uso turistico ricreativo, attualmente all'esame delle competenti Commissioni parlamentari.

Nelle more del riordino dell'intera materia da parte del legislatore statale, che costituira' la cornice di riferimento per l'intero settore, la Regione Friuli Venezia Giulia interviene dunque con norme non compatibili con i principi, individuati a livello europeo, in corso di recepimento.

In particolare, sulla base di quanto premesso, si censurano le seguenti previsioni:  1) L'art. 7, che disciplina la procedura per l'affidamento in concessione di aree demaniali marittime prevedendo un obbligo di pubblicazione delle istanze di concessione, al comma 4 esclude una nutrita serie di ipotesi da tale obbligo di pubblicita', senza fornire alcuna idonea giustificazione a detta esclusione e ponendosi in contrasto con i principi di matrice europee di trasparenza nelle procedure di assegnazione delle concessioni, nonche' con la normativa statale in materia (art. 18 della legge n. 84/1994 e art. 18 del decreto del Presidente della Repubblica n. 328/1952). Pertanto, la disposizione censurata, viola l'art. 117, primo comma della Costituzione, che impone il rispetto dei vincoli derivanti dall'ordinamento comunitario. Inoltre, considerando che le norme in materia di trasparenza e pubblicita' delle procedure di assegnazione delle concessioni sono strettamente funzionali alla concorrenza, si ritiene che spetti al legislatore statale fissare i principi fondamentali in materia, nell'esercizio delle competenze attribuite dal medesimo art. 117, secondo comma lettera e) della Costituzione;  2) L'art. 8 disciplina la procedura di aggiudicazione della concessione. Al comma 1, la norma individua i seguenti quattro principi da applicare in caso di pluralita' di domande: a) migliore utilizzo del bene demaniale pubblico; b) armonizzazione delle azioni sul territorio per uno sviluppo sostenibile; c) valutazione degli standard qualitativi dei servizi; d) misure migliorative della fruibilita' e accessibilita' per i soggetti diversamente abili. Il comma 2 prevede che la Giunta Regionale, oltre ai principi di cui al comma 1, individua preventivamente almeno uno dei seguenti principi che sono comunicati contestualmente all'invito a presentare istanze concorrenti: a) qualita' degli impianti e manufatti, da valutarsi anche con riferimento al pregio architettonico; b) valorizzazione paesaggistico - ambientale; c) ricadute a favore del territorio e sviluppo occupazionale dell'area interessata; d) piano di manutenzione, conservazione e salvaguardia del bene demaniale; e) utilizzo di impianti e manufatti costruiti con pratiche eco-sostenibili; f) somministrazione di prodotti locali. Infine, il comma 3 della disposizione rimanda a un regolamento attuativo l'individuazione delle procedure, dei termini e dei criteri attuativi dei principi di cui ai commi 1 e 2, e le disposizioni per l'aggiudicazione delle concessioni «anche ai fini di una valorizzazione dell'esperienza e della professionalita' del concessionario». La disposizione descritta si palesa incostituzionale sotto diversi profili.

Anzitutto, la norma, che omette di adeguarsi alla disciplina europea contenuta nella c.d. «Direttiva Servizi» (n. 123/2006/CE), che a seguito della sentenza della Corte di Giustizia n. C-458/14 del 14 luglio 2016 trova pacificamente applicazione al settore in questione, introduce procedure comparative che si fondano su principi eccessivamente generici che non delineano un quadro sufficientemente chiaro e pro-concorrenziale delle procedure. La norma appare lesiva della concorrenza soprattutto nella parte in cui specifica che le previsioni regolamentari di attuazione dovranno essere funzionali alla valorizzazione dell'esperienza e della professionalita' del concessionario. Tale ultima circostanza, infatti, sembra far riferimento alla possibilita' di introdurre prescrizioni volte ad avvantaggiare il concessionario uscente, creando discriminazioni tra operatori economici in contrasto con il contenuto della Direttiva Servizi. Circa il rinvio effettuato dal comma 3 alla fonte regolamentare per la disciplina inerente i «criteri attuativi dei principi di cui ai commi 1 e 2» e le «disposizioni per l'aggiudicazione delle concessioni», si osserva che le tematiche oggetto di rinvio appaiono troppo ampie e, comunque, involgenti anche aspetti attualmente disciplinati, quanto al demanio marittimo statale, da disposizioni di rango primario (ad esempio, decreto-legge 5 ottobre 1993, n. 400, convertito, con modificazioni, dalla legge 4 dicembre 1993, n. 494). La disciplina dell'affidamento delle concessioni demaniali introdotta dall'art. 8, dunque, non appare conforme ai principi individuati dal legislatore comunitario nella Direttiva Servizi, come specificati dalla Corte di Giustizia nella sentenza C-458/14 del 14 luglio 2016, e quindi viola l'art. 117, comma 1, della Costituzione. Inoltre, considerando che la disciplina delle procedure di assegnazione delle concessioni sono strettamente funzionali alla tutela della concorrenza, si ritiene che spetti al legislatore statale dettare la normativa di riferimento in materia, nell'esercizio delle competenze attribuite dal medesimo art. 117, secondo comma lettera e) della Costituzione.

3) L'Art. 9, comma 3, prevede che «La durata delle concessioni con finalita' turistico - ricreative viene determinata in base al piano economico - finanziario di cui al comma 4, presentato dal richiedente, e non puo' comunque essere superiore a quaranta anni».

La disposizione non risulta in linea con l'art. 3, comma 4-bis, del decreto-legge n. 400/1993 in base al quale «Le concessioni di cui al presente articolo possono avere durata superiore a sei anni e comunque non superiore a venti anni in ragione dell'entita' e della rilevanza economica delle opere da realizzare e sulla base dei piani di utilizzazione delle aree del demanio marittimo predisposti dalle regioni». La norma regionale censurata, nel consentire l'utilizzo oltremodo prolungato da parte di un medesimo concessionario di un bene considerato "risorsa scarsa", quale il demanio marittimo, limita ingiustificatamente la concorrenza oltre quanto necessario per garantire l'ammontare degli investimenti e una remunerazione ragionevole dei capitali investiti e non consente di cogliere i benefici derivanti dalla concorrenza nell'affidamento delle concessioni attraverso procedure ad evidenza pubblica. Come evidenziato anche in ambito europeo, la durata delle concessioni dovrebbe essere rigorosamente definita in maniera da perseguire l'equilibrio economico-finanziario degli investimenti del concessionario, senza pero' rinviare per tempi eccessivamente lunghi il confronto concorrenziale.

Pertanto, la disposizione presenta profili di illegittimita' costituzionale in relazione alla materia della tutela della concorrenza di cui all'art. 117, secondo comma, lettera e), Cost. e, ponendosi contrasto con i principi individuati dal legislatore comunitario nella Direttiva Servizi, come specificati dalla Corte di Giustizia nella sentenza C-458/14 del 14 luglio 2016, viola l'art.

117, comma 1, della Costituzione.

Per le stesse motivazioni appare costituzionalmente illegittimo il comma 2 dello stesso art. 9, laddove pone a cinquanta anni il limite massimo di durata delle concessioni demaniali marittime per la realizzazione di strutture dedicate alla nautica da diporto, tipologia pure contemplata nel richiamato art. 3 del decreto-legge n.

400/1993.

Analoghi profili di illegittimita' costituzionale si riscontrano con riferimento all'art. 41, che introduce nella legge regionale 13 novembre 2006, n. 22, l'art. 6-bis, secondo cui «Nel rispetto del principio di proporzionalita', le concessioni aventi finalita' turistico - ricreativa sono rilasciate per il periodo richiesto dal soggetto istante e, comunque, per il periodo massimo di quaranta anni, sulla base del piano economico-finanziario di cui all'art. 8, comma 1, lettera c), tale da giustificare la durata della concessione».

4) L'art. 48, comma 6, nella parte in cui fissa in 120 euro per ogni seduta l'ammontare del gettone da corrispondere ai componenti esterni del Comitato tecnico di valutazione - Sezione demaniale, contrasta con l'art. 6, comma 2, del decreto-legge n. 78/2010 che fissa in 30 euro il gettone di presenza.

Posto che tale ultima disposizione costituisce una norma di coordinamento della finanza pubblica, risulta che l'art. 48 comma 6 cit. si pone in contrasto con l'art. 117, comma 3, della Costituzione in quanto viola una disposizione statale cui le Regioni, pur nell'esercizio della propria potesta' legislativa concorrente, si devono adeguare.

5) L'art. 49 introduce il principio per cui il concessionario subentrante e' tenuto a corrispondere a quello uscente un indennizzo onnicomprensivo - comprendente il valore degli investimenti ancora non recuperati e dell'avviamento - sulla scorta della determinazione assunta dall'amministrazione concedente in base a una perizia asseverata da un professionista nominato dal medesimo concessionario uscente. Una simile previsione, nel caso di mancato subingresso, appare foriera di riflessi negativi per la finanza pubblica, potendo legittimare un'azione risarcitoria da parte del concessionario uscente nei confronti dell'amministrazione regionale o statale, a seconda della titolarita' dominicale sul bene coinvolto. Sotto detto profilo, l'intero art. 49 contrasta con la normativa statale in materia di coordinamento della finanza pubblica, di cui all'art. 117, comma 3, Cost.

Inoltre, nella parte in cui ha l'effetto di attribuire un indebito vantaggio al concessionario uscente, la norma determina una restrizione della concorrenza incompatibile con i principi europei contenuti nell'art. 12 della Direttiva Servizi, violando l'art. 117, comma 1, Cost.

Infine, considerando che la disciplina delle procedure di assegnazione delle concessioni e' strettamente funzionale alla concorrenza, si ritiene che spetti al legislatore statale fissare la disciplina di riferimento in materia, nell'esercizio delle competenze attribuite dal medesimo art. 117, secondo comma lettera e) della Costituzione.

 

P.Q.M.  

Tanto premesso, la Presidenza del Consiglio dei ministri, come in epigrafe rappresentata, difesa e domiciliata, chiede l'accoglimento delle seguenti conclusioni:  piaccia all'Ecc.ma Corte costituzionale dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 7, 8, 9, comma 3, e 49 della legge della regione Friuli-Venezia-Giulia 21 aprile 2017, n.

10, pubblicata nel BRU n. 15 del 26 aprile 2017, recante «Disposizioni in materia di demanio marittimo regionale e demanio stradale regionale, nonche' modifiche alle leggi regionali 17/2009, 28/2002 e 22/2006».

Si deposita la determinazione della Presidenza del Consiglio dei ministri del 22 giugno 2017.

Roma, 22 giugno 2017     L'Avvocato dello Stato: Nunziata