RICORSO N. 95 DEL 19 OTTOBRE 2015 (DELLA REGIONE VENETO)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 13 ottobre 2015.

(GU n. 50 del 16.12.2015)

 

Ricorso proposto dalla Regione Veneto (C.F. 80007580279 - P.IVA02392630279), in persona del Presidente della Giunta Regionale dott.Luca Zaia (C.F. ZAILCU68C27C957O), autorizzato con delibera dellaGiunta regionale n. 1220 del 28 settembre 2015 (all. 1),rappresentato e difeso, per mandato a margine del presente atto,tanto unitamente quanto disgiuntamente, dagli avv.ti Ezio Zanon (C.F.ZNNZEI57L07B563K) coordinatore dell'Avvocatura regionale, prof. LucaAntonini (C.F. NTNLCU63E27D8691) del Foro di Milano e Luigi Manzi(CF. MNZLGU34E15H501V) del Foro di Roma, con domicilio eletto pressolo studio di quest'ultimo in Roma, Via Confalonieri, n. 5 (pereventuali comunicazioni: fax 06/3211370, posta elettronicacertificata luigimanzi@ordineavvocatiroma.org).

Contro il Presidente del Consiglio dei ministri pro tempore,rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, pressola quale e' domiciliato ex lege in Roma, via dei Portoghesi, n. 12per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale delle seguentidisposizioni del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, recante«Disposizioni urgenti in materia di enti territoriali», pubblicatonella Gazzetta Ufficiale n. 188 del 14 agosto 2015, come convertitocon modificazioni dalla legge 6 agosto 2015, n. 125 (in S.O. n. 49,relativo alla Gazzetta Ufficiale 14 agosto 2015, n. 188):   art. 5, commi da 1 a 6;   art. 7, comma 9-quinquies;   art. 9-bis;   art. 9-ter, commi 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 9;   art. 9-quater, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7;   art. 9-septies, commi 1 e 2.

 

Motivi

 

1) Illegittimita' costituzionale dell'art. 5, commi da 1 a 6, deldecreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, per violazione degli articoli117, III e IV comma, 118 della Costituzione, nonche' del principio dileale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 5 del decreto-legge n. 78 del 2015, convertito, conmodificazioni, dalla legge 6 agosto 2015, n. 125, determina unaprofonda alterazione della posizione costituzionalmente garantitaalle regioni, in quanto, anche in violazione dell'accordo sancito traStato e regioni in sede di Conferenza unificata l'11 settembre 2014(all. 2), viene indebitamente compressa l'autonomia legislativaregionale.

Difatti, in violazione del suddetto accordo - che espressamenteescludeva al punto 11, le funzioni provinciali nelle materie oggettodi future riforme, indicate nell'allegato, e cioe' con riguardo a: i)servizi per il lavoro e politiche attive, ii) forze di polizia - ,l'art. 5 del decreto-legge n. 78/2015 include ora tra le funzioni dariallocare con legge regionale, ai sensi del comma 89 della legge n.56 del 2014, anche la polizia provinciale.

La disposizione de qua (Misure in materia di poliziaprovinciale), senza che sia intervenuta alcuna riforma e quindi inviolazione anche del principio di leale collaborazione di cuiall'art. 120 Cost., stabilisce infatti che:   «1. In relazione al riordino delle funzioni di cui all'art.1, comma 85, della legge 7 aprile 2014, n. 56, e fermo restandoquanto previsto dal comma 89 del medesimo articolo relativamente alriordino delle funzioni da parte delle regioni, per quanto di propriacompetenza, nonche' quanto previsto dai commi 2 e 3 del presentearticolo, il personale appartenente ai Corpi ed ai servizi di poliziaprovinciale di cui all'art. 12 della legge 7 marzo 1986, n. 65,transita nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento dellefunzioni di polizia municipale, secondo le modalita' e proceduredefinite con il decreto di cui all'art. 1, comma 423, della legge 23dicembre 2014, n. 190.

2. Gli enti di area vasta e le citta' metropolitane individuanoil personale di polizia provinciale necessario per l'esercizio delleloro funzioni fondamentali, fermo restando quanto previsto dall'art.1, comma 421, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

3. Le leggi regionali riallocano le funzioni di poliziaamministrativa locale e il relativo personale nell'ambito deiprocessi di riordino delle funzioni provinciali in attuazione diquanto previsto dall'art. 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014, n.56.

4. Il personale non individuato o non riallocato, entro il 31ottobre 2015, ai sensi dei commi 2 e 3, e' trasferito ai comuni,singoli o associati, con le modalita' di cui al comma 1. Nelle moredell'emanazione del decreto di cui al medesimo comma 1, gli enti diarea vasta e le citta' metropolitane concordano con i comuni delterritorio, singoli o associati, le modalita' di avvalimentoimmediato del personale da trasferire secondo quanto previstodall'art. 1, comma 427, della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

5. Il transito del personale di cui al comma 1 nei ruoli deglienti locali avviene nei limiti della relativa dotazione organica edella programmazione triennale dei fabbisogni di personale, in derogaalle vigenti disposizioni in materia di limitazioni alle spese edalle assunzioni di personale, garantendo comunque il rispetto delpatto di stabilita' interno nell'esercizio di riferimento e lasostenibilita' di bilancio. Si applica quanto previsto dall'art. 4,comma 1.

6. Fino al completo assorbimento del personale di cui al presentearticolo, e' fatto divieto agli enti locali, a pena di nullita' dellerelative assunzioni, di reclutare personale con qualsivogliatipologia contrattuale per lo svolgimento di funzioni di polizialocale. Sono fatte salve le assunzioni di personale a tempodeterminato effettuate dopo la data di entrata in vigore del presentedecreto, anche se anteriormente alla data di entrata in vigore dellarelativa legge di conversione, per lo svolgimento di funzioni dipolizia locale, esclusivamente per esigenze di carattere strettamentestagionale e comunque per periodi non superiori a cinque mesinell'anno solare, non prorogabili.

Tali disposizioni, dunque, si pongono non solo in contrasto conl'impegno sancito del citato accordo dell'11 settembre 2014 (laviolazione del principio di leale collaborazione e' peraltro tantopiu' grave se si considera che anche alla materia «poliziaprovinciale» si estende ora la misura sanzionatoria previstadall'art. 7, di cui al punto successivo del presente ricorso), maanche con la stessa autonomia costituzionalmente garantita allaregione.

Esse, infatti, nonostante la materia «polizia amministrativalocale» rientri pienamente nella competenza residuale delle regioni,prevedono (comma 1) in via generale che il personale di poliziaprovinciale transiti nei ruoli degli enti locali per lo svolgimento,appunto, delle funzioni di polizia municipale.

Stabiliscono poi, prioritariamente, che gli enti di area vasta ele citta' metropolitane individuino il personale di poliziaprovinciale necessario per l'esercizio delle loro funzionifondamentali.

Solo in forma residuale prevedono che le regioni riallochino lefunzioni di polizia amministrativa locale e il relativo personalenell'ambito dei processi di riordino delle funzioni provinciali inattuazione di quanto previsto dall'art. 1, comma 89, della legge 7aprile 2014, n. 56.

Concludono, infine, stabilendo che il personale «non individuatoo non riallocato», entro il 31 ottobre 2015, ai sensi dei commi 2 e3, sia trasferito ai comuni, singoli o associati, per lo svolgimentodelle funzioni di polizia municipale.

In questi termini la funzione di allocazione costituzionalmentegarantita alle regioni, ai sensi degli artt. 117, III e IV comma,nonche' 118 Cost., nelle materie non rientranti nelle funzionifondamentali degli enti locali, viene indebitamente compressa,risultando ridotta ad un ruolo ancillare il cui spazio di manovra e'praticamente inesistente. Tale funzione, infatti, da un lato vieneconformata dal legislatore statale indicando in via generale l'ambitofunzionale cui il personale e' destinato (al comma 1 si disponeinfatti che il personale di polizia provinciale «transita nei ruolidegli enti locali per lo svolgimento delle funzioni di poliziamunicipale»), dall'altro risulta del tutto indebitamente subordinataalle opzioni effettuate da province e citta' metropolitane. Questeultime, infatti, dalla norma censurata vengono considerateprioritarie rispetto alla facolta' regionale di allocazione, mentrequest'ultima, sebbene abbia un ruolo primario, anche secondo quantostabilito dallo stesso art. 1, comma 89, della legge 7 aprile 2014,n. 56, con quest'intervento del legislatore statale viene trasformatain subordinata rispetto alle determinazioni degli altri enti locali(citta' metropolitane e province).

In buona sostanza, la norma censurata non rispetta il dettatocostituzionale ne' formalmente - dal momento che degrada la potesta'residuale regionale in materia di polizia amministrativa locale - ne'sostanzialmente, poiche' la disciplina che concretamente introducesvuota indebitamente i margini di manovra regionale e, anzi, lisubordina alla discrezionalita' degli enti locali. Va segnalato,peraltro, (come risulta dall'all. n. 3) che in data 30 luglio 2015 e'stata sancita la mancata intesa sul D.M. diretto a fissare lemodalita' e le procedure per il transito del personale di cuiall'art. 5, comma 4, del decreto-legge n. 78 del 2015.

2) Illegittimita' costituzionale dell'art. 7, comma 9-quinquies, deldecreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, per violazione degli articoli 3,5, 97, 117, III e IV comma, 118 e 119 della Costituzione e delprincipio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

L'art. 7 (Ulteriori disposizioni concernenti gli Enti locali),comma 9-quinquies, del suddetto decreto legge n. 78 del 2015stabilisce: «Al fine di dare compiuta attuazione al processo diriordino delle funzioni delle province disposto dalla legge 7 aprile2014, n. 56, le regioni che, ai sensi dell'art. 1, comma 95, dellamedesima legge, non abbiano provveduto nel termine ivi indicatoovvero non provvedano entro il 31 ottobre 2015 a dare attuazioneall'accordo sancito tra Stato e regioni in sede di Conferenzaunificata l'11 settembre 2014, con l'adozione in via definitiva dellerelative leggi regionali, sono tenute a versare, entro il 30 novembreper l'anno 2015 ed entro il 30 aprile per gli anni successivi, aciascuna provincia e citta' metropolitana del rispettivo territorio,le somme corrispondenti alle spese sostenute dalle medesime perl'esercizio delle funzioni non fondamentali, come quantificate, subase annuale, con decreto del Ministro per gli affari regionali, diconcerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze,da adottare entro il 31 ottobre 2015. Il versamento da parte delleregioni non e' piu' dovuto dalla data di effettivo esercizio dellafunzione da parte dell'ente individuato dalla legge regionale».

La fattispecie in oggetto, concretizzandosi nella sanzione postaa carico della regione inadempiente nell'attuazione dell'accordodell'11 settembre 2014 di versare a province e citta' metropolitanele somme corrispondenti alle spese da queste sostenute per lefunzioni non fondamentali, configura una forma di esercizio delpotere sostitutivo del tutto inedita, che si differenzia nettamentedalle ipotesi, sia piu' risalenti (come quella prevista ad esempionell'art. 5 del d.lgs. n. 112/98 (1) ) sia piu' recenti (come quellepreviste dall'art. 23 del decreto-legge n. 201/2011 (2) ), in cui ilpotere sostitutivo statale veniva disciplinato in modo da esplicarsi,nel caso di inerzia delle regioni nella riallocazione dellecompetenze agli altri enti territoriali, attraverso l'emanazione dinorme primarie statali sostitutive direttamente rivolteall'allocazione delle funzioni agli enti territoriali sub regionali.Cosi' avvenne, peraltro con il d.lgs. n. 96/1999, che venne emanatosentite le regioni inadempienti, in considerazione che le regioniPiemonte, Lombardia, Veneto, Marche, Lazio, Molise, Campania, Pugliae Calabria non avevano provveduto nel termine.

Peraltro, anche il comma 95 dell'art. 1 della stessa legge n. 56del 2014 prevedeva, in caso di inerzia regionale, che l'esercizio delpotere sostitutivo statale avvenisse sulla base dell'art. 8 dellalegge n. 131 del 2003, che e' invece stato radicalmente violato dallanorma impugnata, dal momento che nessuna della fasi procedimentaliivi previste e' stata rispettata (ad esempio, quella dellaconvocazione in Consiglio dei ministri del Presidente della regionedestinataria dell'intervento sostitutivo).

Ma non solo. Con la norma impugnata risultano parimenti violatianche tutti i criteri definiti dalla giurisprudenza di questa ecc.maCorte riguardo alle forme di esercizio del potere sostitutivo nonriconducibili all'art. 120 Cost. Infatti, a partire dalla sentenza n.43 del 2004, dove pure si e' stabilito che l'art. 120, secondo comma,della Costituzione non esaurisce tutte le possibilita' di eserciziodi poteri sostitutivi e rimane «impregiudicata l'ammissibilita' e ladisciplina di altri casi di interventi sostitutivi», e' stata sempreribadita la necessita' di apprestare congrue garanzie procedimentaliper l'esercizio del potere sostitutivo, in conformita' al principiodi leale collaborazione: «dovra' dunque prevedersi un procedimentonel quale l'ente sostituito sia comunque messo in grado di evitare lasostituzione attraverso l'autonomo adempimento, e di interloquirenello stesso procedimento».

Ma vi e' di piu'.

Anche a prescindere da quanto sopra esposto, al fine dicomprendere le ragioni dell'inerzia regionale deve essere consideratala complessiva vicenda che ora trova il suo epilogo nella normaimpugnata. Da questo punto di vista, si deve constatare che non vi e'migliore difesa delle istanze regionali che quella di riportarealcuni significativi passaggi espressi dalla Deliberazione n. 17/2015(all. 4) della Sezione autonomie della Corte dei Conti, che fornisceuna cristallina ricostruzione delle ragioni che hanno portato leregioni vuoi all'inadempimento dell'Accordo vuoi ad un adempimentosolo formale (rilevato dalla stessa Sezione autonomie). Della gravesituazione a seguito dei tagli in cui si sono venute a trovareprovince e citta' metropolitane fornisce, peraltro, evidente riprovaanche la norma di cui all'art. 1-ter dello stesso decreto-legge n. 78del 2015 (Predisposizione del bilancio di previsione annuale 2015delle province e delle citta' metropolitane) che in via del tuttoeccezionale autorizza detti enti locali a predispone, «per il soloesercizio 2015», «il bilancio di previsione per la sola annualita'2015», in deroga all'obbligo del triennio.

Nella suddetta deliberazione della Corte dei Conti, infatti, siesplicita: «La legge n. 56/2014 prevedeva per il riordino dellefunzioni un iter procedurale articolato in una serie di passaggi,primo fra tutti quello dell'individuazione delle funzionifondamentali che restano affidate alle Province e di quelle nonfondamentali da attribuire agli altri enti (Comuni, Regioni, Stato),cui doveva far seguito la quantificazione di finanziamenti e speseper gestire entrambe le tipologie di funzioni, con contestualeindividuazione delle risorse umane, strumentali ed organizzative. Afronte di tale iter procedurale le disposizioni recate dalla legge distabilita' per il 2015 ed ancora prima l'accordo dell'11 settembre2014 ed il decreto del Presidente del Consiglio dei ministri del 26settembre 2014 hanno introdotto novita' che, in parte, vanificanol'anzidetta procedimentalizzazione. In particolare, la legge n.190/2014 al comma 418 individua il contributo triennale richiestoalle Province che concorrono con una riduzione della spesa correntepari ad 1 miliardo (1.180 milioni) di euro per il 2015, 2 miliardiper il 2016 e 3 miliardi per il 2017» (3) .

Si specifica poi: «I tagli imposti dalla legge di stabilita' sisono aggiunti a quelli gia' previsti anche per il 2015 daldecreto-legge n. 66/2014 e sono intervenuti ancor prima che fossepossibile conoscere la distribuzione delle competenze fra Province,Citta' metropolitane ed altri enti ... Si e' gia' riferito che laConferenza delle Regioni e delle Province autonome, nella riunionedel 2 aprile 2015, ha approvato un documento che illustra laposizione delle stesse in merito allo stato di attuazione della leggen. 56/2014.

Puo' aggiungersi che, con il DEF 2015, il Governo, nellosciogliere positivamente il nodo delle clausole di salvaguardia,previste dalla legge di stabilita' 2015, attraverso la lorosterilizzazione, ha prefigurato ulteriori tagli alla spesa pubblicaper circa 10 mld/€. In tal modo le criticita' gia' evidenziate circail percorso attuativo della legge n. 56/2014, potrebbero risentiredell'ulteriore peggioramento del quadro finanziario dei trasferimentiagli Enti territoriali» (4) .

Come specificato dalla stessa deliberazione «Il nodo essenzialedel processo di riordino delle Province e' rappresentato dallariassegnazione delle risorse finanziarie, umane e strumentaliconnesse all'esercizio delle funzioni oggetto di trasferimento» (5) .

In sintesi, la Corte dei conti evidenzia con chiarezzal'intervento demolitorio che lo stesso legislatore statale,attraverso la legge di stabilita' per il 2015 e i successiviinterventi di taglio sulle risorse provinciali, ha compiuto nelpercorso tracciato dalla legge n. 56 del 2014, che invece «avrebbedovuto assicurare alle Province i fondi necessari da corrispondereagli enti subentranti per le funzioni trasferite» (6) . Aveva dunqueritenuto «indispensabili, quindi, un riallineamento ed un costantecoordinamento tra le fasi procedimentali di trasferimento dellefunzioni e delle risorse - come dettagliatamente disciplinate dallalegge n. 56/2014 - e la produzione degli effetti finanziari che adesse si correlano, al fine di garantire una corretta attuazione dellariforma degli enti di area vasta ed il rispetto dei criteri di sanagestione finanziaria, nonche' la regolarita' amministrativo-contabiledelle gestioni dei medesimi enti» (7) .

In altre parole, secondo la legge n. 56 del 2014 i dipendenti inuscita dalle province avrebbero portato con se' uno «zainetto» con«le risorse per garantirsi tutta la busta paga. Dopo i tagli dellamanovra, i soldi da infilare nello zainetto non ci sono piu', e sonogli uffici di destinazione a doversi fare carico di tutti i costi»(8) .

Ma, invece del riallineamento auspicato dalla Corte dei Conti, illegislatore statale ha stabilito la misura sostitutiva/sanzionatoriadi cui alla norma impugnata, motivata dalla evidente volonta' discaricare il problema creato dallo stesso legislatore statale solo edunicamente sulle spalle delle regioni, chiamate a finanziare la spesastorica (e quindi anche le diseconomie di tale spesa) delle province(e delle citta' metropolitane che vi subentrano) sulla base di unaquantificazione operata, senza nemmeno che sia sentita la regioneinteressata, con decreto del Ministro per gli affari regionali, diconcerto con i Ministri dell'interno e dell'economia e delle finanze.

In questi termini la norma impugnata si pone in evidentecontrasto con gli artt. 3 e 97 Cost., per violazione dei principi diproporzionalita' (non essendo in alcun modo evidente che illegislatore abbia fatto ricorso alla soluzione meno invasiva),ragionevolezza (perche' si fa ricadere sulle regioni un comportamentoostativo che in realta' e' imputabile allo Stato che, definanziandooltre misura le funzioni prima svolte dalle province, ne rendeimpraticabile la riallocazione) e buon andamento (dato che si imponeil finanziamento della spesa storica), la cui violazioneevidentemente ridonda, per quanto descritto, sulle competenzecostituzionali della regione, anche autonomamente considerate, di cuiagli artt. 117, III, IV comma, e 118 Cost.

Risulta inoltre violato anche l'art. 119 della Costituzione che,se vieta nelle materie di competenza regionale, come piu' volteribadito da questa ecc. ma Corte i finanziamenti statali vincolati,tanto meno nelle stesse materie puo' in alcun modo legittimareobblighi statali di destinazione vincolata di risorse regionali.

Risulta infine violato, dai molteplici punti di vista sopraevidenziati, sia il principio di leale collaborazione, sia ilcorretto esercizio del potere sostitutivo statale di cui all'art. 120Cost.

Infine, considerando l'intera vicenda, risulta difficile sfuggireall'eco di un palese contrasto con quanto stabilisce l'ultimo periododell'art. 5 della Costituzione, dove limpidamente si afferma che laRepubblica: «adegua i principi ed i metodi della sua legislazionealle esigenze dell'autonomia e del decentramento».

  Premessa comune alle impugnative seguenti: nn. da 3) a 6).

  Gli articoli 9-bis, 9-ter, 9-quater e 9-septies del decreto-leggen. 78/2015, convertito, con modificazioni, dalla legge 6 agosto 2015,n. 125, concretizzano in diverse forme un pesantissimo intervento dismantellamento dell'attuale modello di welfare in sanita',introducendo una serie di tagli meramente lineari sulla spesasanitaria, senza alcuna considerazione ne' dei costi standard di cuiagli articoli da 25 a 32 del d.lgs. n. 68 del 2011, ne' dei livellidi spesa di regioni virtuose che hanno gia' raggiunto elevati livellidi efficienza nella gestione della sanita'. Questo nonostante laforte disomogeneita' che caratterizza, sotto questo profilo, ilsistema della sanita' regionale italiana, sia stata piu' volte messain evidenza da numerosi interventi della Corte dei Conti, daautorevoli studi (9) e da, anche recenti, indagini conoscitive delParlamento (10) .

Si realizza in tal modo un intervento statale che tende adestrutturare in via generalizzata uno dei pochi settori pubblici incui l'Italia si trova ai primi posti nelle classificheinternazionali: secondo i dati della World Health Organizationinfatti il sistema sanitario italiano si collocava al secondo postoper livello di qualita' (The World Health Report su dati 2000 - all.5) e, secondo i dati OCSE al diciannovesimo per livello di spesa(OECD, Health Statistics 2014) (all. 5-bis).

Nel loro complesso, inoltre, le suddette disposizioni mantengonoa carico delle regioni l'obbligo di garantire il finanziamento deiLea, la cui determinazione risale pero' al lontano 2001 - decreto delPresidente del Consiglio dei ministri 29 novembre 2001, poimodificato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri 5marzo 2007 - senza che, ad oggi, l'art. 5 del decreto-legge n. 158del 2012 che ne aveva prevista la revisione entro il 31 dicembre 2012sia stato ancora attuato.

E' evidente quindi lo scollamento che si realizza tra un livellodi finanziamento che viene pesantemente e permanentemente ridotto euna determinazione dei livelli essenziali che non e' stata rivista daparte dello Stato.

In cio' si realizza una arbitraria violazione, perirragionevolezza e difetto di proporzionalita', anche del comma IIdell'art. 117 Cost. e dell'art. 32 Cost. che compromette lapossibilita' di garantire i livelli essenziali in materia di dirittoalla salute e ridonda pesantemente, per quanto detto, anchesull'autonomia costituzionale garantita alle regioni dagli artt. 117,III e IV comma, 118 e 119 Cost.

E' significativo al riguardo citare le conclusioni del documentofinale delle Commissioni riunite V e XII della Camera dei Deputati,approvato nell'ambito dell'Indagine conoscitiva sulla sfida dellatutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario eobiettivi di finanza pubblica, del 4 giugno 2014 (e quindi ben primadegli impugnati interventi di taglio), dove si afferma: «Peraltro,negli ultimi anni alla riduzione delle risorse destinate al Fondosanitario nazionale si e' sommata la riduzione di quelle per lepolitiche socio assistenziali e per le non autosufficienze. Tuttocio' ha fatto emergere la piena consapevolezza che il ServizioSanitario Nazionale non puo' sopportare ulteriori definanziamenti,pena l'impossibilita' di garantire i livelli di assistenza e quindil'equita' nell'accesso alle prestazioni socio sanitarie.» (11) (all.6).

Inoltre, e' opportuno considerare la Relazione della 12ªcommissione permanente Igiene e Sanita', (relatori D'Ambrosio,Lettieri e Dirindin), del Senato della Repubblica, Sullo stato esulle prospettive del servizio sanitario nazionale, nell'ottica dellasostenibilita' del sistema e della garanzia dei principi diuniversalita', solidarieta' ed equita', del 23 giugno 2015 (all.6-bis) dove, nelle considerazioni conclusive, si precisa tra l'altroche «la Commissione ritiene che non sia piu' rinviabile una revisionedei LEA», e si evidenzia altresi' che «la Commissione ritiene che,nei prossimi anni, il sistema non sia in grado di sopportareulteriori restrizioni finanziarie, pena un ulteriore peggioramentodella risposta ai bisogni di salute dei cittadini e un deterioramentodelle condizioni di lavoro degli operatori. Eventuali margini dimiglioramento, sempre possibili, possono essere perseguiti soloattraverso una attenta selezione degli interventi di riqualificazionedell'assistenza, soprattutto in termini di appropriatezza clinica eorganizzativa, evitando azioni finalizzate al mero contenimento dellaspesa, nella consapevolezza che i risparmi conseguibili devono esseredestinati allo sviluppo di quei servizi ad oggi ancora fortementecarenti, in particolare nell'assistenza territoriale anche inrelazione all'aumento delle patologie cronico-degenerative» (12) .

E' evidente quindi che la sanita' sta diventando in Italia unproblema di democrazia e di coesione sociale, a spese dei piu'fragili e dei piu' poveri.

Ma anche la Corte dei Conti nella delibera del 29 dicembre 2014,Relazione sulla gestione finanziaria degli enti territoriali (all. 7)ha chiaramente precisato che al comparto degli enti territoriali e'stato richiesto, nelle manovre degli ultimi anni, «uno sforzo dirisanamento non proporzionato all'entita' delle loro risorse», inbase a scelte andate «a vantaggio degli altri comparti che compongonoil conto economico consolidato delle amministrazioni pubbliche.» Edha quindi auspicato (ma evidentemente non e' avvenuto) che «futuriinterventi di contenimento della spesa assicurino mezzi di coperturafinanziaria in grado di salvaguardare il corretto adempimento deilivelli essenziali delle prestazioni nonche' delle funzionifondamentali inerenti ai diritti civili e sociali» (13) .

Nella dinamica di questo sviluppo normativo della legislazionestatale e' evidente fra l'altro un fenomeno di abnormederesponsabilizzazione dello Stato, che, chiamato semmai ad assumersila responsabilita' (sottoponendosi anche alla conseguente verifica dicostituzionalita') di una riduzione dei Lea a seguito del venir menodelle risorse disponibili, ha scelto invece la strada di lasciare, daun lato, formalmente invariati i Lea, e dall'altro di perpetrare unsistema di tagli lineari, in cio' venendo meno ad un correttoesercizio di quella funzione di coordinamento della finanza pubblicache e' invece richiesto dall'art. 117, III comma, Cost.

Ma non solo.

Si potrebbe considerare dirimente, nel considerare lacostituzionalita' della misura, l'esistenza di una intesa. E infattil'art. 9-bis pretende di stabilire l'applicazione dei successiviarticoli da 9-ter a 9-octies in attuazione delle Intese sancite dallaConferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e leprovince autonome di Trento e di Bolzano del 26 febbraio 2015 e 2luglio 2015 in attuazione della lettera c) del comma 398, del'art. ldella legge n. 140/2014.

Ma non e' cosi'.

Al riguardo occorre precisare non solo il mancato consenso intali sedi espresso dalla regione Veneto, ma anche e soprattutto ilrelativo contenzioso costituzionale che questa ha instaurato (cfr.ricorso n.r.g. 31/2015) denunciando la evidente forzatura in cui leregioni stesse sono state costrette, perche' un effettivo percorso dileale collaborazione e di auto coordinamento non e' stato, invero, inalcun modo accordato.

E' opportuno al riguardo ripercorrere la grottesca dinamicanormativa che si e' dispiegata e che ha costretto alcune regioni adarrendersi a Una intesa che in realta' non puo' essere consideratatale senza sminuire la portata sostanziale del principio di lealecollaborazione. Infatti, in base al comma 6 dell'art. 46 deldecreto-legge n. 66 del 2014, cosi' come modificato dalla lettera c)del comma 398 dell'art. l della legge 23 dicembre 2014, n. 190 (14) ,alle regioni, in realta', e' stata proposta un'alternativaimpossibile rispetto a quella di subire un taglio del finanziamentodella sanita'. Queste, infatti, in base a quanto previsto dalsuddetto comma 6, avrebbero potuto evitarlo solo accettando un tagliosulla spesa extra sanitaria per 3.452 milioni di euro, ovvero di unacifra che ne avrebbe condotto al sostanziale azzeramento.

Infatti, la spesa extra sanitaria delle regioni (tra cui - sinoti bene - rientra anche la spesa per l'assistenza sociale) e'quella che ha maggiormente subito l'impatto delle manovre di finanzapubblica, come risulta, infatti, dal Primo rapporto Copaff(Commissione tecnica per l'attuazione del federalismo fiscale),Condivisione tra i livelli di governo dei dati sull'entita' e laripartizione delle misure di consolidamento della finanza pubblica,del 16 gennaio 2014, approvato (all. 8) dalla Conferenza permanenteper il coordinamento della finanza pubblica (istituita dall'art. 5della legge n. 42 del 2009) in data 14 febbraio 2014, il compartodella spesa extra sanitaria delle regioni ha subito, per effettocumulato delle manovre di finanza pubblica dal 2008 al 2013, unariduzione pari al 38,7% (contro il 13,4 dello Stato, il 14,3 deicomuni, il 27,8 delle province). La situazione era tale che l'importostabilito della lettera c) del comma 398 non trovava capienzaall'interno dell'ammontare della spesa primaria (extra sanitaria) perbeni e servizi delle regioni, dal momento che l'ammontare del taglioe' di poco inferiore all'ammontare complessivo della spesa. Come sievince dalla tabella (all. 9: elaborazione Cinsedo su dati Copaff2013) la spesa complessiva per beni e servizi delle regioni ammonta a5.323.938.776,02 Euro. Dal momento che tale aggregato di spesacomprende, per un importo pari a 1.529 milioni di Euro, icorrispettivi riconosciuti dalle regioni per garantire il contrattodi servizio stipulato con Trenitalia, al netto di tale importo,pertanto, l'ammontare di spesa per beni e servizi sostenuta nel 2013dalle RSO risulta pari a 3.795 milioni di Euro. Per assolvere almaggiore contributo richiesto dal comma 398 dell'art. 1 della legge140/2014 (maggiori tagli per 3.452 milioni di euro), le regionidovrebbero pertanto ridurre del 91% la spesa sostenuta per l'Acquistodi beni e servizi!   Se quindi non avessero raggiunto l'intesa, il riparto del tagliosarebbe stato determinato dal Governo, incidendo, secondo quantorecita l'ultimo periodo del suddetto comma 6, anche sulle «risorsedestinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale»e ripartito tenendo conto, non dei costi standard di cui al d.lgs. n.68/2011, ma del Pil regionale e della popolazione residente, e quindia tutto discapito dei sistemi regionali piu' efficienti (che sisituano nelle regioni Emilia Romagna, Lombardia, Veneto, Toscana, chesono tra le piu' popolose e tra quelle che registrano un Pil piu'alto) (15)   E' evidente che alle regioni non e' stata lasciata alternativaall'intesa. Ed e' altrettanto evidente che un'intesa che non haalternativa, perche' non vi era effettiva possibilita' di evitare iltaglio sulla sanita', non e' tale nella sostanza.

Va aggiunto, peraltro, a ulteriore dimostrazione della violazionedel principio di leale collaborazione, che nessun coinvolgimento e'avvenuto della (pur istituita: la prima convocazione e' avvenuta il10 ottobre 2013) Conferenza permanente per il coordinamento dellafinanza pubblica, il cui coinvolgimento nella definizione dellamanovre di finanza pubblica e' imposto dall'art. 5, comma 1, dellalegge n. 42 del 2009: «a) la Conferenza concorre alla definizionedegli obiettivi di finanza pubblica per comparto, anche in relazioneai livelli di pressione fiscale e di indebitamento;» e poi ribaditodall'art. 33 del d.lgs. n. 68 del 2011 che la definisce quale«organismo stabile di coordinamento della finanza pubblica fracomuni, province, citta' metropolitane, regioni e Stato».

Per tutti i profili indicati, quindi, e' difficile anche inquesto caso sfuggire all'antitesi che l'intera vicenda, considerataanche luce delle puntuali impugnative successive, dimostra conl'ultimo periodo dell'art. 5 della Costituzione, dove si afferma chela Repubblica: «adegua i principi ed i metodi della sua legislazionealle esigenze dell'autonomia e del decentramento», e, visto che sitratta di tutela della salute, con l'art. 3, secondo comma, Cost..

3) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-ter, comma 1, lett. a),commi 4 e 5, del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, per violazionedegli articoli 3, 5, 32, 97, 117, II, III e IV comma, 118 e 119 dellaCostituzione e del principio di leale collaborazione di cui all'art.120 Cost.

L'art. 9-ter (Razionalizzazione della spesa per beni e servizi,dispositivi medici e farmaci) stabilisce, al comma 1, lett. a) cheper l'acquisto dei beni e servizi di cui alla tabella A allegata aldecreto-legge 78/2015, gli enti del Servizio sanitario nazionale sonotenuti a proporre ai fornitori una rinegoziazione dei contratti inessere che abbia l'effetto di ridurre i prezzi unitari di forniturae/o i volumi di acquisto, rispetto a quelli contenuti nei contrattiin essere, e senza che cio' comporti modifica della durata delcontratto, al fine di conseguire una riduzione su base annua del 5per cento del valore complessivo dei contratti in essere.

In questi termini la norma, anche nel suo raccordo attuativo coni commi 4 e 5, impone di operare un taglio del tutto lineare delleforniture che contrasta con i principi di ragionevolezza eproporzionalita' ex art. 3 Cost., dal momento che, a prescindere daogni definizione di standard di efficienza - che espressamente lanorma ammette non esistere al momento in cui essa dispiega la suaoperativita' - impone, mettendo a rischio la garanzia dei servizisanitari (in violazione dell'art. 32 Cost.) e dei Lea, la suddettarinegoziazione anche agli enti del Servizio sanitario che gia' hannoraggiunto elevati livelli di efficienza e di rapporto qualita'/prezzonelle forniture.

A titolo di esempio, si deve considerare che per l'erogazione deipasti (definiti in termini di «giornata alimentare») in una strutturasanitaria della regione Veneto il prezzo pagato ai fornitori e' dicirca 6/7 Euro, mentre in altre realta' questa cifra arriva anche asuperare i 20 Euro. E' evidente a questo punto che l'applicazione delcriterio stabilito della norma diventa estremamente critico per laregione Veneto, mentre produce solo un blandissimo effetto dirazionalizzazione nelle realta' inefficienti.

E' chiaro come questi vizi di costituzionalita' ridondino sullecompetenze regionali di cui agli artt. 117, III e IV comma, 118 e 119Cost., dal momento che incidono indebitamente sulle determinazioniregionali in materia di organizzazione sanitaria, anche autonomamenteconsiderate.

Al riguardo, occorre inoltre anche richiamare la recente sentenzan. 125 del 2015, dove questa ecc.ma Corte, sebbene in relazione alleautonomie speciali, ma con affermazioni di principio, in termini diinquadramento delle fattispecie, estendibili anche a quelle ordinarie(16) , ha censurato l'art. 15, comma 13, lettera c), deldecreto-legge n. 95 del 2012 (che peraltro, anziche' come del tuttoinopinatamente fa la norma impugnata disponendo una generalizzatariduzione percentuale della spesa, stabiliva invece un effettivocriterio di standard nazionale: obbligo di non superare un livellonon superiore a 3,7 posti letto per mille abitanti), in quanto talidisposizioni non si articolavano «in enunciati generali riconducibilialla categoria dei principi, ma pongono in essere una disciplina didettaglio. Cio' comporta che le misure in considerazione non possonotrovare fondamento nella potesta' legislativa concorrente delloStato, cosi' come sostenuto dalla difesa erariale.» Ha inoltreprecisato che la misura «disponendo una riduzione dello standard deiposti letto,» non tende «a garantire un minimum intangibile allaprestazione, ma ad imporre un tetto massimo alla stessa», per cui«non appare conforme ai parametri di riferimento invocati nelricorso» (art. 117, III comma, Cost.).

La norma impugnata, che stabilisce oltretutto una disposizione didettaglio, si pone quindi in contrasto con gli artt. 5, 117, II, IIIe IV comma, Cost. riguardo sia al corretto esercizio della funzionestatale di coordinamento della finanza pubblica e alla garanzia deiLea, sia alla competenza regionale in materia di tutela della salutee organizzazione dei sistemi sanitari, nonche' con gli artt. 118 e119 Cost. Contrasta inoltre con il principio di proporzionalita',rispetto al rapporto tra mezzi e fini, e con il principio di buonandamento della Pubblica Amministrazione nel combinato disposto degliartt. 3 e 97 Cost., la cui lesione si riflette sulle competenzecostituzionali garantite alla regione. Viene inoltre violato ilprincipio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., dalmomento che nessuna forma di intesa viene prevista al riguardo.

4) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-ter, comma 1, lett. b,commi 2, 3, 8 e 9 del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, perviolazione degli articoli 3, 5, 32, 97, 117, II, III e IV comma, 118e 119 della Costituzione, nonche' del principio di lealecollaborazione di cui all'art. 120 Cost.

Il medesimo art. 9-ter, comma 1, alla lett. b), anche nel suoraccordo attuativo con i commi 8 e 9, obbliga in termini analoghi,ovvero senza la preventiva definizione di standard di efficienza chepossano fornire un adeguato parametro, in via generale eindiscriminata gli enti del Servizio sanitario nazionale a proporreai fornitori di dispositivi medici una rinegoziazione dei contrattiin essere che abbia l'effetto di ridurre i prezzi unitari difornitura e/o i volumi di acquisto, rispetto a quelli contenuti neicontratti in essere, senza che cio' comporti modifica della duratadel contratto stesso.

L'art. 9-ter, comma 2, dispone inoltre che le disposizioni di cuialla lettera a) del comma 1 si applicano anche ai contratti peracquisti dei beni e servizi previsti dalle concessioni di lavoripubblici, dalla finanza di progetto, dalla locazione finanziaria diopere pubbliche e dal contratto di disponibilita', di cui,rispettivamente, agli articoli 142 e seguenti, 153, 160-bis e 160-terdel codice di cui al decreto legislativo 12 aprile 2006, n. 163.

Il comma 3 dell'art. 9-ter, nel declinare l'applicazione delledisposizioni di cui alla lettera b) del comma 1, confermal'irragionevolezza delle disposizioni impugnate e si dimostra essostesso irragionevole dal momento che prevedendo che il Ministerodella salute metta a disposizione delle regioni i prezzi unitari deidispositivi medici presenti nel sistema informativo sanitario non netrae poi alcuna conseguenza, poiche' non fa discendere da questaindicazione alcuna deroga all'obbligo comunque generalizzato dirinegoziazione, che non rimane minimamente scalfito.

Riguardo ai suddetti commi dell'art. 9-ter valgono quindi glistessi motivi di incostituzionalita' sopra indicati nel punto 3 delpresente ricorso in relazione al comma 1, lettera a), dello stessoarticolo, ivi compresa l'identica ripercussione sulle competenzeregionali dei primi quattro parametri, in merito alla violazionedegli artt. 3, 5, 32, 97, 117, II, III e IV comma, 118, 119 e 120Cost., dal momento che tali disposizioni stabiliscono, con una normanon certo definibile di principio, un obbligo del tutto analogo dipraticare un taglio meramente percentuale della spesa nei rispettivisettori senza alcuna indicazione di adeguati parametri di riferimentoidonei a distinguere all'interno della stessa, quella efficiente daquella inefficiente.

5) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-quater, commi 1, 2, 4,5, 6 e 7, del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, per violazionedegli articoli 3, 5, 32, 97, 117, II, III e IV comma, 118 e 119 dellaCostituzione, nonche' del principio di leale collaborazione di cuiall'art. 120 Cost.

L'art. 9-quater, al comma 1, prevede che con decreto del Ministrodella salute, previa intesa in sede di Conferenza permanente per irapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento edi Bolzano, siano individuate le condizioni di erogabilita' e leindicazioni di appropriatezza prescrittiva delle prestazioni diassistenza specialistica ambulatoriale. Al comma 2 dispone poi che leprestazioni erogate al di fuori delle condizioni di erogabilita'previste dal decreto ministeriale di cui al comma 1 sono a totalecarico dell'assistito; al comma 4 stabilisce che gli enti delServizio sanitario nazionale effettuano i controlli necessari adassicurare che la prescrizione delle prestazioni sia conforme allecondizioni e alle indicazioni del suddetto decreto ministeriale. Alcomma 5 stabilisce poi che in caso di comportamento prescrittivo nonconforme alle condizioni e alle indicazioni di cui al decretoministeriale, l'ente adotti nei confronti del medico prescrittore unariduzione del trattamento economico accessorio e nei confronti delmedico convenzionato con il Servizio sanitario nazionale, unariduzione delle quote variabili dell'accordo collettivo nazionale dilavoro e dell'accordo integrativo regionale. Il comma 6, infine,dispone che la mancata adozione da parte dell'ente del Serviziosanitario nazionale dei provvedimenti di competenza nei confronti delmedico prescrittore comporta la responsabilita' del direttoregenerale ed e' valutata ai fini della verifica del rispetto degliobiettivi assegnati al medesimo dalla regione.

Tali disposizioni sono gravemente lesive della corretta garanziadel diritto costituzionale alla salute e invasive delle competenzeregionali, dal momento che, da un lato stabiliscono un regimegravemente sanzionatorio per i medici del servizio sanitarioregionale, ma dall'altro non compensano questa previsione con unaadeguata revisione del regime di responsabilita' civile e penaledegli stessi. In questo modo ogni medico del servizio sanitarioregionale viene a trovarsi, usando una metafora, tra l'incudine e ilmartello. E' noto, infatti, che la giurisprudenza ha esteso «amacchia d'olio» principi favorevoli al paziente attore in tema dinesso casuale, onere della prova, termini di prescrizione, che sierano inizialmente profilati in relazione a particolarissimefattispecie, come quelle inerenti il danno da contagio pertrasfusioni o per assunzione di emoderivati infetti. In questo modoprincipi del tutto peculiari e giustificati nei casi in cui eranostati stabiliti (quello delle emotrasfusioni, ossia un settore adalto rischio e dominato da forte incertezza scientifica) hanno invecegenerato «effetti domino» al di fuori del proprio specifico campo diapplicazione. La cd. riforma Balduzzi (decreto-legge n. 158/2012),che si era occupata del problema, non e' riuscita in alcun modo aporvi argine, sollevando anzi ulteriori critiche e dubbiinterpretativi (ad oggi irrisolti) sia nella giurisprudenza che nelladottrina, ed anche da parte degli operatori sanitari, che si trovanoa dover affrontare una nuova situazione di grande incertezza, che«rischia di non risolvere, anzi di aggravare il problema economico,incrementando le richieste di risarcimento con l'aggancio in viasolidale del medico alla struttura responsabile di inadempimento»(17) .

In questo contesto, la modalita' adottata dalla norma impugnataper risolvere il problema dei costi generati dalla cd. «medicinadifensiva» appare gravemente lesiva dei principi di proporzionalita'e ragionevolezza: rimettendo ad un decreto ministeriale ladefinizione di cio' che risulta appropriato o meno - con laconseguente grave incertezza che non puo' che nascere dal sostituirela valutazione del medico del caso concreto con la complicatainterpretazione di un sistema burocratico generalizzato -, lascia deltutto esposti i medici del servizio sanitario regionale o allesanzioni dell'amministrazione regionale o a quelle dei giudici.Risulta quindi evidente che tale disposizione produce una gravealterazione del rapporto tra medico e paziente ed espone il sistemaal probabilissimo rischio di generare un pesante vulnus al dirittocostituzionale alla salute, sia in termini di efficacia nei percorsidi' cura, sia per il fatto che le prestazioni della cd. black listdiventeranno accessibili solo a pagamento, cioe' solo per chi potra'permettersele.

Da questo punto di vista, la norma impugnata appare in contrastocon il principio di proporzionalita', sia sotto il profilo della«connessione razionale» tra i mezzi predisposti e i fini che siintendono perseguire, con addirittura il rischio di aggravamento delproblema economico complessivo, sia sotto il profilo della verificadella «necessita'», perche' non si tratta certo della soluzione menoinvasiva che permette di ottenere l'obiettivo prefissato con il minorsacrificio possibile di altri diritti costituzionalmente protetti (inregioni come il Veneto il rischio degli eccessivi costi dellamedicina difensiva e' stato, infatti, limitato attraverso forme diintervento diverse e non destabilizzanti come quella in oggetto).

Le disposizioni dei commi 1, 2, 4, 5 e 6 dell'art. 9-quater sipongono pertanto in contrasto con il principi di proporzionalita',ragionevolezza e buon andamento di cui agli artt. 3, 32 e 97 dellaCostituzione la cui violazione ridonda in una lesione dellecompetenze costituzionalmente assegnate alla regione in tema ditutela della salute e organizzazione del sistema sanitario ai sensidegli artt. 117, III e IV comma, e 118 Cost., anche autonomamenteconsiderati.

Inoltre, dal momento che si stabilisce, nel comma 1, che lecondizioni di erogabilita' sono definite con un mero decretoministeriale che, sebbene adottato previa intesa in sede diConferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e leprovince autonome di Trento e di Bolzano, non trova a monte alcunadefinizione di effettivi principi fondamentali all'interno dellanorma primaria impugnata riguardo alle condizioni di erogabilita' ele indicazioni di appropriatezza (si ricorda al riguardo la recentesentenza n. 125 del 2015, citata in relazione all'impugnativa di cuial p.to 3 del presente ricorso), risulta altresi' violato, anche daquesto punto di vista, l'art. 117, III comma, della Costituzione.

L'art. 9-quater, al comma 7, secondo la stessa modalita' ditaglio lineare delle precedenti disposizioni del comma 9-ter, imponeche le regioni o gli enti del Servizio sanitario nazionaleridefiniscano i tetti di spesa annui degli erogatori privatiaccreditati delle prestazioni di specialistica ambulatoriale, e perl'anno 2015 obbliga a rideterminare il valore dei relativi contrattiin modo da ridurre la spesa per l'assistenza specialisticaambulatoriale complessiva annua da privato accreditato, di almeno l'1per cento del valore complessivo della relativa spesa consuntivataper l'anno 2014. La norma, anche in questo caso stabilendo un obbligodi riduzione della spesa in modo generale e indiscriminato, senzaalcuna istruttoria e senza il riferimento di alcuno standard diefficienza che possa costituire un adeguato parametro, si pone incontrasto con i principi di ragionevolezza e proporzionalita' ex art.3 Cost., con gli artt. 5, 117, II, III comma, riguardo al correttoesercizio della funzione statale di coordinamento della finanzapubblica e alla garanzia del Lea, nonche' del rispetto allacompetenza regionale in materia di tutela della salute, nonche' congli artt. 118 e 119 Cost., e con il principio di buon andamento dellaPubblica Amministrazione di cui agli artt. 32 e 97 Cost., la cuilesione ridonda sulle competenze costituzionali garantite allaregione in materia di organizzazione sanitaria indebitamentecompromesse. Viene inoltre violato il principio di lealecollaborazione di cui all'art. 120 Cost., dal momento che nessunaforma di intesa viene prevista al riguardo.

6) Illegittimita' costituzionale dell'art. 9-septies, commi 1 e 2,del decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78, per violazione degli articoli3, 5, 32, 97, 117, II, III e IV comma, 118 e 119 della Costituzione,del principio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.,nonche' dell'art. 5, lett. g), della legge cost. n. 1 del 2012 edell'art. 11 della legge n. 243 del 2013.

L'art. 9-septies (Rideterminazione del livello di finanziamentodel Servizio sanitario nazionale) al comma 1 stabilisce che:   «1. Ai fini del conseguimento degli obiettivi di finanzapubblica di cui all'art. 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno2014, n. 89, e successive modificazioni, e in attuazione di quantostabilito dalla lettera E dell'intesa sancita dalla Conferenzapermanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le provinceautonome di Trento e di Bolzano in data 26 febbraio 2015 edall'intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra loStato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano indata 2 luglio 2015, nonche' dagli articoli da 9-bis a 9-sexies delpresente decreto, il livello del finanziamento del Servizio sanitarionazionale a cui concorre lo Stato, come stabilito dall'art. 1, comma556, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, e' ridotto dell'importo di2.352 milioni di euro a decorrere dal 2015.»   In questi termini la suddetta disposizione riduce in viapermanente e senza quindi alcuna limitazione temporale, il livellodel finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre loStato (il cui importo e' definito dall'art. 1, comma 556, della legge23 dicembre 2014, n. 190 (18) ), di 2.352 milioni di euro a decorreredal 2015. Tale disposizione, come ricordato, costituisce l'esitofinale delle disposizioni e del procedimento introdotto, modificandoil comma 6 dell'art. 46 del decreto-legge n. 66 del 2014, dall'art.1, comma 398, lett. c) della legge 23 dicembre 2014, n. 190.

Il taglio si realizza, dal punto di vista operativo,principalmente attraverso l'applicazione delle misure di riduzionedella spesa imposte dagli articoli da 9-ter a 9-quinquies dellostesso decreto-legge n. 78 del 2015 che, come si e' visto, sicaratterizzano in termini di taglio meramente lineare (addirittura inpercentuale rispetto alla spesa storica), generalizzato eindiscriminato.

Non viene quindi previsto nessun adeguato criterio dirazionalizzazione della distribuzione del taglio, che pertanto sipresta a incidere in modo indiscriminato tanto sulle realta'efficienti, dove minimo e' il livello di spreco e quindi lapossibilita' di razionalizzazione della spesa, tanto su quelleinefficienti, dove invece elevato e' il livello di spreco e alta lapossibilita' di razionalizzazione.

Si tratta, infatti, di una misura che prescinde completamentedalla applicazione del criterio dei costi standard che gli artt. da25 a 32 del decreto legislativo n. 68 del 2011 impongono diconsiderare per la determinazione e il riparto del fondo sanitarionazionale.

In questi termini, la misura si pone in evidente contrasto conquanto, con cristallina lungimiranza, questa ecc.ma Corte haaffermato nella sentenza n. 193 del 2012 (e nella successiva sentenzan. 79 del 2014), dichiarando l'incostituzionalita', per violazionedell'art. 119 Cost., di «misure restrittive in riferimento alleRegioni ordinarie, alle Province ed ai Comuni senza indicare untermine finale di operativita' delle misure stesse», in quantopossono essere ritenute principi fondamentali in materia dicoordinamento della finanza pubblica, ai sensi del terzo commadell'art. 117 Cost., le norme che «si limitino a porre obiettivi diriequilibrio della finanza pubblica, intesi nel senso di untransitorio contenimento complessivo, anche se non generale, dellaspesa corrente e non prevedano in modo esaustivo strumenti omodalita' per il perseguimento dei suddetti obiettivi (sentenza n.148 del 2012; conformi, ex plurimis, sentenze n. 232 del 2011 e n.326 del 2010)».

Da questo punto di vista la sentenza ha implicitamente affermatoche il legislatore puo' ristrutturare in termini definitivi la spesasolo con vere e proprie riforme e non con tagli estemporanei (comeinvece si dispone nel complesso normativo qui impugnato), che alcontrario possono essere solo a tempo determinato. La sentenza avevaquindi fissato in un triennio il limite temporale massimo dellemanovre di contenimento della spesa pubblica a carico delle regionied era stata effettivamente seguita dal legislatore che nelle prime,successive manovre aveva condizionato in termini triennali la duratadelle misure di contenimento della spesa.

Nel caso di specie, invece, le norme impugnate, come detto, siconcretizzano: i) in un catalogo di tagli meramente lineari allaspesa sanitaria senza che sia definito alcun criterio effettivo disostanziale riforma del comparto (come invece sarebbe stato se sifosse utilizzato il criterio dei costi standard (19) ; ii) in misureche assumono un carattere permanente.

Di qui l'evidente contrasto con gli articoli 3, 5, 32, 97 Cost.che ridonda in una violazione delle competenze regionaliindebitamente compresse di cui agli articoli 117, II, III e IV comma,118 e 119 della Costituzione, anche autonomamente considerati, e delprincipio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.

E' opportuno ricordare, peraltro, che tra gli emendamentitrasmessi al Parlamento con nota del 6 novembre 2014, le regioniavevano chiesto di sostituire le disposizioni della legge 23 dicembre2014, n. 190, che configuravano il taglio che poi si e' concretizzatonella norma impugnata, con la seguente che appunto implicaval'applicazione dei costi standard: «In assenza di tale Intesa entroil predetto termine del 31 gennaio 2015, con decreto del Presidentedel Consiglio dei ministri, da adottarsi, previa deliberazione delConsiglio dei ministri, entro 20 giorni dalla scadenza dei predettitermini, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa edattribuiti alle singole Regioni e Province autonome di Trento eBolzano, tenendo conto dei costi standard.» (all. 10 Nota Cinsedo del6 novembre 2014).

Infine, dal momento che, come ricordato nella «premessa comune»alle presenti impugnative, i Lea non sono stati ridefiniti, sidetermina uno scollamento tra un livello di finanziamento che vienepesantemente ridotto e una determinazione dei livelli essenziali chenon e' stata rivista da parte dello Stato e quindi si espone ilsistema alla loro compromissione, come gia' evidenziato nelleimpugnative relative ai precedenti articoli del decreto-legge n.78/2015, con una ricaduta anche sulla autonomia costituzionalmentegarantita alle regioni.

Questo nonostante questa ecc.ma Corte abbia in piu' occasioniribadito, e anche di recente richiamato, che la determinazione deiLea costituisce «un fondamentale strumento per garantire ilmantenimento di una adeguata uniformita' di trattamento sul piano deidiritti di tutti i soggetti, pur in un sistema caratterizzato da unlivello di autonomia regionale e locale decisamente accresciuto»(sentenza n. 111 del 2014), per cui il legislatore statale deve«porre le norme necessarie per assicurare a tutti, sull'interoterritorio nazionale, il godimento di prestazioni garantite, comecontenuto essenziale di tali diritti» (sentenza n. 207 del 2012).

In questi termini, oltre che con i parametri gia' invocati, lanorma impugnata si pone in contrasto con quanto dispongono l'art. 5,lett. g), della legge cost. n. 1 del 2012 (Introduzione del principiodel pareggio di bilancio nella Carta costituzionale) e dell'art. 11(Concorso dello Stato al finanziamento dei livelli essenziali e dellefunzioni fondamentali nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsidi eventi eccezionali) della legge n. 243 del 2013. La primadisposizione citata, infatti, prevede che la legge di cui all'art.81, sesto comma, della Costituzione disciplini: «g) le modalita'attraverso le quali lo Stato, nelle fasi avverse del ciclo economicoo al verificarsi degli eventi eccezionali di cui alla lettera d) delpresente comma, anche in deroga all'art. 119 della Costituzione,concorre ad assicurare il finanziamento, da parte degli altri livellidi governo, dei livelli essenziali delle prestazioni e delle funzionifondamentali inerenti ai diritti civili e sociali».

La seconda, in vigore dal 30 gennaio 2013, specifica che:   «1. E' istituito nello stato di previsione del Ministerodell'economia e delle finanze il Fondo straordinario per il concorsodello Stato, nelle fasi avverse del ciclo o al verificarsi di eventieccezionali, al finanziamento dei livelli essenziali delleprestazioni e delle funzioni fondamentali inerenti ai diritti civilie sociali, alimentato da quota parte delle risorse derivanti dalricorso all'indebitamento consentito dalla correzione per gli effettidel ciclo economico del saldo del conto consolidato. L'ammontaredella dotazione del Fondo di cui al presente comma e' determinato neidocumenti di programmazione finanziaria e di bilancio, sulla basedella stima degli effetti dell'andamento del ciclo economico, tenendoconto della quota di entrate proprie degli enti di cui all'art. 10,comma 1, influenzata dall'andamento del ciclo economico».

E' evidente che tale disposizioni rafforzano perlomeno in via diprincipio e pur nella dinamica dell'equilibrio di bilancio, l'impegnodella Repubblica nella garanzia dei livelli essenziali, riconosciuticome imprescindibile livello di garanzia dei principi fondamentali dieguaglianza e solidarieta'. Tuttavia, nella disposizione impugnatanon traspare alcuna verifica al riguardo e nemmeno si riflette laconsiderazione di quanto, come ricordato nella «premessa comune», e'stato espresso in sede parlamentare e in piu' occasioni dalla Cortedei Conti.

Di qui il contrasto, anche a prescindere dalle procedureapplicative dell'art. 11 citato, della disposizione impugnata con ipresupposti minimi che la dinamica dell'equilibrio di bilancio devein ogni caso considerare: una disposizione dove nemmeno allaconsiderazione stessa del problema della adeguata garanzia dei Lea e'stata data alcuna voce. Anche in questo caso e' evidente la ricadutadella violazione sull'autonomia costituzionalmente riconosciuta alleregioni, che subisce un definanziamento senza che, in nessuna sede,siano state nemmeno minimamente prese in considerazione le ipotesispecificate negli articoli di cui si denuncia la violazione.

(1) Art. 5 (Poteri sostitutivi), del d.lgs. n. 112/98: «1. Con riferimento alle funzioni e ai compiti spettanti alle regioni e agli enti locali, in caso di accertata inattivita' che comporti inadempimento agli obblighi derivanti dall'appartenenza alla Unione europea o pericolo di grave pregiudizio agli interessi nazionali, il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro competente per materia, assegna all'ente inadempiente un congruo termine per provvedere. 2. Decorso inutilmente tale termine, il Consiglio dei ministri, sentito il soggetto inadempiente, nomina un commissario che provvede in via sostitutiva. 3. In casi di assoluta urgenza, non si applica la procedura di cui al comma 1 e il Consiglio dei ministri puo' adottare il provvedimento di cui al comma 2, su proposta del Presidente del Consiglio dei ministri, di concerto con il Ministro competente. Il provvedimento in tal modo adottato ha immediata esecuzione ed e' immediatamente comunicato rispettivamente alla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, di seguito denominata «Conferenza Stato-regioni» e alla Conferenza Stato-Citta' e autonomie locali allargata ai rappresentanti delle comunita' montane, che ne possono chiedere il riesame, nei termini e con gli effetti previsti dall'art. 8, comma 3, della legge 15 marzo 1997, n. 59. 4. Restano ferme le disposizioni in materia di poteri sostitutivi previste dalla legislazione vigente.»

(2) L'art. 23, comma 18, del decreto-legge 6 dicembre 2011 n. 201, convertito in legge 214/2011, prevede che: «lo Stato e le Regioni, con propria legge, secondo le rispettive competenze, provvedono a trasferire ai Comuni, entro il 31 dicembre 2012, le funzioni conferite dalla normativa vigente alle Province, salvo che, per assicurarne l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza. In caso di mancato trasferimento delle funzioni da parte delle Regioni entro il 31 dicembre 2012, si provvede in via sostitutiva, ai sensi dell'art. 8 della legge 5 giugno 2003, n. 131, con legge dello Stato».

(3) Corte dei Conti, Il riordino delle Province. Aspetti ordinamentali e riflessi finanziari. Deliberazione n. 17/SEZAUT/2015/FRG, pag. 40.

(4) Ivi, pp. 40 e 41.

(5) Ivi, pag. 58.

(6) Ivi, pag. 59. Si precisa, inoltre, a pag. 70: «Intanto il quadro finanziario di riferimento per la predisposizione dei bilanci 2015 sconta la riduzione di spesa corrente di 1 miliardo di euro, stabilito dall'art. 1, comma 418, della legge di stabilita' 2015, modificato dall'art. 4, comma 5-ter del decreto-legge «mille proroghe», convertito con legge 27 febbraio 2015, n. 11, che va a sommarsi alla riduzione di risorse ex art. 16, comma 7, del decreto-legge n. 95/2012 - incrementate di ulteriori 50 milioni (da 1.200 a 1.250), al contributo alla finanza pubblica stabilito dall'art. 47, comma 1 del decreto-legge n. 66/2014 complessivi 576,7 (di cui 510 per spese correnti) e all'ulteriore contributo alla finanza pubblica di 60 milioni di cui all'art. 19 del decreto-legge n. 66/2014. L'attuazione di questa nuova impegnativa misura di concorso agli obiettivi di finanza pubblica, per le Province e le Citta' metropolitane, va considerata sotto il profilo della sostenibilita' della stessa a partire dalla gestione 2015 e, di conseguenza, nella proiezione per l'arco triennale di previsione dei bilanci, soprattutto in considerazione dei ridotti spazi di spesa corrente ancora aggredibile all'esito delle precedenti riduzioni di risorse poc'anzi richiamate».

(7) Ivi, p. 97.

(8) Cosi', con molta chiarezza, G. Trovati, Una riforma schiacciata dal «tutti contro tutti», in IlSole24Ore, 5 ottobre 2015, pag. 5.

(9) Cfr. per tutti, F. Pammolli, G. Papa, N. C. Salerno, La spesa sanitaria pubblica in Italia: dentro la «scatola nera» delle differenze regionali. Il modello SaniRegio, in http://www.astrid-online.it/Politiche-/Documenti/CERM_Sanit-_26_1 0_09.pdf.

(10) Camera dei Deputati, Commissioni riunite V (Bilancio) e XII (Affari Sociali), Indagine conoscitiva sulla sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistema sanitario e obiettivi di finanza pubblica, 4 giugno 2014.

(11) Ivi, p. 108.

(12) Senato della Repubblica, Relazione della 12° Commissione permanente (igiene e sanita') sullo Stato e sulle prospettive del servizio sanitario nazionale e sulle prospettive del servizio sanitario nazionale, nell'ottica della sostenibilita' del sistema e della garanzia dei principi di universalita', solidarieta' ed equita', 23 giugno 2015, pag. 49.

(13) Corte dei Conti, Relazione sulla gestione finanziaria degli enti territoriali, Deliberazione n. 29 del 29 dicembre 2014, p. VII.

(14) Art. 46, comma 6, del decreto-legge n. 66 del 2014, cosi' come modificato dalla lettera c) del comma 398 dell'art. 1 della legge 23 dicembre 2014, a 190: «6. Le regioni a statuto ordinario, in conseguenza dell'adeguamento dei propri ordinamenti ai principi di coordinamento della finanza pubblica introdotti dal presente decreto e a valere sui risparmi derivanti dalle disposizioni ad esse direttamente applicabili ai sensi dell'art. 117, comma secondo, della Costituzione, assicurano un contributo alla finanza pubblica pari a 500 milioni di euro per l'anno 2014 e di 750 milioni di euro per ciascuno degli anni dal 2015 al 2018, in ambiti di spesa e per importi proposti in sede di autocoordinamento dalle regioni medesime, da recepire con Intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 maggio 2014, con riferimento all'anno 2014 ed entro il 30 settembre 2014, con riferimento agli anni 2015 e seguenti. In assenza di tale Intesa entro i predetti termini, con decreto del Presidente del Consiglio dei ministri, da adottarsi, previa deliberazione del Consiglio dei ministri, entro 20 giorni dalla scadenza dei predetti termini, i richiamati importi sono assegnati ad ambiti di spesa ed attribuiti alle singoli regioni e Province autonome di Trento e Bolzano, tenendo anche conto del Pil e della popolazione residente, e sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. Per gli anni 2015-2018 il contributo delle regioni a statuto ordinario, di cui al primo periodo, e' incrementato di 3.452 milioni di euro annui in ambiti di spesa e per importi complessivamente proposti, nel rispetto dei livelli essenziali di assistenza, in sede di autocoordinamento dalle regioni da recepire con intesa sancita dalla Conferenza permanente per i rapporti tra lo Stato, le regioni e le province autonome di Trento e di Bolzano, entro il 31 gennaio 2015. A seguito della predetta intesa sono rideterminati i livelli di finanziamento degli ambiti individuati e le modalita' di acquisizione delle risorse da parte dello Stato. In assenza di tale intesa entro il predetto termine del 31 gennaio 2015, si applica quanto previsto al secondo periodo, considerando anche le risorse destinate al finanziamento corrente del Servizio sanitario nazionale.»

(15) E cio', peraltro, in evidente contrasto con il criterio stabilito da questa ecc.ma Corte nella sentenza n. 79 del 2014, dove, in relazione all'art. 16 del decreto-legge n. 95 del 2012, ha precisato che un taglio alle risorse regionali applicato in misura proporzionale anche alle spese sostenute per i consumi intermedi, nel senso di imporre maggiori riduzioni a quelle Regioni che abbiano effettuato maggiori spese per i suddetti consumi intermedi, realizza «un effetto perequativo implicito, ma evidente, che discende dal collegare la riduzione dei trasferimenti statali all'ammontare delle spese per i consumi intermedi, intese quali manifestazioni, pur indirette, di ricchezza delle Regioni». In questi termini la sentenza n. 79 del 2014 ha ritenuto che «una simile misura perequativa. tuttavia, contrasta con l'art. 119 Cost. in quanto non soddisfa i requisiti ivi prescritti, in particolare al terzo ed al quinto comma». E' indubitabile che il criterio del PII regionale assume la stessa valenza perequativa vietata del tutto analoga a quella della spesa per consumi intermedi.

(16) La sentenza, infatti, solo dopo aver esplicitato le affermazioni piu' generali riportate di seguito nel testo del ricorso, precisa che l'ulteriore argomentazione, che e' relativa solo alle autonomie speciali che auto finanziano il sistema sanitario, e' solo aggiuntiva a quanto in precedenza afferma. Precisa, infatti: «A tale argomento si aggiunge il rilevo che, ai sensi dell'art. 34, comma 3, della legge 23 dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica), «La regione Valle d'Aosta e le province autonome di Trento e Bolzano provvedono al finanziamento del Servizio sanitario nazionale nei rispettivi territori, senza alcun apporto a carico del bilancio dello Stato [...]». Dunque, come meglio chiarito in prosieguo, lo Stato non ha comunque titolo per dettare norme di coordinamento finanziario che definiscano le modalita' di contenimento di una spesa sanitaria interamente sostenuta da tali enti».

(17) V. Carbone, La responsabilita' del medico pubblico dopo la legge Balduzzi, in Danno e resp., 2013, IV, p. 392.

(18) Art. 1, comma 556, della legge n. 190 del 2014: «556. Il livello del finanziamento del Servizio sanitario nazionale a cui concorre lo Stato e' stabilito in 112.062.000.000 euro per l'anno 2015 e in 115.444.000.000 euro per l'anno 2016, salve eventuali rideterminazioni in attuazione dell'art. 46, comma 6, del decreto-legge 24 aprile 2014, n. 66, convertito, con modificazioni, dalla legge 23 giugno 2014, n. 89, come modificato dal comma 398 del presente articolo, in attuazione di quanto previsto dall'art. 1, comma 1, del Patto per la salute.»

(19) Peraltro il criterio dei costi standard e' stato ora inserito anche nella riforma costituzionale in discussione in Parlamento, nell'art. 119 Cost., dove, per evitare inglesismi nella Costituzione, si e' fatto riferimento a «indicatori di riferimento di costo e di fabbisogno che promuovono condizioni di efficienza».

 

P. Q. M.

 

La Regione del Veneto chiede che l'Ecc.ma Corte costituzionaledichiari l'illegittimita' costituzionale delle seguenti disposizionidel decreto-legge 19 giugno 2015 n. 78 recante «Disposizioni urgentiin materia di enti territoriali», pubblicato nella Gazzetta Ufficialen. 188 del 14 agosto 2015, come convertito con modificazioni dallalegge 6 agosto 2015, n. 125 (in S.O. n. 49, relativo alla GazzettaUfficiale 14 agosto 2015, n. 188):   art. 5, commi da 1 a 6, per violazione degli articoli 117,III e IV comma, 118 della Costituzione, nonche' del principio dileale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.;   art. 7, comma 9-quinquies, per violazione degli articoli 3,5, 97, 117, III e IV comma, 118 e 119 della Costituzione e delprincipio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.;   art. 9-bis, per violazione degli articoli 3, 5, 32, 97, 117,II, III e IV comma, 118 e 119 della Costituzione e del principio dileale collaborazione di cui all'art. 120 Cost.;   art. 9-ter, commi 1, 2, 3, 4, 5, 8 e 9, per violazione degliarticoli 3, 5, 32, 97, 117, II, III e IV comma, 118 e 119 dellaCostituzione, nonche' del principio di leale collaborazione di cuiall'art. 120 Cost.;   art. 9-quater, commi 1, 2, 4, 5, 6 e 7, per violazione degliarticoli 3, 5, 32, 97, 117, II, III e IV comma, 118 e 119 dellaCostituzione, nonche' del principio di leale collaborazione di cuiall'art. 120 Cost.;   art. 9-septies, commi 1 e 2, per violazione degli articoli 3,5, 32, 97, 117, II, III e IV comma, 118 e 119 della Costituzione, delprincipio di leale collaborazione di cui all'art. 120 Cost., nonche'dell'art. 5, lett. g), della legge cost. n. 1 del 2012 e dell'art. 11della legge n. 243 del 2013.

Si depositano:   1) delibera della Giunta Regionale n. 1220 del 28 settembre2015, di autorizzazione a proporre ricorso e affidamentodell'incarico di patrocinio per la difesa regionale;   2) accordo tra il Governo e le Regioni sentite leorganizzazioni sindacali maggiormente rappresentative, ai sensidell'art. 1, comma 91, della legge 7 aprile 2014 n. 56 concernentel'individuazione delle funzioni di cui al comma 89 (dello stessoarticolo) oggetto del riordino e delle relative competenze,Repertorio atti n. 106/CU dell'11 settembre 2014;   3) intesa sullo schema di decreto del Ministro per lasemplificazione e la pubblica amministrazione contenente i criteriper l'attuazione delle procedure di mobilita' riservate al personalea tempo indeterminato degli enti di area vasta ai sensi dell'art. 30,comma 2, del decreto legislativo 30 marzo 2001, n. 165. Repertorioatti 89/CU del 30 luglio 2015.

4) deliberazione n. 17/2015 della Sezione autonomie dellaCorte dei Conti «Il riordino delle Province. Aspetti ordinamentali eriflessi finanziari»;   5) World Health Report 2000 a cura della World HealthOrganization;   5-bis) rapporto OECD Health Statistics 2014;   6) documento finale delle Commissioni riunite V e XII dellaCamera dei Deputati, approvato nell'ambito dell'Indagine conoscitivasulla sfida della tutela della salute tra nuove esigenze del sistemasanitario e obiettivi di finanza pubblica, del 4 giugno 2014;   6-bis) relazione della 12° Commissione permanente (igiene esanita') del Senato della Repubblica sullo Stato e sulle prospettivedel servizio sanitario nazionale e sulle prospettive del serviziosanitario nazionale, nell'ottica della sostenibilita' del sistema edella garanzia dei principi di universalita', solidarieta' edequita', 23 giugno 2015;   7) relazione della Corte dei Conti sulla gestione finanziariadegli enti territoriali, Deliberazione n. 29 del 29 dicembre 2014;   8) primo rapporto Copaff, Condivisione tra i livelli digoverno dei dati sull'entita' e la ripartizione delle misure diconsolidamento della finanza pubblica, del 16 gennaio 2014, approvatodalla Conferenza permanente per il coordinamento della finanzapubblica in data 14 febbraio 2014;   9) Cinsedo, Tabella sulla spesa complessiva per beni eservizi delle Regioni, 2013;   10) nota Cinsedo del 6 novembre 2014.

Venezia-Roma, 8 ottobre 2015

Avv. Ezio Zanon

Avv. prof. Luca Antonini

Avv. Luigi Manzi