RICORSO N. 53 DEL 15 MAGGIO 2015 (DEL PRESIDENTE DEL CONSIGLIO DEI MINISTRI)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 maggio 2015.

(GU n. 23 del 10.6.2015)

 

Ricorso del Presidente del Consiglio dei ministri, rappresentato e difeso dall'Avvocatura Generale dello Stato (C.F. 80224030587), presso i cui uffici domicilia in Roma, alla via dei Portoghesi, 12 per il ricevimento degli atti, fax 06.96514000 e PEC ags_rm@mailcert.avvocaturastato.it;   Nei confronti della Regione Marche, in persona del Presidente della Giunta Regionale pro tempore, con sede in Ancona via Gentile da Fabriano n. 9, per la dichiarazione della illegittimita' costituzionale della legge della Regione Marche del 9 marzo 2015 n. 7, pubblicata nel B.U.R. Marche n. 24 del 19 marzo 2015, recante: «Modifiche alla legge regionale 16 luglio 2007, n. 8 Disciplina delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e dell'articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio" e modifica alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria"», limitatamente all'articolo 1.

La legge della Regione Marche n. 7/2015, con riferimento alle disposizioni di cui all'articolo 1, presenta profili di illegittimita' costituzionale e viene quindi impugnata per i seguenti

 

Motivi

 

1) Articolo 1 della legge della Regione Marche n. 7/2015, per violazione dell'art. 117, comma 1, e dell'art. 117, comma 2, lettera s) della Costituzione.

La legge regionale n. 7 del 2015 e' censurabile relativamente alla norma contenuta nell'articolo 1 che cosi' dispone: «(Modifica dell'articolo 2 della L.R. 8/2007). 1. Dopo il comma 2 dell'articolo 2 della legge regionale 16 luglio 2007, n. 8 (Disciplina delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 e dell' articolo 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 "Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio" e modifica alla legge regionale 5 gennaio 1995, n. 7 "Norme per la protezione della fauna selvatica e per la tutela dell'equilibrio ambientale e disciplina dell'attivita' venatoria') e' inserito il seguente: "2-bis. Al fine dell'applicazione della lettera c) del comma 2 e' comunque consentito il prelievo in deroga allo storno (Sturnus vulgaris) praticato in prossimita' di nuclei vegetazionali produttivi sparsi, a tutela della specificita' delle coltivazioni regionali."».

La norma regionale, dunque, aggiunge all'articolo 2 della legge regionale 16 luglio 2007, n. 8 il comma 2-bis, innovando il regime giuridico del prelievo venatorio in deroga, disciplinato dall'articolo 9 della direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009 (che ha sostituito la direttiva 79/409/CEE del 2 aprile 1979 - Direttiva del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici) e dall'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992. Il comma 2-bis stabilisce che, al fine dell'applicazione della lettera c) del comma 2 del citato art. 2 della legge regionale n. 8/2007 (concernente l'obbligo di indicare le circostanze di tempo e di luogo della deroga), sia comunque consentito il prelievo in deroga allo storno (Sturnus vulgaris) praticato in prossimita' di nuclei vegetazionali produttivi sparsi, a tutela della specificita' delle coltivazioni regionali.

La previsione regionale, tuttavia, si pone in contrasto tanto con la normativa statale quanto con quella europea.

In particolare, l'articolo 9, paragrafo 1, della direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009 attribuisce agli Stati membri la possibilita' di derogare al divieto di uccidere o di catturare deliberatamente, con qualsiasi metodo, uccelli selvatici [stabilito dall'articolo 5, comma 1, lettera a) della citata direttiva]. Tale deroga, tuttavia, puo' essere concessa, a condizione che non vi siano altre soluzioni soddisfacenti, per delle ragioni espressamente tipizzate quali sono, in via esemplificativa, la tutela della salute e sicurezza pubblica, la necessita' di prevenire gravi danni alle colture o per consentirne in condizioni rigidamente controllate la cattura. L'atto di concessione della deroga, inoltre, deve specificare: «a) le specie che formano oggetto delle medesime; b) i mezzi, gli impianti o i metodi di cattura o di uccisione autorizzati: c) le condizioni di rischio e le circostanze di tempo e di luogo in cui esse possono essere applicate; d) l'autorita' abilitata a dichiarare che le condizioni stabilite sono soddisfatte e a decidere quali mezzi, impianti o metodi possono essere utilizzati, entro quali limiti e da quali persone; e) i controlli che saranno effettuati» (articolo 9, paragrafo 2, della direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009).

In attuazione del menzionato articolo 9 della direttiva 2009/147/CE, l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992 (inserito dall'art. 1, comma 1, legge 3 ottobre 2002, n. 221 e quindi sostituito dall'art. 26, comma 2, legge 6 agosto 2013, n. 97), dopo aver statuito che «Le regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla direttiva 2009/147/CE del Parlamento europeo e del Consiglio, del 30 novembre 2009, conformandosi alle prescrizioni dell'articolo 9, ai principi e alle finalita' degli articoli 1 e 2 della stessa direttiva ed alle disposizioni della presente legge» (articolo 19 bis, comma 1), dispone che: «Le deroghe possono essere disposte dalle regioni e province autonome, con atto amministrativo, solo in assenza di altre soluzioni soddisfacenti, in via eccezionale e per periodi limitati. Le deroghe devono essere giustificate da un'analisi puntuale dei presupposti e delle condizioni e devono menzionare la valutazione sull'assenza di altre soluzioni soddisfacenti, le specie che ne formano oggetto, i mezzi, gli impianti e metodi di prelievo autorizzati, le condizioni di rischio, le circostanze di tempo e di luogo del prelievo, il numero dei capi giornalmente e complessivamente prelevabili nel periodo, i controlli e le particolari forme di vigilanza cui il prelievo e' soggetto e gli organi incaricati della stessa, fermo restando quanto previsto dall'articolo 27, comma 2» (articolo 19-bis, comma 2).

Il descritto quadro normativo, tanto europeo quanto statale, risulta pertanto violato dalle prescrizioni contenute all'articolo 1 della legge regionale n. 7/2015 che autorizza in maniera generalizzata, senza limiti spaziali e temporali, e senza la necessita' di ricorrere ad alcuna specifica motivazione, il prelievo della specie di uccello selvatico denominata «Storno» (Sturnus vulgaris), a condizione - peraltro generica - che tale prelievo venga «praticato in prossimita' di nuclei vegetazionali sparsi, ed a tutela della specificita' delle coltivazioni regionali».

La norma regionale censurata introduce, esclusivamente per il prelievo della specie «storno», un regime giuridico differenziato, caratterizzato da stabilita' e continuita' nel tempo anziche' dai requisiti di eccezionalita' e temporaneita' imposti dalla normativa interna ed europea.

Il contrasto della norma regionale censurata con la normativa statale ed europea si apprezza, altresi', in relazione allo strumento scelto dalla Regione per introdurre previsioni di deroga a quella normativa, ovvero la legge regionale. Al contrario, l'articolo 19-bis, comma 2, della legge n. 157 del 1992 fa invece riferimento alla necessita' di ricorrere all'adozione di un atto amministrativo. La scelta della norma di legge regionale appare quindi censurabile non soltanto perche' consente di eludere l'obbligo motivazionale imposto per la concessione della deroga dalla normativa interna e da quella europea ma anche perche' elide, di fatto, il potere di annullamento della stessa deroga attribuito al Consiglio dei ministri dall'articolo 19-bis, comma 4, della legge n. 157 del 1992.

Invero, costante e' la giurisprudenza di codesta ecc.ma Corte costituzionale che ha affermato l'illegittimita' di previsioni siffatte.

In altro giudizio, in cui la legge regionale (lombarda) aveva provveduto a dettare norme per la disciplina delle deroghe previste dalla direttiva 79/409/CEE, e' stato affermato che «4. - La giurisprudenza di questa Corte ha gia' chiarito che il potere di deroga di cui all'art. 9 della direttiva 79/409/CEE e' esercitabile dalla Regione in via eccezionale, «per consentire non tanto la caccia, quanto, piuttosto, piu' in generale, l'abbattimento o la cattura di uccelli selvatici appartenenti alle specie protette dalla direttiva medesima» (sentenza n. 168 del 1999).

5. - Il legislatore statale e' intervenuto in materia con l'adozione della legge 3 ottobre 2002, n. 221, recante «Integrazioni alla legge 11 febbraio 1992, n. 157, in materia di protezione della fauna selvatica e di prelievo venatorio, in attuazione della direttiva 79/409/CEE», con la quale e' stato introdotto l'art. 19-bis. Quest'ultima disposizione prevede, al primo comma, che le Regioni disciplinano l'esercizio delle deroghe previste dalla cennata direttiva «conformandosi alle prescrizioni dell'art. 9, ai principi e alle finalita' degli artt. 1 e 2 della stessa direttiva» e alle disposizioni della legge n. 157 del 1992. I commi successivi riprendono le condizioni espressamente individuate dalla direttiva 79/409/CEE, in base alle quali e' consentito il regime delle deroghe. E' previsto, inoltre, che il Presidente del Consiglio dei ministri, su proposta del Ministro per gli affari regionali, di concerto con il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio, possa annullare i provvedimenti di deroga adottati, previa delibera del Consiglio dei ministri e dopo aver diffidato la Regione interessata» (sentenza n. 250 del 2008).

In forza di tali affermazioni codesta ecc.ma Corte ha rilevato il contrasto con la disciplina dettata dal legislatore statale al cennato art. 19-bis della norma regionale che prevede l'esercizio delle deroghe attraverso una legge-provvedimento. E cio' in quanto «l'autorizzazione del prelievo in deroga con legge preclude l'esercizio del potere di annullamento da parte del Presidente del Consiglio dei ministri dei provvedimenti derogatori adottati dalle Regioni che risultino in contrasto con la direttiva comunitaria 79/409/CEE e con la legge n. 157 del 1992; potere di annullamento finalizzato a garantire una uniforme ed adeguata protezione della fauna selvatica su tutto il territorio nazionale» (sentenza n. 250 del 2008).

D'altra parte, va rilevato come codesta ecc.ma Corte «abbia costantemente affermato che, anche a fronte della competenza legislativa primaria delle Regioni a statuto speciale, spetta pur sempre allo Stato la determinazione degli standard minimi ed uniformi di tutela della fauna, nell'esercizio della sua competenza esclusiva in materia di tutela dell'ambiente e dell'ecosistema, secondo quanto prescrive l'art. 117, secondo comma, lettera s), Cost. (ex plurimis, sentenze n. 391 del 2005, n. 311 del 2003, n. 536 del 2002). Il fondamento di tale competenza esclusiva statale si rinviene nell'esigenza insopprimibile di garantire su tutto il territorio nazionale soglie di protezione della fauna che si qualificano come «minime», nel senso che costituiscono un vincolo rigido sia per lo Stato sia per le Regioni - ordinarie e speciali - a non diminuire l'intensita' della tutela. Quest'ultima puo' variare, in considerazione delle specifiche condizioni e necessita' dei singoli territori, solo in direzione di un incremento, mentre resta esclusa ogni attenuazione, comunque motivata» (sentenza n. 387 del 2008).

Ne deriva che «In materia di protezione della fauna, assume particolare rilievo la disciplina rigorosa dei prelievi venatori in deroga, per l'evidente motivo che le eccezioni alle regole generali sulle modalita' e sui limiti dell'esercizio della caccia rischiano di incidere negativamente, se non dettagliatamente circoscritte, sulla conservazione delle diverse specie animali. Le finalita' ed i limiti delle possibili deroghe formano oggetto della direttiva del Consiglio delle Comunita' europee, del 2 aprile 1979, 79/409/CEE (Direttiva del Consiglio concernente la conservazione degli uccelli selvatici)» (sentenza n. 387 del 2008).

In forza di tali premesse e' stata dichiarata costituzionalmente illegittima una norma della Provincia di Bolzano che «si presenta carente sotto il profilo della accurata delimitazione delle deroghe, giacche' non prevede che nel relativo provvedimento siano indicate le finalita' della deroga, elencate invece in modo tassativo dall'art. 9, comma 1, lettere a), b) e c), della direttiva 79/409/CEE ed espressamente richiamate dall'art. 19-bis della legge 11 febbraio 1992, n. 157 (Norme per la protezione della fauna selvatica omeoterma e per il prelievo venatorio). Non e' sufficiente in proposito che la norma censurata stabilisca che l'assessore provinciale alla caccia adotti un "provvedimento motivato", senza prescrivere esplicitamente che la motivazione debba dare conto, oltre che degli elementi menzionati nelle lettere da a) a g), anche delle ragioni della deroga, con specifico riguardo ad una o piu' delle finalita' per le quali la normativa comunitaria e nazionale la consente. Con tale generica previsione, la norma provinciale de qua predispone una tutela della fauna selvatica inferiore a quella prevista in sede europea e nazionale, che si presenta come piu' rigorosa e dettagliata. Quest'ultima, infatti, impone che ciascun provvedimento di deroga contenga la motivazione concreta della connessione della tipologia di deroga concessa con le ragioni della stessa, inquadrabili in una delle finalita' ritenute, dal legislatore comunitario e nazionale, cause di giustificazione di attivita' venatorie eccedenti quelle normalmente esercitabili secondo le leggi vigenti». (sentenza n. 387 del 2008).

Vi e' dunque che, qualora la legge regionale abbia affidato al provvedimento amministrativo la possibilita' di deroga alla citata normativa interna ed europea di tutela faunistica, tale legge, per sottrarsi al sospetto di illegittimita' costituzionale, deve prevedere che il provvedimento illustri specificatamente le concrete ragioni idonee a sorreggere quella deroga; ragioni che devono collimare con le finalita', considerate dalla citata normativa di protezione, come cause di giustificazione di attivita' venatorie eccedenti quelle normalmente esercitabili secondo le leggi vigenti. Tanto piu', allora, e' riscontrabile, nel nostro caso, la violazione delle norme costituzionali in epigrafe. E cio' in quanto la Regione Marche non ha previsto alcun provvedimento di deroga bensi' ha optato, con la norma censurata, per l'introduzione del ridetto comma 2-bis che consente «comunque» il prelievo in deroga allo storno (Sturnus vulgaris) praticato in prossimita' di nuclei vegetazionali produttivi sparsi, a tutela della specificita' delle coltivazioni regionali, senza alcuna specifica e concreta valutazione della compatibilita' di tale deroga con le finalita' protettive perseguite dalla normativa interna ed europea e, per giunta, con la contemporanea sottrazione della scelta regionale al potere di annullamento contemplata dal comma 4 dell'art. 19.

La norma regionale censurata, quindi, ponendosi in contrasto con le disposizioni dettate dalla direttiva 2009/147/CE del 30 novembre 2009, viola di parametro di cui all'articolo 117, primo comma, della Costituzione nella parte in cui impone al legislatore regionale di rispettare i vincoli posti dall'ordinamento comunitario, e, ponendosi altresi' in contrasto con l'articolo 19-bis della legge n. 157 del 1992, comporta la violazione del parametro di cui all'articolo 117, comma 2, lettera s), della Costituzione che attribuisce alla competenza legislativa esclusiva dello Stato la materia «tutela dell'ambiente, dell'ecosistema e dei beni culturali».

Per questi motivi la norma regionale censurata merita di essere dichiarata costituzionalmente illegittima ai sensi dell'art. 127 della Costituzione.

 

P.Q.M.

 

Per le ragioni esposte, il Presidente del Consiglio dei ministri, come sopra rappresentato e difeso, chiede che codesta ecc.ma Corte costituzionale voglia dichiarare costituzionalmente illegittimo l'articolo 1 della legge della Regione Marche del 9 marzo 2015 n. 7, pubblicata nel B.U.R. Marche n. 24 del 19 marzo 2015.

Con l'originale notificato del presente atto si depositano l'estratto della determinazione del Consiglio dei Ministri del 29 aprile 2015 e le motivazioni di sintesi per l'impugnativa.

Roma, 12 maggio 2015

L'Avvocato dello Stato: Pio Giovanni Marrone