RICORSO N. 14 DEL 21 GENNAIO 2015 (DELLA REGIONE CALABRIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 21 gennaio 2015.

(GU n. 9 del 4.3.2015)

 

Ricorso per la Regione Calabria (02205340793), in persona del Presidente della Giunta regionale, legale rappresentante pro tempore, On. Gerardo Mario Oliverio, rappresentata e difesa, come da decreto del Dirigente dell'Avvocatura regionale di assegnazione del relativo incarico difensivo, provvedimento di autorizzazione e in forza di procura speciale a margine del presente atto, dagli Avv.ti Franceschina Talarico (codice fiscale: TLR FNC 66C44 G518I) e Paolo Filippo Arillotta (codice fiscale: RLL PFL 58R31 H224N) dell'Avvocatura regionale ed elettivamente domiciliata in Roma, via Sabotino n. 12, presso lo studio dell'avv. Graziano Pungi'; (fax n. 0961/857954; indirizzo di posta elettronica certificata: avvocato9.cz@pec.regione.calabria.it).

Contro: il Presidente del Consiglio dei Ministri; per la declaratoria di illegittimita' costituzionale degli articoli 37 e 38, del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164 recante: "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive" pubblicata in Suppl. Ordinario n. 85 alla Gazzetta Ufficiale dell'11 novembre 2014, n. 262

 

Premessa

 

Con il presente atto la Regione Calabria intende censurare gli art. 37 e 38 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164, nelle parti in cui il legislatore statale, sulla base di mere enunciazioni di principio volte a sottolineare supposte esigenze di esercizio unitario di tali funzioni e il carattere contingente dell'attuale situazione economica, ha sostanzialmente esautorato le competenze delle regioni nelle materie ricadenti nella potesta' concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», «governo del territorio», «valorizzazione dei beni ambientali», «tutela della salute», «porti e aeroporti», «protezione civile», in netto contrasto con gli art. 117, terzo e quarto comma, art. 118 della Costituzione ed con il principio di leale collaborazione e di sussidiarieta', oltre che in violazione dei principi fondamentali di cui all'art. l, commi 3, 4, 5, 6, 7, 8 e 9 della legge 23 agosto 2004, n. 239 (Riordino del settore energetico, nonche' delega al Governo per il riassetto delle disposizioni vigenti in materia di energia) e agli artt. 30 e 31 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) che riservano importanti e sostanziali competenze alle regioni e agli enti locali interessati territorialmente, e sotto alcuni profili, con gli artt. 2 e 3 Cost.

In casi analoghi (sent. 278/2010) codesta Ecc.ma Corte ha piu' volte affermato la necessita' di realizzare un punto equilibrio tra l'obiettivo di sviluppo di una rete di impianti perseguito dalla legge statale e la legittima e doverosa aspirazione della fonte regionale a imporre, in proposito, criteri di salvaguardia del territorio, precisando che entrambe le esigenze "godono di pari dignita' costituzionale, cosicche' la compressione di un interesse a vantaggio di un altro andra' apprezzata su di un piano di necessaria proporzionalita', nel senso che il legislatore statale potra' espandere la propria normativa non oltre il punto in cui essa si renda strettamente servente rispetto alla finalita' perseguita, preservando, oltre tale linea, la potesta' regionale di sviluppare con la propria legislazione i principi fondamentali in tal modo tracciati. E' necessario, in altri termini, che le competenze in gioco non assumano «carattere di esclusivita', dovendo armonizzarsi e coordinarsi con la disciplina posta a tutela di tali interessi differenziati»" (sentenza n. 383 del 2005, punto 12 del Considerato in diritto).

Orbene, passando ad analizzare le singole disposizioni normative censurate si sottopongono alla valutazione di codesta Ecc.rna Corte i seguenti

 

Motivi

 

Violazione degli artt. 114, 117, terzo e quarto comma, 118 della Costituzione e dei principi di leale collaborazione e di sussidiarieta'.

Attraverso il comma 1, dell'art. 37, D.L. 133/14 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/14, il legislatore statale, al dichiarato fine "di aumentare la sicurezza delle forniture di gas al sistema italiano ed europeo del gas naturale, anche in considerazione delle situazioni di crisi internazionali esistenti", ha unilateralmente imposto che "i gasdotti di importazione di gas dall'estero, i terminali di rigassifiazione di GNL, gli stoccaggi di gas naturale e le infrastrutture della rete nazionale di trasporto del gas naturale, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse rivestono carattere di interesse strategico e costituiscono una priorita' a carattere nazionale e sono di pubblica utilita', nonche' indifferibili e urgenti ai sensi del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327".

Analogamente, con il comma 1, dell'art. 38, D.L. 133/14 convertito, con modificazioni, dalla legge n. 164/14, il legislatore statale, al dichiarato fine "di valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese", ha, sempre unilateralmente, previsto che tutte "le attivita'di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e indifferibili. I relativi titoli abilitativi comprendono pertanto la dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' ed urgenza dell'opera e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi, conformemente al decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327, recante il testo unico delle disposizioni legislative e regolamentari in materia di espropriazione per pubblica utilita'".

Le surrichiamate disposizioni normative, avendo ad oggetto tutta una serie di attivita' afferenti intere categorie di interventi (incenerimento dei rifiuti, gasdotti, rigassificatori, stoccaggio di gas, ricerca, prospezione, coltivazione e stoccaggio del gas naturale nel sottosuolo) e consentendo la realizzazione delle relative opere medesime in deroga alle procedure di valutazione ambientale, giungendo finanche alla eliminazione delle ineludibili intese con le Regioni, comportano la sostanziale spoliazione delle competenze legislative delle regioni e di quelle amministrative e regolamentari degli enti locali interessati.

Tale tecnica legislativa, proprio in ragione dell'ampiezza e della indeterminatezza dell'intervento operato, si pone in netto contrasto con gli arti. 117, terzo e quarto comma, Cost. con l'118 Cost. e i principio di leale collaborazione e sussidiarita' non lasciando il benche' minimo spazio alle necessarie valutazioni delle caratteristiche fisiche, morfologiche e geografiche dei singoli territori.

E' facile rilevare che le disposizioni censurate non si limitano ad una opportuna specificazione di tipologie di interventi definiti e circoscritti ma configurano una deroga generalizzata nell'ambito di un settore particolarmente invasivo stante le evidenti implicazione che tali opere e tali interventi hanno sui territori, sull'ambiente, sul turismo, e sulla salute dei cittadini residenti nei singoli territori.

E' evidente infatti che estendere le procedure semplificate e accelerate ad una larghissima e imprecisata categoria di interventi inibisce la capacita' di intervento nell'iter autorizzativo di un numero indefinito di opere da parte di Regioni, enti locali e cittadini interessati.

Le norme interposte hanno ridefinito, in modo unitario ed a livello nazionale, i procedimenti di localizzazione e realizzazione della rete di oleodotti e gasdotti, in base al presupposto (del tutto strumentale e inconsistente) della necessita' di riconoscere un ruolo fondamentale agli organi statali interponendo esigenze di carattere unitario che, qualora realmente esistenti, esigevano., comunque, un diverso e piu' proporzionato bilanciamento delle prerogative costituzionalmente garantite.

Ed infatti, in ossequio al fondamentale principio di leale collaborazione, le esigenze di carattere unitario non implicano necessariamente e "a priori" la totale esclusione di un coinvolgimento delle regioni nei suddetti procedimenti. E' proprio in questa prospettiva che Codesta Ecc.ma Corte ha ravvisato nell'intesa lo strumento necessario ai fini dell'identificazione delle «linee fondamentali dell'assetto del territorio nazionale con riferimento all'articolazione territoriale delle reti infrastrutturali energetiche dichiarate di interesse nazionale ai sensi delle leggi vigenti», inclusa la rete dei gasdotti, e, sulla base di queste premesse, ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 1, comma 7, lettera g), della legge n. 239 del 2004 nella parte in cui non prevedeva il ricorso a tale istituto" (sentenza n. 383 del 2005).

Con specifico riferimento alla materia di potesta' concorrente «produzione, trasporto e distribuzione nazionale dell'energia», e' stato costantemente affermato che «la previsione dell'intesa, imposta dal principio di leale collaborazione, implica che non sia legittima una norma contenente una "drastica previsione" della decisivita' della volonta' di una sola parte, in caso di dissenso» (ex plurimis, sentenza n. 165 del 2011), ma che siano invece necessarie «idonee procedure per consentire reiterate trattative volte a superare le divergenze» (ex plurimis, sentenze n. 278 e n. 121 del 2010), come presupposto fondamentale di realizzazione del principio di leale collaborazione (ex plurimis, sentenze n. 117 del 2013, n. 39 del 2013, n. 24 del 2007 e n. 339 del 2005).

Violazione degli articoli 2, 3, 114, 117. commi 1, 3 e 4, e art. 118 Cost., dei principi di leale collaborazione e sussidiarieta', nonche', della legge n. 14 del 9 gennaio 2006 di ratifica della Convenzione europea e del decreto legislativo n. 112/1998.

Il carattere strategico e di pubblica utilita' assegnato indistintamente alle opere e egli interventi individuati nel comma 1, dell'art.37 e nel comma 1, dell'art. 38 e' causa di illegittimita' delle disposizioni contenute nei commi successivi che, nel prevedere forme semplificate e accelerate dei relativi procedimenti, finiscono per incidere (fino ad eliminare) sempre e comunque la partecipazione delle regioni e degli enti locali. E in particolare:   Il comma 2, dell'art. 37 inserisce nell'ambito di operativita' dell'art. 52- quinquies, comma 2, primo periodo, del decreto del Presidente della Repubblica 8 giugno 2001, n. 327 anche "i gasdotti di approvvigionamento di gas dall'estero, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse". Prevede, inoltre, l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi e la variazione degli strumenti urbanistici "e dei piani di gestione e tutela del territorio comunque denominati", e la sostituzione dell'Autorizzazione unica non solo a fini urbanistici ed edilizi ma anche a quelli paesaggistici.

Nel fare cio' tuttavia il legislatore statale ha lasciato inalterata la disposizione del comma 5, del medesimo art. 52-quinquies che prevede che l'atto conclusivo del procedimento di cui al comma 2 sia adottato d'intesa con le Regioni interessate solo limitatamente alle "infrastrutture lineari energetiche" di cui al comma 2, e, specificatamente, quelle individuate dall'Autorita' competente come appartenenti alla rete nazionale dei gasdotti di cui all'art. 9, del decreto legislativo 23 maggio 2000, n. 164, il quale assolve alla duplice funzione di fornire gli elementi per l'individuazione dei gasdotti sui quali si esplica la competenza dello Stato prevista dall'art. 29, comma 2, lettera g), del decreto legislativo n. 112/1998, e quella delle Regioni di cui ai successivi artt. 30 e 31 del citato decreto legislativo. Cio' significa, in altre parole, che per i gasdotti non inclusi tra quelli succitati, incluse le operazioni preparatorie necessarie alla redazione dei progetti e le relative opere connesse si prescinde dall'"intesa forte" con le regioni prevista dal succitato comma 5, dell'art. 52-quinquies .

Sul punto occorre in primo luogo rilevare un'incomprensibile differenziazione tra i gasdotti a seconda che siano o no inclusi tra quelli di cui all'art. 9, del decreto legislativo n. 164/2000. Differenziazione che, a mente delle disposizioni di legge oggetto della presente impugnativa, determina una grave discriminazione, con violazione dell'art. 3 Cost., tra i cittadini e tra le istituzioni, a seconda della incomprensibile inclusione/non inclusione nella rete nazionale dei gasdotti della rete insistente nei territori di riferimento.

Inoltre, riverberando una siffatta autorizzazione i propri effetti su tutti i piani di gestione del territorio, incide indiscriminatamente sulle prerogative delle regioni e degli enti locali in materia di pianificazione territoriale e di protezione civile, valorizzazione dei beni culturali ed ambientali, tutela della salute, prerogative riconosciute non solo dalle norme costituzionali qui richiamate, ma anche dalle norme europee emanate nelle diverse materie in questione.

Sotto questo profilo, la normativa in questione si pone in contrasto con la legge n. 14 del 9 gennaio 2006 di ratifica della Convenzione europea sul paesaggio, laddove la competenza a incidere sulle scelte in materia e' specificatamente assegnata ai livelli decentrati di governo del territorio. La convenzione citata intende il "paesaggio" quale contesto materiale ed immateriale all'interno del quale si esprime la personalita' dell'uomo, le sue relazione interpersonali e sociali, la sua identita' attuale e storicizzata, e ne rimette tutela e valorizzazione, in base al principio di sussidiarieta', alla competente pianificazione delle istituzioni rappresentanti un tale concetto comunitario di paesaggio.

Con tali premesse, ogni inibizione da parte dello Stato almeno alla qualificata ed efficace partecipazione ai procedimenti interferenti con cotali inviolabili principi si evidenzia quale gravemente lesiva dei diritti riconosciuti dall'art. 2 Cost., oltre che del principio di sussidiarieta' e di quanto previsto dall'art. 117, commi 1 e 3, e art. 118 Cost.

Inoltre, nell'introdurre alla lettera c) del comma 2 una procedura dettagliata per la risoluzione delle interferenze, fornendo un elenco dei "soggetti interferenti" (titolari/gestori di beni e aree demaniali marittime/lacuali/fluviali, strade pubbliche, aeroporti, ferrovie, ecc.), che, se interessati dal passaggio di gasdotti, partecipano al procedimento di autorizzazione cadenzato da fasi e scadenze nelle quali assume preminenza la partecipazione attiva e preponderante dei soggetti privati interessati alla realizzazione dell'opera, incide sulle competenze assegnate nelle diverse materie oggetto di "interferenza" alle regioni ed agli enti locali con il decreto legislativo n. 112/1998, cosi' realizzando una estrapolazione di tali materie dall'intesa forte che anche su di esse dovrebbe essere raggiunta.

L'imprescindibile momento di raccordo con le regioni, costituito dall'intesa di cui al comma 5, del succitato art. 52-quinquies sembrerebbe essere stato escluso anche dall'art. 38, D.L. 133/14 il quale, ai commi 5 e 6, prevede il rilascio del c.d. titolo concessorio unico, accordato, previa intesa con le regioni, nell'ambito di un procedimento unico svolto nel termine di centottanta giorni tramite "apposita" conferenza di servizi. Anche qui, dunque, come nell'art. 37, e' evidente l'intenzione del legislatore statale di pregiudicare l'indefettibile principio dell'intesa non potendosi ritenere sufficiente, ai fini della corretta configurabilita' dei presupposti per la c.d. "intesa forte", ne' la prevista intesa in sede di Conferenza di servizi, ne' la partecipazione dell'amministrazione regionale al procedimento unico previsto dal comma 6, posto che tali interventi non attribuiscono alla Regione la posizione differenziata che le spetta in ordine alle scelte sulla localizzazione dell'impianto nell'ambito del proprio territorio.

Costituisce invero principio ormai acquisito (corte cost. 278/2010) quello secondo cui "nel rapporto tra legislazione statale e legislazione regionale, la regione possa venire spogliata della propria capacita' di disciplinare la funzione amministrativa attratta in sussidiarieta', a condizione che cio' si accompagni alla previsione di un'intesa in sede di esercizio della funzione, con cui poter recuperare un'adeguata autonomia, che l'ordinamento riserva non gia' al sistema regionale complessivamente inteso, quanto piuttosto alla specifica Regione che sia stata privata di un proprio potere" (sentenze n. 383 e n. 62 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 303 del 2003).

A tal proposito Codesta Ecc.ma Corte ha ancora affermato: «perche' nelle materie di cui all'art. 117, terzo e quarto comma, Cost., una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che essa innanzi tutto rispetti i principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative, rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali funzioni. E' necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina logicamente pertinente, dunque idonea alla regolazione delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali. Quindi, con riferimento a quest'ultimo profilo la legislazione statale di questo tipo puo' aspirare a superare il vaglio di legittimita' costituzionale solo in presenza di una disciplina che prefiguri un iter in cui assumano il dovuto risalto le attivita' concertative e di coordinamento orizzontale, ovverosia le intese, che devono essere condotte in base al principio di lealta'» (sentenza n. 6 del 2004 punto 7 del Considerato in diritto). (sentenza n. 303 del 2003, punto 2.2 del Considerato in diritto).

E' stato inoltre opportunamente precisato che tale principio e' destinato ad operare senza eccezione alcuna laddove l'attrazione in sussidiarieta' della funzione, accompagnandosi all'attribuzione alla legge nazionale della potesta' di disciplinare fattispecie altrimenti di competenza regionale, implica un'alterazione dell'ordinario rapporto tra processo di integrazione politica affidato allo Stato e processo di integrazione politica proprio del sistema regionale, con l'effetto che il nucleo fondante di una decisione espressiva di discrezionalita' legislativa si trova collocato interamente entro la prima sfera, e viene sottratto alla seconda. In presenza di un tale effetto, ed al fine di assicurare l'emersione degli interessi intestati dalla Costituzione all'autonomia regionale, la legge statale deve garantire la riespansione delle capacita' decisionali della Regione interessata, per mezzo di una paritaria codeterminazione dell'atto, non superabile per mezzo di una iniziativa unilaterale di una delle parti (sentenza n. 383 del 2005).

Vale la pena a questo punto evidenziare che la presente censura non mette in discussione ne' la scelta operata dal legislatore nazionale di rilancio della fonte energetica, la quale esprime con ogni evidenza un principio comunitario della produzione dell'energia, ne' la sussistenza delle condizioni che legittimano la chiamata in sussidiarieta', ma si contesta il difetto di un idoneo coinvolgimento regionale, conseguente a tale attrazione di competenza, che comporta l'evidente contrasto della normativa in oggetto in relazione agli artt. 117, terzo, quarto e quinto comma, Cost., 118 cost. e ai principi di leale collaborazione e sussidiarieta' derivante dall'accentramento in capo allo Stato in assenza della cosiddetta intesa forte con ciascuna Regione interessata.

Non si puo', infatti, far finta di ignorare che la Regione gode di una particolare posizione di autonomia, costituzionalmente protetta, che la distingue dagli enti locali (art. 114 Cost.), sicche' si deve escludere che il legislatore statale possa configurare la partecipazione della Regione alla stregua della partecipazione riservata a qualsiasi altra amministrazione pubblica. L'intesa della Regione si configura, al contrario, come atto avente valore politico teso a compensare la perdita di competenza della Regione dovuta all'attrazione in capo allo Stato per esigenze di carattere unitario.

Violazione degli art. 117, comma 3, 4 e 5, 118 e 120 della costituzione dei principi di leale collaborazione e sussidiarieta'.

La grave compromissione delle prerogative regionali si rinviene anche nel comma 4, dell'art. 38, del decreto legge n. 133/2014 con il quale lo stato si appropria anche delle competenze amministrative stabilendo che "per i procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso presso le regioni alla data di entrata in vigore del presente decreto, relativi alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi, la regione presso la quale e' stato avviato il procedimento conclude lo stesso entro il 31 marzo 2015. Decorso inutilmente tale termine, la regione trasmette la relativa documentazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico".

Sul punto - in disparte i dubbi sulla legittimita' di assorbire nell'ambito della nuova disciplina introdotta con il Decreto "sblocca italia" anche procedure di valutazione di impatto ambientale avviate dalla Regioni sulla base di norme precedenti, che prevedono modalita' diverse di svolgimento e di assunzione delle decisioni finali - bastera' rilevare che anche tale scelta del legislatore statale, proprio perche' riguarda l'intera materia, non risulta affatto contemperata da una corretta applicazione dei principi di sussidiarieta', differenziazione e adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative, con conseguente violazione degli art. 117, comma 3, 4 e 5, 118 e 120 della costituzione.

Il palese contrasto con i principi sanciti dall'art. 118 della Cost. appare inoltre ancor piu' grave e evidente allorche' si consideri che nell'ambito della disciplina dettata dagli articoli 37 e 38 manca il benche' minimo coinvolgimento degli enti locali il cui intervento e' limitato e relegato nell'ambito di scarni richiami (comma 2, lett. c-bis, dell'art. 37) peraltro al solo fine di consentire agli stessi (sui quali, per inciso, ricadono le maggiori conseguenze negative dell'attivita' disciplinate dalla normativa censurata) il rilascio di un mero parere non vincolante da esprimersi nel limitato termine di trenta giorni decorsi i quali il parere si intende comunque acquisito.

Anche in questo caso e' evidente la violazione dei principi costituzionali sopra richiamati oltre che la violazioni di norme di principio contenute innanzitutto nell'art. l della legge 23 agosto 2004, n. 239, nell'art.31 del decreto legislativo 31 marzo 1998, n. 112 (Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle regioni ed agli enti locali, in attuazione del capo I della legge 15 marzo 1997, n. 59) e di recente anche dal vigente articolo 6, comma 17 del decreto legislativo n. 152/2006, nella versione risultante dalla modifica introdotta dall'35 del d.l. 83/2013 che vieta le attivita' di ricerca, di prospezione nonche' di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi in mare, salva la possibilita' di autorizzazione previa sottoposizione alla procedura di valutazione di impatto ambientale di cui agli articoli 21 e seguenti del presente decreto, sentito il parere degli enti locali posti in un raggio di dodici miglia dalle aree marine e costiere interessate dalle attivita' di cui al primo periodo".

La partecipazione degli enti locali sembra essere esclusa anche dall'ambito del procedimento unico delineato dai commi 5 e 6, dell'art.38 atteso che la valutazione ambientale preliminare del programma complessivo dei lavori soggiace anch'essa a forme accelerate e semplificate - deve infatti essere "espressa entro sessanta giorni, con parere della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA/VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare" - che sostanzialmente svuotano il contenuto partecipativo delle amministrazioni preposte alla tutela dell'ambiente e dei beni paesaggisti e culturali.

Tutto cio' peraltro in netto contrasto con quanto previsto dall'art. 4, paragrafo 6, della Direttiva "Offshore" 2013/30/UE e nella, ancor piu' recente, Direttiva VIA 2014/52/UE.

In quest'ultima, in particolare si stabilisce (art.1, paragrafo 1, lett. b) che la valutazione dei progetti "descrive e valuta, in modo appropriato per ciascun caso particolare gli effetti significativi diretti e indiretti, di un progetto sui seguenti fattori: ... b) biodiversita', con particolare attenzione alle specie e agli habitat protetti in virtu' della direttiva 92/43/CEE e della direttiva 2009/147/CE", nonche', (art. 6, paragrafo 1) che gli Stati membri debbano adottare "...tutte le misure necessarie affinche' le autorita' che possono essere interessate al progetto, per la loro specifica responsabilita' in materia di ambiente o in virtu' delle loro competenze locali o regionali, abbiano la possibilita' di esprimere il loro parere sulle informazioni fornite dal committente e sulla domanda di autorizzazione.".

Il che' conferma quanto sostenuto sopra in ordine alla circostanza che l'assolvimento degli obblighi comunitari che prevedono lo snellimento delle procedure autorizzative in oggetto, doveva avvenire in maniera diversa rispetto a quella prospettata dagli articoli 37 e 38 quivi censurati, badando bene a non intaccare, quantomeno, quel "nucleo irriducibile" di prerogative costituzionalmente garantite alle regioni e alle amministrazioni locali, fra cui in primo luogo il principio dell'intesa forte e di leale collaborazione.

 

Conclusioni

 

Voglia codesta Eccellentissima Corte costituzionale per i motivi esposti in narrativa, dichiarare l'illegittimita' costituzionale degli articoli 37 e 38 del decreto legge 12 settembre 2014, n. 133 convertito, con modificazioni, dalla legge 11 novembre 2014 n. 164;   Si produrranno, all'atto della costituzione in giudizio, gli atti ed i documenti specificati nel presente atto e comunque elencati nell'indice del fascicolo di parte.

Catanzaro-Roma, 15 gennaio 2015

Avv. Paolo Filippo Arillotta

Avv. Franceschina Talarico