RICORSO N. 6 DEL 15 GENNAIO 2015 (DELLA REGIONE LOMBARDIA)

Ricorso per questione di legittimita' costituzionale depositato in cancelleria il 15 gennaio 2015.

(GU n. 7 del 18.2.2015)

 

Ricorso della Regione Lombardia (C.F. 80050050154), con sede in Milano (20124), piazza Citta' di Lombardia, n. 1, in persona del Presidente pro tempore, Roberto Maroni, rappresentata e difesa, in forza di procura a margine del presente atto ed in virtu' della Deliberazione di Giunta regionale n. X/2653, seduta del 14/11/2014 (doc. 1), dal Prof. Avv. Giovanni Guzzetta (c.f. GZZGNN66E16F158V; pec: giovanniguzzetta@ordineavvocatiroma.org; fax. 06/6789560), presso il cui studio in Roma, via Federico Cesi, 72, ha eletto domicilio e dall'Avv. Viviana Fidani (c.f. FDNVVN56L44D122W; pec: vivianafidani@milano.pecavvocati.it), ricorrente;   Contro il Governo della Repubblica, in persona del Presidente del Consiglio dei Ministri pro tempore, con sede in Roma (00187), Palazzo Chigi - Piazza Colonna, 370, rappresentato e difeso dall'Avvocatura generale dello Stato, con domicilio in Roma (00186), via dei Portoghesi, 12, resistente.

Per la dichiarazione di illegittimita' costituzionale del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive (Sblocca Italia)", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014, n. 262, limitatamente all'art. 38, di tale atto normativo.

 

Fatto

 

1. Con legge di conversione 11.11.2014, n. 164 del decreto-legge 12.9.2014, n. 133, il Governo ha varato "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive", ritenuta, per quanto qui interessa, "la straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia ambientale per la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento delle infrastrutture idriche (...), nonche' di introdurre misure per garantire l'approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali".

2. In particolare, l'articolo 38, dell'atto normativo in esame, ha introdotto "Misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali".

3. Il comma 1 e il comma 1-bis della norma in commento, affidano ad un decreto del Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, la predisposizione di un piano delle aree in cui siano consentite le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, attivita' dichiarate di interesse strategico e che, come sancito dal comma 1, sono di utilita' pubblica, urgenti e indifferibili.

I titoli abilitativi che autorizzano le attivita' sopracitate comprendono, pertanto, la dichiarazione di pubblica utilita', indifferibilita' ed urgenza dell'opera e l'apposizione del vincolo preordinato all'esproprio dei beni in essa compresi.

4. Il secondo comma dell'art. 38 stabilisce, altresi', che qualora le opere di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale comportino la variazione degli strumenti urbanistici, l'autorizzazione di queste ha effetto di variante urbanistica.

5. Il terzo comma della norma in esame, prevede che all'art. 38 del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152, sia aggiunto al punto 7) dell'allegato II alla parte seconda le parole "sulla terraferma e" dopo le parole "coltivazione di idrocarburi"; alla lettera v) dell'allegato III alla parte seconda sono soppresse le parole "degli idrocarburi liquidi e gassosi e"; e' altresi' abrogata la lettera g) del punto 2 dell'allegato IV alla parte seconda e, infine, sono soppresse le parole "di petrolio, di gas naturale" nello stesso punto 2 del medesimo allegato.

6. Inoltre, il quarto comma dell'art. 38 della legge di conversione n. 164 del 2014, individua il termine dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale relativi alla prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi in corso presso le Regioni alla data in vigore del decreto in esame, prevedendo che i suddetti procedimenti debbano essere conclusi dalla Regione presso cui sono stati avviati, entro il 31 marzo 2015. Il comma richiamato, inoltre, sancisce che decorso il termine del 31 marzo 2015, la Regione sia tenuta a trasmettere la relativa documentazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza, dandone notizia al Ministero dello sviluppo economico.

A cio' si aggiunga, che il comma 4, dell'art. 38, prevede anche che i conseguenti oneri di spesa istruttori rimangano a carico delle societa' richiedenti la VIA e che siano versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere riassegnati successivamente al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

7. Il quinto comma dell'articolo 38, subordina le attivita' di ricerca e coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi al rilascio di un titolo concessorio unico, sulla base di un programma generale di lavori articolato in due fasi: una prima fase di ricerca della durata di sei anni, prorogabile fino a un massimo di ulteriori sei anni nel caso in cui sia necessario concludere le opere di ricerca, una seconda fase, solo eventuale, della durata di trenta anni, prorogabile per una o piu' volte per un periodo di dieci anni, che consiste nella coltivazione legata al rinvenimento di un giacimento tecnicamente ed economicamente coltivabile, riconosciuto dal Ministero dello sviluppo economico. La proroga e' condizionata dall'adempimento degli obblighi derivanti dal decreto di concessione e solo qualora il giacimento risulti ancora coltivabile.

8. Il comma 6 dell'articolo 38, disciplina la modalita' con cui e' accordato il titolo concessorio unico a cui sono subordinate le attivita' di cui al comma 5. Il titolo concessorio e' accordato con decreto del Ministro dello sviluppo economico, previa intesa con la Regione o la provincia autonomia di Trento o di Bolzano interessata, sentite la Commissione per gli idrocarburi e le risorse minerarie e le Sezioni territoriali dell'Ufficio nazionale minerario idrocarburi e georisorse, a soggetti con sede sociale in Italia o Stati membri dell'Unione europea e, a condizioni di reciprocita', a soggetti di altri Paesi che dispongono di capacita' tecnica, economica ed organizzativa e che offrono garanzie adeguate alla realizzazione dei programmi.

Il procedimento unico di concessione, nel cui ambito e' svolta anche la valutazione ambientale preliminare del programma dei lavori, formata entro sessanta giorni con parere della Commissione tecnica di verifica dell'impatto ambientale VIA/VAS del Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, viene svolto nel termine di centottanta giorni da un'apposita Conferenza di servizi. L'accordo del titolo concessorio unico e' altresi' subordinato alla presentazione di idonee fideiussioni bancarie o assicurative commisurate al valore delle opere di recupero ambientale previste.

9. Il comma 6-bis, inoltre, disciplina la sottoposizione a valutazione di impatto ambientale dei progetti di opere e di interventi relativi alle attivita' di ricerca e di coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi. La modalita' di svolgimento della VIA avviene conformemente alla parte seconda del decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 e successive modificazioni.

Altresi', il comma 6-ter condiziona il rilascio di nuove autorizzazioni per la ricerca e la coltivazione di idrocarburi alla verifica di garanzie economiche della societa' richiedente affinche' possa coprire i costi di un eventuale incidente durante le attivita'. I costi dell'ipotizzato incidente sono commisurati a quelli derivanti dalla piu' grave situazione possibile nei diversi scenari immaginati in fase di studio e analisi dei rischi.

10. Al comma 7, e' sancito che entro centottanta giorni dall'entrata in vigore del decreto in esame, con decreto del Ministero dello sviluppo economico venga emanato un disciplinare tipo con cui sono stabilite le modalita' di conferimento del titolo concessorio unico di cui al comma 5.

11. Il comma 10 dell'art. 38 modifica l'art. 8 del decreto-legge 25 giugno 2008, n. 112, convertito con modificazioni dalla legge 6 agosto 2008, n. 133, aggiungendo dopo il comma 1, che il Ministero dello sviluppo economico, di concerto con il Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, sentite le Regioni interessate, puo' autorizzare un periodo non superiore a cinque anni finalizzato a progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti, subordinatamente all'espletamento della procedura di valutazione di impatto ambientale che garantisca l'assenza di conseguenze negative tra cui la subsidenza dell'attivita' della costa, sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici.

I progetti sperimentali di coltivazione di giacimenti, sono soggetti a un'analisi tecnico-scientifica che dimostri l'assenza degli effetti negativi sopracitati, analisi che viene condotta sotto il controllo dei soli Ministeri dello sviluppo economico e di quello dell'ambiente e tutela del territorio.

Tuttavia, qualora si verifichino fenomeni di subsidenza sulla costa determinati dall'attivita', il programma di lavori e' interrotto. Al contrario, se al termine del periodo di validita' dell'autorizzazione venga accertato che all'attivita' non sono conseguiti effetti di subsidenza dell'attivita' della costa, nonche' sull'equilibrio dell'ecosistema e sugli insediamenti antropici, il periodo di sperimentazione puo' essere prorogato, con le stesse procedure di controllo, per cinque anni.

12. Il comma 11-bis aggiunge il comma 5-bis al decreto legislativo 30 maggio 2008, n. 117, e successive modificazioni, che disciplina la necessita' che l'operatore tenga un registro delle quantita' esatte di rifiuti di estrazione solidi e liquidi, in mancanza del quale sara' revocata l'autorizzazione all'attivita' estrattiva.

13. I commi 11-ter e seguenti disciplinano, infine, la questione relativa allo shale gas e allo shale oil, prevedendo che nelle attivita' di ricerca o coltivazione di idrocarburi rilasciate dallo Stato, sia vietata la ricerca e l'estrazione di queste componenti e il rilascio dei relativi titoli minerari. E', altresi', vietata qualunque tecnica di iniezione in pressione finalizzata a produrre o favorire il ricavo di shale gas e shale oil.

14. Le norme introdotte dall'articolo 38, del d.l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164 del 2014, sono avvinte da numerosi profili di illegittimita', e meritano di essere dichiarate incostituzionali da codesta ecc.ma Corte alla luce dei seguenti motivi di

 

Diritto

 

I. Incostituzionalita' del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito, con modifiche, dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, e dell'articolo 38 di tale atto normativo, per violazione dell'articolo 77, comma 2, della Costituzione, in combinato disposto con l'articolo 117, secondo e terzo comma.

1. L'articolo 38 della legge di conversione n. 164 del 2014 del d.l. n. 133 del 2014, deve essere dichiarato incostituzionale per insussistenza dei presupposti di cui all'articolo 77, secondo comma, della Costituzione, che ammette la decretazione d'urgenza all'esclusivo fine di fronteggiare casi straordinari di necessita' ed urgenza.

Infatti, come ha chiarito codesta ecc.ma Corte con la pronuncia n. 220 del 2013, l'adozione di un decreto-legge trova la propria legittimazione esclusivamente nella sussistenza di casi straordinari che necessitino di essere disciplinati immediatamente, in modo adatto a fronteggiare le sopravvenute e urgenti necessita'.

Peraltro, per lo stesso motivo, il legislatore ordinario, con una norma di portata generale, ha previsto che il decreto-legge debba contenere "misure di immediata applicazione" (art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400). La Consulta ha riconosciuto come la norma in esame, pur non avendo, sul piano formale, rango costituzionale, esprima ed espliciti cio' che deve ritenersi intrinseco alla natura stessa del decreto-legge, che entrerebbe in contraddizione con le sue stesse premesse, se contenesse disposizioni destinate ad avere effetti pratici differiti nel tempo, in quanto recanti, come nel caso di specie, discipline mirate alla costruzione di un nuovo sistema di valorizzazione delle risorse energetiche nazionali (cfr. sentenza n. 22 del 2012). Per quanto riguarda il caso qui in esame, deve osservarsi che, sebbene il preambolo del d.l. n. 133/2014, convertito con legge n. 164/2014, riconosca "la straordinaria necessita' e urgenza di emanare disposizioni in materia ambientale per (...) introdurre misure per garantire l'approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali", in realta', il problema della gestione e valorizzazione delle risorse energetiche nazionali e' tutt'altro che eccezionale e accidentale.

Infatti, la necessita' di interventi strutturali sul sistema della gestione delle risorse energetiche sul territorio italiano non e' affatto una circostanza accidentale e sopravvenuta, ne' puo' essere ricollegata ad un "caso straordinario", passibile, in quanto tale, di essere disciplinato in via d'urgenza. Di conseguenza, affidare la risoluzione di una problematica radicata e strutturale alla decretazione d'urgenza, si mostra elusivo dei principi di cui all'art. 77, secondo comma, della Costituzione.

2. La "risposta" operata con il decreto-legge in oggetto, peraltro, non si presenta nemmeno in termini di soluzione "emergenziale" in attesa di una ipotetica revisione complessiva della disciplina, ma si propone - in modo incompatibile con i presupposti costituzionali richiesti e con la conseguente natura circostanziata delle soluzioni normative divisate - di "valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese, le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale" qualificando, altresi', le attivita' come attivita' che "rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e indifferibili".

A cio' si aggiunga che con il decreto-legge n. 133/2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, viene disciplinato, oltre alla modalita' di' concessione dei titoli abilitativi a svolgere le sopracitate attivita', anche il periodo in cui puo' essere espletato il programma generale di lavori prevedendo tempi della durata minima di sei anni, tutt'altro che idonei a dare una risposta a casi straordinari di necessita' e urgenza.

In questa prospettiva non si puo' non cogliere una finalita' di riassetto ordinamentale, del tutto estranea alla natura del vettore normativo utilizzato, con conseguente illegittima compressione delle competenze legislative e amministrative che spettano alle Regioni in relazione a tali interventi di carattere "ordinamentale".

Con riserva di ulteriore approfondimento in seguito, non si puo' negare, infatti, che l'intervento intersechi, anche sulla base di quanto chiarito da codesta eccellentissima Corte, profili di competenza materiale quali la tutela della salute, il governo del territorio (e in particolare per quanto riguarda la predisposizione di un piano delle aree in cui sono consentite le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale) e la produzione dell'energia (attesa la finalita' del decreto, rivolto "a conseguire la sicurezza nazionale nell'autosufficienza" - energetica - ed a disciplinare le "misure per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali").

Quella che vorrebbe introdursi attraverso la decretazione d'urgenza, insomma, costituisce una vera e propria riforma organica e di sistema, volta a predisporre un piano delle aree in cui sono consentite le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale; le modalita' di attribuzione dei relativi titoli abilitativi; i tempi per lo svolgimento delle predette attivita' e, altresi', le condizioni per eventuali proroghe; e che, come tale, non puo' trovare la propria legittimazione in un decreto-legge.

Sotto ulteriore, ma concorrente profilo, le misure introdotte dal contestato articolo 38, del resto, non possono nemmeno considerarsi di immediata applicazione, anche in considerazione dei profili e delle competenze tecnico-amministrative ad esse connesse, le quali presuppongono tempi ed accertamenti istruttori amministrativi complessi.

Si chiede, dunque, che venga dichiarata l'incostituzionalita' dell'art. 38, del d.l. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, sotto il profilo in esame.

3. In secondo luogo, il d.l. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, come pure, specificamente, il relativo articolo 38, meritano di essere dichiarati incostituzionali per difetto di omogeneita' e di coerenza delle misure introdotte dal Governo.

Quanto all'intero atto normativo, l'eterogeneita' degli interventi adottati e' ravvisabile sin dall'epigrafe del provvedimento ("Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive"). Essa e' resa ancora piu' evidente dal relativo, ampio, preambolo, ove si attesta la straordinaria necessita' ed urgenza di provvedere con misure volte tanto ad "accelerare e semplificare la realizzazione di opere infrastrutturali strategiche, indifferibili e urgenti, nonche' per favorire il potenziamento delle reti autostradali e di telecomunicazioni e migliorare la funzionalita' aeroportuale", quanto a disciplinare la "materia ambientale per la mitigazione del rischio idrogeologico, la salvaguardia degli ecosistemi, l'adeguamento delle infrastrutture idriche e il superamento di eccezionali situazioni di crisi connesse alla gestione dei rifiuti, nonche' di introdurre misure per garantire l'approvvigionamento energetico e favorire la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali", quanto, infine, a realizzare la "semplificazione burocratica, il rilancio dei settori dell'edilizia e immobiliare, il sostegno alle produzioni nazionali attraverso misure di attrazione degli investimenti esteri e di promozione del Made in Italy, nonche' per il rifinanziamento e la concessione degli ammortizzatori sociali in deroga alla normativa vigente al fine di assicurare un'adeguata tutela del reddito dei lavoratori e sostenere la coesione sociale".

Ad analoghe conclusioni si perviene, ovviamente, in base all'analisi delle disposizioni introdotte dal decreto-legge impugnato.

Come noto, codesta ecc.ma Corte collega il riconoscimento dell'esistenza dei presupposti fattuali, di cui all'art. 77, secondo comma, Cost., ad una intrinseca coerenza delle norme contenute in un decreto-legge, o dal punto di vista oggettivo e materiale, o dal punto di vista funzionale e finalistico (cfr. sentt. n. 171 del 2007, n. 121 del 2008).

Recentemente codesta Corte ha ulteriormente evidenziato, sul punto, che l'art. 15, comma 3, della legge 23 agosto 1988, n. 400 (Disciplina dell'attivita' di Governo e ordinamento della Presidenza del Consiglio dei ministri) - la' dove prescrive che il contenuto del decreto-legge «deve essere specifico, omogeneo e corrispondente al titolo» - pur non avendo, in se' e per se', rango costituzionale, costituisce esplicitazione della ratio implicita nel secondo comma dell'art. 77 Cost., il quale impone il collegamento dell'intero decreto-legge al caso straordinario di necessita' e urgenza, che ha indotto il Governo ad avvalersi dell'eccezionale potere di esercitare la funzione legislativa senza previa delegazione da parte del Parlamento (Corte cost., sent. n. 22 del 2012).

Va infine ribadito che, come ripetutamente dichiarato da codesta ecc.ma Corte, il vizio che affligge il decreto-legge con riferimento ai suoi presupposti abilitativi non puo' considerarsi sanato per il fatto dell'intervenuta conversione (cfr. ex plurimis sentt. 29/1995, 341/2003, 178/2004 e 171/2007).

4. Deve evidenziarsi, da ultimo, quanto all'ammissibilita' della presente eccezione, che i vizi sopra denunciati ridondano, come anticipato, nella menomazione delle attribuzioni costituzionali della Regione Lombardia e nel vulnus della sua autonomia finanziaria, costituzionalmente tutelati dagli articoli 117, terzo comma, e 119 della Costituzione.

Infatti, l'art. 38 del decreto in questione, determina uno schiacciamento delle competenze della Regione sia sotto il profilo della gestione del territorio che della pianificazione territoriale ed urbanistica, prevedendo che sia il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare a predisporre un piano delle aree in cui sono consentite le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale, senza prevedere alcuna forma di intesa con la Regione interessata.

5. Ne' potrebbe in senso contrario sostenersi che, a fronte della finalita' anche di tutela ambientale dell'intervento, la quale costituisce, secondo l'interpretazione di codesta Corte, un c.d. "materia trasversale", le attribuzioni regionali dovrebbero subire una indiscriminata compressione, sino alla totale pretermissione rispetto all'interesse ambientale.

Tale premessa infatti non potrebbe essere condivisa per distinte e concorrenti ragioni.

Innanzitutto, perche' la finalita' ambientale non e' l'unica perseguita dall'intervento normativo statale. Il primo comma dell'art. 38, infatti, non menziona nemmeno, esplicitamente, la finalita' ambientale, ma si sofferma sulla finalita' di "valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese".

In secondo luogo, l'obiettivo di "valorizzare le risorse energetiche nazionali e garantire la sicurezza degli approvvigionamenti del Paese", mostra da parte del legislatore la volonta' di perseguire le finalita' ambientali privilegiando una delle modalita' possibili e consentite, la quale pero' si realizza attraverso la valorizzazione delle risorse di energia, ed e' pertanto, dal punto di vista delle "materie" interessate, ad essa intrinsecamente intrecciata.

Infine, com'e' noto, codesta Corte, nel riconoscere la particolare rilevanza costituzionale della tutela dell'ambiente nelle politiche legislative, e la sua idoneita' a giustificare alterazioni del riparto costituzionale, ha costantemente e contestualmente riconosciuto che tali alterazioni non debbano essere necessariamente assolute (cfr. C. cost., 58/2013; 93/2013), ma che vadano accompagnate da adeguate giustificazioni in termini di ragionevolezza, adeguatezza e proporzionalita', nonche' da garanzie, innanzitutto procedimentali, di tipo collaborativo. Sotto il primo profilo, ad esempio, la Corte, pur quando ha riconosciuto la prevalenza della specifica disciplina statale in presenza di esigenze ambientali incomprimibili, ha comunque ammesso la residua potesta' delle Regioni di assicurare, ad esempio, livelli di tutela maggiori di quelli previsti dallo Stato (cfr. ad es. sent. 58/2013).

Da quanto detto discende l'ammissibilita' della presente questione di legittimita' costituzionale. Codesta Corte, infatti, con giurisprudenza costante, ritiene che le Regioni possano impugnare un decreto-legge per motivi attinenti alla pretesa violazione dell'art. 77 Cost., "ove adducano che da tale violazione derivi una compressione delle loro competenze costituzionali" (sentenza n. 6 del 2004; cfr. anche sentt. nn. 128 del 2011, 326 del 2010, 116 del 2006, 280 del 2004). Alla luce delle considerazioni che precedono, si insiste per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 38, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione dell'art. 77, secondo comma, della Costituzione, in combinato disposto con gli articoli 117, commi secondo e terzo comma.

II. Incostituzionalita' dell'art. 38, in particolare commi 1 e 1-bis, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione degli articoli 11 e 117, comma 1, della Costituzione, in relazione alla direttiva 2001/42/CE (c.d. Direttiva VAS), in combinato disposto con l'art. 117, secondo e terzo comma, Cost.

1. Come si e' anticipato in fatto, l'articolo 38, del d.l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164 del 2014, contempla un vero e proprio piano integrato nazionale per la valorizzazione delle risorse energetiche nazionali mediante attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale. La norma stabilisce, infatti, che le attivita' inserite nel D.P.C.M. di cui al comma 1-bis, sono qualificate come attivita' che rivestono carattere di interesse strategico e sono di pubblica utilita', urgenti e indifferibili. L'espletamento delle predette attivita' e' subordinata alla predisposizione di un piano delle aree in cui sono consentite le attivita' sopra richiamate, da parte del Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio.

Insomma, quello individuato dalla norma impugnata costituisce un vero e proprio atto di pianificazione in materia di risorse energetiche, che pertanto, ha un significativo impatto sull'ambiente.

In quanto tale, allora, alla luce della Direttiva 2001/ 42/CE, trasposta nell'ordinamento italiano dal d.lgs. n. 152/2006, al fine di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e contribuire all'integrazione di considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e approvazione dell'atto di pianificazione in materia di risorse energetiche, e, per assicurare che i programmi siano coerenti alle condizioni per uno sviluppo sostenibile, detto piano avrebbe dovuto essere assoggettato alla valutazione ambientale strategica, la quale deve precedere, ex art. 3, par. 2, lett. a), della citata Direttiva, "tutti i piani e i programmi che sono elaborati (...) per i settori (...) energetico" (negli stessi termini dispone l'art. 6, comma 2, lett. a), dell'attuativo d.lgs. n. 152/2006).

Infatti, la valutazione ambientale strategica si applica ai piani e programmi che possono avere impatti significativi sull'ambiente e sul patrimonio culturale, e tra questi vi rientra, esplicitamente, il settore energetico.

Ancora, l'articolo 4 della Direttiva, rubricato "Obblighi generali", stabilisce che "la valutazione ambientale di cui all'articolo 3 deve essere effettuata durante la fase preparatoria del piano o del programma ed anteriormente alla sua adozione o all'avvio della relativa procedura legislativa". La peculiarita' della VAS consiste, infatti, nella sua esecuzione durante la fase preparatoria del programma ed anteriormente alla sua approvazione in sede legislativa o amministrativa, al fine di consentire la contemporanea valutazione delle conseguenze delle azioni proposte sul piano ambientale, fin dall'origine del procedimento decisionale.

Ai sensi degli articoli da 5 a 12 della menzionata direttiva, poi, la procedura di VAS deve comprendere lo svolgimento di una verifica di assoggettabilita' (screening), l'elaborazione del rapporto ambientale, lo svolgimento di consultazioni, la valutazione del piano o del programma, del rapporto e degli esiti delle consultazioni, l'espressione di un parere motivato, l'informazione sulla decisione e il monitoraggio.

Alla luce di quanto precede, l'art. 38, e in particolare il comma 1-bis, in combinato disposto con il comma 1, del d.l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, si mostra incostituzionale, per violazione dell'art. 117, comma 1, della Costituzione, in relazione ai suddetti obblighi stabiliti dalla Direttiva VAS, in quanto adotta un vero e proprio programma nazionale in materia di risorse energetiche, senza aver dato luogo alla necessaria procedura di VAS, con cio' violando gli scopi perseguiti dal legislatore europeo.

2. Ne' si dica che le suddette norme europee in materia di valutazione ambientale strategica non riguarderebbero in parte qua l'attivita' legislativa degli Stati membri.

In senso contrario depongono, in primo luogo, gli articoli 2 e 4 della Direttiva. Il primo stabilisce che per "piani e programmi" devono intendersi anche quelli "che sono previsti da disposizioni legislative" (art. 2, lett. a); il secondo, come accennato, prevede che la procedura di VAS debba essere avviata "anteriormente all'avvio della procedura legislativa" di adozione del piano o programma. Alle considerazioni di ordine testuale si aggiunga anche che, ad accedere a siffatta interpretazione, gli obblighi imposti a livello europeo sarebbero facilmente eludibili dallo Stato, che potrebbe occultare sotto il nomen juris dell'atto normativo un provvedimento che reca in se' i connotati essenziali di un atto di programmazione generale, il quale deve essere obbligatoriamente sottoposto alla prescritta valutazione ambientale strategica. E' appena il caso di dire che una diversa interpretazione della Direttiva in contrasto con il suo significato letterale, richiederebbe a codesta Corte di investire mediante rinvio pregiudiziale ex art. 267 TFUE la Corte di Giustizia dell'Unione europea, onde verificare se l'interpretazione del diritto europeo offerta dal giudice sovranazionale consenta di considerare la normativa qui impugnata con essa compatibile.

In secondo luogo, anche a voler ritenere che il legislatore statale sia sottratto, nell'esercizio della funzione legislativa, all'osservanza delle procedure in materia di VAS, nell'ipotesi in cui queste ultime possano essere esperite al momento dell'attuazione della legge, la norma impugnata sarebbe comunque illegittima. L'articolo 38, del d.l. n. 133/2014, convertito con legge n. 164/2014, infatti, non contempla l'esperimento di siffatte procedure, nemmeno nel momento attuativo, e specificamente per l'adozione del decreto del Ministro dello sviluppo economico, che, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree per il raggiungimento degli obiettivi perseguiti dalla norma. E' evidente, infatti, che la scelta delle aree dove consentire le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale costituisce un'operazione di rilevantissimo impatto ambientale.

Il Governo, dunque, avrebbe dovuto necessariamente prevedere che l'individuazione del piano delle aree in cui consentire le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale venisse assoggettata a VAS, anche alla luce della necessita' di definire criteri univoci per la distribuzione territoriale delle aree a cio' predisposte, e per la valutazione degli impatti discendenti dalle scelte localizzative da assumere. La disciplina censurata, insomma, elude le finalita' perseguite dalla citata Direttiva, quali quella di garantire un elevato livello di protezione dell'ambiente e di contribuire all'integrazione delle considerazioni ambientali all'atto dell'elaborazione, dell'adozione e dell'approvazione dei piani e programmi, assicurando che i medesimi siano coerenti e contribuiscano alle condizioni per uno sviluppo sostenibile.

3. Anche in questo caso, da ultimo, e' bene evidenziare che le dedotte violazioni arrecano di riflesso un vulnus alle competenze attribuite alla Regione Lombardia. In particolare, come si e' gia' ampiamente argomentato nel precedente motivo, la disciplina introdotta dal Governo incide sulle competenze regionali in materia di governo del territorio, di pianificazione territoriale ed urbanistica, di produzione dell'energia, nonche' in materia di tutela della salute, attratte alla competenza legislativa concorrente e residuale delle Regioni. Per onere di brevita', si rimanda dunque a tutte le considerazioni gia' esposte nel I motivo di ricorso, le quali confermano l'ammissibilita' della presente eccezione, in quanto la normativa censurata determina, anche a fronte delle censure qui dedotte, una lesione delle competenze regionali stabilite dalla Costituzione.

Stante quanto precede, la disciplina introdotta dall'art. 38, in particolare il comma 1 e 1-bis, del d.l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, deve essere dichiarata incostituzionale per violazione dell'art. 117, primo comma della Costituzione, in relazione agli obblighi in materia di VAS imposti dalla Direttiva 2001/42/CE, in combinato disposto con l'art. 117, commi 2 e 3, Cost., in quanto tale violazione ridonda in una violazione riflessa delle competenze regionali.

In via subordinata si chiede che sia effettuato un rinvio pregiudiziale, ai sensi dell'art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea alla Corte di Giustizia dell'Unione europea per la seguente questione di interpretazione della direttiva 2001/42/CE (c.d. Direttiva VAS): "se gli artt. 1, 3, 4, 8 e 9 Dir. 2001/42/CE, anche in combinato disposto ostino all'applicazione di una norma, quale quella prevista dall'art. 38 comma 1-bis del d.l. convertito con modifiche, dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, recante "Misure urgenti per l'apertura dei cantieri, la realizzazione delle opere pubbliche, la digitalizzazione del Paese, la semplificazione burocratica, l'emergenza del dissesto idrogeologico e per la ripresa delle attivita' produttive (Sblocca Italia)", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014, n. 262, la quale prevede che "il Ministro dello sviluppo economico, con proprio decreto, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attivita' di cui al comma 1" senza prevedere che, all'atto della predisposizione di tale piano, si applichi la disciplina di valutazione ambientale strategica cosi' come prevista dalla menzionata direttiva.

III. Incostituzionalita' dell'art. 38, in particolare commi 1, 1-bis, 4, 7 e 10, della legge di conversione 11 novembre 2014, n. 164 del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, per violazione dell'art. 117, commi 2 e 3, in combinato disposto con l'articolo 118 della Costituzione. Violazione del principio di leale collaborazione.

1. Come e' noto, la disciplina delle risorse energetiche si colloca non soltanto nell'ambito della produzione, del trasporto e distribuzione nazionale dell'energia, materia di legislazione concorrente tra Stato e regioni ai sensi dell'art. 117, comma 3, della Costituzione; ma interferisce anche, per la sua natura, con interessi e competenze ulteriori quali la tutela della salute, la ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all'innovazione per i settori produttivi e, ancora, il governo del territorio, anche queste, materie di legislazione concorrente ex art. 117, comma 2 della Costituzione.

L'art. 118 della Costituzione, d'altronde, sancisce il principio di sussidiarieta' attribuendo all'organo competente del livello istituzionale piu' vicino agli interessati le funzioni amministrative, stabilendo che si possano assegnare quest'ultime a livelli superiori solo in caso d'inadeguatezza di quelli inferiori. Inoltre ogni intervento in tale materia deve rispettare, secondo la consolidata giurisprudenza della Corte costituzionale, il principio di leale collaborazione.

2. Cio' posto, l'art. 38, del d.l. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164 del 2014, introduce misure in materia di valorizzazione delle risorse energetiche nazionali, che coinvolgono le competenze di diversi livelli di Governo. Vengono in rilievo, in primo luogo, le competenze regionali e locali in materia di governo del territorio, di pianificazione urbanistica ed edilizia, di produzione di energia, di gestione dei servizi pubblici locali, nonche' di tutela della salute.

Tale intervento non rimane confinato alla determinazione di una disciplina di principio, poiche' l'articolo 38, del d.l. 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164 non si limita a fissare una disciplina che possa essere considerata di "cornice" rispetto alle norme di dettaglio di competenza della Regione. Al contrario, l'art. 38 finisce per indicare cosi' nel dettaglio le misure per la valorizzazione delle risorse energetiche, che la Regione viene estromessa dalla maggior parte dei momenti decisionali, sia quanto alla disciplina che ai relativi procedimenti amministrativi.

Ad un attento esame dell'articolo 38, del d.l. n. 133 del 2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, la disposizione si pone pertanto in diretta violazione dei principi costituzionali in materia di riparto delle competenze sanciti dall'articolo 117, commi secondo e terzo, in combinato con l'art. 118 della Costituzione.

Inoltre, la disciplina contestata, pur incidendo su competenze regionali, tra cui il governo del territorio, non e' assistita dalla previsione di alcuna forma di collaborazione, soprattutto nella forma di intesa "forte" (in particolare: il comma 1-bis, in cui si disciplina la predisposizione di un piano delle aree in cui sono consentite le attivita' di cui al comma 1; il comma 4, con riferimento all'ipotesi di sostituzione e il comma 7 che riguarda l'adozione del disciplinare tipo dell'art. 38, d.l. n. 133/2014). Il comma 10, art. 38, d.l. n. 133/2014, viceversa prevede il mero parere delle Regioni e non la forma dell'intesa richiesta secondo la giurisprudenza costante di codesta ecc.ma Corte per giustificare l'attrazione in capo allo Stato di funzioni amministrative e legislative di dettaglio in materie di competenza concorrente.

Come dichiarato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza n. 6/2004 (in conformita' con la precedente giurisprudenza a partire dalla sent. 303/2003) affinche' "una legge statale possa legittimamente attribuire funzioni amministrative a livello centrale ed al tempo stesso regolarne l'esercizio, e' necessario che essa innanzi tutto rispetti i principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza nella allocazione delle funzioni amministrative, rispondendo ad esigenze di esercizio unitario di tali funzioni. E' necessario, inoltre, che tale legge detti una disciplina logicamente pertinente, dunque inidonea alla regolazione delle suddette funzioni, e che risulti limitata a quanto strettamente indispensabile a tale fine. Da ultimo, essa deve risultare adottata a seguito di procedure che assicurino la partecipazione dei livelli di governo coinvolti attraverso strumenti di leale collaborazione o, comunque, deve prevedere adeguati meccanismi di cooperazione per l'esercizio concreto delle funzioni amministrative allocate in capo agli organi centrali".

Come gia' rilevato si potrebbe sostenere che l'intervento riguardi la materia della tutela dell'ambiente e per cio' stesso si collochi al di fuori della competenza delle Regioni. In materia di tutela dell'ambiente pero' questa Corte ha riconosciuto che "non si puo' discutere di materia in senso tecnico, perche' la tutela ambientale e' da intendere come valore costituzionalmente protetto, che in quanto tale delinea una sorta di «materia trasversale», in ordine alla quale si manifestano competenze diverse, anche regionali, fermo restando che allo Stato spettano le determinazioni rispondenti ad esigenze meritevoli di disciplina uniforme sull'intero territorio nazionale" (ex multis: sentenza n. 171/2012, n. 235/2011, n. 225/2009, n. 12/2009). Ne consegue che il legislatore statale e' tenuto a garantire il principio di leale collaborazione, "che per la sua elasticita' consente di aver riguardo alle peculiarita' delle singole situazioni" ed impone alla legge statale di predisporre adeguati strumenti di coinvolgimento delle Regioni, a salvaguardia delle loro competenze (ex plurimis, sentenze n. 50/2005, n. 231/2005, 213/2006, n. 133/2006).

Nulla di tutto cio' e' stato previsto nel caso di specie.

3. In particolare, come si e' detto, il comma 1-bis, dell'art. 38, statuisce che con proprio decreto, il Ministro dello sviluppo economico, sentito il Ministro dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, predispone un piano delle aree in cui sono consentite le attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale.

Come si vede, per l'individuazione delle aree in cui sono consentite le suddette attivita', non e' previsto alcun coinvolgimento delle Regioni e degli enti locali, ne' in forma individuale, ne' attraverso il sistema delle conferenze, sebbene si tratti di una scelta che incide, in misura rilevante, sulle competenze regionali in materia di governo del territorio e di pianificazione, nonche' su quelle in materia di produzione dell'energia e di tutela della salute. Codesta Corte ha affermato, con giurisprudenza costante (ex plurimis, sentenze n. 383 del 2005, n. 6 del 2004 e n. 165/2011) che affinche' si possa avere l'attrazione in sussidiarieta' di funzioni che, come in questo caso, sono relative a materie rientranti nella competenza concorrente di Stato e Regioni, "e' necessario garantire il coinvolgimento delle Regioni interessate, il raggiungimento di un'intesa, in modo da contemperare le ragioni dell'esercizio unitario di date competenze e la garanzia delle funzioni costituzionalmente attribuite alle Regioni".

Pertanto, nell'ambito delle materie di legislazione concorrente, affinche' la disciplina non contrasti con il principio di sussidiarieta', come delineato anche dalla sentenza n. 303/2003, e' necessario il coinvolgimento nel procedimento delle Regioni; e', cioe', richiesta una forma di collaborazione che si realizza attraverso forme di intesa forte tra Stato e Regione. Nel caso in esame, al contrario, il comma 1-bis, dell'art. 38, esclude completamente la Regione interessata dall'opportunita' di esprimersi in materia di determinazione delle aree in cui sono consentite le attivita' suddette, disattendendo la lettura procedimentale operata da questa Corte del principio di sussidiarieta', che subordina lo spostamento verso l'alto delle funzioni amministrative al coinvolgimento nel procedimento delle Regioni.

L'art. 38, non prevedendo, contrariamente a quanto sancito dall'art. 117, commi 2 e 3, in combinato con l'art. 118, della Costituzione, alcuna forma cooperativa, viola cosi' il principio di leale collaborazione.

4. Inoltre, il comma 4 dell'art. 38, prevede lo spostamento "verso l'alto" dei procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso presso le Regioni alla data di entrata in vigore del d.l. n. 133/2014, convertito con legge n. 164/2014, qualora questi non siano conclusi entro il 31 marzo 2015.

Quest'attrazione "verso l'alto" che si atteggia a vero e proprio intervento sostitutivo (al di fuori della cornice di cui all'art. 120 Cost. su cui si veda, infra, il punto V), non e' preceduta da alcuna forma di intesa con la Regione interessata, non potendosi comunque giustificare tale omissione per il solo fatto che sia inutilmente trascorso il termine imposto alle Regioni. Sebbene sia individuato un termine entro il quale concludere i suddetti procedimenti, cio' non toglie che sarebbe comunque necessario un passaggio collaborativo per il conseguimento legittimo del risultato previsto.

Inoltre, sempre il comma 4, art. 38, della Costituzione prevede che gli oneri di spesa istruttori conseguenti ai procedimenti siano versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

Tale disposizione, in quanto logicamente connessa con la immediatamente precedente disposizione incostituzionale, assegnando automaticamente allo Stato gli oneri di spesa istruttori si appalesa anch'essa conseguentemente affetta dal medesimo vizio di illegittimita'.

5. Ma la violazione dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione di cui l'articolo 118 Cost. riguarda anche ulteriori norme dell'articolo 38.

Il comma 7, dell'art. 38, prevede che con disciplinare tipo, adottato con decreto del Ministero dello sviluppo economico, senza la collaborazione della Regione interessata, siano stabilite entro centottanta giorni dall'entrata in vigore della legge n. 164/2014, le modalita' di conferimento del titolo concessorio unico e le modalita' di esercizio delle attivita' di prospezione, ricerca e coltivazione di idrocarburi e quelle di stoccaggio sotterraneo di gas naturale. Tale norma elude, ancora una volta, la necessita' di un'intesa nell'individuazione delle modalita' di esercizio delle attivita' suddette rientranti nella sfera di competenza concorrente, ledendo il principio di leale collaborazione con riferimento all'art 117, commi 2 e 3 Cost., in combinato disposto con l'art. 118 Cost.

Il comma 10, viceversa, prevede il mero parere delle Regioni interessate.

Anche questo comma dell'art. 38, esclude la necessita' della forma d'intesa richiesta, secondo giurisprudenza costante di questa ecc.ma Corte, per consentire l'attrazione in capo allo Stato di funzioni amministrative e legislative di dettaglio in materie di competenza concorrente, cioe' una forma d'intesa "forte", che non si riduca a un mero parere espresso dalla Regione.

7. L'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014, merita pertanto di essere dichiarato incostituzionale dal momento che, preme ribadirlo una volta in piu', determina un'erosione delle competenze regionali senza che tale lesione sia compensata dal rispetto del principio di leale collaborazione in materia di governo del territorio e di produzione, trasporto e distribuzione dell'energia. Alla luce di quanto precede, si insiste, dunque, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014, sotto tutti i profili innanzi esposti.

IV. Incostituzionalita' dell'art. 38, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione degli artt. 117, commi 2 e 3, 118 e 119, in combinato disposto con l'art. 3 della Costituzione.

1. Come si e' argomentato ampiamente nei precedenti motivi di ricorso, le norme introdotte dall'art. 38, del d.l. n. 133/2014, incidono su sfere di competenza della Regione. Le disposizioni riguardanti tali sfere e ambiti di competenza che sono lesi sotto tutti i profili sopra evidenziati, risultano incostituzionali con riguardo alla disciplina della destinazione allo Stato degli oneri di spesa istruttori a carico delle societa', in violazione dei criteri di sussidiarieta', differenziazione, adeguatezza e ragionevolezza.

2. Sotto il primo profilo, il comma 4, dell'art. 38, prevede che gli oneri di spesa istruttori conseguenti ai procedimenti di valutazione di impatto ambientale siano versati all'entrata del bilancio dello Stato per essere successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare. Questi oneri, che rimangono a carico delle societa', si riferiscono ai procedimenti di valutazione di impatto ambientale in corso presso le Regioni e il cui procedimento, decorso il termine fissato al 31 marzo 2005 senza che questo venga concluso, viene trasferito dal Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare.

In tal modo, essendo infondata e illegittima la pretesa di assegnare allo Stato i procedimenti de quibis ne discende che l'attribuzione degli oneri di spesa ad esso ridondino in una lesione dell'autonomia finanziaria e delle Regioni tutelate dall'art. 119 Cost.

E' evidente che per l'esercizio delle proprie competenze e per la realizzazione delle proprie politiche riguardanti la gestione del territorio, la produzione, il trasporto e distribuzione dell'energia e la tutela della salute, le Regioni, come tutti gli enti che svolgono funzioni pubbliche, necessitano di risorse economiche. Infatti, a seconda delle risorse su cui puo' contare la Regione, questa aumentera' o ridurra' gli standard qualitativi dei servizi che eroga. Nel caso di specie, come gia' diffusamente illustrato, la disciplina dell'articolo 38 attiene a una pluralita' di materie di legislazione concorrente che per essere adeguatamente disciplinate necessitano del rispetto e della garanzia dell'autonomia finanziaria.

A tal proposito, non puo' non cogliersi l'assoluta mancanza di qualunque previsione di intesa tra Governo e Regione. Il comma 4 dell'art. 38, infatti, sancisce che gli oneri di spesa istruttori siano successivamente riassegnati al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare, escludendo ogni forma di collaborazione nonostante spetti alle Regioni la potesta' legislativa in materia.

Stante quanto precede, si insiste per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014, anche sotto i profili appena esposti.

V. Incostituzionalita' dell'art. 38, del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, convertito con modifiche dalla legge dell'11 novembre 2014, n. 164, per violazione dell'art. 120 della Costituzione.

1. Le norme introdotte dall'art. 38, del d.l. n. 133/2014, incidendo su sfere di competenza della Regione, e coinvolgendo, a vario titolo, le competenze amministrative delle autorita' competenti al rilascio delle Autorizzazioni integrate ambientali e alla conduzione delle procedure di VIA, devono essere dichiarate incostituzionali per violazione dei principi che presiedono alla disciplina sul potere sostitutivo, sotto un duplice profilo: quello relativo alla mancanza dei presupposti e quello procedimentale.

Sotto il profilo della mancanza dei presupposti, l'articolo 38 del d.l. n. 133/2014, convertito con modifiche dalla legge n. 164/2014, comma 4, disciplina la sostituzione del Governo alla Regione competente nei procedimenti di valutazione di impatto ambientale, scaduto il termine per concludere i procedimenti in corso alla data di entrata in vigore del decreto convertito con legge n. 164/2014. Tale previsione viola l'art. 120 della Costituzione disciplinando una sostituzione che non e' legittimata dai requisiti costituzionalmente previsti, quali il mancato rispetto di norme di trattati internazionali o della normativa comunitaria, ovvero la tutela dell'unita' giuridica o economica e la tutela dei livelli essenziali delle prestazioni concernenti i diritti civili e sociali. In assenza di uno o piu' dei requisiti essenziali la norma che prevede la sostituzione deve essere dichiarata illegittima.

Si ritiene, infatti, che l'art. 38, comma 4, debba essere dichiarato incostituzionale in violazione dell'art. 120, comma 2, della Costituzione, il quale nell'attribuire i poteri sostitutivi al Governo, impone alla legislazione attuativa di assicurare il rispetto del principio di leale collaborazione unitamente a quello di sussidiarieta'. Il primo, com'e' noto, richiede il coinvolgimento dei destinatari del provvedimento sostitutivo, cioe' la Regione, durante il processo di sostituzione, previsione che il comma 4 dell'art. 38 disattende; il principio di sussidiarieta' invece, ammette che la sostituzione avvenga nei limiti in cui risulti strettamente necessaria a garantire le esigenze in ragione delle quali e' costituzionalmente ammessa.

Alla disciplina sui poteri sostitutivi del Governo sono, infatti, ispirate le regole procedimentali adottate dal legislatore ordinario nell'art. 8 della legge n. 131 del 2003, che prevedono, oltre alla fissazione di un congruo termine per provvedere, l'audizione dell'organo inadempiente in attuazione del principio di leale collaborazione. A cio' si aggiunga che la legge n. 131/2003 prevede anche la riunione del Consiglio dei ministri con il Presidente della Giunta regionale interessata in caso di inutile decorso del termine fissato, previsione che avvalora ulteriormente la tesi della necessita' di un procedimento di cooperazione tra Stato e Regione interessata che, seppur e' alla base del principio di leale collaborazione, nell'art. 38, comma 4, viene completamente disatteso.

2. A cio' si aggiunga che, come affermato da codesta ecc.ma Corte nella sentenza 165/2011, "l'esercizio del potere sostitutivo deve compiersi - sempre secondo l'art. 120 Cost. - in base alle procedure stabilite dalla legge a garanzia dei principi di sussidiarieta' e di leale collaborazione". In attuazione dell'art. 120 Cost., l'art. 8 della legge n. 131 del 2003 prevede che il Presidente del Consiglio dei ministri assegni all'ente interessato un congruo termine per adottare i provvedimenti dovuti o necessari e che, decorso inutilmente detto termine, sentito l'organo interessato, il Consiglio dei ministri assuma i provvedimenti necessari o nomini un apposito commissario. Il comma 4, dell'articolo 38, fissa un termine per concludere i procedimenti di VIA al 31 marzo 2015 ma in caso di mancato rispetto del predetto termine, non prevede alcuna forma di collaborazione con la Regione interessata e prevede direttamente la trasmissione della relativa documentazione al Ministero dell'ambiente e della tutela del territorio e del mare per i seguiti istruttori di competenza.

Ebbene, questa Corte ha chiarito in diverse occasioni che deve ricomprendersi in quanto previsto dall'art. 118 Cost. - il quale attribuisce in via di principio ai Comuni, in tutte le materie, le funzioni amministrative, ma riserva la possibilita' che esse, per assicurarne l'esercizio unitario, siano conferite, sulla base dei principi di sussidiarieta', differenziazione ed adeguatezza, ai livelli territoriali di governo di dimensioni piu' ampie - anche la previsione di "eccezionali sostituzioni di un livello ad un altro di governo per il compimento di specifici atti o attivita', considerati dalla legge necessari per il perseguimento degli interessi unitari coinvolti, e non compiuti tempestivamente dall'ente competente" (sentenza n. 43 del 2004). In questa prospettiva, si e' tuttavia precisato che non puo' farsi discendere dall'art. 120, secondo comma, Cost. una riserva a favore della legge statale di ogni disciplina del potere sostitutivo, dovendosi viceversa riconoscere che "la legge regionale, intervenendo in materie di propria competenza e nel disciplinare, ai sensi dell'art. 117, terzo e quarto comma, e dell'art. 118, primo e secondo comma, Cost., l'esercizio di funzioni amministrative di competenza dei Comuni, preveda anche poteri sostitutivi in capo ad organi regionali, per il compimento di atti o attivita' obbligatorie, nel caso di inerzia o di inadempimento da parte dell'ente competente, al fine di salvaguardare interessi unitari che sarebbero compromessi dall'inerzia o dall'inadempimento medesimi" (sentenza n. 43 del 2004).

Pertanto, con riferimento al profilo soggettivo, l'art. 38, comma 4 viola la disciplina sui poteri sostitutivi non soltanto disciplinando la sostituzione dello Stato alle Regioni dopo la scadenza del termine senza prevedere alcuna forma di collaborazione, ma anche violando la disciplina attraverso la previsione della sostituzione dello Stato agli enti locali, estromettendo completamente la Regione dai procedimenti di VIA in corso alla data di entrata in vigore del decreto in questione.

Alla luce di quanto precede, si insiste, dunque, per la declaratoria di illegittimita' costituzionale dell'art. 38, del d.l. n. 133 del 2014, per violazione dell'art. 120 della Costituzione.

 

P.Q.M.

 

Voglia l'ecc.ma Corte costituzionale adita, ogni contraria istanza, eccezione e deduzione disattesa, previo eventuale rinvio pregiudiziale alla Corte di Giustizia dell'Unione europea ex art. 267 del Trattato sul Funzionamento dell'Unione europea, accogliere il presente ricorso e per l'effetto dichiarare l'incostituzionalita' dell'articolo 38, nel suo complesso dispositivo e in particolare con riferimento ai commi 1, 1-bis, 4, 7, 10 del decreto-legge 12 settembre 2014, n. 133, pubblicato nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana del 12 settembre 2014, n. 212, convertito con modifiche dalla legge 11 novembre 2014, n. 164, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Repubblica italiana dell'11 novembre 2014, n. 262 per violazione degli articoli 11; 77; 117, commi 1, 2, e 3; 118; 119 e 120, della Costituzione.

Si depositeranno, unitamente al presente ricorso notificato, i seguenti documenti:   1) Delibera di Giunta regionale n. X/2653, del 14.11.2014.

Roma, 7 gennaio 2015

Prof. avv. Giovanni Guzzetta - Avv. Viviana Fidani