In verità, la ricostruzione che ho appena delineato risulta oggi messa in discussione dalla l. 145/02 che, operando un riordino generale della dirigenza statale, ha modificato significativamente il precedente art. 19 del dlgs 165/01, qualificando espressamente l’atto di conferimento dell’incarico dirigenziale quale “provvedimento” amministrativo, cui il contratto individuale accede ai soli fini della mera definizione del trattamento economico. In tal caso, l’individuazione dell’atto in termini di “provvedimento” sembra andare oltre una mera definizione formale per rivestire, invece, caratteri di valenza sostanziale. Infatti, invertendo i termini del rapporto sussistente tra elemento pubblicistico ed elemento negoziale, si è attribuito al “provvedimento” di conferimento dell’incarico il compito di individuare l’oggetto dello stesso incarico, gli obiettivi da conseguire, nonché la sua durata, mentre al contratto che vi accede si è limitato il compito alla mera definizione degli aspetti economici del rapporto già instaurato per via amministrativa. Ciò potrebbe indurre a ritenere che, se il Legislatore è intervenuto specificamente sul punto in questione, e con siffatte modalità, probabilmente è stato animato dalla volontà di recuperare maggiori ambiti di operatività per l’esercizio del potere unilaterale ed autoritativo delle amministrazioni pubbliche, riducendo, al contempo, lo spazio negoziale di azione. La stessa circolare 31.7.2002 della Presidenza del Consiglio dei Ministri, Dipartimento della funzione pubblica, si è espressa nel senso che “nel nuovo assetto normativo della dirigenza, l’atto di conferimento dell’incarico assume connotazione provvedimentale, ponendosi come determinazione conclusiva di un apposito procedimento amministrativo, nel quale si manifesta l’interesse pubblico correlato al perseguimento degli obiettivi definiti dall’organo di indirizzo politico-amministrativo. La legge qualifica espressamente l’atto di assegnazione delle funzioni dirigenziali come provvedimento, ponendo in rilievo il carattere unilaterale della determinazione……..Ne deriva che l’attività riguardante il conferimento degli incarichi, anche in mancanza di apposita disciplina di dettaglio, è assoggettata ai principi generali del procedimento amministrativo, con particolare riguardo alle regole partecipative ed all’obbligo dell’amministrazione di comunicare l’avvio del procedimento ai soggetti destinatari dell’atto conclusivo”. E’ intuitivo come si rimetta in discussione il problema dell’individuazione della natura giuridica dell’assegnazione e della revoca degli incarichi dirigenziali, e della conseguente posizione soggettiva dei dirigenti destinatari degli atti, nonchè dell’identificazione degli strumenti di tutela a loro disposizione. [1] Nel testo del dlgs 165/01, (nella versione antecedente alla L. 145/02, che di recente è intervenuta a riordinare la materia della dirigenza statale), l’assegnazione degli incarichi per i dirigenti statali è disciplinata dal II comma dell’art. 19 del dlgs 165/01 il quale, in aderenza alla nuova filosofia che ispira il rapporto tra amministrazione e dirigenza, disponeva testualmente che: “tutti gli incarichi di direzione degli uffici delle amministrazioni dello Stato, anche ad ordinamento autonomo, sono conferiti a tempo determinato, secondo le disposizioni del presente articolo. Gli incarichi hanno durata non inferiore a due anni e non superiore a sette anni, con facoltà di rinnovo. Sono definiti contrattualmente, per ciascun incarico, l’oggetto, gli obiettivi da conseguire, la durata dell’incarico, salvo i casi di revoca di cui all’art. 21, nonché il corrispondente trattamento economico”. [2] D’Alessio in “Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” Commentario diretto da Franco Carinci e Massimo D’Antona, vol I, pag. 781. A tal proposito, si è inoltre detto che “L’affidamento a tempo determinato risulta, altresì, l’unico coerente con il già indicato processo circolare (fissazione dell’obiettivo-conferimento dell’incarico-valutazione dell’attività), in cui l’ultimo passaggio, cioè appunto la valutazione dell’attività dirigenziale, si pone nel contempo come momento terminale di accertamento dei risultati ottenuti dal dirigente e come momento iniziale per la conferma al medesimo incarico precedentemente svolto o per l’assegnazione ad altro incarico di diverso pregio. L’affidamento dell’incarico a tempo indeterminato ostacolerebbe in maniera significativa l’attuazione di detto processo” A. Boscati “Incarichi, valutazione e mobilità dei dirigenti. Formazione”in “Icontratti per le aree dirigenziali” – Commentario diretto da F. Carinci e C. D’Orta, ed Giuffrè. [3] Cons. Stato 17.7.1996 n° 875. [4] Per tutte, Cons. Stato, 7.6.1996. [5] L’art. 19 del T.U. 165/01, al comma 7 dispone che “gli incarichi di direzione degli uffici dirigenziali di cui ai comma precedenti sono revocati nelle ipotesi di responsabilità dirigenziale per inosservanza delle direttive generali e per i risultati negativi dell’attività amministrativa e della gestione, disciplinate dall’art. 21, ovvero nel caso di risoluzione consensuale del contratto individuale di cui all’art. 24, comma 2. [6] Si vedano, a tal proposito, l’art. 109 TUEL e gli art. 13 e 14 CCNL area dirigenza, comparto regioni –autonomie locali, 1999-2001. [7]A tal riguardo, ricordo che, relativamente alla revoca determinata da ragioni organizzative e produttive, l’art. 13 del CCNL dispone, come visto, che esse debbano essere appunto motivate, e l’articolato procedimento di valutazione previsto dall’art. 14 per la verifica dei risultati ottenuti dai dirigenti induce a ritenere che comunque esso si concluderà sempre con un atto motivato; per il conferimento degli incarichi, l’art. 109 del Testo Unico degli Enti Locali dispone che vengano attribuiti con “provvedimento motivato”. Il dubbio non si limita, ovviamente, all’applicabilità dell’art. 3 della L. 241/’90, ma si estende a tutte le altre disposizioni della normativa: si pensi ad esempio all’art. 7, in caso di mancata comunicazione all’interessato dell’avvio di un qualsivoglia procedimento riguardante il suo rapporto di lavoro [8] L’art. 2 del dlgs 165/01, I comma, dispone che “le amministrazioni pubbliche definiscono, secondo principi generali fissati da disposizioni di legge, e sulla base dei medesimi, mediante atti organizzativi secondo i rispettivi ordinamenti, le linee fondamentali di organizzazione degli uffici; individuano gli uffici di maggiore rilevanza e i modi di conferimento della titolarità dei medesimi; determinano le dotazioni organiche complessive”. [9] M. D’Antona,” Lavoro pubblico e diritto del lavoro: la seconda privatizzazione del pubblico impiego nelle leggi Bassanini”, in prefazione a “Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” Commentario diretto da Franco Carinci e Massimo D’Antona, II ed., tomo I. [10] In questo senso Trib. Genova 19 agosto 1999 e Trib. Genova 26 maggio 2000, che, pronunciandosi in particolare sulla revoca di un trasferimento disposto a seguito di errore degli uffici, lo hanno qualificato come nuovo trasferimento, la cui legittimità è correlata ai presupposti dell’art. 2103 c.c.. [11] C. D’Orta, “il potere organizzativo delle pubbliche amministrazioni tra diritto pubblico e privato”, in “Il lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche” Commentario diretto da Franco Carinci e Massimo D’Antona, vol I, pag. 770. [12] D’Orta in “Il potere organizzativo delle pubbliche amministrazioni tra diritto pubblico e privato”, op. cit.; D’Alessio “Gli incarichi di funzioni dirigenziali” in Carinci –D’Antona (a cura di) “Il lavoro alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni” 2000, 769 s.s. In giurisprudenza la tesi è condivisa da TAR Puglia, Lecce, sez. I, 6.2.1999 n° 271; TAR Lombardia, Milano, sez. II, 21.1.1999; Trib. Potenza 16.11.1999 (ord.). [13] Come, all’indomani della riforma sul pubblico impiego aveva ritenuto lo stesso Consiglio di Stato, nel parere del 31 agosto 1992 n° 146 sul disegno governativo di legge delega. [14] Per tutti Zoppoli, “La riforma dell’organizzazione dei rapporti di lavoro e del processo nelle amministrazioni pubbliche”, in N. leggi civ. comm., 1999, 1165; Nello stesso senso Sordi, “I confini della giurisdizione ordinaria nelle controversie di pubblico impiego”, in Arg. dir. lav., 1999, 179. In giurisprudenza la tesi è condivisa da TAR Sicilia, Catania, 17.5.1999 n°1034/ord.; Trib. Bari, 12.7.1999 (ord.); Trib. Milano, 11.4.2000 (ord.); Trib. Catania 9.5.2000(ord.); Trib. Nocera Inferiore 30.3.2000 (ord.); Trib. Vicenza ord. 23.8.1999; Tribunale di Teramo, ord. 9.5.200. |