REPUBBLICA ITALIANA

IN NOME DEL POPOLO ITALIANO

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Sesta) ha pronunciato la seguente

DECISIONE

sul ricorso in appello n. 3860 del 2003, proposto da TOMEI Roberto, rappresentato e difeso dagli avv.ti Giorgio Carta e Agostino Dessy, elettivamente domiciliato presso il loro studio in Roma, Viale B. Buozzi n. 76,

contro

l’Università degli Studi del Molise, in persona del Rettore pro-tempore, rappresentata e difesa dall'Avvocatura Generale dello Stato, presso la quale è domiciliata, in Roma, via dei Portoghesi, n. 12;

e nei confronti

- della dott.ssa Marina D’Orsogna, rappresentata e difesa dagli avv.ti  Franco Gaetano Scoca e Aristide Police, elettivamente domiciliata presso lo studio del primo in Roma, Via Giovanni Paisiello n. 55;

- del dott. Giulio Napolitano, non costituitosi;

- del dott. Andrea Rallo, rappresentato e difeso dall’avv. Orazio Abbamonte, elettivamente domiciliato presso lo studio del medesimo in Roma, Via G.G. Porro n. 8;

per l'annullamento

della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale del Lazio, Sez. III, n. 10825 del 27 novembre 2002.

Visto il ricorso con i relativi allegati;

Visti gli atti di costituzione in giudizio dell'Avvocatura dello Stato, della dott.ssa D’Orsogna e del dott. Rallo;

Viste le memorie prodotte dalle parti a sostegno delle rispettive difese;

Visti gli atti tutti della causa;

Relatore alla pubblica udienza del 24 febbraio 2004 il Cons. Giuseppe Minicone;

Uditi gli avv.ti Carta, Police e Abbamonte;

Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue:

FATTO

Con ricorso notificato il 31 ottobre 2001 e con successivi motivi aggiunti notificati il 7 dicembre 2001, il dott. Roberto Tomei, dirigente dell’ISTAT, impugnava, innanzi al Tribunale amministrativo regionale del Lazio:

- il decreto del Rettore dell’università degli studi del Molise n. 796 del 25 luglio 2001, che aveva approvato gli atti relativi alla procedura di valutazione comparativa per 1 posto di professore universitario di ruolo di seconda fascia (s.s.d. N10X – diritto amministrativo – presso la facoltà di giurisprudenza) III sessione 2000, bandita con D.R. n. 1398 del 25 settembre 2000, e aveva dichiarato idonei i dott.ri D’Orsogna, Napolitano e Rallo;

- la dichiarazione di non idoneità del ricorrente;

- il decreto del Rettore dell’Università degli Studi del Molise n. 945 del 2 ottobre 2001, che aveva nominato il dott. Rallo professore universitario di ruolo di seconda fascia presso la facoltà di giurisprudenza;

- ogni altro atto presupposto, connesso o conseguente alla impugnata procedura di valutazione comparativa.

Avverso tali atti deduceva le seguenti censure:

a)                 violazione dell’art. 62, comma 1, del DPR 3 maggio 1957, n. 686 e dell’art. 4, comma 1, del DPR 23 marzo 2000, n. 117, per avere la Commissione esaminatrice stabilito i criteri di massima dopo avere appreso l’identità dei candidati ammessi alla procedura;

b)                 violazione dell’art. 4, comma 1, del DPR 23 marzo 2000, n. 117, in quanto la medesima Commissione avrebbe omesso di predeterminare e di pubblicizzare le procedure di valutazione comparativa e, nello specifico, la determinazione di dare luogo alla prova didattica solo in forma semplificata;

c)                 violazione dell’art. 6, comma 3, del bando ed eccesso di potere per contrasto con la prassi amministrativa, per avere la Commissione arbitrariamente deliberato di non fare luogo ad una vera e propria lezione, ma solo ad un saggio della capacità di inquadrare l’argomento assegnato e di esporlo correttamente;

d)                 violazione dell’art. 4, comma 12, del ripetuto DPR n. 117/2000, non avendo il commissario prof. Leone espresso il proprio giudizio inerente i lavori scientifici su tutti i cinque candidati nonché sulla prova didattica svolta dal ricorrente;

e)                 violazione della legge 3 luglio 1998, n. 210, del DPR n. 117/2000, del Regolamento di Ateneo e del Bando, essendo mancata qualunque forma di valutazione comparativa tra i titoli e le pubblicazioni dei candidati nonché la specificazione dei criteri normativamente previsti;

f)                   illegittimità dei giudizi individuali e collegiali espressi sul ricorrente dai Commissari d’esame e, in particolare, omessa valutazione analitica dei singoli elementi di giudizio con specifico riguardo ai titoli di servizio e alla collocazione editoriale delle pubblicazioni;

g)                 illegittimità dei giudizi individuali e collegiali riguardanti gli altri candidati, con particolare riguardo alla diffusione delle pubblicazioni e al rispetto delle regole sulla pubblicazione a stampa;

h)                 violazione del Regolamento di Ateneo, in quanto il giudizio sfavorevole concernente il ricorrente non sarebbe stato motivato con le ragioni del superamento del voto contrario espresso da uno dei commissari (il prof. Federici).

Il giudice adito, con la sentenza in epigrafe, previa estromissione dal giudizio del Ministero dell’università e della ricerca scientifica e tecnologica, ha, in parte, respinto, perché infondati, e, in parte, dichiarato inammissibili, perché impingenti nel merito, i motivi di gravame.

Avverso tale decisione ha proposto appello l’interessato, rinnovando sostanzialmente le doglianze già avanzate in primo grado, erroneamente, a suo avviso, disattese dal T.A.R..

Si sono costituiti in giudizio l’Università degli studi del Molise e i controinteressati dott. D’Orsogna e dott. Rallo, che hanno concordemente chiesto il rigetto dell’appello.

Non si è costituito il dott. Napolitano.

Alla pubblica udienza del 24 febbraio 2004 il ricorso è stato trattenuto in decisione.

DIRITTO

1. Il dott. Roberto Tomei censura la sentenza del Tribunale amministrativo regionale del Lazio, che ha respinto il suo ricorso volto all’annullamento della procedura comparativa per 1 posto di professore universitario di ruolo di seconda fascia (S.S.D. N10X – diritto amministrativo – presso la facoltà di giurisprudenza), indetta dal Rettore dell’Università del Molise con decreto del 25 settembre 2000.

2. Con il primo motivo di appello, l’istante, richiamando l’art. 4, comma 1, del DPR 23 marzo 2000, n. 117, che fa obbligo alle commissioni giudicatrici di predeterminare i criteri di massima e le procedure della valutazione comparativa dei candidati (da pubblicizzarsi tempestivamente), lamenta che, nella specie, la Commissione non avrebbe fissato, in sede di riunione preliminare, le modalità di espletamento della prova didattica.

Tali modalità sarebbero state portate a conoscenza dei candidati solo il giorno della prova, allorché era stato loro riferito che la prova stessa non doveva “ tradursi in una vera lezione ” , ma doveva “ essere intesa come saggio della capacità di inquadrare l’argomento assegnato e di esporlo correttamente ” . 

In tal modo, peraltro (e questo forma oggetto del secondo motivo di appello, che può essere, perciò, congiuntamente esaminato), la prova didattica sarebbe stata condotta in violazione sia dell’art. 6, comma II, del DPR 11 luglio 1980, n. 382, sia del bando di concorso, che prevedevano lo svolgimento di una lezione simulata e non di uno schema di lezione, durato, oltre tutto, pochi minuti.

2.1. La doglianza, per entrambi i profili sopra riferiti, non può essere condivisa.

2.2. Come risulta dal verbale n. 1 in data 16 maggio 2001, la Commissione, nella sua prima riunione, ha provveduto a predeterminare (pag. 3) anche i criteri di valutazione della prova didattica, stabilendo che avrebbe preso in considerazione i seguenti aspetti:

a)                 capacità di inquadrare l’argomento assegnato all’interno di un corso del settore scientifico-disciplinare N10X;

b)                 capacità di esporre i contenuti della lezione con chiarezza, comunicativa e proprietà di linguaggio;

c)                 capacità di esaurire i contenuti della lezione all’interno del tempo assegnato;

d)                 capacità di collegare argomenti trattati con gli ambiti disciplinari affini.

Ed a tali criteri si è, in effetti, attenuto l’Organo giudicante, il quale, nella seduta del 12 luglio 2001 ha espresso l’opinione che la prova didattica non potesse “ tradursi in una vera lezione data a studenti ” , ma che dovesse essere intesa, appunto, indipendentemente dalla presenza (effettiva o simulata) di studenti, come saggio dell’attitudine ad inquadrare l’argomento oggetto della prova e di esporlo nella maniera più idonea.

2.3. Una prova così configurata appare pienamente rispondente alla previsione del bando, dal momento che essa non si traduce affatto, come pretende l’appellante, in una “ lezione semplificata ” o in uno “ schema di lezione ” (terminologia che non si rinviene nel verbale citato); e ciò, in disparte la considerazione che il ridurre una lezione a schema richiederebbe, in realtà, notevole attitudine didattica, postulando la capacità di organizzare e sintetizzare i concetti da esprimere, senza menomarne il contenuto.

2.4. Quanto, poi, alla affermata brevità del tempo assegnato per lo svolgimento della prova, si evince dal relativo verbale che la seduta della Commissione è durata dalle dodici alle diciassette e che in essa sono stati valutati cinque candidati, onde, a tacere di ogni altra considerazione circa la significatività del parametro temporale, non trova alcun sostegno l’asserzione dell’appellante, secondo la quale detta prova sarebbe durata “ pochi minuti ” .

2.5. V’è, peraltro, da aggiungere che neppure è dato comprendere, come sottolineano le controparti, l’interesse dell’appellante a muovere le censure di cui sopra, posto che le modalità concrete di svolgimento della prova didattica non risultano averlo in alcun modo danneggiato, avendo egli ottenuto un giudizio individuale e collegiale favorevole circa la conoscenza della materia e l’adeguatezza del linguaggio giuridico adoperato per esporla, ovverosia circa il possesso dei requisiti di attitudine didattica predeterminati dalla Commissione.

3. Con il terzo motivo di gravame, il dott. Tomei sostiene che la Commissione avrebbe dichiarato idonei i controinteressati e non idoneo l’appellante senza effettuare alcuna valutazione comparativa tra i titoli e le pubblicazioni dei candidati.

Ciò sarebbe dimostrato dal fatto che i giudizi sono riferiti nominativamente a ciascun candidato e, singolarmente presi, privi di qualsivoglia riferimento agli altri, sì che non sarebbe dato di evincere l’iter logico alla stregua del quale i controinteressati hanno prevalso sull’appellante.

3.1. Anche tale censura è da disattendere.

3.2. Va chiarito, al riguardo, che la “ valutazione comparativa ” , richiamata con insistenza dall’interessato, concerne la procedura concorsuale nel suo complesso, nel senso che questa deve svolgersi in modo da consentire che emergano, nel raffronto dei singoli giudizi (individuali, prima, e collegiali, poi) i candidati da ascrivere al novero degli idonei, rispetto a quelli che tale idoneità non conseguano o la conseguano in misura (relativamente)  insufficiente.

Appare, pertanto, non corretto l’approccio dell’appellante, il quale pretenderebbe che ogni singolo giudizio espresso nei confronti di ciascun candidato, relativamente al curriculum, ai titoli e alle prove debba recare una valutazione comparativa.

Ed invero, ove si osservasse un procedimento siffatto, in disparte la sua farraginosità, si perverrebbe a risultati ingovernabili proprio sotto il profilo logico, posto che se per un commissario, relativamente, ad esempio, ai titoli scientifici, il candidato “ a ” fosse migliore, nell’ordine, di “ b ” , “ c ” , “ d ” ed “ e ” , mentre, per altro commissario, il candidato “ c ” fosse migliore, nell’ordine, di “ d ” , “ e ” , “ b ” ed “ a ” , e gli altri tre commissari esprimessero giudizi comparativi divergenti dalle serie sopra indicate (e ciò si ripetesse, inoltre, per ciascuno dei profili oggetti di giudizio), non se ne potrebbe trarre, il più delle volte, alcuna trasparente valutazione complessiva finale.

3.3. Maggiormente aderente alla ratio della procedura nonché dotato di maggiore trasparenza appare invece il procedimento logico di muovere dalla formulazione di giudizi assoluti per ciascun candidato, giacché un siffatto criterio consente alla Commissione proprio di raffrontare le valutazioni globali ed esprimere quel giudizio conclusivo di prevalenza di uno o più candidati rispetto agli altri, che costituisce l’essenza della procedura comparativa.

3.4. D’altra parte, se è vero che il giudizio della commissione deve dare contezza delle ragioni che convincono sulla idoneità di un determinato candidato rispetto ad un altro, la motivazione dovrà essere tanto più puntuale quanto minori saranno le differenze emergenti dai giudizi espressi su ciascuno; cosicché, ove i giudizi individuali, raffrontati secondo parametri omogenei, facciano emergere immediatamente una scala di valori, sarà adeguatamente sorretta la scelta corrispondente a tale scala (mentre sarebbe evidentemente illogica e censurabile quella che non la rispecchiasse); mentre, ove i valori appaiano non significativamente differenziati, la scelta finale dovrà, evidentemente, dare esauriente conto della avvenuta comparazione e degli esiti di questa.

Il che, del resto, trova conforto normativo proprio nell’art. 4 c. 13 del DPR n. 117/2000, in base al quale “ al termine dei lavori la commissione previa valutazione comparativa, con deliberazione assunta a maggioranza dei componenti, … individua inequivocabilmente i nominativi di non più di due idonei nelle valutazioni comparative per professore associato… e per professore ordinario, fatto salvo quanto previsto dall'articolo 5, comma 2, della legge 3 luglio 1998, n. 210 ” .

3.5. Ne discende che il metodo seguito dalla Commissione non può essere considerato ex se illegittimo, salva la verifica, in sede di sindacato giurisdizionale, della correttezza e della congruità delle valutazioni finali, alla luce dei giudizi di valore espressi in ordine a ciascun candidato.

4. Con il quarto motivo di appello, l’istante, dopo aver richiamato l’art. 3, comma 3 (rectius, 2), del Regolamento di Ateneo per il reclutamento di personale docente e ricercatore (approvato con D.R. n. 1211 del 28.7.2000) - il quale prevede che i criteri elencati nell’art. 4 del DPR n. 117 del 2000 “ devono essere specificati per ognuna delle prove che il candidato dovrà sostenere ” -, lamenta che tale specificazione sia mancata in tutti i giudizi espressi dai commissari Spagnuolo Vigorita, Clarizia, Leone e De Lorenzo.

4.1. La doglianza (che, contrariamente a quanto ritenuto dal primo giudice, non può essere considerata afferente a profili di merito della valutazione amministrativa e può, quindi, ricevere ingresso in sede di sindacato di legittimità) deve essere distintamente esaminata in relazione ai criteri dettati dal secondo e dal quarto comma dell’art. 4 del più volte citato DPR n. 117 del 2000.

4.2. Il secondo comma, occupandosi della produzione scientifica, prescrive che la Commissione debba attenersi ai seguenti criteri:

a) originalità e innovatività della produzione scientifica e rigore metodologico;

b) apporto individuale del candidato, analiticamente determinato nei lavori in collaborazione;

c) congruenza dell'attività del candidato con le discipline ricomprese nel settore scientifico-disciplinare per il quale è bandita la procedura ovvero con tematiche interdisciplinari che le comprendano;

d) rilevanza scientifica della collocazione editoriale delle pubblicazioni e loro diffusione all'interno della comunità scientifica;

e) continuità temporale della produzione scientifica, anche in relazione alla evoluzione delle conoscenze nello specifico settore scientifico-disciplinare.

Orbene, dalla lettura della disposizione emerge con chiarezza che i parametri di valutazione ivi indicati sono posti in ordine logico susseguente di apprezzamento, sì che il ricorso a quelli successivi si rende necessario solo allorché, non risultando decisiva l’applicazione di quelli precedenti, occorra ulteriormente affinare il giudizio, ai fini della comparazione.

Posto, infatti, che il criterio di valutazione prioritario (sia nella ratio della procedura concorsuale sia nell’elencazione della disposizione) riguarda l’originalità e innovatività della produzione scientifica, è evidente come solo per i lavori che abbiano superato positivamente tale giudizio si renda necessario apprezzare ulteriormente (per consentire il giudizio comparativo con i lavori di altri candidati anch’essi dotati di originalità e di innovatività) la loro congruenza con le discipline ricomprese nel settore scientifico-disciplinare per il quale è bandita la procedura ovvero, in successione, la rilevanza scientifica della collocazione editoriale, la loro diffusione e, infine, la continuità della produzione.

4.2.1. Tale ulteriore indagine appare, invece, superflua in presenza di lavori ritenuti, in apice, non originali, rendendo tale giudizio recessivo ogni altro elemento di valutazione.

E’, infatti, evidentemente, irrilevante, ai fini concorsuali, il grado di diffusione di una pubblicazione cui non sia riconosciuto il carattere innovativo, per la ragione assorbente che la conoscenza generale di un’opera non originale non è idonea, per ciò stesso,  a porla su un gradino preferenziale rispetto ad un’opera originale.

4.2.2. Orbene, nel caso di specie, i giudizi riguardanti l’attività scientifica dell’appellante sono incentrati, appunto, sulla non originalità dei lavori ( “ privi di originalità ” o che “ non offrono un significativo ed originale contributo ” , secondo il prof. Spagnuolo Vigorita; “ privi di originalità ” e “ poco innovativo ” il lavoro monografico, secondo il prof. Leone; “ senza…soluzioni particolarmente originali ” , secondo il prof. De Lorenzo).

Negativo sul punto della originalità, appare anche il giudizio del prof. Clarizia, che fa riferimento ad “ apprezzabile intento ricostruttivo e ampia conoscenza con esclusivo riferimento allo stato della dottrina e della giurisprudenza ” , formulazione, questa, che si riscontra nel giudizio, anch’esso di inidoneità, del candidato Valorzi e si contrappone a quello esplicito di originalità degli altri tre candidati ritenuti idonei.

E, dunque, un giudizio siffatto appare assorbente degli altri criteri indicati dal secondo comma dell’art. 4 del DPR n. 117/2000, onde non si riscontra, in concreto, alcuna illegittimità derivante dalla omissione dell’esame degli altri profili di valutazione ivi prescritti.

4.2.3. E’ vero che l’appellante sostiene, anche, l’illegittimità dei giudizi a suo carico per non essere stata motivata l’addotta mancanza di originalità della sua attività scientifica.

Sennonché, il relativo giudizio di valore attiene, esso sì, alla discrezionalità della Commissione giudicatrice, non sindacabile, nel merito, dal giudice amministrativo, in assenza di elementi che ne denotino la manifesta illogicità, elementi che, però, il dott. Tomei non adduce, essendosi lo stesso limitato, sul punto, a sollevare una generica doglianza.

Si tratta, peraltro, di un profilo avente ormai scarsissimo rilievo pratico, dato che – per effetto del parziale accoglimento del presente appello nei sensi di cui appresso – la Commissione dovrà rinnovare ab imis il giudizio sull’idoneità del ricorrente e di alcuni controinteressati e in tale sede sarà rinnovata o riconsiderata, anche per i profili di merito, la valutazione dell’attività scientifica di tali candidati.

4.3. Diverso discorso deve farsi per la dedotta violazione dei criteri di cui al comma 4 del più volte menzionato art. 4 del DPR n. 117/2000.

4.3.1.Detta norma così dispone:

Costituiscono, in ogni caso, titoli da valutare specificamente nelle valutazioni comparative:

a) attività didattica svolta anche all'estero;

b) i servizi prestati negli atenei e negli enti di ricerca, italiani e stranieri;

c) l'attività di ricerca, comunque svolta, presso soggetti pubblici e privati, italiani e stranieri;

d) i titoli di dottore di ricerca e la fruizione di borse di studio finalizzate ad attività di ricerca;

e) il servizio prestato nei periodi di distacco presso i soggetti di cui all'articolo 3, comma 2, del decreto legislativo 27 luglio 1999, n. 297;

f) l'attività in campo clinico e, con riferimento alle scienze motorie, in campo teorico-addestrativo, relativamente ai settori scientifico-disciplinari in cui siano richieste tali specifiche competenze;

g) l'organizzazione, direzione e coordinamento di gruppi di ricerca;

h) il coordinamento di iniziative in campo didattico e scientifico svolte in ambito nazionale ed internazionale.

Orbene, i titoli sopra indicati, come risulta chiaramente dal dettato normativo, si affiancano a quelli menzionati al comma secondo e, per espressa volontà del legislatore, ove fatti valere, devono formare oggetto di autonoma valutazione, che non è suscettibile, quindi, di essere assorbita, come, invece, sembra ritenere il T.A.R...

4.3.2. Nel caso di specie, l’appellante lamentava l’omissione della espressa considerazione sia dell’attività didattica sia dei servizi prestati nell’ISTAT, quale ente di ricerca, sia dell’attività di ricerca svolta presso l’ISTAT, in qualità di soggetto pubblico, sia del coordinamento di iniziative in campo scientifico, come il “ Codice della statistica ” e il volume su “ Il Sistema statistico nazionale ” .

4.3.3. La doglianza, per quel che riguarda l’attività didattica, appare infondata: dai giudizi individuali e da quello collegiale emerge che detta attività è stata valutata come “ discontinua ” e tale giudizio, cui nulla oppone concretamente l’appellante, è stato ritenuto dalla Commissione come negativamente significativo rispetto al “ buono ” o “ eccellente ” curriculum didattico dei candidati riconosciuti idonei

4.3.4. Meritevole di accoglimento appare, invece, la censura di omessa specifica valutazione dei titoli di cui alle lettere b) e c) del quarto comma dell’art. 4 del DPR n. 117/2000.

Ed infatti, in base a tale disposizione, il servizio e ogni attività di ricerca comunque prestati presso Enti di ricerca (e tali sono quelli svolti dal dott. Tomei presso l’ISTAT, che è classificato fra gli enti di ricerca dal Contratto collettivo quadro per la definizione dei comparti di contrattazione, sottoscritto il 2 giugno 1998), andavano valutati specificamente, laddove di essi non si fa alcuna menzione né nei giudizi individuali né in quello collegiale, in contrasto, oltre tutto, anche con l’art. 8 del bando di concorso e con gli stessi criteri che la Commissione si era dati nella seduta preliminare.

Né tale omissione è suscettibile di essere assorbita dal giudizio sugli altri titoli, avendo, come si è detto, il legislatore voluto che i titoli in questione dovessero essere valutati “ in ogni caso ” e “ specificamente ” , onde il giudizio di inidoneità dell’appellante così come formulato, non può che essere considerato illegittimo e come tale annullato.

5. Sostiene, ancora, il dott. Tomei, con il quinto motivo di gravame, sempre aggredendo il proprio giudizio di non idoneità, che la Commissione avrebbe illegittimamente omesso di motivare il superamento della valutazione favorevole espressa dal prof. Federici nei suoi confronti, con ciò violando l’art. 3, comma 7, del Regolamento di Ateneo, in base al quale la Commissione, nella relazione finale, deve dare conto delle ragioni per le quali non ritiene di accogliere il giudizio dissenziente di taluni membri.

5.1 La censura è infondata.

5.2. Il comma sopra richiamato, nella sua collocazione testuale, deve essere letto in correlazione con il precedente sesto comma, il quale prevede che “ i membri della Commissione che intendano discostarsi dal giudizio sui candidati espresso dalla maggioranza dei Commissari in relazione ai criteri di valutazione adottati, possono redigere una motivata relazione di minoranza ” .

Ed è, appunto, l’esistenza di una “ motivata relazione di minoranza ” che obbliga la maggioranza a dar conto delle ragioni del diverso avviso, giacché tali ragioni, come espressamente recita il settimo comma, devono aver “ riguardo alle specifiche motivazioni ” sulle quali si fonda il giudizio dissenziente, che costituiscono, dunque, il presupposto e il riferimento dell’obbligo di motivazione della maggioranza.

5.3. Nel caso di specie, invece, è pacifico che il prof. Federici si è limitato ad esprimere una valutazione parzialmente difforme da quella degli altri quattro componenti in ordine alla idoneità dell’appellante (come pure dell’idoneità della dott.ssa D’Orsogna), senza formalizzare il suo dissenso in un’apposita relazione, onde è sufficiente a giustificarne il superamento il diverso concorde apprezzamento di tutti gli altri commissari, in applicazione del normale principio di formazione della volontà degli organi collegiali.

6. Con il sesto motivo di gravame, l’appellante aggredisce distintamente i giudizi di idoneità formulati nei confronti dei candidati D’Orsogna, Napolitano e Rallo, deducendone la illegittimità per essere state ritenute decisive, nei loro confronti, pubblicazioni scientifiche non rilevanti per la collocazione editoriale e per diffusione all’interno della comunità scientifica, come prescritto, invece, dall’art. 4, comma 2, del DPR n. 117/2000 e dall’art. 6, comma 6 del bando.

In particolare, per quanto riguarda il dott. Rallo, l’unica monografia presentata non sarebbe stata assistita dal requisito della diffusione, in quanto finita di stampare nel mese di ottobre 2000, in prossimità della scadenza del bando di concorso, fissata per il successivo 9 novembre.

Per quel che concerne il dott. Napolitano, la monografia su “ Servizi pubblici e rapporti di utenza ” non solo sarebbe priva anch’essa del requisito della diffusione nella comunità scientifica, in quanto finita di stampare nel mese di novembre 2000, ma non potrebbe essere considerata, in radice, quale pubblicazione in quanto non sarebbero stati osservati gli adempimenti di cui all’art. 1 del D. Lgs. Lgt. 31 agosto 1945, n. 660, espressamente richiamato dall’art. 4, comma 3, del bando.

Quanto, infine alla dott.ssa D’Orsogna, né il saggio in lingua inglese né lo studio sulla “ Programmazione strategica e attività decisionale della pubblica amministrazione ” avrebbero potuto essere presi in considerazione: il primo, perché non edito da riviste nazionali o straniere; il secondo perché non poteva essere diffusa all’interno della comunità scientifica, essendo stata pubblicata da un editore solo nel 2001, dopo la scadenza del bando di concorso.

6.1. La doglianza, per la parte in cui si appunta contro la produzione scientifica del dott. Rallo, non merita accoglimento.

Ed invero, una volta che non sia contestato che il candidato abbia adempiuto, relativamente al lavoro monografico, agli obblighi di cui all’art. 1 del D. Lgs. n. 660/1945 (consegna di quattro esemplari della pubblicazione alla Prefettura e di un esemplare alla Procura della Repubblica) e che tale lavoro sia stato regolarmente pubblicato da un editore, la maggiore o minore diffusione dell’opera, in ragione della data della sua pubblicazione a ridosso della scadenza del termine concorsuale, potrebbe rilevare soltanto nella formulazione del giudizio di valore sul candidato, comparativamente con i lavori di altri candidati aventi uguale pregio di originalità, ma, eventualmente, editi da più tempo e, quindi, presumibilmente più diffusi nella comunità scientifica.

Ne consegue che il rilievo dell’appellante, in quanto non incide sull’ammissibilità a valutazione dell’opera, non è atto, ex se, a scalfire il giudizio di idoneità del controinteressato, atteso che, oltre tutto, la produzione scientifica del dott. Tomei non viene neppure in comparazione con quella del dott. Rallo, essendo stato negato alla prima l’indispensabile carattere di originalità.

6.2. La censura, per la parte in cui si appunta contro la valutazione del dott. Napolitano e della dott.ssa D’Orsogna, si rivela, invece, fondata.

6.2.1. Come questa Sezione ha già avuto modo di affermare (Cons. Stato, VI, 14 gennaio 2003 n. 116), con argomentazioni che il Collegio ritiene di condividere, la lettera d) dell’art. 4 comma 2 del D.P.R. n. 117 del 2000 (riprodotto nel bando di concorso) consente di desumere che per “ pubblicazione scientifica ” deve intendersi non già una qualsiasi riproduzione a stampa dei lavori del candidato, per la quale siano stati curati gli adempimenti di cui alla L. 2 febbraio 1939 n. 374, ma l’opera pubblicata da un editore, il quale, come è noto, è l’operatore il quale cura non soltanto la riproduzione a stampa di un’opera (non importa se direttamente o avvalendosi di uno stampatore), ma la sua diffusione fra il pubblico.

Ciò in quanto, lo stesso legislatore nazionale (L. 2 febbraio 1939, n. 374, nel testo modificato dal D. Lgs. Lgt. 31 agosto 1945, n. 660) opera una netta distinzione fra “ stampato ” e “ pubblicazione ” (art. 1, comma 1), mostrando di accogliere il significato grammaticale della terminologia, che assegna allo “ stampato ” il solo significato di cosa impressa o riprodotta mediante un procedimento di stampa ed alla “ pubblicazione ” il più complesso significato di opera “ edita ” , ovvero di opera resa pubblica per mezzo dello stampa.

6.2.2. Allorché, dunque, la norma di concorso individua fra gli oggetti di specifica valutazione le “ pubblicazioni scientifiche ” , essa richiede proprio che la produzione scientifica del candidato sia stata riversata in una “ pubblicazione ” ossia che sia stata “ edita ” , per essere resa pubblica, ovvero per essere “ diffusa fra il pubblico ” a mezzo della stampa.

Tale diffusione non può conseguire, ex se, né dalla circostanza che il lavoro scientifico sia stato tirato a stampa a cura del suo autore, né dall’assolvimento degli adempimenti previsti dal citato art. 1 L. 2 febbraio 1939, n. 374, anche se al riguardo, la norma concorsuale si preoccupa, come nella specie, di precisare che, per le opere scientifiche stampate in Italia, tali adempimenti devono essere assolti.

Si tratta, come appare ovvio, di un requisito ulteriore di cui l’opera “ edita ” deve essere in possesso (ma soltanto se stampata in Italia), che non inerisce all’individuazione dell’oggetto da valutare, il quale resta caratterizzato dal fatto che si tratti di una produzione scientifica “ pubblicata ” e cioè uscita dalla sfera particolare del suo autore, per essere diffusa fra il pubblico (ed in particolare, all’interno della comunità scientifica), mediante una tipica attività espressamente diretta a tale fine.

6.2.3. Ora, nella fattispecie, la monografia del dott. Napolitano “ Servizi pubblici e rapporti di utenza ” risulta prodotta in esemplare stampato in proprio dall’autore, onde la stessa difetta del requisito minimo sopra individuato per essere definita pubblicazione valutabile agli effetti del concorso de quo.

E tale lavoro ha costituito, invero, elemento decisivo per la valutazione del candidato, in quanto ritenuto, dalla commissione, quello di maggior rilievo sul piano sia formale sia sostanziale, come si evince chiaramente dai giudizi formulati, onde la sua non ammissibilità impone, di necessità, la rinnovazione del giudizio di idoneità espresso nei suoi confronti.

6.2.4. Analoghe considerazioni possono svolgersi per la dott.ssa D’Orsogna, il cui lavoro “ Access to justice in environmental matters: instruments for the legal protection of the environment in Italy ” risulta anch’esso stampato in proprio, come da sua stessa dichiarazione del 10 maggio 2000, mentre lo studio sulla “ Programmazione strategica e attività decisionale della pubblica amministrazione ” risulta, in disparte la dizione “ edizione provvisoria ” , stampato presso una tipografia (Pioda s.n.c.), essendo l’affidamento ad un editore avvenuto, come la stessa interessata ammette, solo nell’aprile 2001, in un momento successivo alla scadenza dei termini concorsuali.

Ora, soprattutto quest’ultima monografia, come si evince dai giudizi dei Commissari, appare aver rivestito un ruolo rilevante nel giudizio di idoneità, onde, anche per tale candidata, la valutazione deve essere rinnovata alla luce dell’esclusione dei lavori di cui sopra.

7. In conclusione, per tutte le considerazioni di cui sopra, l’appello va accolto, relativamente al giudizio di non idoneità del dott. Tomei, per omessa specifica considerazione dei titoli di cui alle lettere b) e c) del quarto comma dell’art. 4 del DPR n. 117/2000 (servizio e attività svolti dallo stesso presso l’ISTAT, ente di ricerca).

L’appello va parimenti accolto per quel che concerne i giudizi di idoneità espressi nei confronti dei candidati dott. Napolitano e dott.ssa D’Orsogna, per essere stati tali giudizi formulati con l’apporto rilevante di lavori scientifici non aventi i requisiti della pubblicazione.

L’appello va, invece, respinto, per quel che riguarda il giudizio di idoneità del dott. Rallo, e, conseguentemente, per quel che riguarda la nomina del medesimo a professore universitario di ruolo di seconda fascia, avverso la quale sono stati proposti in primo grado solo motivi di illegittimità derivata (peraltro, neppure riformulati espressamente con l’atto di appello).

Per l’effetto, in parziale riforma della sentenza di primo grado, gli atti della procedura concorsuale impugnati devono essere annullati limitatamente alla valutazione del dott. Tomei, del dott. Napolitano e della dott.ssa D’Orsogna, valutazione che va interamente rinnovata alla luce e nell’ambito delle considerazioni di cui sopra.

Le spese del doppio grado di giudizio possono essere equamente compensate tra tutte le parti.

P.Q.M.

Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI), definitivamente pronunciando sull'appello in epigrafe, lo accoglie per quanto di ragione nei limiti indicati in motivazione.

Spese compensate.

Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall’Autorità amministrativa.

Così deciso in Roma, addì 24 febbraio 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione VI) in Camera di Consiglio, con l’intervento dei Signori:

Sergio SANTORO                                                     Presidente f.f.

Carmine VOLPE                                                       Consigliere

Giuseppe MINICONE                                     Consigliere Est.

Lanfranco BALUCANI                                    Consigliere

Guido SALEMI                                                           Consigliere