IX^ LEGISLATURA
RESOCONTO INTEGRALE
___________
30.
SEDUTA DI LUNEDI’ 30 GENNAIO
2012
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE FRANCESCO TALARICO E DEL VICEPRESIDENTE
ALESSANDRO NICOLO’
La seduta è aperta, si dia lettura del verbale della seduta precedente.
Legge il verbale della seduta precedente.
(E’ approvato)
Legge le comunicazioni.
(Sono riportate in allegato)
Legge le interrogazioni presentate alla Presidenza.
(Sono riportate in allegato)
Si passa al primo punto all’ordine
del giorno che recita: “Interrogazioni a risposta immediata”. Prego i colleghi
di accomodarsi ai loro posti.
Ricordo ai colleghi che hanno tre
minuti per esporre l’interrogazione. L’assessore ha due minuti per rispondere
all’interrogante e, poi, il consigliere che ha proposto l’interrogazione ha un
minuto di tempo per esprimere o meno la sua soddisfazione.
La prima interrogazione a risposta immediata è la numero 188 del 10.11.2011 a firma dei
consiglieri Guccione, Censore “Sul parere dell’ISPRA riguardo le variazioni
apportate al Calendario Venatorio dall’Assessorato all’Agricoltura della
Regione Calabria” di cui do lettura: “All’assessore all’agricoltura. Per sapere – premesso che:
detto Calendario Venatorio era stato sottoposto all’ISPRA per il previsto parere;
l’Assessorato all’agricoltura della Regione Calabria, con deliberazione approvata dalla Giunta regionale n. 407 del 12.9.2011, ha apportato sostanziali variazioni al suddetto Calendario sia nei tempi che nelle modalità dell’esercizio venatorio;
tali variazioni risultano, per come previsto nell’atto deliberativo, essere state sottoposte all’indispensabile parere del suddetto Istituto "ISPRA" -:
se è in possesso del parere vincolante dell’ISPRA rispetto alla deliberazione della Giunta regionale n. 407 del 12.09.2011 e se risulta vero che l’approvazione del tesserino venatorio sia avvenuta dopo l’apertura della stagione venatoria;
se così dovesse essere, si chiede di sapere quali iniziative si intendono adottare per ovviare a tali incongruenze e contraddizioni amministrative al fine di assicurare una corretta e trasparente gestione del settore venatorio in Calabria”.
Prego, onorevole
Guccione.
Presidente, grazie per avermi dato la parola. La legge numero 157 del 1992 in materia di caccia al comma 4 dell’articolo 18 sancisce che le Regioni, sentito l’Istituto nazionale per la fauna selvatica ISPRA, pubblica entro e non oltre il 15 giugno il calendario venatorio.
Questa norma, integralmente,
è stata ripresa dalla legge regionale numero 9 del 1996.
La Regione Calabria ha approvato il
calendario venatorio per l’annualità 2011-2012, con deliberazione numero 358,
il 5 agosto 2011, con oltre un mese e mezzo di ritardo rispetto ai tempi
perentori indicati dalla legge dello Stato e da quella regionale.
Si chiede di sapere quali sono state
le ragioni che hanno portato l’assessorato all’agricoltura ad approvare il
calendario venatorio con un ritardo di oltre un mese e mezzo e se esiste il
parere dell’ISPRA rispetto al calendario venatorio del passato anno; quale è lo
stato dell’arte del nuovo calendario venatorio che si dovrebbe aprire a giugno
2012, atteso che le province erano abilitate a fare il piano faunistico e, al
momento, risulta che la sola provincia di Cosenza abbia realizzato tale atto
che si sarebbe dovuto concludere qualche tempo fa.
Prego, assessore
Trematerra.
Sì, Presidente,
intanto la domanda che mi rivolge il consigliere Guccione va ben oltre
l’interrogazione che mi è arrivata, ma non è un problema per me rispondere alle
domande che sono state poste dal consigliere Guccione.
Intanto
il parere dell’ISPRA non è un parere vincolante, ma è da intendersi come
cautelativo rispetto alla legge numero 157 del 1992.
Come
tutti gli anni, nel redigere il piano, noi ascoltiamo il parere dell’ISPRA così
come è stato fatto per il calendario venatorio 2011-2012.
Abbiamo
avuto il parere dell’ISPRA e rispetto all’interrogazione va precisato che le
modificazioni e le integrazioni che ci sono state non avevano un carattere
innovativo, non ne modificavano l’impianto ed erano state accolte sia dai
cacciatori sia dalle associazioni ambientaliste; quindi, si è dato seguito a
questo calendario con queste piccole modificazioni.
Un
secondo quesito posto nell’interrogazione che ho in mano riguarda il tesserino
venatorio.
Anche su
questo è da precisare che non è fatto obbligo alle Regioni di emanare un
tesserino venatorio. Il dipartimento agricoltura ha inteso farlo per
portarne a conoscenza, ovviamente, non tanto il mondo venatorio che sa quali
sono i periodi di caccia e quant’altro, ma coloro che non sono portatori di
interessi, quindi non solo i cacciatori, o gli agricoltori e gli ambientalisti
ma tutta la società; per questo abbiamo inteso pubblicare il calendario
venatorio e quindi il tesserino venatorio anche sul BURC.
E’ stata una facoltà che la Regione
aveva e che ha voluto utilizzare.
Rispetto alle altre due questioni che
esulano dalla interrogazione mandata al dipartimento ed alla Presidenza, in
particolare per quanto riguarda la questione del piano faunistico regionale,
preciso che alcune province, tra le quali Cosenza, come lei citava, ma anche la
provincia di Catanzaro così come la provincia di Crotone e se non erro la
provincia di Reggio Calabria, hanno inviato al dipartimento il piano
provinciale.
Il dipartimento ha inoltrato il piano
all’assessorato all’ambiente per aspettare il parere Via che è necessario per
poterlo redigere e ci auguriamo che in quest’anno si possa finalmente avere il
piano faunistico regionale.
L’ultima questione che è stata posta è
sui tempi. I tempi della promulgazione del calendario venatorio si sono svolti
ad agosto ma erano in linea con l’apertura che avviene a settembre. Non c’è,
quindi, assolutamente nessun ritardo.
Spero di esser stato esauriente
rispetto sia alle domande poste nell’interrogazione sia rispetto alle altre che
il consigliere mi ha posto.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Guccione.
Ne ha facoltà.
Ringrazio
l’assessore per aver risposto anche alle domande che esulano dalla interrogazione
presentata, ma voglio sottolineare che tra i tempi di presentazione e la
discussione in Aula passeranno alcuni mesi.
Ho colto l’occasione per formulare una
serie di domande che sono andate ad aggiornare la stessa interrogazione.
Ritengo che questo sia un aspetto
importante nella vita della regione; i cacciatori nella nostra regione sono
oltre 10 mila e svolgono un’attività agonistica e di sport che li porta ad
impattare con
l’ambiente, ad aver un ruolo ed una funzione
anche di difesa del territorio.
Ritengo che da questo punto di vista
sia necessaria una maggiore attenzione da parte della Regione ed una apertura
di credito verso questo sport che ritengo importante nella vita della regione
Calabria.
Mi ritengo parzialmente soddisfatto e
ringrazio l’assessore per aver risposto anche alle domande che esulano
dall’interrogazione.
Passiamo all’interrogazione a risposta orale numero 190 del 18.11.2011 a firma del consigliere De Masi “In ordine alle azioni previste dal Comitato di Indirizzo per l’attuazione del programma previsto dal Protocollo d’Intesa stipulato in data 14 luglio 2009 Ministero dello Sviluppo Economico – Dipartimento per l’energia e la Regione Calabria – Dipartimento per le Attività Produttive” di cui do lettura: “Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
ai sensi dell’art. 2, comma 6, della legge regionale 5.11.2009, numero 40, la Giunta regionale ha promosso “intese con il Ministero dello sviluppo economico per regolare la revisione della classificazione dei minerali di miniera e di cava, coerentemente con il vigente assetto costituzionale, e per definire procedure di esercizio delle attività di ricerca e di sfruttamento delle risorse minerarie e geotermiche di interesse nazionale, con particolare riguardo a quelle di carattere strategico per il Paese, in armonia con gli indirizzi adottati per l’intero territorio nazionale”;
in ossequio a quanto disposto dalla summenzionata legge regionale, è stato sottoscritto un Protocollo d’Intesa, in data 14 luglio 2009, tra il Ministero dello sviluppo economico-Dipartimento per l’energia e la Regione Calabria-Dipartimento per le attività produttive;
tra gli obiettivi della Direzione generale per le Risorse minerarie ed energetiche elencati nel suddetto protocollo, è previsto un “coordinamento tecnico delle attività di programmazione, autorizzazione, gestione e controllo delle attività di prospezione, ricerca, coltivazione e stoccaggio delle risorse del sottosuolo, in particolare degli idrocarburi e dei relativi impianti di mare” nonché “attività di bonifica dei siti industriali in coordinamento con altri uffici responsabili del Ministero dello sviluppo economico”;
l’art. 4 del sullodato Protocollo d’Intesa così recita: “Le parti daranno attuazione al presente protocollo nel rispetto delle direttive che saranno impartite da apposito gruppo di lavoro, composto da quattro componenti, di cui due designati dal Dipartimento per l’Energia-Direzione generale per le risorse energetiche e minerarie del Ministero dello sviluppo economico e due designati dal Dipartimento attività produttive della Regione Calabria”;
con successivo protocollo d’intesa sottoscritto, in data 14 luglio 2009, tra il Ministero dello sviluppo economico-Dipartimento per l’energia e la Regione Calabria - Direzione generale delle risorse minerarie ed energetiche e la Regione Calabria - Dipartimento per le attività produttive, è stato costituito il gruppo di lavoro precedentemente previsto;
il succitato gruppo di lavoro ha elaborato un programma per il conseguimento degli obiettivi prefissati;
al fine di “assicurare condizioni e procedure coordinate per la ricerca e lo sfruttamento di risorse minerarie e geotermiche di interesse strategico per il Paese” era attesa, tra le altre cose, la definizione di un “Accordo pilota per le procedure di esercizio delle attività di ricerca e di coltivazione di idrocarburi” anche mediante la “Costituzione di un tavolo di confronto istituzionale con province e comuni interessati, allargato al partenariato economico e sociale”, entro marzo -:
a) se la Regione Calabria ha provveduto a quanto di sua competenza per “assicurare condizioni e procedure coordinate per la ricerca e lo sfruttamento di risorse minerarie e geotermiche di interesse strategico per il Paese”;
b) se, in particolare, la Regione Calabria ha provveduto, entro il primo semestre 2011, alla costituzione di un tavolo di confronto istituzionale con province e comuni interessati, allargato al partenariato economico e sociale, così come stabilito dal Comitato d’indirizzo nel cronoprogramma;
c) qual è la situazione attuale del programma avviato dal Comitato d’indirizzo ed, in particolare, quali attività sono state realizzate tra quelle previste per il primo ed il secondo semestre 2011.”
Prego, onorevole De Masi.
Signor
Presidente, ai sensi della legge regionale 5 novembre 2009, numero 40, la Giunta regionale ha promosso intese col Ministero
dello sviluppo economico per regolare la revisione della classificazione dei minerali e
di cava, coerentemente con il vigente assetto costituzionale, e per definire
procedure di indirizzo e dell’attività di ricerca e di sfruttamento.
In ossequio a quanto disposto da
questa legge è stato sottoscritto in data 14 luglio 2009 tra il Ministero dello
sviluppo economico e la Regione Calabria un apposito protocollo che recita in
questi termini: “le parti daranno attuazione al presente protocollo nel
rispetto delle direttive che saranno impartite da apposito gruppo di lavoro
composto da 4 componenti di cui due designati dal dipartimento per l’energia,
direzione generale, e poi due dal dipartimento attività produttive della Regione
Calabria”.
Con successivo protocollo del 14
luglio 2009 tra il Ministero dello sviluppo economico e la Regione Calabria è
stato costituito il gruppo di lavoro precedentemente previsto.
Il succitato gruppo di lavoro ha
elaborato un programma – leggo testualmente – “per il conseguimento degli
obiettivi prefissati al fine di assicurare condizioni e procedure coordinate
per la ricerca e lo sfruttamento delle risorse minerarie e geotermiche di
interesse strategico per il Paese”.
Era attesa, tra le altre cose, la
definizione di un accordo pilota per le procedure di esercizio dell’attività di
ricerca e coltivazione di idrocarburi, anche mediante la costituzione di un
tavolo di confronto istituzionale con province e comuni interessati, allargato
al partenariato economico e sociale.
Ora, con l’interrogazione si pone di
sapere se la Regione ha provveduto per quanto di sua competenza ad assicurare
le condizioni su richiamate e se, in particolare, la Regione Calabria ha
provveduto, entro il primo semestre 2011, alla costituzione di un tavolo di
confronto istituzionale con province e comuni, allargato al partenariato
economico e sociale, così come stabilito dal comitato di indirizzo nel
cronoprogramma.
Ovvero, qual è la situazione attuale
del programma avviata dal Comitato di indirizzo e in particolare quali attività
siano state realizzate tra quelle previste per il primo ed il secondo semestre
del 2011. Grazie.
Risponde l’assessore Caridi.
Grazie, Presidente.
In data 14 luglio 2009 è stato firmato il protocollo di intesa tra Ministero
dello sviluppo
economico e la Regione Calabria. In data 14 dicembre 2010 si è costituito il
Comitato di indirizzo previsto in convenzione.
Nell’ambito del protocollo istituito
fra Ministero e Regione, a seguito del protocollo di intesa, si sono
instaurati, comunque, rapporti che hanno prodotto alcune elaborazioni tecniche
da parte dei membri ministeriali del Comitato di indirizzo di supporto alla Regione
su alcune problematiche puntuali connesse all’attività estrattiva.
Inoltre, in merito alla definizione
delle linee guida per l’utilizzo dei rifiuti estrattivi come sottoprodotto, è
stata trasmessa al supporto tecnico, una relazione da parte dei membri
ministeriali.
Il Ministero, ancora, nell’ambito dei
contatti con il Mattm (Ministero Ambiente e tutela del territorio e del mare)
del gruppo di lavoro istituito per i rifiuti estrattivi ha prodotto allo stesso
di partecipare alla iniziativa prevista sulla tematica del Comitato di
indirizzo.
Infine, si è dato avvio alla
predisposizione di un articolato programma per la formazione di funzionari
della Regione, delle province, sulla gestione in sicurezza delle attività
estrattive.
A breve sarà istituito questo tavolo
tecnico a cui parteciperanno le province che sono state già coinvolte
nell’iniziativa.
Grazie assessore,
ho sentito più o meno il 10 per cento
di quel che ha detto ma forse è utile per desumere che, sia pur tardivamente,
abbiate avviato attività di coinvolgimento degli enti locali e quindi di
affidamento delle proprie prerogative a questo Comitato.
Prendo atto e verificheremo, di
seguito, se effettivamente le azioni affidate a questo organismo verranno
portate avanti secondo i criteri stabiliti in quell’atto. Grazie.
Si passa all’interrogazione a risposta immediata numero 191 del 22.11.2011 a firma del consigliere Talarico D. “In ordine ai rischi connessi all’attraversamento dell’elettrodotto Feroleto – Savuto – Cosenza nei tratti che attraversano le frazioni di Pugliano nel Comune di Paterno Calabro, di Pianolago nel Comune di Mangone e di Valleggiannò nel Comune di S. Stefano di Rogliano” di cui do lettura: “Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore all’ambiente. Per sapere - premesso che:
il territorio dei Comuni di Paterno Calabro, Mangone e S. Stefano di Rogliano in provincia di Cosenza, e in particolar modo quello in cui ricadono le rispettive frazioni di Pugliano, Pianolago e Vallegianno, è attraversato da segmenti dell’elettrodotto serie 132/150 Kv Feroleto-Savuto-Cosenza;
detto tracciato, opera della società Terna S.p.A., presenta, di primo acchito, notevoli incongruenze sotto il profilo della sicurezza e della salute pubblica, in quanto la distanza dei cavi dell’alta tensione e degli stessi tralicci dalle abitazioni risulta essere inferiore ai 50 metri previsti dalla normativa vigente in materia (in alcuni casi la distanza è appena di 7 metri);
tali incongruenze, già fatte rilevare sia da parte di comitati civici all’uopo costituitisi sia da parte delle Amministrazioni dei Comuni interessati, trovano peraltro conferma negli stessi studi e documenti che Enel SpA ha fatto elaborare in questi anni sull’argomento;
il Comitato “Cieli liberi”, in particolare, che ha assunto la guida della battaglia per l’interramento dei cavi dell’alta tensione, con una petizione indirizzata all’Amministrazione regionale ed a quella della Provincia di Cosenza, ha esplicitamente chiesto che:
sia fatta una rilevazione dei campi elettromagnetici nelle frazioni sopra richiamate;
sia effettuata una verifica sulla V.I.A. (Valutazione di Impatto Ambientale) e sulla V.A.S. (Valutazione Ambientale Strategica) prodotte anzitempo dalla società Terna SpA;
sia verificata la congruità, in base alla legislazione vigente in materia, di tutte le autorizzazioni emesse nel corso del procedimento autorizzatorio;
i sindaci del comprensorio si sono detti disponibili ad aprire un tavolo di confronto con la Regione Calabria, la Provincia di Cosenza e la società Terna SpA, per addivenire ad una soluzione del problema in tempi ragionevolmente rapidi -:
quali concrete e tempestive iniziative, per quanto di competenza della Regione, si intendono assumere per arrivare ad una modifica dell’attuale tracciato dell’elettrodotto ovvero per un interramento dei cavi - com’è previsto, tra l’altro, dal Piano energetico della Regione Calabria del 31 marzo 2005, nel caso di attraversamento in aree abitate - nel tratto che interessa il territorio ed alcuni centri abitati dei Comuni di Paterno Calabro, Mangone e S. Stefano di Rogliano in provincia di Cosenza, stante l’assoluta pericolosità del medesimo per la salute dei residenti;
se non sia il caso di aderire alla richiesta dei sindaci del comprensorio di che trattasi, aprendo un tavolo di confronto che coinvolga la società Terna SpA.”
Ha
facoltà di parlare l’onorevole Talarico Domenico. Ne ha facoltà.
Signor
Presidente, si tratta di una interrogazione relativa ai rischi connessi all’attraversamento
dell’elettrodotto Feroleto-Cosenza ed in particolar modo nel tratto che
interessa i comuni di Paterno Calabro, Mangone e Santo Stefano di Rogliano
sempre nella provincia di Cosenza.
Detto
tracciato, realizzato dalla società Terna Spa., presenta notevoli incongruenze
sotto il profilo della sicurezza e della salute pubblica tant’è che gli stessi
tralicci, addirittura, in alcuni punti risultano essere inferiori ai 50 metri
previsti dalla normativa vigente, in alcuni casi siamo addirittura a 7 metri.
C’è
stata una presa di posizione da parte dei cittadini organizzati in Comitati dei
comuni interessati che chiedono che sia fatta una rilevazione dei campi
elettromagnetici nelle aree contigue ai tralicci: una valutazione ambientale
strategica, una valutazione di impatto ambientale.
Si
chiede, stamattina, quali iniziative intenda adottare la Regione per le sue
competenze proprie e se questo tracciato relativo all’elettrodotto
Feroleto-Rizziconi sia in qualche modo compatibile col piano energetico regionale
approvato dalla Regione Calabria il 31
marzo 2005 e se non sia il caso di aderire alla richiesta dei sindaci,
finalizzata a garantire maggiore sicurezza sul piano ambientale e sanitario
alle popolazioni interessate dallo stesso attraversamento.
La
parola all’assessore Pugliano.
Grazie, Presidente.
Dai dati in nostro possesso l’elettrodotto in questione è stato realizzato nel
1993 da Enel e non da Terna Spa. nel rispetto della normativa a suo tempo
vigente che riguardava il decreto del marzo 1988 ed il decreto del Presidente
del Consiglio dei ministri del 1992 che imponeva una distanza di 28 metri e non
di 50.
A noi
non risulta la distanza di sette metri segnalata nella interrogazione.
Il decreto che stabiliva la distanza dei 28 metri è
stato abrogato dal decreto del Presidente del Consiglio dei ministri dell’8
luglio 2003 che stabilisce che gli elettrodotti non devono rispettare distanze
in metri ma devono rispettare limiti di soglia.
L’elettrodotto in questione rispetta i limiti di soglia
che sono già molto restrittivi in Italia; in termini tecnici devono rispettare
10 micro-tesia dagli elettrodotti, mentre la Comunità europea ha stabilito limiti
molto più ampi, 10 volte tanto. Per la Comunità europea il limite è, si, 100
microtesia.
Comunque, questo elettrodotto ci
risulta rispetti i limiti di soglia prescritti dalla legge nazionale, cioè 10
microtesia.
Allo stato, dunque, non ci risulta ci
siano motivazioni tecniche che possano giustificare o richiedere varianti di
tracciato o interramento di cavi.
Prego, onorevole
Talarico.
Non ho
motivi di dubitare dei riferimenti normativi che ci ha offerto l’assessore. Mi
sarei aspettato, però, che di fronte ad una preoccupazione probabilmente
infondata – ci auguriamo, anzi, infondata – la Regione si attivasse o quanto
meno si impegnasse a verificare se effettivamente questi limiti di soglia siano
o meno superati nei fatti.
Sicuramente
la normativa è quella che lei ha citato. Lei è un uomo pubblico, ha una responsabilità
pubblica e di fronte ad una preoccupazione, ad un allarme probabilmente
ingiustificato al suo posto mi prodigherei per verificare se le cose che
vengono denunciate corrispondono al vero o meno. Se corrispondessero al vero
dovrebbe assumere, quindi, iniziative a tutela di quelle persone che abitano
nei pressi dell’elettrodotto. Tutto qui. Grazie.
Si passa all’interrogazione a risposta immediata numero 193 del 2.12.2011 a firma dei consiglieri Talarico D., De Masi, Giordano “In ordine alla situazione dei lavoratori AFOR sottoposti alla cassa integrazione guadagni in data 29.11.2011” di cui do lettura: “Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
in data 29.11.2011 il Dipartimento Agricoltura e Foreste della Regione Calabria ha disposto la C.I.G. oltre che per gli operai idraulico - forestali anche per gli impiegati Afor; Questi ultimi per la prima volta nella storia dell’Afor e della Regione Calabria vengono collocati in cassa integrazione;
la C.I.G. comporta la perdita di tutte le opportunità accessorie e turba oltremodo la serenità dei lavoratori e delle loro famiglie;
l’Afor, nel recente passato, ha provveduto ad inquadrare nei ruoli impiegatizi, tramite concorso dichiarato successivamente illegittimo dalla Corte Costituzionale con sentenza n° 108 del 23.09.2011, personale Co.Co.Pro. con relativo inquadramento nel ruolo degli enti locali -:
le ragioni per cui vengono collocati in C.I.G. centinaia di impiegati, quando solo pochi mesi fa sono stati assunti decine di Co.Co.Pro., presumibilmente a seguito di un evidente errore di valutazione rispetto all’effettivo bisogno ed alle risorse finanziarie dell’Afor;
quali iniziative intende prendere, al fine di revocare il provvedimento di collocamento in C.I.G”
Prego, onorevole
Talarico.
Questa è una interrogazione del 29
novembre, probabilmente è fuori tempo massimo. Si
chiede di sapere dall’assessore competente per quale ragione decine di
lavoratori dell’Afor col profilo impiegatizio, nei ruoli impiegatizi, siano
stati collocati in Cassa integrazione.
E’ utile ricordare in questa sede che
per la prima volta nella storia dell’Afor per semplificare anche gli impiegati
sono collocati in cassa integrazione.
Questo avviene nel momento in cui la
stessa Afor pochi mesi fa, un anno fa forse, ha assunto decine di Co.co.pro.
per venire incontro ad una esigenza, ad un fabbisogno lavorativo all’interno
dell’ente stesso.
Delle due l’una: o le persone assunte
non servivano per i fabbisogni dell’Afor oppure la successiva cassa integrazione
nella quale solo state collocate decine di persone non aveva senso di essere
attivata.
C’è una contraddizione che abbiamo
rilevato. Pretenderei una risposta dall’assessore competente o dal Presidente
della Giunta.
La parola all’assessore Trematerra.
Grazie, Presidente. Non c’è nessuna
contraddizione perché si tratta di fattispecie di contratti diversi. La cassa
integrazione attivata nella mensilità di dicembre è frutto di una concertazione
con le parti sociali, di una decisione assunta di concerto fra il Presidente Scopelliti,
l’assessore al ramo – io – , l’assessore al bilancio ed i sindacati.
Si è deciso, per motivi di natura
economica, visto il contesto generale non certo positivo, di mettere in cassa
integrazione per la mensilità di dicembre tutti i lavoratori che hanno un
contratto di tipo agricolo, quindi sia i lavoratori Oif – i cosiddetti
lavoratori idraulico/forestali – sia i lavoratori impiegatizi che poi
impiegatizi non sono; hanno una fattispecie contrattuale particolare.
Quindi, a tutto il comparto è stato
applicato questo provvedimento e già nel mese di gennaio – in questo mese –
abbiamo provveduto al pagamento della mensilità anticipandolo come Regione la
cassa integrazione. L’80 per cento di questa integrazione è a carico dell’Inps
e il 20 per cento è a carico dell’ente. Abbiamo già avviato le procedure per
pagare questa mensilità.
La seconda domanda che mi pone il
collega è come mai alcuni lavoratori che sono stati messi in servizio da poco,
da un anno in buona sostanza, non sono andati in cassa integrazione.
Questo perché il loro è un contratto
diverso, hanno un contratto di tipo impiegatizio. Sono stati messi in servizio
perché nella precedente legislatura si era fatto un concorso che è stato poi
portato a termine e quindi non ci rimaneva altro che assumere, visto che c’era
una procedura concorsuale.
Non c’è nessuna discrepanza e nessuna
anomalia nel procedimento avendo potuto mettere in cassa integrazione i
lavoratori che vi potevano accedere. Le fattispecie ricadenti in contratti di
tipo diverso, i cosiddetti Co.co.pro. come li ha definiti nella sua
interrogazione, non potevano essere messi in cassa integrazione.
Forse la mia domanda non era sufficientemente
chiara. Ho posto un altro quesito.
(Interruzione)
Ho compreso benissimo la risposta
relativamente alla cassa integrazione degli impiegati di ruolo, ma la seconda
domanda era la seguente: come mai l’Afor di fronte alla necessità di mettere in
cassa integrazione decine di impiegati non ha necessità di utilizzare questi
lavoratori? Al contempo, qualche mese fa, per far fronte ad un fabbisogno
lavorativo perché assume, stabilizza decine di persone?
Cioè delle due l’una: o i lavoratori
messi in cassa integrazione erano frutto di un piano che stabiliva degli
esuberi oppure la stabilizzazione non avrebbe avuto senso.
Questa è la contraddizione.
PRESIDENTE
Prego, assessore.
Ho capito adesso cosa intende e l’ho
anche detto.
Questi cosiddetti lavoratori
Co.co.pro. sono stati assunti nel giugno 2010, subito dopo l’insediamento della
Giunta Scopelliti, perché avevano concluso una procedura concorsuale. Avevano
regolarmente espletato un concorso per cui si è dovuto provvedere
all’assunzione che è di diritto pubblico.
Non sono come gli altri lavoratori,
cosiddetti impiegati, che hanno un tipo di contratto diverso.
Per cui, si potevano mettere in cassa
integrazione i primi e non si potevano mettere in cassa integrazione i secondi.
Ora, le motivazioni sottese alla loro
assunzione risalgono agli anni passati. Non abbiamo potuto che completare un
iter concorsuale con le relative assunzioni.
Si passa all’interrogazione a risposta immediata numero 194 del 5.12.2011 a firma del consigliere De Masi: “In ordine alle azioni previste per il controllo della qualità dell’aria in loc. Donna Rosa - Marina di Strongoli” di cui do lettura: “Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
nel territorio del Comune di Strongoli è ubicata una Centrale Termoelettrica della ditta Biomasse Italia S.p.A.;
con istanza del 26 maggio 2011, indirizzata all’Arpacal, il Comitato Civico Strongolese “Ambiente e Vita” ha fatto richiesta di far collocare un’apposita stazione di controllo di qualità dell’aria nei pressi del summenzionato impianto, capace di rilevare la presenza di ogni tipo di polveri ovvero di ogni altra sostanza patogena;
con nota prot. N.669/1.A. dell’8 agosto 2011, l’A.S.L. di Crotone, Dipartimento di prevenzione Servizio di Igiene Ambientale, a seguito di sopralluogo richiesto da cittadini abitanti in loc. Donna Rosa - Marina di Strongoli, ha evidenziato che “l’intera zona era ammorbata da esalazioni maleodoranti provenienti dalla vicina Centrale Termoelettrica della ditta Biomasse Italia S.p.A.”, specificando, altresì, che “gli odori percepiti erano acri e intensi e si diffondevano fin dentro le abitazioni causando disagio alla popolazione residente”;
nella summenzionata nota il Dirigente dell’A.S.L. ha fatto rilevare, inoltre, che in occasione della Conferenza dei Servizi, convocata per il rilascio dell’A.I.A., “aveva prescritto che nella gestione delle attività dell’insediamento di Biomasse Italia si impone una particolare attenzione per evitare inconvenienti igienico-sanitari (odori molesti ed infestazioni da impaludamento di acque di infiltrazioni delle biomasse”;
con nota prot. N. 15263 del 24 agosto 2011, la Regione Calabria, Dipartimento Politiche dell’Ambiente, ha diffidato la ditta Biomasse Italia S.p.A. “a mettere in atto tutte le misure per il corretto rispetto di quanto previsto dall’A.I.A. per evitare inconvenienti igienici sanitari”, chiedendo nel contempo all’Arpacal di programmare un sopralluogo per la verifica della corretta gestione delle aree di stoccaggio segnalando eventuali necessità di prescrizioni integrative";
l’impianto de quo è stato interessato da nuovi procedimenti di autorizzazione per l’ampliamento della produzione di energia elettrica;
così come rappresentato dalla succitata nota dell’A.S.L. la costante presenza di cattivi odori e polveri nell’aria altera la qualità della vita degli abitanti della zona, impedendo lo svolgimento delle normali attività quotidiane;
il territorio di Strongoli può vantare, altresì, elementi caratteristici di particolare pregio dal punto di vista agricolo, zootecnico ed alimentare meritevole di tutela;
appare quantomeno opportuno adottare degli strumenti idonei per rassicurare gli abitanti del territorio dal punto di vista della salubrità e dell’inquinamento, considerato anche che nella zona insistono scuole elementari ed un asilo nido -:
se l’Arpacal ha programmato il sopralluogo, così come richiesto dal Dipartimento Politiche dell’Ambiente della Regione Calabria, e quali provvedimenti ha ritenuto adottare;
se la Regione Calabria ritiene opportuno dare mandato a tutti i soggetti interessati, ognuno per le proprie competenze, di predisporre misure idonee a verificare, con accuratezza, lo stato della qualità dell’aria, anche mediante l’installazione, in prossimità dell’impianto in argomento, di apposite centraline di rilevamento delle concentrazioni di sostanze inquinanti.”
Prego, onorevole De Masi.
Grazie, Presidente.
Come è noto nel territorio di Strongoli, in provincia di Crotone, insiste una
centrale termoelettrica della ditta Biomasse Italia.
Con istanza del 26 maggio 2011,
indirizzata all’Arpacal, un comitato civico del luogo denominato “Ambiente e
vita” ha fatto richiesta di collocazione di una apposita stazione di controllo
di qualità dell’aria nei pressi del suddetto impianto, in grado di rilevare la
presenza di qualunque tipo di polveri ovvero di ogni altra sostanza
potenzialmente patogena.
In una nota dell’8 agosto 2011
l’azienda sanitaria provinciale di Crotone nel suo dipartimento specifico, a
seguito di un sopralluogo richiesto dai cittadini abitanti in località “Donna
Rosa” di Marina di Strongoli, ha evidenziato che l’intera zona era ammorbata da
esalazione maleodoranti provenienti dalla vicina centrale termoelettrica della
summenzionata ditta Biomasse Italia specificando, inoltre, che gli odori
percepiti erano intensi e si diffondevano addirittura fino all’interno delle
abitazioni causando disagio alla popolazione residente.
Nella stessa nota si faceva rilevare
che in occasione della conferenza dei servizi, convocata per il rilascio
dell’Aia – Autorizzazione integrata ambientale -, era stato prescritto che
nella gestione delle attività di insediamento di Biomasse Italia si imponeva
una particolare attenzione per evitare inconvenienti igienico-sanitari.
Con nota del 24 agosto 2011 la Regione
Calabria ha diffidato la ditta Biomasse Italia a mettere in atto tutte le
misure per il corretto rispetto di quanto previsto da quella autorizzazione, al
fine di evitare inconvenienti igienico-sanitari, chiedendo al contempo ad
Arpacal di programmare un sopralluogo per la verifica della corretta gestione
delle aree di stoccaggio e segnalando eventuali necessità di prescrizioni
integrative.
Il suddetto impianto è stato
interessato, tra l’altro, da nuovi procedimenti di autorizzazione per l’ampliamento
della produzione di energia elettrica, così come rappresentata dalla succitata
nota dell’Asl. La costante presenza di cattivi odori e polveri nell’aria
altera, evidentemente, la qualità della vita degli altri abitanti, impedendo lo
svolgimento persino delle quotidiane attività umane.
L’interrogazione si propone, in
sostanza, di sapere se l’Arpacal ha programmato il sopralluogo così come
richiesto dal dipartimento della Regione e quali provvedimenti ha ritenuto di
adottare. Ed inoltre, per sapere se la Regione Calabria ritiene opportuno dar
mandato a tutti i soggetti interessati, ovviamente ognuno per la propria
specifica competenza, di predisporre misure idonee a verificare con precisione
lo stato della qualità dell’aria, anche mediante l’installazione in prossimità
dell’impianto in argomento di apposite centraline di rilevamento e di
concentrazione di sostanze inquinanti. Grazie.
Risponde l’assessore Pugliano. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente.
C’è, innanzitutto, da dire che l’impianto è munito di autorizzazione integrata
ambientale del 9 febbraio 2010 e che, in riferimento alla nota dell’azienda sanitaria provinciale di Crotone, il dipartimento,
per come ha rilevato anche l’onorevole De Masi, ha immediatamente diffidato
l’azienda e chiesto ad Arpacal di effettuare un sopralluogo.
Fatto questo, Arpacal ha intanto
espresso dei suggerimenti immediati per vedere come eliminare gli inconvenienti
igienico-sanitari e al contempo, attivando un programma di monitoraggio straordinario,
ha fatto realizzare queste modifiche di abbassamento dei cumuli di stoccaggio,
di allontanamento dai muri di recinzione e di copertura di questi cumuli di
stoccaggio da reti.
Nel frattempo, la ditta ha anche
inserito una centralina mobile per monitorare continuamente la qualità
dell’aria e l’Arpacal – come dicevo prima – sta effettuando questo monitoraggio
straordinario.
C’è da dire ulteriormente che, giacché
la ditta ha richiesto alle attività produttive della Regione Calabria di
variare il processo produttivo con un revamping
dell’impianto, questa richiesta è già alla valutazione di impatto ambientale
del dipartimento politiche dell’ambiente che la utilizzerà per aggiungere altre
prescrizioni che possano garantire di più la salubrità e quindi anche la
qualità dell’aria in quel contesto.
Devo ammettere che alla luce di quanto detto dall’assessore Pugliano, le richieste salienti della interrogazione hanno avuto un preciso riscontro. Ne prendo atto, dichiarandomi soddisfatto aggiungendo naturalmente – tanto più che siamo in sistematica relazione con questi ambienti civici, diciamo così, di quella località – che verificheremo nel prossimo futuro se le rassicurazioni che ci ha fatto l’assessore Pugliano, di cui peraltro non abbiamo dubbi, verranno puntualmente messe in atto, per garantire la popolazione da queste insidie igienico sanitarie che se dovessero proseguire sarebbero dannosa. Grazie.
Si passa all’interrogazione a risposta immediata numero 195 del 29.12.2011 a firma del consigliere Talarico D. “In ordine alle Linee Guida per l’attuazione del PISR "Minoranze Linguistiche ed Etno-antropologiche della Calabria" di cui POR FESR 2007/2013” di cui do lettura: “Al Presidente della Giunta regionale e all’Assessore alla programmazione nazionale e comunitaria e all’Assessore alla cultura con delega alle minoranze linguistiche. Per sapere – premesso che:
la Regione Calabria, in un incontro svoltosi mercoledì 21 dicembre 2011 a Catanzaro presso il Dipartimento programmazione nazionale e comunitaria, ha presentato le linee-guida per l’attuazione del Pisr “Minoranze linguistiche ed etno-antropologiche della Calabria” di cui al Por Fesr 2007/2013;
nel documento di che trattasi è stata presentata la seguente situazione demografica, relativamente ai comuni calabresi di minoranza linguistica, minoranza arbereshe, provincia di Cosenza: 21 comuni per un totale di 38.446 abitanti; provincia di Catanzaro: 5 comuni per un totale di 8.929; provincia di Crotone: 3 comuni per un totale di 3.087; minoranza grecanica, provincia di Reggio Calabria: 15 comuni per un totale di 48.000 abitanti - il dato relativo alla minoranza grecanica appare di molto sovrastimato rispetto alla sua reale consistenza, essendo tale popolazione, secondo lo stesso Quadro unitario della progettazione integrata (QUPI) approvato dalla Giunta regionale, par a non più di 12 mila abitanti;
tale stravolgimento del dato demografico, relativo alla minoranza grecanica, qualora trovasse conferma in atti amministrativi conseguenti, andrebbe a modificare in misura sostanziale la spartizione delle risorse finanziarie previste dal Por per i Progetti integrati sulle minoranze, con conseguente sottrazione di risorse alla minoranza arbereshe presente sia nel territorio della Provincia di Cosenza che in quelli delle province di Catanzaro e Crotone -:
su quali base è stato definito il dato demografico relativo alla minoranza grecanica riportato nel documento di cui all’oggetto;
se non sia il caso di rivedere tale dato, ristabilendo la giusta proporzione tra le varie minoranze linguistiche presenti in Calabria, anche ai fini di una corretta ripartizione delle risorse del Por ad esse destinate”.
Prego, onorevole Talarico.
Signor
Presidente, si tratta di un’interrogazione relativa ad una materia che ha fatto
molto discutere in questi ultimi mesi in Calabria e che vorrei venisse trattata
con la necessaria delicatezza istituzionale perché se fosse, viceversa,
fraintesa potrebbe alimentare una contrapposizione tra province e comuni;
alimenterebbe un dibattito arretrato di cui la Calabria certamente non ha alcun
bisogno.
Mi
riferisco all’attuazione del Pisl “Minoranze linguistiche ed etno-antropologiche della Calabria” e
nell’interrogazione faccio riferimento ad un incontro che si è svolto il 21
dicembre 2011 a Catanzaro; incontro durante
il quale è stato presentato un documento che rappresenta la situazione
demografica dei comuni di minoranza linguistica nel seguente modo: alla
provincia di Cosenza vengono riconosciuti 21 comuni per un totale di 38 mila
abitanti; alla provincia di Catanzaro vengono riconosciuti 5 comuni di minoranza
linguistica per un totale di 8 mila 929; alla provincia di Crotone tre comuni
per un totale di 3 mila 87 abitanti.
Questi comuni che ho citato, queste
province, si rifanno alla minoranza arbereshe.
Mentre, per la minoranza grecanica
che come è noto è riferibile alla sola provincia di Reggio Calabria i comuni
sono 15 per un totale di 48 mila abitanti.
Nella mia interrogazione ho rilevato
che il dato della minoranza grecanica pare di molto sovrastimato rispetto alla
sua reale consistenza o a quello che io ritengo sia reale ed essendo la
popolazione stimata dallo stesso quadro unitario, dalla progettazione
integrata, approvato dalla Giunta regionale, uguale a non più di 12 mila
abitanti.
E’ evidente che il mutamento, lo
stravolgimento di questo dato – qualora dovesse trovare conferma – avrebbe,
come effetto, una iniqua ed anche ingiusta ripartizione delle risorse tra le
varie province. In particolare tra la provincia di Cosenza, di Crotone e di Catanzaro
a vantaggio – se così si può dire – della provincia di Reggio Calabria.
Chiedo di sapere, quindi, su quali
basi è stato definito il dato demografico relativo, in particolare, alla minoranza
grecanica riportato nel documento in oggetto e se non sia il caso di rivedere
tale dato ristabilendone la giusta proporzione.
Aggiungo che, se dovessi determinarmi
in tal senso, riconoscerei anche tutte le risorse allo stato indirizzate alla
comunità grecanica attraverso, però, il giusto riconoscimento del valore
etnico-linguistico in particolare di detta comunità.
Questo al fine di evitare una netta contrapposizione
fra minoranze, fra province, fra comuni i quali tutti – e dico tutti – meritano
lo stesso rispetto, la stessa dignità istituzionale, in questo caso rispetto ai
benefici che potrebbero derivare dall’attivazione del Pisl e di altre misure ad
esso connesse.
Questo era il mio interrogativo che
non può essere disgiunto da uno spirito di chiarezza e di costruzione di equilibrati
rapporti tra le province ed i comuni e tra la Regione e questi ultimi.
La parola all’assessore Mancini.
Grazie, signor Presidente. Ringrazio
il consigliere Talarico per l’interrogazione che ha presentato che dà la possibilità
alla mia modesta persona, ma più in generale all’amministrazione guidata dal Governatore Scopelliti, di far chiarezza su un tema sul quale molto
spesso si è discusso a sproposito in queste settimane sulla stampa.
Ebbene,
alla domanda del consigliere Talarico cioè quale sia la fonte dalla quale
discende la progettazione integrata e, più in particolare, i criteri di
distribuzione delle risorse la risposta è la delibera di Giunta regionale
numero 163, approvata nel febbraio 2010 dall’amministrazione presieduta dall’onorevole
Loiero.
Da quella
delibera partono tutti i criteri di distribuzione delle risorse della
progettazione integrata.
La partita
vale 406 milioni di euro e si dipana in tutta una serie di linee di intervento
tra le quali c’è anche quella che riguarda le minoranze linguistiche che vale
14 milioni di euro.
Il grande
merito dell’amministrazione, guidata dal Governatore Scopelliti, è stato quello
di trasformare le enunciazioni fissate in questa delibera in atti, in
provvedimenti che da qui a breve daranno risposte importanti in termini di
risorse a tutto il territorio calabrese.
Tra queste
risposte c’è anche l’attenzione rispetto alle minoranze linguistiche.
Si tratta
di 14 milioni di euro che, secondo i criteri stabiliti da questa delibera,
saranno distribuiti rispetto alla popolazione residente nei comuni individuati
non dalla Regione, ma dalle singole amministrazioni provinciali, attraverso
atti deliberativi adottati da quelle amministrazioni precedentemente al 2010 e
quindi al 2009.
Oggi è nostro
compito attuare quelle deliberazioni: sia la deliberazione di Giunta regionale
del febbraio 2010 sia quelle che provengono dalle amministrazioni provinciali precedentemente
emanate.
Certo, oggi
viviamo in una situazione un po’ surreale: le stesse amministrazioni
provinciali che all’epoca sottoscrissero quella intesa oggi si schierano contro
quelle determinazioni che esse stesse da una parte hanno approvato e
dall’altra, comunque, pur non approvandole hanno ratificato; d’altra parte
registriamo che chi ha partecipato all’interno di quell’Esecutivo regionale
alla definizione di quella delibera oggi in qualche modo la disconosce.
Per parte
nostra vogliamo, in qualche modo, fermamente andare avanti rispetto alla
progettazione integrata, consapevoli del fatto che se in tempi rapidi non si
arriva all’impegno delle risorse e alla loro effettiva spesa, quelle risorse
poi da parte del Governo nazionale saranno allocate e destinate rispetto ad
altre linee.
Siccome
riteniamo, invece, che l’attenzione nei confronti delle minoranze linguistiche
sia un atto utile, importante e qualificante, per parte nostra c’è tutta la
volontà di andare avanti rispetto a quel percorso.
Nostro obbligo,
però, è rifarci a quei criteri, ripeto, fissati dall’amministrazione che ci ha
preceduti che parlano di popolazione residente nei comuni indicati da ogni
singola amministrazione provinciale del tempo.
Può piacere
o non piacere questo criterio della popolazione residente. A me e al collega
Caligiuri che, più propriamente rispetto al problema delle minoranze e non
soltanto al Pisr e poi ai tre Pisl che da essi discendono, è assessore
competente, qualche dubbio lo solleva.
Però,
quella è la fonte normativa alla quale siamo ispirati. Sappiamo che nella
delibera 163 non è considerato il requisito, benché se ne possa fare
riferimento, di chi effettivamente parla la lingua della minoranza, ma
all’epoca chi ha predisposto quella delibera non lo ha tenuto in
considerazione. Riteniamo che in futuro possano esserci, eventualmente, delle
definizioni. Oggi, rispetto all’approvazione dell’avviso, si può pensare di
eseguire delle correzioni.
Si badi
bene, oggi noi applichiamo una fonte normativa approvata e definita da altri.
Alla
domanda che lei non ha posto e che però è legittima “ma allora perché non si
cambia il criterio?ӏ del tutto evidente che quel criterio per essere cambiato
deve necessariamente avere il via libera da parte di quelle amministrazioni
provinciali che all’epoca avevano adottato l’altro criterio e che oggi, al di
là delle strumentalizzazioni e delle polemiche, difficilmente possono cambiare.
Comunque, i
tempi lunghi che questa concertazione necessiterebbe, ove mai arrivassero ad
una concordia, rischierebbero o meglio rischiano di compromettere la dotazione
di 15 milioni di euro circa per le minoranze che è intenzione dell’amministrazione
guidata dal Governatore Scopelliti di non perdere assolutamente. Grazie.
Prego, onorevole
Talarico.
La risposta
che mi aspettavo e che non speravo ci fosse per la semplice ragione che
l’assessore Mancini ha riconosciuto parzialmente che il problema c’è. Ha citato
alcuni atti normativi in particolare la delibera numero 163 del 2010 la quale
nel punto saliente così recita: “i 14 milioni 391 mila 552 euro verranno
ripartiti tra le amministrazioni provinciali nei cui comuni sono presenti tali
minoranze linguistiche in ragione del numero di abitanti nei comuni stessi”.
Perfetto.
Ma il punto
è: come vengono individuati i comuni? C’è una legge nazionale, la numero 482
del 1999 che dice:“…la lingua ufficiale della Repubblica è l’italiano. La
Repubblica valorizza il patrimonio linguistico e culturale della lingua
italiana e promuove, altresì, la valorizzazione delle lingue e delle culture
tutelate”.
La legge è
quella relativa alla tutela delle minoranze linguistiche. Nell’articolo 2 si fa
riferimento alle lingue parlate.
Nell’articolo
3, assessore Mancini, vengono indicati i criteri attraverso i quali si perviene
alla individuazione dei comuni, cioè, il 15 per cento della popolazione
residente nel comune “x” fa richiesta al rispettivo Consiglio comunale. Il
Consiglio comunale approva questa richiesta e delibera, poi, si rivolge al
Consiglio provinciale e chiede di essere ammesso nella cosiddetta area di
minoranza linguistica.
La prima
domanda che faccio a tutti è se è stato seguito questo criterio. E se così è,
può darsi che sia stato seguito per tutti i comuni sia della provincia di
Cosenza che di Catanzaro, che di Reggio Calabria.
Questa
prassi, questa procedura non risolve il problema perché lo stesso regolamento
attuativo della legge numero “482”, all’articolo 3 dice esplicitamente:“l’ambito
territoriale sub-comunale in cui si attuano le disposizioni di tutela ecc.
ecc., è relativo a quell’area storicamente radicata ed in cui la lingua ammessa
a tutela è il modo di esprimersi dei componenti della minoranza linguistica”.
La legge
regionale all’articolo 1 tutela le parlate della popolazione albanese, grecanica
e occitana di Calabria; all’articolo 2 tutela la lingua, il patrimonio letterario,
ecc., ecc.
Dico questo
per evidenziare che il presupposto essenziale ed irrinunciabile del
provvedimento che state approvando è la lingua.
Nei comuni
ricompresi nell’area grecanica, come in quelli dell’area albanese o occitana è
presente il presupposto della lingua. O come io credo l’area è stata
perimetrata con qualche leggerezza e superficialità per includere comuni che
hanno una debolissima tradizione in tal senso? Questo è l’interrogativo.
Lei però
riconosce che il vizio è a monte. Ma nel momento in cui un Consiglio
provinciale, due o un Consiglio regionale rilevano l’errore, o il presunto
errore, io credo che forse la Regione avrebbe dovuto, quanto meno, metterlo in
evidenza e modificare il dato che emerge da questa procedura ch,e a mio avviso,
è ingiusta.
Non voglio
alimentare oltremodo la polemica, perché il rischio che dobbiamo evitare è la
contrapposizione tra le comunità, tra le province e tra i comuni.
Anche io
accolgo l’invito di trovare una soluzione e di aiutare questa comunità. In primis
la comunità grecanica che probabilmente più di altre ha bisogno di
provvedimenti per recuperare tradizioni che oggi sembrano perdute o sono molto
labili, almeno agli osservatori esterni.
Basta
leggere documenti e testi. Ci rendiamo conto che il dato che avete messo nel QUPI
certamente non riflette la realtà della situazione.
Il mio
invito è: cerchiamo di correggere questo errore, ma salvaguardiamo, però, un
criterio di verità storica che non è determinato né dal Consiglio regionale, né
dal Consiglio provinciale di Reggio Calabria o di Cosenza o di Catanzaro.
Grazie
onorevole Talarico. Il termine di un’ora per le interrogazioni è trascorso.
Procediamo
col secondo punto all’ordine del giorno.
(Interruzione)
Prego, onorevole Maiolo.
Presidente,
chiedo l’inserimento all’ordine del giorno
dell’ordine del giorno depositato al Consiglio al protocollo numero 4347 che
riguarda la “Istituzione dei percorsi di istruzione e formazione
professionale della Regione
Calabria”.
Si passa alla Proposta di legge numero 275/9^ di iniziativa
della Giunta regionale, recante: “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 11 agosto 2010, numero 21 nonché
disposizioni regionali in attuazione del decreto legge 13 maggio 2011, numero
70 convertito con modificazioni dalla 12 luglio 2011, numero 106”.
L’onorevole
Dattolo, relatore, ha facoltà di svolgere la relazione.
Grazie, Presidente, volevo…
Presidente,
è stato inserito all’ordine del giorno? Quindi c’è il
voto dell’Aula. Grazie.
Prego, onorevole Dattolo.
Presidente, volevo intanto ringraziare la Commissione da me presieduta per il contributo dato all’approvazione di questa importante legge che rivisita e completa la legge regionale numero 21 del 2010, il cosiddetto “Piano casa 1”.
Penso anche di poter dire con una
certa soddisfazione che siamo una delle prime regioni – eravamo l’ultima nella
precedente tornata – che si adegua al cosiddetto “Decreto sviluppo”.
Abbiamo ritenuto, anche virtù di
questa possibilità che ci è stata concessa, di modificare in maniera quasi
completa, esaustiva e chiara la normativa che porta il nome di “Piano casa”.
Il progetto di legge, formalmente
motivato dalla evoluzione del quadro legislativo nazionale, recepisce
all’interno della legge regionale numero 21 del 2010 l’estensione del campo di
applicazione del Piano casa anche agli edifici con destinazione d’uso diversa
dalle civili abitazioni, annoverando anche la variazione di destinazioni d’uso
tra quelle compatibili e complementari.
Infatti, le modifiche apportate
dalla presente proposta, se da una parte mantengono invariati i precedenti
indici di incremento volumetrico al 20 per cento per quanto concerne gli
ampliamenti su edifici ad uso residenziale, inclusi anche quelli plurifamiliari,
introduce anche la possibilità di premialità pari al
25 per cento per gli edifici a destinazione
d’uso artigianale ed industriale, con un incremento massimo di 500 metri quadri
e l’introduzione del recupero di seminterrati ed interrati a fini commerciali.
All’interno
del progetto di legge spicca una chiara regolamentazione degli obblighi a cui
debbono sottostare i richiedenti l’accesso ai benefici della presente legge e,
soprattutto, pone in maniera chiara ed inequivocabile l’accento sulla sicurezza
antisismica e la salvaguardia idrogeologica.
Soprattutto
porta anche al miglioramento del patrimonio in termini energetici ed alla
definizione di tutti gli atti che rendano legittima e regolare l’intera
attività connessa alla realizzazione degli interventi. Intanto con la presenza
dell’obbligo di esibizione dei contratti per gli incarichi professionali – ed è
questo un punto fondamentale – e soprattutto il DURC delle aziende che
sono impegnate nella realizzazione, nonché le asseverazioni in materia sismica,
idrogeologica ed energetica.
Infine, anche l’obbligo di esibizione
di documentazione architettonica che attesti la qualità delle opere anche sotto
il profilo estetico.
Il progetto di legge così si trasforma
in una completa guida alla esecuzione dell’opera, definendo innanzitutto la
tipologia degli interventi ammissibili e sottopone alle effettive prescrizioni
della legislazione nazionale in funzione dell’entità dei medesimi.
Infatti, in termini di compatibilità
antisismica si pone una precisa prescrizione in merito all’attività di
riqualificazione in conformità al decreto ministeriale 14.1.2008 nonché alla
delibera di Giunta regionale numero 230 del 2011. Allo stesso modo in termini
di salvaguardia idrogeologica oltre al rispetto del piano di assetto
idrogeologico, il cosiddetto Pai, trovano spazio gli atti di riclassificazione
del rischio di aree oggetto dei recenti eventi di dissesto con l’imposizione
del vincolo di acquisizione del nulla osta da parte dell’ente proposto, in modo
da non far riferimento ad uno strumento di ricognizione datato, permettendo una
contemplazione dello strumento con dati più aggiornati reperiti dagli attuali
stati di fatto ed i loro recenti studi e le analisi.
Inoltre in materia energetica si
assiste alla definizione di prescrizioni precise che permettono di avviare, in
concomitanza all’applicazione del Piano casa, azioni di miglioria energetica ad
alta trasferibilità, imponendo la realizzazione degli incrementi volumetrici in
linea con le prescrizioni nazionali ed, inoltre, di accompagnare l’attività ad
una serie di piccole migliorie energetiche che permettano un incremento dell’efficienza
dell’intero volume abitativo con un impegno economico esiguo, in particolar
modo imponendo l’installazione del sistema di termoregolazione dei vani che è
un primo passo verso l’efficientamento energetico degli edifici.
In tal modo ci si pone l’obiettivo di
un’ampia sensibilizzazione in materia,
permettendo di vivere l’efficienza energetica attraverso la tangibile
differenza di benessere igrotermometrico tra l’esistente ed il nuovo volume
aggiunto all’unità abitativa.
Così come
le numerose e precise regole in maniera energetica perseguono un obiettivo primario
- allontanando dubbi interpretativi così come era stato nella precedente
approvazione della legge - che non diventa l’abbattimento dei consumi
energetici, difficilmente perseguibili in ridotti incrementi volumetrici e non
legati a ristrutturazioni, bensì – e questo è un aspetto fondamentale – una
sensibilizzazione della popolazione in materia di pratiche buone e sane.
All’interno
della definizione delle regole energetiche trova spazio anche la miglioria
della compatibilità ambientale dei generatori di calore, al fine di ridurre gli
effetti inquinanti legati alla conduzione degli edifici.
Inoltre,
nella fattispecie del recupero di seminterrati e sottotetti a fini abitativi e
di seminterrati ed interrati a fini commerciali, le prescrizioni supportano la
miglioria delle condizioni igienico-sanitarie attraverso la definizione di
parametri in merito ad umidità, illuminazione e ventilazione.
All’interno della legge, inoltre,
trova spazio la modifica delle sagome degli edifici finalizzata alla
installazione delle fonti rinnovabili. Inoltre, nel caso di demolizione e
ricostruzione l’efficienza energetica, la compatibilità ambientale e la
miglioria del verde diventano requisiti fondamentali per l’esecuzione
dell’intervento.
All’interno della proposta di legge,
seppur in deroga agli strumenti urbanistici, trova spazio il rispetto di
prescrizioni di carattere urbanistico capaci di dar vita ad interventi che non
stravolgano la pianificazione – e ci tengo a sottolinearlo –, tenuto conto del
potere che hanno i sindaci ed i consigli comunali.
La qualità del tessuto urbano,
infatti, rispetto alla variazione di destinazioni d’uso, rimane inderogabile –
ripeto inderogabile – rispetto ai requisiti di compatibilità e di
complementarietà delle destinazioni.
Il rispetto del decreto ministeriale
numero “1444” in merito alle altezze massime ed alle distanze minime,
l’assoluta prescrizione del decreto legislativo numero 42 del 2004 – il
cosiddetto codice dei beni culturali e paesaggistici –, nonché l’inderogabilità
di indici primari quali, ad esempio, le aree destinate a parcheggio e - così
come sottolineato in precedenza - il mantenimento di condizioni di qualità
architettonica, di decoro e di risoluzione dell’incompiuto edilizio esistente.
Infine, con la stessa ratio, si ritrova nell’ambito delle
delocalizzazioni sottoposte all’obbligo della realizzazione dei volumi
delocalizzati all’interno di aree dotate di opere di urbanizzazione primaria.
Su questo si è intervenuti anche con l’ausilio di molti emendamenti dei
colleghi di opposizione che hanno visto, sicuramente, la Commissione prender
atto del lavoro svolto dai medesimi componenti.
Quindi, le attività edilizie promosse
dalla presente legge sono – è il caso di dirlo – ben lontane dal concetto di
cementificazione selvaggia come, probabilmente, continuerà a osservare, da qui
a poco, qualche collega della minoranza - come ho avuto modo di leggere su
molte testate giornalistiche di interventi dei colleghi. Ho rispetto per la loro
impostazione, ma chiaramente divergo in merito alle finalità della presente
legge.
Ritengo che siano aspetti che possono
definirsi appieno come attività di riqualificazione e miglioria del patrimonio
esistente, perché, ripeto, non vi è alcuna presunzione nel voler cambiare quella
che è stata per tantissimi anni incuria urbanistica.
Penso che questa legge possa indurre
ad una miglioria del patrimonio esistente, con una qualità visibile a 360
gradi. Una qualità che può essere frutto di una regolamentazione precisa e
completa in termini estetici, urbanistici, di salvaguardia e di sicurezza, nonché
anche di un approccio, in termini funzionali, di miglioramento delle
prestazioni di vivibilità e di risparmio energetico.
Ritengo di dover sottoporre al
Consiglio l’approvazione di questo importante strumento legislativo che - a
dispetto di quello che può essere il pensiero rispettabile di molti - è atteso
dai calabresi.
Vi è circa il 60 per cento dei
calabresi che aspetta questa legge per poter avere un riferimento, ferma
restando l’autonomia degli enti locali.
E’ una legge regionale che non impone
niente a nessuno, se non di poter dare agli enti locali in primis che sono gli attuatori ed ai calabresi la possibilità di
avere finalmente dopo tanto tempo uno strumento di sviluppo per l’asfittica
economia calabrese e soprattutto una possibilità di miglioramento della qualità
di vita dei calabresi e della domanda di abitazione nella nostra regione.
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Censore. Ne ha facoltà.
Presidente,
poiché è stato protocollato un ordine del giorno relativo
all’attentato subito dal parroco di Cetraro ed ai danneggiamenti alla chiesetta
di Sorianello, chiedo se, dopo la discussione di questo punto, fosse possibile
porne ai voti l’inserimento all’ordine del giorno per poterlo discutere
successivamente.
(Interruzione)
E’ agli atti. Grazie.
Si apre il dibattito. E’ iscritto a
parlare l’onorevole Franchino.
Così come è avvenuto qualche settimana fa
nella Commissione consiliare, il gruppo
del Partito democratico voterà contro la proposta
di legge sul Piano casa, sulla quale
abbiamo presentato emendamenti correttivi, ma anche osservazioni generali e particolari,
in Commissione prima e, oggi, faremo altrettanto in Aula.
Il Piano casa, che è stato varato dal Governo
Berlusconi nel 2009, è risultato essere un fallimento per l’incapacità di applicazione
nei tempi e nelle procedure da parte dei Comuni e anche con riferimento alle
leggi regionali; inoltre, non ha risposto alle motivazioni con cui era nato,
cioè quelle di agevolare il settore produttivo e le imprese nella ripresa
economica, tenuto conto che l’applicazione della legge si riferiva alla capacità
del privato di spendere economie proprie per la riqualificazione edilizia con possibilità
di variazione ed aumento di volume, previa messa a norma, secondo la normativa
energetica e sismica, cosa che di fatto comporta impegni onerosi di spesa.
L’applicazione della legge, riferita a
comparti di riqualificazione di aree urbane degradate, con la possibilità di
sostituzione edilizia e cioè a scopo di edilizia
sociale, di fatto non ha incontrato la disponibilità finanziaria degli enti di
riferimento per gli investimenti.
In
tutte le emanazioni regionali, il
Piano casa si è scontrato con la incompatibilità con altri strumenti attuativi
sottordinati o sovraordinati, quali i Piani comunali, i Piani provinciali,
l’urbanistica regionale, perché, seppure prevista la deroga, di fatto nella
possibilità di ampliamento e demolizione e ricostruzione, si rifaceva agli
indici di riferimento, volumi, vani liberi, spessori, eccetera. Ciò ha creato
regimi di incertezza nell’applicazione della norma.
Del resto, lo strumento della S.c.i.a., di
contemporanea emanazione, non ancora adeguatamente applicato, ha incontrato
ostacoli nelle procedure a carico degli uffici tecnici dei Comuni.
I finanziamenti disponibili, tra l’altro, sono
stati trasferiti con ritardo e, spesso, non sono stati utilizzati a causa degli
iter burocratici delle leggi, a dir poco convulsi.
Di fatto, nella sostanza, il Piano casa, come
previsto nelle sue emanazioni dal 2009 in poi, è risultato essere un super
condono programmato, in deroga a qualsiasi piano di tutela e pianificazione del
territorio, incline all’obiettivo dell’aumento di cubatura edilizia e dell’ulteriore
occupazione del suolo, a fronte di dati che rivelano la saturazione del territorio
nazionale sul costruito.
In particolare, la Calabria è seconda solo alla
Liguria per perdita di territorio permeabile, per l’ipercostruzione di
residenziale. La Calabria e la Liguria sono le regioni del dissesto
idrogeologico per eccellenza; conosciamo le recenti sciagure accadute in quella
regione e le nostre, che sono sotto gli occhi di noi tutti. La Calabria ha un deficit di pianificazione ormai ventennale
ed una emergenza territoriale in termini di dissesto idrogeologico e fragilità
sismica, che anche dopo l’approvazione delle recenti e collegate leggi in materia,
ha la necessità di confrontarsi sul territorio con l’applicazione riferita ai Piani
strutturali comunali ed ai Piani di coordinamento provinciale.
Il Piano casa, al di là del rispondere alla vera
necessità di un piano di edilizia sociale necessario, declina sui caratteri
dell’aumento di cubatura e di edificazione. In particolare, con la modifica
alla precedente legge del 2010, amplia il settore di applicazione anche al non
residenziale e, quindi, manda in deroga qualsiasi livello di pianificazione.
Ciò – Presidente, mi consenta – è estremamente pericoloso per le emergenze che
sono emerse, ma anche per lo stato di evoluzione della pianificazione a
carattere territoriale, che necessita di essere agevole, conclusa ed applicata,
prima che derogata da altre norme.
Il Piano casa 2010 della Regione Calabria è stato
impugnato dalla Corte costituzionale, a causa della carenza di regolamenti
attuativi e, quindi, della impossibilità di azione della norma approvata. In
particolare, con la modifica alla precedente legge del 2010, nell’articolato si
fornisce ampio spazio all’ottemperanza delle norme collegate e riferite alla
sicurezza sismica ed all’efficienza energetica, ma non si riferisce in termini
– attenzione su questo – di strumenti attuativi operativi utili a regolamentare
le procedure, visto che anche per riferirsi alle nominate norme collegate,
occorre che Comuni e Province abbiano adottato completamente tutte le procedure
per i decreti legislativi vigenti. Non si annulla, quindi, il rischio della
carenza normativa già riferita al 2010.
La nostra Regione ha già in corso la modifica della
legge urbanistica e dei relativi strumenti attuativi, ha procedure di Psc
avviate a livello comunale che già devono adeguarsi ai livelli successivi, che
hanno la necessità di aggiornare i Regolamenti edilizi, senza i quali nemmeno i
decreti legislativi vigenti possono trovare riscontro; e il riferimento è
sempre alla sicurezza sismica e all’efficienza energetica.
Quindi, in definitiva, anziché il Piano casa ormai
di scarsa efficacia, si pone come imprescindibile, onorevoli colleghi,
un’attività di pianificazione programmata sul territorio, che non si riferisca
ad approvazione di norme che annullano o derogano a ciò di cui il territorio
necessita con priorità. Occorre, con osservanza dei tempi e della successione
nella emanazione delle norme sul governo del territorio, procedere per ordine,
approvare e definire tutti gli strumenti di indirizzo politico e tecnico della
legge urbanistica della Calabria, per liberare la successiva pianificazione a
scala comunale, Psc e Regolamenti edilizi ed ottemperare ai decreti legislativi
a carattere nazionale collegati. È necessaria congruità e riferimento con i
documenti di indirizzo di pianificazione provinciale, con la compatibilità con
scelte di indirizzo sovraordinate come il Qtr, approvazione regolamentazione
con gli strumenti operativi che ancora non ci sono, della recente legge
sull’abitare sostenibile che questo Consiglio ha già licenziato, con
l’abrogazione dell’articolo 8 bis, come richiesto per impugnazione dalla Corte
costituzionale. Necessita, quindi, di un documento di indirizzo per ottemperare
alla normativa nazionale vigente sullo smaltimento di rifiuti da demolizione e
costruzione, che si coniughi con la necessità della salvaguardia e sicurezza
del territorio, per la quantità e la qualità dei materiali da rifiuto.
C’è la necessità, infine, di individuare norme
finanziarie di sostegno all’attuazione degli strumenti per l’applicazione della
norma e definizione di clausole valutative che impongano all’Assemblea regionale
di valutare l’efficacia degli strumenti e la verifica negli anni.
Sono questi i motivi del no del gruppo Pd a questo
provvedimento. Noi, del resto, volevamo un Piano casa per la crescita economica
della nostra regione e non un doppione di legge urbanistica, anche perché una
nuova legge urbanistica è in itinere ed è in discussione nella quarta Commissione.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Orsomarso. Ne ha
facoltà.
Non sarò molto tecnico come è stato il consigliere Franchino e come
tecnici sono stati gli emendamenti della minoranza
presentati in Commissione; rispetto a questo credo che la Calabria, ma soprattutto
i componenti della Commissione presieduta
dal consigliere Dattolo debbano dire grazie al loro Presidente, considerato che
la Commissione consiliare da lui guidata ha celermente – e risulta, tra l’altro, anche da organi di informazione
nazionali, come il “Sole 24 ore” – non
per una volta, ma per ben due volte, licenziato un testo di legge che tutte le
regioni italiane hanno apprezzato, un provvedimento dell’allora Governo Berlusconi
che va sotto il nome di Piano casa.
Per una volta la Calabria non è ultima nell’iter
legislativo, perché troppo spesso leggiamo o sentiamo dire nel clima di
antipolitica: “cosa fanno le istituzioni? Cosa fanno le Commissioni consiliari?”.
Al di là del tecnicismo, anche per la stampa che
riporterà la notizia – e noto, caro Alfonso, che, purtroppo, viene sempre
riportato il lato negativo, quello della cementificazione selvaggia –, io credo
che, oggi, in Calabria, ma doveva essere anche per il passato, per le
generazioni che ci hanno preceduto, intanto, ci fosse la necessità e l’urgenza
di una legge che ridesse moto all’economia. Non so sinceramente se questa sarà
una buona o una cattiva legge, tutte le leggi portano in sé il rischio di non
aver approfondito e valutato ogni aspetto, ogni tematica, ogni possibile
convergenza con piani urbanistici, regolamentari e tutto il resto.
Questa legge è un’opportunità. Che cos’è il Piano
casa rivisitato alla luce del nuovo Piano di sviluppo? E’, per essere chiari, l’opportunità
di andare in deroga agli strumenti che vincolano l’operato dei Comuni, di nuovi
interventi edilizi; di andare in deroga con intelligenza perché si dice alle regioni
– sono intervenute nel 2011 le Marche, la Liguria, il Molise, la Calabria non
ultima – di fare una legge che, nel rispetto del quadro normativo, appunto
Piani urbanistici, Psc, così per come sono trasformati, dia l’opportunità di
far muovere l’economia.
Questa è una legge richiesta dall’Ance, dagli
organi professionali che abbiamo ascoltato in Commissione e che hanno proposto
emendamenti. Allora, licenziarla demagogicamente, perché questa è la cultura
nuova di cui ha bisogno la Calabria, come la legge – come è stata definita, consigliere
Dattolo, non lo so – della cementificazione selvaggia, è un obbrobrio
intellettivo, non dico intellettuale.
E se, per una volta, sulla base di una nuova legge,
la Calabria si può dividere, si deve dividere fra i buoni e i cattivi
amministratori e, essendo una legge che va applicata dai Comuni, scopriamo,
poi, nella cronaca calabrese che ci sono stati negli anni e continuano ad
esserci pezzi di classe dirigente inadeguata, corrotta, incapace.
Questa è una legge che si poteva emendare con meno
furore ideologico e, che, comunque, è stata emendata; ha visto una discussione,
un dibattito ed è una legge su cui noi abbiamo la capacità, come minoranza e
come maggioranza, di essere sentinelle sul territorio. Perché si dice in genere
per tutte le leggi “fatta la legge, trovato l’inganno”, qui l’inganno su cui
bisogna porre l’attenzione sono le scelte sui territori devastati, in cui si è
costruito sui corsi dei fiumi, quando c’erano le leggi.
Vedete, la Calabria è stata distrutta nel tempo da
intere generazioni di amministratori, tant’è che ci troviamo pure a dover
intervenire su un dissesto idrogeologico immane; per dare degli esempi,
pensando alla mia provincia, c’è San Giovanni in Fiore, amministrata da tempo
dal centro-sinistra, che non è sicuramente un esempio. Pensiamo anche a Reggio
Calabria, fatti salvi anche i nuovi strumenti su cui si è intervenuto
costruendo una Calabria bella. Ed io – vedo di fronte il consigliere Principe –
se penso a Rende, essendo ideologicamente non schierati, rappresenta un esempio
di Calabria bella, con tutta una serie di disfunzioni che pure possono esserci
in quella programmazione amministrativa.
Allora dobbiamo intenderci, gli scempi urbanistici,
di cementificazione selvaggia non sono codicilli di regole, come può essere
questa legge che oggi andiamo ad approvare, che è una grande opportunità per
far rinascere l’economia; sono atti e comportamenti quotidiani di chi compie
scelte e di chi autorizza nuova pianificazione. La nuova immagine della Calabria
va affidata responsabilmente a noi stessi, alla cultura di uomini prima che di
politici e di amministratori, se con questa nuova legge vogliamo o meno
costruire una nuova Calabria, una Calabria del riscatto. Vi ho dato due esempi
concreti, non a caso ho citato città da sempre amministrate da uomini di centro-sinistra,
due esempi che sono uno all’antipodo dell’altro.
Penso che con questo nuovo strumento nuovi e vecchi
amministratori delle nostre città, di centro-destra o di centro-sinistra,
dovranno soltanto interrogarsi su quale modello prendere a riferimento e, se
non ne troviamo in Calabria, possiamo trovarne in Emilia Romagna, in Lombardia,
in Toscana e parlare meno il politichese, ma essere più pratici. La praticità,
in Calabria, significa avere comportamenti leali, nuovi, soprattutto per le
generazioni che arriveranno. Questo, Presidente, a difesa di un provvedimento
che riteniamo giusto, che ridarà linfa senza incidere sulla spesa pubblica, ma
con la spesa privata di chi ne sentirà la necessità, e l’accompagneremo con
grande capacità di controllo e non con una visione ideologica che è appartenuta
al passato e, secondo me, non deve appartenere al futuro.
Ha chiesto di parlare l’onorevole De Masi. Ne ha
facoltà.
Sono stato particolarmente facilitato dall’intervento dell’onorevole Franchino, perché egli ha
declinato, con perizia tecnica e con cognizione culturale, le ragioni salienti
che inducono anche il gruppo di Italia dei valori ad esprimere il voto
contrario su questa legge e non perché l’abbiamo mai definita in maniera grossolana,
così come ha appena detto l’onorevole Orsomarso. Queste affermazioni non ci
appartengono né tantomeno ci affidiamo, né negli interventi né in ogni pronunciamento
che riguardi la vita dei calabresi e, quindi, il futuro della Calabria, a
suggestioni ideologiche. Un’ideologia è una scelta prestabilita, cioè c’è un
assecondamento o un rifiuto rispetto ad una scelta scontata fatta dal Governo.
Non è così, noi siamo del tutto persuasi che questa legge non rappresenti una
sorta di esito elaborativo rispetto ad una lettura attenta e onesta della
realtà.
Vorrei
dire – e me lo permetterà, consigliere Orsomarso – che ci intravedo – e lo dico
con chiarezza – un pizzico di foga di amministrazione, cioè “purché si faccia qualcosa”,
perché il caposaldo attraverso il quale teorizzate l’utilità di questa legge è esattamente
quello di assicurare, in un momento di drammatica condizione economica e
sociale della Calabria, un ristoro all’economia della nostra regione. A me, francamente,
una simile affermazione, pare suscettibile di contrarietà assoluta tanto più
che – ha ricordato anche questo l’onorevole Franchino – storicamente questa legge manifesta una sorta di fallimento che è
sancito e certificato da dati di fatto e da documentate attività delle altre
regioni; non solo, mentre nel resto dell’Italia una legge del genere può
rivelarsi inutile, in Calabria può addirittura presentare – anche questo ha
detto l’onorevole Franchino, me
ne compiaccio e sottoscrivo – un’autentica pericolosità.
Poi, certo, altra cosa è il metodo. Indubbiamente,
nelle dinamiche istituzionali, così come negli atteggiamenti politici più in
generale, la metodologia è una delle architravi su cui si fonda una certa attività.
Devo dare atto al Presidente della Commissione, di cui sono componente, di avere,
con particolare generosità, esperito tutti i tentativi per avvicinare anche l’opposizione
verso questa scelta e per conciliare, con una visione meramente tecnica, che è quella
manifestata dagli ordini professionali, la portata definitiva del dispositivo
che oggi dovremo approvare o meno. Ce l’ha messa tutta, è vero, noi stessi
avevamo presentato alcuni emendamenti che sono stati in parte recepiti, allo
scopo di mitigare questa portata che noi riteniamo, se non devastante, inutile
e, comunque, pericolosa per il destino geomorfologico della Calabria.
Mettere in discussione, mettere in dubbio che la regione
Calabria rappresenti la latitudine nella quale il disagio idrogeologico sia
ormai un dato letteralmente riconosciuto, francamente, significa un po’ nascondersi
dietro un dito, è esattamente così. Che, poi, il consigliere Orsomarso affermi
che questo malcostume si è sviluppato attraverso sequele di decenni, nel corso dei
quali hanno indifferentemente amministrato esponenti di uno schieramento e
dell’altro, questo è un modo per confermare ciò che noi stiamo sostenendo, cioè
la Calabria presenta drammaticamente una serie di emergenze, probabilmente la principale
è esattamente quella del dissesto idrogeologico, proprio perché mette a repentaglio
il futuro.
Ammesso che si riesca a realizzare un ristoro economico
limitato all’economia calabrese, è ben poca cosa se questo va ulteriormente ad aggravare
le ragioni che rischiano di farci intravedere il futuro privo di quel respiro e
di quella nitidezza alla quale tutti dobbiamo auspicare.
Quindi, questo è il senso di un voto contrario; non
c’entra la demagogia, non c’entra certamente l’ideologia, ma c’entra, semmai,
una lettura della realtà che abbiamo non solo il diritto – checché ne pensi il
consigliere Orsomarso – ma anche il dovere di cercare di leggere secondo le
nostre vocazioni, la nostra formazione, la nostra cultura e la nostra sensibilità.
Tutti questi elementi si compendiano in una scelta politica importante, così
come quella che oggi dobbiamo definire e le abbiamo impiegate con franchezza.
Avevamo dichiarato la nostra contrarietà nel corso
della precedente discussione, quando questa proposta era stata più
canonicamente presentata attraverso l’elaborazione della Giunta regionale, poi
culminata nella discussione in Consiglio. Tanto più lo facciamo oggi.
Dichiariamo questa contrarietà, in quanto ci pare una riproposizione attraverso
tentativi di nobilitazione mal riusciti, per cui davvero non ci avete convinto.
La Calabria ha bisogno di ben altro – come diceva il consigliere Franchino –
semmai di un Piano vero di riqualificazione ambientale.
E poi, ultima annotazione, che può apparire una
sorta di richiamo decorativo rispetto all’assetto urbanistico, noi non vogliamo
assolutamente che si consolidino ragioni che accrescano inestetismi, che sono
diffusi in Calabria, di cui la regione è assolutamente costellata, perché
questo pregiudica anche un certo richiamo che la nostra regione esercita per il
suo paesaggio ed ineguagliabile bellezza.
Non sono citazioni né romantiche né retoriche; è
davvero l’adesione ad una visione della regione che deve conservare i suoi beni
veri, quelli più pregevoli, sui quali soltanto va fondata una politica che
assicuri futuro.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Guccione. Ne ha facoltà.
Presidente, mi sarei aspettato un’autocritica
questa mattina, in Consiglio regionale, da parte della maggioranza, che il 26
luglio del 2010, con enfasi, annunciava la sua volontà di adeguarsi al Piano
casa 1 di Berlusconi, e lo ha fatto attraverso la legge numero 21 dell’agosto
del 2010. La Calabria si è adeguata, facendo propri alcuni cardini del Piano
casa del Governo di Berlusconi. E’ passato un anno e mezzo da quella data e quella
legge è stata un vero e proprio fallimento.
Invito
l’assessore ai lavori pubblici a dirci quali sono stati, rispetto a quell’adeguamento
della Regione, gli interventi che si sono realizzati in Calabria. Neanche uno!
Quelle aspettative, quell’enfasi non hanno prodotto una sperata corsa ad adeguarsi
da parte dei cittadini, ad utilizzare quelle norme che erano previste in quella
legge. Ma questo si è creato diffusamente in Italia, non è una peculiarità calabrese,
la corsa alle domande del Piano casa in Italia, in particolare in Calabria, non
ha avuto e non è stata adeguata alle aspettative. Diciamolo, non è decollata la
richiesta.
Ancora
oggi, che siamo alla terza generazione del Piano casa, anche gli adeguamenti
più permissivi che sono stati fatti andranno a produrre, anche qui, un ulteriore
fallimento, perché non è con regole più permissive, in campo di edilizia, che
si mette in moto l’economia in Calabria e in Italia. Abbiamo bisogno di misure
più strutturali, abbiamo bisogno di investimenti nell’edilizia sociale, nell’edilizia
popolare, nell’edilizia agevolata, investimenti pubblici, che devono generare
una capacità di mettere in moto le risorse private, in un territorio che è duramente
colpito dal dissesto idrogeologico, in un territorio che è fortemente colpito
da un abusivismo imperante da anni, da un utilizzazione del territorio senza
regole, senza rispetto delle norme ambientali e delle norme idrogeologiche.
Siccome
non è solo Carlo Guccione a dire queste cose, vorrei ricordare a tutti quanti
voi che la Corte dei conti, il 23 dicembre scorso, ha depositato la relazione
conclusiva dell’indagine sulla programmazione ordinaria dell’edilizia
residenziale pubblica e sul Piano casa varato dal Governo Berlusconi. Sapete
come conclude la relazione della Corte dei conti? Dice che è stato un vero e
proprio fallimento, l’attuazione ha dato risultati assai modesti. Credo che non
sia cambiato nulla, se non, in questa seconda fase o terza generazione, che abbiamo
messo norme che vanno nella direzione di realizzare maggiore capacità discrezionale,
un maggiore permissivismo, una maggiore deregulation, ma dubito, stante la crisi economica nazionale
e internazionale, se non ci sono sostegni pubblici a riavviare il motore
dell’economia e dell’edilizia in Calabria – e così anche in Italia – , dubito
che saremo in grado con questo provvedimento di rimettere in moto un’economia
di questo genere.
Sapete, 1 miliardo investito in edilizia – ci hanno
spiegato i tecnici – significa creare oltre 20 mila posti di lavoro. E’ un settore
importante, che deve e può rimettere in moto l’economia di una regione e di un
Paese, a condizione che questo avvenga non utilizzando leggi di questo tipo che
vanno nella direzione di inserire una deregulation che va ad aggravare
lo stato della nostra regione sul terreno ambientale e idrogeologico. Invece, dobbiamo
attuare una vera e propria politica che vada nella direzione di recuperare il
vecchio patrimonio edilizio, i centri storici e di avere degli standard nuovi
sul terreno abitativo, attraverso – e lo sottolineo – la mobilitazione di tutte
le risorse che la Regione Calabria ha a disposizione nel campo dell’edilizia.
Questa è la grande e vera rivoluzione, se vogliamo mettere in moto l’economia, attraverso
una sfida che dobbiamo lanciare ai privati, che va nella direzione di aumentare
la qualità dell’abitare, delle scelte urbanistiche, della forte capacità di
mettere in moto un processo virtuoso che corregga errori storici che la nostra
regione ha sempre sofferto.
Quindi al bando i facili ottimismi. State per
approvare, col nostro voto contrario, in questo Consiglio regionale, una legge
che non farà fare nessun passo in avanti all’economia con il rischio che alcuni
interventi – quei pochi che si faranno – andranno ad incidere negativamente sul
terreno delle scelte urbanistiche.
La vera sfida che vogliamo lanciare in questo Consiglio
regionale è quella di avere la capacità - attraverso un monitoraggio che
bisognerà fare di tutte le risorse pubbliche disponibili che la Regione
Calabria ha in questo campo – di avere un piano che ci permetta di avviare un
programma di edilizia sociale e abitativa che sia in grado di sommare le
risorse pubbliche a quelle private di cui anche la Calabria dispone.
Da questo punto di vista, ritengo che abbiamo perso
una nuova occasione per scrivere una pagina che vada nella direzione di
interventi in grado di incidere in questa crisi strutturale.
Sono del parere che questa sia una legge pericolosa
sul terreno del decalogo dell’urbanistica, una legge pericolosa per la cultura
urbanistica che trasuda e che sarà priva degli interventi che questa legge si
prefigge. Grazie.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Loiero. Ne ha
facoltà.
Grazie, Presidente, ho voluto essere qui presente –
confesso di aver la febbre ma non voglio fare l’eroe - perché mi sembrava
giusto esser qui e testimoniare una posizione per quanto piccola e minoritaria.
Sono qui per votar no a questa legge e perché resti
agli atti, per quello che serve, non penso che i posteri si occuperanno molto
di noi. Ma è giusto che in certi passaggi cruciali ci sia la posizione di tutti
quanti.
Il tema che abbiamo di fronte è importantissimo e
penso che sia cruciale per la vita dei calabresi. Forse come calabresi non ci
rendiamo conto di quale sia il giudizio su di noi e sul nostro territorio. Per
esser franchi è possibile che sia esagerato, ingiusto ma per tanti versi anche
verosimile.
Sono convinto che non è solo la criminalità
organizzata che assimila tutti noi in un unico giudizio a far la differenza.
Non è così.
Certo, la criminalità assemblando tutti finisce per
costruire una ingiustizia assurda, ma è la condizione in cui versa il
territorio che fa poi da specchio alla criminalità. Se uno viaggia sul treno –
anche se non ci viaggia più nessuno – e va Praia a Mare ad Amantea o anche
sulla parte ionica trova una serie di case sulla spiaggia, case abusive,
talvolta case che rimangono per decenni con i ferri che fuoriescono.
Tutto sembra improvvisato ed anarchico su questo
territorio e quasi sempre sembra abusivo e comunque fuori da ogni contesto di
armonia del territorio. Di un contesto logico, a parte le costruzioni che
spesso sono bruttissime e spesso sul mare, come dicevo.
Sarebbero delle costruzioni da sanzionare per la
bruttezza oltre che per la illegittimità.
Questo comporta – l’ha detto qualcuno, mi pare il
collega Orsomarso – che si pone in essere una violenza al paesaggio che una
volta modificato lo è per sempre; è difficile, il paesaggio non si recupera.
Invece chi ricorda la Calabria di un tempo – non
che l’abbia vista – ma uno che la ricorda attraverso i libri, le foto, le
pitture ed i quadri trova che c’era una Calabria bellissima.
Faccio una confessione personale: ci sono percorsi
che non faccio più perché sono un dolore allo stato puro. Non passo più proprio
dove abita il consigliere Dattolo, perché non mi va di vedere il fiume Neto in
quelle condizioni da noi distrutto. Acqua rubata lungo il percorso e tutte le
altre cose anarchiche di questo territorio.
Poi, obiettivamente in questo territorio ci sono
state le alluvioni, i cataclismi, i terremoti che ne hanno modificato l’assetto
dello stesso, ma deve restar fermo il fatto, Presidente, che la più grande
devastazione l’abbiamo commessa proprio noi.
Ora una Assemblea che legifera, questa storia deve
tenerla a mente perché altrimenti è una tragedia.
Sono convinto che i sindaci, in questo nostro territorio,
sono stati spesso violentati, sono apparsi deboli e sottoposti ad una pressione
sociale fortissima, ad una pressione criminale. Intendiamoci, poi ci sono anche
coloro che nei paesi hanno la necessità di avere una casa, legittimamente, è
una necessità a cui correre incontro, ma spesso la pressione è stata terribile
e devo dire che pochi sindaci hanno lungo l’arco dei decenni, resistito.
A quei sindaci che hanno resistito dovremmo dare
una medaglia al valor civile, secondo me.
Abbiamo profanato un patrimonio di bellezza
straordinaria, una bellezza varia così come ce la raccontavano i viaggiatori
del grand tour. Una bellezza che oggi con il cambiamento radicale
dell’economia e dei suoi flussi, sarebbe qualcosa da sfruttare al meglio.
Abbiamo seguito per anni e per decenni l’acciaio,
la chimica, il quinto centro siderurgico, eppure non sapevamo – è stata una
nostra colpa, intendiamoci – che la vera e grande economia l’avevamo in mano
proprio noi con un territorio bellissimo da offrire.
Oggi l’economia non è fatta più di oggetti fisici,
di acciaio, di cibo o di automobili ma, oggi, l’economia vende salute perché la
vita si è allungata, vende attrezzature mediche raffinatissime e vende
divertimento. Vende, appunto, proprio la bellezza.
Pensate a quanta varietà di bellezza abbiamo
sprecato.
Sono convinto che questa nostra regione è cresciuta
in questo dopoguerra sotto la spinta di forze irrazionali che hanno creato
capitali ma anche veleni, consumi abbondanti ma anche mostri urbanistici.
Per questo abbiamo abbattuto più di un “mostro”
nella passata legislatura con tutte le difficoltà che tutto ciò comportava.
Ho fatto questo lungo preambolo, Presidente, per
dire che questa legge così com’è con tutti gli sforzi fatti dal Presidente
della Commissione è una legge che risulta non votabile, c’è un eccesso di
volumetria in un territorio che ha registrato tragedie grandi e ne avremo altre
purtroppo.
Non si tratta di essere uccelli del malaugurio ma
ne avremo altre se si continua così perché, poi, la natura si vendica.
Approvarla in questo momento , può dare sfogo ad alcuni istinti nostri che
invece bisognerebbe reprimere perché più di uno – chiunque ha parlato oggi – ha
fatto un riferimento al dissesto idrogeologico su cui abbiamo investito
parecchio, ma anche voi da quel che vedo.
E’ un dissesto con cui conviviamo. Mi sono
permesso, Presidente, non la voglio fare lunga, di fare una comparazione
sinottica delle due leggi ed ho visto che le differenze sono tantissime e le
voglio proprio ricordare affinché rimangano registrate.
Articolo 1, comma 2. La legge del 2010 parlava
vagamente di deroga alla programmazione urbanistica locale e si riferiva solo
ad interventi di ampliamento, di demolizione e di ricostruzione.
Nell’attuale proposta di legge si precisa la deroga
ai regolamenti comunali degli strumenti urbanistici e territoriali comunali,
provinciali e regionali e si disciplina l’esecuzione di razionalizzazione del
patrimonio edilizio esistente. Riqualificazione di aree urbane degradate,
sostituzione edilizia, ampliamento, demolizione e ricostruzione.
Articolo 2. Nella legge vecchia si riferiva agli
obiettivi della legge. Nella proposta attuale all’articolo 2 viene aggiunto un
intero comma sulla deroga agli strumenti urbanistici relativa a disposizioni
sui limiti di densità edilizia, altezza, distanza tra i fabbricati.
Articolo 3. Su definizione e parametri rispetto
all’altra legge questa viene estesa dagli edifici residenziali agli edifici non
residenziali.
Al paragrafo c) sulla volumetria esistente vengono
aggiunti i volumi accessori o pertinenziali. Al paragrafo e) vengono
specificate le cubature. Nella proposta si aggiungono i muri perimetrali, i
solai, i vani scala, i paragrafi. All’articolo 4 si sostituisce il comma 1.
Nella vecchia legge il limite degli interventi
straordinari di ampliamento era di un massimo di 200 metri cubi di volume e di
60 metri quadrati di superficie lorda per unità abitativa; nella proposta
attuale i metri quadrati di superficie interna diventano 70.
Questo non va.
Viene inoltre consentita la variazione della
destinazione d’uso. Questa è una cosa grave ed il paragrafo è del tutto nuovo.
Si prevede l’ampliamento su unità immobiliari non residenziali entro il limite
del 20 per cento.
Questo per unità immobiliare fino ad un massimo di
200 metri quadrati. In caso di destinazione d’uso produttivo i limiti sono
aumentati al 25 per cento.
Al comma 3 vengono aggiunti i paragrafi. Lo stesso
all’articolo 5 sugli interventi straordinari di demolizione di costruzioni. Al
comma 1 viene aggiunto il paragrafo f) che aggiunge gli edifici a destinazione
non residenziale. Se la destinazione d’uso finale delle unità immobiliari è
almeno al 70 per cento residenziale.
All’articolo 6 sulla ammissibilità degli interventi
e modalità di applicazione, al comma 5 vengono aggiunti il 5bis, il 5ter, il
5quater, il 5quinquies, il 5sexies che disciplinano il recupero abitativo dei
sottotetti, piani seminterrati ed interrati.
Al comma 8 della legge precedente il termine della
delibera del Consiglio comunale da adottare era di 105 giorni ma oggi è ridotto
a 60.
Non vorrei dilungarmi, potrei leggere ancora
all’articolo 8, al 9. In sostanza, Presidente, si tratta di un atto fortemente
pericoloso per un territorio come quello della Calabria. Siamo in presenza di
una norma che contrasta con la fragilità della situazione idrogeologica della
nostra regione che non necessita di nuove unità abitative o di un consumo del
suolo. E’ una norma che complessivamente non prende nella giusta considerazione
quel bene comune che è il territorio e che – ripeto questo concetto – una volta
modificato non rientra mai più nei parametri originari della bellezza.
In particolare si amplia il settore di applicazione
al non residenziale e quindi si manda in deroga qualsiasi livello di pianificazione.
Concludo: signor Presidente, come si diceva, le
modifiche principali riguardano i maggiori volumi destinati a fabbricati non
residenziali.
Inoltre la legge precedente riguardava i fabbricati
con autorizzazioni o sanati. Con questa nuova legge si consente di sanare anche
dopo la data di entrata in vigore della legge e quindi anche se non è stato
avviato il condono, lo si può avviare e dopo presentare una richiesta per
ampliamento.
E’ una forma di sanatoria surrettizia. Chiudo qui, Presidente,
e dico che noi abbiamo tutti gli occhi addosso. Vedo che molte delle nostre
leggi – quasi l’80 per cento – vengono respinte e vengono richieste delle
modificazioni.
Credo che su questo tema sia opportuna una maggiore
dose di riflessione, perché questo non è un tema che potete approvarvi da soli
ma su questo tutti dovremmo poter convergere ma così, obiettivamente, è
difficile convergere.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Mirabelli. Ne ha
facoltà.
Grazie, signor Presidente, credo che l’onorevole Loiero
abbia illustrato bene quali siano le perplessità e i limiti di questa legge che
affronta, senza dubbio, un tema scottante ed anche abbastanza importante.
Il piano della casa per il quale oggi siamo qui a
discutere è un argomento che, in una regione come la nostra, non è di
secondaria importanza ma diventa fondamentale e di primaria importanza.
Leggendo, accuratamente, la legge nel suo insieme,
nei vari articolati, nei vari commi e sottocommi si evidenzia, chiaramente, la
necessità di voler dare risposte ad un territorio il cui patrimonio edilizio è
antico e vetusto. Per alcune parti – lo diceva bene l’onorevole Loiero – è
quasi violenta rispetto al contesto orografico, geografico ed urbanistico di
questa nostra regione, rispetto a quella che era la regione di un tempo.
Dall’altro lato si evidenzia uno sforzo maldestro,
dal mio punto di vista, per quanto attiene al cercare di rilanciare un settore
– quale quello dell’edilizio –, quello dell’industria delle costruzioni, così
si chiama tecnicamente, che in Calabria per anni è stato forse il settore economicamente
trainante, più forte, principale rispetto ad oggi in cui versa in una
situazione stagnante e che – purtroppo – fa annoverare degli arretramenti sia
in termini di imprenditoria che di economia specifica.
E’ ovvio che l’economia di una regione non può
basarsi esclusivamente su una necessità di andare ad implementare e ad
incrementare il numero delle unità abitative, dei nuovi palazzi.
Questa impostazione deve, per forza, rispondere ad
un concetto semplice dove una domanda c’è ed alla quale è necessario dare una
risposta e quindi creare una offerta. Qualora ci fosse in Calabria necessità di
domanda di ulteriori abitazioni si farebbe bene – nell’ambito di norme ben
precise che già esistono - a dare sfogo a livello comunale per poter redigere
una nuova edilizia o un rafforzamento dell’edilizia.
Credo che, in Calabria, questa questione di nuova cementificazione
non sia più sostenibile. Non è sostenibile sotto il profilo del dissesto idrogeologico
e non è sostenibile sotto l’assenza totale di domanda.
Anzi in Calabria, da tutti i dati, abbiamo un
incremento smisurato rispetto alla popolazione di unità abitative. Ci sono
comuni che annoverano 200-300 mila unità abitative che sì e no vengono coperte
nel periodo turistico che è quello estivo dopo di ché sono deserte, nei
restanti periodi.
E’ ovvio che non possiamo pensare di poter unire in
maniera esaustiva e quanto meno legittima le due cose. Pensavo che con questo
“Piano casa” si mettesse mano effettivamente, Presidente, a quelle che come
finalità sono incluse nell’articolo 1, soprattutto al comma 2.
Cioè aggiustare quegli scempi del passato, cercare
di mettere in riga i manufatti nel senso di poterli caratterizzare in termini
di sicurezza e di potenziamento delle normative che guardano
all’eco-residenzialità – ed abbiamo fatto una legge specificatamente su questo
– , proprio per far sì che da un lato si potesse riattivare l’industria edile,
quindi tutte quelle maestranze di cui siamo abbastanza ricchi in termini di
professionalità e rimetterle sul mercato, e dall’altro lato cercare il
risparmio energetico, l’eco-compatibilità ambientale e quant’altro per
innovarci in positivo cercando in tutti i modi di dare le risposte che sono
risposte di modernità.
In realtà, si va al di là di quelle finalità che
sono messe per iscritto, e mi riferisco in modo particolare alla razionalizzazione
del patrimonio edilizio esistente, alla riqualificazione, giustissima, delle aree
degradate urbane, alla sostituzione edilizia per i vecchi manufatti sono tutte
cose giustissime verso le quali non potremmo dire di no.
Dov’è che si è voluto molto probabilmente strafare
e allargare le maglie andando oltre quelli che sono i limiti che era giusto e
doveroso darsi? A tutti interessava rimettere in sesto e aggiustare il
patrimonio edile calabrese nel migliore dei modi che è frutto – badate bene –
anche di un fatto storico: quello di non aver in tempo recepito – i comuni – le
linee e le attuazioni dei piani regolatori generali.
Molti comuni soprattutto quelli costieri sono
andati avanti con piani di fabbricazione che sapevamo benissimo essere
abbastanza permissivi, duttili e anche troppo elastici, che hanno dato vita ad
un patrimonio edilizio che è quello che è.
Allora il problema dove cade, Presidente Dattolo?
Cade nel momento in cui in questa integrazione, in questi cambiamenti rispetto
alla legge numero 21 del 2010 ci troviamo ad esaminare, nello specifico, la
questione dell’ampliamento. Un ampliamento che è esagerato in termini
volumetrici.
Ma attenzione, cozza anche violentemente con quelle
che sono le immagini di tipo architettonico a cui siamo abituati nei nostri
palazzi.
Dovete sapere che nei comuni ci sono state intere
battaglie spesso contro un parziale abusivismo, quelle contro la chiusura dei
balconi. Perché attraverso la chiusura dei balconi, dei terrazzi aumentava, di
fatto, la volumetria.
E’ ovvio che oggi andandolo a legalizzare molto probabilmente,
i comuni avranno un maggior ritorno economico e basta pensare all’Imu, alle
tasse e ai tributi sui rifiuti solidi urbani, sulla spazzatura che si pagano in
base ai metri quadri.
E’ ovvio che le bellezze architettoniche di alcuni
palazzi diventerebbero come dei cubi, immaginiamo un palazzo dove tutte quante
le unità abitative che riescono a stare all’interno – soprattutto i
microappartamenti – riescono a chiudere tutti quanti i balconi :diventano un
cubo di memoria Soviet di un tempo. Quindi, diventa un qualcosa di inestetico
dal punto di vista architettonico.
Questa amplificazione delle volumetrie sul
residenziale è ancor peggiore rispetto al non residenziale, per
semi-residenziale perché il semi residenziale può dar la possibilità di portare
le unità abitative qualora ne abbiano i requisiti ad un incremento – come
diceva giustamente, l’onorevole Loiero – quasi sino a 200 metri quadrati in più
rispetto ad ogni singola unità abitativa.
E’ ovvio che c’è una preoccupazione al di là del
fatto che ci sono le deroghe rispetto agli strumenti urbanistici ed ai
regolamenti comunali. Anche su questo faccio un inciso.
Da un lato si pensa, all’inizio di capire, che i
comuni vengano espropriati della loro capacità di potestà, di indirizzo e
controllo, di scelta sul proprio territorio, di quelle che sono le scelte
riguardanti l’edilizia stessa. In realtà è una parziale ed effimera deroga perché
all’articolo 6, comma 8 si evidenzia chiaramente che a distanza di 30-60 giorni
rispetto all’eventuale o sicura approvazione da parte della maggioranza di
questa legge, i Comuni possano mettere in campo dei provvedimenti in cui si può
limitare l’intervento dell’applicazione della stessa nel contesto del proprio
territorio.
Di fatto diventa una deroga parziale, neanche
totale, una deroga che deve trovare l’assunzione da parte dei comuni,
l’accettazione di una impostazione che viene dal Consiglio regionale.
E’ ovvio che mi sarei aspettato un qualcosa di
diverso. Pensavo che questo potesse rappresentare un momento importante per
cercare, in tutti i modi, di mettere mano non solo a questioni di ampliamento e
di sopraelevazione, di chiusura di scale, di chiusura di balconi, di
realizzazione di nuovi manufatti accorpati.
Non è escluso, ad esempio, anche sui condomini, la possibilità
di poter ampliare con corpi aggiunti – l’importante è che ci sia il parere del
comune – il numero di appartamenti per unità abitativa ed addirittura variare
anche le destinazioni d’uso.
Secondo me si sta forzando troppo la mano e si sta
andando verso un permissivismo che è troppo esagerato. Avremmo dovuto fare un
qualcosa di diverso, cercando di mettere a regime il patrimonio edilizio,
mettendolo in sicurezza. Cercare sì di andare ad abbattere i manufatti che
ormai sono usurati e non sono più in condizioni di sicurezza e di stabilità
strutturale anche con le premialità, abbattimento e ricostruzione.
Ma, secondo me, il fatto stesso che questa legge
abbia sposato soprattutto in questi aspetti che oggi ci vengono presentati, più
che altro la volontà ad andare a fare incrementi ulteriori di volumetria,
secondo me rappresenta un limite per il quale la Calabria non si può permettere
una ulteriore cementificazione; anche perché, ripeto, c’era molto e c’è molto
da fare sul patrimonio edile esistente oggi in Calabria, che va rimesso a
norma, ristrutturato, rafforzato, ammodernato, abbellito e contestualmente va
anche modernizzato per quanto riguarda le spinte che ci vengono dall’Europa e
di cui noi stessi ci siamo dotati, circa 3-4 mesi fa, approvando la legge sulla
eco-residenzialità, cioè sulla residenza eco-compatibile a risparmio energetico
ed anti-inquinante.
Bastava utilizzare queste finalità specifiche,
evitando incrementi volumetrici che ci espongono, sicuramente, ad un aumento
della cementificazione.
Capisco che questo aspetto è importante anche per
questioni di tipo economico e di ritorno per i Comuni, perché incrementando le
unità abitative in termini di volume e di metri quadrati, aumentiamo, anche per
il cittadino, la contribuzione per l’Imu, la spazzatura e quant’altro.
Penso, però, che una regione come questa abbia
necessità, oggi, attraverso questi momenti importanti, attraverso questo
passaggio importante sul piano della casa di cercare di fare un rendiconto
della situazione, uno screening di quella che è la situazione oggettiva
che è sotto gli occhi di tutti e che spesso ci viene rinfacciata da altre
regioni. E quindi per limitare le finalità specifiche che avrebbero dato sfogo,
sicuramente, ad una riattivazione del settore edile e a quelle cose di cui la
Calabria aveva veramente bisogno.
Consentitemi di dire che l’ampliamento è un
qualcosa di inaccettabile in una regione di questo tipo. Per cui, per questo
motivo, per quanto mi riguarda sono costretto con molta tranquillità e
chiarezza a votare contro questa proposta di “Piano casa”.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Principe. Ne ha
facoltà.
Signor Presidente, gli interventi che hanno preceduto il
mio da parte di tutti i gruppi di minoranza in questo Consiglio regionale -naturalmente mi riferisco in modo particolare ai
colleghi di gruppo, Franchino e Guccione, che hanno sostenuto le nostre
battaglie anche in sede di Commissione- hanno esplicitato, ben supportati dal
consigliere De Masi ed in modo ampio ed arioso dall’onorevole Loiero ed in modo qualificatamente tecnico dall’onorevole
Mirabelli, ed evidenziato ampiamente le motivazioni per cui voteremo contro
questo provvedimento.
Limitarci, però, ad esprimere un
voto contrario obiettivamente non soddisfa anche una esigenza di coscienza che
ognuno di noi ha, per cui da questi banchi viene anche l’invito, che è stato
già fatto in modo garbatissimo dall’onorevole Loiero, di
ritirare questo provvedimento, di ripensarlo e di mettere in piedi un provvedimento
che sia utile realmente alla nostra regione.
Vedete, a parte le nostre specifiche colpe
come amministratori delle istituzioni locali, a parte la rilevantissima responsabilità
dello Stato centrale che ha fallito nelle materie di sua competenza, e citiamo
sempre perché sono più significative la mancanza di sicurezza e l’arretratezza
delle infrastrutture, è dimostrato dalla storia di questi anni che il
sud non è riuscito a mettere in piedi politiche
virtuose perché non siamo stati mai capaci di pensare ad uno sviluppo che si
basasse sui punti forti che le regioni meridionali – in questo caso particolare
la Calabria – possono esprimere.
Ci siamo sempre fatti influenzare da ipotesi di sviluppo
nate per altri luoghi e per altre situazioni. Ipotesi di sviluppo importati –
lo ha detto già Loiero – che hanno fatto registrare un grande fallimento.
A volte dai fallimenti possono nascere cose buone come è
successo per Gioia Tauro. Tutti sappiamo che il porto di Gioia Tauro era nato
per il fantomatico “quinto centro siderurgico” mentre la siderurgia batteva
colpi in tutta l’Europa.
In questa fase, allora, dove noi sosteniamo legittimamente
che l’Italia può riprendere a crescere se cresce il Mezzogiorno, mi auguro che
il Governo dei tecnici, che sino ad ora, in una situazione di grande
difficoltà, ha fatto bene ma che rappresenta una sorta di anomalia perché, normalmente, nei Paesi democratici sono i conservatori
che fanno le politiche di risanamento e poi i riformisti progressisti che
guidano le politiche di crescita, possa operare bene.
Qui,
insomma, c’è un po’ di confusione e speriamo di arrivare al traguardo del 2013
con un Paese che si è rilanciato. Il Ministero dello sviluppo e delle infrastrutture
con una indicazione politica sembra aver capito finalmente che, per esempio, al
sud servono le infrastrutture.
Dalle
regioni meridionali, allora, deve o no partire una qualche idea di uno sviluppo
che pensiamo, progettiamo, ideiamo e proponiamo dalle nostre regioni? Ebbene,
per non farla lunga, questa legge accresce obiettivamente in modo più negativo
le tendenze che hanno portato al fallimento di settori che potevano essere
trainanti come il settore del turismo.
Condivido
quanto sostenuto dal collega Guccione ma aggiungo che dobbiamo capire cosa
significa sviluppo e cosa fa sviluppo, anche in questa fase di crisi globale.
Una
domanda: ma voi ritenete e possiamo ritenere che, ammesso che questa legge
trovi attuazione, che il rilancio dell’edilizia significhi rilancio dello
sviluppo? E’ una domanda che ci dobbiamo porre perché, tanto per restare in
tema, se il rilancio dell’edilizia continuerà a deturpare le nostre bellezze
naturali, il nostro paesaggio, le nostre coste, perché succederà
inevitabilmente, avremo messo in piedi un meccanismo perverso che nasce per
creare sviluppo e crea sottosviluppo.
Parlo
della mia provincia. Il Tirreno cosentino come bellezza naturale non aveva
nulla da invidiare alle zone costiere più belle della Calabria e del Paese.
Lì si
è fatta una scelta di sviluppo assurda: la politica della seconda casa.
Abbiamo
pensato ad un turismo che avremmo dovuto alimentare noi stessi come calabresi,
ed in questo caso come cosentini; naturalmente questa politica ha portato al
fallimento. Lo diceva Mirabelli: ci sono case che sono sfitte per 11 mesi
l’anno.
Tale legge vuole continuare questa perversa
politica mentre se fossimo in grado di immaginare uno sviluppo pensato, ideato,
progettato e proposto in Calabria, dovremmo pensare a grandi investimenti nelle
infrastrutture, a riqualificare le nostre città, a favorire il riuso dei centri
storici, la valorizzazione dei nostri beni culturali, lo sventramento di alcune
parti delle nostre città e la ricostruzione con un nuovo disegno urbano.
Favorire il tessuto urbano con un disegno urbano moderno che può attrarre e
rendere più forti le nostre città perché le città quando sono ordinate rappresentano
anche una potenza economica dal punto di vista attrattivo.
Questo è lo sviluppo che mette in moto un
meccanismo di crescita.
Riconosco che il settore dei lavori pubblici in un
periodo di crisi deve favorire, può favorire l’investimento nei lavori pubblici,
la ripartenza della crescita, ma parliamo di lavori pubblici, non parliamo di
edilizia e, quindi, di urbanistica.
Vedete, l’errore ottico in cui è incorsa la maggioranza
è di aver fatto un po’ di confusione tra i lavori pubblici e l’urbanistica perché
è fuor di dubbio che l’investimento nei lavori pubblici crea sviluppo. Non è
detto che l’investimento disordinato dell’edilizia crei sviluppo.
Di grazia, qui c’è l’assessore all’urbanistica che
dovrebbe battere un colpo al tavolino parlante e dirci a cosa servirà la
proposta di modifica della legge urbanistica se oggi approverete una legge
urbanistica temporanea fino al dicembre 2014.
Caro onorevole Aiello, quando i buoi scappano dalla
stalla – forse questo dovreste dirlo anche a qualche vostro esponente che guida
qualche città della Calabria – guardate che i buoi non ritornano nella stalla
con un semplice fischio.
Se questa legge venisse attuata sarebbe del tutto
superfluo metter mano alla legge urbanistica perché il disastro della Calabria
sarebbe irrecuperabile.
Guardate, questa mia tesi è rafforzata anche
dall’ultimo emendamento che avete fatto circolare in Aula che modifica
l’articolo 65 della legge urbanistica, in materia di validità degli strumenti
urbanistici, nel corso delle procedure del piano strutturale comunale. A
dimostrazione che nel momento in cui questa legge diventerà vigente, della legge
urbanistica potremmo fare tranquillamente a meno.
Se il dato è questo, nessuno può venire a dire ai
calabresi che questa è una legge che produce sviluppo perché abbiamo visto che
lo sviluppo in materia di costruzione si può produrre in modo diverso
attraverso una sana politica delle infrastrutture e dei lavori pubblici - non è
il caso di dilungarsi sulle questioni di natura tecnica, sono state già dette-.
Immagino cosa può succedere nelle nostre città.
Questo non è un miglioramento della precedente legge
regionale numero 21 ma è un ulteriore peggioramento ed appesantimento. Vorrei
ricordare in questa sede alla Presidenza del Consiglio che in sede di coordinamento
formale si fece una grande forzatura perché approvammo in quest’Aula un emendamento
a firma anche degli onorevoli Aiello e Gentile, emendamento ideato e presentato
dal gruppo del Partito democratico, primo firmatario, per il ruolo
che immeritatamente mi trovo a svolgere, l’onorevole Sandro Principe, che
limitava l’aumento volumetrico del 20 per cento ai fabbricati con una
volumetria non superiore a mille metri cubi e con un’altezza di 7 metri dal
piano di gronda.
Abbiamo approvato in Aula
questo emendamento, poi è venuto fuori un testo del tutto diverso, così come,
purtroppo, caro Presidente dell’Assemblea, accade spesso in questo Consiglio
regionale.
Oggi per migliorare, ma
migliorare spesso vuol dire peggiorare nella materia che stiamo trattando, si
va a rendere operativo quel cambiamento che si è verificato in relazione a
quell’emendamento perché lì fu inserito il condominio, il palazzo come
beneficiario del 20 per cento ma con delle modalità e delle indicazioni che
erano impraticabili.
Viceversa, purtroppo, se
questa legge venisse approvata, l’aumento del 20 per cento sarà un aumento
generalizzato sul territorio regionale. E quindi riguarderà anche i palazzi,
altro che riqualificazione delle aree degradate, altro che miglioramento
architettonico degli edifici!
Caro amico, consigliere
Mirabelli, non si tratta solo di chiudere le terrazze o i balconi o le verande.
In alcuni casi sarà stravolta l’architettura dei fabbricati per avere quel 20
per cento in più. Non solo ma che la legge abbia una finalità speculativa è
dimostrato dal fatto che con questa normativa si potrà aggiungere il 20 per
cento della volumetria del fabbricato accanto al fabbricato; cioè si potranno
costruire dei mini fabbricati, pari al 20 per cento dei mini fabbricati, figli
con una volumetria del 20 per cento accanto alla volumetria del fabbricato
mamma. E andiamo così a migliorare, caro Presidente Dattolo.
Ti stimo ed apprezzo il tuo
impegno istituzionale perché riconosco che sei una persona che ama molto il suo
lavoro e profonde le migliori energie anche con passione ma così andremo a
distruggere il disegno delle città.
Vi immaginate le nostre
città, il fabbricato mamma con a fianco il fabbricato figlio con una volumetria
del 20 per cento? Sono situazioni veramente improponibili e cito questo aspetto
ed aggiungo a questo la questione delle demolizioni e delle ricostruzioni.
Non sono contrario per
principio alla demolizione e ricostruzione. Condivido che si dia un premio a
chi ricostruisce e demolisce se questa demolizione e ricostruzione viene
inserita in un disegno di riqualificazione di un quartiere, di un pezzo di
città, di una città.
In questo modo, come è
concepita questa legge, non si tratta di fare una operazione di questo tipo.
Andremo ad inserire volumetrie abitative nelle zone industriali.
Guardate che avete inserito
una norma pericolosissima perché avrete dato come premio alla demolizione e
ricostruzione la possibilità di cambiare il 50 per cento della destinazione
d’uso.
Mi rivolgo anche ai
consiglieri di minoranza, al Presidente Scopelliti ed alla intera Giunta. Se la
Calabria si può presentare al cospetto della Nazione come un grande perché
anche i grandi che hanno prodotto grandi errori possono essere considerati
grandi sotto un certo aspetto. Ci presentiamo al cospetto della Nazione.
Vi immaginate cosa accadrebbe
in un Comune dove ci sono molti interventi dal punto di vista produttivo e
penso, per esempio, all’area di Rossano-Corigliano o del lametino, all’area
urbana di Cosenza, nelle cui aree industriali ci sono centinaia di aziende?
Questo, l’assessore Caridi, lo sa benissimo.
Ve l’immaginate che
attraverso una speculazione si andranno a demolire i fabbricati nati per
recepire interventi produttivi, commerciali o artigianali e il 50 per cento
della volumetria di questi fabbricati, cambiando la destinazione d’uso, come
questa legge consente, possono essere destinati ad abitazione?
Pensiamoci un po’ prima di
scegliere determinate soluzioni che reputo di una gravità enorme e che va a
sconvolgere – questo lo voglio dire e poi chiudo –anche la ratio del
Decreto Sviluppo.
Quando studiavamo nelle
facoltà di giurisprudenza la prima cosa che ci hanno sempre insegnato è che per
applicare una legge, prima di applicarla, per capirla, bisogna ascendere alla ratio
della legge.
Ebbene, quando nell’articolo,
che mi pare sia il numero 5, perché sono sempre gli articoli 5 che creano
problemi, debbo dire pensando a massime antiche, si dice “al fine di
incentivare la razionalizzazione del patrimonio edilizio esistente nonché di
promuovere ed agevolare la riqualificazione di aree urbane degradate con
presenza di funzioni omogenee...”.
Andiamo a degradare le aree
che non sono degradate! Perché, egregi signori, quando ad un fabbricato di 20
mila metri cubi andiamo ad aggiungere o, nell’insieme, distruggendo
l’architettura, ammesso che ci siano 24 mila metri cubi, oppure piazziamo a
fianco un fabbricatino di 4 mila metri cubi, non lottiamo il degrado ma
diventiamo produttori di degrado.
Mi rivolgo agli amici della
maggioranza, al Governo, al Presidente Scopelliti: pensiamoci un pò prima di
licenziare un testo di questa gravità.
Perché vedete – è l’ultima
battuta che mi permetto – sorvolo sui sottotetti e sui seminterrati, ma
veramente in una regione come questa con i problemi che ha andiamo a sanare
tutto? Capisco quanto sostenuto da Dattolo: migliorare le tecnologie dei
fabbricati; siamo certi delle norme antisismiche e di quelle che assicurano che
non si andrà ad incentivare il degrado idrogeologico. Veramente vogliamo
mettere nelle mani di un singolo progettista - ho grande rispetto dei
progettisti e degli organi professionali – il timbro di antisismicità di un
fabbricato o di certezza e stabilità del terreno, dell’area di sedime su cui si
andrà a costruire?
Sappiamo tutti che in
Calabria chi determina tutto è il committente. Quanti bravi professionisti,
architetti ed ingegneri sono andati a volte alla interpretazione più benevola
per il committente della legge perché in momenti così difficili, ma anche in
altri momenti, il committente ha dettato spesso legge?
Ho conosciuto pochi
professionisti che rispetto a determinate indicazioni hanno avuto l’autonomia e
la forza di dire no al committente.
Ve li immaginate questi
provvedimenti e queste iniziative che possono essere portati avanti con una semplice
S.c.i.a, riducendo addirittura il termine di controllo dei Comuni? Vogliamo
dare ai nostri Comuni che brillano per la loro debolezza questa grande
responsabilità? Perché mi direte “se c’è una S.c.i.a il Comune in 30 giorni,
oggi, invece dei 60, se passa questa legge, può andare e controllare e dare un
provvedimento negativo”.
Ma di grazia, signori, se la
Calabria sarà invasa da S.c.i.a, quale controllo in 30 giorni? I controlli si
faranno poi, non so quando si faranno, ma meglio non immaginare scenari che ci
fanno rabbrividire.
Queste sono iniziative che
andrebbero portato avanti col permesso a costruire e con una verifica
preventiva dell’ex Genio civile per quanto attiene al rispetto delle norme
antisismiche.
Si è messo a ballare anche il
nord, al quale abbiamo dato anche il terremoto adesso, per dire che siamo in
un’area vastissima che ha una grande pericolosità sotto il profilo sismico.
E noi licenziamo con
leggerezza una norma di questo tipo! L’ultima annotazione.
Guardate, sotto il profilo
istituzionale, Presidente Scopelliti, è sommamente ingiusto dare queste
responsabilità ai comuni.
Il sindaco più importante di
questa regione non ha la tua forza istituzionale come Presidente della Regione.
E noi abbiamo l’esempio del Tirreno cosentino.
Sapete il Tirreno cosentino
come è stato degradato soprattutto nella parte più bella? Perché quando i
napoletani hanno capito che avrebbero potuto realizzare complessi di seconde
case pagando 4-5 milioni per un alloggio, lo hanno fatto. Gli alloggi di
Scalea, Praia a Mare o San Nicola Arcella, Diamante o giù di lì, tutti quelli
che sono stati fatti dalla imprenditoria napoletana sono stati pagati 4-5
milioni dell’epoca.
Abbiamo avuto la fuga non
della parte migliore di Napoli, perché, spesso, quando andiamo a Napoli, ci
fermiamo a piazza Plebiscito o facciamo la Riviera di Chiaia e non andiamo
negli altri quartieri. Dagli altri quartieri sono venuti i compratori degli
appartamenti dell’alto tirreno cosentino.
Perché è avvenuto questo?
Perché un povero sindaco di un comune di 3 mila abitanti poteva avere la forza
di opporsi alla pressione di grandi imprese e di grandi proprietari terrieri?
Ebbene, nel momento in cui
noi, con l’articolo 8, ridiamo ai comuni il potere di ridelimitare le aree,
certo che è un fatto positivo! Deve restare questa possibilità e capacità per i
comuni mettendo, però, i sindaci nelle condizioni di avere la forza di disporre
questi provvedimenti.
A tal proposito, se
inopinatamente approverete questa legge, non approvate l’ultimo articolo,
l’articolo 11, che cassa i provvedimenti già fatti dai comuni.
Perché i comuni che si sono
pronunciati dopo la legge regionale numero 21 sono i comuni che hanno preso a
cuore una ipotesi restrittiva della legge.
Questo aspetto evidenzia che
partiamo sempre da capo, non per far meglio ma per far peggio.
Esprimiamo un voto contrario
e dovete consentirci di portare integralmente queste nostre perplessità alla Presidenza
del Consiglio. Perché l’approvazione e l’attuazione di una legge come questa,
che renderebbe totalmente inutile la legge urbanistica, farebbe in modo che la Calabria
dica veramente e definitivamente addio ad ogni ipotesi di sviluppo equilibrato
in cui ci sia qualità della vita, capacità attrattiva per le persone di altre
regioni e di altri Stati che vorrebbero utilizzare la nostra regione come
turisti, come imprenditori e come investitori, per contribuire ad una crescita
virtuosa che i nostri concittadini meritano. Grazie.
Ha
chiesto di parlare l’onorevole Censore. Ne ha facoltà.
Dopo l’intervento del mio capogruppo, onorevole
Principe, sarebbe superfluo il mio intervento, anche perché ha trattato la questione
ampiamente, sia dal punto di vista politico che tecnico, inoltre, ci sono stati
tanti altri interventi che hanno trattato l’argomento e che concordano sulla
linea comune che si sono date le opposizioni. Chiaramente, voglio lasciare una testimonianza
con questo mio intervento, rispetto ad una normativa che ha una ricaduta di un
certo rilievo sul comparto edilizio ed abitativo.
Intanto, penso che il nostro Paese non
solo sia in crisi, ma che di riforme ne debba fare tante per uscire dal guado
ed assurgere a Paese civile, sviluppato, in crescita. Perché dico questo? Perché
la civiltà di un Paese si misura anche dalla legislazione che deve essere al
pari con i tempi, che deve riuscire ad incidere sulla crescita. Un Paese
afflitto dal dissesto idrogeologico come l’Italia, con una sua morfologia - ed
a maggior ragione la Calabria - quando approva strumenti legislativi come questo
che oggi la maggioranza andrà ad approvare, dovrebbe aver presente che, chiaramente,
sono leggi in contrasto con il territorio stesso, con la guida che il Paese deve avere.
È una legge
- questa che andiamo ad approvare oggi - di scarsa qualità, di scarsa efficacia,
ma - come diceva il consigliere Loiero nel suo intervento - anche una legge
pericolosa per il territorio, che mette dietro le spalle alluvioni, disastri,
incendi, erosione del territorio, quindi perdita del territorio, in una regione
vocata al turismo, dove il territorio, se messo a valore, può diventare fonte
di ricchezza.
Vado alla legge,
alla modifica di una legge – l’altra era stata fatta nell’agosto del 2010, la
numero 21 –, che come principio cardine ha il rilancio dell’economia, quando a livello
nazionale, in tutte le regioni – basta andare su internet –, non ha sortito gli
effetti sperati. Una legge che non ha prodotto il rilancio dell’economia
mediante il sostegno all’attività edilizia. Una legge che, attraverso un
aggettivo, vuole camuffare quello che fa, perché si parla di miglioramento
della qualità architettonica.
Purtroppo,
questo miglioramento non lo vedo, ma vedo una legge
che attuerà una deregolamentazione – per dirla in termini italiani e non
inglesi – selvaggia, una normativa che – come diceva il mio capogruppo – dà
agli enti locali la possibilità, attraverso la loro autonomia, di regolamentare
una questione così delicata come quella dell’assetto urbanistico di un paese,
sapendo che ci sono sindaci illuminati e sindaci meno.
Si va ad incidere
negativamente su un patrimonio che doveva essere custodito, salvaguardato, tutelato
e che non dovrebbe, attraverso pseudo-riqualificazioni, essere deturpato.
Penso una cosa importante – l’ha detto
anche il collega Mirabelli poco fa – : se fossimo in un momento in cui ci fosse
domanda di unità immobiliari, non ci fosse crisi, allora, forse, questa legge
avrebbe potuto andare incontro alla domanda, ma oggi con le difficoltà che ci
sono, con la liquidità che manca, chi metterà mano alle tasche, vuote, per fare
questi investimenti?
Il collega Dattolo diceva che c’è il 65 per cento
dei calabresi che aspetta questa legge. Non so dove abbia attinto questi dati o
se sia un suo pensiero, perché una classe dirigente si deve anche interrogare
sulle attese che una legge crea. Veramente questa legge di attese ne crea, è
vero, collega Dattolo, collega Orsomarso, perché ci sono molti professionisti, ingegneri,
architetti che aspettano questa legge, perché intravedono una possibilità di
lavoro. Però state attenti, colleghi, perché quando le attese sono poi deluse, vuol
dire che voi come classe dirigente avete fallito oppure continuate la campagna
elettorale! Quando si ingenerano delle aspettative, se queste poi non si
concretizzano, c’è chi rimane deluso. Allora, vedrete scendere, anzi il Presidente
Scopelliti scenderà in quelle performance in cui è già sceso. Una classe
dirigente si misura anche dal livello e dalla qualità della legislazione.
Penso che sarebbe stato meglio se vi foste attivati
per fare una legge che partisse dalla riqualificazione dei centri storici e dal
rivedere l’impianto complessivo della regolamentazione edilizia, perché – vi
dico una cosa – oggi fate il Piano casa e, successivamente, fate la legge urbanistica,
ma non sarebbe stato più coerente e logico fare prima la legge urbanistica e
poi il Piano casa?! Quindi, la legge urbanistica sarà a modello e somiglianza
di questo Piano casa?! Povera Calabria!
Penso che abbiamo espresso bene il motivo del nostro
dissenso rispetto a questa legge, anche perché i dati delle altre regioni ci
dicono che investimenti rispetto a questa legge, voluta da Berlusconi, non ce
ne sono stati, diceva bene il collega Guccione, citando la relazione della Corte
dei conti sul Piano casa, che parlava, addirittura, di fallimento e di risultati
assai mediocri.
Quindi, cari colleghi, ancora una volta avete
ingenerato un’attesa ai calabresi, mentre l’economia muore, perché di attesa, purtroppo,
si muore. Questa legge, che andrà ad incidere negativamente sul nostro
territorio e sul paesaggio, chiaramente è la continuazione di uno spot, di una campagna
elettorale, perché le scelte che una classe dirigente fa devono essere tangibili,
di crescita, devono essere anche in controtendenza rispetto ad altre regioni.
Perché, è vero, che questa legge è stata approvata anche in altre regioni,
anche di centro-sinistra, e non ha prodotto l’effetto sperato.
Nel 2009 dovevamo fare questa legge e non siamo
stati capaci, perché si è arrivati in Aula con due progetti di legge, uno
presentato dal consigliere Incarnato e un altro dal consigliere Tripodi. Forse
allora – era il 2009 – questa legge avrebbe avuto un significato, perché non
c’era ancora questa situazione di crisi, il mercato andava a gonfie vele, quindi
magari, forse, avrebbe potuto produrre effetti positivi, chiaramente mitigata,
senza delocalizzazioni, senza questioni che riguardassero i sotterranei, i
sottotetti, una legge imbrigliata in una certa via. Ma oggi questa legge non fa
altro che continuare un modello che voi state portando avanti e che, sicuramente,
sarà bocciato da parte dei cittadini.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Talarico Domenico.
Ne ha facoltà.
Signor Presidente, pochi minuti per
dire che questa, non la legge regionale, ma quella nazionale che dà mandato alle regioni
di intervenire sui propri territori, è una legge incivile. Perché? Perché è un contributo
a saccheggiare ulteriormente il nostro territorio,
a renderlo ulteriormente più brutto. Ha un vantaggio: è una legge che combatte
l’abusivismo, perché da domani non ci saranno più abusivi, perché consente a
tutti di fare tutto!
Non me
ne voglia il Presidente Dattolo, al quale vanno i miei apprezzamenti per il
lavoro che svolge, ma non è colpa sua, evidentemente, se la Regione Calabria,
al pari di altre regioni, in qualche modo è obbligata a legiferare in materia.
Però bandiamo tutte le ipocrisie che anche qui, stamattina, sono emerse. Questa
non è una legge della casa o per la casa, non dà una casa a chi non ce l’ha, è
un’altra cosa. Il Governo Berlusconi aveva strombazzato ai quattro venti che ci
sarebbe stata una legge per la casa. Questo non è il piano Fanfani, non è un
piano di alloggi di edilizia pubblica, è un’altra cosa – lo dice la legge
stessa – è uno strumento per rilanciare l’economia, ma anche da questo punto di
vista – lo dicevano bene Franchino e gli altri che lo hanno seguito – è stato un
flop.
C’è un
articolo del “Sole 24 ore”, del
sovversivo quotidiano dell’Assindustria, che tre giorni fa rappresentava, regione
per regione, il flop del cosiddetto Piano casa. Ma noi che siamo
obbligati ad applicare questa legge, a farne un’altra, potremmo, ad esempio,
farla più restrittiva, potremmo apportare le dovute correzioni, potremmo
applicarla laddove si può applicare.
Ma è mai possibile che una regione che ha
certificato 5.200 abusi edilizi sulle coste, di cui 300 in aree protette, si
consenta uno strumento di questo tipo?! Può una regione, che è al primo posto
in Italia per l’abusivismo edilizio, consentire che ci sia un ulteriore
strumento che aggiunge volumi a volumi?! Può una regione che ha più volumi che
abitanti, più case che abitanti, parlare di crisi abitativa?! Può una regione
che approva un Piano per il turismo, al fine di incentivarlo, poi contribuire
con un’altra legge ad abbattere, a demolire il principio stesso su cui si
fonda, cioè la bellezza?! Questo è il punto.
Perciò la legge che stiamo approvando è una legge
incivile, è un’arresa culturale di questa regione al dilagare del cemento, è
una legge che dà fiato alla peggiore Calabria, alle peggiori componenti di
questa regione.
Mi sarei aspettato, invece, maggiore accortezza
contro il dissesto idrogeologico e nella tutela del paesaggio, sancito dalla Costituzione,
non dimentichiamocelo. Mi sarei aspettato che si affermasse un altro principio:
che tutelare il paesaggio conviene anche dal punto di vista economico, perché
consentire, alimentare, contribuire a rendere edificabili ulteriori volumi in questa
regione è anche un costo ingente per le casse pubbliche, perché laddove si
realizza un’altra abitazione, o si raddoppia la stessa, c’è bisogno di nuove
fogne, di elettrificazione, di illuminazione pubblica, di tante opere primarie
che al momento non ci sono, e questo è un costo che grava sulla collettività.
Noi ci opponiamo, innanzitutto per una questione di
principio, perché il paesaggio va tutelato e non saccheggiato, perché la pianificazione
si basa su un patto sociale che deve essere riconosciuto ed accettato, come
avviene in tutte le regioni e nei Paesi più progrediti d’Europa. Noi siamo
controcorrente: abbiamo questo strumento e lo utilizziamo nel peggiore dei
modi, per rendere questa regione più brutta, più arretrata, ancora una volta
resiste nel mantenere il primato negativo dell’abusivismo edilizio e della
brutta edilizia!
A chi giova? Questo non lo so, al momento lo
possiamo intuire, ma dalle cose dette anche dai miei colleghi, questa è una legge
che fa gola a chi ha più soldi, agli speculatori, a quelli pronti a cogliere l’opportunità
di trasformare destinazioni d’uso industriali e agricole in residenziali. E’
una legge, insomma, che non serve alla povera gente o a coloro che non hanno una
casa, ma serve a quelli che di case ne hanno due, tre, quattro e che adesso, attraverso
questo strumento, potranno realizzare nuove e più lucrose speculazioni.
Prima di passare all’esame dell’articolato, ha chiesto
la parola il relatore della legge in oggetto, l’onorevole Dattolo. Ne ha
facoltà.
Cercherò di essere breve nella
replica alle considerazioni venute dai colleghi
dell’opposizione, partendo anche da alcune piccole contraddizioni, perché, probabilmente,
come l’urbanistica è per me materia ostica, immagino lo sia anche per chi non
fa parte di questa Commissione, che – ripeto – ho l’onore di presiedere – e
ringrazio per gli apprezzamenti venuti dai colleghi Principe, Talarico, De Masi
–, perché ritengo che sia un nostro dovere istituzionale adoperare il massimo
sforzo per cercare di fare la propria parte e dare un senso alla nostra
presenza all’interno delle istituzioni. Ma – ripeto –da alcuni interventi emergono
delle contraddizioni, perché se è giusto esprimere perplessità su alcuni aspetti relativi alla deroga agli strumenti
urbanistici, bisogna avere anche l’intelligenza e l’onestà intellettuale di sottolineare
che questo è un provvedimento a tempo. Così come si deve dare atto del fatto
che non ci stiamo sottraendo alla presentazione di una nuova legge urbanistica,
che avviene, addirittura, a distanza di dieci anni, con un intervallo che
coinvolge questa amministrazione e quella precedente, di cui hanno fatto parte
autorevoli esponenti in questi banchi, che non hanno ravvisato né l’opportunità
di approvare un Piano casa quando ne avevano la possibilità politica e
numerica, né di rivedere la legge urbanistica che con grande attenzione l’assessore
Aiello e la struttura hanno messo a disposizione della Commissione.
Onorevole Censore, io non so se nel 2009 le
condizioni fossero più favorevoli, vista la crisi economica che c’è, non so se
è una legge per chi ha tre o quattro abitazioni, chi mi conosce sa che non ho
interessi nel settore dell’edilizia ed ho una sola casa - abbastanza ampia e
consistente- ma, ripeto, non bisogna stravolgere il ragionamento. Ritengo
offensivo che dai banchi della minoranza possa venire, in maniera quasi
provocatoria, l’idea di ritirare questo provvedimento di legge, perché questa
maggioranza si è assunta la responsabilità di dare attuazione al decreto
sviluppo.
Non venite, però, a dire, poi, che il disastro, lo
scempio edilizio èa frutto di questa amministrazione, perché – come diceva bene
l’onorevole Principe – sono state fatte delle scelte, ma sono scelte che
riguardano trenta, quarant’anni fa. Poi, purtroppo, non è semplice raddrizzare
alcune situazioni che, onestamente, sono difficili. Questo non è un condono
edilizio, diciamolo francamente, perché altrimenti daremmo alla stampa
un’informazione sbagliata. Apprezzo che in questi giorni la stampa abbia preso
atto delle dichiarazioni senza esprimere giudizi, lo ha fatto un giornale, il
“Sole 24 ore”, nell’inserto che dedica all’edilizia e al territorio, ha fatto
una ricognizione di quello che dovrebbe essere il Piano casa.
È chiaro che ogni regione ha delle difficoltà
oggettive, ma non possiamo pensare di fare una legge che possa sanare tutti gli
obbrobri edilizi del passato. Consentitemi, se a qualche sindaco ha fatto
comodo non approvare un Piano regolatore, dando sfogo alla smania di abusivismo
edilizio, non è colpa di una legge o di una maggioranza che vuole, invece, dare
segnali chiari su come deve essere interpretato e rilanciato il settore
dell’edilizia. Dire che con questo qualcuno farà delle speculazioni edilizie o
immaginare o ipotizzare delle colate di cemento, è contraddittorio con quello
che avete detto.
Non è vero che si va a fare uno scempio nei
condomini, perché sapete benissimo – e dovreste avere anche l’onestà
intellettuale di dirlo – che questi interventi non soltanto debbono essere
autorizzati attraverso la S.c.i.a., ma che non possono essere in contrasto con
le norme del Codice Civile, con il decreto ministeriale sulle altezze e sulle
distanze.
Onestamente, magari ci fosse il problema della
corsa all’applicazione di questa legge da parte dei calabresi, perché non
abbiamo espropriato le amministrazioni locali delle loro funzioni, come
dicevate benissimo anche voi.
Non si può non prendere in considerazione il fatto
che, in un momento così delicato, - voglio solamente sottolinearlo, proprio
prendendo spunto da questa pubblicazione del 23 gennaio 2012 del “Sole 24 ore”
- la revisione dei testi ha portato in molti casi a provvedimenti migliori,
anche se più permissivi in Piemonte, in Liguria, in Umbria e che, anche se,
forse, queste regioni non hanno il nostro problema edilizio, il nostro
incompiuto, questo provvedimento, rispettando un provvedimento governativo
recepito da questa regione, potrebbe essere un deterrente, perché alla fine non
è soltanto l’aumento volumetrico il problema, ma tutte le costruzioni che sono sospese
con “i mattoni che gridano vendetta!”
Su questo come maggioranza ci stiamo impegnando,
incalzerò l’assessore Aiello e il dipartimento, perché c’è un progetto di legge
sul decoro urbano che potrebbe essere associato a una forma di questo genere,
con un piano del colore, con il recupero della cartellonistica, con il corretto
posizionamento dei cassonetti della spazzatura, perché, dal piccolo, questa
cultura del bello può avvicinare un nuovo modo di fare politica.
È vero che i nostri Comuni forse non hanno uffici
adeguati per fare fronte alle varie difficoltà, ma è altrettanto vero che i
nostri Consigli comunali sono, nella maggior parte dei casi, garanti di un
ordine del proprio territorio e che gli adeguamenti agli strumenti urbanistici,
alla legislazione regionale e nazionale, non possono essere privati del
relativo controllo.
Chiudo con una piccola precisazione: sull’edilizia sostenibile
- che è stato un provvedimento bipartisan c’è stata l’impugnativa, forse perché
abbiamo dato spazio - così come è abituata a fare questa Commissione - ai contributi
arrivati dall’esterno. Non voglio dimenticare che le nostre audizioni non sono
fatte tanto per incamerare Commissioni su Commissioni, molti dei suggerimenti
venuti dalle associazioni di categoria e dagli ordini professionali sono stati ampiamente
recepiti in questo provvedimento legislativo. Il decreto sull’edilizia sostenibile
verrà riproposto, perché c’è un suggerimento pervenuto dall’Ance, che probabilmente
è in contrasto con la legge nazionale sull’ambiente. Niente di tutto ciò, per dimostrare,
ancora una volta, che non facciamo provvedimenti per i professionisti perché devono
avere l’incarico o per le aziende o per coloro che hanno la disponibilità
economica. Non sono provvedimenti di questa natura, viste le dimensioni degli
interventi che non superano i 70 metri quadri.
Onestamente, parlare di speculazione e di un provvedimento
che dà il colpo finale a una regione come la Calabria, che ha disastri immani,
io ritengo sia un atto ingeneroso. Capisco la posizione politica perché essendo
stati contrari nel 2010, non potete essere favorevoli nel 2012, e ringrazio di
cuore i componenti della Commissione che hanno votato 50 emendamenti su 75 all’unanimità
e molti articoli, punto per punto, a favore all’unanimità. Questo è un segnale
che si potrebbe discutere. Noi abbiamo un dovere, collega Censore. Siamo noi
che, poi, ci presenteremo al cospetto dei calabresi - stia tranquillo su questo
-, lo faremo consapevoli che dovremo assumerci le nostre responsabilità. E se,
nei momenti di difficoltà, parliamo di opportunità di sviluppo, di rilanciare
un settore – come diceva lei – che è sempre stato vitale per l’economia
calabrese, qualche responsabilità ce la dobbiamo assumere.
Penso che i calabresi ci abbiano eletto per dare testimonianza
del nostro impegno e, soprattutto, per assumerci responsabilità nel loro
interesse. Sicuramente, poi, saranno loro a decidere se abbiamo fatto bene o
meno.
Passiamo all’esame dell’articolato. All’articolo 1
vi sono due emendamenti a firma degli onorevoli Principe, Amato, Battaglia,
Censore, De Gaetano, Franchino, Guccione, Maiolo, Scalzo, Sulla. Esaminiamoli dettagliatamente.
Il primo, protocollo numero 4015, recita: “Al comma 2 dell’articolo 1
eliminare, dopo le parole “previste nel comma 1”, le parole “in deroga alle
previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e
territoriali comunali, provinciali e regionali”.
Onorevole Principe, illustra lei il primo emendamento?
Si commenta da sé.
Parere del relatore? Contrario. Parere della
Giunta? Contrario.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo 4015.
(E’
respinto)
Sempre all’articolo 1, vi è un altro emendamento
con protocollo numero 4015/1 a firma degli onorevoli Principe, Amato, Battaglia,
Censore, De Gaetano, Franchino, Guccione, Maiolo, Scalzo, Sulla: “Al comma 2
dell’articolo 1 eliminare, dopo le parole “riqualificazione di aree urbane
degradate”, le parole “di sostituzione edilizia”.
Si commenta da sé. Parere del relatore? Contrario.
Parere della Giunta? Contrario.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo 4015/1.
(E’
respinto)
Pongo in votazione l’articolo 1.
(E’
approvato)
All’articolo 2 vi sono emendamenti. Il primo, con protocollo
numero 4015/2, sempre a firma degli onorevoli Principe, Amato, Battaglia,
Censore, De Gaetano, Franchino, Guccione, Maiolo, Scalzo, Sulla, recita: “Sopprimere
“Al comma 2 dell’articolo 2, dopo le parole “articoli 4 e 5” è inserito il
periodo “per i quali è ammessa la modifica della sagoma planivolumetrica”
dell’edificio”.
Ha chiesto la parola l’onorevole Principe. Ne ha
facoltà.
E’ inutile
intervenire sugli emendamenti
fino all’articolo 4 perché si commentano oggettivamente
da soli, in quanto da un lato tentano di far rispettare i Regolamenti comunali
in termini di distanze e di altezza, dall’altro tentano di impedire modifiche
di sagome o delocalizzazioni che favoriscono la maggiore volumetria, quindi
fino all’articolo 4, la ratio di questi
emendamenti è quella che ho detto, ripristinando la parte migliore della legge
regionale numero 21.
Parere
del relatore? Contrario. Parere della Giunta? Contrario.
Pongo in votazione l’emendamento
protocollo numero 4015/2.
(E’
respinto)
Emendamento
protocollo numero 4118 a firma degli onorevoli Fedele e Orsomarso: “All’articolo 2, comma 2, dopo le parole
“fatte salve”, inserire “solo ai fini di eventuali delocalizzazioni”.
Ha
chiesto la parola l’onorevole Fedele. Ne ha facoltà.
Presidente, guardando anche gli altri emendamenti, c’è l’emendamento protocollo
numero 4160 del collega Grillo, nel
quale questo si può inserire e venire assorbito. Quindi, per il momento, lo
sospendiamo, in attesa che si arrivi all’emendamento protocollo numero 4160 del
collega Grillo.
Emendamento protocollo numero 4015/3, sempre a firma degli onorevoli Principe ed altri: “Al comma 2 dell’articolo 2 sostituire le parole
“in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti
urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali, fatte salve le”.
Parere del relatore? Contrario. Parere della
Giunta? Contrario.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo numero
4015/3.
(E’
respinto)
Emendamento protocollo numero 4160 a firma
dell’onorevole Grillo: “Il comma 3 dell’articolo 2 è così emendato: “Gli
interventi previsti dalla presente legge regionale possono essere realizzati in
deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e
territoriali comunali, provinciali e regionali, nonché in deroga al comma 2
dell’articolo 65 della legge regionale n. 19/2002, per come sostituito dal
comma 10 dell’articolo 1 della legge regionale 29/2007, fatte salve le seguenti
disposizioni: a) …”.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Grillo. Ne ha
facoltà.
Il presente emendamento alla proposta
di legge su indicata
intende rimuovere un ulteriore ostacolo all’attuabilità del Piano casa.
Si specifica, infatti, che, oltre agli strumenti urbanistici territoriali, la
presente proposta di legge deroga l’articolo 65 della legge regionale numero 19
del 2002, la quale disciplina la fase transitoria tra i piani regolatori
decaduti ed i piani strutturali comunali in via di redazione. In particolare,
il comma 3 del nuovo articolo 2 sviluppa efficacia diretta sulle lettere b) e
c) dell’articolo 65, comma 2, della legge numero 19 del 2002 e successive modificazioni,
che prevedono le misure urbanistiche ed edificatorie da adottare nella fase
transitoria. Tale emendamento, infatti, elimina eventuali incertezze
sull’applicabilità del Piano casa nei Comuni che sono nella maggior parte in Calabria,
dove attualmente vigono le misure di salvaguardia ed esplicita che la deroga riguarda
anche tale regime.
Integra,
in sostanza, quello che è l’articolo 2, comma 3, della proposta di legge appena
approvata nella quarta Commissione, che è il Piano casa.
Vorrei ricordare all’Aula che questo
emendamento assorbe l’emendamento a firma Fedele e Orsomarso.
Ha
chiesto di parlare l’onorevole Principe. Ne ha facoltà.
Questo emendamento,
che ha preso al volo l’ultimo treno, evidenzia come questa
legge, in realtà, sostituisce la legge urbanistica, che poi non
riusciamo a capire a che cosa servirà a partire dal 1° gennaio 2015, tant’è che
mette in campo una norma che è prettamente urbanistica.
Se fossero vere le vostre intenzioni
di approvare una legge urbanistica che si adegua dopo dieci anni, questo
emendamento sarebbe inutile, anche perché, da quanto ci dite, la legge urbanistica
dovrebbe essere discussa in Aula in una prossima seduta.
Da
parte nostra, quindi, invitiamo al ritiro; nel caso non venga ritirato, esprimiamo
voto contrario.
Parere
del relatore?
Esprimo
parere favorevole. Intanto, volevo tranquillizzare l’onorevole Principe che
nella prossima seduta utile di Consiglio porteremo la legge urbanistica e c’è
un emendamento, che aveva presentato all’unisono la quarta Commissione, che
verrà discusso in quella sede con la collaborazione dell’assessore Aiello e con
il dirigente all’urbanistica, perché noi amiamo confrontarci sui problemi dei calabresi,
non facciamo provvedimenti ad hoc
per determinate situazioni, ma teniamo anche conto delle difficoltà che ci
sono. Il parere, quindi, è favorevole.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo numero 4160.
(E’
approvato)
Pongo in votazione l’articolo
2 come emendato.
(E’
approvato)
All’articolo 3 vi è l’emendamento protocollo
numero 4015/4 a firma degli onorevoli
Principe, Amato, Battaglia, Censore, De Gaetano, Franchino, Guccione, Maiolo,
Scalzo, Sulla: “Al comma 1, lettera c), dopo le parole “volumetria lorda già
edificata” eliminare le parole “incrementata di quella dei sottotetti, degli
eventuali volumi tecnici, accessori o pertinenziali”.
Ha chiesto la parola l’onorevole Principe.
Ne ha facoltà.
Mi contraddico brevemente,
ma questa è un’altra prova del nove delle finalità di questa legge, perché capisco
che nella volumetria lorda si possano aggiungere, per stabilire qual è la volumetria,
sottotetti, volumi tecnici, accessori e pertinenziali per fabbricati
unifamiliari o bifamiliari, ma quando andiamo ai palazzi, praticamente, non
solo gli diamo il 20 per cento in più, ma per stabilire la base su cui applicare
quel 20 per cento, conteggiamo anche tutto quello che è previsto in questo comma.
Con il nostro emendamento vorremmo, quindi, evitare
questo ulteriore premio!
Parere del relatore? Contrario. Parere della
Giunta? Contrario.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo numero 4015/4.
(E’
respinto)
Emendamento protocollo numero 4119 a firma degli
onorevoli Fedele e Orsomarso: “All’articolo 3, punto 1, lettera d), dopo le
parole “la somma delle superfici”, eliminare le parole “delimitate dal
perimetro esterno” ed inserire “comprensiva di murature perimetrali, verande
coperte e logge, vani tecnici ed accessori”.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Fedele. Ne ha
facoltà.
Si riferisce al computo della volumetria esistente, volutamente già lorda, eccetera, quindi si illustra da
sé perché è molto chiaro.
Parere
del relatore? Favorevole. Parere della Giunta? Favorevole.
Fate
come ritenete più opportuno, ma per chi andrà a leggere le nostre leggi, siccome
negli articoli precedenti la volumetria comprende i muri perimetrali, nell’emendamento
precedente avete inserito di tutto e di più, non capisco cosa dovrebbe essere quel
più del più! A mio avviso, caro collega Fedele, è comprensivo degli articoli precedenti
e in particolare dell’ultimo.
Ha
chiesto la parola l’onorevole Dattolo. Ne ha facoltà.
Non è proprio così, onorevole Principe,
e lei lo sa benissimo.
Pongo in votazione l’emendamento
protocollo numero 4119.
(E’ approvato)
Emendamento
protocollo numero 4015/5 a firma degli onorevoli Principe, Amato, Battaglia, Censore, De Gaetano, Franchino, Guccione,
Maiolo, Scalzo, Sulla: “All’articolo 3, comma 1, lettera d), sostituire la
parola “2,40” con “2,70”.
Si illustra da sé. Parere del relatore? Contrario.
Parere della Giunta? Contrario.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo numero 4015/5.
(E’
respinto)
Emendamento
protocollo numero 4120 a firma degli onorevoli Fedele e Orsomarso: “All’articolo 3, punto 1, lettera e), dopo le
parole “e l’altezza lorda” eliminare le parole “detratta delle” ed inserire
“non vanno, altresì, computate le”.
Ha
chiesto la parola l’onorevole Fedele. Ne ha facoltà.
Si
illustra da sé.
Parere
del relatore? Favorevole. Parere della Giunta? Favorevole.
Pongo
in votazione l’emendamento protocollo numero 4120.
(E’
approvato)
Emendamento
protocollo numero 4015/6 a firma degli onorevoli Principe, Amato, Battaglia, Censore, De Gaetano, Franchino, Guccione,
Maiolo, Scalzo, Sulla: “All’articolo 3, sostituire integralmente la lettera
e) del comma 1 con “e) La volumetria lorda assentita è determinata sulla base
delle norme tecniche e dei regolamenti vigenti nel Comune in cui è ubicato
l’edificio”.
Si illustra da sé. Parere del relatore? Contrario.
Parere della Giunta? Contrario.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo numero 4015/6.
(E’
respinto)
Emendamento
protocollo numero 4015/7 a firma degli onorevoli Principe, Amato, Battaglia, Censore, De Gaetano, Franchino, Guccione,
Maiolo, Scalzo, Sulla: “All’articolo 3, al comma 1, lettera i), dopo le
parole “D.M. infrastrutture 22 aprile 2008” sopprimere le parole: “ovvero le
unità immobiliari adibite ad uso residenziale in locazione permanente od in
forme di sostegno all’accesso della proprietà che svolgono la funzione di
interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il
disagio abitativo di individui e nuclei svantaggiati, che non sono in grado di
accedere alla locazione o alla proprietà di alloggi nel libero mercato”.
Parere del relatore? Contrario. Parere della
Giunta? Contrario.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo numero 4015/7.
(E’
respinto)
Pongo in votazione l’articolo 3
come emendato.
(E’
approvato)
Articolo 4. Emendamento protocollo numero 4015/8 a
firma degli onorevoli Principe, Amato, Battaglia, Censore, De Gaetano,
Franchino, Guccione, Maiolo, Scalzo, Sulla: “All’articolo 4 sostituire
integralmente il comma 1 con: “1. In deroga agli strumenti urbanistici vigenti,
nel rispetto di quanto previsto nel presente articolo e alle condizioni e con
le modalità di cui alla presente legge, sono consentiti interventi edilizi di
ampliamento entro il limite del 20 per cento della volumetria già esistente
alla data di entrata in vigore della presente legge, degli edifici residenziali
uni-bifamiliari, che abbiano una volumetria non superiore ai 1.000 metri cubi e
abbiano altezza non superiore ai 7 metri dalla linea di gronda”.
Ha chiesto la parola l’onorevole Principe Ne ha facoltà.
Questo emendamento
riconduce, ove accolto, l’intera legge a quella che dovrebbe
essere la sua funzione di tutela,
di valorizzazione e di razionalizzazione del
territorio e prevede che il 20 per cento di volumetria premiale sia limitato ad
edifici con una volumetria di partenza non superiore a mille metri cubi e con
un’altezza non superiore a 7 metri.
Guardate,
se venisse accolto questo emendamento, al quale quelli successivi sono
strettamente collegati, e considerando che rimane sempre l’articolo 5 per
quanto riguarda le demolizioni e ricostruzioni, complessivamente verrebbe fuori
una buona legge, tanto più che, comunque, rimarrebbe la potestà da parte dei
Comuni di limitare le aree in cui applicare la legge ed anche dei miglioramenti
di natura tecnica dal punto di vista dei Comuni.
Ora,
su questo emendamento chiediamo il voto per appello nominale. Se l’Assemblea
accogliesse questo emendamento, lasceremmo, naturalmente, in vita anche gli
altri emendamenti che sono direttamente collegati. Ove l’Assemblea – ripeto,
con voto per appello nominale – dovesse respingere questo emendamento,
Presidente, ritireremo tutti gli altri emendamenti, perché non avrebbero più
una base normativa e tecnica su cui esistere.
Quindi,
richiesta di voto nominale, se viene accolto, rimangono gli altri emendamenti,
ma se viene respinto, li ritiriamo, perché non vogliamo che si pensi ad una
contraddizione, dicendo: “Voi vi opponete alla legge, però la volete
migliorare”. No, noi la vogliamo migliorare cambiando la base di riferimento
della legge. Se questa base rimane, gli altri emendamenti sono inutili, perché
per noi la legge va demolita nel suo complesso.
Prima
di sottoporre l’emendamento al Consiglio e quindi alla richiesta di appello
nominale, la parola al relatore per il parere.
Capisco
che in questa circostanza l’onorevole Principe dimostra di sapere fare bene il
proprio mestiere e di essere una persona in grado di mettere in difficoltà. Le
ribadisco che questo suo testo è stato già respinto in Commissione, per la
prima volta nella storia è stato un progetto di legge discusso in Commissione e
respinto, per cui non avrebbe senso approvare questo emendamento, perché andrebbe
a stravolgere tutta la costruzione data all’impostazione della legge, perché addirittura
sarebbe peggiorativo anche della legge regionale numero 21, perché questa è una
cosa che lei aveva propugnato in coordinamento formale. Le lascio, quindi,
immaginare…
Lei fa
la sua parte, però io le posso dire che per la maggioranza questo emendamento è
inaccettabile, ma naturalmente lo porremo ai voti così come ha chiesto.
Per la
chiama, si prepari l’onorevole Pacenza.
Fa la chiama.
Comunico l’esito della votazione: presenti e votanti 41, hanno risposto sì 16, hanno risposto no 25.
(Hanno risposto sì i consiglieri: Adamo,
Amato, Battaglia, Bova, Censore, Ciconte, De Masi, Franchino, Giordano,
Guccione, Loiero, Maiolo, Mirabelli,
Principe, Sulla, Talarico D.;
hanno risposto no i consiglieri: Aiello P., Bilardi, Bruni,
Caridi, Dattolo, Fedele, Gallo, Gentile, Grillo, Imbalzano, Magarò, Magno,
Morrone, Nicolò, Nucera, Orsomarso, Pacenza, Parente, Pugliano, Rappoccio, Scopelliti, Serra, Tallini, Trematerra,
Vilasi)
(E’
respinto)
Emendamento protocollo numero 4015/9 a firma degli
onorevoli Principe, Amato, Battaglia, Censore, De Gaetano, Franchino, Guccione,
Maiolo, Scalzo, Sulla: “All’articolo 4, sopprimere la lettera a) del comma 2”.
(Interruzione)
E’ ritirato. Emendamento protocollo numero 4122 a
firma degli onorevoli Fedele e Orsomarso: “All’articolo 4, punto 2, lettera
b), dopo le parole “comma 1” sostituire “lettera f)” con “lettera h)”.
Si illustra da sé.
(Interruzione)
Ha chiesto di parlare l’onorevole Principe. Ne ha
facoltà.
Questo emendamento
sottolinea, ove ce ne fosse bisogno, la volontà
di utilizzare le volumetrie anche in modo
separato e, quindi, di favorire il fabbricato.
(Interruzione dell’onorevole Dattolo)
Ah, chiedo scusa.
Questo è l’emendamento protocollo numero 4122.
(Interruzione)
Sono stati ritirati.
Parere del relatore? Favorevole. Parere della
Giunta? Favorevole.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo numero 4122.
(E’
approvato)
Emendamento protocollo numero 4015/11 a firma degli
onorevoli Principe ed altri: è ritirato; emendamento protocollo numero 4015/12:
è ritirato; emendamento protocollo numero 4015/13: è ritirato.
Emendamento protocollo numero 4124 a firma degli
onorevoli Fedele e Orsomarso: è ritirato.
Emendamenti protocolli numeri 4015/13, 4015/14,
4015/15, 4015/16, 4015/17 a firma degli onorevoli Principe ed altri: sono
ritirati. All’articolo 4 sono tutti ritirati quelli dell’onorevole Principe ed
altri.
Pongo in votazione l’articolo 4 come emendato.
(E’
approvato)
Articolo 5. Emendamento protocollo numero 4125 a
firma degli onorevoli Fedele e Orsomarso: “All’articolo 5, punto 2, lettera
c), dopo le parole “comma 1” sostituire “lettera e)” con “lettera h)” e dopo le
parole “D.M. 1444/68” aggiungere il periodo “solo nel caso di delocalizzazione
dell’intervento di demolizione e ricostruzione”.
Si illustra da sé. Parere del relatore?
L’emendamento, per quanto attiene la prima parte,
ha il parere favorevole, cioè da “punto 2, lettera c), dopo le parole “comma
1” sostituire “lettera e)” con “lettera h)”, il resto no. Quindi parere
favorevole fino a “lettera h)”.
Onorevole Fedele, vuole intervenire?
L’emendamento si illustra da sé, ho detto.
Parere del relatore?
Favorevole fino alla dicitura “con lettera h)”.
Siamo d’accordo, Presidente.
Parere della Giunta? Favorevole. Pongo in votazione
l’emendamento protocollo numero 4125 per come specificato dal relatore.
(E’
approvato)
Gli emendamenti protocolli numeri 4015/20 e 4015/21
a firma degli onorevoli Principe ed altri sono ritirati.
Pongo in votazione l’articolo 5.
(E’
approvato)
Articolo 6. Gli emendamenti presentati dagli onorevoli
Principe ed altri sono stati tutti ritirati.
Pongo in votazione l’articolo 6.
(E’
approvato)
All’articolo 7 ci sono degli emendamenti a firma
degli onorevoli Principe ed altri che sono ritirati.
Pongo in votazione l’articolo 7.
(E’
approvato)
All’articolo 8 ci sono degli emendamenti a firma
degli onorevoli Principe ed altri che sono ritirati.
Pongo in votazione l’articolo 8.
(E’
approvato)
Pongo in votazione l’articolo 8 bis.
(E’
approvato)
All’articolo 9 ci sono degli emendamenti a firma
degli onorevoli Principe ed altri che sono ritirati.
Pongo in votazione l’articolo 9.
(E’
approvato)
All’articolo 10 c’è un solo emendamento che è stato
ritirato.
Pongo in votazione l’articolo 10.
(E’
approvato)
(Interruzione)
C’è l’emendamento protocollo numero 3516.
Ha chiesto la parola l’onorevole Dattolo. Ne ha
facoltà. Prego, lo illustri.
Come ho detto prima, quando abbiamo approvato
l’emendamento del collega Grillo, si tratta di una proposta di emendamento
che, siccome è firmata da tutti i membri della Commissione, viene ritirata per essere
discussa all’interno della legge regionale
urbanistica. Mi premeva dirlo, perché è giusto.
Sottopongo all’Aula l’articolato nel suo complesso.
(Interruzione)
Ho sottoposto l’articolato all’Aula. Se qualcuno
volesse intervenire per dichiarazione di voto può farlo.
(Interruzione)
Ha chiesto la parola l’onorevole Bova. Ne ha
facoltà.
Volevo valutare se c’erano elementi di
riflessione anche all’interno della maggioranza. E’ paradossale quello che è
avvenuto oggi. La mia è una dichiarazione di voto per motivare un voto
negativo, che riguarda anche tutte le altre componenti del Gruppo misto, non
esprime un voto di schieramento, esprime una valutazione di merito su un
provvedimento che, da un lato, dovrebbe attivare molto tardivamente alcune
misure straordinarie che riguardavano il cosiddetto Piano casa.
(Interruzione)
La
Calabria e l’Italia di oggi hanno avuto e continuano ad avere delle drammatiche
disavventure, frutto non tanto e solo della perfidia di madre natura, quanto
della disinvoltura con cui gli amministratori ai vari livelli hanno agito.
Rispetto
a questo, il provvedimento che si va ad approvare non solo è pieno di
contraddizioni dal punto di vista formale, dal punto di vista sostanziale ma,
laddove le regole sono necessarie come salvaguardia dell’incolumità pubblica,
introduce strumenti in deroga che – io ritengo –verranno ineluttabilmente
impugnati a livello nazionale. Cui
prodest? Lo fate per far finta, visto che approvate un provvedimento che
sapete poi verrà bocciato?! Perché non so qual è il male maggiore. Certo, il
male maggiore è che un provvedimento di questo tipo possa essere libero di
agire, ma anche nell’altro caso anche se si volesse attivare un meccanismo
virtuoso, questo non potrà avvenire!
Quindi,
da un lato, esprimo consapevolmente, non per salvarmi la coscienza, un voto non
favorevole e rimango sconcertato di come, a questo punto, la maggioranza, e non
più solo l’Esecutivo, ha inteso agire su un provvedimento che, certo, non era
la fine del mondo, ma che avrebbe potuto portare qualche beneficio.
Esprimo,
quindi, un voto negativo, ma non su base di schieramento o perché uno sta di là
o di qua, ma nel merito del
provvedimento, così come è stato costruito. Ed è strano: ho sentito in corso
d’opera parecchi tecnici che lavorano a livello di amministrazioni locali e
sono rimasti esterrefatti dalla disinvoltura con cui si è andati avanti.
Avreste avuto il tempo di riflettere. Non l’avete voluto fare, ricordatevi di
quello che sta avvenendo oggi. Quindi esprimo un voto negativo sulla legge.
Ci
sono altri interventi per dichiarazione di voto? Ha chiesto di parlare
l’onorevole Principe. Ne ha facoltà.
Anche questa volta molto rapidamente, perché gli interventi nella discussione
generale e qualche aggiunta in sede di illustrazione degli emendamenti più
importanti hanno reso evidente la nostra contrarietà a questo provvedimento,
quindi esprimeremo voto contrario.
Volevo solamente aggiungere che – non so se è sfuggito
all’assessore all’urbanistica – addirittura ci sono passaggi nel provvedimento
in cui si deroga al Decreto ministeriale del 1968. Guardate che il Decreto
ministeriale del 1968, cioè ben quarantaquattro anni fa, ha rappresentato una
pietra miliare per la difesa del territorio, e non solo perché voluto
dall’allora Ministro dei lavori pubblici, Giacomo Mancini, ma perché quando
all’interno del centro-sinistra la parte più conservatrice della Democrazia
cristiana bloccò il ministro Sullo, che aveva preparato una legge urbanistica
assolutamente rivoluzionaria ed innovativa, addirittura si distingueva lo ius
edificandi dal diritto di proprietà, finiva per essere una facoltà del
diritto di proprietà, lo ius edificandi diventava una prerogativa del
Comune, del pubblico. Da qui il concetto di concessione, poi introdotto dalla
legge Bucalossi come mostro giuridico solo per giustificare il pagamento degli
oneri, perché quando c’è una concessione, questa è a pagamento ma, in realtà,
la concessione era un’autorizzazione al pagamento, mentre Sullo aveva preparato
una legge urbanistica in cui toglieva questa facoltà dal diritto di proprietà,
la attribuiva al Comune, ergo diventava una concessione onerosa.
Mancini non riuscì, naturalmente, a ripristinare la
linea del ministro Sullo e partorì il Decreto ministeriale del 1968, sulla base
del quale si sono creati tutti gli strumenti urbanistici, con limiti rigorosi
soprattutto in termini di distanze e di altezze. E’ il Decreto che bloccò lo
scempio di Agrigento.
Ebbene, egregi amici, in questo provvedimento
inseriamo anche norme che in tema di altezze e di distanze derogano addirittura
al Decreto ministeriale del 1968. Volevo dire questo per ribadire che la nostra
opposizione non è aprioristica, non è strumentale, ma riteniamo che sia giusta,
perché questo provvedimento non merita assolutamente un’attenzione positiva e,
quindi, ribadiamo il nostro voto contrario.
Pongo in votazione la legge nel suo complesso.
(Il
Consiglio approva)
(E’
riportata in allegato)
Sono pervenuti alla Presidenza alcuni ordini del giorno. Il primo, “In ordine alle intimidazioni subite dal parroco di Cetraro e all’intervento straordinario a favore la chiesa di San Bruno nel comune di Sorianello”, è a firma degli onorevoli Censore, Talarico, Guccione ed altri:
“Il Consiglio regionale
premesso che sono ormai ripetute
le intimidazioni perpetrate nei confronti del sacerdote don Ennio Stamile,
parroco della Chiesa di San Benedetto di Cetraro, in provincia di Cosenza;
gli
episodi criminosi in questione che sono stati rivolti ad un rappresentante
della Chiesa cattolica creano enorme allarme sociale tra la comunità civica della
cittadina cosentina ed il suo circondario;
in anni
passati, la cittadina di Cetraro è stata teatro di eventi criminosi che hanno
sconvolto la tranquillità dei suoi abitanti e che, allo stesso tempo, hanno
creato una coscienza civica volta al contrasto della criminalità organizzata;
alcune
notti orsono, la Chiesetta di San Bruno nel Comune di Sorianello, in provincia
di Vibo Valentia è stata oggetto di
un atto vandalico incendiario che ha danneggiato irrimediabilmente un sito
storico religioso molto caro ai fedeli dell’intera area delle Serre;
il
Comune di Sorianello è stato ripetutamente interessato ad atti criminosi
che hanno sconvolto la tranquillità della sua popolazione;
impegna
il Governo regionale ed il Presidente della Giunta regionale ad attivarsi
presso i competenti organi di sicurezza affinché sia garantita adeguata tutela
a don Ennio Stamile, parroco della Chiesa di San Benedetto in Cetraro;
affinché
sia attivato un intervento straordinario affinché la Chiesa di San Bruno, nel
Comune di Sorianello venga restituita al culto dei fedeli dopo adeguati lavori
di ripristino”.
Ha
chiesto di parlare l’onorevole Censore. Ne ha facoltà. Prego, lo illustri.
Insieme ai colleghi Guccione, Talarico, Loiero, Mirabelli e Battaglia
abbiamo presentato quest’ordine del giorno per impegnare il Governo regionale
ad attivarsi presso i competenti organi di sicurezza, affinché sia garantita
un’adeguata tutela a don Ennio Stamile, il parroco della chiesa di San
Benedetto in Cetraro, perché ormai le intimidazioni perpetrate nei confronti
del sacerdote sono ripetute.
Chiediamo,
quindi, al Presidente di attivarsi. Esprimiamo chiaramente solidarietà, ma non
ci fermiamo solo a questo caso. Come sapete, come avete appreso dalla stampa,
ignoti hanno incendiato la chiesetta di San Bruno nel Comune di Sorianello in
provincia di Vibo. C’è stato un atto vandalico, un danneggiamento ad un sito
storico religioso, molto caro ai fedeli di quel Comune.
Chiediamo
al Presidente e alla Giunta di attivarsi per un intervento straordinario,
affinché la chiesa di San Bruno nel Comune di Sorianello venga restituita al
culto dei fedeli, dopo adeguati lavori di restauro. Questo rappresenterebbe
anche un segnale per i malavitosi, volto a significare che le istituzioni sono
più forti e che, quindi, il loro disegno non passa.
Presidente
Scopelliti, ci affidiamo alla sua sensibilità, affinché su questi due episodi
ci sia una risposta immediata al di là dei colori politici, perché tutto questo
consesso insieme alla Giunta rappresentano la massima espressione calabrese
della politica, quindi, è giusto che ci sia una risposta.
Ha
chiesto la parola l’onorevole Principe. Ne ha facoltà.
Ci tenevo a ribadire in Aula, poiché lei ci ha qualificato “altri” e
con il termine altri si capisce poco, che
questo documento è stato sottoscritto e voluto anche dagli onorevoli Maiolo,
Franchino, Scalzo e, modestamente, dal sottoscritto. Tra l’altro, mi onoro di
essere grande amico ed estimatore, anche ricambiato, di don Ennio Stamile.
Pongo in votazione l’ordine del giorno.
(Il Consiglio approva)
(E’ riportato in allegato)
C’è un altro ordine del giorno presentato alla Presidenza, a firma dei consiglieri De Masi, Dattolo, Pacenza, Ciconte: “In ordine alla produzione di energia elettrica da fonte solare e alla realizzazione della centrale solare nel territorio della provincia di Crotone”. Ne do lettura:
“Il Consiglio regionale
premesso che il Consiglio di primavera della Ue ha deciso di avviare un’azione unilaterale che porti entro il 2020 ad un taglio delle emissioni comunitarie del 20 per cento rispetto al 1990, ad una quota di produzione di energia primaria da fonti rinnovabili del 20 per cento, una riduzione della domanda di energia del 20 per cento ed una sostituzione almeno del 10 per cento dei carburanti tradizionali con prodotto di origine vegetale;
la valorizzazione del solare
termodinamico può garantire lo sviluppo e l’attuazione di politiche di difesa
del territorio, dell’ambiente e di sostegno all’occupazione;
per tali ragioni risulta possibile ed
opportuna l’introduzione in Calabria di tecnologie pulite ad emissioni quasi
zero;
il 30 aprile 2008 è stato pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del ministro dello sviluppo economico, di
concerto con il ministro dell’ambiente “Criteri e modalità per incentivare la
produzione di energia elettrica da fonte solare mediante cicli termodinamici”
che prevede incentivi al solare termodinamico in Italia;
con decreto prot. DSA/2007/0031654, è
stata istituita presso il Ministero dell’ambiente e della Tutela del territorio
e del mare una task force con
il compito di dare impulso all’attività di ricerca e sviluppo industriale nel
settore delle energie rinnovabili allo scopo di incentivare la diffusione della
tecnologia solare, termodinamico a concentrazione e potenziare la presenza
strategica nel Paese di tale risorsa;
sono stati
stipulati quattro protocolli di intesa tra il Ministero dell’ambiente e della
Tutela del territorio e del mare e le regioni Calabria, Lazio, Puglia e
Sardegna con l’obiettivo di attuare dei progetti pilota per la produzione di
energia elettrica utilizzando la componente termica dell’energia solare;
con
delibera della Giunta regionale n. 423/07, il Presidente della Giunta regionale
è stato autorizzato a stipulare un protocollo di intesa con il Ministero
dell’ambiente e della tutela del territorio e del mare;
in
particolare il protocollo di intesa tra il Ministero dell’ambiente e della
Tutela del territorio e del mare e
Il Comitato
tecnico scientifico previsto dal succitato protocollo di intesa, ha elaborato
l’ipotesi di un impianto pilota da ubicarsi nella provincia di Crotone;
con
deliberazione numero 347 del 5 maggio 2008,
tra gli
obiettivi operativi del Por Calabria Fesr 2007-2013 Asse 2-Energia-Energie
rinnovabili e risparmio energetico-Obiettivo operativo 2.1.1- vi è quello di
diversificare le fonti energetiche ed aumentare l’energia da fonti rinnovabili;
il Piano
energetico ambientale della Regione Calabria, approvato con delibera del
Consiglio regionale n. 315 del 14 febbraio
con decreto
numero 14225 del 14.10.2010 è stato approvato l’avviso pubblico per la
costituzione e l’ampliamento dei Poli di innovazione regionale;
i Poli di
innovazione sono raggruppamenti di imprese indipendenti (start-up innovatrici,
piccole, medie e grandi imprese) e di organismi di ricerca attivi in un
particolare settore o territorio che operano per stimolare ed avviare processi
di innovazione attraverso l’interazione intensiva tra le imprese e tra queste e
gli organismi di ricerca, l’utilizzo in comune di installazioni (infrastrutture
ed attrezzature) per le attività di ricerca scientifica ed innovazione
tecnologica, lo scambio di esperienze e conoscenze, il trasferimento di
tecnologie, la messa in rete e la diffusione delle informazioni tra le imprese
che costituiscono il Polo;
le centrali
termodinamiche solari sfruttano l’energia pulita (il processo di produzione non
dà scorie), rinnovabile e, di fatto, illimitata;
sono prive
di impatto ambientale durante il funzionamento e, dopo la dismissione, non sono
lesive del benessere dell’uomo né del suo habitat;
la
tecnologia solare termodinamica a concentrazione è quella che più di ogni altra
tecnologia di produzione di energia elettrica da fonti rinnovabili è innovativa
e, pertanto, presenta prospettive di sviluppo suscettibili di economie di scala
legate al miglioramento ed alla diffusione dei processi di produzione e di
impianto;
la
valorizzazione del solare termodinamico a concentrazione rappresenta una
modalità irrinunciabile per lo sviluppo di un territorio come l’area crotonese,
che versa in una condizione economico-sociale al limite della drammaticità per
cui appare opportuno agevolare ogni iniziativa tesa al recupero di una sua
vitalità economica;
questa
prospettiva di rilancio può attuarsi implementando la realizzazione della prima
centrale termodinamica calabrese con l’istituzione di un Polo tecnologico
perfezionato da un centro di ricerca legato all’Università della Calabria che
schiuda stimolanti scenari di filiera tecnologica interessata alla ricerca ed
alla formazione, alla produzione ed alla installazione di componentistica e di
impianto: il crotonese acquisirebbe un know-how innovativo che lo
renderebbe leader nel settore;
il 15
luglio 2010 è stata inaugurata dall’Enel, a Priolo Gargallo in provincia di
Siracusa, la prima centrale termodinamica solare italiana (Progetto Archimede);
impegna
ad adottare
ogni iniziativa volta a promuovere la produzione di energia elettrica da fonte
solare mediante cicli termodinamici provvedendo a commissionare, in tempi
brevi, uno studio di fattibilità necessario alla realizzazione della centrale
solare a ciclo termodinamico nel territorio della Provincia di Crotone”.
Prego, onorevole
De Masi, lo illustri.
Nell’ambito delle politiche europee che tendono alla valorizzazione
della produzione di energia da centrali solari, nella scorsa legislatura,
Intorno a questo progetto, si prevedevano raccordi
sistematici in termini di ricerche con l’università e gli altri centri di
eccellenza in questo campo. Poi, per una scelta politica diversa da parte del Governo
nazionale, questo impegno è stato disatteso o, comunque, ritirato.
Noi abbiamo individuato che, nell’ambito del Por,
sussistono le condizioni per reperire i finanziamenti necessari per ripristinare
quel protocollo d’intesa e quell’accordo di programma. Quindi, l’ordine del
giorno si prefigge di impegnare
Pongo in votazione l’ordine del giorno testé illustrato.
(Il
Consiglio approva)
(E’
riportato in allegato)
Ordine del giorno di iniziativa dei consiglieri Maiolo,
Dattolo, Principe e Fedele: “In ordine alla disciplina dei percorsi
dell’Istruzione e Formazione Professionale”, di cui do lettura: “Il Consiglio regionale – premesso che:
la riforma Gelmini ha completamente riorganizzato, dopo 11 anni, la scuola secondaria superiore di secondo grado per offrire un panorama più chiaro per le scelte delle famiglie:
- 6 licei di competenza statale;
- istituti tecnici suddivisi in 2 settori con 11 indirizzi di competenza statale;
- istituti professionali suddivisi in 2 settori e 6 interessi di competenza statale;
- istruzione e formazione
professionale di competenza regionale (IeFP),
con un ordinamento di rilievo nazionale che prevede qualifiche triennali e
diplomi quadriennali già definiti a livello nazionale.
Il 21
dicembre 2011 è stato pubblicato nella Gazzetta Ufficiale (n. 296 - supplemento
ordinario n. 269) il Decreto interministeriale MIUR-MLPS di giorno 11 novembre
2011 per il recepimento dell’accordo del 27 agosto 2011 con il quale sono stati
messi a regime, a partire dal corrente anno scolastico 2011-2012 dopo la fase
di sperimentazione iniziata nella Regione Calabria nel 2003/2004 (obbligo formativo e poi diritto/dovere) i
percorsi dell’istruzione e formazione professionale di durata triennale e
quadriennale finalizzati, rispettivamente al conseguimento della qualifica e
del diploma professionale.
Per
l’offerta formativa di IeFP è stato fissato il ruolo “ordinario” delle
istituzioni formative regionale (Istituzioni formative accreditate).
In
questi giorni è in corso di valutazione l’affidamento dei percorsi di
istruzione e formazione professionale
per l’anno scolastico/formativo 2011-2012 (in ritardo in quanto avrebbero
dovuto iniziare il 14 settembre) mediante avviso pubblico che dovrebbe
prevedere che siano istituiti, salvo incremento finanziario, 30/35 percorsi in
tutta
Tale
previsione è completamente insufficiente ad accogliere la domanda dei circa
2.500 giovani calabresi.
Il fabbisogno “reale” considerato il
fenomeno dell’abbandono scolastico sarebbe di almeno 60/70 percorsi ma questo
potrebbe allo stato non essere “sostenibile” dal punto di vista finanziario.
E’ da evidenziare, come sopra detto,
che i percorsi di Istruzione e formazione professionale sono ormai istituzionalizzati
e le regioni “devono” allocare le risorse finanziarie necessarie ad
integrazione di quanto riconosce il Governo (MIUR e Minlavoro).
Ogni anno sarebbero necessari circa 15
milioni di euro che oltre sui fondi ordinari del Bilancio regionale potrebbero
essere rinvenuti sul Por asse capitale umano quale contrasto alla dispersione
scolastica.
Visti:
l’articolo 34 della Costituzione;
la legge costituzionale n. 3 del 18
ottobre 2001 “Modifiche al titolo V della parte seconda della Costituzione” ed
in particolare gli articoli 117 e 118 che assegnano alle Regioni competenze
esclusive in materia di istruzione e formazione professionale e concorrenti in
materia di istruzione;
lo Statuto della Regione Calabria ed
in particolare il punto g) del comma 2 dell’art. 2 che prevede che
il decreto legislativo 17 ottobre
2005, n. 226 “Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni sul secondo
ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della legge 28
marzo 2003, n.
l’art. 1, comma 622 della legge 27
dicembre 2006, n. 296 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato – legge finanziaria 2007) così come modificato
dall’articolo 4 bis, della legge 6 agosto 2008, n. 133 che stabilisce che
l’obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e
formazione professionale di cui al Capo III del decreto legislativo 17 ottobre
2005 n. 226;
la legge 2 aprile 2007, n. 40
“Conversione in legge con modificazione del decreto legge 31 gennaio 2007, n. 7
recante <Misure urgenti per la tutela dei consumatori, la promozione della
concorrenza, lo sviluppo di attività economiche e la nascita di nuove
imprese>, in particolare l’art. 13 sulle disposizioni urgenti in materia di
istruzione tecnico professionale e di valorizzazione dell’autonomia scolastica;
i Dpr 87, 88 e 89 del 15 marzo 2010
sul riordino degli Istituti professionali e tecnici e sulla revisione
dell’assetto ordinamentale dei Licei;
il decreto 15 giugno 2010 adottato dal
Ministero dell’Istruzione, Università e ricerca, di concerto con il Ministero
del lavoro e delle politiche sociali, che recepisce l’accordo sancito in sede
di conferenza Stato-Regioni e Province autonome il 29 aprile 2010 riguardante
il primo anno di attuazione 2010-2011 dei percorsi di istruzione e formazione
professionale a norma dell’art. 27, comma 2, del decreto legislativo 17 ottobre
2006, n. 226;
l’intesa Stato-Regioni del 16 dicembre
2010 con cui sono tate varate le linee guida per la messa a regime del sistema
di IeFP con cui si è confermata la competenza esclusiva delle Regioni per
l’erogazione dei percorsi IeFP da parte delle istituzioni formative regionali
accreditate e si sono definiti gli “organici raccordi” fra i percorsi di Ips,
Its e IeFP, in applicazione del comma 1 quinquies dell’art. 13 della legge
40/2007;
l’intesa del 27 luglio 2011 tra il
ministro dell’Istruzione, dell’Università e della ricerca, il ministro del
lavoro e delle politiche sociali, le Regioni, le Province autonome di Trento e
di Bolzano, le Province, i Comuni e le comunità montane riguardante la
definizione delle aree professionali relative alle figure nazionali di
riferimento dei percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al
decreto legislativo 17 ottobre 2005, n. 226;
il decreto interministeriale MIUR-MLPS
di giorno 11 novembre 2011 per il recepimento dell’accordo del 27 agosto 2011
con il quale sono stati definiti gli atti per il passaggio al nuovo ordinamento
dei percorsi triennali e quadriennali di Istruzione e formazione professionale
pubblicato il 21 dicembre 2011 nella Gazzetta Ufficiale (n. 296 – supplemento
ordinario n. 269).
Considerato che:
i due documenti approvati in accordo
tra Regioni e Stato hanno segnato il passaggio formale della fase di
sperimentazione a quella ordinamentale del sistema di Istruzione e formazione
professionale, consolidando così un’offerta formativa importante nel sistema
educativo del nostro Paese;
i documenti sono il frutto di un
lavoro continuativo pluriennale che ha visto impegnate le Regioni ed i
Ministeri all’interno di un tavolo tecnico istituito ad hoc, nella individuazione a partire da quanto realizzato nei
singoli territori, di quegli standard minimi di processo e di contenuto in
grado di rendere spendibile l’offerta formativa di IeFP su tutto il territorio
nazionale, conferendole pari dignità delle altre filiera del sistema
scolastico-formativo del secondo ciclo;
è stata definita la normativa generale
sull’esclusiva competenza delle Regioni nella realizzazione di percorsi di
Istruzione e Formazione Professionale e sul ruolo “ordinario” delle istituzione
formative regionali nella costruzione del sistema di IeFP;
il sistema di IeFP così configurato si
caratterizza per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
-
sostenere e garantire l’organicità sul
territorio dell’offerta dei percorsi a carattere professionale del secondo
ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, in rapporto ai
fabbisogni professionali ed alle specifiche connotazioni del mercato del
lavoro;
-
prevenire e contrastare la dispersione
scolastica e l’abbandono scolastico;
-
facilitare i passaggi tra i sistemi
formativi ed il reciproco riconoscimento dei crediti e dei titoli;
-
offrire la possibilità ai giovani in
possesso di Diploma professionale di tecnico (percorsi di quattro anni ancora
non disciplinati in Calabria) di accedere all’Università, all’Alta formazione
artistica musicale e coreutica e agli Istituti tecnici superiori (percorsi
ancora non disciplinati in Calabria) previa frequenza di apposito corso annuale
e superamento degli esami di Stato;
-
facilitare e sostenere forme di
organizzazione territoriale dell’offerta del secondo ciclo di istruzione e
formazione, attraverso raccordi tra l’istruzione e l’istruzione e formazione
professionale;
-
garantire un efficiente ed efficace utilizzo
delle risorse;
in conseguenza degli atti sopra
richiamati
il Dipartimento per l’Istruzione del
Ministero dell’Istruzione, dell’Università e della Ricerca ha promulgato il 30
dicembre 2010 la circolare 101 per le iscrizioni alle scuole dell’infanzia e
alle scuole di ogni ordine e grado e, quindi, anche per l’Istruzione e
formazione professionale per l’anno scolastico 2001/2012;
le Istituzione Formative accreditate
nella Regione Calabria hanno realizzato l’azione di orientamento previsto dalla
Circolare Ministeriale ricevendo oltre 2 mila domande di pre-iscrizione;
dall’anno scolastico 2011-
entro il 20 febbraio
la previsione dell’avviso pubblico di
percorsi attivabili per l’anno scolastico 2011-2012 non riesce ad intercettare
la domanda proveniente dalle famiglie e dai giovani calabresi prevalentemente
per la difficoltà di reperire risorse finanziarie;
le Istituzioni formative accreditate,
nonostante le evidenti difficoltà di relazione, data la mancata attivazione nei
termini dell’anno scolastico 2011-2012 dei percorsi regionali di Istruzione e
formazione professionale stanno realizzando l’orientamento per l’anno
2012-2013;
è necessario ed urgente rendere
possibile lo svolgimento della programmazione e dell’attuazione dell’offerta di
Istruzione e formazione professionale nella Regione Calabria.-
impegna
a rendere ordinario e disciplinare in
via definitiva il sistema dell’Istruzione e Formazione Professionale con
percorsi di durata triennale e quadriennale finalizzati, rispettivamente al
conseguimento della qualifica professionale e del diploma professionale da realizzare
in via ordinaria dalle Istituzioni Formative accreditate dalla Regione;
a rendere i percorsi di IeFP paralleli
temporalmente ai percorsi scolastici promulgando per tempo gli avvisi e
favorendo come in altre regioni, la creazione di un’agenzia unica sotto forma
di ATS o Consorzio fra le Istituzioni Formative accreditate;
a definire le Linee Guida regionali
sull’Istruzione e Formazione Professionale adottando oltre all’ordinamento
didattico requisiti rigorosi per l’accreditamento delle Istituzioni Formative;
ad individuare i percorsi formativi
strategici per lo sviluppo regionale e per favorire l’occupazione dei giovani
anche fuori dal contesto regionale ad integrazione delle figure professionali
previste negli accordi Stato-Regioni;
a creare un sistema di orientamento
condiviso tra le centrali regionali (Azienda Calabria lavoro e Field) i Centri
per l’Impiego,
a richiedere l’incremento dei
finanziamenti previsti dallo Stato e integrarli con quelli del Fse ivi comprese
le quote dell’Asse Capitale Umano e finalizzate alla lotta alla dispersione
scolastica al fine di favorire la domanda delle famiglie e dei giovani
calabresi”.
Lo illustra l’onorevole Maiolo.
Quest’ordine del giorno prende spunto dalla riforma Gelmini che, al di là delle valutazioni differenti, ha
introdotto in un certo senso chiarezza su quelli che sono i percorsi formativi
dell’istruzione delle secondarie e superiori di secondo grado. Oltre alla competenza
statale, che è riferita all’istruzione secondaria dei licei, degli istituti
tecnici, la riforma ha attribuito alle competenze regionali i percorsi di istruzione
e formazione professionale.
Questa
è un’attività che è stata poi disciplinata da diversi accordi
interministeriali, di accordo fra Stato e Regioni, e
Facendo
seguito a quella che è stata una sperimentazione lunga di quello che è stato il
diritto-dovere previsto dal 2003 fino al 2010, dall’anno scorso
Ovviamente,
si tratta di un percorso
istituzionalizzato, che al pari dell’offerta formativa che esiste nella scuola
riconosciuta, sono quei percorsi paralleli a cui attingono i soggetti
sottoposti all’obbligo formativo, ma che intendono seguire percorsi professionalizzanti,
tant’è che sono due percorsi triennali e quadriennali che consentono di attingere
a diplomi e a qualifiche professionali.
Le
difficoltà del nostro bilancio le conosciamo tutti, però con quest’ordine del
giorno, vogliamo sottolineare, che trattasi di percorsi ordinari che, al pari
di quelle che sono le aperture delle scuole al 14 settembre di istruzione
superiore di secondo grado, la regione Calabria dovrebbe allinearsi con l’avvio
di questi percorsi di istruzione e formazione professionale il 14 settembre. Siamo
un po’ in ritardo.
Penso,
quindi, che quest’ordine del giorno, se il Consiglio lo approverà, potrà essere
di supporto alla Giunta regionale, agli assessori competenti, che immagino
siano l’assessore alla cultura e l’assessore alla formazione, tenendo conto
delle ricognizioni e dell’individuazione di profili professionali che siano
quelli più opportuni rispetto alle prospettive
di sviluppo della nostra regione. In tal senso abbiamo letto diversi studi
fatti dai soggetti in house della Regione Calabria che hanno individuato
figure, percorsi utili ad una valutazione politica sull’attivazione di questi
processi di formazione. Quindi, con quest’ordine del giorno vogliamo sostenere
l’impegno della Giunta regionale non solo a richiedere ulteriori risorse allo
Stato ma anche per consentire il raddoppio dei corsi programmati; al momento,
infatti, i corsi programmati sono 35 mentre ne sarebbero necessari 70, come è
risultato da un incontro al quale ho partecipato su invito dell’assessore
Stillitani. E’, quindi, necessaria l’attenzione della Giunta, ma soprattutto
individuare delle linee programmatiche definitive che siano poi ordinarie, per
consentire a questi percorsi di essere visibili e accessibili ai giovani
calabresi.
Pongo in votazione l’ordine del giorno testé
illustrato.
(Il
Consiglio approva all’unanimità)
(E’
riportato in allegato)
Ordine del giorno a firma dei consiglieri
Amato, Magno, Sulla ed altri: “In ordine all’abolizione delle Province”, di cui
do lettura: “Il Consiglio regionale - premesso che:
l’art.
23 del D.L. n. 201/2011 (disposizioni urgenti per la crescita, l’equità e il
consolidamento dei conti pubblici) convertito con modificazioni dalla legge n.
214 del 22.12.2011, dal comma 14 al comma 21 contiene norme di sostanziale
abolizione delle province;
il comma
14 attribuisce alle province funzioni esclusivamente di indirizzo e di coordinamento delle
attività dei comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale e regionale
secondo le rispettive competenze;
il comma 15 definisce organi della Provincia il Presidente
ed il Consiglio provinciale;
il comma 16 trasforma il Consiglio provinciale
da organo di elezione diretta ad organo ad elezione indiretta composto da 10
componenti eletti dagli organi elettivi dei comuni;
il comma 17 stabilisce l’elezione del Presidente
da parte del Consiglio rinviando per le modalità a successiva legge statale;
il comma 18 attribuisce allo Stato ed
alle Regioni secondo le rispettive competenze il trasferimento ai comuni entro
il 31.12.2012 delle funzioni provinciali salvo che, per assicurarne l’esercizio
unitario le stesse siano acquisite dalle Regioni sulla base dei principi di
sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. E’ previsto l’intervento
sostitutivo da parte dello Stato;
il comma 19 prevede da parte dello
Stato e delle Regioni, il trasferimento delle relative risorse umane, finanziarie
e strumentali per l’esercizio delle funzioni trasferite;
il comma 20 stabilisce la decorrenza
dei nuovi organi;
il comma 21 consente ai comuni
l’istituzione di unioni di organi di raccordo per l’esercizio di specifici
compiti o funzioni amministrative garantendo l’invarianza della spesa;
tali commi, tutti in stretta
connessione tra loro violano gli articoli 5, 114, 117 commi 2 lett. p) 4 e 6,
118 e 119 della Costituzione nonché il principio di leale collaborazione in
relazione all’art. 8 della legge 5.6.2003, n. 131 recante “Disposizioni per
l’adeguamento dell’ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale
18.10.2001, n.
è evidente che le Province sono
previste dalla Costituzione come enti di governo locale elettivi, con un
proprio territorio;
tutto questo si potrebbe cambiare con
una legge di revisione costituzionale, dopo un approfondito esame della
situazione e delle diverse soluzioni possibili;
il Decreto Monti fa invece una
operazione surrettizia. Non sopprime formalmente le Province ma di fatto sostanzialmente
le svuota della loro natura costituzionale nel visibilissimo intento di
anticipare una riforma che le abolisca; stabilendo che “spettano alla
Provincia esclusivamente le
funzioni di indirizzo e di coordinamento delle attività dei comuni nelle
materie e nei limiti indicati con la legge statale o regionale”; che lo Stato e
le Regioni provvedano entro il 31 dicembre prossimo a trasferire ai Comuni ed
alle Regioni le funzioni conferite alle Province dalla normativa vigente e a
trasferire del pari le “risorse umane, finanziarie e strumentali per
l’esercizio delle funzioni trasferite”, lasciando alle Province solo il
“necessario supporto di segreteria per l’operatività degli organi” della
stessa;
in sostanza il decreto legge realizza una vera riforma costituzionale che però esula dalla competenza
del legislatore ordinario.-
Impegna
il Presidente della Giunta ed il Presidente
del Consiglio a valutare l’opportunità in accordo con le altre Regioni di
ricorrere alla Corte costituzionale affinché sia dichiarata l’illegittimità costituzionale
dell’art. 23 commi da
Lo illustra l’onorevole Amato.
E’ in discussione questo aspetto della eliminazione delle Province e alcune Regioni hanno già predisposto ricorso per l’annullamento di questa legge.
Abbiamo presentato un emendamento che va corretto, secondo le indicazioni che vengono dal Presidente della Giunta e dal Presidente del Consiglio, cioè che il documento va portato alla discussione della Conferenza dei Presidenti di Giunta e Consiglio, per valutare insieme e per avere maggiore forza, perché alcune Regioni hanno già predisposto il ricorso e a noi sembra più opportuno che ci sia una discussione più generale delle diverse Regioni.
Credo che l’ordine del giorno possa
essere approvato all’unanimità.
Ha
chiesto di parlare l’onorevole Dattolo. Ne ha facoltà.
Ritengo che questo tema non possa essere liquidato con un semplice ordine del giorno,
ma debba essere sottoposto all’attenzione del Consiglio in maniera più articolata
ed appropriata. Esiste
La parola all’onorevole Amato.
Chiedo scusa, collega, tutti i consiglieri, visto che domani sono convocati i Consigli provinciali in tutte e cinque le Province della nostra
regione, abbiamo raggiunto un accordo, di non prendere nessuna decisione come Consiglio,
ma di dare mandato al Presidente della Giunta regionale – ed è d’accordo – di
portarla alla discussione dei colleghi delle altre Giunte regionali. Ribadisco
la necessità di approvarlo questa sera, perché domani c’è una riunione di tutti
i Consigli provinciali e, quantomeno, il Consiglio può dire di aver approvato quest’ordine
del giorno.
Pongo in votazione l’ordine del giorno testé illustrato.
(Il Consiglio approva)
(E’ riportato in allegato)
Non ci sono più punti all’ordine del giorno. La seduta
è tolta, il Consiglio sarà convocato a domicilio.
Hanno chiesto congedo i consiglieri Aiello F., Salerno, Stillitani, De Gaetano.
(Sono concessi)
E’ stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge di iniziativa della Giunta regionale:
“Approvazione schema di accordo tra Regione Campania e Regione Calabria relativo alla gestione dell’Istituto zooprofilattico sperimentale del Mezzogiorno (Delibera Giunta regionale n. 622 del 23.12.2011)” (P.L. n. 300/9^)
E’ stata assegnata alla prima Commissione consiliare - Affari, istituzionali e affari generali.
(Così resta stabilito)
Sono state presentate alla Presidenza le seguenti proposte di legge di iniziativa dei consiglieri:
Nucera – “Modifiche alla legge regionale 17 maggio 1996, n. 9, recante <Norme per la tutela e la gestione della fauna selvatica e l’organizzazione del territorio ai fini della disciplina programmata dell’esercizio venatorio” (P.L. n. 301/9^)
E’ stata assegnata alla quarta Commissione consiliare - Assetto
e utilizzazione del territorio – protezione dell’ambiente.
(Così
resta stabilito)
Nucera –
“Modifiche alla legge regionale 14
agosto 2008, n. 29, recante: “Norme per orientare e sostenere il consumo di prodotti
agricoli anche a chilometri zero” (P.L. n. 302/9^)
E’ stata
assegnata alla seconda Commissione consiliare - Bilancio
programmazione economica e attività
produttive.
(Così
resta stabilito)
Nucera –
“Modifiche alla legge regionale 28
febbraio 1995, n. 3, recante: “Delega ai comuni ed alle province in materia di
rilascio dell’autorizzazione paesistica ai sensi delle leggi n. 1497/39 e n.
431/85. Abrogazione delle leggi regionali n. 41/86 e n. 16/89” (P.L. n. 303/9^)
E’ stata
assegnata alla quarta Commissione consiliare - Assetto e utilizzazione del
territorio – protezione dell’ambiente.
(Così
resta stabilito)
E’ stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di provvedimento amministrativo di iniziativa della Giunta regionale:
“Piano di assetto naturalistico
delle riserve naturali regionali del Lago di Tarsia e
della Foce del Crati. Presa d’atto (Delibera Giunta regionale n. 23 del
23.1.2012)” (P.P.A. n. 162/9^)
E’ stata
assegnata alla quarta Commissione consiliare - Assetto e utilizzazione del
territorio – protezione dell’ambiente.
(Così
resta stabilito)
La Giunta
regionale ha trasmesso per il parere della competente Commissione consiliare la deliberazione n. 520
dell’11 novembre 2011, recante: “Legge regionale
13 ottobre 2004, n. 21 e s.m.i. “Istituzioni dei distretti rurali ed agro-alimentari
di qualità. Individuazione ed istituzione del <Distretto agro-alimentare di
qualità del lametino>” (Parere n. 29)
E’ stata
assegnata alla seconda Commissione consiliare - Bilancio
programmazione economica e attività
produttive.
(Così
resta stabilito)
La sesta Commissione consiliare, con nota n. 3526 del 24 gennaio 2012, ha comunicato che nella seduta del 23 gennaio 2012 ha espresso parere favorevole con osservazione e raccomandazioni, alla deliberazione della Giunta regionale n. 6 del 3.1.2012 recante: “Approvazione delle direttive di attuazione per la concessione di contributi in regime de minimis finalizzati a realizzare azioni per il rafforzamento dei Consorzi export (Por Fesr 2007-2013 linea di interventi 7.1.2.2.)” (Parere n. 28)
E’ pervenuta la deliberazione
della Giunta regionale numero 623 del 23
dicembre 2011 con cui si approva “Nelle more che il gruppo di lavoro costituito con la deliberazione n. 257 del
17.6.2011 predisponga una programmazione nel Settore forestale regionale della
durata quinquennale anche alla luce delle mutate normative all’esame del Consiglio
regionale, il Programma autosostenibile di Sviluppo nel settore forestale per
l’anno 2012”.
A far data dal 13 gennaio 2012, l’onorevole consigliere Antonino De Gaetano ha
aderito al gruppo consiliare “Partito democratico”.
L’onorevole
consigliere Giuseppe Morrone, ha aderito al gruppo consiliare “Popolo della
libertà”.
A seguito dell’adesione dell’onorevole consigliere Antonino De Gaetano al
gruppo consiliare del “Partito democratico”, il
gruppo “Progetto democratico” è sciolto avendo perso i requisiti di cui
all’articolo 13, comma 2 del Regolamento interno del Consiglio regionale.
A seguito dello scioglimento del
gruppo “Progetto democratico”, ai sensi del comma 4 dell’
articolo 13 del Regolamento interno del Consiglio regionale, i consiglieri
Ferdinando Aiello e Vincenzo Ciconte, sono assegnati al gruppo “Misto”.
L’onorevole consigliere Antonino De Gaetano, è stato assegnato quale componente della sesta Commissione consiliare in sostituzione dell’onorevole Antonio Scalzo, giusta comunicazione del Presidente del gruppo consiliare Partito democratico del 20 gennaio 2012, acquisita agli atti in data 23 gennaio 2012 al protocollo generale n. 2923.
L’onorevole
consigliere Giuseppe Morrone, è stato assegnato quale componente della seconda Commissione
consiliare, in sostituzione dell’onorevole Francesco Morelli, in atto sospeso
dalla carica giusta comunicazione del Presidente del gruppo consiliare “Pdl”
del 18 gennaio 2012, acquisita agli atti in data 19 gennaio 2012 al protocollo
generale n. 2574.
La Commissione
contro la ‘ndrangheta, nella seduta del 23 gennaio
2012, ha approvato la Risoluzione n. 1/2012 “Attività conoscitiva sulle
associazioni presenti in Calabria nel campo della lotta alla ‘ndrangheta e ad
ogni forma di violenza”.
Giordano, De Masi, Talarico D. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
si apprende dagli organi di stampa
che la Procura della Repubblica di Catanzaro sta portando avanti delle indagini sulla gestione complessiva
dell’Arpacal e in particolare sulle modalità di espletamento di alcuni bandi di
concorso per la nomina di figure dirigenziali;
stante la funzione essenziale che l’Arpacal svolge sul territorio
calabrese rispetto alle tematiche ambientali,
appare essenziale auspicare un corretto e legittimo operato, sia sul piano
scientifico sia sul piano amministrativo del personale direttivo e conseguentemente
garantire un utilizzo efficace delle risorse finanziarie assegnate -:
se alla luce delle indagini avviate dalla Procura della
Repubblica di Catanzaro, gli organi dell’Arpacal (Consiglio di amministrazione
e commissario) abbiano attivato, in via autonoma e sotto il profilo
amministrativo le relative procedure atte a riscontrare eventuali irregolarità
e/o illegittimità e conseguentemente abbiano posto in essere gli atti
propedeutici alla applicazione delle sanzioni previste dalla normativa vigente;
quali iniziative, in caso contrario, si intendono intraprendere
per ristabilire il corretto funzionamento amministrativo dell’ente strumentale.
(200; 23.01.20121)
Nucera. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
con legge regionale n. 23 del 7 agosto 1999 (Norme per il trasporto pubblico locale), all’articolo 22 (Agevolazioni tariffarie) sono state previste una serie di agevolazioni tariffarie per alcune categorie di soggetti che usufruiscono del trasporto pubblico locale e, in particolar modo, al comma 5 è stato riconosciuto il diritto di libera circolazione a favore di tutti gli appartenenti alla Polizia di Stato, all’Arma dei Carabinieri, al Corpo nazionale dei Vigili del Fuoco, al Corpo forestale dello Stato, al Corpo della Guardia di Finanza, agli Agenti di Polizia penitenziaria purché in possesso della tessera di riconoscimento rilasciata dalla rispettiva amministrazione di appartenenza, nonché a favore dei titolari di tessere di servizio rilasciate dalla direzione generale della Mct del Ministero dei trasporti e della navigazione;
nonostante le dette previsioni
legislative, molti appartenenti alle forze dell’ordine si sono visti multare su
mezzi delle Ferrovie dello Stato e degli altri vettori del trasporto pubblico locale che collegano le varie
province calabresi in quanto sprovvisti di idoneo titolo di viaggio;
nonostante il disposto dell’art. 22,
comma 5 della predetta legge regionale, il diritto alla libera circolazione sui
mezzi del trasporto pubblico locale a favore degli appartenenti alle forze
dell’ordine non trova, ad oggi, applicazione stante la mancanza di accordi tra
la Regione Calabria, le Ferrovie dello Stato e le altre imprese che gestiscono
il trasporto pubblico locale;
il diritto di libera circolazione a
favore di tutti gli appartenenti alle forze dell’ordine costituisce un mezzo
per migliorare qualitativamente il servizio di trasporto pubblico in quanto
capace di rafforzare la tutela della sicurezza del personale e dei viaggiatori
e rappresenta un efficace deterrente alla commissione di reati sia in danno a
persone che in danno a cose -:
se e quando intende predisporre un
apposito protocollo di intesa tra la Regione Calabria, le Ferrovie dello Stato
e le altre imprese che gestiscono il trasporto pubblico locale, al fine di
rendere effettivo il diritto alla libera circolazione sui mezzi del trasporto
pubblico locale a favore degli appartenenti alle forze dell’ordine,
riconosciuto dall’art. 22, comma 5, della legge regionale n. 23 del 7 agosto
1999 (Norme per il trasporto pubblico locale).
(204; 30.01.2012)
Aiello F. Al
Presidente della Giunta regionale e all’assessore alle politiche
euromediterranee, internazionalizzazione,
cooperazione tra i popoli e politiche per la pace. Per sapere
– premesso che:
il quinto settore del dipartimento Presidenza
della Giunta regionale della Calabria ha tra le sue funzioni precipue quelle
relative alla cooperazione tra i popoli e l’internazionalizzazione;
tale settore concorre al
raggiungimento degli obiettivi strategici di livello comunitario, sostenendo la
cooperazione a livello transfrontaliero, mediante iniziative economiche e
sociali tra aree geografiche confinanti;
a tale settore e dipartimento
afferisce l’assessorato alle politiche euromediterranee, internazionalizzazione, cooperazione
tra i popoli e politiche per la pace;
dall’esame dell’operato dell’assessorato
sopra citato non emerge nessuna azione progettuale, intervento, opera di sensibilizzazione o qualsivoglia altra
azione di sostegno alla cooperazione mediante iniziative a carattere sociale;
risulta
essere l’attività di tale assessorato esclusivamente concentrata sull’aspetto
economico e dell’internazionalizzazione dei mercati;
su 71
comunicati stampa di predetto assessorato, 70 risultano essere resoconti di
programmi di interventi solo economici e giammai sociali o solidali;
l’ultimo
anno, in particolare, si è contraddistinto purtroppo per l’emergenza nel Corno
d’Africa, tutt’ora in corso per i numerosi sbarchi di profughi e richiedenti
asilo dalle coste del Maghreb e per l’arrivo di stranieri nella nostra Regione
alla ricerca di opportunità di lavoro o per insediarsi stabilmente;
quanto
sopra necessita dell’intervento progettuale circa la migliore ricerca di azioni
consapevoli e di politiche attive per la pace e l’integrazione tra i popoli;
è
necessario realizzare idonei processi che favoriscano politiche per la pace e
l’integrazione tra i popoli anche attraverso apposite esperienze di laboratori
e uffici della pace, così come presenti in quasi tutte le Regioni d’Italia;
l’assessorato
alle politiche attive per la pace e l’integrazione tra i popoli riceve annualmente
oltre alle fonti di finanziamento esterno dal bilancio e della Regione per
effetto della legge regionale n. 4 del 10 gennaio 2007 recante: “Norme su cooperazione
e relazioni internazionali della Regione Calabria”, circa 200.000,00 euro;
la stessa Commissione
europea sollecita gli enti istituzionali quali attori locali di collaborare con
gli attori non istituzionali per sensibilizzare l’opinione pubblica sui temi
dello sviluppo e contro la povertà;
tale azione
non può ricondursi semplicemente alla sponsorizzazione di un evento musicale di
beneficienza ben lontano dai doveri istituzionali e di competenza di predetto assessorato
-:
quali
azioni alla data della presente interrogazione esistono a favore di progetti di
cooperazione e di politiche attive per la pace;
quali
strumenti di collaborazione con enti o organizzazioni si intendono realizzare
per favorire idonei processi di sensibilizzazione, accoglienza ed integrazione;
se non si
dia il caso di rimodulare in maniera urgente l’attività di tale importante assessorato
anche sui temi e le competenze complessive derivanti dall’intera delega anziché
favorire il solo aspetto seppur importante della internazionalizzazione dei
mercati a discapito delle ulteriori competenze in capo a codesto assessorato
quali la pace e la solidarietà
tra i popoli.
(201; 23.01.2012)
Aiello F. Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore alle politiche
euromediterranee, internazionalizzazione,
cooperazione tra i popoli e politiche per la pace. Per sapere
– premesso che:
il quinto settore del dipartimento Presidenza
della Giunta regionale della Calabria ha tra le sue funzioni precipue quelle
relative alla cooperazione tra i popoli e l’internazionalizzazione;
nelle sue
funzioni tra le altre si legge “Il settore ospita tirocini e stage, nell’ambito
di convenzioni con Università ed enti di formazione, ove gli obiettivi siano
coerenti con le funzioni istituzionali assegnate”;
a tale settore e dipartimento afferisce
l’assessorato alle politiche euromediterranee, internazionalizzazione, cooperazione tra i
popoli e politiche per la pace;
l’Università della Calabria, facoltà di
economia, da oltre un decennio ha istituito un corso di laurea magistrale in
Scienze sociali per lo sviluppo, la cooperazione e la pace;
tale corso ha nel suo obiettivo
fondante la creazione di una nuova cultura dei processi inerenti i progetti di
sviluppo locale e internazionale e di facilitare inoltre i processi di pace e
integrazione tra i popoli;
risulta obbligatorio per i laureandi
di suddetto corso universitario svolgere idonei e coerenti percorsi di
tirocinio formativo e stage;
ai laureati in sviluppo, cooperazione
e pace, alla fine del suddetto corso di laurea viene assegnata la classa Lm 81;
l’assessorato alle politiche euromediterranee, internazionalizzazione,
cooperazione tra i popoli e politiche per la pace ha già più volte bandito
richieste di manifestazione di interesse per la ricerca di profili da
individuare e avviare al lavoro con l’esclusione sistematica della classe Lm 81
-:
perché ad oggi nessuna convenzione
finalizzata alla possibilità di poter sostenere tirocini e stage è stata
firmata con il corso di laurea in Sviluppo, cooperazione e pace dell’Unical,
attesa la totale coincidenza dei temi accademici e delle competenze
istituzionali che si riscontrano;
come mai nei confronti di un corso di
laurea che più di ogni altro in Calabria può fornire un utile sostegno anche ai
processi di progettazione nessuna attenzione viene prestata;
come mai l’assessorato interrogato
regolarmente nelle sue manifestazioni di interesse per la selezione di giovani
laureati da avviare a lavoro a tempo determinato non cita tra i requisiti
richiesti la Classe Lm 81 escludendo di fatto competenze specifiche e
necessarie allo stesso assessorato)
(202; 23.01.2012)
Aiello F. Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore al lavoro. Per
sapere – premesso che:
la Fondazione Field pubblicava sul
proprio sito in data 29 luglio 2011 apposito bando per la manifestazione di
interesse inerente la costituzione di una short list di esperti e profili
professionali da selezionare per la realizzazione delle azioni di sistema del
progetto sperimentale “Lavori Regolari, rete regionale per l’emersione, la
qualità e lo sviluppo locale, istituzione fondo di garanzia per l’inserimento
lavorativo”;
in pari data dello stesso avviso di
manifestazione di interesse è data notizia sul Bur della Regione Calabria n. 30
del 29.07.2011;
la scadenza per presentare idonea
manifestazione di interesse per chiunque interessato e in possesso dei
requisiti richiesti risultava essere il 5 settembre 2011;
è data notizia sempre nel Bur prima
richiamato che nei successivi trenta giorni e dunque entro il 5 ottobre 2011,
sarebbe stata approvata e pubblicata la short
list di che trattasi contenente ogni dettaglio circa gli ammessi alla
successiva fase e sugli eventuali esclusi;
la stessa Fondazione Field è già in
possesso di una propria short list a
valere sul biennio 2011-2012 per profili esperti e professionali, dalla quale
attingere per ogni sua azione progettuale e non solo;
solo ed esclusivamente per tale fine è
stata bandita e successivamente approvata la short list generale di cui sopra;
all’articolo 1 della manifestazione di
interesse sul progetto Lavori regolari (Finalità) si lette “(…) il presente
avviso ha lo scopo di formare una short
list per il reperimento di risorse professionali, mirato all’avvio di
collaborazioni per l’attuazione delle seguenti azioni (…)” -:
perché si è dovuto procedere ad una
ulteriore formulazione di una short list,
per il progetto Lavori regolari, atteso che la Fondazione Field è già in
possesso di una propria short list
sia per profili esperti che professionali;
perché tanti ritenuti idonei nella
formulazione della short list
generale da parte Fondazione Field sono stati ritenuti invece inidonei nella
formulazione della short list, lavori
regolari, attesa la pressoché totale coincidenza dei requisiti richiesti
richiamandosi nella loro esclusione al non rispetto dell’articolo 3 e 4
dell’avviso di manifestazione di interesse che richiama aspetti, tutti esclusivamente
formali e perciò inidonei ad escludere centinaia di professionisti con
esperienze curriculari di alto profilo;
perché se persino nelle sedute di aste
pubbliche gli aspetti meramente formali sono ritenuti sanabili, in presenza dei
requisiti minimi in capo al partecipante, la Fondazione Field adotta un
comportamento discriminatorio contro chi possiede tutti i requisiti
fondamentali dalla stessa Fondazione richiesti;
atteso che sono passati 180 giorni
dall’avviso della manifestazione di che trattasi e circa 120 giorni, dei trenta
utili previsti per l’approvazione della short
list senza avere però a tutt’oggi la Fondazione Field una graduatoria
definitiva, se non sia il caso di interrompere nell’immediato l’efficacia
parziale della graduatoria pubblicata e attingere alla short list già in possesso della Fondazione Field a tale scopo
realizzata;
in subordine, per quanto sopra, quali
sono i tempi per avviare il progetto Lavori regolari e se tale ritardo potrà
causare la perdita di questo finanziamento e ancora se la Fondazione ha già
avviato nonostante la non approvazione finale della short list la fase dei colloqui preliminare all’avviamento al lavoro
del progetto Lavori regolari.
(203; 23.01.2012)
Art. 1
(Modifiche all' articolo 1 della legge regionale 11
agosto 2010, n. 21)
1. Il comma 1 dell'articolo 1
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“1. La presente legge
costituisce attuazione dell'intesa, ai sensi dell'articolo 8, comma 6, della
legge 5 giugno 2003, n. 131, sottoscritta il 1° aprile 2009 e pubblicata sulla
Gazzetta Ufficiale della Repubblica Italiana, serie generale, n. 98 del 29
aprile 2009, nonché attuazione del decreto legge 13 maggio 2011 n. 70,
convertito, con modificazioni, dalla legge 12 luglio 2011, n. 106, ed è
finalizzata al rilancio dell'economia mediante il sostegno all'attività
edilizia e al miglioramento della qualità architettonica, strutturale,
energetica ed ambientale del patrimonio edilizio esistente, in coerenza con i
principi e le finalità della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 e successive
modifiche ed integrazioni, nonché con le norme di tutela del patrimonio
ambientale, culturale e paesaggistico della Regione e di difesa del suolo,
prevenzione del rischio sismico, accessibilità e sicurezza degli edifici”.
2. Il comma 2 dell'articolo 1
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“2. Per perseguire le finalità
previste nel comma 1, in deroga alle previsioni dei regolamenti comunali e
degli strumenti urbanistici e territoriali comunali, provinciali e regionali,
la presente legge disciplina l'esecuzione di interventi di «razionalizzazione
del patrimonio edilizio esistente», di «riqualificazione di aree urbane
degradate», di «sostituzione edilizia», di «ampliamento» e di «demolizione e
ricostruzione» di edifici esistenti, nel rispetto delle norme del codice
civile, favorendo gli interventi edilizi finalizzati a migliorare la qualità
architettonica, strutturale, la sicurezza, la compatibilità geologica ed
ambientale, l'efficienza energetica degli edifici e la fruibilità degli spazi
per le persone disabili, secondo le modalità, nei termini e limiti previsti dalle
norme seguenti”.
Art. 2
(Modifiche all' articolo 2 della legge regionale 11
agosto 2010, n. 21)
1. Al comma 2 dell’articolo 2
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, dopo le parole “articoli 4 e 5” è
inserito il periodo “per i quali è ammessa la modifica della sagoma
planovolumetrica dell’edificio”.
2. All'articolo 2 della legge
regionale 11 agosto 2010, n. 21, è aggiunto il seguente comma:
“3. Gli interventi previsti
dalla presente legge regionale possono essere realizzati in deroga alle
previsioni dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e
territoriali comunali, provinciali e regionali, nonché in deroga al comma 2
dell’articolo 65 della legge regionale n. 19/2002, per come sostituito dal
comma 10 dell’articolo 1 della legge regionale 29/2007, fatte salve solo ai
fini di eventuali delocalizzazioni le seguenti disposizioni:
a) d.m. 2 aprile 1968, n. 1444
(Limiti inderogabili di densità edilizia, di altezza, di distanza fra i
fabbricati e rapporti massimi tra spazi destinati agli insediamenti
residenziali e produttivi e spazi pubblici o riservati alle attività
collettive, al verde pubblico o a parcheggi da osservare ai fini della
formazione dei nuovi strumenti urbanistici o della revisione di quelli
esistenti, ai sensi dell'articolo 17 della legge 6 agosto 1967, n. 765);
b) d.m. 1 aprile 1968, n. 1404
(Distanze minime a protezione del nastro stradale da osservarsi nella
edificazione fuori del perimetro dei centri abitati, di cui all'articolo 19
della legge 6 agosto 1967, n. 765);
c) d.p.r. 16 dicembre 1992, n.
495 e successive modifiche ed integrazioni (Regolamento di esecuzione e di
attuazione del nuovo codice della strada);
d) d.m. 14 giugno 1989, n. 236,
in materia di abbattimento delle barriere architettoniche ai sensi della legge
9 gennaio 1989, n. 13, e legge regionale 27 luglio 1998, n. 8 e successive
modifiche ed integrazioni;
e) norme nazionali e regionali
sulle costruzioni in zona sismica ed in particolare il d.m. 14 gennaio 2008 e
s.m.i.;
f) d.m. 37/2008, (Disposizioni
in materia di attività di installazione degli impianti all'interno degli
edifici) avente ambito di applicazione definito all'articolo 1 dello stesso
decreto;
g) delibera del Consiglio
regionale della Calabria n. 115 del 28 dicembre 2001 (Piano per l’assetto
idrogeologico);
h) d.lgs. 22 gennaio 2004 n. 42
e successive modifiche ed integrazioni (Codice dei beni culturali e del
paesaggio ai sensi dell’articolo 10 legge 6 luglio 2002, n. 137), con le
semplificazioni introdotte dal d.p.r. 9 luglio 2010, n. 139 per gli interventi
di lieve entità così come definiti dal medesimo”.
Art. 3
(Modifiche all’articolo 3 della legge regionale 11
agosto 2010, n. 21)
1. Il comma 1 dell'articolo 3
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“1. Per l'applicazione della
presente legge si intende:
a) per edifici residenziali, gli
edifici con destinazione d'uso residenziale prevalente nonché gli edifici in
aree rurali ad uso abitativo; la prevalenza dell'uso residenziale è determinata
nella misura minima del 70 per cento dell'utilizzo dell'intero edificio;
b) per edifici non residenziali,
tutti gli edifici il cui uso residenziale sia inferiore al 70 per cento
dell'utilizzo dell'intero edificio;
c) per volumetria esistente, la
volumetria lorda già edificata incrementata di quella dei sotto tetti, degli
eventuali volumi tecnici, accessori o pertinenziali;
d) per superficie lorda
dell'unità immobiliare, la somma delle superfici comprensiva di murature perimetrali, verande
coperte e logge, vani tecnici ed accessori di ciascuna unità il cui volume
fuori terra abbia un'altezza media interna netta non inferiore a metri 2,40;
e) per volumetria lorda il
prodotto tra la superficie lorda e l’altezza lorda, non vanno altresì computate
le cubature correlate ai maggiori spessori dei muri perimetrali oltre i 30
centimetri, dei solai oltre i 20 centimetri, dei vani scala ed ascensori,
calcolati al lordo delle murature perimetrali dei vani medesimi, delle centrali
tecnologiche e di tutti i vani tecnici propriamente detti, delle serre solari,
delle canne o camini di ventilazione o salari, dei cavedi impiantistici e di
ogni eventuale altro dispositivo o accorgimento atto a garantire il risparmio
energetico e le innovazioni tecnologiche in edilizia;
f) per l’altezza lorda,
l’altezza del piano misurata tra le quote di calpestio del piano stesso e del
piano superiore. In caso di copertura inclinata, l’altezza lorda si ottiene
come distanza media tra il piano di calpestio e l’estradosso della copertura;
g) per superficie interna netta,
la superficie di pavimento dei vani misurata al netto dei muri perimetrali e di
quelli interni comprensivi di pilastri, delle soglie di passaggio e degli
sguinci di porte e finestre nonché di eventuali scale interne;
h) per aree urbanizzate, le aree
dotate di opere di urbanizzazione primaria e di servizi a rete essenziali;
i) per “edilizia residenziale
sociale”, il complesso delle attività edilizie volte alla realizzazione di
“alloggi sociali”, in conformità al d.m. Infrastrutture 22 aprile 2008, ovvero
le unità immobiliari adibite ad uso residenziale in locazione permanente od in
forme di sostegno all’accesso della proprietà che svolgono la funzione di
interesse generale, nella salvaguardia della coesione sociale, di ridurre il
disagio abitativo di individui e nuclei familiari svantaggiati, che non sono in
grado di accedere alla locazione o alla proprietà di alloggi nel libero
mercato;
l) per locali accessori si
intendono quelli in cui la permanenza delle persone è limitata a ben definite
operazioni, quali ripostigli, cantinole, lavanderie, stenditoi, legnaie;
m) per distanze minime e altezze
massime dei fabbricati, quelle previste dagli strumenti urbanistici generali o,
in assenza, quelle definite dal decreto ministeriale 2 aprile 1968, n. 1444;
n) per pertinenze, le aree
esterne asservite al fabbricato nell'ambito dell'unità immobiliare catastale”.
Art. 4
(Modifiche all'articolo 4 della legge regionale 11
agosto 2010, n. 21)
1. Il comma 1 dell'articolo 4
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“1. Gli interventi straordinari
di ampliamento possono riguardare immobili residenziali e non residenziali,
secondo le seguenti modalità:
a) in deroga alle previsioni
degli strumenti urbanistici ed edilizi comunali, provinciali e regionali vigenti
o adottati, nonché nei comuni sprovvisti di tali strumenti, nel rispetto di
quanto previsto nel presente articolo, alle condizioni e con le modalità
previste nella presente legge, sulle unità immobiliari residenziali che abbiano
una volumetria già esistente, alla data del 21 agosto 2010, non superiore a
1000 metri cubi per unità abitativa di volumetria assentita, gli interventi
edilizi di ampliamento sono consentiti entro il limite del 20 per cento della
superficie lorda, per unità abitativa già esistente degli edifici previsti
nell'articolo 3, comma 1, lettera a), fino ad un massimo di 70 metri quadrati
di superficie interna netta per unità abitativa. Nel caso di edifici
plurifamiliari l'ampliamento è ammesso se realizzato in modo da non modificare
sostanzialmente le caratteristiche architettoniche dell'organismo edilizio,
conformandolo ad un progetto dell'involucro che sviluppi ed evidenzi, in modo
intellegibile e coerente, ogni aspetto inerente sia la situazione preesistente
che quella futura per tutte le caratteristiche estetico-formali, ovvero, se si
tratta di condominio, l'ampliamento è ammesso quando esso è realizzato con le
stesse modalità precedentemente descritte e, comunque, in conformità agli
articoli 1120, 1121 e 1122 del codice civile, subordinato, in ogni caso al
rilascio del permesso di costruire. E' consentita, altresì, la variazione della
destinazione d'uso, purché si tratti di destinazioni tra loro compatibili e
complementari, e la variazione del numero delle unità abitative;
b) in deroga agli strumenti
urbanistici vigenti e nel rispetto di quanto previsto nel presente articolo,
alle condizioni e con le modalità previste dalla presente legge, sulle unità
immobiliari non residenziali gli interventi edilizi di ampliamento sono
consentiti entro il limite del 20 per cento della superficie lorda, per unità
immobiliare già esistente degli edifici previsti nell'articolo 3, comma 1,
lettera b), fino ad un massimo di 200 metri quadrati di superficie interna
netta per unità immobiliare. Tali limiti sono aumentati al 25 per cento, per un
incremento massimo di 500 metri quadrati, in caso di destinazioni d’uso
produttive, industriali ed artigianali. Nel caso di edifici a destinazione
mista, residenziale e non, i suddetti incrementi percentuali si applicano alle
superfici delle singole porzioni a differente destinazione e l'ampliamento è
ammesso se realizzato in modo da non modificare sostanzialmente le
caratteristiche architettoniche dell'organismo edilizio, conformandolo ad un
progetto dell'involucro che sviluppi ed evidenzi, in modo intellegibile e
coerente, ogni aspetto inerente sia la situazione preesistente che quella
futura per tutte le caratteristiche estetico-formali, ovvero, se si tratta di
condominio, l'ampliamento è ammesso quando esso è realizzato con le stesse
modalità precedentemente descritte e, comunque, in conformità agli articoli
1120, 1121 e 1122 del codice civile, ed è subordinato, in ogni caso, al
rilascio del permesso di costruire. E' consentita, altresì, la variazione della
destinazione d'uso e del numero delle unità immobiliari”.
2. Il comma 2 dell'articolo 4
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“2. L'ampliamento previsto nel
comma 1 è consentito:
a) su edifici e loro pertinenze
in contiguità fisica (adiacenza, aderenza o sopraelevazione) con l'edificio
interessato;
b) su edifici ubicati in aree
urbanizzate, previsti nell'articolo 3, comma 1, lettera h), nonché su aree
agricole o non disciplinate, in deroga agli strumenti urbanistici per ciò che
concerne le distanze minime e le altezze massime, nel rispetto del d.m.
1444/68, fatte salve le distanze e le altezze esistenti, se rispettivamente
inferiori o superiori;
c) su edifici ubicati in aree
esterne agli ambiti dichiarati, in atti formali, a pericolosità idraulica ed a
frana elevata o molto elevata, secondo le categorie individuate dagli strumenti
nazionali e regionali di rilevazione del rischio ed in aree esterne a quelle
inserite nel “Piano Generale per la Difesa del Suolo” (o.p.c.m. 3741/2009) e come
tali oggetto di proposta di riclassificazione a rischio elevato o molto
elevato, salvo preliminare acquisizione del nullaosta o autorizzazione da parte
dell’ente preposto;
d) su edifici di cui alle
lettere precedenti, purché l'edificio non presenti, alla data di pubblicazione
della presente legge, parziali incompiutezze strutturali, architettoniche e
stilistiche inerenti alla proprietà del richiedente;
e) in deroga alla lettera
precedente l'intervento è ammesso se si procede al completamento di tutte le incompiutezze
di cui alla lettera precedente, all'atto della presentazione dell'istanza
autorizzativa (SCIA o permesso di costruire) per gli interventi di cui al comma
1 del presente articolo. l suddetti lavori di completamento dovranno comunque
essere portati a compimento prima della comunicazione di ultimazione lavori per
l'intervento oggetto della presente legge. A tale comunicazione deve essere
allegata documentazione fotografica e perizia giurata asseverativa anche in
formato digitale attestante il rispetto di tale prescrizione. I materiali di
cui al periodo precedente sono trasmessi senza ritardo al competente ufficio
presso il dipartimento Lavori Pubblici. In mancanza di detti requisiti non puo’
essere certificata l'agibilità ai sensi dell'articolo 25 del decreto del
Presidente della Repubblica 6 giugno 2001, n. 380 dell'intervento realizzato.
Gli interventi di ampliamento e completamento possono essere autorizzati o
eseguiti con unico titolo abilitativo.”
3. Il comma 3 dell'articolo 4
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“3. Per la realizzazione
dell'ampliamento sono obbligatori i seguenti requisiti:
a) l'utilizzo di tecniche
costruttive che garantiscono prestazioni energetico-ambientali nel rispetto dei
parametri stabiliti dalla normativa vigente e, in particolare, in conformità
alla direttiva 2002/91/CE, al d.lgs. 311/2006 ed al d.p.r. 59/2009, secondo
quanto previsto nella presente legge;
b) gli interventi devono essere
realizzati da ditte in possesso dei requisiti previsti dalla legge ed in
possesso di documento unico di regolarità contributiva (DURC), in corso di
validità sia all'inizio che alla data della certificazione di ultimazione dei
lavori. Tale documento deve costituire parte integrante della documentazione
necessaria al rilascio dell'agibilità;
c) la presentazione dell'istanza
autorizzativa (SCIA o Permesso di costruire) deve essere corredata da tutti gli
elaborati di progetto previsti dalla normativa vigente nazionale e regionale ed
in particolare in conformità al dpr 207/10, compresa, ove prescritta, la
relazione geologica, firmati e timbrati da tecnici abilitati ed accompagnati
dai contratti di affidamento di incarico professionale, così come previsto
dall'articolo 3, comma 5, lettera d) del d. l. 13 agosto 2011 n. 138,
convertito con modificazione dalla legge 14 settembre 2011 n. 148. Alla
certificazione di ultimazione dei lavori deve essere allegata attestazione
liberatoria di avvenuto pagamento dei compensi professionali pattuiti;
d) il rispetto delle prescrizioni
tecniche previste nel d.m. 14 giugno 1989, n. 236, in materia di abbattimento
delle barriere architettoniche ai sensi della legge 9 gennaio 1989, n. 13,
nonché in conformità alla legge regionale 27 luglio 1998, n. 8. Per gli
interventi di ampliamento deve essere assicurato il requisito dell'adattabilità
qualora le norme nazionali o regionali non prescrivano, in relazione alla
tipologia e caratteristiche dell’ampliamento, l’accessibilità o la
visitabilità;
e) la conformità alle norme
nazionali e regionali sulle costruzioni in zona sismica ed in particolare il
d.m. 14 gennaio 2008 e s.m.i.;
f) la conformità alle
disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno
degli edifici, come stabilito dal d.m. 37/2008, avente ambito di applicazione
definito all'articolo 1 dello stesso decreto;
g) l'ampliamento volumetrico
deve trovarsi in accordo stilistico ed architettonico ed in coerente dialogo
formale con la struttura preesistente, entro i limiti previsti dalla presente
legge;
h) sugli edifici plurifamiliari
e condomini l'ampliamento è ammesso se realizzato in modo da non modificare
sostanzialmente le caratteristiche architettoniche dell' organismo edilizio,
conformandolo ad un progetto dell'involucro che sviluppi ed evidenzi, in modo
intellegibile e coerente, ogni aspetto inerente sia la situazione preesistente
che quella futura per tutte le caratteristiche estetico-formali. L'istanza deve
essere corredata da progetto nel quale, oltre agli elaborati indispensabili per
individuare l'intervento, devono essere rappresentati tutti i prospetti
dell'edificio, anche materici, con le indicazioni cromatiche, nonché
rappresentazioni tridimensionali con opportune renderizzazioni, insieme ad una
relazione tecnica esplicativa nella quale sia pienamente giustificata la
soluzione prescelta, la sua coerenza architettonico-formale e la compatibilità
strutturale. Per tale fattispecie sono consentiti interventi secondo la
seguente specifica:
1) chiusura di verande, logge,
balconi, cavedi ed ogni altra pertinenza dell' unità immobiliare;
2) copertura
e chiusura di terrazzi all’ ultimo piano dell' edificio, anche quale
ampliamento frazionato di unità immobiliari sottostanti;
3) sopraelevazione dell'edificio
per la realizzazione degli ampliamenti, in deroga agli strumenti urbanistici
comunali, ma nei limiti, comunque, del d.m. 2 aprile 1968 n. 1444;
4) ampliamenti
al piano terra dell'edificio, in conformità al comma 2, lettera a) del presente articolo, anche per
destinazioni diverse da quelle che ne hanno determinato l'ampliamento ovvero
nel caso di cessione della suscettibilità di ampliamento;
5) cessione
della suscettibilità di ampliamento, in favore di uno o più soggetti nello
stesso edificio plurifamiliare o condominio, a fronte del conseguimento delle
migliorie architettoniche e/o energetiche e/o strutturali per ogni singola
unità immobiliare cedente, secondo i limiti e le modalità previste dalla
presente legge;
6) nelle
zone "A" e "B", ovvero nelle aree definite urbanizzate ai
sensi della legge regionale 16 aprile 2002 n. 19 laddove consentiti, e nelle
aree già edificate, gli interventi di ampliamento possono essere realizzati
anche in deroga alle norme che disciplinano le distanze minime e le altezze
massime di zona, se la tessitura urbana consolidata e l'immobile considerato
risultano già a distanza inferiore o altezza superiore;
7) recupero
ai fini abitativi dei locali accessori;
i) per gli interventi di
ampliamento che prevedono chiusura di verande, balconi, logge, cavedi,
chiostri, terrazzi, ecc., gli interventi di adeguamento strutturale, in
conformità alle prescrizioni del d.m. 14 gennaio 2008, dpr 380/01 s.m.i., alla
Circolare di approvazione dell’elenco delle opere dichiarate minori e
contenenti indirizzi interpretativi in materia di sopraelevazione di edifici
esistenti (delibera Giunta regionale n. 330 del 22.07.2011) ed alla relativa
normativa regionale, non sono richiesti se l'intervento di ampliamento previsto
non modifica, in maniera sostanziale, la distribuzione complessiva dei carichi
in gioco e, conseguentemente, l'intervento non incide, in misura significativa,
sull' equilibrio complessivo statico-strutturale. Tale circostanza deve essere
attestata dal progettista e/o Direttore dei lavori mediante relazione tecnica
asseverativa;
j) per gli interventi di
ampliamento diversi dalla lettera i), ovvero in caso di interventi che
comportino una sostanziale variazione dei carichi, è necessario predisporre
progetto di adeguamento strutturale dell'intero organismo edilizio in modo da
conformarlo alle prescrizioni del d.m. 14 gennaio 2008 ed alla correlata
normativa regionale. In tal caso, preliminarmente alla presentazione
dell'istanza per l'esecuzione dell'intervento, conformemente alle norme
tecniche vigenti, deve essere predisposta progettazione esecutiva
dell'ampliamento da realizzare, la quale deve essere assoggettata agli
adempimenti previsti dalle norme sismiche nazionali secondo le procedure
previste dalle vigenti norme regionali in materia;
k) per gli interventi di
ampliamento, in linea con il d.lgs. 192/05 s.m.i. e con le finalità di
miglioramento dell'efficienza energetica del volume abitativo, si impone,
relativamente all'involucro edilizio, il rispetto delle prescrizioni tecniche
del d.l.gs. 192/05 s.m.i. ed, in particolare, la conformità al d.lgs. 311/06 ed
al d.p.r. 59/09 limitatamente al volume in ampliamento;
l) le superfici opache che
delimitano il volume costituente l'ampliamento rivolte verso l'esterno o locali
non riscaldati o locali riscaldati non appartenenti allo stesso sistema
edificio-impianto, devono essere realizzate garantendo il rispetto dei
parametri limite di trasmittanza prescritti all'allegato C del d.lgs. 192/05
con le modificazione imposte dal d.lgs. 311/06, prendendo a riferimento i
valori imposti dal primo gennaio 2010. Inoltre al fine di limitare i fabbisogni
energetici per la climatizzazione estiva in linea con il d.lgs. 192/05 s.m.i.,
qualora l'incremento volumetrico sia perseguibile mediante la realizzazione di
superfici opache verticali e/o orizzontali e/o inclinate, in una zona climatica
B o C con esposizione diversa da Nord-Ovest, Nord, Nord-Est è fatto obbligo per
la loro costruzione di rispettare i seguenti parametri:
1) per
le superfici verticali la trasmittanza termica periodica (YIE) non può essere
superiore a 0.12 W/m2K;
2) per
le superfici orizzontali o oblique la trasmittanza termica periodica (YIE) non
può essere superiore a 0.20 W/m2K;
m) in relazione ai valori di
trasmittanza delle superfici trasparenti delimitanti il volume costituente
l'ampliamento (o inserite quali infissi nelle superfici opache delimitanti
l'ampliamento), si prescrivono differenti valori limite in funzione dello stato
di fatto delle superfici trasparenti presenti nell'involucro. In particolare:
1) nel
caso in cui l'involucro, alla data di richiesta d'accesso ai benefici della
presente legge, presenti tutte le superfici vetrate in conformità alle
prescrizioni tecniche limite dell'allegato C del d.lgs. 192/05 con le
modificazione imposte dal d.lgs 311/06, prendendo a riferimento i valori
imposti dal primo gennaio 2010, il valore limite di conformità della
trasmittanza delle superfici trasparenti inserite in quelle opache delimitanti
il volume di ampliamento, rimane quello prescritto dai decreti sopraccitati,
con la finalità di permettere una migliore integrazione architettonica degli
elementi inseriti nel sistema edificio preesistente;
2) nel
caso in cui l'involucro, alla data di richiesta d'accesso ai benefici della
presente legge, presenti almeno il 70 per cento degli elementi vetrati
dell'involucro in conformità alle prescrizioni tecniche limite dell'allegato C
del d.lgs. 192/05, prendendo a riferimento i valori imposti dal primo gennaio
2006, il valore limite di conformità della trasmittanza delle superfici
trasparenti inserite in quelle opache delimitanti il volume di ampliamento, è
quello prescritto dai decreti sopraccitati, prendendo a riferimento i valori
imposti dal primo gennaio 2006, con l'ulteriore onere di adeguare ai suddetti
parametri tutti gli elementi vetrati preesistenti nell'involucro ed a questi
non rispondenti, fermo restando l'obbligo di mantenere per tutti gli elementi
vetrati, adeguati o di nuovo inserimento, lo stesso format. Se ciò non è
possibile si impone la sostituzione di tutti gli infissi con nuovi rispondenti
alle prescrizioni tecniche limite dell'allegato C del d.lgs. 192/05 con le
modificazione imposte dal d.lgs. 311/06, prendendo a riferimento i valori
imposti dal primo gennaio 2010.
3) nel
caso in cui l'involucro alla data di richiesta d'accesso ai benefici della
presente legge presenti meno del 70 per cento degli elementi vetrati
dell'involucro in conformità alle prescrizioni tecniche limite dell'allegato C
del d.lgs. 192/05, prendendo a riferimento i valori imposti dal 1 gennaio 2006,
è fatto obbligo per il richiedente la sostituzione di tutti gli infissi con
nuovi rispondenti alle prescrizioni tecniche dell' allegato C del d.lgs.192/05
con le modificazione imposte dal d.lgs. 311/06, prendendo a riferimento i
valori imposti dal 1 gennaio 2010. Alle medesime prescrizioni dovranno
sottostare le superfici trasparenti inserite in quelle opache delimitanti il
volume di ampliamento;
n) al fine di limitare i
fabbisogni energetici per la climatizzazione estiva in linea con il d.lgs.
192/05 s.m.i., qualora l'incremento volumetrico sia perseguibile mediante la
realizzazione di superfici trasparenti verticali e/o orizzontali e/o inclinate
con un’ estensione di superficie rispetto alle superfici opache che delimitano
esternamente il volume oggetto di ampliamento maggiore del 15 per cento, con
esposizione diversa da Nord-Ovest, Nord, Nord-Est è fatto obbligo di
predisporre sistemi schermanti fissi o mobili al fine di ridurre gli apporti di
calore per irraggiamento solare. Qualora le suddette superfici trasparenti siano
oggetto di ombreggiamento ad opera di fabbricati esterni, della morfologia del
territorio o da elementi arborei per almeno il 30 per cento delle ore
d'irraggiamento solare durante le ore di massimo irraggiamento sulla superficie
ed il periodo di massimo irraggiamento su superficie orizzontale si esula
dall'obbligo di schermatura;
o) unitamente al rispetto dei
punti precedenti è obbligatorio assicurare un miglioramento dell'efficienza
energetica complessiva dell'unità abitativa nella misura minima del 15 per
cento rispetto allo stato antecedente all'intervento di ampliamento
volumetrico. Tale miglioria potrà essere perseguita o mediante il rispetto
delle prescrizioni precedenti o mediante un qualsiasi intervento non prescritto
all'involucro dell'edificio o agli impianti di riscaldamento o raffrescamento.
La miglioria di efficienza energetica deve essere oggetto di una relazione
tecnica da consegnare unitamente alla certificazione energetica prescritta
dalla legge regionale. Si è esonerati dal rispetto della prescritta miglioria
di efficienza energetica, sempre nel rispetto dei punti precedenti, qualora
l'unità abitativa oggetto di ampliamento volumetrico abbia, al momento della
richiesta di accesso ai benefici della presente legge, una classificazione
energetica pari o superiore alla classe energetica B;
p) al fine di ridurre i valori
d'inquinamento atmosferico derivanti dalla conduzione di generatori di calore
per acqua sanitario e/o riscaldamento, è fatto obbligo, per chi voglia accedere
ai benefici della presente legge, attestare la conformità dei propri generatoti
ai parametri di rendimento ed emissione imposti dal dpr 412/93 s.m.i. secondo
la metodologia d'analisi indicata dal d.lgs. 192/05 s.m.i., mediante la
presentazione, unitamente all'attestato di certificazione energetica,
dell'ultimo certificato di controllo effettuato se in corso di validità, entro
i termini della richiesta di accesso ai benefici della presente legge
regionale. Nel caso in cui non sia mai stato redatto il certificato di
controllo o non vi sia la validità di cui al punto precedente è fatto obbligo
effettuare il suddetto controllo e presentare il relativo certificato,
unitamente all'attestato di certificazione energetica, secondo le modalità
previste dal d.lgs. 192/05 s.m.i. Nel caso in cui non si abbia rispondenza tra
l'analisi effettuata ed i valori limiti imposti dalle suddette leggi è fatto
obbligo procedere all'adeguamento del generatore ai parametri tecnici vigenti
od alla sostituzione con uno conforme, consegnando, unitamente all'attestato di
certificazione energetica, relazione tecnica attestante l'intervento effettuati
ed i certificati di controllo del vecchio e del nuovo generatore;
q) al fine di incrementare il
risparmio energetico nella conduzione dei sistemi di riscaldamento o
raffrescamento è fatto obbligo dotare gli impianti di sistemi di
termoregolazione cronostatati. Se l'impianto di riscaldamento o raffrescamento
è costituito da un unico generatore o pompa di calore a servizio dell'intero
volume abitativo è obbligatoria la presenza di un sistema generale di
termoregolazione cronostatico con regolazione oraria su almeno tre livelli
termici, con programmazione settimanale; il trasduttore termico del sistema di
regolazione dovrà trovare collocazione in un area il cui monitoraggio termico
sia significativo del benessere termoigrometrico dell'abitazione. Inoltre è
obbligatoria la presenza, in ogni vano, di valvole termostatiche o di sistemi
termostatici che permettano l'esclusione del sistema radiante o convettivo al
raggiungimento della soglia termica all'interno del vano. Se l'impianto di riscaldamento o raffrescamento è costituito
da un unico generatore o pompa di calore a servizio di più volumi abitativi è
obbligatoria la presenza di un sistema per ogni volume abitativo di termoregolazione
cronostatico con regolazione oraria su almeno tre livelli termici, con
programmazione settimanale che permetta l'impegno o il disimpegno del sistema
impianto a servizio del volume abitativo; il trasduttore termico del sistema di
regolazione dovrà trovare collocazione in un area il cui monitoraggio termico
sia significativo al benessere termo idrometrico dell'abitazione. Inoltre è
obbligatoria la presenza in ogni vano di valvole termostatiche o di sistemi
termostatici che permettano l'esclusione del sistema radiante o convettivo al
raggiungimento della soglia termica all'interno del vano. Inoltre il sistema
impianto dovrà essere dotato di sistemi di contabilizzazione dell'energia
impiegata per la suddivisone equa dei costi di condizionamento o riscaldamento
tra i vari volumi abitativi. Per i sistemi di condizionamento a vani
indipendenti mediante macchine frigorifere o pompe di calore è obbligatorio
l’impiego di macchine di classe energetica non inferiore ad A con regolazione
crono termostatica programmabile su almeno un livello.”
Art. 5
(Modifiche all'articolo 5 della legge regionale 11
agosto 2010, n. 21)
1. Il comma 1 dell'articolo 5
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“1. In deroga alle previsioni
dei regolamenti comunali e degli strumenti urbanistici e territoriali comunali,
provinciali e regionali e nel rispetto di quanto previsto nel presente
articolo, alle condizioni e con le modalità previste dalla legge, per
migliorare la qualità del patrimonio edilizio esistente, sono ammessi
interventi di demolizione e ricostruzione di edifici residenziali e non
residenziali, previsti nell'articolo 3, comma 1 lettere a) e b), con eventuale
riposizionamento dell'edificio all'interno delle aree di pertinenza catastale dell'unità
immobiliare interessata, anche conformata con atti successivi alla
realizzazione dell'edificio stesso, con realizzazione di un aumento in
volumetria entro un limite del 35 per cento di quello legittimamente esistente
alla data di entrata in vigore della presente legge.”
2. Il comma 2 dell'articolo 5
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“2. L'aumento in volumetria
previsto nel comma 1 è consentito:
a) su edifici e loro pertinenze
anche a destinazione mista;
b) per interventi che non
modificano la destinazione d'uso prevalente degli edifici interessati in misura
superiore al 50 per cento;
c) su edifici ubicati in aree
urbanizzate, di cui all’articolo 3, comma 1, lettera h) nonché su aree agricole
o non disciplinate, sono ammesse distanze minime e altezze massime dei
fabbricati in deroga agli strumenti urbanistici generali fermo restando
l'obbligo di rispettare le altezze massime e le distanze minime fissate da
norme di legge o da decreti ministeriali nel rispetto del d.m. 1444/68. Di tale
ultimo obbligo non si tiene conto nel caso di distanze e altezze di edifici
preesistenti che sono comunque fatte salve nell'ipotesi di ampliamento e
ricostruzione;
d) su edifici ubicati in aree
esterne agli ambiti dichiarati in atti formali a pericolosità idraulica ed a
frana elevata o molto elevata, secondo le categorie individuate dagli strumenti
regionali di rilevazione del rischio;
e) su edifici in corso di
ricostruzione e non ancora ultimati alla data di approvazione della presente
legge;
3. Il comma 3 dell'articolo 5
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“3) Il numero delle unità
immobiliari originariamente esistenti può variare se le nuove eventuali unità
immobiliari avranno una superficie lorda non inferiore a:
1) 60 mq per unità immobiliari a
destinazione d’uso residenziale;
2) 50 mq per unità immobiliari a
destinazioni d’uso compatibili con le categorie catastali C/4, C/5 e D;
3) 35 mq per unità immobiliari a
destinazioni d’uso compatibili con le categorie catastali A/10, C/1, C/2, C/3.
I suddetti limiti non sollevano
dal rispetto della normativa nazionale vigente in merito alle superfici minime
necessarie al mantenimento dei requisiti igienico sanitari e di sicurezza sul
luogo di lavoro, ed in particolare è prescritto il rispetto del d.m. Salute 5
luglio 1975 s.m.i. e del d.lgs. 81/08 s.m.i..”
4. Il comma 4 dell'articolo 5
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“4. Per la realizzazione
dell'aumento di volumetria previsto nel presente articolo è obbligatorio per
l'intero edificio oggetto dell'intervento di ricostruzione:
a) l'utilizzo di tecniche
costruttive che garantiscono prestazioni energetico-ambientali nel rispetto dei
parametri stabiliti dalla normativa vigente, e in particolare in conformità
alla direttiva 2002/91/CE, al d.lgs. 311/2006 ed al d.p.r. 59/2009, con
l'obbligo di cui alle prescrizioni dei punti precedenti per ciò che attiene ai
sistemi di regolazione degli impianti, così come previsto per gli ampliamenti.
Il complesso edificio impianto, se pur conforme alle precedenti prescrizioni,
deve comunque raggiungere una classificazione energetica non inferiore a B. Gli
indici di prestazione energetica degli edifici devono essere certificati dai
soggetti previsti dalle norme vigenti da integrare con la comunicazione di
ultimazione dei lavori;
b) gli interventi devono essere
realizzati da ditte in possesso dei requisiti previsti dalla legge ed in
possesso di documento unico di regolarità contributiva (DURC), in corso di
validità sia all'inizio che alla data della certificazione di ultimazione dei
lavori. Tale documento dovrà costituire parte integrante della documentazione
necessaria al rilascio dell'agibilità;
c) la presentazione dell'istanza
autorizzativa (SCIA o permesso di costruire) deve essere corredata, da tutti
gli elaborati di progetto previsti dalla normativa vigente nazionale e
regionale ed in particolare in conformità al dpr 207/10, compresa, ove
prescritta, la relazione geologica, firmati e timbrati da tecnici abilitati ed
accompagnati dai contratti di affidamento di incarico professionale, così come
previsto dall’articolo 3, comma 5, lettera d) del d.l. 13 agosto 2011 n. 138,
convertito con modificazione dalla legge 14 settembre 2011 n. 148. Alla
certificazione di ultimazione dei lavori dovrà essere allegata attestazione
liberatoria di avvenuto pagamento dei compensi professionali pattuiti;
d) il rispetto delle
prescrizioni tecniche previste nel decreto ministeriale 14 giugno 1989, n. 236,
in materia di abbattimento delle barriere architettoniche ai sensi della legge
9 gennaio 1989, n. 13, nonché in conformità alla legge regionale n. 8/1998;
e) la conformità alle norme
nazionali e regionali sulle costruzioni in zona sismica ed in particolare il
d.m. 14 gennaio 2008 e s.m.i.;
f) la conformità alle
disposizioni in materia di attività di installazione degli impianti all'interno
degli edifici, come stabilito dal d.m. 37/2008, avente ambito di applicazione
definito all'articolo 1 dello stesso decreto;
g) l'intervento di ricostruzione
non può portare in alcun modo alla realizzazione di edifici con incompiutezze
strutturali e/o architettoniche e/o stilistiche. Per questo alla dichiarazione
di ultimazione dei lavori dovrà essere allegato archivio fotografico
dell'opera. In mancanza di detti requisiti non potrà essere certificata
l'agibilità dell'intervento realizzato, ai sensi dell'articolo 25 del d.p.r.
380/2001;
h) per la realizzazione degli
interventi di cui al comma 1 in aree urbanizzate è obbligatorio provvedere
all'adeguamento delle opere di urbanizzazione primarie e secondarie in
relazione al maggior carico urbanistico connesso al previsto aumento di volume
o di superficie utile degli edifici esistenti, nonché alla realizzazione dei
relativi parcheggi nella misura prevista dalla normativa vigente;
i) la realizzazione è, inoltre,
subordinata alla piantumazione di essenze arboree e vegetazionali con un indice
minimo di densità arborea, comprese le alberature esistenti, pari ad un
elemento di alto fusto ogni 100 mq di superficie libera da costruzioni ed un
indice minimo di densità arbustiva, compresi gli arbusti esistenti, pari ad un
arbusto ogni 100 mq di superficie libera”.
Art. 6
(Modifiche all' articolo 6 della legge regionale 11
agosto 2010 n. 21)
1. Il comma 1 dell'articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“1. Gli interventi previsti
negli articoli 4 e 5 possono essere realizzati su immobili, esistenti alla data
di entrata in vigore della presente legge, regolarmente accatastati presso le
Agenzie del Territorio oppure per i quali, al momento della richiesta
dell'intervento, sia in corso la procedura di accatastamento. Un tecnico
abilitato deve attestare la superficie e la volumetria esistente, ai sensi
dell'articolo 3, comma 1, lettere c) e d), con una perizia giurata corredata
necessariamente di idonea e completa documentazione grafica e fotografica.”
2. Il comma 2 dell'articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“2. Gli interventi previsti
negli articoli 4 e 5 non possono essere realizzati su immobili:
a) realizzati in assenza o in
difformità dal titolo abilitativo;
b) definiti di valore storico,
culturale e architettonico dalla normativa vigente ivi compreso il decreto
legislativo 22 gennaio 2004 n. 42 (parte II), dagli atti di governo del
territorio o dagli strumenti urbanistici comunali e con vincolo di
inedificabilità assoluta.”
3. Il comma 3 dell'articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito, dal seguente:
“3. In deroga a quanto previsto
alla lettera a) del comma 2 gli interventi di cui agli articoli 4 e 5 della
presente legge possono essere realizzati su edifici o parti di essi per i quali
sia stato rilasciato il titolo abilitativo edilizio in sanatoria, anche a
seguito della formazione del silenzio-assenso per decorrenza dei termini di cui
agli articoli 35 della legge n. 47/1985, 39 della legge 23 dicembre 1994 n.
724, 32 del d.l. 30 settembre 2003, n. 269, convertito, con modificazioni,
dalla legge 24 novembre 2003 n. 326, ovvero per i quali sia stata presentata,
nei termini previsti dalla legislazione statale vigente in materia, istanza di
condono dagli interessati, se aventi diritto. In ogni caso il titolo
abilitativo in sanatoria deve essere rilasciato prima che venga presentata la
SCIA o il permesso di costruire per accedere alle agevolazioni della presente
legge. Nel caso di interventi realizzati su edifici o parti di essi per i quali
sia stato rilasciato il titolo abitativo edilizio in sanatoria, anche a seguito
della formazione del silenzio – assenso, gli interventi di cui agli articoli 4
e 5 della presente legge possono essere effettuati soltanto se l’edificio
sanato sia stato ultimato ed a condizione che l’intervento sia coerente con le
caratteristiche tipologiche, stilistiche ed architettoniche del manufatto già
esistente.”
4. Il comma 4 dell'articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“4. Per l'applicazione della
presente legge, gli interventi previsti negli articoli 4 e 5, non possono
essere realizzati in aree:
a) di inedificabilità assoluta
come definite dall'articolo 33 della legge 28 febbraio 1985, n. 47 (Norme in
materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia, sanzioni, recupero e
sanatoria delle opere edilizie);
b) collocate all'interno delle
zone territoriali omogenee "A" previste nell'articolo 2, d.m. 1444/68
o ad esse assimilabili, così come individuate dagli strumenti urbanistici
comunali, salvo che questi strumenti o atti consentano interventi edilizi di
tale natura i quali potranno essere effettuati secondo le previsioni della
presente legge, e tranne quanto previsto in appositi piani di recupero previsti
nel comma 9;
c) il cui vincolo determina
l'inedificabilità assoluta, ai sensi delle vigenti leggi statali e regionali, e
nelle aree sottoposte a vincoli imposti a difesa delle coste marine, lacuali e
fluviali, a tutela di interessi della difesa militare e della sicurezza
interna, e aree individuate a pericolosità idraulica ed a frana elevata o molto
elevata;
d) collocate nelle riserve
nazionali o regionali, nelle zone A e B dei territori dei parchi regionali,
nelle zone A, B e C dei parchi nazionali, fatte salve le aree già urbanizzate
nelle quali si applicano, ai fini autorizzativi ed abilitativi, i regolamenti
urbanistici ed edilizi vigenti;
e) collocate nei siti della Rete
Natura 2000 (siti di importanza comunitaria - SIC - e zone di protezione
speciale - ZPS -), ai sensi della direttiva 92/43/CEE del Consiglio, del 21
maggio 1992, relativa alla conservazione degli habitat naturali e seminaturali
e della flora e della fauna selvatiche, nelle aree protette nazionali istituite
ai sensi della legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Legge quadro sulle aree protette)
e nelle aree protette regionali, salvo che le relative norme o misure di
salvaguardia o i relativi strumenti di pianificazione consentano interventi
edilizi di tale natura;
f) ubicate nelle zone umide
tutelate a livello internazionale dalla Convenzione relativa alle zone umide
d'importanza internazionale (Ramsar 2 febbraio 1971 e resa esecutiva dal
decreto del Presidente della Repubblica 13 marzo 1976, n. 448);
g) collocate in ambiti
dichiarati ad alta pericolosità idraulica e ad elevata o molto elevata
pericolosità geomorfologica (o ad essi assimilabili) dai piani stralcio di
bacino previsti nel decreto legislativo 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia
ambientale) o dagli studi geologici allegati agli strumenti di pianificazione
territoriale ed urbanistica e nelle aree ricadenti tra quelle inserite nel
“Piano Generale per la Difesa del Suolo” (o.p.c.m. 3741/2009) e come tali
oggetto di proposta di riclassificazione a rischio elevato o molto elevato,
salvo preliminare acquisizione del nullaosta o autorizzazione da parte
dell’ente preposto, salvo che per gli interventi previsti nell'articolo 4
riguardanti edifici esistenti oggetto di ordinanze sindacali tese alla tutela
della incolumità pubblica e privata e che insistono in zone territoriali
omogenee nelle quali gli strumenti di pianificazione vigenti consentano tali
tipi di interventi;
h) nelle aree sottoposte a
vincoli idrogeologici, ai sensi della normativa statale e regionale vigente,
salvo preliminare acquisizione del nulla osta o autorizzazione da parte
dell’ente preposto;
i) su edifici situati nelle aree
con destinazioni urbanistiche relative ad aspetti strategici ovvero al sistema
della mobilità, delle infrastrutture e dei servizi pubblici generali nonché
agli standard di cui al
d.m. Lavori Pubblici 2 aprile 1968;
j) su edifici situati nelle
fasce di rispetto, come definiti dal d.m. Lavori Pubblici 1 aprile 1968 n.
1404, delle strade pubbliche, fatte salve le previsioni degli strumenti
urbanistici vigenti, nonché nelle fasce ferroviarie, igienico sanitarie e
tecnologiche;
5. Il comma 5 dell'articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dai seguenti:
“5. Con l'obiettivo di contenere
il consumo di nuovo territorio è consentito, in deroga agli strumenti
urbanistici, nelle zone omogenee "A", "B", "C" ed
"F", o ad esse assimilabili, così come individuate dagli strumenti
urbanistici comunali, in conformità alla legge regionale 16 aprile 2002, n. 19
e s.m.i. anche quali entità immobiliari autonome, il recupero ai fini abitativi
dei sottotetti e dei seminterrati e l'utilizzo a fini commerciali dei piani
seminterrati ed interrati così definiti:
1. sottotetti, i locali
sovrastanti l'ultimo piano dell'edificio con copertura a tetto;
2. seminterrati, i piani la cui
superficie si presenta entroterra per una percentuale inferiore ai 2/3 della
superficie laterale del piano;
3. interrati, i piani la cui
superficie si presenta entroterra per una percentuale superiore ai 2/3 della
superficie laterale del piano.”
“5 bis. Per i piani sottostanti
le coperture (sottotetti), il recupero ai fini abitativi (trasformazione da non
abitabile ad abitabile) è consentito solo per le parti aventi i seguenti
requisiti:
a) altezza
media ponderale di almeno metri 2,30, ridotta a metri 2,10 per i comuni posti a
quota superiore a metri 800 slm, calcolata dividendo il volume della porzione
di sottotetto di altezza maggiore a metri 1,50 per la superficie relativa;
b) rapporti
pari a 1/15 tra la superficie delle aperture esterne e superficie degli
ambienti di abitazione, calcolata relativamente alla porzione di sottotetto di
altezza maggiore a metri 1,50”.
“5 ter. Gli interventi per il
collegamento diretto tra unità immobiliari e sovrastante sottotetto; fra locali
contigui finalizzati alla migliore fruizione di tali locali; per la
realizzazione di aperture, botole, scale, terrazze, balconi ed ogni altra opera
interna idonea a perseguire le finalità di abitabilità o di utilizzo dei
sottotetti; sono soggetti a SCIA.
Gli interventi di recupero dei
piani sottotetto possono avvenire, in deroga agli strumenti urbanistici
vigenti, mediante opere di tipo edilizio e tecnologico anche con modificazione
delle linee di colmo e di gronda e delle pendenze, entro un'altezza massima di
3,60 metri ed altezza media non superiore a 2,15 metri, qualora queste siano
finalizzate anche all'installazione di tecnologie solari integrate nella misura
non inferiore a 3 kilowatt. E' consentita, ai fini dell'acquisizione dei
requisiti di aerazione e di illuminazione dei sottotetti, la realizzazione di
finestre, lucernari, abbaini e terrazzi. È altresì permesso l’abbassamento del
solaio di copertura del piano sottostante il sottotetto la cui altezza interna
netta non potrà essere inferiore a metri 2,70.”
“5 quater. Per i piani
seminterrati, il recupero a fine abitativo è consentito alle seguenti
condizioni:
a) altezza interna non inferiore
a metri 2,70; rispetto dei requisiti igienico - sanitari prescritti dal d.m.
Sanità 5 luglio 1975 nonché delle prescrizioni tecniche in merito alla
ventilazione riportate nella UNI EN 15665:2009;
b) gli interventi e le opere di
tipo edilizio ammessi per conseguire l’utilizzo abitativo e finalizzate alla
miglioria delle condizioni di ventilazione, illuminazione e termogrimetria,
sono soggetti a SCIA e non dovranno, comunque, comportare modifiche delle quote
standard di piano delle aree pubbliche.”
“5 quinquies. Per i piani
seminterrati ed interrati, il recupero è consentito alle seguenti condizioni:
a) altezza interna non inferiore
a metri 2,70; aperture per la ventilazione naturale diretta non inferiore ad un
1/15 della superficie del pavimento, ovvero la realizzazione d'impianto di
ventilazione meccanici per un ricambio d'aria almeno pari a quello richiesto
per la ventilazione naturale;
b) gli interventi e le opere di
tipo edilizio ammessi per conseguire l'utilizzo terziario e/o commerciale di
piani seminterrati non devono, comunque, comportare modifiche delle quote
standard di piano delle aree pubbliche e delle sistemazioni esterne già
approvate;
c) è consentito l'utilizzo dei
locali ricavati con la suddivisione orizzontale dell'ambiente interrato o
seminterrato esistente, che ha come fine l'integrazione e il miglioramento
della funzione terziario commerciale, a condizione però che la presenza del
soppalco non riduca l'altezza dell'ambiente al di sotto di metri 2,70;
d) gli interventi, per collegare
vano e soppalco e per la sistemazione dei locali interrati e seminterrati
finalizzati a migliorare la fruizione di detti locali e la loro funzione
terziario/commerciale sono da considerarsi opere soggette a SCIA;
e) le altezza minime di cui ai
punti precedenti sono ridotte a metri 2.60, qualora sussistano le condizioni
igienico - sanitarie o vengano messe in atto attraverso soluzioni alternative
tali da garantire le condizioni di sicurezza sui luoghi di lavoro in conformità
ai dettami d.lgs. 81/08 s.m.i. e norme tecniche ad esso correlate.”
“5 sexies. Per la realizzazione
del recupero è obbligatorio l'utilizzo di tecniche costruttive che garantiscano
prestazioni energetico-ambientali nel rispetto dei parametri stabiliti dagli
atti di indirizzo regionali e dalla normativa vigente, in attuazione della
direttiva 2002/91/CE sul rendimento energetico in edilizia e del regolamento
emanato con decreto del Presidente della Repubblica 2 aprile 2009, n. 59. Gli
interventi sono certificati dai soggetti previsti dalle norme vigenti, con la
comunicazione di ultimazione dei lavori. Gli interventi devono essere
realizzati da imprese in possesso dei requisiti previsti dalla normativa
vigente. In mancanza di detti requisiti non è certificata l'agibilità ai sensi
dell'articolo 25 d.p.r. 380/2001 dell'intervento realizzato. Relativamente al
recupero ai fini abitativi di sottotetti o seminterrati è fatto obbligo di
garantire, per tutti gli elementi dell'involucro, la rispondenza ai parametri limite
prescritti all'allegato C del d.lgs. 192/05 con le modificazione imposte dal
d.lgs. 311/06, prendendo a riferimento i valori imposti dal 1 gennaio 2010, con
un'ulteriore decurtazione del 15 per cento. E' fatto obbligo rispettare le
prescrizioni precedenti in merito ai generatori di calore ed ai sistemi di
regolazione. Nel caso di recupero a fini abitativi di sottotetti nella
condizione in cui vi siano elementi vetrati orizzontali o inclinati e fatto
obbligo predisporre sistemi schermanti delle superfici vetrate mobili al fine
di regolare gli apporti di calore per irraggiamento solare, in modo da ridurre
l'apporto energetico gratuito nel periodo estivo e darne massimo godimento nel
periodo invernale. Nel caso di recupero di seminterrati ed interrati nella
condizione in cui vi sia un elevato tasso di umidità unitamente a condizioni
termiche che generano fenomeni di condensa superficiale, è fatto obbligo
predisporre sistemi attivi o passivi che contengano i valori di umidità entro
il 70 per cento ed evitano la formazione di condensa superficiale. La presenza
o meno di fenomeni di condensazione sarà oggetto di una relazione tecnica da
consegnare unitamente alla certificazione energetica. Le unità abitative
oggetto di recupero a fini abitativi devono comunque presentare un valore di
classe energetica pari o superiore alla B. Tutti gli interventi realizzati al
fine di garantire il rispetto della sopraccitate prescrizioni saranno oggetto
di una relazione tecnica da consegnare unitamente alla certificazione energetica.”
6. Il comma 6 dell’articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“6. Per gli interventi previsti
negli articoli 4 e 5 devono essere rispettate le seguenti modalità:
a) per gli interventi
straordinari di ampliamento di cui all'articolo 4, le superfici, per le quali,
alla data di entrata in vigore della presente legge, è stata rilasciata o
richiesta la sanatoria edilizia straordinaria prevista nella legge 28 febbraio
1985, n. 47 (Norme in materia di controllo dell'attività urbanistico-edilizia,
sanzioni, recupero e sanatoria delle opere edilizie) nonché nella legge 23
dicembre 1994, n. 724 (Misure di razionalizzazione della finanza pubblica) e
nel decreto legge 30 settembre 2003, n. 269 (Disposizioni urgenti per favorire
lo sviluppo e per la correzione dell'andamento dei conti pubblici), convertito
con modificazioni dalla legge 24 novembre 2003 n. 326, sono computabili ai fini
della determinazione della superficie e volumetria complessiva esistente, anche
nel caso di edifici interamente abusivi. In ogni caso la sanatoria edilizia
deve essere rilasciata prima che venga presentata la SCIA o il permesso di
costruire per accedere alle agevolazioni della presente legge;
b) per gli interventi
straordinari di demolizione e ricostruzione di cui all'articolo 5 i volumi
legittimamente realizzati e le volumetrie, per le quali, alla data di entrata
in vigore della presente legge, sia stata rilasciata la sanatoria edilizia
straordinaria prevista nella legge n. 47/1985 nonché nella legge n. 724/1994 e
nel decreto legge n. 269/2003, convertito con modificazioni dalla legge n.
326/2003, sono computabili ai fini della determinazione della volumetria
complessiva esistente, anche nel caso di edifici interamente abusivi. In ogni
caso la sanatoria edilizia deve essere rilasciata prima che venga presentata la
SCIA o il permesso di costruire per accedere alle agevolazioni della presente
legge;
c) per la costruzione,
ricostruzione, ristrutturazione, completamento ed ampliamento degli edifici, a
qualunque titolo consentita, al fine di migliorare la qualità generale,
tecnologica e migliorare l'efficienza e la prestazionalità energetica degli
edifici, nuovi o esistenti, non si computano, ai fini del calcolo del volume,
delle distanze tra gli edifici, dalle strade e dai confini, nonché delle
altezze degli edifici, i maggiori spessori delle murature perimetrali e di
tompagno oltre i 30 cm, dei solai oltre i 20 cm, le serre solari, i camini, i
cavedi impiantistici, le centrali idriche, termiche, frigorifere e tecnologiche
in generale, i vani scala ed ascensori degli edifici mono e plurifamiliari al
lordo delle murature perimetrali, i quali saranno rubricati come
"miglioramenti tecnologici" ai sensi dell'articolo 49, comma 1,
lettere a) e b), della legge regionale n. 19/2002 e successive modifiche ed
integrazioni, come tali recepiti nell'ambito dei Regolamenti Edilizi ed
Urbanistici comunali;
d) per gli interventi di cui
agli articoli 4 e 5, sono fatti salvi il rispetto delle dotazioni minime degli
spazi da destinare a parcheggi, in conformità alle prescrizioni della legge 17
agosto 1942, n. 1150 s.m.i, nonché i vincoli di natura reale ed inderogabile
che impediscono la variazione di destinazione d’uso dei volumi destinati a
parcheggi ai sensi dell’articolo 9 della legge 122/89. Nell’ambito delle
variazioni delle destinazioni d’uso di vani destinati a garage è comunque
prescritto l’obbligo di individuare all’interno delle pertinenze dell’edificio
idonei spazi con la medesima finalità in conformità alla normativa vigente,
nonché ai parametri definiti nei REU.”
7. Il comma 7 dell’articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“7. Per gli edifici e loro
frazionamento, sui quali sia stato realizzato l'aumento ai sensi della presente
legge, non può essere modificata la destinazione d'uso se non sono decorsi
almeno cinque anni dalla comunicazione di ultimazione dei lavori.”
8. Il comma 8 dell’articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“8. I Comuni, con deliberazione
del Consiglio comunale da adottare entro il termine di sessanta giorni, a pena
di decadenza, dalla entrata in vigore della presente legge, possono disporre,
motivatamente:
a) l'esclusione di parti del
territorio comunale o di singoli ambiti o immobili dall'applicazione della
presente legge in ragione di particolari qualità di carattere storico,
culturale, artistico, architettonico, morfologico, paesaggistico o per motivi
di funzionalità urbanistica;
b) la perimetrazione di ambiti
territoriali nei quali gli interventi previsti dalla presente legge possono
essere subordinati a specifiche limitazioni o prescrizioni, quali, a titolo
meramente esemplificativo, particolari limiti di altezza, distanze tra
costruzioni, arretramenti dal filo stradale, ampliamenti dei marciapiedi, ecc.;
c) la definizione di parti del
territorio comunale nelle quali per gli interventi previsti negli articoli 4 e
5 della presente legge possono prevedersi altezze massime e distanze minime
diverse da quelle prescritte dagli strumenti urbanistici vigenti.”
9. Il comma 9 dell’articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“9. I Comuni, entro centottanta
giorni dalla entrata in vigore della presente legge, hanno la facoltà di
approvare Piani Particolareggiati di recupero del centro storico, nell'ambito
dei quali prevedere eventuali interventi di ampliamento, demolizione e
ricostruzione, sostituzione edilizia e razionalizzazione del patrimonio
edilizio esistente.”
10. Il comma 10 dell’articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“10. Fermi restando i nulla
osta, le autorizzazioni ed ogni altro atto di assenso comunque denominato
previsti dalla normativa statale e regionale vigente, da allegare alla domanda,
tutti gli interventi previsti dagli articoli 4 e 5, fatta eccezione degli
interventi di ampliamento su edifici plurifamiliari e condomini, sono
realizzabili mediante SCIA, ai sensi dell'articolo 22 del Testo unico delle
disposizioni legislative e regolamentari in materia edilizia emanato con d.p.r.
380/2001, come sostituito dall'articolo 1 del decreto legislativo 27 dicembre
2002, n. 301, o, in alternativa, mediante permesso di costruire, fermo restando
quanto dovuto a titolo di oneri concessori ai sensi della normativa vigente. Il
Comune è tenuto ad acquisire tramite conferenza dei servizi, da convocare
obbligatoriamente entro i termini stabiliti dalle norme vigenti, i pareri o le
autorizzazioni obbligatorie mancanti.”
11. Il comma 11 dell’articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“11. Ai fini della
corresponsione degli oneri concessori previsti nel comma 10 i Comuni possono,
con apposita deliberazione, applicare una riduzione limitatamente al costo di
costruzione, fino ad un massimo del 30 per cento. Se gli interventi di
ampliamento o demolizione e ricostruzione afferiscono alla prima casa, i Comuni
hanno facoltà di consentire una riduzione del costo di costruzione fino all’80
per cento e degli oneri di urbanizzazione primaria e secondaria fino al 30 per
cento. Il costo di costruzione per gli interventi di ampliamento o di
demolizione e ricostruzione è commisurato esclusivamente all'incremento di
superficie o di volume realizzato”.
12. Il comma 12 dell’articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“12. L'istanza per eseguire
interventi in conformità alla presenti disposizioni può essere presentata a
partire dal sessantesimo giorno dall' approvazione della legge ed entro il
termine del 31 dicembre 2014. Il regime sanzionatorio del procedimento avviato
con SCIA è disciplinato dalla vigente normativa nazionale e regionale”.
13. Il comma 13 dell’articolo 6
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“13. Alla documentazione
prevista per l'avvio formale degli interventi previsti negli articoli 4 e 5, è
necessario allegare una relazione asseverata attestante la conformità delle
opere da realizzare alle disposizioni della presente legge”.
14. Dopo il comma 13 dell’articolo
6 della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è aggiunto il seguente:
“14. Le superfici ed i volumi
correlati agli ampliamenti previsti all’articolo 4, comma 1, non si sommano con
quelli eventualmente consentiti da altre norme vigenti e dagli indici di
fabbricabilità degli strumenti urbanistici comunali, salvo i casi in cui si
possa certificare l'ultimazione, all'entrata in vigore della presente legge,
dei lavori correlati all'utilizzazione dei citati indici di fabbricabilità”.
Art. 7
(Modifiche all' articolo 7 della legge regionale 11
agosto 2010, n. 21)
1. Il comma 4 dell'articolo 7
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“4. Al fine di consentire il
monitoraggio degli interventi realizzati, è obbligatoria per tutti i soggetti
pubblici e privati interessati alla realizzazione degli interventi previsti
dalla presente legge, una comunicazione da inoltrare alla Regione Calabria
presso il dipartimento competente in materia di politiche della casa. La
trasmissione della comunicazione deve essere attestata dall'ufficio comunale
ricevente insieme alla documentazione allegata alla SCIA o al permesso di
costruire. Nello specifico deve essere compilata una scheda predisposta
dall'UOA competente e resa disponibile e scaricabile dal sito della Regione
Calabria, contenente le informazioni più significative dell'intervento
proposto”.
Art. 8
(Interventi finalizzati al reperimento di aree per
l’edilizia sociale)
1. Dopo l’articolo 8 della legge
regionale 11 agosto 2010, n. 21 è inserito il seguente:
“Art. 8 bis
(Interventi finalizzati al reperimento di aree per
l’edilizia sociale)
1. Al fine di soddisfare il
fabbisogno di alloggi sociali, i comuni con deliberazione di Consiglio
comunale, possono approvare programmi costruttivi per l’edilizia sociale
attraverso il reperimento di aree nell’ambito dei piani e programmi attuativi
di iniziativa pubblica o privata, ancorché decaduti, con esclusione dei piani
per gli insediamenti produttivi, collocate:
a) all’interno delle aree con
destinazioni non specificamente residenziali ma strettamente connesse con le
residenze, per come definite dall’articolo 3 comma 2 d.m. 1444/1968,
limitatamente alla volumetria prevista dal piano attuativo;
b) nelle aree destinate a
standard urbanistici eccedenti il minimo previsto dalla normativa esistente, a
condizione che la nuova volumetria residenziale mantenga la dotazione delle
aree residue a standard urbanistici al di sopra della minima prevista dalla
legge”.
Art. 9
(Modifiche all'articolo 37 bis della legge regionale
16 aprile 2002 n. 19
Introdotto dall’articolo 9 della legge regionale 11
agosto 2010, n. 21)
1. Il comma 1 dell'articolo 37
bis della legge regionale 16 aprile 2002 n. 19, introdotto dall’articolo 9
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21, è sostituito dal seguente:
“1. I Comuni, anche su proposta
di operatori privati, possono individuare edifici, anche con destinazione non
residenziale, legittimamente realizzati o per i quali sia stata rilasciata
sanatoria edilizia, da riqualificare in quanto contrastanti per dimensione,
tipologia o localizzazione, con il contesto paesaggistico, urbanistico e
architettonico circostante nonché con le misure di salvaguardia per la
riduzione del rischio idrogeologico. A tal fine i comuni approvano programmi di
recupero che prevedono il rifacimento delle relative volumetrie mediante
interventi di demolizione e ricostruzione nella stessa area o, qualora
concordato fra entrambe le parti interessate (Comune e proprietario), in aree
diverse, purché dotate di opere di urbanizzazioni primarie e di servizi a rete
essenziali, individuate anche attraverso meccanismi perequativi”.
2. Il comma 2 dell'articolo 37
bis della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19 introdotto dall’articolo 9
della legge regionale 11 agosto 2010, n. 21 è sostituito dal seguente:
“2. Per incentivare gli
interventi previsti nel comma 1, il programma di recupero e delocalizzazione
può prevedere, come misura premiale, il riconoscimento di una volumetria
supplementare nel limite massimo del trenta per cento di quella preesistente o
riconosciuta dallo strumento urbanistico comunale vigente, purché sussistano le
seguenti condizioni:
a) l'edificio da demolire o
riqualificare deve essere collocato all'interno delle zone o degli ambiti
territoriali elencati nel comma 4 del presente articolo. La demolizione non
deve interessare gli immobili elencati al comma 5 del presente articolo per cui
è prevista solo la riqualificazione;
b) l'interessato si impegna,
previa stipula di apposita convenzione con il Comune, alla demolizione
dell'edificio e, ove concordato, al ripristino ambientale delle aree di sedime
e di pertinenza dell'edificio demolito, con cessione ove il Comune lo ritenga
opportuno;
c) con la convenzione deve
essere costituito sulle medesime aree, ove prevista la delocalizzazione, un
vincolo di inedificabilità assoluta che, a cura e spese dell'interessato deve
essere registrato e trascritto nei registri immobiliari;
d) la ricostruzione, in caso di
delocalizzazione, deve avvenire precedentemente alla demolizione, se l’edificio
ha destinazione d’uso prevalente residenziale o diverso purché sussista la
necessità di continuità d’uso, e al ripristino ambientale di cui alla lettera
b), in area o aree, ubicate al di fuori delle zone o degli ambiti territoriali
elencati nel comma 4 che devono essere puntualmente indicate nella convenzione
stipulata tra il Comune e l'interessato;
e) la ricostruzione, in caso di
delocalizzazione, può avvenire in aree diverse purché dotate di opere di
urbanizzazione primarie e di servizi a rete essenziali;
f) la destinazione d'uso
dell'immobile ricostruito deve essere omogenea a quella dell'edificio demolito.
Sono consentiti interventi di sostituzione edilizia con ampliamento della
volumetria esistente in conformità al comma 3) dell'articolo 8, anche con
cambiamento di destinazione d'uso, che prevedono la realizzazione di una quota
non inferiore al settanta per cento destinata ad edilizia residenziale sociale;
g) la ricostruzione deve essere
realizzata secondo i criteri di cui all'articolo 5, comma 5, lettere a), b), c)
e d). Gli interventi devono essere realizzati da una impresa con iscrizione
anche alla Cassa edile comprovata da un regolare DURC. In mancanza di detti
requisiti non è certificata l'agibilità, ai sensi dell'articolo 25 del d.p.r.
380/2000, dell'intervento realizzato.
3. Dopo il comma 3 dell’articolo
37 bis della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19, introdotto
dall’articolo 9 della legge regionale n. 21 dell’11 agosto 2010 è
aggiunto il seguente comma:
“3 bis). Per gli interventi di
cui al comma 1 del medesimo articolo nel rispetto dei requisiti e delle
procedure di cui al comma 2 del medesimo articolo, il limite massimo della
misura premiale è elevato al 50 per cento della volumetria preesistente o
prevista dallo strumento urbanistico comunale vigente se l'intervento di
demolizione e ricostruzione o delocalizzazione, è finalizzato alla costruzione
di edifici destinati, per una quota non inferiore al 70 per cento della loro
volumetria, a edilizia residenziale sociale”.
4. La lettera d) del comma 4
dell’articolo 37 bis della legge regionale 16 aprile 2002, n. 19, introdotto
dall’articolo 9 della legge regionale n. 21 dell’11 agosto 2010, è così
sostituita:
“d) negli ambiti dichiarati ad
alta pericolosità idraulica e ad elevata o molto elevata pericolosità
geomorfologica (o ad essi assimilabili) dai piani stralcio di bacino previsti
nel d.lgs. 3 aprile 2006, n. 152 (Norme in materia ambientale) o dagli studi
geologici allegati agli strumenti di pianificazione territoriale ed urbanistica
e nelle aree ricadenti tra quelle inserite nel “Piano Generale per la Difesa
del Suolo” (o.p.c.m. 3741/2009) e come tali oggetto di proposta di
riclassificazione a rischio elevato o molto elevato;”.
Art. 10
(Integrazione della legge regionale 11 agosto 2010,
n. 21)
1. Dopo l’articolo 9 della legge
regionale 11 agosto 2010, n. 21 sono inseriti i seguenti articoli:
“Art. 9 bis
(Approvazione dei piani attuativi in conformità alla
legge 12 luglio 2011 n. 106)
1. In attuazione della lettera
b) del comma 13 dell’articolo 5 del decreto legge 13 maggio 2011, n. 70,
convertito con modificazioni dalla legge 12 luglio 2011 n. 106, i piani
attuativi, come denominati dalla legislazione regionale, conformi allo
strumento urbanistico generale vigente, sono approvati dalla Giunta comunale.
Art. 9 ter
(Disciplina transitoria)
1. Tutti i soggetti titolari di
progetti che alla data di entrata in vigore della presente legge di modifica
sono in corso di istruttoria da parte delle amministrazioni competenti possono,
con semplice istanza, chiedere che detti progetti vengano riesaminati ai sensi
della presente legge. Anche i soggetti titolari di progetti già approvati,
purché non abbiano avviato l’intervento, possono usufruire dei benefici della
presente legge presentando un nuovo progetto”.
Art. 11
(Norma transitoria)
1. Con l'entrata in vigore della
presente legge non trovano applicazione le deliberazioni già adottate dai
Comuni ai sensi del comma 8 dell'articolo 6 della legge regionale 11 Agosto
2010, n. 21.
Art. 12
(Entrata in vigore)
1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della
sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
“Il Consiglio regionale
premesso che
sono ormai ripetute le intimidazioni perpetrate nei confronti del sacerdote Don Ennio Stamile, parroco della Chiesa di San Benedetto di Cetraro, in provincia di Cosenza;
gli episodi criminosi in questione che sono stati rivolti ad un rappresentante della chiesa cattolica creano enorme allarme sociale tra la comunità civica della cittadina cosentina e del suo circondario;
in anni passati, la cittadina di Cetraro è stata teatro di eventi criminosi che hanno sconvolto la tranquillità dei suoi abitanti e che, allo stesso tempo, hanno creato una coscienza civica volta al contrasto della criminalità organizzata;
alcune notti orsono, la chiesetta di San Bruno nel Comune di Sorianello, in provincia di Vibo Valentia, è stata oggetto di un atto vandalico incendiario che ha danneggiato irrimediabilmente un sito storico religioso molto caro ai fedeli dell’intera area delle Serre;
il Comune di Sorianello è stato ripetutamente interessato da atti criminosi che hanno sconvolto la tranquillità della sua popolazione;
Impegna
il Governo regionale ed il Presidente della Giunta regionale ad attivarsi presso i competenti organi di sicurezza affinché sia garantita adeguata tutela a don Ennio Stamile, parroco della chiesa di San Benedetto di Cetraro;
ad attivare un intervento straordinario affinché la chiesa di San Bruno, nel Comune di Sorianello, venga restituita al culto dei fedeli dopo adeguati lavori di ripristino.”
“Il Consiglio regionale
premesso che
il Consiglio di Primavera dell’U.E. ha
deciso di avviare un'azione unilaterale che porti entro il 2020 ad un taglio
delle emissioni comunitarie del 20% rispetto al 1990, ad una quota di
produzione di energia primaria da fonti rinnovabili del 20%, una riduzione
della domanda di energia del 20% ed una sostituzione almeno del 10% dei
carburanti tradizionali con prodotto di origine vegetale;
la valorizzazione del solare
termodinamico può garantire lo sviluppo e l'attuazione di politiche di difesa
del territorio, dell'ambiente e di sostegno all'occupazione; che la Regione
Calabria ha approvato con Deliberazione del Consiglio regionale n. 315 del 14
febbraio 2005 il Piano Energetico Ambientale Regionale (PEAR) in cui riveste
particolare importanza lo sviluppo delle energie rinnovabili;
la Calabria è una delle regioni
italiane con maggiore disponibilità di energie mediante lo sfruttamento
indiretto dell'energia solare; che per tali ragioni risulta possibile ed
opportuna l'introduzione in Calabria di tecnologie pulite ad emissioni quasi
zero;
la Regione Calabria ha le potenzialità
per diventare ponte verso le nazioni che si affacciano sul mediterraneo in cui
è possibile prevedere, a breve, lo sviluppo delle fonti alternative di energia
di origine solare;
il 30 aprile 2008 è stato pubblicato
sulla Gazzetta Ufficiale il decreto del Ministro dello Sviluppo Economico, di
concerto con il Ministro dell'Ambiente, "Criteri e modalità per
incentivare la produzione di energia elettrica da fonte solare mediante cicli
termodinamici" che prevede incentivi al solare termodinamico in Italia;
con Decreto Prot. DSN2007/0031654, è
stata istituita presso il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del Territorio
e del Mare una Task Force con il compito di dare impulso all'attività di
ricerca e sviluppo industriale nel settore delle energie rinnovabili allo scopo
di incentivare la diffusione della tecnologia del solare termodinamico a
concentrazione e potenziare la presenza strategica nel Paese di tale risorsa;
sono stati stipulati quattro
Protocolli d'Intesa tra il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del
Territorio e del Mare e le Regioni Calabria, Lazio, Puglia e Sardegna con
l'obiettivo di attuare dei progetti pilota per la produzione di energia
elettrica utilizzando la componente termica dell'energia solare;
con Deliberazione della Giunta
regionale n. 423/07, il Presidente della Giunta regionale è stato autorizzato a
stipulare un Protocollo d'Intesa con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare;
in particolare, il Protocollo d'Intesa
tra il Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio e del mare e la
Regione Calabria, stipulato in data 03/12/2007, ha previsto, tra le altre cose,
l'attuazione di un progetto pilota per la produzione di energia elettrica da
fonte solare mediante cicli termodinamici nonché il reperimento delle risorse
finanziarie necessarie alla realizzazione delle attività individuate;
il Comitato Tecnico Scientifico
previsto dal succitato Protocollo d'Intesa ha elaborato l'ipotesi di un
impianto pilota da ubicarsi nella Provincia di Crotone;
con Deliberazione n. 347 del 5 maggio
2008, la Giunta regionale ha impegnato il Presidente della Regione Calabria a
stipulare un Accordo di programma con il Ministero dell'Ambiente e della Tutela
del Territorio e del Mare (successivamente sottoscritto in data 6 maggio 2008)
nonché a cofinanziare il suddetto impianto pilota;
tra gli obiettivi operativi del POR
Calabria FESR 2007/2013 Asse 2 Energia -Energie rinnovabili e risparmio
energetico -Obiettivo Operativo 2.1.1. - vi è quello di diversificare le fonti
energetiche ed aumentare l'energia da fonti rinnovabili;
il Piano Energetico Ambientale della
Regione Calabria, approvato con Delibera del Consiglio regionale n. 315 del 14
febbraio 2005, ha individuato l'area provinciale di Crotone quale
"distretto energetico regionale per la ricerca scientifica e
tecnologica";
con Decreto n. 14225 del 14/10/2010 è
stato approvato l'avviso pubblico per la costituzione e l'ampliamento dei Poli
Innovazione Regionale;
i Poli di Innovazione sono raggruppamenti
d'imprese indipendenti (start-up innovatrici, piccole, medie e grandi imprese)
e di Organismi di Ricerca attivi in un particolare settore o territorio che
operano per stimolare ed avviare processi d'innovazione attraverso
l'interazione intensiva tra le imprese e tra queste e gli Organismi di ricerca,
l'utilizzo in comune di installazioni (infrastrutture e attrezzature) per le
attività di ricerca scientifica ed innovazione tecnologica, lo scambio di
esperienze e conoscenze, il trasferimento di tecnologie, la messa in rete e la
diffusione delle informazioni tra le imprese che costituiscono il Polo; che le
centrali termodinamiche solari sfruttano un'energia pulita (il processo di
produzione non dà scorie), rinnovabile e, di fatto, illimitata; che sono prive
di impatto ambientale durante il funzionamento e, dopo la dismissione, non sono
lesive del benessere dell'uomo né del suo habitat;
la tecnologia solare termodinamica a
concentrazione è quella che più di ogni altra tecnologia di produzione di
energia elettrica da fonti rinnovabili è innovativa e pertanto presenta
prospettive di sviluppo suscettibili di economie di scala legate al
miglioramento ed alla diffusione dei processi di produzione e di impianto;
la valorizzazione del solare
termodinamico a concentrazione rappresenta una modalità irrinunciabile per lo
sviluppo di un territorio, come l'area crotonese, che versa in una condizione
economico-sociale al limite della drammaticità, per cui appare opportuno
agevolare ogni iniziativa tesa al recupero di una sua vitalità economica;
questa prospettiva di rilancio può attuarsi implementando la realizzazione
della prima centrale termodinamica calabrese con l'istituzione di un Polo
Tecnologico perfezionato da un Centro di Ricerca legato all'Università della
Calabria che schiuda stimolanti scenari di filiera tecnologica interessata alla
ricerca ed alla formazione, alla produzione ed alla installazione di
componentistica e di impianto; il crotonese acquisirebbe un know how innovativo che lo rende regge
leader nel settore;
il 15 luglio 2010 è stata inaugurata
dall'ENEL, a Priolo Gargallo in provincia di Siracusa, la prima centrale
termodinamica solare italiana (Progetto Archimede);
impegna
la Giunta regionale a incalzare il
Governo nazionale a dare corso agli impegni a suo tempo assunti con la Regione
Calabria e, comunque, ad adottare ogni iniziativa volta a promuovere la
produzione di energia elettrica da fonte solare mediante cicli termodinamici
provvedendo a commissionare, in tempi brevi, uno studio di fattibilità necessario
alla realizzazione della centrale solare a ciclo termodinamico nel territorio
della provincia di Crotone”.
“Il Consiglio regionale
premesso che
la Riforma Gelmini ha completamente
riorganizzato, dopo 11 anni, la Scuola Secondaria Superiore di Secondo Grado
per offrire un panorama più chiaro per le scelte delle famiglie:
6 Licei di competenza statale;
Istituti Tecnici suddivisi in 2
settori con 11 indirizzi di competenza statale;
Istituti Professionali suddivisi in 2
settori e 6 indirizzi di competenza statale;
Istruzione e Formazione Professionale
di competenza regionale (IeFP), con un ordinamento di rilievo nazionale che
prevede qualifiche triennali e diplomi quadriennali già definiti a livello
nazionale;
il 21 dicembre 2011 è stato pubblicato
nella Gazzetta Ufficiale (n. 296 -Supplemento Ordinario n. 269) il decreto interministeriale
MIUR-MLPS dell'11 novembre 2011 per il recepimento dell'Accordo del 27 agosto
2011 con il quale sono stati messi a regime, a partire dal corrente anno
scolastico 2011/2012, dopo la fase di sperimentazione iniziata nella Regione Calabria
nel 2003/2004 (obbligo formativo e poi diritto/dovere), i percorsi
dell'Istruzione e Formazione Professionale di durata triennale e quadriennale
finalizzati, rispettivamente, al conseguimento della qualifica professionale e
del diploma professionale;
per l'offerta formativa di IeFP è
stato fissato il ruolo "ordinario" delle istituzioni formative regionali
(Istituzioni Formative accreditate); che in questi giorni è in corso di
valutazione l'affidamento dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale
per l'anno scolastico/formativo 2011/2012 (in ritardo in quanto avrebbero
dovuto iniziare il 14 settembre) mediante Avviso Pubblico che dovrebbe
prevedere che siano istituiti, salvo incremento finanziario, 30/35 percorsi in
tutta la Calabria;
tale previsione è completamente
insufficiente ad accogliere la domanda dei circa 2500 giovani calabresi; che il
fabbisogno "reale", considerato il fenomeno dell'abbandono
scolastico, sarebbe di almeno 60/70 percorsi ma questo potrebbe, allo stato,
non essere "sostenibile" dal punto di vista finanziario;
è da evidenziare, come sopra detto,
che i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale sono ormai
istituzionalizzati e le Regioni "devono" allocare le risorse
finanziarie necessarie ad integrazione di quanto riconosce il Governo (MIUR e
MINLAVORO);
ogni anno sarebbero necessari circa 15
milioni di euro che, oltre sui fondi ordinari del Bilancio Regionale potrebbero
essere rinvenuti sul POR Asse Capitale Umano quale contrasto alla dispersione
scolastica;
visti: l'articolo 34 della
Costituzione; la legge costituzionale n. 3 del 18 ottobre 200 l,
"Modifiche al Titolo V della parte seconda della Costituzione" e in
particolare gli articoli 117 e 118 che assegnano alle Regioni competenze
esclusive in materia di Istruzione e Formazione Professionale e concorrenti in
materia di Istruzione; lo Statuto della Regione Calabria e in particolare il
punto g) del comma 2 dell'articolo 2 che prevede che la Regione ispira la sua
azione al raggiungimento dell'obiettivo della promozione di un sistema di
istruzione e formazione volto ad assicurare maggiori opportunità personali di
crescita culturale, sociale e civile;
il decreto legislativo 17 ottobre 2005
n. 226: "Norme generali e livelli essenziali delle prestazioni sul secondo
ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione ai sensi della legge 28
marzo 2003 n. 53" e in particolare il Capo III recante "I percorsi di
istruzione e formazione professionale";
l'articolo l, comma 622, della legge
27 dicembre 2006 n. 296 (disposizioni per la formazione del bilancio annuale e
pluriennale dello Stato - legge finanziaria 2007), così come modificato
dall'articolo 4 bis, della legge 6 agosto 2008 n. 133 che stabilisce che
l'obbligo di istruzione si assolve anche nei percorsi di istruzione e
formazione professionale di cui al Capo III, del decreto legislativo 17 ottobre
2005 n. 226; la legge 2 aprile 2007 n. 40: "Conversione in Legge con
modificazioni, del decreto legge 31 gennaio 2007 n. 7, recante misure urgenti
per la tutela dei consumatori la promozione della concorrenza, lo sviluppo di
attività economiche e la nascita di nuove imprese", in particolare
l'articolo 13 sulle Disposizioni urgenti in materia di Istruzione tecnico
professionale e di valorizzazione dell'autonomia scolastica; i DPR 87, 88 e 89
del 15 marzo 2010 sul riordino degli Istituti Professionali e Tecnici e sulla
revisione dell'assetto ordinamentale dei Licei;
il decreto 15 giugno 2010, adottato
dal Ministero dell'Istruzione, Università e Ricerca, di concerto con il Ministero
del Lavoro e delle Politiche sociali, che recepisce l'Accordo sancito in sede
di Conferenza Stato-Regioni e Province Autonome il 29 aprile 2010 riguardante
il primo anno di attuazione 2010-2011 dei percorsi di istruzione e formazione
professionale a norma dell' articolo 27, comma 2, del decreto legislativo 17
ottobre 2006, n. 226; l'Intesa Stato-Regioni del 16 dicembre 2010 con cui sono
state varate le Linee guida per la messa a regime del sistema di le FP con cui
si è confermata la competenza esclusiva delle Regioni per l'erogazione dei
percorsi IeFP da parte delle istituzioni formative regionali accreditate e si
sono definiti gli "organici raccordi" fra i percorsi di IPS, ITS e
IeFP, in applicazione del comma l quinquies dell'articolo 13 della legge 40/2007;
l'Intesa del 27 luglio 2011 tra il
Ministro dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca, il Ministro del
Lavoro e delle Politiche sociali, le Regioni, le Province autonome di Trento e
Bolzano, le Province, i Comuni e le Comunità montane riguardante la definizione
delle aree professionali relative alle figure nazionali dì riferimento dei
percorsi di istruzione e formazione professionale di cui al decreto legislativo
17 ottobre 2005, n. 226;
il decreto interministeriale MIUR-MLPS
dell'11 novembre 2011 per il recepimento dell'Accordo del 27 agosto 2011 con il
quale sono stati definiti gli atti per il passaggio al nuovo ordinamento dei
percorsi triennali e quadriennali di Istruzione e Formazione Professionale
pubblicato il 21 dicembre 2011 nella Gazzetta Ufficiale (n. 296 -Supplemento
Ordinario n. 269);
i due documenti approvati in accordo
tra Regioni e. Stato hanno segnato il passaggio formale dalla fase di
sperimentazione a quella ordinamentale del sistema di Istruzione e Formazione
Professionale, consolidando cosi una offerta formativa importante nel sistema
educativo del nostro Paese;
i documenti sono il frutto di un
lavoro continuativo pluriennale che ha visto impegnate le Regioni e i
Ministeri, all'interno di un tavolo tecnico istituito ad hoc, nella
individuazione, a partire da quanto realizzato nei singoli territori, di quegli
standard minimi di processo e di contenuto in grado di rendere spendibile
l'offerta formativa di IeFP su tutto il territorio nazionale, conferendole pari
dignità delle altre filiere del sistema scolastico/formativo del secondo ciclo;
la Regione Calabria è impegnata a
garantire l'uguaglianza delle opportunità di accesso al sapere, per ognuno e
per tutto l'arco della vita, attraverso il rafforzamento dell'istruzione e
della formazione professionale, anche in integrazione tra loro;
è stata definita la normativa generale
sull'esclusiva competenza delle Regioni nella realizzazione dei percorsi di
Istruzione e Formazione Professionale e sul ruolo "ordinario" delle
istituzioni formative regionali nella costruzione del sistema di IeFP;
il sistema di IeFP, così configurato,
si caratterizza per il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
-
sostenere e garantire l'organicità sul
territorio dell'offerta dei percorsi a carattere professionale del secondo
ciclo del sistema educativo di istruzione e formazione, in rapporto ai
fabbisogni professionali e alle specifiche connotazioni del mercato del lavoro;
-
prevenire
e contrastare la dispersione scolastica e l'abbandono scolastico;
-
facilitare i passaggi tra i sistemi
formativi e il reciproco riconoscimento dei crediti e dei titoli; • offrire la
possibilità ai giovani in possesso di Diploma Professionale di tecnico
(percorsi di quattro anni ancora non disciplinati in Calabria) di accedere
all'Università, all'Alta Formazione Artistica Musicale e Coreutica e agli
Istituti Tecnici Superiori (percorsi ancora non disciplinati in Calabria),
previa frequenza di apposito corso annuale e superamento degli esami di Stato;
-
facilitare e sostenere forme di organizzazione
territoriale dell'offerta del secondo ciclo di istruzione e formazione,
attraverso raccordi tra l'istruzione e l'istruzione e formazione professionale;
-
garantire un efficiente ed efficace utilizzo
delle risorse;
la Regione Calabria ha adottato: la
deliberazione della Giunta n. 529 del 22 luglio 2010 ad oggetto
"Attivazione dei percorsi triennali di istruzione e formazione in
osservanza dell'Accordo in Conferenza Stato Regioni del 29 aprile 2010 Adozione
macrotipologia organizzativa in relazione alla fase transitoria disciplinata
all'articolo 27, comma 2, del decreto legislativo n. 226/05";
la deliberazione della Giunta n. 872
del 29 dicembre 2010 "Approvazione nuovo regolamento per l'Accreditamento
degli Organismi che erogano attività di formazione ed orientamento nella
Regione Calabria" pubblicata sul Bollettino della Regione Calabria n. 5
del 16 marzo 2011 -Parte I e II; la deliberazione della Giunta n. 67 del 28
febbraio 2011 avente ad oggetto "Linee Guida, per la realizzazione dei
percorsi di Istruzione e Formazione Professionale";
la Regione Calabria in conseguenza
degli atti sopra richiamati: ha assunto la competenza, prevista dalla Norma,
dell' Istruzione e Formazione Professionale da attuare attraverso le
Istituzioni Formative accreditate con una funzione sussidiaria, nella fase
transitoria, affidata agli Istituti Professionali Statali;
ha posto in essere regole precise per
l'accreditamento delle Istituzioni Formative;
ha delineato le Linee Guida per la
realizzazione dei percorsi di Istruzione e Formazione Professionale e definito
ulteriori requisiti per le Istituzioni Formative che dovranno realizzare i percorsi
IeFP;
inoltre, la Regione Calabria ha
attivato a novembre 2010, affidandone la gestione alle Istituzioni Formative
accreditate, i percorsi di Istruzione e Formazione Professionale per il
triennio scolastico 2010-2013 che interessano circa 1500 giovani calabresi,
cercando di reperire le risorse finanziarie sul POR 2007-2013;
il Dipartimento per l'Istruzione del
Ministero dell'Istruzione, dell'Università e della Ricerca ha promulgato il 30
dicembre 2010 la circolare 101 per le iscrizioni alle scuole dell'infanzia e
alle scuole di ogni ordine e grado e, quindi, anche per l'istruzione e Formazione
professionale per l'anno scolastico 2011/2012;
le Istituzioni Formative accreditate
nella Regione Calabria hanno realizzato l'azione di orientamento previsto dalla
circolare ministeriale ricevendo oltre 2000 domande di preiscrizione;
la Regione Calabria ha promulgato nel
mese di ottobre 2011 l'Avviso pubblico al fine di realizzare circa 30/35
percorsi, per il triennio 2011-2014, di Istruzione e Formazione Professionale
per l'assolvimento dell'obbligo di istruzione e del Diritto-Dovere
all'istruzione e alla formazione professionale prevedendo di finanziarli
attraverso i contributi riconosciuti dallo Stato e eventuali fondi del POR;
la Direzione Generale per gli
Ordinamenti Scolastici e per l'Autonomia Scolastica del Dipartimento per
l'Istruzione del Ministero dell'Università e della Ricerca ha emesso la
circolare n. 101 riguardante le iscrizioni alle scuole dell'infanzia e alle
scuole di ogni ordine e grado e, quindi, anche per l'Istruzione e Formazione
Professionale per l'anno scolastico 2012/2013;
pertanto, dall'anno scolastico
2011-2012, in forza del decreto interministeriale 11 novembre 2011l, sono messi
a regime i percorsi dell'IeFP di durata triennale e· quadriennale finalizzati,
rispettivamente, al conseguimento della qualifica professionale e del diploma
professionale che devono essere realizzati, in via ordinaria dalle Istituzioni
Formative accreditate dalle Regioni;
entro il 20 febbraio 2012, in forza
della circolare 110 del 29 dicembre 2011, i giovani frequentanti l'ultimo anno
della scuola secondaria di primo grado dovrebbero essere nelle condizioni di
poter scegliere di frequentare uno dei percorsi di IeFP a titolarità regionale;
la Regione Calabria, alla data
odierna, non ha ancora attivato i percorsi di istruzione e Formazione
Professionale per l'anno scolastico 2011-2012 del triennio 2011-2014;
la previsione dell'Avviso pubblico di
percorsi attivabili per l'anno scolastico 2011-.2012 non riesce ad intercettare
la domanda proveniente dalle famiglie e dai giovani calabresi prevalentemente
per la difficoltà di reperire risorse finanziarie;
le Istituzioni Formative accreditate,
nonostante le evidenti difficoltà di relazione, data la mancata attivazione nei
termini dell'anno scolastico 2011-2012 dei percorsi regionali di Istruzione e
Formazione Professionale, stanno realizzando l'orientamento per l'anno
2012-2013;
è valutato necessario e urgente
rendere possibile lo svolgimento della programmazione e dell'attuazione
dell'offerta di Istruzione e Formazione Professionale nella Regione Calabria,
Impegna la Giunta regionale:
a rendere ordinario e disciplinare in
via definitiva il sistema dell'Istruzione e Formazione Professionale con
percorsi di durata triennale e quadriennale finalizzati, rispettivamente, al
conseguimento della qualifica professionale e del diploma professionale da
realizzare, in via ordinaria, dalle Istituzioni Formative accreditate dalla
Regione;
a rendere i percorsi di IeFP paralleli
temporalmente ai percorsi scolastici promulgando per tempo gli Avvisi o
favorendo, come in altre Regioni, la creazione di un'Agenzia Unica sotto forma di
ATS o Consorzio tra le Istituzioni Formative accreditate;
a definire le Linee Guida Regionali
sull'Istruzione e Formazione Professionale adottando, oltre all'ordinamento
didattico, requisiti rigorosi per l'accreditamento delle Istituzioni Formative;
ad individuare i percorsi formativi
strategici per lo sviluppo regionale e per favorire l'occupazione dei giovani
anche fuori dal contesto regionale ad integrazione delle figure professionali
previste negli Accordi Stato-Regioni;
a creare un sistema di orientamento
condiviso tra le centrali regionali (Azienda Calabria Lavoro e FIELD), i Centri
per l'Impiego, la Direzione Scolastica Regionale, le Istituzioni Formative
accreditate e le Parti Sociali;
a richiedere l'incremento dei
finanziamenti previsti dallo Stato e integrarli con quelli del F.S.E. ivi
comprese quote dell'Asse Capitale Umano e finalizzate alla lotta alla
dispersione scolastica al fine di favorire la domanda delle famiglie e dei
giovani calabresi”.
“Il Consiglio regionale
premesso che
l'articolo 23 del D.L n. 201/2011 (Disposizioni
urgenti per la crescita, l'equità e il consolidamento dei conti pubblici), convertito
con modificazioni dalla legge n. 214 del 22/12/2011, dal comma 14 al comma 21,
contiene norme di sostanziale abolizione delle Province;
il comma 14 attribuisce alle Province
funzioni esclusivamente di indirizzo e di coordinamento delle attività dei
Comuni nelle materie e nei limiti indicati con legge statale e regionale
secondo le rispettive competenze;
il comma 15 definisce organi della
Provincia il Presidente ed il Consiglio provinciale;
il comma 16 trasforma il Consiglio
provinciale da organo di elezione diretta ad organo ad elezione indiretta
comporto da 10 componenti eletti dagli organi elettivi dei Comuni;
il comma 17 stabilisce l'elezione del
Presidente da parte del Consiglio rinviando, per le modalità, a successiva
legge statale;
il comma 18 attribuisce allo Stato ed
alle Regioni, secondo le rispettive competenze, il trasferimento ai Comuni,
entro il 31/12/2012, delle funzioni provinciali salvo che, per assicurarne
l'esercizio unitario, le stesse siano acquisite dalle Regioni sulla base dei principi
di sussidiarietà, differenziazione ed adeguatezza. E' previsto l'intervento
sostitutivo da parte dello Stato;
il comma 19 prevede, da parte dello
Stato e delle Regioni, il trasferimento delle relative risorse umane,
finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni trasferite;
il comma 20 stabilisce la decorrenza
dei nuovi organi;
il comma 21 consente ai Comuni
l'istituzione di unioni o organi di raccordo per l'esercizio di specifici
compiti o funzioni amministrative garantendo l'invarianza della spesa;
tali commi, tutti in stretta
connessione tra loro, violano gli articoli 5, 114,117 commi lett. P) 4 e 6,118
e 119 della Costituzione, nonché il principio di leale collaborazione in
relazione all'articolo 8 della legge 05/06/2003 n. 131 recante disposizioni per
l'adeguamento dell'ordinamento della Repubblica alla legge costituzionale
18/10/2001 n. 3;
la Costituzione, confermata sul punto
della riforma del 2001, stabilisce che "la Repubblica è costituita dai
Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane, dalle Regioni e dallo
Stato", prevede che le Province come i Comuni, sono "enti autonomi
con propri statuti, poteri e funzioni secondo i principi fissati dalla
Costituzione", titolari di funzioni amministrative proprie, fra cui
"funzioni fondamentali" stabilite dalla legge dello Stato e altre
conferite dalle leggi statali o regionali, e di "potestà
regolamentare", che hanno "autonomia finanziaria di entrata e di
spesa", "risorse autonome", "tributi ed entrare
propri" oltre a compartecipazioni ai tributi erariali, in misura tale da
"finanziare integralmente le funzioni pubbliche loro attribuite";
è evidente che le Province sono
previste dalla Costituzione come enti di governo locale elettivi, con un
proprio territorio;
si potrebbe cambiare tutto questo? Certo,
ma con una legge di revisione costituzionale, dopo un approfondito esame della
situazione e delle diverse soluzioni possibili. Il decreto Monti fa invece una
operazione surrettizia. Non sopprime formalmente le Province. Ma di fatto
sostanzialmente le svuota della loro natura costituzionale, nel visibilissimo
intento di anticipare una riforma che le abolisca;
esso stabilisce che "spettano
alla Provincia esclusivamente le funzioni di indirizzo e di coordinamento delle
attività dei Comuni nelle materie e nei limiti indicati con la legge statale o
regionale"; che lo Stato e le Regioni provvedano entro il 31 dicembre
prossimo a trasferire ai Comuni o alle Regioni le funzioni conferite alle
Province dalla normativa vigente, e a trasferire del pari le "risorse
umane, finanziarie e strumentali per l'esercizio delle funzioni
trasferite", lasciando alle Province solo il "necessario supporto di
segreteria per l'operatività degli organi" della stessa. In sostanza, il
decreto legge realizza una vera riforma costituzionale, che però esula dalla
competenza del legislatore ordinario.
Si invitano il Presidente della Giunta ed il Presidente del Consiglio a porre la problematica all'attenzione della Conferenza Stato-Regioni per valutare l'opportunità di ricorrere alla Corte Costituzionale affinché sia dichiarata l'illegittimità costituzionale dell'articolo 23 commi da 14 a 21 del D.L. n. 201/2011 cosi come convertito dalla legge n. 214/2011”.