Presidenza del
Presidente Luigi Fedele
La seduta inizia alle
18,34
Franco PILIECI, Segretario
Legge il verbale della seduta precedente.
(E’approvato)
PRESIDENTE
Legge le comunicazioni.
(Sono riportate in allegato)
Franco
PILIECI, Segretario
Legge le interrogazioni e le
mozioni presentate alla Presidenza.
(Sono riportate in allegato)
PRESIDENTE
E’pervenuta risposta
scritta alle seguenti interrogazioni: numero 403 del 13 maggio 2003 a firma del
consigliere Pacenza, numero 431 del
15 luglio 2003 e numero 437 del 16
luglio 2003 a firma del consigliere Tripodi Michelangelo.
(Sono riportate in allegato)
Ha chiesto di parlare sull’ordine dei lavori l’onorevole Tommasi. Ne ha facoltà.
Presidente, in fase di
compilazione dell’ordine del giorno dei lavori della seduta odierna credo ci
sia stata una distrazione. Nella scorsa seduta era stato inserito un ordine del giorno presentato dal
gruppo dei Verdi in merito all’ipotesi di condono edilizio varato o da varare
dal Governo nazionale, non riusciamo a
comprendere perché non figura riportato nell’elenco degli argomenti da trattare
dal momento che riteniamo opportuno che venga discusso in Aula.
E’stata una svista dell’Ufficio, onorevole Tommasi,
quindi le chiediamo scusa. Si può votare per l’inserimento all’ordine del
giorno del documento proposto dell’onorevole Tommasi…
Lo possiamo inserire stasera, ma visto l’elenco…
Alla prossima seduta.
Al primo punto, però, Presidente.
Alla prossima seduta
Il primo punto dell’ordine del
giorno di oggi reca: “Porto di Gioia Tauro – Dibattito”.
Il tema in questione è di
grandissima attualità e importanza; è sotto gli occhi di tutti, risaputo ormai,
che il porto di Gioia Tauro è argomento prioritario intanto per gli interessi
della regione, poi per lo sviluppo non solo di Gioia Tauro e della provincia di
Reggio, ma per tutto il territorio regionale, e non solo.
Negli ultimi mesi si è dibattuto parecchio della questione, ci sono state diverse posizioni, c’è un grande senso di responsabilità e un atteggiamento costruttivo sicuramente anche da parte del sindacato che, tra l’altro, è in Aula stasera e anche poco fa, prima dell’inizio dei lavori, sono stati ricevuti da me i suoi rappresentanti proprio perché la triplice, queste organizzazioni nella loro interezza, hanno posto – come credo tutti noi – l’attenzione sui problemi del porto di Gioia Tauro.
C’è stata su questo tema, alcuni giorni fa, una Conferenza dei capigruppo dove si è dibattuto quasi come se si fosse Consiglio regionale, alla presenza del Presidente Chiaravalloti che ha relazionato su questo argomento.
Iniziando l’esame di questo primo punto all’ordine del giorno vorrei dare la parola proprio al Presidente della Giunta, in modo che possa svolgere la sua relazione e poi, eventualmente, proseguire con il dibattito.
Prego, onorevole Chiaravalloti, se vuole intervenire, ne ha facoltà.
Un saluto ai consiglieri. Li voglio informare che è qui presente il nuovo assessore ai lavori pubblici, ingegnere Grimaldi, che è venuto a rendere ossequio al Consiglio con la sua presenza.
Sul problema di Gioia Tauro c’è stata già una relazione ai capigruppo che ritengo sia stata abbastanza esauriente, per cui credo che la quasi totalità di voi sia informata dello stato della situazione, comunque cercherò di riassumere brevemente quali sono i termini del problema.
Siamo stati invitati, a giugno, in sede di pre-Cipe per esprimere il nostro parere su un progetto che riguardava l’area di Gioia Tauro e su un progetto che avrebbe dovuto essere approvato in sede Cipe, successivamente. Ci siamo trovati di fronte ad una opposizione netta del ministero dell’ambiente, che contestava la mancata procedura per le valutazioni di impatto ambientale e quindi si diceva assolutamente contrario all’approvazione del progetto.
Noi abbiamo preso atto delle obiezioni del ministero dell’ambiente e abbiamo detto che eravamo disposti ad aspettare che si chiarissero gli aspetti eventualmente non chiari del problema, ma che avevamo tutto l’interesse a che il progetto andasse avanti con la massima rapidità possibile.
Abbiamo avuto modo di accertare che il progetto era non solo privo della valutazione di impatto
ambientale, ma vi erano notevoli
lacune riguardanti altri aspetti fondamentali, quali la compatibilità col Piano
urbanistico, che non c’era; gli accertamenti tecnici necessari sull’apertura
della seconda bocca; la scelta dell’impianto di rigassificazione che resta
essenziale per lo sviluppo dell’area.
Allora abbiamo detto che eravamo disponibili ad
approvare il progetto in tutte le sue articolazioni qualora non compromettesse
lo sviluppo futuro del porto, cioè l’eventuale apertura o meno della seconda
bocca, la collocazione del rigassificatore e tutti gli altri problemi che
restavano ancora intatti, il problema delle aree.
Su questa posizione, tenendo presente che il progetto
del porto di Gioia Tauro resta
sempre la pupilla, la perla della nostra azione politica, e che questa
struttura è di un’importanza fondamentale per lo sviluppo della Calabria,
tuttavia, c’è da dire che i soldi devono arrivare ed essere spesi, ma devono
essere spesi bene. Fra l’altro, nel progetto presentato al Cipe non c’era
traccia di finanziamenti o, perlomeno, i finanziamenti erano indicati, ma non
erano indicate le fonti, i capitoli sui quali avrebbero dovuto gravare gli
impianti, c’erano solo 4 milioni e mezzo di Euro, praticamente un’inezia a
fronte delle dimensioni del progetto.
Abbiamo insistito anche su questo punto e, per la verità,
in una seconda interlocuzione che ho avuto direttamente col Governo, il
sottosegretario Gianni Letta, nei giorni
scorsi, si è impegnato a reperire nella Finanziaria fonti di
finanziamento congrui per dare concretezza al progetto stesso.
Siamo a questo punto, abbiamo intanto mandato avanti
tutte le procedure possibili: abbiamo sbloccato la procedura per la costruzione
dell’interporto, che era rimasta anch’essa ferma e che condizionava lo sviluppo
del progetto successivo. A causa di una diatriba sulla proprietà delle aree tra
l’Asi (organo strumentale della Regione) e l’Autorità portuale, il progetto era
rimasto bloccato. L’abbiamo sbloccato attraverso un accordo raggiunto in sede
di amichevole confronto e siamo in fase di costituzione della società per la
gestione dell’interporto, che ha già sbloccato i primi 7 milioni di Euro.
Continua l’interlocuzione col ministero delle
infrastrutture e col ministero dell’ambiente, con l’Autorità portuale e con
l’Asi per il progetto successivo che è tuttora all’esame del Cipe, domani
avremo una riunione in questa direzione e ci auguriamo di andare velocemente.
L’impegno della Regione è di promuovere con la massima
velocità tutte quelle opere e tutte quelle infrastrutture che non condizionino
comunque lo sviluppo futuro del porto, che ci permettono di vedere chiaramente
quello che si deve fare e quello che non si deve fare e di velocizzare
ugualmente tutte le altre procedure, la scelta sui progetti del rigassificatore
che ci risultano presentati al ministero delle infrastrutture,
l’approfondimento tecnico per vedere se si può o meno aprire la seconda bocca
del porto – mi dice l’Autorità portuale che, nel giro massimo di un paio di
mesi, avremo i risultati definitivi delle indagini tecniche che si sono rvolte
– e poi puntare allo sviluppo in tutte le direzioni.
Devo annunciarvi,
inoltre, che vengo da un incontro con l’onorevole Prodi, al quale ho ricordato
il nostro progetto per la zona franca di Gioia Tauro. Ho cercato di impegnarlo
a sostenere il nostro progetto, il Presidente Prodi ha fatto presente le
difficoltà enormi che ci sono in sede europea, perché dopo l’apertura
larghissima che è stata fatta a questo tipo di progetti in una prima fase, la
Comunità europea adesso si sarebbe chiusa e non vuole più dare autorizzazioni.
Ho cercato sommessamente di far rilevare che l’Irlanda ha avuto ben diciassette zone franche concesse, per cui adesso sarebbe troppo comodo dire: “Va beh, chi ha avuto, ha avuto, adesso chiudiamo”! Io credo che una struttura come il porto di Gioia Tauro, con lo sviluppo enorme che ha avuto negli ultimi anni, con le prospettive di sviluppo che ancora ha, col ritorno del Mediterraneo al centro dell’azione politica e dei traffici, abbia le carte in regola per pretendere un riconoscimento anche dall’autorità europea.
Quindi ci siamo mossi in tutte le direzioni e siamo in questa fase. La Regione ha sempre vigilato, continua ad essere vigile e ritiene il progetto per il porto di Gioia Tauro assolutamente prioritario ed estremamente importante per il destino futuro della Calabria, quindi assicura il suo massimo impegno. Quello che alla Regione non interessa assolutamente è la costellazione di piccoli affari che, probabilmente, si intreccia attorno al progetto del porto e le posizioni che si assumono per mera collocazione politica, aprioristiche e non giustificate.
Per quanto riguarda, invece, lo sviluppo portuale, siamo vigili perché questo sviluppo avvenga e in piena correttezza e trasparenza, senza pregiudicare nessuna delle potenzialità che il porto ha e che non vanno soffocate, ma sostenute e incoraggiate.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Tripodi Michelangelo. Ne ha facoltà.
Prendo atto che il Presidente
Chiaravalloti considera strategico e prioritario l’impegno per Gioia Tauro, per il porto, per il futuro di quella
grande infrastruttura
non solo portuale, ma per l’impegno complessivo che
deve essere portato avanti per sostenere tutte
le altre iniziative, le altre attività,
l’interporto, le aree industriali, la questione
della zona franca di cui ha parlato. Certamente, debbo dire che di questo carattere
strategico e prioritario non si
trova traccia nei suoi tre anni di governo della Regione, perché c’è un
problema sotto questo aspetto: le affermazioni,
pure importanti – di cui personalmente prendo atto – debbono essere poi tradotte in
attività di governo, in scelte, in strategie, in politiche.
La Regione,
in questi tre anni e mezzo, dall’inizio della legislatura, e parliamo dell’anno 2000, non ha
varato nessun progetto, anzi abbiamo sentito e abbiamo letto sulla stampa – non
ne ha parlato adesso il Presidente Chiaravalloti – che qualche settimana fa che il Presidente ha annunciato
che su Gioia Tauro c’è l’intenzione di presentare un “progetto gioiello”. Non conosciamo i termini e i contenuti
di questo “progetto gioiello” della Regione, vorremmo capire quali sono le strategie vere che riguardano lo
sviluppo di Gioia Tauro, siamo qui a prendere atto che sono stati
presentati dei progetti non dalla Regione e apprendiamo che la Regione, a un
certo punto dopo l’opposizione del ministero dell’ambiente per la mancata
valutazione di impatto ambientale, ha ritenuto – perché la Regione ha parte
fondamentale e deve dare un assenso su quei progetti – di porre un veto e di
bloccare l’approvazione di quei progetti.
Allora, intanto la domanda che noi poniamo è il tema
della discussione di questa seduta di Consiglio regionale che è stata preceduta
da assemblee, iniziative, da una forte sollecitazione in queste settimane da
parte delle organizzazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil, c’è stata addirittura anche
un’ora di sciopero, simbolica ma significativa, al porto di Gioia Tauro per rappresentare una condizione di
emergenza, perché sicuramente se Gioia Tauro rappresenta una grande carta, una
grande occasione per il futuro di questa regione, questo futuro va costruito e
oggi siamo nella condizione nella quale c’è da fare una scelta, il convegno
delle organizzazioni sindacali aveva per tema, che è anche quello della nostra
discussione: “Gioia Tauro al bivio: declino o sviluppo?”.
Rispetto a questo, sulla base di sollecitazioni e
richieste diverse, il Consiglio regionale che è chiamato stasera a fare questa
discussione e che ha ascoltato l’informativa, la relazione del Presidente
Chiaravalloti, secondo me dovrà concludere la seduta con una presa di posizione il più possibile
condivisa, approvata da tutte le componenti del Consiglio regionale, ma dovrà
assumere scelte precise, dovrà dare indicazioni, dovrà anche – a mio avviso –
impegnare la Giunta regionale.
Tenendo conto del fatto che sicuramente noi non siamo
perché vengano approvati i progetti che hanno, in qualche misura, a che fare
con l’impianto di rigassificazione o con la questione della seconda
imboccatura, se non si faranno le verifiche, se non si fa la valutazione di
impatto ambientale, vogliamo sapere se rispetto ai progetti che sono fermi al
Cipe, verrà assunto un impegno concreto, o non si decidano le compatibilità di
questi interventi rispetto al territorio, rispetto ai traffici e alle
potenzialità di sviluppo del porto e dell’area complessiva, che non sono legati
a caratteri infrastrutturali e che riguardano opere necessarie, non più
rinviabili e che anzi sono attese da tanto e troppo tempo per quell’area e
sicuramente vanno finanziati, appaltati e realizzati
Allora il problema è che sicuramente la Regione deve
assumere un atteggiamento di grande responsabilità, al di là delle parole e
delle dichiarazioni di circostanza che derivano anche dalla sede e
dall’occasione che si è data. Noi abbiamo il problema di capire cosa si vuole
fare.
Si dice: “Lavoriamo per il completamento e la
realizzazione dell’interporto attraverso la costituzione della società di
gestione”. Io, però, voglio ricordare a quest’Aula che la società di gestione,
per quanto riguarda l’interporto di Gioia Tauro, era stata già costituita,
esiste un verbale di intesa istituzionale firmato dal Presidente Chiaravalloti
e dagli altri soggetti che è datato 17 febbraio 2003. In quella occasione si
decideva, per la gestione dell’interporto, di andare alla costituzione di una
società che prevedeva la presenza dell’ente strumentale della Regione, cioè il
Consorzio per lo sviluppo industriale della provincia di Reggio Calabria,
dell’amministrazione di Reggio Calabria, della Camera di commercio, dell’associazione
degli industriali della provincia di Reggio Calabria, nonché dei Comuni
interessati alla localizzazione dell’interporto.
Ebbene, il 7
ottobre, cioè otto mesi dopo, si riconvoca lo stesso tavolo con più o meno gli
stessi soggetti e viene stipulata un’altra intesa istituzionale che cambia i
soggetti – e quindi c’è già un primo problema e una prima domanda, ribadisco la
richiesta che ho già fatto al Presidente Chiaravalloti nella Conferenza dei
capigruppo –, in questo verbale di intesa istituzionale vengono cancellati
l’amministrazione provinciale di Reggio Calabria, la Camera di commercio, i
Comuni, gli enti locali, il territorio, i rappresentanti delle popolazioni di
quell’area ed in questa società di gestione si lascia l’Asi di Reggio Calabria
e l’Autorità portuale, perché questi sono i soggetti che vengono invitati,
rinviando ad un’altra fase l’eventuale allargamento della composizione
societaria.
Allora, vorremmo capire quali sono le ragioni per cui
da febbraio a ottobre sono cambiate le carte in tavola su questa questione, qual è stato, da questo punto di vista, l’atteggiamento
dell’Autorità portuale, perché non è andato avanti
il verbale d’intesa sull’interporto del 17 febbraio del 2003 e perché, oggi, si cambia totalmente, vengono cancellati i rappresentanti delle espressioni locali, mi riferisco soprattutto ai Comuni, la Provincia di Reggio Calabria e la Camera di commercio. E
questo è un primo problema.
Il Presidente Chiaravalloti dice che
sono stati sbloccati 7 milioni di Euro. Allora
dovremmo sapere perché questi 7 milioni di Euro vengono sbloccati oggi e non sono stati sbloccati dall’intesa
istituzionale del febbraio 2003, vogliamo
saperlo, perché il Consiglio regionale ne ha diritto, visto che ci sono due atti successivi
con le stesse firme che cambiano la struttura societaria, sicuramente questo è
un tema che merita la chiarezza necessaria in un quadro di trasparenza.
Giustamente, il Presidente Chiaravalloti ha detto “noi siamo contro gli affari,
contro quelli che vogliono mettere le mani sul porto di
Gioia Tauro” e se questa è un’affermazione vera, noi siamo certamente
impegnati a batterci contro coloro i quali vorrebbero utilizzare gli
investimenti e tutto quello che si muove nella vicenda, nella realtà di Gioia
Tauro per trarre benefici
per gruppi di affari, per interessi particolari, per determinare situazioni di affermazioni di potere.
Ma dentro questo, certamente noi sappiamo che lì è
scoppiata, ed è noto, una grande polemica all’interno del centro-destra per
quanto riguarda non solo la vicenda dell’interporto, ma anche la questione
dell’impianto di rigassificazione, perché sappiamo – lo leggiamo dai giornali,
dalle dichiarazioni di esponenti politici anche nazionali del centro-destra –
che ci sono cordate che spingono verso l’una o l’altra delle soluzioni che
vengono ipotizzate: da una parte, l’ipotesi Sensi di cui si parla, dall’altra
l’ipotesi Falk che viene caldeggiata da altri, dall’altra ancora, addirittura,
spunta ora un’ipotesi francese.
Quindi, quando abbiamo fatto un’affermazione che può
essere anche uno slogan, ma che racchiude una posizione politica, quando
diciamo che non siamo né con Guacci, che sarebbe il Presidente dell’Autorità
portuale, ma non siamo neppure con Chiaravalloti, siamo per difendere gli
interessi veri, puliti del porto di
Gioia Tauro e delle aree industriali, gli interessi che portano a vedere come
si va a finanziare e a realizzare il completamento dell’interporto, a
realizzare gli obiettivi della zona franca, su cui per anni abbiamo letto ogni
due-tre mesi gli annunci sui giornali, nessun passo in avanti è stato fatto e
ogni tanto vediamo che il Presidente dell’Autorità portuale ogni due-tre mesi
annuncia che c’è la zona franca oppure l’annuncia il Presidente Chiaravalloti,
salvo poi essere smentiti subito dopo dalle dichiarazioni ufficiali dei
responsabili delle autorità competenti.
Rispetto a questo, è ora di
finirla e credo che stasera il Consiglio regionale abbia una grande
responsabilità, quella di lanciare un segnale forte di chi, in qualche modo,
assume e dà un’indicazione di fondo su quella che deve essere la politica per
lo sviluppo di questa regione, che non può che passare da Gioia Tauro.
Proprio oggi, anche
nell’occasione della presenza del Presidente della Commissione europea a
Cosenza, il tema di Gioia Tauro è stato centrale, ma non può che essere così:
Gioia Tauro è uno dei pochissimi, se non il più importante punto di eccellenza
che la Calabria può presentare come cartolina-immagine sul terreno dello
sviluppo all’esterno e sicuramente noi abbiamo il diritto di rivendicare la
difesa degli interessi di quell’area, che sono poi gli interessi della
Calabria.
Certamente avremmo voluto
sentire la Presidenza della Regione esprimere una iniziativa e avviare tutte
quelle che sono le possibilità di azione, quando nei mesi passati Contship ha
spostato il 10 per cento della sua attività di transhipment verso
Cagliari, perché questo è avvenuto e voi lo sapete. Noi sappiamo anche che
Gioia Tauro, oggi, vive solo di transhipment e che, se malauguratamente
– noi ci auguriamo che non accada mai – il transhipment dovesse entrare
in crisi, entra in crisi automaticamente il porto di Gioia Tauro. E dobbiamo
essere preoccupati del fatto che Contship ha spostato il 10 per cento delle sue
attività che prima svolgeva nell’area portuale di Gioia Tauro verso un’altra
ubicazione portuale, a Cagliari, e quindi questo significa che c’è un
indebolimento ed una preoccupazione sul futuro di Gioia Tauro, perché siamo
arrivati a un punto che prevede, a breve, la saturazione per quanto riguarda la
possibilità di movimentazione dei container e sicuramente, se non si
fanno quelle opere di cui si parla, necessarie e indispensabili, si andrà a
rischio di una paralisi per Gioia Tauro.
Allora bisogna fare quelle
opere, ma bisogna lavorare per garantire l’ampliamento della possibilità di uso
polifunzionale del porto di Gioia Tauro, cosa che è fondamentale proprio perché
non possiamo legare tutto il futuro del porto di Gioia Tauro al transhipment
e dobbiamo articolare la possibilità di attività, di investimenti, di
iniziative economiche e produttive nell’area di Gioia Tauro, ma che siano
legate al porto.
Ma si pone anche la necessità
di capire che su Gioia Tauro, oggi, c’è una grande scommessa su cui la Regione
vorremmo che si impegnasse, la scommessa di quello che noi chiamiamo il
cosiddetto polo integrato logistico delle merci, cioè il fatto che dobbiamo
conquistare, da questo punto di vista, una possibilità nuova che va oltre il transhipment,
il caricoe lo scarico delle merci, ma che consenta di poter cominciare a fare
altre attività, ad aprire, a lavorare i container, a creare altre
possibilità occupazionali, altre possibilità economiche, a favorire e ad
incentivare la possibilità di iniziative anche imprenditoriali che debbono
andare avanti in quella zona.
Questo significa che la
Regione deve intervenire su queste questioni, su questo punto e deve dirci la
Giunta regionale se intende sostenere per Gioia Tauro la realizzazione di
questo centro servizi, il polo logistico delle merci, che è fondamentale per
aprire l’altra fase dello sviluppo su Gioia Tauro. Su questo è la Regione che
deve diventare attore-protagonista di una prospettiva, perché quando si parla
di priorità per il futuro della Calabria, poi dobbiamo sapere quali sono i
punti e i contenuti di un’azione e di un disegno politico di governo a livello
regionale che si mette in campo per garantire quella prospettiva, che è una
prospettiva che va oltre il transhipment e che certamente assume l’idea
della polifunzionalità, che interviene sul polo logistico, che garantisce il
completamento dell’interporto, che si impegna sulla zona franca nei modi giusti
e assumendo le iniziative necessarie sul piano nazionale ed europeo, che si
impegna per quanto riguarda le infrastrutture ferroviarie e stradali, per
garantire i collegamenti del porto con la A3, i collegamenti ferroviari del
porto con la rete ferroviaria nazionale, che oggi sono in uno stato disastroso,
tant’è che addirittura Trenitalia, che aveva vinto una gara d’appalto per
gestire quella linea e la sua manutenzione dal porto di Gioia Tauro fino alla
rete nazionale a Rosarno, ha revocato la sua partecipazione; aveva vinto
addirittura la gara, indetta – credo – dall’Asi e ha rinunciato a questo
appalto. Questa è la situazione.
Ciò significa che ci vogliono
investimenti, risorse, che bisogna capire anche, Presidente Chiaravalloti,
visto che assumiamo Gioia Tauro come grande carta per lo sviluppo, quali sono
gli impegni che la Regione mette in campo. Si parla tanto della rimodulazione
del Por Calabria: ebbene, io chiedo che nell’ambito della rimodulazione del Por
la Regione faccia la sua parte per Gioia Tauro, di muovere concretamente la
Regione, di mettere a disposizione quote delle risorse, che possono essere
impegnate, del fondo per lo sviluppo regionale, dei fondi strutturali europei
per sostenere quello sforzo finanziario necessario. Diamo anche noi come
Calabria un segnale politico, facendo le scelte che ci competono, quelle che
possiamo fare, quelle che sono nella nostra disponibilità, altrimenti è aria
fritta, sono solo appelli retorici che non producono nulla, non cambiano nulla
nella realtà concreta.
Noi poniamo questo problema e
poniamo il problema anche di un ragionamento che riguarda la rimodulazione del
Por Calabria, ma in questo contesto diciamo che siamo molto preoccupati.
Lei diceva che non ci sono
soldi per Gioia Tauro, ci sono 4,5 milioni di Euro, sostanzialmente, non c’è
altro. Poi dovremo verificarlo. Io credo che sul Piano pluriennale ci siano più
risorse di quei 4,5 milioni di Euro per il 2003, ma il problema vero,
Presidente Chiaravalloti, è che parliamo di risorse, quelle poche risorse che
ci sono, anche a carattere pluriennale, che provengono dal vecchio Governo di
centro-sinistra – questo è il dato politico – cioè in questi due anni e mezzo
di Governo Berlusconi non si è messa una lira per Gioia Tauro, non si è aperto
un cantiere, non si è avviato un investimento. Il centro-destra nazionale, a
parte le passerelle di Lunardi che è venuto fino all’aprile scorso a Gioia
Tauro per promettere, assicurare, non ha fatto nulla per garantire le risorse
fondamentali e necessarie. Stiamo parlando di soldi, di euro che risalgono alle
vecchie gestioni e che vengono trascinati in questa fase. In questa fase non è
stato messo un euro aggiuntivo per Gioia Tauro.
Allora il problema è di
capire come, non solo l’impegno regionale deve essere intensificato, ma come il
Governo nazionale, nella Finanziaria per il 2004, garantisce quello che fin
oggi non c’è, cioè un impegno nuovo e diverso rispetto a quello di questi anni
nei confronti di Gioia Tauro, perché Gioia Tauro è un porto calabrese che ha
raggiunto il record per quanto riguarda il transhipment nel
Mediterraneo, che porta l’Italia anche ad assumere il primato in un campo, in
un settore, quello del commercio e del traffico marittimo: ciò deve essere un tema che deve riguardare e interessare anche coloro i quali governano a Roma, quelli che decidono le
sorti del Paese, i finanziamenti, le Finanziarie, le leggi obiettivo.
Allora su questo
punto voglio completare il ragionamento. Noi abbiamo bisogno di andare,
stasera, all’approvazione di un documento che impegni la Giunta regionale a
fare la sua parte a Roma con l’approvazione dei progetti e con lo stralcio di
quei progetti legati al rigassificatore e alla seconda imboccatura. Abbiamo
bisogno di impegnare la Giunta regionale perché sulla questione dell’interporto
poniamo il problema di rivedere il verbale del 7 ottobre e di ricomprendere
nella società di gestione i rappresentanti degli enti locali come fatto
riparatore, perché non credo che lo sblocco dei 7 miliardi avvenga perché non
ci sono la Provincia e gli enti locali, che sono peraltro gestiti da
maggioranze di centro-destra e quindi non è una richiesta che noi facciamo per
motivi di bottega o di schieramento politico. Riteniamo, in linea di principio,
che quando si interviene sul territorio, quando si fanno opere di questa
natura, sicuramente la presenza degli enti locali, dei rappresentanti del
territorio non possa essere cancellata e negata. E in effetti, nel verbale
d’intesa di febbraio c’erano, nel verbale di ottobre vengono cancellati!
Il problema che noi poniamo, allora, è che venga rivista questa scelta prevedendo la partecipazione di questi soggetti alla società di gestione dell’interporto, così come poniamo il problema della rimodulazione dell’accordo quadro sulle infrastrutture per affrontare il tema della linea ferroviaria e del raccordo stradale con la A3, poniamo il problema di un impegno specifico della Regione per quanto riguarda la questione del Por Calabria e gli interventi che possono essere finanziati attraverso una rimodulazione che, in qualche modo, affronti anche il tema del patto territoriale della Piana, che credo sia l’unico patto territoriale che non è stato finanziato dai Governi nazionali e che certamente non può essere cancellato come strumento per lo sviluppo di quel territorio.
Poniamo anche il problema di un impegno per il cosiddetto polo logistico integrato delle merci, che non può che essere realizzato a Gioia Tauro. Siccome vedo che ci sono in giro tante ipotesi, tanti tentativi di tirare da una parte all’altra un intervento di questa natura, il polo logistico integrato delle merci non può che stare a Gioia Tauro, non avrebbe senso immaginare altre ubicazioni. Sotto questo aspetto, mi pare ci siano tanti appetiti, tanti interessi che si muovono, ecco perché noi facciamo un ragionamento obiettivo: non può che stare lì, dentro il quadro del superamento e dell’estensione rispetto al transhipment e della necessità di creare nuovo valore aggiunto e ricchezza che vada oltre il transhipment, ma questo valore, ricchezza e occupazione non basta non solo per Gioia Tauro, ma per tutta la regione.
In questo contesto, otto consiglieri regionali del centro-sinistra avevano presentato al 30 luglio una mozione, che aveva un valore e si muoveva, io dico, dentro quello che era il quadro temporale di tre mesi fa ma che, tuttavia, oggi, è superato dai fatti; da qui, allora la necessità di giungere stasera, possibilmente con uno sforzo unitario dell’intero Consiglio, alla stesura di un documento che rappresenti questo momento importante del dibattito regionale su un argomento, un tema di grandissimo rilievo, di grandissimo valore, affinché, rispetto agli interessi e agli obiettivi che sono in campo, si vada ad impedire che quella inezia degli interventi, quella mancanza di investimenti e di attività possa deperire questa grande opportunità di sviluppo; in tale situazione, però, abbiamo bisogno sicuramente di un richiamo forte alle responsabilità di tutti, della maggioranza e dell’opposizione, prioritariamente alle responsabilità del Presidente Chiaravalloti e della Giunta regionale.
Io mi auguro che su queste questioni si giunga ad una
conclusione. Vorrei aggiungere, però, non per fare polemica inutile, che la
Regione è rappresentata nel Comitato per l’Autorità portuale perché gli spetta
di diritto e che molti di quei progetti, che poi il Presidente Chiaravalloti
nel pre-Cipe di giugno ha contestato, sono stati approvati da quel Comitato dell’Autorità portuale, alla presenza anche
del rappresentante della Regione.
Quindi inviterei
anche rispetto a questo, rispetto a chi si manda a rappresentare la Regione, ai
soggetti che vengono utilizzati, a fare attenzione, perché tutto si potrà dire,
meno che la Regione non fosse informata: la Regione sapeva che il suo
rappresentante ha partecipato ed ha approvato quei progetti. Allora è
necessario, anche da questo punto di vista, mettere ordine nelle cose,
all’interno della macchina della Giunta regionale per un suo buon
funzionamento.
Su questi punti
voglio completare il mio intervento e mi auguro che stasera si segni una pagina
nuova per Gioia Tauro, prendendo atto che, purtroppo – faccio questa
affermazione – in questa legislatura, finora, abbiamo perduto tre anni e mezzo,
e non sono pochi, per lo sviluppo di quella che il Presidente Chiaravalloti
chiamava la pupilla della regione. La pupilla della regione, in questi tre anni
e mezzo, era stata accecata, mi auguro che da stasera torni ad essere brillante
e che l’impegno della Giunta sia adeguato a questa affermazione categorica che
è stata fatta e, ovviamente, ci aspettiamo iniziative, prese di posizione e
misure che siano conseguenti all’importanza che si attribuisce allo sviluppo di
Gioia Tauro come strumento fondamentale per lo crescita dell’intera regione.
PRESIDENTE
Ha chiesto di
parlare l’onorevole Bova. Ne ha facoltà.
Presidente, comincio col
porre a tutti noi, al Presidente della Giunta,
agli assessori, ai consiglieri di maggioranza e anche a quelli di minoranza, nonché al
Presidente della Commissione
Autoriforma, qui impegnato non so
in quale discussione, una domanda: perché questa indifferenza, perlomeno fino a questo momento, questo chiacchiericcio,
assessore Zavettieri? Perché ormai siamo convinti che non ci sia nulla da
fare, che il dado sia tratto? Dal mio punto di vista,
fino a questo punto le cose non sono andate
per nulla bene. E’per questo che si percepisce questa
indifferenza, colleghi? O perché si è convinti – è un’affermazione paradossale che faccio, ma la voglio fare – che, dopo le grandi
riforme, questa sede, i consessi elettivi, le assemblee elettive siano
diventati ininfluenti a qualsiasi decisione di un qualche rilievo? O, ancora,
forse che – questo vale più per la minoranza – “tanto peggio, tanto meglio,
tanto, non governiamo noi”? Perché questo tipo di atteggiamento è non solo
autolesionista, ma è irrispettoso delle problematiche così come sono.
Badate, questa sera discutiamo di
Gioia Tauro e – come ha fatto per primo il Presidente e poi il collega Tripodi
– in qualche modo ognuno di noi deve dire come la pensa, deve proporre, se c’è necessità, un rimedio, una soluzione, degli
obiettivi, se è possibile, convergenti. Però, Gioia Tauro è solo il punto più
alto e più esposto – lo spiegherò da qui a poco – di una situazione che, in
qualche maniera, coinvolge tutta la Calabria. Certo, Gioia Tauro nel mondo, sui
media è ormai diventato sinonimo di un evento di successo. Ma quanto
reggono i successi, pure quelli più grandi, in un’epoca come la nostra e in un
comparto come quello del transhipment, che è fortemente condizionato da una competizione globale? Non c’è nessuno che, se non si hanno le carte in
regola, non voglio dire la decisione di dieci,
di venti Comuni, di un governo regionale o
finanche di un Governo nazionale, possa impedire a grandi società
multinazionali di fare i loro interessi. Certo, i problemi di Gioia Tauro non
sono diversi dai problemi che già abbiamo di modernizzazione del sistema
Calabria, è semplicemente il nervo più scoperto del sistema e quindi, in
qualche modo, senza andare sulle generali, Gioia Tauro è il segno di una sfida,
di una competizione col mondo e, dall’altro,
della capacità dei calabresi, delle istanze elettive e di questo livello di misurarsi
con i problemi di questo tipo.
Certo, per quanto ci riguarda, il nostro fine non è
quello di agevolare o meno i disegni di una grande multinazionale, non è qui la
sede per misurarsi col problema tecnico della competitività di una struttura di
quel tipo, ma di vedere, a partire da quello, di affrontare uno dei problemi.
Per noi modernizzazione è una sfida dei tempi, che, però, deve essere
accompagnata da uno sviluppo denso di diritti, che risponda bene ai problemi di
chi ci lavora e di chi ha fatto quel successo come lavoratore dipendente in
quell’area o di chi non ci lavora e ci vorrebbe lavorare o di chi, magari, non
lavorerà mai nel porto, ma vorrebbe lavorare nell’indotto. Questo è un problema
nostro, pane per i nostri denti. Diversamente, le questioni del lavoro e dello
sviluppo diventano per noi una cattiva retorica da politicanti che discutono di
lavoro e di sviluppo quando sono invitati a un convegno o quando sono in
campagna elettorale. Come si fa a non parlare di lavoro? Sarebbe come parlare
male della mamma!
Ma qui abbiamo la sfida e il problema vero, e l’avete
voi, signori della Giunta e della maggioranza, prima di tutti, perché ve lo
siete assunto. Non sono io che ho inventato lo slogan qualche anno fa,
che affermava che se la vostra maggioranza, cioè il centro-destra, avesse vinto
in questa provincia, in quella realtà, dappertutto, le elezioni, tutto sarebbe
andato avanti a gonfie vele. Questo tipo di sogno non si è realizzato, non è
cambiata una virgola di quella situazione, né si sono allentati o alleggeriti
e, tanto meno, risolti i problemi.
Un punto lo voglio chiarire sin dall’inizio: anche
quando questo contenzioso, la problematica, il rischio di diaspora e di
divisione su Gioia Tauro andava avanti, non solo in quest’Aula, la nostra
scelta prioritaria sullo sviluppo e sul lavoro non l’abbiamo mai piegata ad
interessi che non fossero chiari. Non abbiamo mai svenduto l’autonomia, il
diritto e dovere di autonomia della Regione ad alcunché, abbiamo sempre voluto
capire su cosa si decideva, come si decideva, chi decideva, nell’interesse di
chi e, in questo senso, signor Presidente della Giunta, senza timore di
smentite, pur avendo una valutazione assai critica di quanto si era fatto o,
meglio, di quanto non si è fatto in questi tre anni, non abbiamo mai perso di
vista che è diritto-dovere nella regione e della Regione assumersi le proprie
responsabilità di dire perché sì e perché no, a cosa sì e a cosa no.
Gioia Tauro è l’oggetto della discussione di oggi, ma è
solo l’ultimo in ordine di data e scadenza temporale degli impegni non
mantenuti o cancellati dal vostro Governo nazionale verso la Calabria. La
questione “Gioia Tauro” è più delicata perché ci consente di competere nel
mondo. Ma forse è meno grave il fatto che della “106”, cioè della nuova “106”
nessuno parli più? Forse è meno delicato – badate, lo dico a chi è favorevole o
contrario alla realizzazione del porto – che, dopo aver suonato la grancassa
dell’attraversamento stabile dello Stretto come una delle priorità, si sta
chiudendo la decisione a livello europeo e quell’opera non c’è? Non suona beffa
e anche offesa per gli interessi positivi della Calabria che l’unica opera che
a rilento si sta realizzando è solo la Salerno-Reggio Calabria, che era partita
in un’altra epoca, con altri governi? Non vi dovete offendere.
La Giunta, il Polo una cosa di suo ce la sta mettendo,
ci dicono ora – lo dice non una velina sui giornali, ma il nuovo Presidente
dell’Anas venuto da voi – che per finanziare le grandi opere anche sulla
Salerno-Reggio Calabria bisogna pagare il pedaggio. Chi lo dice non se ne
vergogna né si giustifica, ma dovrebbe davvero giustificarsi, perché quella
strada, anche una volta rimodernata, non è paragonabile all’aggiornamento e
all’ammodernamento che stanno avendo le autostrade italiane, a tre corsie per
ogni senso di marcia. Non è così, non è progettata così, non sarà realizzata
così. La situazione della Calabria è assai diversa, perché mentre nelle altre
regioni c’è un’alternativa, un percorso
alternativo, in superstrade degne di questo nome, per i cittadini, per i
lavoratori che non vogliono pagare quel pedaggio, in Calabria un percorso alternativo non c’è perché
non c’è la possibilità di non prendere la Salerno-Reggio Calabria per andare
sul corridoio cosiddetto ionico che è un imbuto, non un corridoio. E in
aggiunta a questo, la vicenda di Gioia Tauro.
Quindi il primo punto conclamato – e noi abbiamo detto
la nostra – è che esiste una doppia responsabilità, non solo di un Governo
nazionale che non fa verso il Sud e la Calabria il proprio dovere, e non è
propaganda, parlano i fatti, parla la Finanziaria dell’anno scorso, parla il
Dpef di quest’anno e parla la Finanziaria proposta al Parlamento. Si parla con
troppa facilità di risorse, la verità è che per fare cassa, si sta lavorando senza
dare alle nuove generazioni togliendo alle vecchie; si sta facendo un gran
parlare della riforma delle pensioni e poi interventi per finanziare lo
sviluppo non ce ne sono, perché non ce ne possono essere quando la politica
finanziaria delle entrate poggia, da un lato, sulle cartolarizzazioni e,
dall’altro, sui condoni, quando cioè c’è una linea che, nei fatti, è
indifferente o tradisce gli interessi di questa realtà. La discussione di
stasera è solo l’altra faccia di un altro dato macroscopico.
So, Presidente, ho letto poco fa sull’Ansa la replica
che lei ha voluto fare alle osservazioni che stamattina, all’inaugurazione
dell’anno accademico all’Unical, aveva fatto alla Calabria, a lei e alla
maggioranza il Presidente della Commissione europea Prodi, quando affermava
che, di fronte a una impostazione positiva del Programma operativo regionale
2000-2006, i dati ci dicono che di quattrini se ne sono spesi pochi e male. E,
badate, non è un’altra cosa la discussione che qui facciamo, perché riguarda un
punto alto, un punto di eccellenza dell’ammodernamento, dell’accelerazione
sulla via dello sviluppo, delle opportunità per il sistema Calabria.
Gioia Tauro non è solo un problema di finanziamenti, è
un problema che riguarda altre due questioni: come si collega la
modernizzazione del porto al potenziamento delle capacità logistiche di quella
realtà e che nesso c’è tra questo e il sistema di istruzione e di ricerca
calabrese? Che collegamento c’è, per nostra volontà e per nostri interventi,
tra questo e tutto il resto? Altrimenti le delusioni non mancheranno, anche se
i necessari interventi finanziari di ammodernamento si faranno. Domandatelo a
quelli che lavorano al porto di Gioia
Tauro, domandate quanto avevano suonato i pifferi nel momento in cui
sulla logistica dell’auto si era dato un pezzo di banchina sulla Blg e vedete i
risultati in termini di sviluppo, di lavoro, di occupazione che si sono
realizzati: poco o nulla.
Questo non significa che possiamo essere indifferenti,
ma che non è sufficiente dire sì senza spiegazioni.
E, chiaramente, non possiamo sottacere un rischio che
c’era nelle settimane passate e che cova ed è assai pericoloso.
Abbiamo letto sui giornali dichiarazioni che seguivano
la regola non della verità, ma dello scarico delle responsabilità, la regola di
tentare di nascondere le proprie responsabilità per indicare quelle degli
altri, di chi con faciloneria diceva “se qui vogliamo, Roma è già pronta” o di
chi diceva, addirittura, che sarebbe più giusto che il grande “padre” che sta a
Roma pensasse per tutti noi, dimenticando che Brindisi, Cagliari sono in Italia
e che, se si guardano da Roma gli interessi italiani nel transhipment,
non è detto, secondo me, che coincidano con gli interessi positivi della
Calabria.
Ci sono alcune questioni in cui la Calabria ha il dovere
di diventare adulta, di accelerare su processi di competitività, ovviamente
piegandoli anche ad interessi di chi lavora o di chi vuol lavorare, cioè
intrecciando tutto questo con una sorta di vera concertazione che veda presente
il rappresentante territoriale, ma anche sindacale e delle forze sociali, che
consenta all’insieme delle espressioni della Calabria di manifestare la sua opinione.
Dall’altro, se alcune questioni diventano difficili, voi pensate che basti un
ordine del giorno per avere una risposta o bisogna chiamare la Calabria ad
essere coesa, a stare compatta, a battersi per negoziare, a lottare – anche se
sono frasi che qui dentro si usano poco –, a scioperare? Non è una competenza
nostra e giustamente e autonomamente, quando, come, perché, su quale
piattaforma lo decidono i sindacati. Ma in questo momento sappiamo – per
tornare a Gioia Tauro –, al di là delle querelle su questo o quell’altro
aspetto, che esiste una questione.
Badate, la colpa del successo di Gioia Tauro non è il
fatto che lì si fanno tante attività, è su un punto che Gioia Tauro finora ha
avuto successo, cioè che intercetta una parte importante, poco meno di un terzo
oggi, di tutti i traffici di transhipment che ci sono nel Mediterraneo.
Non era scontato, lo ha fatto perché esistevano non tanto e solo un
imprenditore o una società di imprese, quanto perché quella infrastruttura era
una realtà.
Sapete quante volte, negli anni passati, molti
economisti di grido, molti politici cosiddetti di vaglia ci dicevano negli anni’80,
nel’78, nel’77, che era una pazzia, che tanto valeva interrarlo quel porto
oppure che si sarebbero dovuti ripiantare i mandarini, le clementine? O altri,
onorevole Zavettieri, che ci dicevano che non c’era alternativa a una
megacentrale a carbone e a un terminal carbonifero? La testardaggine dei
calabresi, di chi in quel momento non sentiva il piffero dei potenti di turno,
ha consentito di mantenere aperta quell’opportunità, perché se fossimo stati
conformisti in quell’epoca, quello che c’è, quel poco, difficile passaggio
verso un avvenire di sviluppo non l’avremmo nemmeno avuto. E voi pensate che
oggi, se non si esprime una testardaggine perlomeno uguale a quella, se non ci
si lavora con intelligenza e se non si ha un pensiero autonomo rispetto alle
decisioni che si assumono, faremo una virgola di passo in avanti? Il mondo e
nemmeno il Mediterraneo ci aspettano.
Qualche anno fa, la congiuntura economica a livello
mondiale era meno sfavorevole di ora, ho letto cifre sui giornali che non mi
convincono, c’è qualcuno di quelli della Med-Center che dice che da qui al 2010
raddoppieranno i traffici. Vorrei che fosse così. Dati economici meno
ottimistici rispetto a una congiuntura economica meno sfavorevole di ora
dicevano, qualche anno fa, che dal 2000 al 2010 l’incremento di merci su container sarebbe stato del 15, massimo
del 20 per cento – e l’economia mondiale tirava – però aggiungevano
contemporaneamente, quelli che facevano questa affermazione, che nel
Mediterraneo la logistica, la capacità di attrazione, di far muovere più
velocemente le navi, di scaricarle più velocemente, di offrire costi di
attracco più bassi sarebbe aumentata del 25 per cento.
E’già aperto un
problema di competitività del porto. Quando si debbono fare fondali più
profondi e quando la filiera di accoglimento sulla banchina deve essere altra,
non bastano solo i soldi, occorre avere delle idee e, contemporaneamente, visto
che non si tratta di ragionare con maghi, bisogna per tempo ragionare su forza
lavoro da qualificare, bisogna ragionare anche sullo stato maggiore, sulla
testa, su chi ci mette, quanto e cosa di ricerche. Se qui ci limitassimo a fare
soltanto i lavori al livello più basso e tutta la logistica la decidessero ad
Amburgo, i tedeschi, non andrebbe bene per noi. O immaginiamo che tutto questo
coincida con una decisione più o meno importante presa dal Cipe?
E’vero che esiste un doppio problema di velocità, non solo di arrivo a quel porto delle merci, perché Gioia Tauro il vantaggio di dieci giorni rispetto ad Amburgo ce l’ha oggi, l’avrà domani e fra dieci anni. Il punto è: le merci di Gioia Tauro, non solo per nave, quanto tempo ci mettono per arrivare in Germania o – dico io – solo a Verona? E a Verona non c’è il mare, non c’è il porto. Certo, possono arrivarci attraverso una sorta di cabotaggio con i porti sull’Adriatico o sul Tirreno, ma arriverebbero più facilmente se potessero scaricare questi container, metterli sui binari e farli arrivare rapidamente a un centro intermodale, qual è già, oggi, in Italia, Verona. Ma questo oggi non è possibile e non perché ce l’ha proibito Iddio. Queste cose che sembrano semplici non hanno fatto parte, negli anni, delle priorità dei governi e degli investimenti, né, in qualche modo, dalla Calabria questi interessi sono stati difesi con la necessaria attenzione.
L’altro punto è quanto costano queste operazioni e quante operazioni si possono fare nel porto. Se ricordate, cari colleghi, pur essendoci un rischio che abbiamo denunciato, nell’aprile-maggio del 2001 siamo stati – e chi vi parla lo è stato – tra i cofirmatari della doppia proposta di legge sia per la richiesta, con un’iniziativa legislativa della Regione al Parlamento e al Governo, di un’istituzione di area franca, sia di una decisione successiva, conseguente, della costituzione di una società non solo di capitali, mista pubblico-privata per la gestione successiva di quello che ne sarebbe venuto. Noi sapevamo che sarebbe stata una cosa difficile. Abbiamo chiesto “attenzione, non ne fate oggetto della vostra campagna elettorale per vincere le elezioni in un comune o in questa provincia”, perché questo tipo di contraddizione, questo rapporto strumentale con i cittadini e con gli elettori vi sarebbe caduto addosso.
Due anni sono passati e, ogni volta, purtroppo, l’area franca o qualcosa di simile alla zona franca appare come la carta delle caramelle che non sono buone, una carta patinata per coprire altre cose.
Lì c’è qualcosa che non funziona, c’è il problema di come si decide, è il problema di quale autonomia c’è, c’è il problema di come rispondono gli investimenti che vengono previsti a interessi più generali. Rispetto a questo ci siamo pronunciati. A noi non basta, siamo gli stessi che dieci-quindici anni fa hanno detto no alla megacentrale a carbone, perché pensavamo che non era coerente con un’idea di possibile sviluppo positivo di quell’area e per la Calabria intera. Con lo stesso principio diciamo i sì e i no ed invitiamo chi vuole intravedere amicizie trasversali o altro a ragionare sulla nostra autonomia ed a capire che chiunque faccia in un momento una cosa giusta, che difende gli interessi legittimi e positivi della Calabria, al di là di dove noi siamo collocati, quel tipo di decisione la consideriamo come difesa della dignità e dell’onore in una famiglia del popolo. Nelle famiglie di operai non ci sono soldi, non sono importanti perché sono potenti, sono importanti perché hanno senso di sé, dignità, sono da rispettare, rappresentano qualcosa di positivo, hanno nome e cognome. Non formalmente e in quel momento noi abbiamo detto che eravamo per una Calabria che avesse o che, perlomeno, tentasse di riconquistare un proprio nome e un proprio cognome.
E’stato sempre un fatto importante, lo è ancora di più in un’epoca di competizione senza precedenti, in cui ciascuno deve diventare più adulto e più capace. Appunto questa capacità è in discussione e alcuni mesi fa abbiamo detto che era giusto riflettere in Calabria, non perché volessimo perdere tempo, non perché sottovalutassimo le esigenze di chi ci lavora né di chi ci vorrebbe lavorare, ma perché immaginiamo che Gioia Tauro sia una risorsa che non si può sprecare, troppa fatica, troppi sacrifici, troppi anni di lotte ci sono state per poterla cedere a cuor leggero al primo venuto. Chi viene e pensa che con le collanine o con gli specchietti ci può abbindolare deve riflettere un po’di più, perché pur con tutti i nostri limiti e le nostre contraddizioni, non ci possono mettere tutti nel sacco. Ma se non vogliamo, come non dobbiamo, essere messi nel sacco, questa sera il ragionamento, la proposta è, se è possibile, la sfida unitaria finale. E’necessario fare un passo in avanti.
Abbiamo letto troppe cose sui giornali, è facile, impegni, incontri e così via. Cosa avverrà da qui alla fine del mese, sia per quanto riguarda gli accordi da registrare sia per quanto riguarda le decisioni che il Cipe deve assumere? Badate, rispetto al ragionamento che faceva poco fa il collega Tripodi – e per le grandi questioni lo condivido – c’è un punto che riguarda la disponibilità vera di risorse. Questo non mi porta a dire che noi non dobbiamo fare di tutto, entro la fine del mese, per assumere e far decidere al Cipe concretamente alcune cose, ma guai a chi è cieco o a chi è ingenuo. Noi dobbiamo ottenere che, rispetto a quanto pubblicato sui giornali, rispetto a tutta una serie di opere più o meno importanti, dalle reti elettriche di trasmissione dati fino alla strada di accesso al piazzale nord, l’operazione di finanziamento delle opere avvenga, così come l’appalto delle stesse, stando attenti ancora di più a quello che è uno snodo fondamentale, cioè il raccordo non solo autostradale, ma ferroviario e stando attenti a misurare le parole e ad assumersi fino in fondo le responsabilità.
In quanto tempo sarà cancellata quella vergogna del
raccordo tra il porto ferroviario e la stazione di Rosarno? Quanto tempo ci
vorrà perché, invece di un solo binario, ce ne siano due? Quanto tempo ci vorrà
perché venga elettrificato? Quanto tempo ci vorrà perché il volume non solo dei
container che arrivano al porto
di Gioia Tauro aumenti da 2 milioni e 900 mila a 4 milioni, 5 milioni? Ma che
c’entra tutto questo poi con la Calabria, che c’entra con quella realtà
innanzitutto? Quante merci attraverseranno la Calabria per arrivare a Verona e
negli altri posti? E nel mentre avviene questo, siamo in grado di proporre e di
ottenere qualcosa di diverso da quello che è stato lo specchietto per le
allodole delle Blg? Avverrà, faremo una proposta, avremo capacità di incidere
su un punto, in maniera che i carichi si rompano e che, in qualche maniera, sia
vantaggioso romperli lì, vantaggioso per le aziende – perché lì si paga meno –
e vantaggioso anche perché noi siamo in grado di offrire della forza lavoro
qualificata per avviare un circolo virtuoso di quel tipo?
Alcune aree
europee ce l’hanno – io lo so che è difficile –, alcune aree da cui vengono i
padroni di Gioia Tauro questa cosa ce l’hanno dal 1200, è un pezzo di Medioevo
che arriva a noi. Io so che non se ne possono fare venti, ma rispetto a
quest’Europa che diventa più grande, in cui l’Italia e il Mezzogiorno non potranno avere gli stessi benefici che
avevano qualche anno fa, ci sarà una chance. C’è un Governo nazionale o un Parlamento
del Paese che è in grado di assumerli? Ma prima di questo, con quanta coerenza
la Calabria lo pone? E, di certo, una Calabria che dice, come avete detto voi
qualche mese fa, qualche anno fa, “fatela fare a noi che si risolve tutto”, è
una Calabria che già per questo si indebolisce e lo fa anche quando ognuno di
voi tenta di scaricare all’altro la responsabilità e quando non si dice la
verità ai calabresi. Come nel giugno di quest’anno, quando vi abbiamo chiesto
di venire a discutere e a confrontarci in quest’Aula sul perché i Por non
andavano avanti e quando io vi ho detto “è il vostro valutatore che vi dice che
le cose non funzionano”, allora il Presidente del gruppo di Forza Italia ha
detto: “Ma dove li hai presi questi dati? Io non li conosco”. L’assessore alle
attività produttive, Gentile, mi ha detto: “Ma che stai combinando?”. E poi li
leggiamo su tutti i giornali e dopo qualche giorno magari l’avete detto voi
stessi.
Ecco, non si ha
forza dalla Calabria, se la Calabria non è onesta con se stessa, se non si dice
con chiarezza le cose che non vanno, dove si è fallito, che si è fallito e che
bisogna cambiare registro, che non ce la fate da soli, se non si dice che qui
c’è bisogno davvero di non aspettare a fare. Lo so che è una cosa importante in
democrazia, noi non stiamo discutendo qui perché siamo in attesa di fare la
campagna elettorale e magari di vincere. Chi risarcisce i calabresi del mancato
sviluppo o della impossibilità di riprendere su una strada virtuosa? Ma chi ce
lo dà più? Oggi è il momento, quindi Gioia Tauro è simbolo di una capacità di
assumere responsabilità più di fondo.
Noi non vi diciamo
“tutto e subito”. Ho dubbi su alcune scelte che, poi, hanno un senso, quale
l’impianto di rigassificazione. Capisco che se fatto seriamente, non è venduto
come la caramella, come la carta per la caramella, se arriva il gas liquido e
poi lo si porta allo stato gassoso, già quello scambio di calore può essere
utilizzato come energia a più basso costo. Però fatto così non mi convince, non
perché non sia vero. Si ha tanto l’impressione che, non noi, ci sia chi ha un
padrone, chi ne ha un altro e sono padroni importanti. Mica tutti i soldi del
plusvalore, oltre quelli che si mettono in contratto, vanno alle squadre di
calcio!
Ci sono in
democrazia pure altri agi, per cui noi siamo d’accordo – come hanno detto anche
le organizzazioni sindacali – di stralciare per il momento la questione
collegata al degassificatore, e non perché siamo pregiudizialmente contrari;
vogliamo un impianto che realizzi quello che si è detto sulla piattaforma del
freddo, non come la Blg e la logistica. Vogliamo capire, però – e non noi, qui
sono davvero i tecnici – come deve essere situato perché non limiti, in alcun
modo, le operazioni che riguardano l’attività fondamentale del porto e non
pregiudichi nemmeno – è una seconda cosa su cui diciamo che gli studi debbono
andare avanti perché vogliamo capire bene – anche la possibilità di una seconda
imboccatura di quel porto.
Badate, rispetto
alla seconda imboccatura c’è un doppio problema, intanto dobbiamo vedere se è
tecnicamente fattibile. Sapete, quando costruivano quel porto, una volta sui
giornali calabresi e non solo si è parlato di un’onda anomala. Non voglio
allarmare nessuno, ma tutto quello che si può fare per potenziare va fatto, a
due condizioni: che sia tecnicamente fattibile e che, da un lato, consenta uno
sviluppo del porto non solo monoculturale. Quando parliamo di polifunzionalità
non ci riferiamo a quella sognata venticinque o trent’anni fa, può darsi che
sia un’altra, ma se i carichi non si rompono e se la logistica dentro il porto
non diventa una cosa seria, per cui anche per quella via apparentemente,
partendo dal transhipment, e poi con
carichi che, non come questi della logistica auto, diventano occasione per un
lavoro, per un lavoro qualificato, per un’attività che crei indotto, a quel punto anche il transhipment può essere l’avvio di
polifunzionalità. Ma vedere per credere.
In questo senso
va posto anche il problema sia della seconda bocca che del degassificatore,
sapendo – vi può dispiacere – che a chiunque dica “il problema è solo qui”, poi
con Roma bisogna negoziare. Non si tratta soltanto di ronzii e il problema del
negoziato e della lotta non può riguardare solo il lavoratore disoccupato o il
lavoratore dipendente che è organizzato sindacalmente. Loro fanno il loro
dovere, un sacrosanto dovere, ma il nostro ruolo non può essere quello di
plaudire, di volta in volta, o mettere i puntini sulle “i”; bisogna vedere
come, al di là se il Governo è amico, si difendono gli interessi puliti della
Calabria, sia quando viene il Presidente dell’Anas e dice alcune cose, sia quando
viene il ministro per le grandi infrastrutture o chicchessia.
Esiste un
problema nell’epoca attuale di come agire, non sulle piccole questioni. Capisco
che uno stia da un lato e uno stia dall’altro, ma solo su questioni che sono di
ordinaria amministrazione. Io che sono da un altro lato politico, rispetto a
quelle che sono le priorità della Calabria e rispetto al fatto se sono o meno
favorevole, ho firmato perché ci sia un potenziamento delle aree di franchigia
a Gioia Tauro. Non mi faccio condizionare da come la pensa il segretario del
mio partito o il capo del centro-sinistra, perché viviamo un’epoca in cui se
andiamo avanti così, non si va in nessun posto. E d’altronde o il federalismo
rappresenta un nuovo patto in cui i diritti sono mantenuti in tutti i Paesi o,
altrimenti, siamo nell’epoca – e non vi offendete – di quello che io chiamo “‘o
guappo e cartone” che l’onorevole Bossi a parole favorisce per poi, nei fatti,
appoggiare quella che lui chiama devolution,
che significa semplicemente, come quel vecchio proverbio che usiamo da noi,
“Signuri, provvedi u provvedutu ch’u poveru è’mparatu”, avere più risorse
laddove già sono più forti e abbiamo dato le nostre energie migliori. Tanti
come mio fratello, quarant’anni fa, sono andati in Lombardia, hanno tirato su
la loro famiglia facendo gli operai, ma la ricchezza della loro vita non
l’hanno mandata qui come noi, hanno contribuito a rendere più forte, più
moderna la Lombardia, come gli immigrati di oggi. Nei posti più esposti non ci
andavano gli abitanti del posto – io non ne voglio parlare male – ma quelli che
avevano più bisogno di lavorare nelle fabbriche, nelle fabbriche chimiche,
laddove il problema degli incidenti sul lavoro o delle malattie professionali
non era bene affrontato. Sapete quanti meridionali o ci sono morti o si sono
ammalati lì?
E quindi, senza
perdere il filo, il problema è di come noi difendiamo una nostra idea di
federalismo e un nuovo patto che non è fatto di momenti solenni, è fatto di
atti, di responsabilità quotidiane, di sì e di no che si debbono dire, non
immaginando che ragionando stasera – e in questo senso noi vi sfidiamo – su un
documento unitario su Gioia Tauro, il documento possa essere esaustivo e/o
possa essere considerato, in qualche modo, una concessione che voi ci fate o
una concessione che noi facciamo o sia un terreno neutro in cui si parla del
sesso degli angeli. Parliamo ora e qui dei problemi che abbiamo, delle risposte
che vogliamo, da chi le vogliamo e l’assunzione di responsabilità che dobbiamo
assumerci noi.
A queste
condizioni, badate, il mio intervento non è solo fortemente critico, vuole
essere una sfida, una verifica. Capisco che è difficile battere quella
indifferenza e quel chiacchiericcio di cui ho parlato all’inizio, ma ragionando
in questo modo, c’è l’occasione per superare o limitare un fallimento se di
Gioia Tauro non ne discutiamo solo in riferimento a quei 93 milioni di Euro che
debbono venire dal Cipe, ma c’è anche l’occasione per ragionare dalla Calabria
e dentro la Calabria, anche sulle cose che dobbiamo fare noi. Siamo d’accordo
che, in attesa di finanziamenti nazionali promessi, si possano anticipare
risorse nostre, ma quando parlavamo di ragionare sul Por e sulla rimodulazione,
ragioniamo che sulla logistica, sulla ricerca e sul sistema universitario
calabrese si può vedere da subito come rafforzare il sistema. Il problema del
rischio di declino del Paese non dobbiamo limitarci a leggerlo sui giornali o
su un giornale che sembra più oggettivo di tutti, qual è il “Sole 24 ore”. Il
“Sole 24 ore”, non noi, parla di rischio di declino del Paese; il “Sole 24
ore”, non noi, dice che il Paese sta perdendo colpi in quelli che erano i suoi
punti di diamante, cioè in quel made in Italy che è stato il successo e la fortuna
dell’Italia da trent’anni a questa parte sempre più; il “Sole 24 ore” dice che
questo Paese va indietro perché non investe in ricerca; il “Sole 24 ore” è il
quotidiano che dice: “Attenzione, o l’Italia su questo punto batte un colpo e
sceglie, quindi cambia la Finanziaria, o non ci siamo”.
E’peccato mortale
che uno modesto come me lo dica al Consiglio regionale e dica “attenzione”? Ma
pensate che la Calabria cambi e che Gioia Tauro, anche per nostro sforzo,
diventi un punto di novità, se la ricerca è fuori da quel sistema? E, badate,
non parlo di risorse che dobbiamo dare alla Contship, né a Guacci, né al
commissario dell’area industriale – a questo proposito sono d’accordo – ma il
futuro è quello dei commissari o bisogna avere degli strumenti democratici
anche per quest’area? Che le facciamo a fare le leggi, se poi non le
applichiamo? Perché la legge l’abbiamo fatta, apparentemente l’avete voluta
pure voi. Perché non si insedia una normale struttura democratica di governo di
quelle aree?
Per tornare al
punto, non parlo di soldi lì, ma di risorse del Por che potrebbero andare al
sistema universitario calabrese, in cui i nostri laureati che non sanno dove
sbattere la testa potrebbero, direttamente e gradualmente, essere
l’intelligenza di quello che può significare una competizione a livello mondiale,
per questa via essere uno dei punti di eccellenza, di correzione e di
rimodulazione del nostro Por. Sono tutte questioni che riflettono l’opposto di
quello che si fa, in cui sembra che ci facciate un regalo discutendo qui, in
cui sul Por, bene che vada, ci dite che tutto va bene, poi prendete l’impegno
di tornare a discuterne in Consiglio – ce l’avevate detto in Commissione – ed,
invece, si sta arrivando – domani, mi dicono – a quella che è la madre di tutte
le rimodulazioni del Por, che comincerà stasera, anzi, oggi pomeriggio. E qui
chi ne sa niente!
Ringrazio il
Presidente della Commissione europea, ma c’è un compito non da parte sua, da
parte vostra che ci viene sottratto, un ruolo, una responsabilità, per cui o
stasera, in qualche maniera, il documento che propongo, che vi sfido a scrivere
assieme, ha non solo i sì ai punti di convergenza rispetto a quello che deve
decidere e subito il Cipe, ma anche uno sforzo di questo tipo, altrimenti non
ci siamo. E se noi vi diciamo che non ci siamo non è perché siamo bastian
contrari o perché vogliamo dire no. Anche se dovessimo arrivare al punto che
proponiamo, non so quanto ciò possa essere sufficiente a far cambiare il verso
della situazione che ha preso la Calabria, in picchiata. In democrazia, sapete,
le elezioni si vincono e si perdono, non è un dramma, noi le abbiamo perdute e
non abbiamo fatto un dramma, il punto è quando, per inerzia o immaginando che
il fine è il mio partito, il mio successo personale, si lascia che tutto il
resto vada alla malora.
Non avvertite questo scricchiolio, non avvertite il segno di una situazione difficile, di una crisi più generale in una regione che ha quasi il 30 per cento di inoccupati e che arrivano a punte di oltre il 50 e il 60 per la disoccupazione giovanile? Questo è il minimo di quello che bisogna fare nel momento in cui discutiamo per Gioia Tauro; di Gioia Tauro sugli interessi di quella zona, dobbiamo far capire alla Calabria, non strumentalmente o propagandisticamente, che ragioniamo anche di quello studente che qualche giorno fa ha avuto la borsa di studio e si è iscritto all’Università della Calabria e stamattina ha cominciato il suo anno accademico.
O è questo il livello della sfida e il limite che dobbiamo superare o, francamente, davvero non ci siamo, anche perché – ormai lo sapete, perché intelligenti pauca – non solo voi, intanto un paio di anni fa erano convinti che quella bacchetta, quella lavagna avrebbero fatto il miracolo, fatto, fatto e così via. Ormai tre anni sono passati, la maggior parte della legislatura si sta concludendo. Volete poter dire assieme a noi, perlomeno, che a un certo punto ce ne siamo accorti e che abbiamo fatto di tutto perché i calabresi non ne pagassero il dazio, il peso maggiore?
Con questo spirito vi invitiamo a questa discussione, vi invitiamo a decidere. Poi, attenzione, non vi vogliamo prendere lo sterzo; il Presidente della Giunta, la Giunta hanno i loro compiti, loro discuteranno col Cipe, gestiranno le cose che la Regione decide, decidono loro. Una cosa, però, non vi consentiamo né consentiamo: noi non pensiamo che questo sia un qualcosa da mandare in soffitta, che la discussione sul futuro della Calabria non ci compete, che la programmazione sia solo pezzi di carta, che, quindi, non sia questa la sede fondamentale e non altre. Non da soli, concertando, ascoltando, correggendo, per dire a cosa sì subito, a cosa sì dopo, a cosa no, su come farlo e con chi farlo.
Quello che sarà questa discussione, quanto sufficiente o insufficiente sarà, per quanto mi riguarda, lo verificherò dalle conclusioni operative, dal tipo di dispositivo, di documento, di mozione che approveremo e mi auguro – e farò di tutto per la mia parte perché l’approviamo – che sia espressione convergente. Voi dovete attuarlo, a noi il compito di controllare, non da soli, perché altre potenze democratiche fuori dal Consiglio, dalle autonomie ai sindacati, alle imprese, hanno compiti in cui non entriamo.
Stasera, oltre questo non possiamo andare, ma pensiamo che
sia doveroso farlo; la situazione è così grave, che nemmeno voi potete
concedervi il lusso di far finta di non sentire e di non capire. La mia conclusione
è, signori della maggioranza, signori della Giunta e signor Presidente,
se non ora, quando questo tipo di sforzo?
Forse che è già troppo tardi, ma fino ad oggi avete una grande responsabilità, domani assieme a questo sareste complici di un’operazione di vero e
proprio tradimento degli interessi puliti dei calabresi e della Regione tutta.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Guagliardi. Ne ha
facoltà.
Signor Presidente, colleghi, non avrò la forza di tirare per le lunghe questo intervento, confesso di invidiare il collega Bova e il collega Tripodi che hanno questa capacità.
Riguardo Gioia Tauro ho
delle idee che rientrano, ormai, nell’immaginario collettivo dei calabresi:
svolta rispetto alle sofferenze della Calabria;
attesa di rinascita economica della nostra regione;
luogo delle spinte più radicali, innovative dei lavoratori della Calabria, un sogno che diventa realtà, un processo
di emancipazione democratica
del nostro territorio.
In Gioia Tauro ormai si identifica
la Calabria, e viceversa, il luogo del riscatto lo potremmo definire, perché nell’ambito di una grande battaglia della sinistra, del movimento dei lavoratori,
si è difeso questo polo industriale in
un porto che doveva costituire il cuore della Calabria, dell’economia calabrese. Oggi viene ribadito che questo luogo è importante, lo si
dice nell’ambito delle dimensioni
globali dell’economia mondiale, si parla del Mezzogiorno d’Italia che diventa
fondamentale nei rapporti con l’Oriente attraverso il corridoio 8, si parla
della scadenza del 2010, quando i confini e le frontiere del Mediterraneo
avranno nuove dimensioni e la Calabria, cuore del Mediterraneo, dovrebbe diventare, grazie a Gioia Tauro, il fulcro dello sviluppo.
Credo che questo – è la speranza
di noi tutti – sia l’obiettivo
da cui dobbiamo partire, sia il luogo in cui
la Calabria possa pensare il suo sviluppo. Nella tradizione antica la Calabria era il luogo delle visite delle civiltà
del Mediterraneo, il luogo in cui si costruivano nuovi pensieri e nuovi
mercati. Riguardo Gioia Tauro dobbiamo dire grazie alla forza polemica del sindacato che negli
ultimi venti giorni ha messo su la questione con la sua cruda denuncia della
bocciatura dei progetti da parte del Cipe. Noi
dobbiamo dire grazie al sindacato per questo, perché quando lo hanno
riferito le forze politiche e qualche singolo personaggio, c’è stata
distrazione, poi di colpo è diventato argomento di grande autorità e di grande
discussione.
Ho fatto una piccola raccolta della rassegna stampa su
Gioia Tauro - ci sono decine e decine di pagine che parlano di questo argomento
-, ci lascia perplessi che le motivazioni per cui non sarebbero stati trovati i
finanziamenti sono varie e contraddittorie: si dice che la somma destinabile
non è quella di circa 90 milioni di Euro, ma è di molto inferiore - ci sono
notizie contrastanti -, emerge che vi è un conflitto tra ruoli e funzioni, tra
l’Asi e l’Autorità portuale, e ancora che nel territorio manca un Piano
regolatore generale, manca un’ipotesi di sviluppo. In concreto abbiamo intuito
che c’è un forte contrasto riguardo il destino di Gioia Tauro.
Gioia Tauro è a una svolta e questo ormai l’hanno
percepito tutti, perché un porto degno di essere il luogo dello sviluppo del
Mediterraneo, la porta al Medio Oriente, la porta alle frontiere del
Mediterraneo, non è compatibile con il suo attuale stato di organizzazione.
Qualche tempo fa, mentre gli operai occupavano il comune, erano
in uno stato di agitazione di lotta, c’è stata una piccola intervista in televisione,
noi qui usiamo parole roboanti, ma qualche cittadino,
qualche lavoratore del porto ha detto: “Non abbiamo
un bar dove poter bere un caffè, non ci sono collegamenti tra il porto e la città”.
Una realtà di così grandi prospettive che è chiusa non
alla Calabria, ma alla sua città, può avere un avvenire? Eppure Gioia Tauro è
stata la grande innovazione, il colpo di genio dei calabresi, che hanno posto
la questione del porto come
nuova occasione per rilanciare l’economia calabrese. Ma dopo veniamo a sapere
che anche per Gioia Tauro c’è una concorrenza spietata, che chi c’è lì dice che
bisognerebbe impegnarsi a resistere sul piano del lavoro e dell’attività del
porto, non a svilupparsi perché in questo senso non ci sono possibilità, che
bisogna difendere l’esistente, perché c’è la concorrenza spietata delle altre
regioni meridionali che vogliono accaparrarsi parti del mercato del porto Gioia
Tauro.
Io che non sono
così ottimista, che mi chiedo sempre perché una grande occasione di questo tipo
debba correre il rischio di essere vanificata, perché su Gioia Tauro incombano
i ritardi di un progetto che non sia raffazzonato - come dice il Presidente
Chiaravalloti, non interferiscono sui destini di Gioia Tauro i “Masaniello” di
paese, che ci sia un’azione vera -, mi chiedo perché oggi Gioia Tauro corra
questo rischio e perché non può diventare quello che tutti vorremmo: un polo
marittimo eccezionale che colleghi il mondo all’Europa e tutto questo
attraverso la nostra terra.
Non sto a dilungarmi
molto, ma pongo un problema che qui, credo, o
stiamo sottovalutando o non vogliamo affrontare
fino in fondo, che è oggetto
della discussione e passa come un’eventualità su cui dovremo discutere dopo, ma che, secondo
me, è il tema centrale: l’impianto di rigassificazione del porto di
Gioia Tauro. Quell’impianto che costerebbe 2 mila miliardi, un’area che modificherebbe la struttura del porto e che è incompatibile con lo stesso, perché l’uno escluderebbe
l’altro, e le sorti di Gioia Tauro sono collegate a questo. La
nostra politica, la Regione Calabria,
la Giunta regionale, il governo dovranno decidere quale sarà il destino di
Gioia Tauro, perché se vogliamo che per il porto permanga la possibilità di
essere un grande scalo mercantile che faccia da traino allo sviluppo calabrese, non può convivere con il rigassificatore. Il rigassificatore ha bisogno di spazio, di
impianti sofisticati, di manovre sofisticate, è pericoloso – lo stesso Presidente molte volte l’ha detto – non sappiamo gli effetti di compatibilità con il territorio, però è
anche qualcosa che dovrebbe consolidare un
progetto già in atto.
Usiamo un
eufemismo: il gas, questo prodotto energetico
che da elio diventa liquido, trasportato qui con le navi, dovrebbe poi tornare di nuovo elio. Dove va a finire
questo gas? Perché con la privatizzazione
delle centrali elettriche noi dobbiamo sapere dove va a finire questo gas.
Serve alla rete calabrese, all’industria calabrese? Serve alle case, al riscaldamento
delle famiglie? Serve ai comuni, all’agricoltura, questo gas che viene
distribuito nel nostro territorio? Non mi sembra sia così, perché non ci sono
reti di metanizzazione in questa nostra regione, non ci sono industrie che
possano utilizzare questo tipo di energia, cioè noi importeremmo una quantità
enorme di gas da immettere sul mercato per poi non sapere dove va a finire.
Attraversa la Calabria e si trasferisce al Nord? In questo caso, probabilmente,
chi fa questo tipo di investimento sarebbe un cattivo investitore, perché
portarlo in Calabria e poi tramite un gasdotto e portarlo nel Nord Italia? Non
sarebbe conveniente e forse lo hanno rifiutato in altre zone.
Dove va questo gas? Va nelle costruende centrali
elettriche della Calabria? Quindi noi stiamo discutendo di quale modello di
sviluppo poniamo in essere per la Calabria, se vogliamo un modello di sviluppo
che si incentri sulle centrali termoelettriche, sugli elettrodotti, sui
termovalorizzatori, sulla vendita di energia, perché poi vengono qui le grandi
case di produzione di energia che chiedono di installare nel Mezzogiorno d’Italia,
ed in Calabria in particolare, centrali elettriche? E noi assumiamo la funzione
di fornire energia al Nord, sapendo che l’unico investimento sarà la costruzione
delle centrali, che non porterà né reddito alle famiglie, perché pochi saranno
i lavoratori occupati nelle centrali, e neanche produrrà risorse che si
fermeranno in Calabria, perché la vendita dell’energia andrà in altri destini?
Oppure dobbiamo utilizzare un nuovo modello di sviluppo della Calabria, quel
modello di sviluppo che abbiamo sognato, che oggi può essere competitivo nel
campo mondiale. Perché dovremo accettare noi certi processi di industrializzazione, certe forme di
sviluppo acuto che portano alla crisi e alla ricaduta negativa nell’ambiente e
che stanno per essere dismesse in altre realtà?
Vedete,
credo che noi dobbiamo fare e accettare di tutto perché Gioia Tauro non muoia e
perché diventi il luogo dell’economia calabrese. Anche noi che viviamo in altre zone
dobbiamo fare fronte comune affinché Gioia Tauro diventi il luogo dell’economia
calabrese,
credo che oggi noi abbiamo il coraggio di scegliere e di dire se vogliamo una
modifica dei destini e delle prospettive
del porto di Gioia Tauro e
se vogliamo rafforzarlo veramente, perché laddove appare l’idea del
rigassificatore o del degassificatore – come viene chiamato – lì c’è già la
dichiarazione di prossima installazione di questo impianto. E poi ci sarà il
problema di quale delle società che vogliono costruirlo vincerà l’appalto - ma
queste sono cose che non ci riguardano, perché poi è marginale sapere se ci
sarà questa o quella società, questa o quella holding, che costruirà
l’impianto di rigassificazione.
Il punto vero è che noi abdichiamo ad una strategia
economica del nostro territorio nel momento in cui decidiamo che possono
convivere nel porto di Gioia Tauro: rigassificatori
e attività fin qui svolte. A quel punto avremo decretato la fine di un
complesso per rilanciare un
nuovo modello di porto, una nuova economia, su cui già i sindaci della Piana
dicono: “state attenti che in questo territorio si stanno costruendo molti
impianti di produzione di energia elettrica, molte centrali”. E poi, con quel
famoso elettrodotto Rizziconi-Laino, che dovrebbe trasferire l’energia prodotta dall’area di Gioia Tauro,
crescendo man mano che va al Nord con altre centrali che verranno costruite su
quel percorso, fino a
Castrovillari, alla Sondel di Firmo e ancora su verso nord, noi avremo
decretato un destino.
Credo che dobbiamo avere il coraggio di non tacere. Io
so che questo è un problema così grosso che un povero consigliere regionale di
un partito come il mio non potrà incidere molto, però il problema c’è e la
classe politica di questa Calabria deve stabilire qual sarà il destino del porto di Gioia Tauro, cosa si vuole
fare, bisogna dire chiaramente se ci sarà una prevalenza di produzione
energetica oppure se diventerà quel grande sogno in cui centinaia e migliaia di
lavoratori calabresi hanno sperato, per cui hanno lottato contro le centrali a
carbone, credendo nello sviluppo del territorio, cioè perché questa Calabria
non diventi una colonia dell’economia altrui. Con gli impianti che verranno a
costruire in quel territorio, con le complicità dei poteri locali, da tutti
conosciuti nel territorio, diventerà il luogo di colonizzazione di questa
regione e noi continueremo ad essere una zattera su cui tutti potranno
approdare, tutti potranno compiere atti di sciacallaggio nell’illusione dello
sviluppo, ma condanneremo la nostra regione ad essere sempre serva dei poteri
altrui, senza un nostro destino di sviluppo.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Pisano. Ne ha facoltà.
Sarò molto
breve Presidente, anche
perché credo che, visto l’annuncio fatto in questi
giorni dal Presidente riguardo l’incontro da svilupparsi
domani a livello regionale, con la partecipazione dei ministeri interessati (il ministro dell’ambiente con il
sottosegretario Nucara e il ministro per le infrastrutture), sia opportuno
questa sera spendere utilmente
questa seduta per fare il punto
sulle prospettive,
più che sul pregresso e sull’analisi delle cose del passato.
Mi soffermo brevemente su
un aspetto importante che sembra essere il tema, la traccia che ognuno segue
nella discussione su Gioia Tauro. Penso sia giunto il momento di sfatare un
mito, sarò forse provocatorio, ma penso di dirlo con ragione, con cognizione di causa: Gioia Tauro non può fermarsi ed essere soltanto
considerato, come fino ad ora è stato, un porto per il servizio di transhipment.
Si dice che i traffici, è vero, ci hanno portato un grande vantaggio e hanno posto l’attenzione
mondiale su questa realtà territoriale, su questo porto, ma non
facciamoci illusioni e non diamo benemerenza a chi ha il solo merito di aver
fatto un intervento industriale e di aver
utilizzato una notevole potenzialità esistente.
Faccio
questa considerazione perché ritengo
che Gioia Tauro debba andare oltre il transhipment e tutto ciò di cui si
parla, il contorno al di là del degassificatore, non può essere funzionale al discorso di Med-Center o della Contship o del servizio di transhipment
di per se stesso; dico questo perché un punto fondamentale della
discussione che è di ordine tecnico per certi aspetti, ma anche di ordine politico strategico, è quello dell’apertura del secondo invaso. A che serve? Dobbiamo chiederci a cosa serve un’apertura d’uscita o di ingresso. Certo, tutti sostengono che nella movimentazione
delle navi, anziché fare il bacino di
rotazione interno con i rimorchiatori e far perdere tempo alle navi per mettersi
di prua per poter uscire poi, consente alle stesse navi l’approdo e quindi
l’uscita direttamente dall’altra parte del canale.
Ma questo è un discorso unilaterale,
cioè soltanto al servizio del transhipment, della società di gestione di
queste attività. Può anche essere una scelta strategica questa, ma bisogna che
la si inquadri in un contesto di programmazione di tutto lo sviluppo dell’area
e del porto di Gioia Tauro.
Perché dico questo? Perché dobbiamo sfruttare utilmente questo incontro, signor Presidente della Giunta, in modo che si possa impostare, una volta per tutte, un discorso organico, un piano di sviluppo dell’area di Gioia Tauro che tenga conto dell’utilizzo del porto e dell’area retrostante il porto in termini di polifunzionalità. Ma alla polifunzionalità vanno dati contenuti e allora la scelta della logistica integrata e dell’interporto che sono interconnessi fra di loro e anche la concentrazione sulla utilizzazione e riconoscimento di zona franca, sono questi i punti nodali su cui bisogna impostare un nostro discorso. Tutto il resto è legato a questa programmazione, alle scelte strategiche che vanno ad essere impostate da ora in avanti.
Mi riferisco anche al Piano regionale dei trasporti, perché di fatto
nella scelta dell’individuazione della logistica, dell’interporto di per se
stesso bisogna vedere che utilizzo se ne fa. Io mi preoccuperei più della
effettiva costruzione e del completamento dello stesso interporto, anziché
della società di gestione, perché è vero, devo dire che il Presidente della
Giunta in questi giorni ha fatto stipulare un’intesa per la precostituzione di
una società alle due autorità di fatto esistenti sull’area territoriale del
porto, che sono l’Autorità portuale e il Consorzio industriale di Reggio
Calabria. Perché questo è stato fatto? Perché questi due enti sono in conflitto
per una ragione obiettiva che riguarda le aree che ancora sono indefinite
inerentemente la proprietà nel comparto di Gioia Tauro, in quanto là l’Autorità
portuale rivendica il diritto di proprietà di alcune aree. Quindi questo motivo
credo abbia indotto saggiamente il Presidente a far sì che nella fase di avvio
potesse essere costituita la società composta da questi due enti subregionali,
se si può dire in questo modo.
Allora la ragione deve essere trovata e deve essere coerente ogni azione di sviluppo, così come penso – dicevo – che nel Piano regionale dei trasporti, all’interno del quale vi è un’individuazione della logistica, ci sia una parte che contiene anche un concentrato su quella che potrà essere l’impostazione della logistica integrata su Gioia Tauro. Credo che tutti questi elementi debbano essere coerenti tra di loro, nel senso che, alla fine, si traccia una linea di organicità e il Piano regionale dei trasporti, dicendo anche in modo specifico quali sono le tipologie di intervento, come viene individuata la logistica, come si sviluppa, quali sono le integrazioni che vengono ad essere portate sull’area di Gioia Tauro: tutto questo deve integrarsi e rispondere ad una logica, che è quella di fare in modo che possa esserci uno sviluppo dell’area di Gioia Tauro vero e articolato e non uno sviluppo soltanto unilaterale.
E’vero, si fanno delle citazioni in questi giorni,
ho visto riportate ampiamente in un servizio dei quotidiani calabresi le linee
di indirizzo che ci venivano date dal Presidente della Consthip e quindi della
Mct. Devo dire con franchezza che non dobbiamo aspettare che le tracce ci
vengano date da loro che sono ovviamente interessati, ai quali va, comunque,
dato merito per l’intervento fatto su Gioia Tauro, però sono industriali che hanno
anche una ragione economica, ragionano in termini economici sull’utilizzo di
queste aree e sull’utilizzo, in questo caso specifico, del porto di Gioia Tauro. Io vorrei
sollevare qui, allora, il problema, forse impropriamente, ma non è tanto
improprio, che a Gioia Tauro sono occupati 2 mila giovani, si dice “parecchi
dall’indotto”, ma molto dell’indotto su Gioia Tauro è indipendente dallo stesso
transhipment, indipendente anche dallo stesso servizio della Mct, ma non
si prevedono in ordine a questo, ulteriori sviluppi occupazionali perché non ce
ne sono molti con questo tipo di servizio, in quanto questo è, punto e basta.
Allora, se non si muovono diversamente e non si potenziano gli interventi su Gioia Tauro nella direzione che ho detto o articolandoli ancora meglio, ivi compreso il rigassificatore ( verso il quale una scelta definita va fatta e non si può fare uno stralcio delle opere che sono funzionali al rigassificatore, così come sono comprese nella legge obiettivo, poiché le altre opere connesse sono consequenziali), se non si fa la scelta, dicevo, non si possono fare le altre cose, quindi nessun progetto stralcio può essere approvato dal Cipe.
Allora – dicevo – per i 2 mila giovani che sono questi, punto e basta,
non c’è nulla che possa essere aggiunto, non ci possono essere condizionamenti
anche su Gioia Tauro – e qui lo dico agli amici sindacalisti che sono presenti
e attenti a molte delle cose che si sviluppano nel nostro territorio –, quindi
maggiore attenzione anche in direzione di questi giovani che lavorano
nell’ambito della portualità a Gioia Tauro, perché possano avere gli stessi
diritti che hanno i lavoratori portuali di Genova, di Livorno, di Trieste e di
altri porti d’Italia.
Concludo questo intervento augurandomi che nell’incontro di domani possano essere messi a fuoco non solo gli aspetti preminenti che sono stati oggetto di dibattito in questi giorni, ma che si allarghi l’orizzonte dell’intervento, perché una volta per tutte, si possa tracciare un piano organico di sviluppo per Gioia Tauro, che comprenda anche tutte le linee consequenziali per la regione Calabria.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Nucera. Ne ha facoltà.
Ho ascoltato tutti gli
interventi dei colleghi e, al di là delle posizioni preconcette
che ognuno dalla propria postazione politica
ha posto nel dibattito che si sta svolgendo,
mi ha colpito, per certi aspetti, l’intervento del collega Bova – sempre attento, riflessivo, oltre che
estremamente lungo nei suoi interventi, per
cui uno poi non riesce più a seguirlo con quella concentrazione necessaria
che probabilmente merita – ed è un interrogativo iniziale che lui si poneva:
“Ma stiamo perdendo tempo in quest’Aula? Ma questo Consiglio regionale è
influente ai fini della decisione che poi noi andremo ad assumere rispetto alla determinazione di
quelli che saranno gli sviluppi successivi?
Oppure” – mi sembra di aver capito, nel contesto del lungo intervento – “già il
problema che abbiamo sollevato e posto in essere in un dibattito che si è
svolto al di fuori di quest’Aula, particolarmente un dibattito giornalistico
dove si è detto di tutto e di tutti, è sufficiente a dare una risposta rispetto
ai ritardi che si sono accumulati?”.
Questo
è l’enigma che l’onorevole Bova pone, chiamando in causa le manchevolezze, le
deficienze, le incapacità di questa maggioranza a gestire un problema così
forte e così delicato. Anzi, a proposito richiamo all’attenzione anche l’intervento dell’onorevole
Tripodi, il quale non ha fatto altro che sottolineare in un’altra
ora di intervento che tutte le colpe e tutti i guai dell’Italia, del mondo, di
Gioia Tauro, della Calabria, dell’Asia, del Medio Oriente e via dicendo, dipendono da questa Giunta regionale, da questa
maggioranza di Consiglio regionale, che tutti i mali del mondo sono
addebitabili alla maggioranza di centro-destra che in questi due anni gestisce
e si trova al governo della Regione, preoccupandosi e ponendo la necessità di
dare un significato forte all’azione che noi,
come Consiglio regionale, abbiamo posto in essere o dobbiamo porre in essere,
appellandosi anche alla Calabria degli onesti, come se ci fosse, cioè, una
Calabria che è tutta a favore di Gioia Tauro – e quella è la Calabria degli
onesti – e altri calabresi disonesti che sono qui per decidere la morte di
Gioia Tauro. Per fortuna, voglio tranquillizzare i colleghi della minoranza che mi hanno preceduto che così
non è, infatti, non mi è parso di cogliere né
nel dibattito esterno, né nel dibattito che in quest’Aula si sta consumando
stasera, né in quelli che saranno i passi successivi
e che sono stati anche in parte anticipati dal Presidente Chiaravalloti,
momenti di grande distruzione per la
Calabria, anzi, tutt’altro: momenti di attenzione
e di riflessione su quello che potrà essere lo sviluppo di Gioia Tauro.
E io
voglio porre l’attenzione anche sul fatto
che l’intera area di Gioia Tauro ha un significato forte non solo per la stessa Gioia
Tauro e tutto il suo hinterland o per la Calabria come fatto territoriale, ma per
l’Italia intera, in un momento, in un contesto in cui nel Parlamento di livello
nazionale e di quello europeo si recuperano alcuni valori che pongono, per la
condizione geografica e la
posizione strategica che questa struttura portuale occupa, paradossalmente
per la stessa Gioia
Tauro, l’interesse proprio concentrato su queste aree forti, possiamo oggi
definirle, del nostro Paese.
E così, di fatto, si pone il problema nel momento in cui
andiamo a sostenere e a voce
forte che Gioia Tauro non è un problema; tutt’altro, Gioia Tauro oggi più che
mai rappresenta una risorsa o la risorsa che noi vogliamo difendere, tutelare, sostenere, che vogliamo portare avanti con tutte le forze e le energie. Però
questo non deve e non può essere fatto in maniera frettolosa o in maniera inadeguata,
non significa che tutto è buono solo perché viene proposto a livello di Gioia
Tauro, ma deve passare e filtrare attraverso una serie di valutazioni forti,
necessarie, dialettiche che la lealtà dei comportamenti impone, che la coerenza
dell’azione politica richiama, che i fatti del cittadino medio,
dell’intelligenza media, dell’onestà media vogliono porre in evidenza.
Allora, se
bisogna essere severi nello stile, che ben venga questa severità; se bisogna
essere duttili anche nelle strategie da attuare, che questa duttilità ci sia;
se bisogna, in ogni caso, porre in essere – e qua bisogna farlo – azioni
concrete, che queste azioni concrete siano poste in essere, cioè la politica
non può e non deve essere lontana dalle esigenze e dalla necessità che Gioia
Tauro pone come momento di domanda forte rispetto alla posizione strategica che
occupa, cioè il confronto dialettico non può racchiudersi in poche e
privilegiate realtà e non allargarsi a quella che è la società che dovrà godere
e dovrà cogliere i momenti di forte linea rispetto alla strategia complessiva
che Gioia Tauro pone in essere, cioè non può e non deve essere un momento
episodico su ogni intervento che deve essere fatto, ma deve essere inserito in
un contesto molto più ampio che abbracci non solo il comprensorio di Gioia
Tauro inteso come estensione territoriale che comprenda San Ferdinando e
Rosarno nel suo contesto, ma che abbracci in una pianificazione seria, intelligente,
studiata tutto l’hinterland della Piana proiettata in una dimensione a
nord e a sud della Calabria e nella provincia di Reggio nel suo complesso o a
sud collegata anche al ponte di Messina, cioè un’area integrata in cui vi sia
uno sviluppo armonico e coeso.
In quest’ottica, Gioia Tauro assume
una visualizzazione diversa, un obiettivo, un modo di fare diverso, una
necessità di porre con spirito di grande disponibilità le condizioni per un
lavoro che garantisca soprattutto integrità di sviluppo complessivo con
interventi piuttosto forti e mirati. Però bisogna intervenire: stabilite le
linee, non possiamo più assumerci la libertà di riflettere o di tentennare o di
avere dubbi sulle modalità di intervento, perché gli interventi devono essere
decisi, fermi e determinati. E così, se il quadro complessivo di riferimento è
questo, è ovvio che Gioia Tauro non può e non deve chiudersi solo in un
rapporto fra il mare, i movimenti marittimi e la terraferma, la banchina del
porto, ma deve allargarsi a quelli che sono i nodi, i volani di sviluppo, quei
moltiplicatori di sviluppo che noi oggi agogniamo e che fanno di Gioia Tauro un
nostro punto di riferimento forte.
Questo Consiglio regionale qualcosa di utile e di positivo l’ha fatto, i
segnali forti di attenzione noi li abbiamo posti nel momento in cui,
all’unanimità, licenziammo la necessità di individuare la zona franca e l’area
franca di Gioia Tauro come momento fondamentale di attenzione, laddove si
pongono le condizioni non più di un transhipment passeggero e momentaneo
legato ad un passaggio, come se Gioia Tauro fosse punto di attracco o di
appoggio, come un fiorellino su cui ci si posa e si va subito via. L’abbiamo
posta proprio in nome di quel tentativo di creare le condizioni di una
industrializzazione, che è necessaria a tutta la Calabria. E questo è un
significato che smonta quelle perplessità iniziali di qualche intervento che
poneva tutto drammatico, senza nessuno che faccia nulla.
E allora, se oggi stiamo insistendo
sulla necessità di realizzare nuovi strumenti, si parla di nuove funzioni che
vedono il “freddo” come protagonista di questa attività di azione dello
sviluppo industriale di Gioia Tauro, noi sosteniamo le attività inserite in
quel contesto iniziale di cui avevo detto, di cui ci facciamo portatori
nell’area di un sistema molto più forte di intervento e ancora di più, quando
si parla di beni immateriali e quando in questo contesto vogliamo vedere il porto e tutta l’area di Gioia Tauro
non legati necessariamente a ciò che è materialmente immediatamente coglibile
attraverso le strutture, ma anche attraverso le immaterialità dei nuovi
servizi.
Pensiamo, perciò, al cablaggio dell’area di Gioia Tauro e oltre, pensiamo alla necessità di avere tutti quei moltiplicatori e quegli interventi sul piano finanziario – di cui adesso parlerò – che ci consentano di poter realizzare – ecco perché, caro Presidente Chiaravalloti, per noi diventa urgente e indifferibile procedere, al più presto, alla presentazione del piano degli inserimenti industriali, che è vero apparentemente sembrano rispondere a esigenze di piccolo cabotaggio –, il collegamento dei 300 metri di cabina di linea ferroviaria, dalla stazione al porto di Gioia Tauro in maniera che questo non rimanga isolato, la costruzione della rete fognaria, il collegamento con l’autostrada, o gli inserimenti industriali nel secondo piano, in un contesto generale e diffuso.
Ma ciò su cui noi puntiamo in questo contesto è la necessità
di trasformare quei finanziamenti del Cipe in
un forte volano di sviluppo che non si limiti
solo ai 93 milioni di Euro, ma che abbracci un’ampia gamma di interventi, un
circolo virtuoso, una ricchezza reale che non è rappresentata soltanto dagli Euro, dai dollari o dalle lire, ma da
quella ricchezza
culturale, da quell’inversione di tendenza, da quella grande forza di beni
immateriali che noi oggi non identifichiamo, ma che è collegata ad un concetto
di fondo che si chiama ricchezza di un territorio, sulla quale dobbiamo
riflettere e in quest’Aula, perché è da qui che poi dovranno partire i grandi
temi dello sviluppo dell’area di Gioia Tauro.
Ecco perché, cari amici della sinistra, da voi stasera mi sarei
aspettato, qui sì, un forte richiamo a quelli che sono i valori della
contrapposizione e della dialettica politica, ma alla fine mi sarei trovato – e
mi auguro di trovarlo anche al termine di questo intervento – un momento di
sintesi e di confronto, perché Gioia Tauro – come è stato detto dalla vostra
parte politica – se è vero, come è vero, che non può e non deve rappresentare
un problema, è una risorsa, soprattutto e specialmente per quella Calabria
onesta a cui vi appellate, perché non c’è una Calabria onesta in quest’Aula e
una Calabria disonesta. Noi in quest’Aula rappresentiamo i bisogni dei
calabresi, che passano e superano anche attraverso il progetto di Gioia Tauro.
Mi è sembrato di sentire e di cogliere una
vena polemica
contro il Governo Berlusconi, sicuramente sono
l’ultimo a dover alzare e difendere
le posizioni di un Governo che mi è amico
come parte politica, che difendo e innalzo finché sarò in questa parte politica
e finché la mia parte politica mi dice e mi dà compito e mandato per poterlo
fare, perché altri più di me lo possono fare e sono titolati a farlo in
quest’Aula – e mi auguro che lo facciano –; mi è sembrato di aver sentito dire
che il centro-destra ha voluto mortificare
e affossare il governo, l’area e il tema di Gioia Tauro. Ma chi più dei governi
della sinistra, chi più di un tale Burlando ha voluto mortificare e affossare
Gioia Tauro? Chi più di questo ministro genovese ha voluto evitare che i treni
arrivassero e partissero da Gioia Tauro? Chi più di tale ministro ha voluto che
Gioia Tauro fosse uccisa già nel suo nascere ?
Perciò, mitigate le vostre parole,
cari amici del centro-sinistra, e rapportatevi alla realtà dei fatti, perché
queste cose non le dice l’umile consigliere regionale della Calabria, ma le ha
dette il vostro ministro, sempre della sinistra, il ministro Nesi.
Allora
dobbiamo riflettere anche sulla sincerità dei comportamenti e sulle domande
iniziali che qualche autorevole rappresentante della sinistra si poneva
all’inizio del suo intervento, per dire chiaramente come stanno le cose, su chi
difende Gioia Tauro e su chi, invece, ci vuole speculare. Noi non siamo
disposti a questo gioco, se qualcuno ha iniziato la campagna elettorale noi non
ci stiamo, siamo nelle condizioni di controbattere punto per punto, assumendoci
le nostre responsabilità a livello regionale e nazionale. Non abbiamo paura del
confronto, non lo temiamo, siamo stati abituati a ben altra scuola non a quella
della demagogia.
E’vero, questo Consiglio regionale
oggi è chiamato a dare una risposta sul problema di Gioia Tauro, anche nel
rapporto col Governo centrale, per questo insisto su un ordine del giorno che
sia frutto dell’attenzione dell’una e dell’altra parte politica, delle
richieste da rivolgere, da affidare alla Giunta regionale e al Presidente su
come rapportarsi rispetto al Governo nazionale.
Per esempio, sul Dpef non c’è una
parola, per esempio sui Pon abbiamo la necessità di recuperare finanziamenti
regionali, per esempio la stessa Regione Calabria è chiamata a dire qualcosa di
ciò che di suo vorrà spendere e vorrà porre all’attenzione nelle attività
connesse a Gioia Tauro e a tutto l’hinterland nel porto.
Io penso che, per certi versi, abbia fatto bene il Presidente
Chiaravalloti – non la penso come qualcuno ha avuto modo di dire
nell’intervento precedente – a chiamare e mettere intorno a un tavolo i due
organismi che più di tutti gli altri hanno avuto la rappresentatività con la
loro presenza, la loro azione istituzionale, oltre a quella della Regione che
bisogna per certi aspetti stigmatizzare visto che la Regione non ha vigilato,
evidentemente, nella maniera dovuta rispetto a certi atteggiamenti.
Sotto questo punto di vista, da oggi dobbiamo impegnarci ad essere più
vigili, più presenti anche attraverso gli istituti delle autonomie locali,
anche – e perché no? – attraverso la presenza permanente di una consulta che
consenta di essere più decisi. Questo Consorzio di cui tanto si parla, mi
auguro che al più presto possa avere luce. Io non credo molto ai consorzi, agli
organismi istituzionali tanto per dire che c’è un organismo istituzionale che
vigila o tanto per dire “occupatevene voi, a me non interessa”. Noi siamo
impegnati, invece, ad occuparci, vogliamo seguire e vogliamo essere attenti
rispetto a questi meccanismi.
Perciò – dicevo – se questo Consorzio ha questo spirito, se serve a
mettere sullo stesso tavolo i soggetti interessati, mi auguro che domani una
parola definitiva rispetto ad alcuni passaggi anche rispetto al ministero
dell’ambiente venga posta in maniera decisa e seria, e che rispetto a queste
cose sia l’Asi che l’Autorità portuale possano intervenire. Perché siamo
rimasti inorriditi nel vedere, all’indomani del rinvio del Cipe, a fronte di
una condizione di serenità, alcune autorità che si scannavano contro altre,
alcune autorità rappresentanti anche del governo regionale, della volontà
regionale essere schierate contro la Regione Calabria.
Questa è confusione, così non si può andare avanti, non tutti possono
essere sindacalisti, non tutti devono fare i politici. Allora o c’è distinzione
di ruolo sui loro atteggiamenti o su questo non si capirà mai da quale parte
sta la politica. Noi abbiamo la necessità di recuperare i termini della
politica e in maniera seria…
PRESIDENTE
Onorevole Nucera, si avvii alla conclusione.
Allora, se superiamo il momento della denuncia – e concludo, Presidente, però i suoi richiami devono essere anche rivolti a interventi di quanti per ore ci hanno tenuto in queste sedie; non lo faccia più, Presidente –, se con un atto di responsabilità superiamo le fasi di strumentalizzazione o le posizioni demagogiche o quanto in noi alberga come anche fine politico e ci appelliamo a quel richiamo della Calabria degli onesti, abbiamo stasera più che mai il dovere di spendere una sola voce e dire che il Consiglio regionale si impegna su un solo progetto da affidare a chi, nella fattispecie la Giunta e il nostro Presidente, è chiamato a guardare al futuro e a spendere la sua intelligenza e la sua portata sul futuro di Gioia Tauro con la capacità che noi abbiamo.
Non mi voglio dilungare, però parlare della polifunzionalità diventa un fatto inevitabile, lo hanno fatto altri colleghi. Noi crediamo alla polifunzionalità del porto, solo così il porto potrà interagire con le popolazioni calabresi. Guai se Gioia Tauro fosse una nota stonata, un do e solo un do in quella chitarra! Gioia Tauro deve avere tutte le note, tutte le attività, da espletare e da esplicare.
Allora in questo senso un terzo della navigazione marittima che oggi passa nel Mediterraneo diventa qualcosa di più e di forte. Gioia Tauro non ha solo il vantaggio di dieci giorni su Amburgo, ha la più grande risorsa che un’attività di industria può e deve avere, che è la verginità dei suoi luoghi, la capacità di attrarre qualsiasi iniziativa, anche i degassificatori, soprattutto i degassificatori in un momento in cui questi diventano momento di attenzione, di produzione e di sviluppo del domani.
Gioia Tauro ha un’altra grande risorsa da poter utilizzare e ha un territorio e una popolazione pronta ad accogliere questa opportunità e farla trasformare non come un punto di intralcio, ma come un volano, non come un momento di inquinamento, ma come momento di sviluppo industriale moderno, tecnologico, in coerenza e in piena sintonia con l’ambiente.
Ecco che il quadro d’insieme cambia rispetto agli interventi della sinistra, ecco che la condizione da domani può essere già diversa, perché diversa è la maturità di chi sente e vive certi problemi, perché diversa è la maturità di questo centro-destra, che vuole fare e vuole trasformare Gioia Tauro in quello che effettivamente è, attraverso l’utilizzo e l’ausilio dei nostri uomini di Governo, perché io lo voglio rimarcare: c’è un’azione forte dei nostri uomini di Governo, attenti e premurosi rispetto alla conoscenza che effettivamente si pongono. Questa dialettica fra la Giunta regionale e il Governo nazionale la vogliamo forte, Presidente Chiaravalloti, la vogliamo forte fra la Giunta regionale, il Presidente e i ministri, specialmente i ministri calabresi, vogliamo una dialettica di costruzione, che cresca e che dia speranza e forza alle nuove generazioni della Calabria.
Chiudo questo mio accorato intervento perché era forte la necessità di dire che il centro-destra c’è, è vivo, è coeso ed è unito in un unico progetto che è quello dello sviluppo della Calabria.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Mistorni. Ne ha facoltà.
Presidente, dovrò essere per forza breve, altrimenti vengo annoverato fra i demagoghi oppure tra quelli che parlano come se ci trovassimo a conferire in una piazza; non siamo ancora in campagna elettorale, caro collega Nucera. Ammiro, da questo punto di vista, il Presidente Chiaravalloti che è abbastanza conciso e breve nella capacità di sintesi, per cui meriterebbe un premio!
Qui non bisogna fare demagogia e
retorica,
abbiamo chiesto una seduta di Consiglio sulla questione “Porto di Gioia Tauro” per cercare assieme di affrontare i problemi inerenti e come meglio risolverli.
E’chiaro che vi sono dei dubbi e delle incertezze, e questo forse è anche lo
spirito e il senso di questa seduta.
L’importanza del porto di Gioia Tauro, è scontata, l’ha sostenuto, anche, il Presidente Prodi in maniera efficace, nella sua ultima espressione quando dice: “Che non sia solo porto”. Ma ha detto anche – e vedevo che il Presidente faceva cenno di sì con la testa – che non bisogna nemmeno creare eventuali gelosie tra il porto di Cagliari o il porto di Brindisi, anzi bisogna costruire una filiera, qualcosa a rete in maniera tale che si completino l’uno con l’altro. Per questo, dobbiamo lavorare affinché questo progetto, finalmente, si realizzi. Del resto – lo ricordo ai colleghi che hanno qualche legislatura in più come l’assessore Gentile – quante volte questo Consiglio, anche tenendo sedute notturne, ha affrontato il tema del porto di Gioia Tauro riguardante l’installazione o meno della centrale a carbone!
Oggi, finalmente, si parla di qualcosa di concreto, quindi cerchiamo tutti insieme di affrontare, per portare avanti, tutte queste tematiche dello sviluppo di quell’area portuale.
Ed è importante anche, in un’economia dove si corre, non permetterci il lusso di non correre anche noi; non dobbiamo scegliere la strada di correre di meno, anzi dobbiamo cercare di accelerare i processi.
Allora, da cittadino chiedo: ma era necessario, Presidente Chiaravalloti, – in maniera molto pacata e serena – sospendere il progetto che riguardava la seconda imboccatura e l’ampliamento del bacino, quando già questo progetto era stato approvato e deliberato dal Cipe? Non vi erano i finanziamenti per tutta l’opera? Oltretutto, questa è un’opera che fa capo direttamente al ministero e non rientra, almeno da quanto mi sembra di aver capito, nei compiti della Regione.
Pertanto, bisogna lavorare e insistere perché si reperiscano altri fondi per poter ultimare sia l’ampliamento del bacino che l’imboccatura; del resto ultimamente il Cipe ha approvato anche su Taranto 300 miliardi di lavori, sulla carta ovviamente, ma che saranno utilizzati nelle varie annualità o per lotti. L’essenziale è che, quantomeno, sia avviato il processo. Allora su Gioia Tauro il processo per quanto riguarda l’ampliamento e la seconda bocca è avviato, quindi dobbiamo solo fare in modo che questo Governo tramite il Cipe provveda all’ulteriore finanziamento.
Per quanto riguarda il degassificatore, questo è un discorso che verrà dopo, cioè non è propedeutico alla costruzione e alla definizione del porto. E’necessario prima definire il porto nella sua interezza, comprese le opere di urbanizzazione che riguardano l’elettricità, il collegamento ferroviario, le strade, tutte quelle opere di urbanizzazione necessarie per rendere questa struttura più fruibile ed accessibile. Bisogna lavorare su questo e fare in modo che il Cipe approvi i finanziamenti in tempi rapidi e brevi per poter dare concretezza al porto.
Del resto – questo dobbiamo anche rilevarlo e mi dispiace che il consigliere Nucera a volte, preso
dall’enfasi, dica cose che poi nella realtà non si rinvengono – a noi risulta
che l’ultimo stanziamento di risorse per il porto di Gioia Tauro risalga
proprio a quando era Presidente del Cipe l’onorevole Morgando,(un
sottosegretario fra l’altro non
certamente meridionale, della Margherita, dove rifinanziava il contratto
d’area, e anche l’interporto e la sovvenzione globale. Quindi da allora si è avviato questo discorso, purtroppo, ad oggi, altri finanziamenti non ne
abbiamo avuti.
Allora che cosa
chiediamo e qual è l’impegno del Governo nazionale, ovviamente su
sollecitazione del governo regionale? Che il porto di Gioia Tauro
venga tenuto nella giusta e meritata considerazione, anche in relazione, oltre
che allo sviluppo di Reggio, eccetera, che è ben poca cosa, allo sviluppo dell’intera Calabria.
L’altra sera, in
una riunione a Calopezzati, abbiamo posto, anzi i cittadini hanno posto anche
il problema dell’ammodernamento della “106”, finalizzando anche questa infrastruttura – e lei stesso l’ha detto,
Presidente – al porto di Gioia
Tauro.
Allora l’impegno di questo governo regionale, ma in modo particolare di quello nazionale, perché è un discorso che ha una valenza enorme e riguarda l’intera nazione, deve essere incentrato anche sulla realizzazione e l’ammodernamento della “106”, che costituisce questo famoso corridoio sull’Adriatico e si spinge fino all’Europa, al Nord Italia, Nord ed Est Europa. Così il porto di Gioia Tauro assumerà ancora di più valenza enorme, come potranno assumere valenza enorme anche quei porti secondari, come ad esempio, Schiavonea, che può essere di supporto anche a Gioia Tauro, restando un po’nell’ambito e nell’alveo delle nostre strutture.
Su questo dobbiamo lavorare tutti, dobbiamo cercare quantomeno di parlare lo stesso linguaggio per risolvere i problemi. Ma è chiaro, signor Presidente, che purtroppo la stampa in questi giorni ha messo in evidenza alcune discrasie, questa diatriba – non so se voluta o artefatta, eccetera – per esempio, tra istituzioni diverse, l’istituzione regionale rappresentata da lei e l’istituzione provinciale nella persona del Presidente Fuda, dove fanno rilevare, intravedere qualcosa che a noi non è chiara.
Allora anche il senso della seduta di questa sera, assume questo significato di chiarezza non solo per noi, ma anche per chi ci ascolta e per tutta la cittadinanza. La stessa cosa si è posta, per esempio, tra un esponente rilevante di un sindacato e la Presidenza della Giunta, perché anche lì vi è stata una controversia.
Perciò, chiariamo questi aspetti, che ci fanno intravedere che tutto il nocciolo della matassa è tenuto in mano o gestito da forze od organismi che sono al di sopra di noi stessi, che addirittura sia Roma con alcuni personaggi del mondo industriale, sorretti anche dal mondo politico.
Allora facciamo chiarezza su queste cose e lasciamo da parte la retorica, le frasi fatte, vediamo concretamente come svincolarci da questi orpelli e fare in modo che tutti insieme si parli lo stesso linguaggio, per risolvere finalmente il discorso di Gioia Tauro, io dico della Calabria e del Mezzogiorno, se è vero, come è vero, se siamo lungimiranti – e questa deve essere la politica – che la Calabria e il Meridione dovrebbero essere il famoso Nord del Mediterraneo che si sta aprendo a noi.
Non dico altro, cerchiamo assieme di trovare la soluzione per poter finalmente fare decollare questa situazione, nella massima chiarezza e nella massima onestà di ciascuno di noi.
PRESIDENTE
La parola al Presidente Chiaravalloti.
Volevo rispondere all’onorevole
Mistorni, nel cui intervento ho apprezzato la schiettezza e lo spirito costruttivo, però mi pare che neanche lui sia bene informato su certe
cose e capisco che l’azione mistificatoria di alcuni giullari e di alcuni
cialtroni che ruotano attorno a questa operazione possa avere indotto in questo
errore.
Il consigliere Mistorni lamenta
che avremmo bloccato l’apertura della seconda
bocca. Noi, invece, abbiamo lamentato che, non essendosi ancora deciso sull’apertura della seconda bocca, era difficile decidere su tutte le
altre cose, non sapendo se la seconda bocca sarebbe stata aperta o no. Questi
erano i termini del problema.
Lo stesso vale per l’ubicazione del rigassificatore: non
ci siamo opposti a nulla, abbiamo raccolto l’opposizione del ministero
dell’ambiente per quanto riguarda la valutazione di impatto ambientale che
riteniamo esatta, perché mentre qualcuno sosteneva che non fosse necessaria,
noi abbiamo ritenuto che per impianti di tale dimensione e di tale imponenza la
valutazione di impatto ambientale fosse necessaria. Comunque abbiamo sempre,
pur accettando le critiche e le obiezioni che venivano mosse, insistito sulla
necessità di sveltire al massimo il processo, quindi non siamo stati noi che
abbiamo impedito la seconda bocca; il progetto della seconda bocca non è ancora
pronto, non sappiamo ancora se in sede geologica, in sede tecnica ci sarà
risposta positiva o negativa. Era per questo che dicevamo: “Prima di
compromettere lo sviluppo del porto, cerchiamo di vedere chiaro in tutto quello
che c’è”. Quindi questo vale per il rigassificatore.
E anche per le opere di urbanizzazione, lei non è informato sul fatto che manca il raccordo col Piano urbanistico, non esiste un Piano urbanistico; addirittura, nel progetto presentato dal Cipe – e io credo, e l’ho già detto, nella lodevole intenzione di accelerare al massimo – è detto che la mancanza del Piano urbanistico viene supplita dall’esistenza del Piano dell’Asi. Il Piano dell’Asi per il porto non prevede nulla, quindi il Piano urbanistico presentato viene ancorato al nulla. Ecco perché, nello stabilire le opere di urbanizzazione, forse è meglio avere le idee chiare sulla dislocazione urbanistica futura.
Queste erano le nostre perplessità. Abbiamo detto che siamo pronti e disponibili, anzi ringraziamo chi ci aiuta a sveltire al massimo le opere, e questa resta la nostra linea, andare avanti, cerchiamo di non compromettere lo sviluppo con operazioni drammatiche o affrettate. Quindi la linea della Giunta è quella di fare immediatamente tutto quello che è possibile fare, purché non si tratti di opere e operazioni che un giorno pregiudicheranno lo sviluppo del porto.
L’esempio che mi sono permesso di portare in pre-Cipe è quello di dire: “Non chiedeteci oggi di deliberare sull’ubicazione di un distributore di benzina, per poi dirci domani che, avendolo ubicato in quel posto, il tracciato di mille chilometri d’autostrada è ormai definito e irreversibile”.
Questa è stata la nostra preoccupazione, che immagino sia la vostra e sulla quale chiedo la vostra assoluta condivisione, perché siamo tutti d’accordo che Gioia Tauro è una risorsa troppo importante per sprecarla, quindi ben vengano tutti i finanziamenti possibili. E non c’erano i finanziamenti, mentre è stato cialtronescamente detto che c’erano, ma non c’erano, tant’è vero che qualche giorno fa, in sede di audizione personale davanti al Presidente Berlusconi e al sottosegretario Letta, quest’ultimo ha detto: “Ci impegneremo a reperire questi fondi che sono indicati, ma non sono mai esistiti”.
E’stato sbandierato su tutti i giornali che il Presidente della Giunta ha fatto perdere i fondi. Il Presidente della Giunta ha il sospetto, perché è cattivo, che qualche fondo effettivamente si sia perso, ma non certamente quelli destinati al porto.
Quindi questa è la nostra posizione, mi premeva sottolinearla perché, siccome ho visto collaborazioni e spirito costruttivo sincero, interesse e sincera passione nell’intervento del consigliere Mistorni, volevo chiarire che queste erano le situazioni, perché forse nella mia lodata concisione non ero riuscito a dare una versione completa di quello che è lo stato delle cose.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Pirillo. Ne ha facoltà.
Presidente, colleghi, sarò brevissimo.
Sono stato stimolato ad intervenire
dal collega Nucera, il quale ha tentato in
maniera molto maldestra di addossare la responsabilità e i ritardi che vi sono nella
realizzazione del porto di Gioia Tauro ai governi di centro-sinistra. Io non voglio qui difendere cose che appartengono, tra l’altro, al passato, delle quali non ne abbiamo cognizione precisa. Ricordo al consigliere Nucera questioni quasi
personali, nel’94 la prima sovvenzione
globale di 70 milioni di Euro che fu il trampolino di lancio di questo
importante strumento di sviluppo della nostra regione e oggi, in occasione
della venuta del Presidente Prodi, riunione nella quale era presente anche
l’onorevole Chiaravalloti, mi pare che una grande attenzione, una delle cose
più importanti a cui ha fatto riferimento Prodi sia stato proprio il ruolo
strategico del porto di Gioia Tauro e
ci raccomandava di evitare il campanilismo che potrebbe venire dalla Calabria o
dalle regioni del Mezzogiorno, considerando che il porto di Gioia Tauro deve fare squadra
con quello di Taranto e quello di Cagliari.
Ricordo la grossa avversione che c’è stata alla
sovvenzione globale da parte dei difensori del porto di Al Jasiras e di
Rotterdam. Oggi, però, abbiamo una condizione diversa che dobbiamo difendere e
potenziare.
Avevo fatto un appunto sulla base delle cose ultime che
ha detto il Presidente Chiaravalloti, proprio per questa incertezza sugli
strumenti che deve avere il
porto o un porto come questo di Gioia Tauro, ritenendo che oggi abbiamo fatto,
secondo me, un buon lavoro: più si parla in Consiglio regionale di questioni di
questo livello, meglio è. Mi rendo conto che, di fronte al Cipe, agli organismi
che devono decidere di approvare e finanziare gli strumenti che completano una
struttura di questo tipo, probabilmente manca un progetto complessivo. E mi
pare che il Presidente avesse riunito tutti gli organismi che devono presiedere
alla predisposizione delle strutture capaci di far decollare definitivamente il
porto.
Occorre predisporre un progetto complessivo che può
essere – perché no? – realizzato per lotti funzionali, ma credo che la Calabria
e il Mezzogiorno debbano sapere fino in fondo qual è il tempo necessario
perché si completi questo importante presidio.
Credo che il Consiglio regionale possa e debba discutere,
forse questo è più compito dell’organo esecutivo di questa Regione, però
nessuno di noi si sottrae ad una discussione su un progetto e anche un progetto
di massima per capire quali siano soprattutto i tempi per realizzare l’intera
rete di questo importante presidio.
Sulla Finanziaria solo una battuta: credo che non ci
sia niente per la Calabria e per il porto di
Gioia Tauro, è sotto gli occhi di tutti la disattenzione
del Governo Berlusconi che continua a manifestare nei confronti del
Meridione e della Calabria in particolare. Poi ci saranno emendamenti dai
ministri – come ha detto l’onorevole Nucera –, dai parlamentari
del centro-destra; io mi auguro che ce ne siano, che siano supportati anche
dall’azione dei parlamentari del centro-sinistra e che la Calabria possa
ottenere, in qualche modo, qualche importante attenzione da parte del Governo
per realizzare quei presìdi capaci di creare sviluppo nella nostra regione.
Però devo dire anche che, su questa questione del
rigassificatore, la maggioranza di centro-destra, con tutta la foga del
Presidente Chiaravalloti, sia qui che nella Conferenza dei capigruppo, per
tutto quello che si è detto, sia in qualche modo in affanno.
Il Presidente Chiaravalloti è chiamato ad un’assunzione
di responsabilità che già da oggi deve concretizzarsi in una esaustiva
rappresentazione dei fatti – ma questo anche nei prossimi giorni, nel prossimo
futuro, probabilmente investendo il Consiglio regionale o forse facendolo
convocare apposta, ad hoc –, presupposto senza il quale non è possibile
chiedere ed ipotizzare impegni e percorsi comuni.
Noi offriamo la
più completa disponibilità, Presidente, ma è necessario capire fino a che punto
questa maggioranza ha la voglia e la forza di schierarsi realmente rispetto a
questi problemi, coinvolgendo il governo, con la sua disponibilità e lei oggi
l’ha fatto in apertura – gliene do atto – quando ha riferito che ha chiesto al
Presidente Prodi di adoperarsi affinché venga realizzato il porto franco.
Quindi, se questo è, noi abbiamo tutta la disponibilità perché sappiamo che
questo va nella direzione dello sviluppo della nostra regione e non consentiamo
ad alcuno di speculare sulle questioni importanti e vitali per la nostra
regione.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’assessore Pirilli. Ne ha facoltà.
Signor Presidente,
onorevoli colleghi, lo stimolo, ma in qualche misura l’obbligo – perché sono l’unico, credo, ad essere nato nella città di Gioia
Tauro e quindi è un dovere portare un contributo ad una discussione
che riguarda,
essenzialmente,
lo sviluppo dell’intera Calabria, partendo proprio da Gioia Tauro – mi è venuto dagli ultimi interventi
che richiamano – e non vorrei che fosse interpretato il mio intervento come polemico – una realtà storica, poiché
anch’io ho un po’una memoria storica del territorio.
E’vero, collega Pirillo, della sovvenzione globale, di
Prodi, dei governi di centro-sinistra, però vorrei fissare i momenti: la
sovvenzione globale è stata attivata e richiesta da un’iniziativa nostra, allora,
e inserita nella Finanziaria dal Governo Berlusconi. L’anno successivo venne
qui in visita – parlo di dati che posso documentare con la rassegna stampa e i
documenti del periodo, quindi parlo di cose certe, non di opinioni politiche –
Scalfaro, allora Presidente della Repubblica, e tra le altre cose ripeté una
frase di Prodi : “Lasciate ampi spazi al porto ”. Ricordo che questo lo disse
Prodi, e lo disse Scalfaro. Poi Scalfaro, andando via, nel suo intervento
conclusivo in Prefettura disse: “Consideratemi il vostro ambasciatore,
l’ambasciatore della Calabria per i problemi irrisolti che avete da tempo”. Poi
invece, il Governo Prodi, governo di centro-sinistra nel’96, tolse dalla
Finanziaria la sovvenzione globale. Allora, ero Presidente della Provincia e
ricordo che scrissi una lettera al Presidente Scalfaro – che ebbe, peraltro, un
titolo a nove colonne – dove dissi: “Caro ambasciatore, ti do l’incarico di
intervenire presso il Governo italiano per chiedere come mai è stata sottratta
questa somma”.
Questo per la
verità storica, perché non è che il centro-sinistra diede la sovvenzione
globale, ma – come ho detto prima – questa è la sua storia. Quindi Prodi,
D’Alema e poi Soriero che fece il Masterplan.
Perché, e lo ricordava ora il Presidente – non entro nel
tema che è stato ampiamente chiarito e da cui origina questa discussione –, non
abbiamo un piano di urbanizzazione? Perché non siamo in grado di intervenire e
di fare scelte che siano coerenti? Ma voi ricordate che per sette-otto mesi, un
anno circa, i giornali e le televisioni ogni giorno si interessavano,
titolando, – e bisogna dare atto, con grande capacità mediatica – “del masterplan”,
tanto che ci è entrato in testa a tutti questo masterplan o misterplan. Ma mi
domando che fine ha fatto questo masterplan? Sono caduti i Governi di sinistra,
non se ne parla più. La verità, purtroppo,
è quella che hanno pubblicato, poi, i giornali; si è saputo, infatti, che
Burlando aveva interessi da proteggere su Genova, La Spezia ed oltre, pertanto
il porto di Gioia Tauro è stato totalmente accantonato dalla visione strategica
che il centro-sinistra ha avuto in quel periodo della politica di sviluppo
dell’attività portuale. Cioè, Gioia Tauro è rimasta senza il finanziamento
dell’interporto che ancora non c’è.
Ma dov’è,
onorevole Pirillo, questo finanziamento? Non è stato negli otto anni, sette,
sei anni di Governo di centro-sinistra finanziato. Dov’è il finanziamento, che
pure c’era stato all’inizio e poi è stato tolto, del raccordo autostradale con
l’uscita da Gioia Tauro? Tolto e cancellato completamente, e così via in tema
ferroviario, in tema di sviluppo dell’attività portuale.
Ora voi mi dite:
“Ma da due anni siete al governo e non avete ancora realizzato granché”. Siamo
sei o otto a due, perché ci siete stati otto anni, purtroppo. Io condivido
quando bisogna che ci sia - e in questo credo noi ci si possa unire - una
convergenza positiva, in un’attività che non deve essere quella di “succede a
Gioia Tauro e non si sa ancora cosa, se in positivo o in negativo, un intoppo
perché il Cipe blocca e allora noi abbaiamo alla luna, tutti quanti in coro
“dagli addosso perché la Calabria, il Presidente, il centro-destra, eccetera
non vogliono lo sviluppo”. Cerchiamo di capire, perché su molti problemi
facciamo fatica a risolverli perché manca non dico la capacità di pensare o di
discutere, ma l’interesse, cioè basta che ci si mette nel coro e si abbaia,
perché poi i giornali titolano, ti danno lo spazio e quindi siamo contenti
tutti, perché la gente è tanto confusa alla fine, che non giudica tra chi
risolve e chi abbaia e ci considera tutti allo stesso modo. Invece, opposizione
e maggioranza, come nei grandi Paesi democratici, si riuniscono per discutere
di un tema serio e anche nella ipotesi in cui genera e si verifica un conflitto,
si confrontano e poi, se devono affrontare la soluzione, lo fanno insieme
perché lì si misura la capacità di una classe dirigente, quella cioè capacità
di sapersi unire nell’interesse del territorio per il raggiungimento del bene
comune.
Allora mi pongo molto sommessamente il problema se oggi, posto che i chiarimenti mi pare siano stati esaustivi, non sia invece interesse
nostro, in un dibattito che voglia affrontare i temi dello sviluppo e della
incidenza di Gioia Tauro sullo sviluppo dell’intera Calabria, considerare che
Gioia Tauro possa essere un polo strategico e deve essere un polo strategico
anche in ragione di quello che non è un provvedimento secondario, cioè della
zona franca…
Io ultimamente in America, a
New York, nei quattro giorni che siamo stati lì, ho avuto occasione di avere
due incontri molto interessanti, di cui uno con operatori anche turistici e
industriali, i quali hanno colto che zona franca significa interesse ad
investire per prodotti che vengono e vanno verso i Paesi extraeuropei perché
esenti da dazi e quindi con una serie di agevolazioni che danno agli stessi
prodotti la capacità, la marcia in più per incidere sui mercati essendo a costo
inferiore e quindi avendo un valore aggiunto sul mercato. Hanno considerato
tutto questo estremamente interessante, tant’è che mi pare che si siano
registrati stimoli ed attenzioni per quantomeno vedere meglio e più da vicino
questo problema.
Quindi credo che le scelte
debbano essere orientate sui grandi temi strategici. Siamo per una politica di
sviluppo industriale della Calabria? Credo di no, sono morti i tempi delle
centrali, delle illusioni, giuste o sbagliate che fossero. Allora la Calabria
che vocazione ha? Noi sappiamo che ha un certo tipo di vocazione ed allora come
possiamo incidere su di essa e come possono convivere certe realtà? Se abbiamo
una vocazione con le nostre spiagge ancora incontaminate o quasi, centinaia di
chilometri di spiagge e quindi possibilità di sviluppare una industria
“turistica” con le nostre montagne, 43 per cento del territorio boschivo
italiano, 580 mila ettari di boschi, cioè questa oasi che c’è nel Mediterraneo
e in Italia e vedere come meglio valorizzarla e come incidere, riducendo
sostanzialmente quella industriale a pochi, significativi poli, noi già contribuiamo
dicendo che Gioia Tauro ha bisogno di una logistica, di infrastrutture
adeguate, di trasporti che siano collegati con l’immediatezza del porto e della zona franca. Allora credo che avremo dato un input
che può significare una scelta, per grandi linee, del problema di fondo che è
quello dello sviluppo.
Pur essendosi sviluppata una
discussione che non ha avuto i temi dei primi momenti quasi di aggressione che
da ogni parte si sono sollevati, senza che si conoscessero ancora le ragioni di
ciò che stava accadendo o che era accaduto, se era stato giusto o sbagliato,
forse possiamo partire da qui per individuare momenti – e voglio anche
richiamare questo aspetto – per fare uscire la Calabria dall’isolamento – e
Gioia Tauro rappresenta una occasione strategica in tal senso –. Questa regione
ha bisogno, con le altre cose di cui abbiamo parlato prima, ma non solo, di una
previsione strategica dello sviluppo delle infrastrutture – e mi riferisco alle
strade, ai trasporti su gomma, su rotaia, aeroportuali – che sia
complessivamente idonea a produrre quello sforzo che si trasforma, poi, in quel
salto di qualità del territorio e quindi anche di un suo sviluppo.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare
l’onorevole Leone. Ne ha facoltà.
Presidente, fatte le dovute
precisazioni,
com’era giusto che le parti politiche su questo tema così importante facessero
in questa serata, mi sento di raccogliere due momenti particolarmente positivi:
il primo, la fine della riunione tenutasi l’altro giorno con i capigruppo, con
la presenza del Presidente Chiaravalloti, dove ci lasciammo con un’analisi
approfondita di tutto quanto il discorso del porto di Gioia Tauro. Partendo da una frase del Presidente
Chiaravalloti stasera, che in chiusura del suo discorso ha detto che Gioia
Tauro è una risorsa per tutti – e tale è perché Gioia Tauro è diventata la
cerniera in questo Mediterraneo con i Paesi a Sud e con il Nord d’Europa –, cogliendo
anche lo spirito di collaborazione che l’opposizione, pur diversificando gli
interventi, ha fatto emergere in ognuno degli interventi stessi fatti dai
consiglieri, mi sentirei di proporre al Consiglio di terminare questa
discussione sul porto con l’adozione di un documento che sia unitario.
Per questo, Presidente, le
chiederei una sospensione dei lavori in Aula di cinque-dieci minuti, per poter
sottoporre agli altri capigruppo una bozza di documento, che è stata nel
frattempo predisposta, in modo che si possa approvare se c’è la necessaria
convergenza. E’una bozza dove si chiede l’impegno della Giunta, ma anche del
Governo nazionale a svolgere una funzione e un’attività per il porto di Gioia
Tauro.
Credo che la proposta dell’onorevole Leone possa essere accettata, quindi sospendiamo i lavori in Aula per cinque minuti.
La seduta sospesa alle
21,45 è ripresa alle 21,47
E’stata proposta una mozione che leggiamo:
“Il Consiglio regionale,
premesso che:
il porto di Gioia Tauro
per la sua posizione geografica
baricentrica
del Mediterraneo rispetto ai traffici marittimi internazionali, assume una
rilevanza strategica nazionale ed europea e concorre allo sviluppo della
Calabria e del Mezzogiorno;
essendo diventato in pochissimi anni il primo porto
mediterraneo nell’attività del transhipment, ha contribuito al
superamento positivo della crisi portuale nazionale che il Paese ha avuto sino
alla metà degli anni’90, attraverso l’attrazione di nuovi traffici marittimi
internazionali ed ha favorito l’incremento - tramite le nuove linee di
feederaggio - anche dell’attività portuale dei porti nazionali, soprattutto dei
porti del Mezzogiorno;
è necessario difendere, consolidare, rafforzare e
potenziare i risultati raggiunti in questi anni dal porto di Gioia Tauro - attraverso l’attività del transhipment
- per renderlo più competitivo, moderno e funzionale rispetto agli altri porti
del Mediterraneo e del mondo;
il permanere del primato dell’attività di transhipment
del porto di Gioia Tauro
favorisce e garantisce il transito di ingenti quantitativi di merce destinata a
servire i mercati europei e delle nazioni che si affacciano nel Mediterraneo,
per cui è possibile cocretamente realizzare un polo logistico delle merci;
a tal fine il porto, assieme all’area portuale della
zona industriale dell’agglomerato di Gioia Tauro-Rosarno-San Ferdinando,
necessita di ulteriori interventi strutturali tesi a migliorare la qualità e la
quantità dei servizi messi a disposizione degli operatori nazionali e
internazionali per una utilizzazione polifunzionale del porto stesso;
il Cipe ha in esame l’approvazione degli elaborati
progettuali presentati dall’Autorità portuale per le opere infrastrutturali
dell’hub interportuale di Gioia Tauro, il cui finanziamento è previsto dalla
legge obiettivo 443/2001 sulle infrastrutture strategiche;
tutto ciò premesso,
il Consiglio regionale,
impegna la Giunta regionale
a dare immediatamente il proprio nullaosta al Cipe
affinché vengano approvati e finanziati tutti i progetti infrastrutturali
presentati, procedendo allo stralcio di tutti quelli collegati alla
realizzazione dell’impianto di rigassificazione e della seconda imboccatura del
porto;
a proporre la rimodulazione dell’accordo di programma
Stato-Regioni sulle infrastrutture, ponendo come priorità il collegamento
ferroviario ad alta capacità del porto
di Gioia Tauro con il Nord Italia e i grandi nodi ferroviari europei e
il collegamento stradale con l’autostrada A3;
a valutare la possibilità di reperire ulteriori risorse
finanziarie per le opere necessarie nell’area di Gioia Tauro e destinare
eventualmente in tal senso una quota dei fondi strutturali europei disponibili,
mediante un’apposita rimodulazione del Por Calabria 2000-2006, da estendere
anche al necessario finanziamento del Patto territoriale della Piana;
ad accelerare l’impegno per il completamento
dell’interporto di Gioia Tauro, prevenendo già nella fase di istituzione della
società di gestione alla partecipazione degli Enti locali, modificando in tal
senso il verbale sottoscritto a Catanzaro da Regione, Asi e Autorità portuale;
a concertare con il Governo nazionale un progetto
organico per promuovere, favorire e finanziare la nascita a Gioia Tauro di un
“Polo logistico integrato delle merci”, affinché la Calabria possa candidarsi
al ruolo di Centro di servizi per l’intero bacino del Mediterraneo del centro e
Nord Italia e del centro Europa, per la distribuzione delle merci attraverso
l’attività di groupage e degroupage, in grado di creare nuovo
valore aggiunto, ricchezza ed occupazione in Calabria;
ad interrompere la gestione commissariale dell’Asi della
provincia di Reggio Calabria, pervenendo all’elezione del consiglio di
amministrazione, per ridare all’ente pienezza dei poteri e assicurare un quadro
democratico delle decisioni che veda coinvolte le categorie produttive e gli
Enti locali;
ad operare affinché l’Autorità portuale svolga la
propria attività nell’ambito delle competenze assegnate dalla legge, senza
alcun tipo di prevaricazione nei confronti del territorio e degli Enti locali;
sollecita il Governo nazionale
ad istituire nella legge Finanziaria 2004 un apposito capitolo
di bilancio dotato di cospicue risorse finanziarie da finalizzare alla
realizzazione di tutte quelle opere infrastrutturali necessarie per migliorare
l’efficienza delle prestazioni portuali e il suo uso polifunzionale, anche in
vista dell’appuntamento del 2010 con l’avvio dell’area di libero scambio delle
merci nel Mediterraneo;
ad istituire nell’area di Gioia Tauro la “Zona franca
industriale di diritto europeo”, finalizzata all’insediamento di nuove
industrie che possono completare il ciclo lavorativo dei prodotti semilavorati
in regime di defiscalizzazione;
all’ammodernamento del sistema nazionale dei trasporti
attraverso il miglioramento e il potenziamento della rete viaria, ferroviaria e
il rilancio del cabotaggio nazionale,
che sia in grado di collegare in modo rapido ed efficiente il porto di Gioia Tauro con il suo
entroterra, con i vari mercati del centro e nord Italia e con quelli del centro
e Nord Europa e con l’intera area del Mediterraneo;
affinché l’eventuale realizzazione dell’impianto di
rigassificazione venga sottoposta a una rigorosa valutazione di impatto
ambientale e la sua collocazione non sia in contrasto con l’uso polifunzionale
del porto;
impegna, altresì, la Giunta regionale
a garantire che le decisioni in merito all’impianto di
rigassificazione e alle ulteriori centrali elettriche che si vorrebbero
realizzare nella Piana di Gioia Tauro, vengano inserite dentro un quadro di
compatibilità ambientale ed energetica che dovrà essere sottoposto
all’approvazione del Consiglio regionale;
a lavorare d’intesa con il Governo nazionale affinché,
attraverso la realizzazione del “Polo logistico integrale delle merci” e
dell’uso polifunzionale del porto, la merce che arriva a Gioia Tauro possa
essere sdoganata in loco anche per assicurare le entrate necessarie per
poter consentire all’Autorità portuale di realizzare i miglioramenti
infrastrutturali necessari con fondi propri e di garantire una pluralità di
servizi per rendere più conveniente la localizzazione di imprese nell’area
gioiese”.
Pongo in votazione il documento testé letto.
(Il Consiglio approva)
Si passa al secondo punto all’ordine del giorno…
(Interruzione)
Sull’ordine dei lavori chiede di parlare l’onorevole
Morrone. Ne ha facoltà.
Chiedo l’inserimento al secondo punto dell’ordine del
giorno il progetto di legge numero 444/7^.
Pongo in votazione la richiesta dell’onorevole Morrone.
(Il Consiglio approva)
E’inserito, pertanto, al secondo punto all’ordine del
giorno il progetto di legge numero 444/7^ di iniziativa dei consiglieri Sarra
ed altri, recante: “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 14 febbraio
1996, n. 3 e misure di carattere generale”.
Pongo in votazione l’articolo 1.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 2.
(E’approvato)
Pongo in votazione la legge nel suo complesso.
(Il Consiglio approva)
(E’riportata in allegato)
L’ordine del giorno reca i progetti di legge n. 30/7^,
n. 115/7^, n. 322/7^, n. 256/7^, n. 256/6^, unificati: “Norme per la tutela e
la valorizzazione della lingua e del patrimonio culturale delle minoranze
linguistiche e storiche di Calabria”.
Il relatore, onorevole Pasquale Tripodi, ha facoltà di
svolgere la relazione.
Signor Presidente,
onorevoli colleghi, è con soddisfazione
che mi appresto a relazionare sul progetto di legge
n. 312 che la terza Commissione ha licenziato sulla tutela delle minoranze linguistiche.
Come
sappiamo tutti, la legge n. 482 del 15 dicembre’99 ha previsto che i Consigli
regionali vadano a legiferare sull’ordinamento
previsto dalla legge per quanto riguarda la tutela delle minoranze linguistiche.
E’fuor di
dubbio che il processo, iniziato già dai primi anni del 1960 fino ad oggi, ha
visto una composizione diversa anche a livello dell’intendimento politico per quanto riguarda la tutela delle minoranze, che vedevano le
lingue minoritarie non tutelate fino
all’approvazione della “482” del’99.
Con questa legge il Consiglio regionale vuole non solo
tutelare, ma far sì che queste norme diventino viventi, a tal punto che non
solo tuteliamo le minoranze linguistiche nel loro complesso, ma adoperiamo
tutti quegli strumenti che ci consentono di valorizzare non solo le leggi, ma
anche le zone della nostra regione dove insistono queste parlate.
La legge si occupa, fondamentalmente, di tre lingue
minoritarie che sono l’arberesh, l’occitano e la lingua grecanica. Praticamente
essa è costituita da cinque titoli e venticinque articoli in cui, nella sua
articolazione, vengono tutelate tutte quante non solo le caratteristiche anche
orografiche dei luoghi dove insistono, ma si devolve a quella che è la
composizione di tutto l’articolato anche degli strumenti con cui li vogliamo
valorizzare. A prescindere dall’orientamento che la “482” dà, abbiamo elaborato
un testo in Commissione che nel suo insieme è stato condiviso da tutte le forze
politiche che compongono questo Consiglio regionale.
Ritengo che oggi sia una data storica per quanto
riguarda le minoranze, perché dopo circa trent’anni riusciamo a dare una legge
che, bene o male che sia, va a regolamentare questo settore e ritengo che
contribuisca in modo fattivo alla costruzione anche di quella che è un’idea di
Europa per quanto riguarda l’intendimento che abbiamo sulla tutela delle
lingue. Non va sicuramente nella direzione del non riconoscimento, anzi vi è un
riconoscimento concreto delle diversità sia culturali, sia religiose, che
soprattutto di quella che è la diversità della lingua che fino ad oggi, in
Calabria, è stata trascurata.
Concludo dicendo che, a parte gli sforzi che tutti i
colleghi del Consiglio regionale abbiamo profuso in questa legge, questo è uno
strumento che ci consente veramente di porci all’attenzione di quella che
all’interno della nostra regione è una realtà che, per quanto ci riguarda, è
viva e che recepisce le istanze dei popoli o, perlomeno, di una determinata
cultura da circa un millennio.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Guagliardi. Ne ha
facoltà.
Presidente, sulla discussione generale non posso che essere soddisfatto che finalmente si discuta della legge, devo confessare che avevo predisposto un lungo e articolato intervento che chiedo venga messo agli atti attraverso gli uffici di questa Regione, quindi ho già consegnato il testo perché venga messo integralmente agli atti.
Nella sostanza, credo che questa legge
non faccia soltanto un atto di riconoscimento democratico
del ruolo delle comunità linguistiche in
Calabria, ma apra una nuova strada in cui una identità
culturale nelle sue articolazioni diventa bene culturale di un territorio,
le minoranze linguistiche assumono una valenza di bene culturale della Calabria
e quindi del patrimonio calabrese e regionale. E’questo il successo più
importante.
Credo che dobbiamo avere la saggezza di approvare quasi
integralmente, tranne una correzione che non è dovuta alla volontà di modificare
la legge, ma soltanto di ribadire l’ambito territoriale in cui ricadono le
minoranze linguistiche, che è relativo all’articolo 1 della stessa legge. Qui
abbiamo introdotto un comma 3 che è un elemento non di forzatura, ma di
interpretazione di questo Consiglio diversa da quella che è la norma nazionale,
mentre sappiamo che le minoranze linguistiche, per la definizione degli ambiti,
sono rigidamente riconosciute dalla legge nazionale, per cui invito o a
sopprimere il comma 3 dell’articolo 1 oppure modificarlo sulla base di un mio
emendamento, sulla base anche delle polemiche che hanno seguito questa legge.
Do la massima disponibilità a ritirare tutti i miei emendamenti per favorire il
percorso unitario e unanime di
questo Consiglio verso la legge.
(Testo in lingua Arberesh presentato alla
Presidenza)
Zoti president, kolege këshillere,
respekti ballafaqien për juve dhe panëvojëm
të utilizoj forma istrionike e komunikimit më siellin tëflas në kjo domë me
gjuhën e çdokohë: italishtja.
Pranonjë, por, se me rastin e këtij mosë, që
plotëson një mungesë histotike legljislativ drejt pakicat gjuhësore të
Kalabrisë, e fortë është ngacmimin të mbanjë fjalën në gjuhën e mia të parë:
ajo gjuhë çë i vogël kam marrë nga buzen e prindet e time; ajo me të cilen kam
luajtur mbrenda gjitonit e mia, dhe çë më ka dhënë vështirësi të rrënda në
studimet. Ajo çë flas mbrënda në komitetet e mia, dhe çë dua se mësojin bijat e
mia.
Është gjuha të atyre profuge që, me forma
tamam siç të atire e sotme, nga Shqipërinë kan arritur në krahinet jugore të
kasaj penishull nga shekulli XV deri shekulli XVIII, dhe çë në psëqindvjet u ka
mbajtur e gjallë në krahinet e Italisë jugore dhe çë ka udëstuar në kohë
shumëllojshmëri e saj në letërsinë, në historinë, në antropologjinë, në artet
dhe në musikë.
1)
Sot, gjitjasjtu, do të
përgatitemi për miratimin njëje ligje për ruajtjen e pakicat gjuhësore e
Kalabrisë, me një vonim trevjeçare nga projekti il ligjes çë unë kisha
përgatitur bashk me kolegin Tripodi, ashtu si thirr ligja n° 442 aprovuar me 15
djetor 1999, me të cilen Parlamenti italian, me më se gjysmë shekul pritje, më
se fundi ka aktuar artikulli 6 e Kushtetutja, në të cilen është miratuar
ruajtjen e të gjitha pakicat gjuhësore çë ndoden në token e Shtetit italian.
Një ligje çë vetëm në fundin të shekullit njëzet plotëson një mëngesë e gjatë
legjisllative të Parlamentin italian dhe perfundon një habi e klasa politike
italiane, e cila për më se gjysmë shekull ka qën fajshëmse e qetë ndej pakicat
gjuhësore e mbrendshme, ose si sot quhet, historike.
Pakicat çë formohen në shekujt me rastin e
fenomenet e emigrimit e popullsia të huaje, ose, edhe, për zvillimit të zonat
kulturore dhe shoqerore, si ajo sarde e sllovene, për proçese të saj çë në
kohat kan zvilluar proçese gjihësore, etnike dhe antropologjike të forta çë i
kanë dhënë karateristike si grupe kombetare, por çë u kan gjithëmonë të lidhura
me Kombi e me Shtetin italiane.
2)
Por pse kushtetuesi
italian, nxitës e ajo çë mbi tereni e shkakt dhe të vlerat, është Kushtitutja
më moderne e botës perëndimore, u ka vonuar kaq në realizimit e tërë për
ruajtjen e të gjitha pakicar gjuhësore e mbëndëshme ture habitur për një kohë e
gjatë zbatimin e shkakt e harazi e të gjithve qitetare italiane sanksionuar nga
artikulli 3 e Kushtitutja? Dhe pse ka punuar me një legjislacione me cilësi dhe
me një modernizëm e madhë vetëm e për ato krahina çë, ture e qën kuficuara me
Shtete të huaj, kishin pasur për dëtyrime internacionale caktimin e krahina
autonome me një statut i posaçëm?
Përgjegja është mbrenda drejtimin e statutit
ku quhej në mbaramin e fashizmit, afrimin kulturale dhe një kushtëzim politik
çë legjizlatoret tamë, edhe ata e kushtetusja çë kan duruar. Në fakt,
legjizlatori jon, ndryshe nga ai spanjol çë kur ka rat frankizmi, shkruan se Spanjia
është e bën me kombet dhe me krahina të cila mund të jen mbledhura në
komunitete autonòme kur se kan pasurinë e njëjë gjuhë e veçante, ka qën me
forcë kushtëzuar nga oriçeset kulturore dhe historike çë kishin siellur lindjen
e Shtetit njëjësh italianë, nga marrje e Porta Pia, deri Lufta të Parë botërore
e mbarimin e regjimi fashistë. Ka qën, porsi, zvillimin historikë s Shtetit
jonë çë ka këshilluar kushtitientit përjashtimin sistematik nga teksti e
Kushtitutja e re nga të gjitha shpreje etnike e/o kombëtare çë mund të
përcaktisin e shtirët i njëji shkak i njohtimin gjuridik e grupave kombetare,
sidoqoftë çë esistojin në tokën italiane, përcatundur një ruajtjen e pakicat
italiane e ndryshme, jo të barabartë mbi tokën kombëtarë. Motibet e këtij qëndrim
dikotomikë në krahasimit e dy segmente të shoqërisë italiane, por, edhe më
shum, për kushtëzimit politik mbi zvillimit historik e status gjuridik e
pakicat gjuhësore çë ka pasur legjislatori në fasat e kushtituendja.
3)
Në historinë, mendimin
e ruajtjen e pakicat ka lindur, p r herën e parë, në shekulli XVIII brenda e
livizën intelektuale çë dej të kundërdrejtpeshoj format të ndrysha e që nuk
durojin më shum kundër grupavet fetare që mafestojin me manyra të forta pohime
e mendimin iluminist. Edhe në XIX shekull temi e pakicat ka qëndruar kufizuar
veçanterishtë për grupet fetare, me një kujdes e veçante për çifutet, çë zëjin
e hequr diskriminime dhe aulmime jo vetëm për faktore fetare, por edhe për
manyra e tire të jen një komunitetë kombetare dhe ekonomike. Me formimin e
Shoqërisë e Kombet të Bashkuara (ONUja) ditën pas lufta e para botërore, për
efekt e masat tokësore çë u kishin determinuara ndër kufit e shtete uvropiane,
u ka gjeneralicuar rujtjen e pakicat gjuhësore dhe rracë përveç ato fetare.
Evropa, çë kish jetuar nel njëzetvjetiri i parë e Njëjëqindit mbarimin dhe
përdredhtimin toksore e forcat perandorake, si ai cariste dhe ai
austro-ungarese, me ridefinimin e shtetet kombëtare tërinj u qortoj vëshirësin
dhe konfliktet që lindëshin nga grupet të madhë shoqërore të ndrysha për gjuhë,
lulture dhe rracë nga popullsia madhore e shtetit i ri, të cila, edhe i
pavullnetshëm, kan eserçituar një shtytje hegjemonike dhe me mbizoterim. U kan
lindur në atij periudë leviza kulturore të mëdha të shtunura në nbrojtjen
mbrenda njëji shteti kombëtar shumicat shoqërore çë ndalohen për gjuhë,
ekspresion kulturore, tradita dhe edhe për rracë nga shumica e popullsinë.
Idenë e kombit i shtypur si moment i
kundërtimin e shtetit-kombi, nga të cilën mund të ndaloshin elemente konfiktuale
shoqërore të ndryshma nga ata metëm ekonomike, ka filluar rrugën e tij e
pushtimim juridik mbenda demokracisë liberale evropjane me pohuëzën e shtetet
fitore e depërtimin i hapur e sistemit ekonomikë perëndomore, çë, dhe çë ajo
kohë, nisej të ishte ndjeshmëri kondicionuar nga ekonomia amerikane. Edhe më,
në Italianë kryet kombetarishte e traditen risorgjimentale kan condicionuar jo
pak pohuesmet e ruajtjen e grupavet gjihësore dhe etnike; por si, mbi traditat
e politiken sabaude, i aneksimin më se i integrimin e tokat kombetare, u bë më
shum të mbyt çdo zërë i volishmen për drjetat e pakicat çë kishin qënë
konfirmuara në traktatet e paqës të lufta e para botërore dhe në kushtitutja e
krahinat të raja italiane. Më vonë, politika e regjimit fashistë ka kuficuara
orientamentet kombëtare ture e dënë burokracisë shtetërore forma të
italianiciacion anakronistike çë kan dalë në paradoksale dhe gazëmore zgjidhjet
si modifikimin e forcuar e mbiemrat të huaj ose ndalimin, edhe më shum në
krahinat mbi kufit, të përdoret gjuhën e nënës edhe në aktivitet të lidhura të
fort në jetën private dhe personalishte.
Në fund e lufta e dyta botërore, dëtyrat
internacionale përcaktuara nga humbje ushtarake erdhërruan çështja e ruajtjen e
pakicat kombetare dhe etnike, kështu që legjislatori i Kushtetutja ka qën nisur
të vëjë mbrenda parimet themelore e Kartës kushtitucionale urgjencën e ruajtjen
e pakicat gjuhësore mbi kufit, edhe më për respektuar dëtyret çë vijin nga
marrëveshat, traktatet dhe fjala interkombëtare çë ndërhytin dhe kushtëzuan
rindërtuesimit e Shtetit italiane. Por, punat e kushtituendet kan qën
kondicionuara me forma të veçante nga traditat liberale e risorgjimenti
italianë, çë, mbi të gjitha në njëzetvjeciarin fashistë, kish marr një difinim
i kundërshtar e mëndimin e kombit, në të cilen, në faktë, u kish i papritur
pakicavet krahinore cëdo forma e integrimin mbrënda proçesin i unifikimin
kombëtarë. Këjo tradite përballë situata dramatike ekonomike dhe shoqërore
italiane në nesëren e fitoren i frontit republikanë çë, nga Jugu deri në Veriu,
shih kërcënuame njëjten e tërë kombëtare, mbushi legjislatori koshtituendë të
mirr me forcë siç njëdukje e kombit italianë një Shtet me një teritor i tërë, i
lirë nga fraksionë dhe shumëllojshmëri etnike, për mos të çdo që i përket
fuqisë resikë çarje e e Shtetit kombëtarë, çë, edhe nëse imbështetur nga
konsiderueshëm mundime të njëshmë nga ana e paritet, forcat partisane dhe
antifashiste, kishte rezikun gjithëmonë e njëjë tëçarje ideologjike, ekonomike
dhe shoqerore. Pë të cilën, me gjithë se në ajo kohë një pakicë gjuhësore nuk
ishte konsideruar më se një shprehja e njëjë minoritet etnike, jo mos
kombetare, punet e Kushtituendja kan kërkuar të përjashtoj çdo formë o
terminologji siç rracë, etnië, popull dhe kombë çë mund të vëj në diskutimin
mendimin i tij se Shteti italianë mun të mirr një mbarështrim gjuridik i Shtet
plurikombëtar, ashtu si vejin formuar në Evrop lindimore. Edhe më shum për të
ngujoj fermente iredentiste çë mund të vëjin në diskutim drejtpeshime internacionale
nënshkruatura në traktatet e paqës.
Vulneta tëgarantuar, mbi të gjitha, të tërja
e tokën kombetare, lidh, ka kondicionuar me forcë diskutimin e Kushtituendet
edhe ne përcaktimin e parimet i pëgjithshëm i barazi parashikuar në tanishëm artikull
3, ai çë mbi caktimin e autonomisë i posaçëm e krahinet me prani e njëjë
popullsi plurigjuhësore dhe diskutimin mbi formulizimi e artikulli 6 mbi
ruajtjen e pakicat gjuhësore. Gjithashtu, vonesa e gjatë në miratim e një ligje
çë ngjin “normat të pasçme”
lajmëruame në artikull 6, nuk ka qën i dashur vetëm për rikthemin konceptual e
fjalen minoritet, konceptuar si grupë shoqërore kufizuar në një masë e
drejtësuame gjuhësore, më afër prirjet dialektale e laryshitr artikulimin e
kulturat regjonale o sub-regjonale e Shtetit italian; dhe as vëllimin e gjuhës
e minoritetet të shpreh një histori i emigrimin, i pasurinë kulturrore dhe
shpirtarore, i formimin dhe i komunikimin shoqërorë të ndrysha nga ajo e
shumicës në tokën.
Ka qën e kuficuar nga politike kulturale e
partitet të djathta historike, ngushëlluar nga partitet laiko-liberal të
rrjedhuret risorgjimentale dhe nga drejta shtetëzuare e Italisë republikane, çë
ka vënë pëngesa të forta për humë legjislature për apromimin e një ligje
kushtitucionale mbi pakicat. Dhe, me gjithëse një ndjeshmëri e ndrisha e klasa
politike drejt grupavet gjuhësore shprehje minoritete etnike dhe historike e
territorin kombëtarë, Shtetit italian, edhe ture prodhuar një egjislacion shumë
e përparuame, edhe se kufizuar vetëm për ato pakica e kufit e mbrojtur nga
traktatet e paqës che nga akordet ndërkombetare, u ka demostruar i pafuqishëm
pë të kështu thëna pakica e mbrendëshëm heshtunur çdo nisje për ruajtjen edhe
më tërthorin e njëjë endeme vënie të gjuhës italiane, si gjuha e vetme zyrtare
në raportin burokratik dhe në politikën e ushtrimin e basës, edhe pas burimin e
njëjti Dekrete Delegate mbi shkollen në të cila parashikohen drejtimi e
përdorimit e gjuhës e nënës e qytetaret italiane.
4)
Mbi planin e pëtëritjen
gjuridikë një pushtim rëndësishëm, çë zbllokon në fund pllaisimit e frikës
politike e njëjë copëtimin e Shtetit nga ana e pakicat, do të kehet në nëntorin
1992 atë çë Këshili e Evropës i jep projektit e Kartës evsopjane të gjuhave
krahinore dhe minoritare tëveshurat gjuridik i Konvencionën evropjane, e që,
fatkeqësisht, Italìa do të ratifikoj vetëm në vitin 2001. Në parathënie e
Konvecionës thuhet se «qëllimin e Këshilli i Evropës është ai i realizonjë
unitetin e ngusht mbrenda e anetaret e saj, në qëllim e ruajtjen dhe të nxit
idealet dhe parimet çë janë pasurinë e tire tëbashkuar» dhe, mbi basën e
parimet të marra në kohën e stitucionet mbikombëtare të ndrysha, përforcon se
folmja e njëjë gjuhë krahinore ose minoritare në jetën provate dhe publike
është një drejt i pa shpërfill. Afermohet, siç, detyrimin se «ruajtjen dhe
ritjen e gjuhavet krahinore o minoritare në kombet të ndrysha dhe krahinat e
Evropës përfaqojin një kontribut për ndërtimin e njëjë Evropë themeluar
mbi parimin e demokracisë dhe e shumëllojshmëri kulturore, në kadrin e
sovranitetit kombetare e të integralitetin torritoriale» dhe, më, që mbrojtjen
«e gjuhavet regionali e pakicat historike e Evropes, të cila dica
rezikojin gjithëmonë më shumë të zdukem, kontribujon të banjë dhe tëzvilluar
traditat e pasurinë kulturrore e Evropës».
Me ki risolutim, kërciar në fund marrëveshën
shekullore, mbi konceptimin e minoritete si pjesë të njëji shtet kombëtarë,
përcaktohen «gjuha regjionale ose minoritare ato gjuha përdorura me
tradita mbi një teritor e njëji Shtet nga njerze çë bëjin pjaes këtij Shtet që
formojin një grup numerishtë më i ngusht se mbetje e popolsinë e Shtetit, e të
ndryshme nga gjuha zyrtare e këtij Shtet». Kështu minoritetet të kashta e
mbrendëshme marrin një masë dhe një kolokim më i përgjithëshëm, jo detyrimisht e
lidhur me një masë e cilësuar territoriale.
I kaluar pengesën historiko-politik që
bashkoj minotetet gjuhësore me pjesat e popullit në luftë me popullsia më
shumte e një dora vetë Shtet kombëtar çë flet një gjuhë tjatër zyrtare dhe
resiku të njëjë i mundshëm kundërtim për definimin i ri e tokavet e Shtetit i
njëti, Karta vete pëpos, ture mbështetur detyrimin e njohja të gjuhavet
regjionale ose minoritarje sepse « shprehja e pasurisë kultore» e
Evropës; për të cilën është «nevojme e njëjë veprimë e vendosur e nxitit të
gjuhat regjonale o minoritarje nëmbarimin e mbrojtes ture lehtësuar të dhenet i
përdorimin gojore dhe shkruajtur e gjuhavet regjonale o minoritarje në jetën
publike».
Organismet evropjane ture arritur në koncepti
i gjuhës si mjer mbartës dinamik e historinë shoqërore, politike dhe
intelektuale e njeriu mbrenda shoqerin shtien në fund konceptimin klasike çë
lidhën gjuhën me situatën i dientifikimin kombëtar. Është për të gjithë i qartë
se legjislatoret evropjane kan pasur si ispiratore e kësaj pohuasme kalimet
gjuridike çë kan qën drejtuar nga traktatet ndërkombetare të para të
shkruajtura në fundin e lufta e para botërore, mbi ruajtjen e pakicavet e
rracës, e gjuhës dhe e feje, kan shkuar pë kushtutet të ndrysha evropjane,
posaçëm për ato çë kan lindur pas lufta boterore e dyta, dhe ndjekur problemet
gjuridikë pasmes e ndërlikuamen e proçesit e bashkimin politik e Evropës, janq,
në fund, arritur në përcakyimin «gjuhë minoritare si pasuri kulturale e njëji
popull», mbi tëgjitha për miratuar ndonjë përbledhje e të drejt evropjan, i
tendosur të ruajturit brenda markatin i lirë dhe e levizën e kufit, njeri si
anetar e njëji grupë kombetarë, më ose të paktëm i madhë. Ky resultat pranon të
zgjerohet prospektiven e ruajtjen gjuhësore ture e liruar potjuashme i tërë nga
kushtëzimet kombetaristike që kishin karaktericuar historinë e Evropës në
shekulli Nondëqind e bënur të rëndë akcioni i legjislatorin për prani e të një
mendim publike edhe e mbushur në shum sektore me sentimente kombetaristikë.
Në çë këto jan në vërtetjen, mbi planin i
gushtuluame gjuridik, njohja e njëjë pakicë si pasuri kulturore përfaqon
vegëlin i përshtatshëm kundërtimet që linden në një gërshetim me ruajtjen e
intersavet koletive me ruajtjen e interesavet e njerëzit. Çdo fillim gjuridik
çëmund të jetë e marr si parimin e frymëzorin e disiplinën e përdorëmit e
gjuhës, gjën një faktor i unifikimin, nga një anë, në mbrojtjen e zvillimin i
lirë e personalitetin njerëzore e, nga ana e tjetër, në përhapjen e shpirtit i
solidaritetitja me njerëset çë komunikojin.. Gjithëki pranon liria të përdoret
gjuha çë kuptohet e vetë, e ky aftë nuk mund të jetë absolutishtë kuficuar
vetëm kur ai është dëntim për lirin e tjertëkujt. Për të cilen përdorimin i
lirë e njëjë gjuhë presuponohet kryrje e parimin e harazi të bazuame e jo ai
formal si bëhet në pjesë në ordinamenti italian, për veprimin e jozbatimin e
artikullit 6 e Kushtituten, me gjithë se miratimin e legjes 482 i sotëme në
materjen e ruajtjen e pakicat gjuhësore historike.
Njohja e gjuhen si mir kulturror, baraballë
me çdo mir kulturor tjetër, meriton kujdesin e legjslatorin e, si tashme shton
Koshtetutja spanjole, bëhet një kornizë më e gjerë e zbatimin e bazën
shumëllojshëri, që nxë të vazhduar mbi rrugën e vlerizimit të çdo cilësi
gjuhësore-kulturore.
Konsideruar se ndryshimet etnike dhe
gjuhësore nuk mund të jen motive për diskriminimin e qytetaret, edhe nuk mun të
jen kauza e bazën e kontraponimin politike e grupavet shoqëroë të organizuara
është e dukur se largësinë e koncepti i pasuri kulturale, në të cilen hin masa
paraprake i ruajtjen e njëjë gjuhë, çë pengon
linden e luftat për intereset e pakicen e njerzet çë
bëjin pjesë me grupin, me ato koletive e grupit dora vetë.
Konflikt që, qartësi. nuk mund të zgjidhet
ture privilegjuar një komponent, por rikërkuar një zgjidhje ekujlibruame çë
siguronte në maximumin ruajtjen e intereset luftarake. Ki themellim, çë në
Karten evropjane nuk është zgjeruam e ekspresionet gjuhësore i pakët, të cila
mund të jenë djalekte, lejon përfocimin e shpirtit i kuptimin dhe i solidaritet
ndë popujit, si qofte në vërtetesimin se mosnjera gjuhë, e madhë ose e vogël,
më e lashtë ose më pakë, mund të jetë më e mirë ose më e keqë e tjerat, huqur,
në këtë, qendrimin me përbuzje dhe me armiqësi kundër ata që përdorin gjuha
ndrysha nga ajo jona. Në këtij
Kuptim dyemrimin individualizëm-kombetarizëm
vjen zëvendosur nga njëtjetër i kundëshëm dyemrimi grupë-bashkim, ose mundet
edhe më si komunion, i dashur për proçesit bashkohore evropjan. Esikston
gjithëmonë resiku i njëj konceptim johore e ruajtjen që mund të siell në
përfaqesimin e njëjë gjuhë si mir muzeale dhe dokumentarishtë.
Kryrja e musee, qëndra i studimet dhe
kulturale, shkolla specialicuara, arkive e dokumentimet nuk mund kishin as një
verpim pohore në çë gjuhën objekt e ruajtjen nuk do të jetë protagoniste në
komunikimin shoqërore dhe në prodimin e njëjë kulturë e re.. Vetë ture pranuar
gjuhavet në përdorim vazhdueshëm dhe një protagonizëm ditore, pohohet bindje e
evolutimin e kodet i komunikimin e gjuhësore, rishtunur tesja se duhet një
pëngesë për kursin e historinë me ruajtjen e forcuar e njëjë gjuhë. Në fund,
nga mbjedja konceptuale e pakicat gjuhësore si shprehje e kulturës e njëj
popull, politika e ruajtjen e këtire realitet, më se shqiptimin e kryerit e artikulli 6,
në Italìa do të jetë risjellur kryerin tjetër i thënur në artikullin 9 e
koshtetutja që urdhëron Republikës të nisinjë zvillimin e kulturës e ruajtjen e
pasurinë historikë dhe artistik.. Në këtu mënyrë, ture nisur nga presupimin se
një gjuhë është një pasuri kulturalë, ruajtjen e pakicat gjuhësore në Italinë
dej të gjëjë një seli naturalisht në legjislacioni sjkollore dhe në ajo e
pasuri kulturore.
5) Me
aprovimin e Ligjën 482 ture marr vlerat e Karta evropjane e gjuhave krahinore
dhe minoritare e të të parat Deliberimet e Parlamenti evropjan, Parlamenti
italian ka, kështu, kërciar dibatim i vuajtur që shih në ruajtjen e pakicat
gjuhësore jo një kufi me rezikë për sigurimin e Shtetit pas-unitar, ture
kontribuhuar në faktë në ndertimin e njëjë Evropë e popojëvet që vë në bazat e
demikrazis e saj ruajtjen e shumëllojshmëri gjuhësore, kulturore, e racës dhe
fetare. Me kjo ligje, edhe në Italì do të ruhet se kulturat krahinore tëvogëla
e pakicat gjuhësore janë pasuri gjeneralë çë do të ruhen dhe legjitimohet
kryetin se gjuhët minoritare janë një mjet mbartës e unitetir ndërpopullore dhe
e kombet i të cilin patrimon gjuhësorë dhe kulturor është një shfaqje e njëjë
resorsë ekonomike të madhë.
Pë të mirin e këtij masë parakrahë Krahinat jo me Statutin i veçantë mundet
të ruajin në fund pakicat e tyre regjonale e edhe Kalabrìa, në përfundim, mundet
të bëhet aktualishtë gërmën r e artikullit 56, e Statuti i vjetër regjonale që,
edhe në harresën e pakicën me gjuhë oçitane e pranishëme npresente në Bashkinë
e Guardjes Piemonteze (KS) e të larystisur arkipelag gjuhësore e endazaket e
Kalabris thot se “në rispekti e traditat e saj, shtyjë vlerëzimin e pasurinë
historik, kulturore dhe artistik e popollësinë me origjine arbëreshë dhe e
greke; ndihëmon mësimin e të dy gjuha në vendet ku ata janë të folura”.
Një vërtëtim madhështor, kulturisht e përparime për ata vjeçe që, mbi
planin kryet të mëdha çë sfidoj egjemoninë kulturore e të djathtët çë diçka
vjetra para kishin dhënë jetë KRYENGRITJE E REXHOS, por, fatkeqësisht, nuk ka
qënë mjaftë në kursin e legjislaturen e dytë për të mënjanoj gërshërën e në ajo
kohë Komisari i Qeverisë çë ka refuzuar një ligje e këtij Këshil në deshmirësin
e pakicat gjuhësore. Në kohë politika u ka harruar nga pakicat gjuhësore dhe,
me të gjithë se çëdoherë shetësimin e komunitetet gjuhësore, nuk ka qën në
nevojme të intervenoj me i përshtatshëm as mbi tokën legjislativ as mbi atë e
programimin ekonomik. Redaksia e Asse 2 e POR Kalabria është një sinjal
emblematik e nënvalutimin e kësaj pasuri për një politikë e re mbrenda
zvillimin tjetër e shumicën e klasa dirigjent, jo vetëm politike, kalabrezë.
Me kjo ditë niset një proçes volithshëm për pakicat që tekstin e Statutin i
ri regjonale ka tashi të vlerëzohej.
Lidhi fjalën njohjes e popullit Rom si merr pjesë në arkipelagut e pakicat
historike, prjekt e ruajtjen; lidhi fjalën njohjes e një rapresentancë e
Bashkit me gjuhë moniritare mbrenda Këshilli e Autonomisë lakale.
Në një kohë kështu e lart e akcioni legjislativ jona, më
duket edhe domosdoshëm puntulizimin mbi të cili shpirt dhe mbrenda cili debat
kemi përbaluar një diskutimin i meritë mbi ligjes çë jemi gati të aprovojim.
Si pjesë e komunitetën e pakicen
gjuhësore arbëresh dhe, mbrenda vizatimin e ndrysha çë ju tëgjitha keni, nëtë
shuma dhe edhe e gjallë i diskutimin në Komisionë e në komunitetet interesuame
ligjës, kam parë dy modalitete i afrymin për problemin: një i jashtëmë e
pakicavet e jetrin mbrendëshme. Dy ide të ndrysha për afruar problemin që, në
fakt, siellin në dy të ndrysha modalitàete të menduar prospektivën e ruajtjen
të gjuhës dhe vlerëzimin e pasurinë etniko-gjuhësorë.
Është i qartë
se afrimin i jashtëm ka një karakter ndërpritur dhe pësues: mendon të
mbarështronjë hapësirët çë i jep ligja kombetare, shton ndonjë gjë e të tijtë
në nivelin regjonale, mbështetën veçantërishtë ruajtjen e gjuhës, mbrebda një
administrim vetvetëm istitucionale e resorsat të ngushta çë ka. Kjo bën një
shorte kapistrimë e shpresjet që në më shumët kishin vunur mbi ligjen 482. Jo
vetëm: favorizon ata më të forta mbi planin politik sepse ngushton në vendin
qendror në shpërndarje e risorsave pse mbështetisët mbi kujdesën dhe mbi
ndëmjetësinë, dhe jo mbi drejtat e mbi volin. I naturishëm, marrin pjesë e
kësaj rrest gjithata që janë më realiste e mbreti e nuk shikojin në ligjat e
ruajtjen (kombetare e regjonale) ndonjë prospektive i zvilimin i ardhshëm.
Shum jan
dejpërat të lashta pë të cilat arritja e resorsat financiare shërben për
përfocuar pasqyrja e kryetart e bashkiyë si të mira.
Kështu se si Komisiona e Tretë e Këshillit Regionale ka lëshuar me
maxhorance të largët teksti njëezuar e të tre projekte i ligjen në lëndë e
ruajtjen e pakicat gjuhësore e Kalabrisë, kemi qën të sulmuara me të ndezura
polemike e kundërshtime çë vijin, për më shumte, nga ambiente universitare, nga
dica burra arbëresh e politikes e nga dica shoqata interesuar. Për të thënura e
këtire ligja do të jetë një shaka pëse, në faktë, nuk ka i besuam ndërhyrjen e
ruajtjen në vendin e shkencavet, më shum atij gjuhësore, institutet dhe
fondacionat.
Këta zoterinje, titullare e shkencavet dhe drejtore e shum kështu të
thënura institute shkencore, kur kan parë i jo arritur mikro interereset e tyre
i drejtpërdrejtë kan thëllëzuar nga djathtët dhe nga majtë –dhe do të e bëjin
për shum muaja edhe- kundër klassa politike e këtij Këshil akusuar se ka
aprovuar një ligje jo e përfaqësuame e të omnia scienza albanologjike o grekofone.
Në mendimet e tire, pas dy vjet pavlere e vonuashme polemike, këshillert
regjonal kan pjelur një mi i vogël rakitik e i sëmurtë e konsaçativizmit. Por,
atë çë çuditën e kritikat e këtyre çensore është ardurit të njohim se, ndërsa
në legjislaturen e shkuame ishten konvergjenca përbashkëta në seli e Komision
ishin sinteset unitare e komponentet e saj, në kjo legjislatur ky nuk ka vlerë
e dora vetë konvergjencat janë besuar një
konsoçativizmë i trasversal me skandallë.
Sed sicut tempora currunt, mund të thomi në latinisht makaronilë në çë ne, të
varfta të zgjedura këshillere regjonale, dejim të ishim të përmandura me titole
akademik e doktorate e kërkimit. Nuk jemi kështu, dhe, prandaj, jemi tëdetyruam
të arsyetime të rëndomtët kategori politike e të mjerat vdekatare çë ulen ne
Këshilli regjonale.
Në përballtë e këtire mlefuame polemike të interesuame mendoj se dy jan aspekte
përparësitë çë do të nisemi. Ligja regjonale nuk mund të vë sipër mbi normat
përbashkuara
e asaj kombetare, që, në tjetër, është ligje kushtucionale, për dikujt
bazat dhe nënshkruajturat çë aktualizonin në asaj të vendosura nuk mund të jen
të vunura në diskutimssere nga çdo ligje regjonale. Më duket mjaftë, pra,
kthjllonjë ata çë digjojin rezikun titujëtë përvetësuame, më duket edhe më
mjaftë i pa riproponuar etë që u ka tashme pushtuar me ligjen kombetare.
Në të dytën goditjen është të gjitha i dukëshëm se kjo ligje, që është e
pasur me meritëe ligjes 442 e vitin’99, është themëluar mbi shpirtin e Kartën
evropjane e të drejtat e pakicat krahinore, e cila, ture kërcier pikëpamjen e
ngushtë e unitetin gjuhësore e italishten si elementë themelor e pandajtur e
Shtetit, ka përhapur pakicavet gjihësore koncepti i pasuri kulturorë dhe jo ajo
e markatit.
Leximin kritike e ligjës krahinore nuk mund të nuk përfilloj këto dhe jo me
fatë të dytën artikull vazhdon ne definimin e konçeptimin i pasurinë kulturore
e njëjë pakicë gjuhësore që, do të thohet, është një interesantë novacion e
sistemit legjslativ kalabreze. Nuk më duket pakë fakti se në artikulli 2, pas
gjuhen dhe pasunirë letrarë, formojin pasurinë kulturale e komunitet e
pakicavet edhe pasurinë historikë dhe
arkivistikë, këngat, muzika e vallet popullore,, teatrin, artet figurative
e’artet fetare,të mirat urbanistike, arkitetonike e e monumentat, vendimet e
banesavet të lashtë, istitucionet edukative, i formimit dhe fetare historike,
traditat poullore, kultura lëndore,të veshurat popullore, artigjanati tipik dhe
artistik, tipikimin e prodimet agro-alimentare, gastronominë tipike, dhe çdo
tjetër aspektë e kulturës materiale dhe sociale.
Mund të bëhet një shaka i keqësuar mbi ki artikull, por mendonjë në të kundërt
se është ki kalim vegëli pë të çarë ishullimin historikë ne të cilën kultoret e
letërsinë, e gjuhës dhe e historinë, kishin kuficuar për një fazë e tërë
intereset e ruajtjen.
Ki
përcaktim, në tjetër, është rezultatin jo vetëm e kryet e Kartën evropjane, por
si e udhëtimin i lodhëshme dhe autonom që jeta arbëresh ka shkuar në
tredhjetvjeçarën e fundit në kërkasën të mbjoj me e përmjturat më të larg në
luftën e mbrojtje e identitetin e saj. Mundet se jemi pamendime e shum takime
në tëcilët ne të gjitha sbulojim se dygjuhësimin kështuthënur i çalë kish
çajtur, në procesin e socializimin fëminor, pendëminor, pendët e mbrojtjen
monogjuhësore që kufizohej vetëm në komunikimin gojore: fjala dhe dëgjimin. U
kemi harruar e pafuqishëm në anë e shtirrjen e komunikimet të reja e mbarimin e
i dytën mijëvjçarin që, në procesin i socializimit të parë italo-arbëreshë,
kishte shkuar nga nënshstruar monogjuhore në nënshstruar dygjuhore, nga
nënshstruar që bisedon në gjuhën shqiptare pa mundur të lexoj dhe të shkruaj në
gjuha nënë në nënshstruar që ishte detyruam ne perdorimin e njëjë kode italian
sepse i pasur nga të katërta fakultete e komunikimit: leximin dhe shkronja,
digjimin dhe folmja. Dhe u kemi edhe harruar se ki rreth e socializimin
fëminorë, ndërsa ishte një privilegjë i madhë për fazat tjera e socializimin e
arbëresh, fatkeqësishtë, dobësoj i pashmangshëm, në atë nënshstruar, ruajtjen
emotive dhe e biseden e gjuhën e komutetin e atij. Me këtë, në epoken e globalizimin, të komunikimin mbi rethën e në
kohë realisht për udha satelitare, duhet pasur ndërgjegja që mbrojti një gjuhë,
e marrë në shekujtë mbrenda familien dhe mbrenda komunitetin e fshatin, paraqen
detyrët tëvështira dhe i zgjidhje e pa lehtë. Mesimin e gjuhën hëhet edhe
zgjidhja më i rëndë, por i domosdoshëm dhe i nëvojshëm.
Do të bindem fëmijët e familiet pë studjuar
gjuhën e nën e nënës, do të nxit kjo nëvojë, do të rindërtuar një gjuhë që në
kohë ka bjerr kompatesin e saj. Është, në fundë, një nëvojëme e formimin e
mësueset e doçentet, të vashdohet me kurse i alfabetimin dhe e sotshme
operatoret gjuhësore; është nëvojme të rindërtohet një kodë gjuhësorë mbi
planin e leksikut, i sjellur nga folmja lokale e gjuhë arbëreshë në gjuhën
shqipe zyrtare. Me ki mendim është nëvojshëm universitetin, laboratoret
shkencore dhe e kërkashtare e saj. As njeri, në fund, do të mohonjë ose do të
mohojë rolin përcaktuar e kërkesën e universitetin në këtij vend.
Të gjithë ki paraqitje do të jetë i lën në dorë universitetevet. Si është i
parashkuar në ligjen 482 dhe urohem se këtë do të jetë i ardhshme.
Por ture u ishuluar
vetëm në fushë gjuhësore, kulturat minotirate do të vinte gjithashtu ruajtur?
Dy janë përgjigjet të mundshëme: jo në
qoftë ndërhyrje do të caktohej thjeshtësi në ushtrimin dhe i mësimin i gjuhës; po në çë ndërhyrje shtrijë pë të
gjitha paraqitje e jetës e shoqërisë dhe kulturale e komunitetën. Në këtij,
por, mund të kemi një zgjerim mbimasën e dëtyrevet e universitetin çë do të
shkonjë të merr vendin e hapësirët që i duhen pë institucione të tjera. Ki arsyetim,
i bënur me logjikë e ndënje të mira, e respekti e institucionet locale dhe e të
drejtat e të gjithëve komponentevet e pakicat gjuhësore, ndreqësishtë do të
zgjerohet edhe pë të ghjthë ata që mendojin se ruajtjen e mbrojtjen e pakicat
të Kalabrisë do të shkoj vetëvetëm nga të ditura shkencore e universitetin, nga
fondacionet ose nga institutet të ndryshura; shum të respektuëshëm mbi të
gjitha pëse jan shkencore. Por jeta shkencore në historinë e kombet ka diçka
herë kërcier detyrat të besuame politikë? Mund një institut shkencore të
vendosinjë për të përmirësoj një gjitoni,
për vlerizimit e pasurinë fetare, për kufizimin shkollore, për një planë i
ndëhyrje të njëjë ose më bashki komunale? Në jetën të gjithë është i mundëshëm;
në demokrazinë kalabreze më duket jo!
E, edhe, në çë pakicat e Kalabrie do të jen
ruajtur si pasuri kulturore, në kjo drejtësi duhet brojtur kulturën materiale,
ajo arktetonike e monumentale, cerimoni fetare, pasurinë etnik e kulturale,
është i qartë, si objektiv qentrore e ruajtjen e gjuhës.
Kjo ligje, kështu dhumëshuame nga ndonjë
sektorakademikë e nga ndonjë përkrahës e shkencëtarimin, gjithëmonë dhe kudo,
çë duhet apo jo, ruan të gjitha qyqetaret e komunitetet gjuhësore dhe do të jet
e lexuame me kujdes e nuk do të duhet të vaproj resikun tëduket partisane
pezmatine.
Por, në çë kritikën do të jet, ajo
do të bëhet në meritë e ligjes ture u nisur nga nevojëtë e ruajtjen pëhitur
mbrenda përbajtjen e të kujit asnjeri do të shpëton. Sarkazëmet, gjykimet – më
mirë paragjykimet – refuzimet pretekshtuazme, kritika pëshpëritme lën kohën që
gjëjin dhe nuk ndërtojin as gjë të mirë. Përkundrezi, bëjin të mendohet që në
fund ushtrihet ghithëmonë dhe vetë i mbarështrimin më osë më pak e njohur.
6) Me qartësi e madhe mendoj se
u ka elaboruar një ligje që nuk është pastër mbarështrim as vetëm të shtirët
kryet.
Dy vjet vonesë dhe një ashpër
krahasim kan qënë përcaktuame nga kjo dikotoni ndër ligja e mbarështrimin oso
ligja e drejtimin e kryë.
Personalishtë kam gjithëmonë menduar se për
pakicat e Kalabrisë, më pas mbarështrimin e risorsavet që mund të jenë të
njohura, është nëvojme e njëjë vegël
legjislativë që mund të lejojadministrimet komunale e tira të përdorin në
raportin me aktivitetin e tërë në drejtimin e teritorin kalabreza, mbi të gjitha
mbi terenin e ekonomisë dhe e mubdëshm burimet e zvillimin e krahinës
regjionale. Nuk kam askur dashur getet, parafytyroni në çë mund lejonjë për ajo
ç’është kultura nëna e mia dhe çë kam luftuar pë gjithë jetën pse getizimin e
saj nuk ndodhet e, ndoshta, ndonjë resultat ka qën fituar pa bjerr as edhe
burimet ekonomike.
Por ki e do, më se gjithë, ai i dytë grupi
arbëresh, thomi ai e afrymin i mbrëndëshme, që nga së paku njëzetëvjeçë ka parë
në vegëla legjislative udhëtë për shpëtuar patrimonin gjuhësorë, për dalur nga
ishullimin tokësor, për penduar krisja demografike, dhe prandaj gjuhësorë, e
komunitet, për shpresuar në hedhur ekonomik, për rekuperimin e patrimonin
urbanistik dhe arkitetonik, për konsolidimin e territorin dhe fuqizimin e
udhëtë e komunikimin, për përdorimin e turizmit kulturore si voli ekonomikë.
Është i gjithë të qartë se kush ndihmon kjo
ligje nuk mendon veçanterishtë komunitete që përdorin një kodë gjuhësor i
ndryshëm nga ai standardë. Ruan Kalabrinë e oportunitetet që dhurohet për kujtuar
Italisë e Evropës se në kjo krahinë jetojin segmente e popullsia që shprehin
historia, kultura, marrëdhënie shoqërore çë bëjin pjesë e pasurinë çë ka
ndërtuar demokracnëa italiane dhe hakmerrin drejti të jenë pjesa të vogëla e
popullit i madhë e Evropës e bashkuar. Këta nuk mendojin vetëm gjuhën si kodë e
komunikimit, por ruajtjen e saj edhe si përdorim ekonomik e risorsat “pasuri
kulturale”.
Të dy gjëra nuk
përjashtohen, por do të përforcohen.
Nuk duhet shum për
kuptuar se dispositivin e mbrojtjen e gjuhës parashikuara në ligjën 482 është
të gjithë paraftueshëm për ushqimin e kodin gjuhësorë e minoritarë mbrenda një
hapësirë kështu i gjerë si cili është sot globalicimin e komunikacionet. Dhe se
ligja ka vuajtur diçka përplasje nuk është shquajtur vetë në formen e
mbarështrimin skandalosë që zbaton komitetin ministerial, por edhe në përvojën
direktë ë shkolla tetëvjeçare si ka demostruar një kuvend i kohëve e fundit
–edhe se klandestin- çë u ka bën në Spezzano Terme në të cilin kan qën me
ashpërsi kritikuar dirigjentet e shkolla. Më duket shum të qartë se sot shpëton
gjuhën në çë nxënsit i jepet një sistem i komunikimit që prodhon ëndëndjesur
dhe përdorur kodin gjuhësorë i nënës. Do të kehet, sigurisht, nevojën
absolutisht e ankimin në teknologjit digjitale të reja, që prodhojin e thjeshtë
njohurinë e historinë e komunitetin, pasuria e traditavet popullore dhe letrarë
e saj dhe, në bashkëkohën, përkëthejin në kodin gjuhësorë e nënës tëgjithë
prodimin komunikativ çë ata përdorin. Pa ëndërra, por ture zbrethur në shpirtin
e Kartë evropjane, new economynë,
por thom gjithë ponën i mirë çë lindet nga koha ere e teknologji, mund të jetë
rastin i volitshëm e madhe qofte se në çë vjen përfunduar në bledjen,
katalogimin, studimin e shumëllojshmëri kulturorë, dhe në çë do të jetë e
caktuar si shërbim për përdorimin e pasurin kultur në hedhtimin e njëj/ projekt
e zvillimin i themelluar mbi turizmi kulturorë me raport me turizmi
tradicionalë.
Pë të
arritur në këtë është nevojmë një ligje që do të jetë edhe një kokrrizë, një
rekrutim, çë pranon hyrja të jetrat ligje regjonale për zvillimin ekonomikë e
për ruajtjen e mjedisit. Parat shërbejin, por dhe do të jetë mir se bashkitë
komunale do të ken financën e tire çë mundet të e mbareshtrojin me autonomi.
Por është nevojmë mbitëgjitha një shpirt i vërtetëshëm i ruajtjen e kalimit që
nepërmjet një korsi parapëlqieme do të vë qytetaret, operatoret ekonomike,
institucionet në gjëndje të vendosinjë mbi kjo resorsë. për mbarim, në çë bëjim
një bilanç mbi që deri sot ka qën ndjijuar mbrenda ligjën 482 ose sa jan ata çë
din se esikstonte një ligje e brojten e pakicat gjuhësore, vërtetojim, e e
thoja pakë më lart kur se flisnja mbi klandesinitet, se janë pak ata çë kan
vetëdijshëmja se një ligje ka qën aprovuar në fundit e vitin 1999 e se këta jan
veçantërishtë ata të caktuar në kjo punë. Ki shpjegohet për naturën e saj e e
ligjës 482, që qëndron për pak nënshtruara dhe nuk ndërlikon më qytetare tjera.
Kjo ligje regjonale kërkon të vazhëdon të shoj pas kufit e ligjës 482 në
mendimin t’e prodhoj më përhapur, më përdorur, më mbarështruar, më pjesëmarrë,
ndryshe është për të gjithë i lehtë ndihmoj dështimin e finalitetet themeluame
në e njëeti ligje konstitucionale.
Një vegël legjislativ, prandaj, që përtërinjë vonesën dhe
moskuptimet ture shtunur bazat për një i ardhëshëm çë do të bashkëndërtojim.
Një sfidë për të gjith ë ne, Deputacion regjonale, Universitet, Administrime
locale, Shoqate kulturore dhe e i vullnetshëm, qytetare, për të vazatuar një
projekt i vërtetë i mbrojtjen e kulturat minoritare e Kalabrisë.
(Testo italiano)
Damiano GUAGLIARDI
“Signor presidente, colleghi consiglieri,
il rispetto nei vostri
confronti e il non volere utilizzare forme istrionesche della comunicazione mi
inducono a parlare in questa aula con la lingua di sempre: l’italiano.
Confesso, però, che in occasione di questo
provvedimento, che colma una storica lacuna legislativa verso le minoranze
linguistiche di Calabria, forte è la tentazione di tenere un intervento nella
mia prima lingua: quella che da bambino ho appreso dalla bocca dei miei
genitori; quella con cui ho giocato nelle mie gjitonie, quella che mi ha procurato grandi difficoltà negli
studi, quella che parlo oggi nelle mie comunità, quella che cerco di far
apprendere alle mie figlie. E’la lingua di quei profughi che, in forme molto
simili a quelle odierne, dall’Albania sono arrivati nelle regioni meridionali
della nostra penisola tra il XV e il XVIII secolo, e che in cinquecento anni si
è mantenuta viva nelle regioni dell’Italia meridionale costruendo nel tempo la
sua diversità nella letteratura, nella storia, nell’antropologia, nelle arti e
nella musica.
Oggi, finalmente, ci
apprestiamo ad approvare una legge di tutela delle minoranze linguistiche di
Calabria, a distanza di poco meno di tre anni dal progetto di legge presentato
da me e dal collega Tripodi, grazie alla legge n. 482 approvata il 15 dicembre
1999, con la quale il Parlamento italiano, dopo mezzo secolo di attese,
finalmente attua l’articolo 6 della Costituzione nel quale è sancita la tutela
di tutte le minoranze linguistiche presenti nel territorio dello Stato
italiano. Una legge che solo alla fine del secolo ventesimo colma una lunga assenza
legislativa del Parlamento italiano e pone fine ad una storica disattenzione
della classe politica italiana la quale per oltre mezzo secolo è stata
colpevolmente silente ed inerte verso le minoranze linguistiche interne, o come
oggi si afferma storiche.
Minoranze che si formarono nei secoli a causa di fenomeni
migratori di popolazione straniera, o, anche, per lo svilupparsi in aree
culturali e sociali, come quelle sarda e slovena, di processi endogeni che nel
tempo hanno innescato processi linguistici, etnici e antropologici tali da far
loro assumere caratteristiche di entità nazionali, ma che si sono sempre
sentite appartenenti alla nazione e allo Stato italiano.
Ma perché il Costituente italiano, promotore
di quella che sul terreno dei principi e dei valori, è la più moderna
Costituzione del mondo occidentale, ha tardato tanto nel realizzare compiutamente
la tutela delle tante minoranze linguistiche interne disattendendo per lungo
tempo l’attuazione del principio di uguaglianza di tutti i cittadini italiani
sancito con l'articolo 3 della Costituzione? E perché ha operato con una
legislazione di qualità e di grande modernità solo a favore di quelle regioni
che, essendo confinanti con paesi stranieri, avevano già ottenuto per obblighi
internazionali l'attribuzione di regioni autonome a statuto speciale?
La
risposta la troviamo in quello che fu l’orientamento statuale che si ipotizzava
alla fine del fascismo, l’approccio culturale e il forte condizionamento
politico che i nostri legislatori, compreso quelli costituenti dovettero
subire. Infatti, il nostro legislatore, diversamente da quello spagnolo che alla
caduta del franchismo scrive che la Spagna è composta da nazionalità e da regioni le quali
possono essere costituite in comunità autonome qualora possiedano una lingua
propria, è stato fortemente condizionato dai processi culturali e storici che
avevano consentito la nascita dello Stato unitario italiano, dalla presa di
Porta Pia, alla Prima guerra mondiale e alla caduta del regime fascista. Fu,
dunque, l’evoluzione storica del nostro Stato a suggerire al costituente
l’eliminazione sistematica dal testo della nuova Costituzione di tutte le
espressioni etniche e/o nazionali che potevano determinare l'affermazione
di un principio di riconoscimento giuridico dei gruppi nazionali, comunque
esistenti in territorio italiano, determinando una tutela delle minoranze
italiane differenziata, non paritaria sul territorio nazionale. Le motivazione
di questo atteggiamento dicotomico nei confronti di due segmenti della società
italiana repubblicana è sicuramente individuabile nella storia unitaria del
risorgimento italiano, ma, soprattutto, al condizionamento politico sulla
evoluzione storica dello status giuridico delle minoranze linguistiche che ebbe
il legislatore in fase costituente.
3. Storicamente, l'idea di
una tutela delle minoranze nacque, per la prima volta, nel XVIII° secolo all'interno
del movimento intellettuale che tendeva a controbilanciare le varie
forme di intolleranza rivolte soprattutto verso i gruppi religiosi che si
manifestarono in modo rilevante con l'affermazione del pensiero illuminista.
Anche nel XIX° secolo il tema delle minoranze rimase confinato esclusivamente
ai gruppi religiosi, con una particolare attenzione per gli ebrei, che
cominciavano a subire discriminazioni e attacchi non solo per fattori
religiosi, ma anche per il loro essere di comunità nazionale ed economica. Con la
formazione della Società delle nazioni all'indomani del primo conflitto
mondiale, per effetto delle nuove dimensioni territoriali che si erano determinate
tra i confini degli stati europei, si tese a generalizzare la tutela delle
minoranze di lingua e di razza oltre che di religione. L'Europa, che aveva
vissuto nel primo ventennio del Novecento la caduta e lo stravolgimento
territoriale di grandi potenze imperiali, come quello zarista e quello
austro-ungarico, con la ridefinizione dei nuovi stati nazionali cominciò ad
avvertire le difficoltà e i conflitti che scaturivano da grandi gruppi sociali
differenti per lingua, cultura e razza dalla popolazione maggioritaria del
nuovo stato i quali, anche involontariamente, esercitavano una spinta egemonica
e dominante. Nacquero in quel periodo i grandi movimenti culturali protesi a
difendere all'interno di uno stato nazionale le grosse aggregazioni sociali che
si differenziavano per lingua, espressioni culturali, tradizioni e anche per
razza dalla maggioranza della popolazione.
L'idea di nazionalità
oppresse come momento di contraddizione dello stato-nazione, dai cui potevano
scaturire elementi di conflittualità sociali diversi da quelli puramente
economici, iniziò il suo percorso di conquista giuridica dentro le democrazie
liberali europee con l'affermazione degli stati vincitori e la penetrazione
diffusa del sistema economico occidentale, che, già da allora, cominciava ad
essere sensibilmente condizionato dall'economia americana. D’altra parte, in
Italia i principi nazionalistici di tradizione risorgimentale condizionarono
non poco l'affermazione della tutela dei gruppi linguistici ed etnici;
anzi sulla tradizione della politica sabauda, di annessione più che di
integrazione del territorio nazionale, si tese a soffocare qualsiasi voce
favorevole ai diritti delle minoranze che erano stati espressi nei trattati di
pace della prima guerra mondiale e nella costituzione delle nuove province
italiane. Successivamente, la politica del regime fascista appesantì gli
orientamenti nazionalistici imponendo alla burocrazia statale forme
di italianizzazione anacronistiche che sfociarono in paradossali e ridicole
soluzioni come la modifica forzata dei cognomi stranieri o il divieto,
soprattutto nelle province di confine, di usare la lingua materna anche nelle attività
strettamente private e personali.
Alla fine della seconda
guerra mondiale, gli obblighi internazionali determinati dalla sconfitta
militare imposero la questione della tutela delle minoranze nazionali ed etniche,
sicché il legislatore della Costituente fu indotto a introdurre tra i principi
fondamentali della Carta costituzionale l'urgenza della tutela delle minoranze
linguistiche di confine, soprattutto per il rispetto degli obblighi derivanti
da accordi, trattati e da convenzioni internazionali che intervennero e
condizionarono la ricostruzione dello Stato italiano. Ma, i lavori dei
costituenti furono condizionati in forma particolare dalla tradizione liberale
del risorgimento italiano che, soprattutto durante il ventennio fascista, aveva
assunto una marcata definizione dell'idea di nazione, nella quale, di fatto, si
era negato alle diversità regionali ogni forma di integrazione nel processo di
unificazione nazionale. Questa tradizione di fronte alla drammaticità della
situazione economica e sociale italiana all'indomani della vittoria del fronte
repubblicano che, dal Sud al Nord, vedeva minacciata la stessa integrità
nazionale, indusse il legislatore costituente ad assumere risolutamente ad
immagine della nazione italiana uno Stato territorialmente integro, immune da
frazionamenti e diversità etniche, onde evitare ogni potenziale rischio di
rottura dello stato nazionale, che, seppure sostenuto da notevoli sforzi
unitari da parte dei partiti, delle forze partigiane e antifasciste, rischiava
costantemente la rottura ideologica, economica e sociale. Per
cui, nonostante in quel tempo una minoranza linguistica non fosse
considerata altro che l'espressione di una minoranza etnica, se non nazionale,
i lavori della Costituente cercarono di eliminare ogni formula, concetto o
terminologia quale razza, etnia, popoli e nazioni che mettesse in
discussione l'idea che lo Stato italiano potesse assumere un assetto giuridico
di stato plurinazionale, così come andavano formandosi nell'Europa orientale.
Soprattutto per bloccare fermenti irredentisti che potessero mettere in discussione
gli equilibri internazionali sottoscritti nei trattati di pace.
La volontà di garantire, al
di sopra di tutto, l’integrità del territorio nazionale, dunque, condizionò
fortemente il dibattito dei Costituenti anche durante la definizione dei principi
generali di uguaglianza previsti nell'attuale articolo 3, quello sulla
attribuzione dell’autonomia speciale alle regioni con presenza di popolazione
plurilingue e la discussione sulla formulazione dell'articolo 6 sulla tutela
delle minoranze linguistiche.
Tuttavia, il lungo
ritardo nell’approvazione di una legge che applicasse “le apposite norme”
annunciate nell'articolo 6, non è stato dovuto esclusivamente alla riduzione concettuale
del termine minoranza, inteso come gruppo sociale confinato in una dimensione
esclusivamente linguistica, più vicina alle tendenze dialettali della variegata
articolazione delle culture regionali o sub-regionali dello Stato italiano; e
neppure alle capacità della lingua delle minoranze di esprimere una storia di
emigrazione, di patrimonio culturale e spirituale, di formazione e
comunicazione sociale diversa da quella maggioritaria nel territorio.
E’stata l'angustia politica
culturale dei partiti della destra storica, sorretta dai partiti laico liberali
di emanazione risorgimentale e dai filoni statalisti dell'Italia repubblicana,
a porre forti ostacoli per molte legislature alla approvazione di una legge
costituzionale sulle minoranze. E, nonostante la diversa sensibilizzazione
della classe politica verso i gruppi linguistici espressione di minoranze
etniche e storiche del territorio nazionale, lo Stato italiano, pur producendo
una legislazione molto avanzata, anche se circoscritta solo a quelle minoranze
di confine protette dai trattati di pace e dagli accordi internazionali, si è
dimostrato impotente verso le cosiddette minoranze interne tacitando
ogni iniziativa di tutela soprattutto attraverso una rigida imposizione
della lingua italiana, come unica lingua ufficiale nel rapporto burocratico e
nella politica dell'istruzione di base, anche dopo l'emanazione degli
stessi Decreti Delegati sulla scuola i quali prevedevano altri orientamenti sull'uso
della lingua materna dei cittadini italiani.
Sul piano dell’innovazione giuridica una
conquista importante, che sblocca finalmente la stagnazione della paura
politica di frantumazione dello Stato da parte delle minoranze, si ottiene nel
novembre del 1992 quando il Consiglio d'Europa conferisce al progetto di Carta
europea delle lingue regionali e minoritarie la veste giuridica di
Convenzione europea, e che, purtroppo, l'Italia ratificherà solo nel 2001. Nel
preambolo della Convezione si afferma che «lo scopo del Consiglio d'Europa è di
realizzare un'unione più stretta tra i suoi membri, al fine di salvaguardare e
di promuovere gli ideali e i principi che sono il loro patrimonio comune» e,
sulla base dei principi assunti nel tempo dalle varie istituzioni sovranazionali,
ribadisce che parlare una lingua regionale o minoritaria nella vita privata e
pubblica costituisce un diritto imprescindibile. Si afferma, dunque, l’impegno
che «la protezione e la promozione delle lingue regionali o minoritarie nei
differenti paesi e regioni d'Europa rappresentano un contributo alla
costruzione di un'Europa fondata sui principi della democrazia e della
diversità culturale, nel quadro della sovranità nazionale e dell'integrità
territoriale» ed inoltre che la protezione «delle lingue regionali minoritarie
storiche dell'Europa, di cui alcune rischiano sempre più di sparire, contribuisce
a mantenere e a sviluppare le tradizioni e la ricchezza culturale dell'Europa».
Con questa risoluzione,
superato finalmente il dibattito, quasi secolare, sul concetto di minoranza
come segmento di nazionalità interna ad uno stato nazionale, si definiscono «lingue
regionali o minoritarie le lingue usate tradizionalmente su un territorio
di uno Stato da appartenenti di questo Stato che costituiscono un gruppo
numericamente inferiore al resto della popolazione dello Stato, e diversi dalla
lingua ufficiale di questo Stato». In questo modo le antiche minoranze interne
assumono una dimensione e una collocazione più universale, non necessariamente
legata alla dimensione specificatamente territoriale.
Superato l’ostacolo
storico-politico che associava le minoranze linguistiche a segmenti di popolo
in conflitto con la popolazione maggioritaria di uno stesso Stato nazionale che
parla un’altra lingua ufficiale e il rischio di un possibile conflitto per
nuove definizioni territoriali dello Stato medesimo, la Carta va oltre,
sostenendo l’impegno del riconoscimento delle lingue regionali o minoritarie in
« quanto espressione della ricchezza culturale» dell’Europa; per
cui c’è «la necessità di un'azione risoluta di promozione delle lingue
regionali o minoritarie al fine di salvaguardarle facilitando l'incoraggiamento
dell'uso orale e scritto delle lingue regionali o minoritarie nella vita
pubblica».
Gli organismi europei
pervenendo al concetto di lingua quale veicolo dinamico della storia sociale,
politica e intellettuale dell'uomo nella società accantonano definitivamente la
concezione classica che associa la lingua alla condizione di identificazione
nazionale. E’del tutto evidente che i legislatori europei abbiano avuto come
ispiratori di tale affermazione i passaggi giuridici che sono stati avviati dai
primi trattati internazionali stipulati alla fine della prima guerra mondiale,
sulla tutela della minoranze di razza, di lingua e religione; sono poi passati
per le varie costituzioni europee, in particolare quelle nate dopo la seconda
guerra, e seguendo i problemi giuridici conseguenti alla complessità del
processo dell'unione politica dell'Europa, sono, infine, pervenuti alla
definizione «di lingua minoritaria quale bene culturale di un popolo»,
soprattutto per sancire alcune sintesi del diritto europeo, teso a tutelare
all'interno del libero mercato e della liberalizzazione delle frontiere,
l'individuo quale membro di un gruppo nazionale, più o meno grande. Tale
risultato consente di allargare la prospettiva della tutela linguistica
liberandola quasi integralmente dai condizionamenti nazionalistici che avevano
caratterizzato la storia dell’Europa nel Novecento e reso difficoltosa
l'azione del legislatore per la presenza di una opinione pubblica ancora
permeata in molti settori da sentimenti nazionalistici.
Se ciò risponde al vero, sul
piano strettamente giuridico, il riconoscimento di una minoranza come bene
culturale rappresenta lo strumento adatto per risolvere i conflitti che nascono
nell'intreccio tra la tutela degli interessi collettivi e la tutela degli interessi
dei singoli. Qualsiasi principio giuridico che può essere adottato quale principio
ispiratore di disciplina dell'uso della lingua, trova un fattore di
unificazione, da una parte, nella difesa del libero sviluppo della personalità umana
e, dall'altra, nella diffusione dello spirito di solidarietà fra soggetti
comunicanti. Ciò comporta la libertà di usare la lingua che si ritiene propria,
e questo atto non può essere assolutamente limitato se non quando esso è
lesivo per la libertà altrui. Per cui il libero uso di una lingua presuppone
l'attuazione del principio di uguaglianza sostanziale e non quello formale come
in parte avviene nell'ordinamento italiano, per effetto della non attuazione
dell'articolo 6 della Costituzione, nonostante la recente approvazione della
legge 482 in materia di tutela delle minoranze linguistiche storiche.
Il riconoscimento di lingua
come bene culturale, al pari di ogni altro bene culturale, merita l’attenzione
del legislatore e, per come già dispone la Costituzione spagnola, diventa
una più ampia cornice di attuazione del principio pluralista, capace di
procedere sulla strada della valorizzazione di qualsiasi particolarità
linguistica-culturale.
Considerato che le differenze
etnico e linguistiche non possono essere né motivi di discriminazione dei
cittadini, né causa principale della contrapposizione politica dei gruppi
sociali organizzati è evidente che l'ampiezza del concetto di bene culturale,
in cui rientra il provvedimento di tutela di una lingua, impedisce il nascere di conflitti
di interessi particolari degli individui appartenenti
al gruppo con quelli collettivi del gruppo stesso. Conflittualità che, ovviamente,
non può risolversi privilegiando una delle componenti, ma ricercando una
soluzione equilibrata che assicuri al massimo la tutela degli interessi
conflittuali. Questa impostazione, che nella Carta europea non è estensiva alle
espressioni linguistiche minori, quali possono essere i dialetti, permette il
rafforzamento dello spirito di comprensione e di solidarietà tra i popoli,
proprio nella affermazione che nessuna delle lingue, piccole o grandi, antiche
o meno antiche, può essere migliore o peggiore delle altre, rimovendo, in
questo, atteggiamenti di disprezzo e di ostilità verso coloro che usano lingue
diverse dalla nostra. In questo senso il binomio individualismo-nazionalismo viene
sostituito da un possibile altro binomio gruppo-unione, o forse ancor meglio comunione,
necessario al processo unitario europeo. Esiste tuttavia il rischio di una
concezione passiva della tutela che porterebbe alla rappresentazione di una
lingua come bene museale e documentario. La costituzione di musei, centri studi
e culturali, scuole specializzate, archivi di documentazione non avrebbe alcun
effetto positivo se la lingua oggetto di tutela non dovesse essere protagonista
nella comunicazione sociale e nella produzione di nuova cultura. Solo consentendo
alle lingue un uso continuo e un protagonismo quotidiano, si riafferma la
convinzione della evoluzione dei codici di comunicazione e linguistici,
rigettando la tesi di volere fermare il corso della storia mediante la
conservazione forzata di una lingua. In conclusione, dall'acquisizione
concettuale di minoranze linguistiche come espressione della cultura di un
popolo, la politica di tutela di queste realtà, al di là dell'enunciazione di
principio dell'articolo 6, in Italia deve essere riconducile all'altro
principio espresso nell'articolo 9 della Costituzione che impone alla
Repubblica di promuovere lo sviluppo della cultura e la difesa del patrimonio
storico e artistico. In questo modo, partendo dal presupposto che una lingua è
un bene culturale, la tutela delle minoranze linguistiche in Italia dovrebbe
trovare una sede naturale nella legislazione scolastica e in quella dei beni
culturali.
5. Con l’approvazione della Legge 482 recependo i valori
della Carta europea delle lingue regionali
o minoritarie e delle precedenti Deliberazioni del Parlamento europeo, il
Parlamento italiano ha, così, superato il sofferto dibattito che vedeva nella
tutela delle minoranze linguistiche non di confine un rischio per l’integrità
dello Stato post-unitario, contribuendo attivamente alla costruzione di una
Europa dei popoli che mette a fondamento della sua democrazia il riconoscimento
delle diversità linguistiche, culturali, razziali e religiose. Con questa
legge, anche in Italia si riconosce che le culture regionali minori e le
minoranze linguistiche sono bene generale da tutelare e si legittima il principio
che le lingue minoritarie sono un veicolo di unità tra popoli e nazioni il cui
patrimonio linguistico e culturale rappresenta una notevole risorsa economica.
Grazie a questo provvedimento le Regioni non
a Statuto speciale possono finalmente tutelare le proprie minoranze regionali e
anche la Calabria, finalmente, si può rendere attuale la lettera r dell’articolo 56, del vecchio Statuto
regionale che, pur nella dimenticanza della minoranza di lingua occitanica
presente nel Comune di Guardia Piemontese (CS) e del variegato arcipelago
linguistico dei nomadi di Calabria afferma che “nel rispetto delle proprie tradizioni, promuove la valorizzazione
del patrimonio storico, culturale ed artistico delle popolazioni di origine
albanese e greca; favorisce l’insegnamento delle due lingue nei luoghi ove esse
sono parlate”.
Una affermazione solenne, culturalmente
avanzata per quegli anni, che sul piano dei grandi principi sfidava l’egemonia
culturale delle destre che qualche anno prima avevano dato vita alla rivolta di
Reggio, ma, purtroppo, non è stata sufficiente nel corso della sua seconda
legislatura ad evitare la forbice dell’allora Commissario di Governo che bocciò
una legge di questo Consiglio a favore delle minoranze linguistiche. Nel tempo
la politica si è dimenticata delle minoranze linguistiche e, nonostante le
incessanti sollecitazioni delle comunità linguistiche, non è stata in grado di
intervenire adeguatamente né sul terreno legislativo né su quello della
programmazione economica. La redazione dell’Asse 2 del Por Calabria è un
segnale emblematico della sottovalutazione di questi beni verso una nuova
politica dello sviluppo altro di gran parte della classe dirigente, non solo
politica, calabrese.
Con questa giornata si
avvia una processo favorevole per le minoranze che il testo del nuovo Statuto
regionale ha già voluto colmare. Mi riferisco al riconoscimento del popolo Rom
come appartenente all’arcipelago delle minoranze storiche, oggetto di tutela;
mi riferisco al riconoscimento di una rappresentanza dei Comuni di lingua
minoritaria nell’ambito del Consiglio delle Autonomie locali.
In un momento così
qualificante della nostra azione legislativa mi sembra necessario anche
puntualizzare con quale spirito e dentro quale dibattito abbiamo affrontato la
discussione di merito della legge che stiamo per approvare.
Da appartenente alla comunità linguistica albanese
e, dentro una angolazione del tutto diversa da quella di voi tutti, nelle tante
e anche vivaci discussioni nella Commissione e nelle comunità interessate alla
legge, ho intravisto due modalità di approccio al problema: uno esterno alle
minoranze e l’altro interno.
Due idee diverse di affrontare il problema che,
conseguentemente, portano a due diverse modalità di intendere la prospettiva
della tutela della lingua e della valorizzazione del patrimonio
etnico-linguistico.
E’del tutto evidente che l’approccio esterno ha un carattere statico e
passivo: pensa di gestire gli spazi che gli offre la legge nazionale, aggiunge
qualcosa di suo a livello regionale, punta esclusivamente alla difesa della
lingua, dentro una gestione del tutto istituzionale delle poche risorse
disponibili. Ciò comporta una sorta di imbrigliamento delle aspettative che in
molti avevano riposto sulla 482. Non solo: favorisce i più forti sul piano
politico perché restringe in ambito centrale la distribuzione delle risorse,
perché si regge sulla discrezionalità e sulla mediazione, non sui diritti e sulle
opportunità. Ovviamente fanno parte di questa schiera coloro che sono più
realisti del re e non vedono nelle due leggi di tutela (nazionale e regionale)
alcuna prospettiva di sviluppo futuro. Molti sono anche vecchie volpi alle
quali l’arrivo di risorse finanziarie serve per rafforzare l’immagine di buoni
sindaci.
Sicché non appena la Terza Commissione del
Consiglio Regionale ha licenziato a larga maggioranza il testo unificato dei
tre progetti di legge in materia di tutela delle minoranze linguistiche di
Calabria, siamo stati assaliti da roventi polemiche e contestazioni provenienti,
soprattutto, da ambienti universitari, da qualche uomo politico arbëresh e da
qualche associazione interessata. A loro dire la legge è un pateracchio perché
di fatto non affida l’intervento di tutela alla scienza, soprattutto quella
linguistica, agli istituti e alle fondazioni.
E questi signori, titolari dei saperi e
direttori di tanti cosiddetti istituti scientifici, quando hanno visto non
raggiunto un loro piccolo interesse immediato hanno starnazzato a destra e a
manca –e lo faranno per tanti mesi ancora- contro la classe politica di questo
Consiglio accusata di approvare una legge non rappresentativa della omnia
scienza albanologica o grecofona.
A loro dire, dopo due anni di inutili e
ritardatarie polemiche, i consiglieri regionali avrebbero partorito un topolino
rachitico e ammalato di consociativismo. Ma, quel che stupisce delle critiche di
questi censori è il venire a sapere che, mentre nella passata legislatura le
convergenze unanimi in sede Commissione erano sintesi unitarie dei suoi
componenti, in questa legislatura ciò non vale e le stesse convergenze sono
ritenute uno scandaloso
consociativismo trasversale.
Sed sicut tempora currunt, diremmo in latino
maccheronico se noi, poveri eletti consiglieri regionali, fossimo insigniti di
titoli accademici e dottorati di ricerca. Non lo siamo, e, pertanto, siamo
costretti a ragionare con le volgari categorie politiche dei miseri mortali che
siedono in Consiglio regionale.
A fronte di queste astiose e interessate
polemiche penso che due sono gli aspetti prioritari da cui partire.
La legge regionale non si può sovrapporre
alle norme previste da quella nazionale, che, fra l’altro, è legge
costituzionale, per cui i principi e i soggetti attuatori in essa contenuti non
possono essere messi in discussione da nessuna legge regionale. Mi pare giusto,
dunque, rasserenare quanti sentono a rischio qualche titolo acquisito; mi
sembra altrettanto giusto non riproporre ciò che si è già conquistato con la
legge nazionale.
In seconda battuta è del tutto evidente che
questa legge, che è possibile grazie alla 482 del 99, è impostata sullo spirito
della Carta europea dei diritti delle minoranze regionali, la quale, superando
la visione angusta dell’unità linguistica dell’italiano come elemento
fondamentale dell’integrità dello Stato, ha esteso alle minoranze linguistiche
il concetto di bene culturale sul quale costruire l’Europa dei popoli e non
quella dei mercati.
La lettura critica della legge regionale non
può trascurare ciò e non a caso il secondo articolo procede alla definizione
del concetto di bene culturale di una minoranza linguistica che, va detto, è
un’interessante innovazione nel sistema legislativo calabrese. Non mi sembra
poco il fatto che nell’art. 2, oltre alla lingua e al patrimonio letterario, costituiscono
bene culturale delle comunità di minoranza il patrimonio storico e
archivistico, il canto, la musica e la danza popolare, il teatro, le arti
figurative e l’arte sacra, le peculiarità urbanistiche, architettoniche e
monumentali, gli insediamenti abitativi antichi, le istituzioni educative,
formative e religiose storiche, le tradizioni popolari, la cultura materiale,
il costume popolare, l’artigianato tipico e artistico, la tipizzazione dei
prodotti agro-alimentari, la gastronomia tipica, e qualsiasi altro aspetto
della cultura materiale e sociale.
Si può anche fare sarcasmo dozzinale su
questo articolo, ma ritengo al contrario che è questo passaggio lo strumento di
rottura di un isolamento storico, in cui i cultori della letteratura, della
lingua e della storia, avevano confinato per un’intera fase gli interessi di
tutela.
Questa definizione, tra l’altro, è frutto non
solo dei principi della Carta europea, ma del percorso faticoso e autonomo che
il mondo arbëresh, insieme alle altre minoranze, ha attraversato negli ultimi
trent’anni nella ricerca faticosa di riempire di contenuti più estesi la lotta
per la difesa della propria identità. Forse siamo immemori dei tanti incontri
nei quali noi tutti constatavamo che il bilinguismo cosiddetto zoppo aveva
rotto, nel processo della socializzazione infantile, gli argini della difesa
monolinguistica che si limitava solo alle azioni della comunicazione orale:
parola e ascolto. Ci siamo dimenticati della impotenza verso l’estensione delle
nuove comunicazioni sociali della fine del secondo millennio che, nel processo
di socializzazione primaria italo-albanese, era passato da soggetto monolingue
a soggetto bilingue, da soggetto che comunicava in albanese senza poter leggere
e scrivere nella sua lingua madre a soggetto che era costretto ad usare il
codice italiano perché dotato delle quattro facoltà della comunicazione:
lettura e scrittura, ascolto e parola. E ci siamo ancora dimenticati che questo
stato della socializzazione infantile, mentre era un grande privilegio per le
altre fasi di socializzazione dell’arbëresh, purtroppo, indeboliva
ineluttabilmente, nello stesso soggetto, la difesa emotiva e comunicativa della
lingua della comunità.
Dunque, in epoca di
globalizzazione, di comunicazione a rete e in tempo reale per via satellitare,
bisogna avere coscienza che difendere una lingua, appresa nei secoli dentro
l’ambito familiare e della comunità di villaggio, presenta compiti ardui e di
non facile soluzione. L’insegnamento della lingua diventa quindi il compito più
gravoso, ma indispensabile e necessario. Bisogna convincere i bambini e le
famiglie a far studiare la lingua materna, bisogna assistere e sollecitare
questa esigenza, bisogna ricostruire una lingua che nel tempo ha perso la sua
compattezza originaria. C’è, dunque, necessità di formare insegnanti e docenti,
di estendere con corsi di alfabetizzazione e aggiornamento gli operatori
linguistici; c’è da ricostruire un codice linguistico sul piano lessicale, da
portarlo dalla parlata locale all’albanese ufficiale. In questo senso c’è
bisogno dell’università, dei suoi laboratori scientifici e dei suoi
ricercatori. Nessuno, quindi, nega o vuole negare il ruolo determinante della
ricerca e dell’università in questo campo.
Tutto questo aspetto va affidato alle
università. Lo prevede la 482 e mi auguro che ciò avvenga.
Ma isolandoci alla sola questione
linguistica, le culture minoritarie verrebbero comunque tutelate? Due sono le
possibili risposte: no qualora
l’intervento si limitasse semplicemente all’insegnamento e apprendimento della
lingua; sì se l’intervento si
estendesse a tutti gli aspetti della vita associativa e culturale della
comunità. In questo caso, però, avremmo un’estensione sovradimensionata dei
compiti dell’università che andrebbe ad occupare spazi che competono ad altre
istituzioni. Questo ragionamento, fatto con la logica del buon senso, del
rispetto delle istituzioni locali e dei diritti di tutti i componenti delle
minoranze linguistiche, ovviamente va esteso anche a tutti coloro che ritengono
che la tutela e la salvaguardia delle minoranze di Calabria passi unicamente
dai saperi scientifici di università, dalle fondazioni o dagli istituti vari;
rispettabilissimi soprattutto perché sono scientifici. Ma il mondo scientifico
nella storia delle nazioni ha mai scavalcato i compiti affidati alla politica?
Può un istituto scientifico decidere per il risanamento di una gjitonia, per la valorizzazione del
patrimonio religioso, per il dimensionamento scolastico, per un piano di
riqualificazione di uno o più comuni?
Nella vita tutto è possibile; nella
democrazia calabrese mi pare di no!
E, allora, se le minoranze di
Calabria devono essere tutelate come bene culturale, in questa direzione
bisogna tutelare la cultura materiale, quella architettonica e monumentale, il
rito religioso, il patrimonio etnico e culturale, ovviamente con obiettivo centrale
la salvaguardia della lingua.
Questa legge, così oltraggiata da qualche
settore del mondo accademico e da alcuni fautori della scientificità, sempre e
ovunque, che si voglia o no, guarda a tutti i cittadini delle comunità
linguistiche e va letta attentamente se non si vuole correre il rischio di
sembrare partigiani stizziti.
Ma, se critica deve esserci, essa lo sia nel
merito della legge partendo dai bisogni della salvaguardia per entrare nel
contesto delle inadempienze. Questo è il campo del confronto vero su cui
nessuno vuole sottrarsi. I sarcasmi, i giudizi -anzi i pregiudizi- sommari, le
bocciature pretestuose, le critiche sussurrate lasciano il tempo che trovano e
non costruiscono nulla di buono. Anzi fanno pensare che in fondo si tratta
sempre e soltanto di gestione più o meno riconosciuta.
6. Con grande serenità penso
che sia stata elaborata una legge che non è né pura gestione né solo
affermazione di principi.
Due anni di ritardo e di
aspro confronto sono stati determinati da questa dicotomia tra legge di
gestione o legge di indirizzo e di principio.
Personalmente ho sempre
pensato che per le minoranze di Calabria, oltre alla gestione di risorse che
possono essere individuate, c’è bisogno di uno strumento legislativo che possa
permettere alle loro amministrazioni comunali di utilizzarle in relazione con
l’intera attività di governo del territorio calabrese, soprattutto sul terreno
dell’economia e delle possibili risorse di sviluppo della regione. Non ho mai
amato i ghetti, figuriamoci se posso permetterlo per quella che è la mia
cultura madre e ho lottato perché ciò non avvenisse e, forse, qualche risultato
è stato ottenuto senza perdere neanche le risorse economiche.
Ma ciò lo vuole, soprattutto,
quel secondo gruppo arbëresh, diciamo quello dell’approccio interno, che da
almeno vent’anni ha visto negli strumenti legislativi le strade per salvare il
patrimonio linguistico, per uscire dall’isolamento territoriale, per arginare
la crisi demografica, e quindi linguistica, delle comunità, per sperare nel
rilancio economico, per il recupero del patrimonio urbanistico ed
architettonico, per il consolidamento del territorio e il potenziamento delle
vie di comunicazione, per l’uso del turismo culturale come opportunità
economica.
E’del tutto evidente che chi sostiene questa legge non
pensa, esclusivamente a comunità che usano un codice linguistico diverso da
quello standard. Guarda alla Calabria e all’opportunità che viene offerta per
ricordare all’Italia e all’Europa che in questa regione vivono segmenti di
popolo che esprimono storia, cultura, relazioni sociali che fanno parte del
patrimonio che ha costruito la democrazia italiana e rivendicano il diritto di
essere particelle del grande popolo dell’Europa unita. Costoro non pensano solo
alla lingua come codice di comunicazione, ma alla sua salvaguardia anche come
uso economico della risorsa “bene culturale”.
Le due cose non si escludono, anzi si
rafforzano.
Non ci vuole molto per capire che il
dispositivo di tutela della lingua previsto dalla 482 è del tutto insufficiente
al mantenimento del codice linguistico minoritario dentro un ambito così vasto
qual’è oggi la globalizzazione delle comunicazioni. E che la legge nazionale
abbia subito qualche intoppo non è ravvisabile solo nella forma di gestione
scandalosa che attua il comitato ministeriale, ma anche nella esperienza
diretta nelle scuole dell’obbligo come ha dimostrato un recente –anche se
clandestino- convegno a Spezzano Terme nel quale sono stati aspramente
criticati i dirigenti scolastici. Mi pare del tutto evidente che oggi si salva
la lingua se all’infante si offre un sistema di comunicazioni che renda
appetibile e fruibile il codice linguistico materno. Si ha, perciò, bisogno
assoluto del ricorso alle nuove tecnologie digitali, che rendono semplice la conoscenza
storica della comunità, il suo patrimonio di tradizioni popolari e letterario,
e nel contempo traducano nel codice linguistico materno tutto il prodotto
comunicativo che essi consumano. Senza sognare, ma calandosi nello spirito
della Carta europea, la new economy,
ma direi tutto il lavoro pulito che nasce dalla nuova era tecnologica, può
diventare una grande opportunità sia se viene finalizzata alla raccolta,
catalogazione, studio della diversità culturale, sia che venga destinata come
servizio per la fruizione della ricchezza cultura in proiezione di un progetto
di sviluppo basato sul turismo culturale in relazione col turismo tradizionale.
Per arrivare a ciò necessita una legge che sia un
grimaldello, una leva, che consenta l’accesso alle altre leggi regionali di
sviluppo economico e di tutela dell’ambiente. I soldi servono ed è anche bene
che i Comuni abbiano un proprio finanziamento da gestire autonomamente. Ma
serve soprattutto un autentico spirito di salvaguardia e di promozione che attraverso
una corsia preferenziale metta cittadini, operatori economici, istituzioni
nelle condizioni di investire su questa risorsa.
Per concludere, se facciamo
il bilancio su quanto ad oggi è stato percepito della legge 482 o quanti sanno
che esiste una legge di tutela delle minoranze linguistiche, constatiamo, e lo
dicevo poco sopra quando parlavo di clandestinità, che sono in pochi ad avere
consapevolezza che una legge è stata approvata alla fine del 1999 e questi sono
esclusivamente gli addetti al lavoro. Ciò è spiegabile per la natura della 482,
che si ferma a pochi soggetti e non coinvolge altri cittadini. Questa legge
regionale cerca di andare oltre i limiti della 482 nella ricerca di renderla
più diffusa, più fruibile, più gestibile, più partecipata, altrimenti, è del
tutto facile contribuire al fallimento delle finalità istitutive della stessa
legge costituzionale.
Uno strumento legislativo, quindi, che
recupera ritardi e incomprensioni gettando le basi per un futuro da costruire
insieme. Una sfida per tutti noi, Deputazione regionale, Università,
Amministrazioni locali, Associazioni culturali e del volontariato, cittadini,
per disegnare un vero progetto di salvaguardia delle culture minoritarie di
Calabria”.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Nucera. Ne ha facoltà.
Intervengo nel dibattito generale per esprimere la
mia soddisfazione, ma soprattutto
la soddisfazione e il messaggio dei grecanici
di Calabria che attendono con grande attenzione, con grande preparazione, oserei dire – perché
parlerò dopo – questo provvedimento di legge.
Oggi, consapevolmente sicuramente, ma forse senza cogliere appieno il senso della portata del provvedimento che
andremo a discutere, stiamo consumando un atto di democrazia sostanziale. Diamo
riconoscimento al dettato costituzionale, prima allo Stato nel’99 con la legge 482, oggi nel nostro dettato costituzionale
anche statutario, il vecchio e il nuovo Statuto,
diamo senso compiuto ad un riconoscimento che è quello delle minoranze e che
non è solo ed esclusivamente
un riconoscimento tout court di una
piccola quantità o di una minoranza di cittadini
calabresi, ma diamo riconoscimento a mille anni di storia, a mille anni per certi
aspetti anche di persecuzione, cioè di
esclusione della popolazione dall’essere soggetto integrato e pienamente riconosciuto nella espressione
libera della cittadinanza attiva della
società.
Oggi andiamo a dare piena attuazione non solo a quella
che è una forte e ricca azione di riconoscimento dei giacimenti culturali
prettamente immateriali, ma soprattutto andremo a dare, per il contenuto della
legge, per il modo con cui è stata concepita, votata, discussa in un dibattito
forte anche in Commissione, per certi aspetti acceso e forse anche per questo
oggi assume valenza maggiore, perché anche i ritardi che si sono registrati
nella sua approvare questa legge sono serviti, in fondo, a maturare alcuni
passaggi, un segnale positivo di confronto dialettico e democratico di questo
Consiglio regionale.
Dicevo, oggi andiamo a dare forza e sostanza a quella
cultura immateriale che è determinata dalla capacità di poter tenere alta e
viva la forza di una lingua (l’arberesh, la lingua greca, l’occitanica), cioè
le lingue che non hanno patrimonio storico cui potersi aggrappare, non hanno
libri di testo a cui potersi rifare, se non la tradizione orale come punto di
riferimento e di forza della nostra attenzione. Allora diventa una ricchezza
inesauribile che tutti noi dobbiamo cogliere appieno nel senso vero della
parola.
Mi è piaciuto, stamattina, partecipare ad una conferenza
stampa sulle minoranze linguistiche tenuta alla Provincia di Reggio, dove si
consumava un accordo molto forte tra l’Istituto di filologia dell’Università di
Messina e la Provincia di Reggio Calabria, tendente proprio a recuperare nel
linguaggio, nell’idioma, in quel valore immateriale il senso di una tradizione
che diventa paradossalmente non motivo quasi di vergogna per chi riusciva a
parlare perfettamente quella lingua, ma motivo di orgoglio per essere e
appartenere ad una minoranza etnica.
Ecco vogliamo esaltare i contenuti di questa legge,
diffondendoli, portandoli all’esterno come momento forte di attenzione, anzi
propongo già da subito che questo Consiglio regionale dia mandato all’assessore
al turismo, all’assessore alla cultura – le competenze poi si vedranno – perché
già nell’anno delle Olimpiadi, nel 2004, uno stand sia presente in
Grecia nella sede dove si andranno a tenere le Olimpiadi, per tenere alti i
valori della cultura, della tradizione, dell’artigianato della lingua grecanica
che in Calabria ha suoi proseliti e suoi forti sostenitori non solo in
provincia di Reggio, ma anche in provincia di Catanzaro e di Cosenza, perché la
lingua è diffusa su tutto il territorio. Questo permetterebbe di recuperare in
una natura diversa un rapporto.
Ecco perché, Presidente, invito al più presto ad andare
a consumare la lettura dei contenuti del testo di legge, apportando quelle
leggerissime modifiche cui si accennava, perché in tempo molto rapido si possa
licenziare il progetto di legge che, ritengo, sarà ricordato come pietra
miliare di una svolta politica che il Consiglio regionale, nel suo insieme, ha
voluto dare per un riconoscimento dei popoli che amano la storia, il
linguaggio, che hanno la dignità di potersi considerare degni eredi di una
tradizione culturale che fanno nobile la Calabria, che la rendono viva e che
rendono entusiasti tutti quanti noi a spendere il nostro tempo.
Gli emendamenti erano stati ritirati, ne rimane solo uno, il protocollo 3343 a firma dell’onorevole Tripodi Pasquale.
Si passa alla discussione dell’articolato.
(Interruzioni)
All’articolo 1 è stato proposto emendamento a firma Gagliardi: “Il terzo comma dell’articolo 1 è così sostituito: “3. L’ambito territoriale e subcomunale in cui si applicano le disposizioni di tutela di ciascuna minoranza linguistica storica è quello previsto dal comma 3, articolo 1, del Dpr del 2 maggio 2001, n. 345 e adottato dai Consigli provinciali in sua attuazione”.
Parere del relatore? Favorevole. Parere della Giunta? Favorevole.
Pongo in votazione l’emendamento testé letto.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 1 come emendato.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 2.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 3.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 4.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 5.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 6.
(E’approvato)
Emendamento all’articolo 7 a firma Guagliardi:
“All’articolo 7, primo comma, sostituire le parole “può sostenere” con la
parola “sostiene”.
Parere del relatore? Favorevole. Parere della Giunta?
Favorevole.
Pongo in votazione l’emendamento testé letto.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 7 come emendato.
(E’approvato)
Articolo 8.
Chiede di parlare l’assessore Zavettieri. Ne ha facoltà.
All’articolo 8 richiamo l’attenzione del relatore sul fatto che è stato trascritto un errore materiale, nel senso che, in sede di Commissione, nel deliberato alla lettera c’era scritto “composto da assessore competente o suo delegato”, assessore alla cultura o suo delegato, non “dirigente generale del dipartimento cultura o suo delegato”, perché i compiti di programmazione per Statuto spettano all’organo politico”.
E’stato un errore di trascrizione, perché in Commissione avevamo raggiunto l’accordo in tal senso.
Quale punto è dell’articolo 8?
“L’assessore regionale alla cultura o suo delegato”.
Alla lettera a) dell’articolo 8.
Allora va apportata la modifica: Sostituire dove dice “dirigente generale del dipartimento cultura” con “assessore competente o suo delegato”.
Pongo in votazione l’emendamento testé letto
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 8 come emendato.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 9.
(E’approvato)
All’articolo 10 è stato proposto emendamento a firma dell’onorevole Pasquale Tripodi: “Dopo il comma c) è aggiunto il seguente comma: “d) la Giunta regionale in sede di programmazione regionale, ai sensi dell’articolo 8, è autorizzata ad istituire nuovi centri o istituti di ricerca o sezioni decentrate”.
Chi chiede di illustrarlo.
Pasquale Maria TRIPODI, relatore
Si illustra da sé.
Parere della Giunta? Favorevole. Pongo in votazione
l’emendamento testé letto.
(E’approvato)
Prego, onorevole Chiarella.
Intervengo sull’articolo 10 per esprimere la soddisfazione in quanto questo articolo, con
il comma approvato, apre ad una programmazione sul territorio che non andrà a mortificare delle aree importanti che la legge non elenca, ma che, ad
esempio, in provincia di Catanzaro,
come Vena di Maida, Caraffa e altre località importante in tutta la regione,
devono avere un riconoscimento importante con la creazione di centri o di
istituti di ricerca o sezioni decentrate. C’è questa grande volontà della
Giunta che bisogna sottolineare
e che rafforza ancora di più la legge stessa.
Pongo in votazione l’articolo 10 così come emendato.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 11.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 12.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 13.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 14.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 15.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 16.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 17.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 18.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 19.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 20.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 21.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 22.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 23.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 24.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 25.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’allegata tabella A.
(E’approvata)
(Interruzione)
La tabella viene eliminata, cioè l’allegato A viene eliminato.
Parere del relatore? Favorevole. Parere della Giunta? Favorevole.
Pongo ai voti l’eliminazione dell’allegato A.
(E’approvata)
Pongo in votazione la legge nel suo complesso, come emendato, escludendo, quindi, l’allegato A.
(Il Consiglio approva all’unanimità)
(E’riportata in allegato)
La parola all’onorevole Leone.
Presidente, chiedo l’annullamento del provvedimento di legge 444 votato testé, con l’invio alle Commissioni competenti.
Rinvio alla Commissione competente perché non era stato discusso, in effetti, in Commissione.
Pongo in votazione l’annullamento della votazione del progetto di legge n. 444/7^ come da richiesta dell’onorevole Leone.
(Il Consiglio approva)
La legge è rinviata in Commissione.
(Così rimane stabilito)
Ha chiesto di parlare l’onorevole Sarra. Ne ha facoltà.
Volevo proporre
l’inserimento a questo punto dell’ordine del giorno del numero 7, in particolare del numero
32 dello stesso numero.
Tutto il numero 7 o solo
il numero 32?
Il 32.
Allora, all’interno del numero 7 il numero 32?
Sì.
C’è la proposta dell’onorevole Sarra
di inserire al quarto punto dell’ordine del giorno del
numero 7 il numero 32. Si tratta del punto “Nomina del Presidente
dell’azienda forestale della
Regione
Calabria in sostituzione
dell’ingegnere Domenico Basile,
dimissionario”.
La parola all’onorevole Nucera.
Presidente, invece propongo di proseguire l’ordine del giorno così come stabilito nella Conferenza dei capigruppo e come previsto nell’elenco che lei ha voluto inviare.
Considero, per certi aspetti, inopportuna
– se il termine non è offensivo, mi auguro che capisca anche il sentimento il
collega proponente – la richiesta e mi spinge a chiedere la prosecuzione
dell’ordine del giorno così come confezionato, proprio perché saltare all’allegato di cui al punto 7 e, in
particolare, al paragrafo 32 dell’allegato stesso significa, nella sostanza,
anticipare momenti che appartengono a un’attenzione diversa rispetto a quella
dell’Aula del Consiglio regionale e che passa attraverso delle valutazioni che,
in maniera molto responsabile, tutto il Consiglio ha voluto porre in un
dibattito che appartiene ad altra sede istituzionale di competenza.
Perciò, andare a forzare inutilmente solo per poco tempo
– alla fine si tratta di rinviare di una settimana, alla prossima seduta il
momento decisionale su un argomento così importante – potrebbe creare
difficoltà in quello che noi consideriamo, invece, un rapporto di forte unità e
di intensa collaborazione tra i partiti della maggioranza, e non dare
esauriente risposta, non richiesta stasera, ad una domanda che, difatti, sta
trovando punto per punto, momento per momento, attimo per attimo di confronto
tutto il centro-destra, tutto lo schieramento della Casa delle libertà
impegnato intorno a un unico progetto politico che è il progetto del rilancio
che porti, a fine legislatura, questa coalizione in uno slancio di grande
generosità, di grande forza, di grande intuizione politica in maniera da non
compromettere delle condizioni.
Noi registriamo anche in quest’Aula le assenze piuttosto
importanti, per cui forzare la mano significa non dare sostanza a circostanze
in cui, invece, vengono ad esaltare questa serata, quale momento di grande
unità perché insieme abbiamo votato un documento e un ordine del giorno legato
a Gioia Tauro, ai fatti strategici seri, forti che necessitavano di una
risposta forte e abbiamo dato questa risposta; ancora una seconda risposta
l’abbiamo data nel momento in cui, pochi istanti fa, abbiamo votato una legge
storica per la Calabria e l’aggettivo “storico” non è un fatto occasione ma
reale che abbraccia un sentimento, come ho avuto modo di dire nel mio breve
intervento.
Pertanto, invito col cuore aperto, con un sentimento di
grande umiltà, con grande senso di responsabilità nel momento storico che
stiamo consumando, di ritirare questa richiesta. E’un invito in nome di una
necessità che questa maggioranza mantenga il forte senso di unità che ha mantenuto
sino ad oggi e che ha avuto fino ad oggi, al di là delle piccole intemperanze
che ognuno di noi ha nel suo aspetto caratteriale; invito a ritirarla in nome
di una tenuta complessiva della maggioranza, perché si eviti una deriva, un
momento di non comprensione su una posizione di arroccamento. Lo invito proprio
a ritirare quella proposta in nome di un bene supremo, che è il bene
dell’interesse generale della chiarezza e della univocità della linea.
Mi faccio auspice
in questo invito perché, soprattutto nel mio partito, possa veramente io farmi
portavoce della richiesta di stasera perché non si prosegua più a rinvii, a
tentennamenti, ma si vada in tempi brevissimi ad una definizione di accordi e
di programmi di cui questa Regione ha tanto bisogno.
Ecco, Presidente, questo volevo dire, ma il messaggio che volevo lanciare era soprattutto domestico, interno, perché si evitino forzature che non giovano a nessuno e che i calabresi potrebbero non capire nell’economia generale delle cose.
Io sono fra coloro i quali insistono
nel dire che questa stagione di precarietà e di incertezza si chiuda e si
chiuda al più presto, sono fra coloro i quali dicono
che bisogna stringere ed essere veramente uniti nei sentimenti per affrontare quello che
ci aspetta da qui a un paio di mesi, per essere veramente forza e forze d’urto,
per essere non coalizione di governo a tutti i costi, per essere non coalizione
di potere del governo, ma di programma duro e incisivo da portare avanti al di
fuori delle postazioni o dagli interessi che possono racchiudersi nella
soddisfazione immediata e momentanea del contingente, per sviluppare discorsi e
portate più ampi.
E’un invito caloroso che prego i colleghi della
maggioranza di cogliere non come fatto squisitamente politico o egoistico, ma
come fatto necessitato per il bene della Calabria.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Leone. Ne ha facoltà.
Presidente, le volevo chiedere, se i colleghi sono d’accordo, cinque minuti di sospensione in Aula.
Credo che i colleghi siano d’accordo, quindi cinque di sospensione in Aula.
La seduta sospesa alle 22,20 è ripresa alle 22,25
Ha chiesto di parlare l’onorevole Sarra. Ne ha facoltà.
Presidente, considerato che mi pare siano emersi degli spunti di riflessione – qui, per carità, si tratta di agire nell’interesse della Calabria e dei calabresi – ad avviso del partito che rappresento e che, tra l’altro, vuole sottolineare la tenuta di un accordo che deve essere via via rafforzato anche attraverso questi momenti, chiedo l’inserimento del punto numero 7, cioè delle nomine come da elenco allegato anche alla presente seduta al primo punto all’ordine del giorno della prossima seduta di Consiglio e, all’interno del numero 7, chiedo che il numero 32 venga anticipato al numero 1.
Pongo in votazione la proposta dell’onorevole Sarra.
(Il Consiglio approva)
L’ordine del giorno reca i progetti di legge n. 45/7^ e 353/6^, unificati: “Incentivazione del trasporto ciclistico in Calabria”. La proposta di legge è passata all’unanimità in Commissione.
Gli emendamenti proposti dall’onorevole Borrello si intendono ritirati in quanto lo stesso è assente.
Pongo in
votazione l’articolo 1.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 2.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 3.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 4.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 5.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 6.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 7.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 8.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 9.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 10.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 11.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 12.
(E’approvato)
Pongo in votazione la legge nel suo complesso.
(Il Consiglio approva all’unanimità)
(E’riportata in allegato)
L’ordine del giorno reca il
progetto di legge n. 89/6^ di iniziativa del consigliere
Mangialavori: “Prestazioni assistenziali
ed integrative a favore dei grandi invalidi di guerra, mutilati ed invalidi di
guerra e mutilati e invalidi di servizio”.
Non ci sono
emendamenti, si tratta di un progetto di legge da tempo passato in Commissione,
mi pare pure questo all’unanimità.
Pongo in
votazione l’articolo 1.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 2.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 3.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 4.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 5.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 6.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 7.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 8.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 9.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 10.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 11.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 12.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 13.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 14.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 15.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 16.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 17.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 18.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 19.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 20.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 21.
(E’approvato)
Pongo in votazione
l’articolo 22.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 23.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 24.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 25.
(E’approvato)
Pongo in
votazione l’articolo 26.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’allegato A.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’allegato B.
(E’approvato)
Pongo in votazione la legge nel suo complesso.
(Il Consiglio approva all’unanimità)
(E’riportato in allegato)
L’ordine del giorno reca il progetto di legge numero 335 di iniziativa del consigliere Rizza: “Modifiche alla legge regionale 7 marzo 2000, n. 10”.
Si tratta di un articolo unico, pertanto pongo in votazione la legge nel suo complesso.
(Il Consiglio approva all’unanimità)
(E’riportato in allegato)
Ultimo punto all’ordine del
giorno: progetto di legge n. 340/7^ di
iniziativa della Giunta regionale, recante – “Modifica dell’articolo 17, comma 8, della legge
regionale 25 novembre 1996, n. 32, relativamente alla misura del gettone
di presenza spettante ai componenti delle
Commissioni assegnazioni alloggi Erp”.
C’è un emendamento a firma Galati,
ma poiché è assente, è ritirato.
Pongo in votazione l’articolo 1.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 2.
(E’approvato)
Pongo in votazione l’articolo 3.
(E’approvato)
Pongo in votazione la legge nel
suo complesso.
(Il Consiglio approva)
(E’riportato in allegato)
PRESIDENTE
L’ordine del giorno è terminato, la seduta è tolta, il Consiglio sarà convocato a domicilio.
La seduta termina alle 22,35
Allegati
Hanno chiesto congedo i consiglieri
Torchia, Dima, Galati, Fava, Borrello, Pacenza, Napoli, Gallo.
(Sono concessi)
Sono stati presentati alla Presidenza i seguenti progetti di legge di iniziativa dei consiglieri:
Leone, Nucera, Pisano – “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 13 novembre 2002, n. 45” (P.L. n. 443/7^)
E’assegnato alla prima Commissione - Politica istituzionale.
(Così resta stabilito)
Sarra, Crea, Vilasi, Leone, Pezzimenti. Pisano – “Modifiche ed integrazioni alla legge regionale 14 febbraio 1996, n. 3 e misure di carattere generale” (P.L. n. 444/7^)
E’assegnato alla prima Commissione – Politica istituzionale - ed alla seconda – Sviluppo economico - per il parere.
(Così resta stabilito)
Nucera, Pezzimenti, Galati, Talarico, Sarra – “Piano opere pubbliche ‑ Contrazione mutuo” (P.L. n. 445/7^)
E’assegnato alla seconda Commissione - Sviluppo economico.
(Così resta stabilito)
Tripodi M. – “Disposizioni in materia di coltivazione, produzione, sperimentazione, commercializzazione e consumo di organismi geneticamente modificati (Ogm)” (P.L. n. 446/7^)
E’assegnato alla seconda Commissione - Sviluppo economico.
(Così resta stabilito)
Nucera – “Reimpiego e stabilizzazione dei lavoratori Noc utilizzati in Calabria” (P.L. n. 447/7^)
E’assegnato alla terza Commissione - Servizi sociali.
(Così resta stabilito)
Occhiuto – “Istituzione del premio internazionale alla memoria di Antonio guarisci” (P.L. n. 448/7^)
E’assegnato alla terza Commissione – Servizi sociali - ed alla seconda – Sviluppo economico - per il parere.
(Così resta stabilito)
Tripodi M. – “Promozione del diritto al gioco dei bambini e sviluppo delle Ludoteche” (P.L. n. 449/7^)
E’assegnato alla terza Commissione – Servizi sociali - ed alla seconda – Sviluppo economico - per il parere.
(Così resta stabilito)
Guagliardi – “Istituzione dell'Ufficio del garante delle persone sottoposte a misure restrittive della libertà personale” (P.L. n. 450/7^)
E’assegnato alla prima Commissione - Politica istituzionale – ed alla seconda – Sviluppo economico - per il parere.
(Così resta stabilito)
Chiarella – “Interventi della Regione Calabria per la istituzione di parchi per bambini in strutture di assistenza a disabili ed anziani” (P.L. n. 451/7^)
E’assegnato alla terza Commissione – Servizi sociali - ed alla seconda – Sviluppo economico - per il parere.
(Così resta stabilito)
E’stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di provvedimento amministrativo di iniziativa dell’Ufficio di Presidenza:
“Assestamento bilancio di previsione del Consiglio regionale anno 2003” (P.P.A. n. 255/7^)
La Giunta regionale ha trasmesso per il parere della competente Commissione consiliare la deliberazione n. 758 del 30.9.2003, recante: "L.R. 17/85 ‑ Approvazione Programma triennale 2004/2006" (Parere n. 66)
E’assegnata alla terza Commissione - Servizi sociali.
(Così resta stabilito)
La Giunta regionale ha trasmesso per il parere della competente Commissione consiliare la deliberazione n. 762 del 30.9.2003, recante: "Regolamento Contratto d'investimento" (Parere n. 67)
E’assegnata alla seconda Commissione - Sviluppo economico.
(Così resta stabilito)
La Giunta regionale ha trasmesso per il parere della competente Commissione consiliare la deliberazione n. 780 del 14.10.2003, recante: "Regolamento attuativo della legge regionale n. 3 del 26.2.2003: "Misure a favore dei consorzi di garanzia collettiva fidi in agricoltura" (Parere n. 68)
E’assegnata alla seconda Commissione - Sviluppo economico.
(Così resta stabilito)
La Giunta regionale, con nota n. 37 del 26.9.2003, ha trasmesso copia delle seguenti deliberazioni di variazione al bilancio di previsione 2003:
Deliberazione Giunta regionale n. 701 del 22.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 704 del 22.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 705 del 22.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 706 del 22.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 707 del 22.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 708 del 22.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 709 del 22.9.2003
La Giunta regionale, con nota n. 38 del 2.10.2003, ha trasmesso copia delle seguenti deliberazioni di variazione al bilancio di previsione 2003:
Deliberazione Giunta regionale n. 724 del 30.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 725 del 30.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 726 del 30.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 727 del 30.9.2003
Deliberazione Giunta regionale n. 730 del 30.9.2003
I progetti di legge n. 89/7^ e n. 139/7^ già attribuiti alla terza Commissione consiliare con il parere della seconda ‑ a seguito dell'Istituzione della Commissione consiliare "Politiche Comunitarie e Relazioni esterne" ‑ sono assegnati per competenza alla Commissione "Politiche Comunitarie" e restano assegnati alla seconda Commissione per il parere.
Pilieci. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
la Sorical S.p.A. è stata costituita attraverso un iter procedurale ricco di anomalie di quantomeno dubbia regolarità che hanno, addirittura, indotto il Consiglio regionale, successivamente, ad apportare modifiche al suo Regolamento interno (La Commissione consiliare competente non ha, di fatto, espresso il favorevole parere vincolante alla deliberazione di Giunta regionale relativa al completamento delle procedure amministrative per la costituzione della società mista);
la creazione della Sorical S.p.A., con il qualificato apporto di importanti soggetti privati, si è resa necessaria, in ottemperanza alla legge regionale n. 10/1997, per la salvaguardia della risorse idriche della nostra regione;
a giudizio del sottoscritto, la Sorical S.p.A. deve, comunque, avere almeno tre essenziali finalità: 1) assicurare la fornitura di acqua idropotabile nelle case di tutti i cittadini calabresi al minor costo possibile, stante il diritto ad usufruire di un bene indispensabile quale è l’acqua; 2) garantire i cittadini che le tariffe imposte non subiranno aumenti, tenendo in debita considerazione la difficile situazione economica della nostra regione, in particolare dei comuni; 3) programmare una serie di investimenti diretti ad assicurare un deciso miglioramento del servizio;
dalla documentazione esaminata e prodotta dai partner privati di Sorical S.p.A. si desumevano molte risposte a talune necessità. In particolare, l’Enel S.p.A., proprietaria di Enel Hydro S.p.A., in sede di trattativa per l’affidamento della convenzione per l’affidamento in gestione degli acquedotti regionali della Calabria e del relativo servizio di erogazione di acqua per usi idropotabili, si era obbligata a prestare garanzie fideiussorie (bancarie o assicurative) in relazione ai progetti di investimento, entro il limite complessivo di 400 miliardi di vecchie lire in favore della Regione Calabria;
sempre l’Enel S.p.A., quale proprietaria di Enel Hydro S.p.A., si era obbligata a conferire in uso alla Sorical S.p.A. la centrale di Vaccarizzo, nel comune di Spezzano della Sila -:
se corrisponde al vero che:
1) allo stato, l’Enel S.p.A. ha prestato garanzie fideiussorie per una cifra irrisoria (10 miliardi di vecchie lire) rispetto all’impegno assunto;
2) non è stata ancora conferita in uso alla Sorical S.p.A. la centrale idroelettrica di Vaccarizzo (Cs), nel comune di Spezzano della Sila;
3) l’associazione Acque di Calabria S.p.a., società d’impresa costituita tra Enel Hydro S.p.A. e Acquedotto Pugliese S.p.a., è stata interamente acquisita da Enel Hydro che, per via indiretta, diventerà socio industriale unico di Sorical;
4) le tariffe non subiranno alcuna variazione in aumento che possa rappresentare un incremento della spesa per i comuni e/o un aggravio delle condizioni economiche delle famiglie calabresi, già “colpite” dai continui aumenti sia dei servizi che dei prodotti;
5) quali reali vantaggi l’intera “operazione” Sorical arrecherà ai cittadini calabresi, in termini di aumento della qualità del servizio idrico, nel contenimento della spesa;
6) se è a conoscenza del fatto che l’Enel S.p.A. è in trattative con una multinazionale per la cessione delle quote inerenti le centrali di produzione idroelettrica dell’intero territorio nazionale.
(468; 1.10.2003)
Tripodi M. Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore ai trasporti. Per sapere – premesso che:
la Regione, attraverso la legge regionale n. 23 del 7 agosto 1999 “Norme per il trasporto pubblico locale”, riconosce al trasporto pubblico locale il carattere di servizio sociale primario e promuove, anche con il concorso degli enti locali, interventi finalizzati alla realizzazione del sistema integrato dei trasporti e delle relative infrastrutture, nonché agli obiettivi di riequilibrio territoriale e socio-economico;
la stessa legge regionale n. 23 del 7 agosto 1999, all’articolo 3 (Funzioni e competenze della Regione) comma f), stabilisce le modalità per la determinazione delle tariffe, anche allo scopo di completare la realizzazione dell’integrazione tariffaria tra le varie modalità di trasporto;
l’articolo 22, comma 3, della già citata legge dice espressamente che hanno diritto ad usufruire delle agevolazioni tariffarie le seguenti categorie di cittadini:
a) i soggetti titolari di pensione minima o integrata al minimo corrisposta dall’Inps o da altri istituti previdenziali;
b) gli studenti ed i lavoratori dipendenti che utilizzano autoservizi extraurbani di linea per raggiungere la scuola o il posto di lavoro;
inoltre, il comma 4 dell’articolo 22 espressamente stabilisce che “L’agevolazione tariffaria di cui al comma precedente è determinata dalla Giunta regionale in misura non superiore al 50 per cento del premio previsto dalla tariffa ordinaria per il rilascio dei titoli di viaggio corrispondenti e limitatamente ad una sola relazione di viaggio”;
presso l’Atam (Azienda trasporti di Reggio Calabria) si stanno registrando numerose file di pensionati e, in modo particolare, di studenti, visto l’inizio dell’anno scolastico, che pare si siano visti rifiutare le legittime richieste di ottenere le agevolazioni tariffarie così come stabilite dalla legge regionale numero 23 del 7 agosto 1999;
l’Atam adotta come attenuante il fatto che sarà pubblicato nel prossimo mese di aprile, a cura dell’amministrazione comunale di Reggio Calabria, un bando per ottenere le agevolazioni tariffarie;
la gestione dell’Atam di Reggio Calabria si caratterizza con provvedimenti tesi a penalizzare le fasce più deboli e più svantaggiate;
non a caso, proprio in questa direzione, è di poco tempo fa la scelta discriminatoria compiuta dalla stessa Atam, con l’avallo dell’Amministrazione Comunale, di abolire il biglietto per una corsa semplice dal costo di 50 centesimi a favore di un biglietto orario pari a 80 centesimi, facendo così di fatto lievitare abbondantemente i prezzi dei biglietti e degli abbonamenti che hanno subìto un aumento di oltre il 50 per cento -:
1) se sono a conoscenza dei fatti sopra citati;
2) se non ritengano che l’Atam e l’amministrazione comunale non stiano rispettando quanto stabilito dalla legge n. 23 del 7 agosto 1999;
3) se ritengono opportuno un intervento risolutore presso l’Atam Reggio Calabria, al fine di invitarla a concedere le agevolazioni sulle tariffe di trasporto pubblico agli studenti ed alle altre fasce sociali che ne sono esclusi;
4) se non ritengono che rappresenti una forte discriminazione verso le fasce più deboli e più svantaggiate la scelta operata dall’Atam di Reggio Calabria, che ha comportato l’aumento indiscriminato degli abbonamenti mensili di corsa semplice e l’abolizione del biglietto di corsa semplice;
5) se non ritengono che gli atti prodotti dall’Atam e dall’amministrazione comunale di Reggio Calabria, che nei fatti scoraggiano l’uso dei mezzi pubblici rendendoli molto onerosi ed antieconomici, vada nel senso opposto ed in contrasto rispetto a quanto disciplinato da leggi regionali e nazionali per la lotta all’inquinamento, per la difesa dell’ambiente e la salvaguardia dei centri storici.
(469; 1.10.2003)
Amendola. All’assessore ai trasporti. Per sapere – premesso che:
i trasporti ferroviari, in una regione come la nostra, mantengono ancora oggi un’assoluta importanza sia per le varie esigenze dei cittadini, che per lo sviluppo dell’economia del territorio;
con una decisione assolutamente non fondata ed unanimemente avversata la società Trenitalia ha disposto l’annullamento della fermata dei suoi convogli presso la stazione ferroviaria di Botricello;
tale decisione sta causando, come è comprensibile, una lunga serie di disagi per la numerosa popolazione locale;
per contrastare tale decisione sono pubblicamente intervenuti sui dirigenti di Trenitalia i sindaci dei Comuni limitrofi, le forze politiche di centro-sinistra e gli aderenti ad un Comitato spontaneo appositamente costituito;
il Comitato medesimo ha già raccolto circa 2 mila firme di adesione in calce ad una petizione popolare già consegnata alla società Trenitalia;
la soppressione delle fermate presso la stazione di Botricello arreca forti disagi ad una vasta utenza composta da giovani, studenti, famiglie e pensionati che del mezzo ferroviario hanno assoluta necessità per i loro spostamenti;
la decisione di Trenitalia, allo stato, risulta essere priva di qualsiasi motivazione, venendo apertamente contestata sia dalle istituzioni che dalla popolazione;
le maggiori preoccupazioni evidenziate, con la situazione attualmente descritta, riguardano le evidenti ricadute negative derivanti all’economia locale;
più in generale, oltre alla circostanza specifica, preoccupazioni e perplessità sono state avanzate circa la gestione attuale ed i programmi futuri inerenti la tratta Crotone‑Catanzaro Lido -:
quali iniziative si intendono mettere in atto per far recedere la società Trenitalia dalla decisione adottata di annullare le fermate presso la stazione ferroviaria di Botricello;
quali atti si intendono predisporre affinché la società in questione garantisca i suoi compiti specifici, tenendo ben presente che, per le caratteristiche del servizio in quella particolare area geografica e la vastità dell’utenza, oltre agli aspetti economici debbano essere tenuti nella giusta considerazione anche gli elementi relativi alla condizione economica e sociale del territorio;
se la società Trenitalia intende affrontare, nell’ottica sopra esposta, anche la futura programmazione degli interventi e della gestione della tratta ferroviaria Crotone‑Catanzaro Lido.
(470; 3.10.2003)
Amendola. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
il decreto legislativo n. 112 del 31 marzo 1998 “Conferimento di funzioni e compiti amministrativi dello Stato alle Regioni ed agli enti locali” prevede, all’articolo 132, che le Regioni trasferiscano ai competenti enti locali le funzioni ed i compiti amministrativi concernenti i servizi sociali relativi anche ai portatori di handicap, i non vedenti e gli audiolesi;
il successivo articolo 139 del medesimo decreto legislativo 112/’98 attribuisce alle Province, in relazione all’istruzione secondaria superiore, anche l’istituzione dei servizi di supporto organizzativo del servizio di istruzione per gli alunni con handicap o in situazione di svantaggio;
in numerosi istituti scolastici di secondo grado della provincia di Catanzaro sono stati segnalati casi di vero impedimento del diritto all’istruzione per circa 200 alunni disabili regolarmente iscritti, per mancanza di personale specializzato e qualificato come insegnanti di sostegno, assistenti di base e assistenti per l’autonomia e la comunicazione;
la Regione Calabria non ha provveduto a ripartire ai diversi enti locali le risorse finanziarie necessarie per garantire l’espletamento dei servizi;
la Provincia di Catanzaro, pur essendo a conoscenza delle sue competenze, a norma di legge non ha provveduto ad elaborare i necessari provvedimenti amministrativi, limitandosi ad informare i singoli dirigenti scolastici in data 22 settembre u.s. che per i servizi di supporto organizzativi del servizio di istruzione per gli alunni con handicap l’ente avrebbe provveduto a concorrere alle spese con un contributo pro‑capite di Euro 500 -:
se risulta vero che la Regione Calabria non abbia provveduto, e per quali ragioni, a ripartire competenze e risorse finanziarie a norma di legge;
se la Provincia di Catanzaro ha predisposto i servizi di sua esclusiva competenza;
se la sola e tardiva erogazione di euro 500 per ogni alunno disabile iscritto presso gli istituti di scuola secondaria superiore possa garantire alle singole istituzioni scolastiche di attivare la necessaria programmazione di personale qualificato in grado di assicurare il pieno rispetto della dignità umana, dei diritti di libertà e di autonomia della persona con handicap e la piena integrazione nella scuola, come sancito dall’articolo l della legge n. 104 del 5 febbraio 1992 “Legge‑quadro per l’assistenza, l’integrazione sociale e i diritti delle persone handicappate”;
quali provvedimenti, infine, si intendono adottare con urgenza per ristabilire parità di accesso e fruizione del diritto all’istruzione degli alunni disabili della provincia di Catanzaro.
(471; 3.10.2003)
Guagliardi. Al Presidente della Giunta regionale e agli assessori all’ambiente e all’industria. Per sapere – premesso che:
con decreto ministeriale del 7 luglio’73 veniva accordata alla società Agip S.p.A., per la durata di anni trenta, la concessione per la coltivazione di idrocarburi liquidi e gassosi “D.C1.AG”, ubicata nel mare Jonio, nell’ambito della zona D, di cui all’articolo 5 della legge 21 luglio’67, n. 613;
la citata concessione è scaduta in data 7 luglio’03 e dovrebbe essere rinnovata;
l’attività di coltivazione avrebbe potuto determinare l’amplificazione di fenomeni di compromissione degli equilibri ambientali della zona;
con esposto del 15 settembre’03 indirizzato al Presidente della Giunta regionale, pervenuto anche a questo gruppo regionale, alcuni consiglieri comunali della città di Crotone chiedevano uno studio particolareggiato per appurare l’esistenza di fenomeni di compromissione degli equilibri tettonici nell’area interessata, di non accordare il rinnovo della suddetta concessione fino all’esito del suddetto studio e di chiedere la chiusura definitiva dei pozzi metaniferi, qualora siano accertati danni ambientali irreversibili -:
quali iniziative intendono intraprendere in relazione al problema de quo.
(472; 6.10.2003)
Amendola. All’Assessore alla protezione civile. Per sapere – premesso che:
il territorio comunale di Lamezia Terme è attraversato da numerosi corsi d’acqua tra i quali si segnalano, come fra i più importanti, il fiume Bagni ed i torrenti Cantagalli, Canne, Piazza e Piscirò‑Spilinga;
il Comune ha predisposto, in qualità di autorità locale di protezione civile, un monitoraggio del territorio con lo scopo di individuare le zone che, in caso di eventi alluvionali di particolare densità, possano generare situazioni di rischio per l’incolumità pubblica o arrecare danni alle infrastrutture esistenti ed alle attività produttive;
lo studio sopramenzionato ha consentito di avere un quadro generale molto preoccupante dello stato dei corsi d’acqua che necessitano, con urgenza, di interventi significativi in relazione alla tutela della salute pubblica e dell’ambiente, alla difesa del suolo, alla riduzione dei dissesti idrogeologici;
a causa della mancata e doverosa programmazione di tali interventi da parte delle competenti autorità regionali, il Comune ha potuto, negli anni trascorsi, solamente effettuare lavori di emergenza, tamponando le situazioni di rischio solo nel momento in cui queste si manifestavano concretamente;
tali corsi d’acqua richiedono interventi radicali ed incisivi con l’esborso di risorse economiche che il Comune da solo non è in grado di garantire con il suo bilancio;
oramai, da molti anni, alcuni dei corsi d’acqua lametini provocano ingenti danni alle cose ed innumerevoli disagi ai cittadini a causa di esondazioni ed inondazioni -:
quali iniziative i competenti uffici della Regione, ed in particolare l’assessorato alla protezione civile, intendono adottare per scongiurare il pericolo di ulteriori nuovi danni;
se non si ritenga indispensabile porre in essere gli interventi richiesti con estrema urgenza e prima che la stagione piovosa si manifesti in tutta la sua intensità;
quali sono state le iniziative intraprese nei mesi scorsi, anche in relazione alle motivate e dettagliate richieste di intervento formulate nel mese di settembre dello scorso anno dal Comune.
(473; 13.10.2003)
Pisano. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
lo sviluppo del territorio dipende sempre più dalle infrastrutture e dai servizi in esso presenti che favoriscono gli scambi economici e culturali, ed è per questo, che strutture come l’aeroporto "Tito Minniti" di Reggio Calabria, andrebbero valorizzate e potenziate, processo che oggi risulta in fase inversa, anche se c'è da registrare il positivo intervento promosso dal Commissario Straordinario della Sogas, in ordire alla indizione della gara per i lavori di sistemazione della pista, per come richiesto da Enav;
si assiste, invece, ad una continua e perpetua penalizzazione della sua attività determinata da una gestione monopolistica, da parte della compagnia di bandiera, azione che provoca inevitabilmente ricadute negative riguardo non solo per gli utenti saltuari dello scalo, ma per tutti gli operatori commerciali e a quanti in genere utilizzano il mezzo aereo per interazioni di tipo economico e sociale;
questa situazione, determinata per lo più dalle tariffe applicate da Alitalia, rischia di svuotare lo scalo reggino e dirottare gli utenti su altri scali o addirittura su altri mezzi di trasporto;
non si comprende il motivo per il quale su gli altri scali regionali (Crotone e Lamezia, Catania) si applicano tariffe ridotte anche per le tratte più importanti, fatto che fa sicuramente piacere, ma evidenzia una disparità di trattamento anche all'interno degli scali della stessa regione e naturalmente viene da chiedersi perché al "Tito Minniti” non si abbassano le tariffe;
considerato inoltre che lo scalo reggino serve, oltre che la provincia di Reggio Calabria, anche buona parte di quella di Messina, non a caso tra i soci della Sogas troviamo insieme alla Regione Calabria con il 50 per cento delle quote, alla Provincia di Reggio Calabria con il 15 per cento anche la Provincia Regionale di Messina e il Comune di Messina, questo, ad avvalorare la tesi che lo scalo reggino può essere considerato di interesse interregionale, anche se oggi a fronte delle tariffe praticate, parte dell'utenza siciliana si è spostata sull'aeroporto di Catania;
è proprio sull'economicità delle tariffe che in questi giorni si è aperto il dibattito e la protesta degli utenti dello scalo reggino, che arrivano ad acquistare il biglietto aereo ad un prezzo cinque volte maggiore di quello degli altri scali anche della stessa Calabria;
l'intervento, chiesto a gran voce, deve riguardare non solo l'uniformità delle tariffe, ma anche il miglioramento dei servizi sia a terra che in volo, la diversificazione dell'offerta che di conseguenza determina il taglio delle tariffe, l'ingresso di nuove compagnie, creazione di nuove tratte e la canalizzazione di voli charter specie quelli turistici che potrebbero determinare anche un buon effetto sullo sviluppo turistico;
è quindi opportuno ed improcrastinabile interrompere questo regime di monopolio dell'Alitalia e l'intervento deve assumere carattere risolutivo per dare pari condizioni a tutti gli utenti -:
gli intendimenti e le determinazioni che vorrà attuare per porre fine allo strapotere della compagnia di bandiera e rompere il circuito vizioso che opera per sabotare lo sviluppo dello scalo reggino per ripristinare un servizio essenziale e che sia anche competitivo in termini economici e qualitativi in ordine alla:
realizzazione di quelle infrastrutture atte al potenziamento dello scalo aeroportuale al fine di consentire anche il traffico di merci;
adeguamento dei servizi passeggeri nell’aerostazione;
potenziamento del numero di voli e delle tratte;
riorganizzazione degli orari di arrivi e partenze in modo da renderli agevoli per gli utenti delle zone limite del territorio;
riduzione delle tariffe come gli altri scali nazionali;
diversificazione dell'offerta con l'ingresso di altre compagnie.
(475; 16.10.2003)
Tommasi. Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore alla pubblica istruzione, cultura, università e ricerca. Per sapere – premesso che:
nell'ambito del sistema universitario calabrese sempre maggiore importanza rivestono le capacità degli atenei di elevare sul piano dell'efficienza ed adeguare sul piano degli standard qualitativi, i servizi offerti agli studenti;
l'assessorato alla pubblica istruzione, cultura, università e ricerca della Regione Calabria ripartisce agli Enti per il Diritto allo studio calabresi ed al centro residenziale dell’Università della Calabria, il contributo finanziario previsto dalla legge regionale 34/2001;
il contributo finanziario previsto dalla L.R. 3/2001 dovrebbe essere ripartito secondo i seguenti parametri:
numero degli studenti iscritti nell’Università di riferimento;
qualità e quantità dei servili erogati;
esigenze dei singoli atenei;
organizzazione della didattica dei vari corsi di laurea;
pare che i suddetti criteri non siano stati utilizzati per il riparto relativo all'anno 2002;
nel ripartire il fondo integrativo statale finalizzato a1 pagamento delle borse di studio la Regione Calabria non ha utilizzato il criterio usato dal Miur se non nel residuale 20 per cento e nei surplus derivante da un incremento dei parametri di riparto, anziché sul totale del finanziamento;
ritenuto ingiusto e fortemente iniquo un comportamento discrezionale penalizzante per alcune Università e premiante per altre senza alcuna relazione con i criteri dettati dalle norme in vigore -:
per quale motivo nel ripartire il contributo previsto dalla L.R. 34/2001 in favore delle Ardis di Catanzaro e Reggio Calabria e del Centro Residenziale dell'Università della Calabria, non si applichino i parametri previsti dal comma 3 dell'art. 24 della già citata L.R. 34/2001;
quali sono gli ostacoli che, al fine del riparto tra gli Atenei calabresi si frappongono all'utilizzazione, da parte della Regione Calabria sul totale dello stanziamento, dei criteri applicati dal Miur per il riparto tra le università del fondo integrativo statale finalizzato al pagamento delle borse di studio;
quali interventi il Presidente della Regione, ed in particolare 1'assessore alla pubblica istruzione, cultura, università e ricerca, intendono porre in essere affinché per il futuro tale situazione non abbia a ripetersi.
(477; 20.10.2003)
Mistorni. Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore alla forestazione e ambiente. Per sapere – premesso che:
la Calabria, come è noto, è fra le prime regioni italiane ad elevata densità boschiva;
la vegetazione silvocolturale è rappresentata da specie di piante ad alto fusto e di elevato pregio, come il pino loricato, presente sul Pollino;
ritenuto il bosco, per le sue molteplici azioni e funzioni un patrimonio da salvaguardare, noti solo per la produzione legnosa, ma soprattutto per la multifunzionalità del sistema (in primis conservazione e difesa del suolo);
nell'A1to e Medio Ionio le pinete di pini mediterranei, in prevalenza. il pino d'Aleppo, sono seriamente compromessi per un vasto e diffuso attacco della processionaria del Pino "Traumatocampa Pityocampa" come da tempo e più volte denunziato dai rappresentanti della Comunità Montana‑Sila Greca di Rossano;
l'azione dannosa della processionaria, tende a diffondersi con maggiore virulenza rispetto agli anni precedenti e ad investire sempre più altre superficie boschive, costituendo un pericolo di epidemia diffusa, come rilevato anche dai responsabili forestali -:
a) sono a conoscenza di quanto in premessa riportato;
b) se e quali iniziative hanno preso o intendono prendere per fronteggiare questo fenomeno ed evitare il rischio di una diffusione epidemica della Processionaria;
e) se ritengono di dichiarare lo stato di emergenza per consentire anche l'intervento della Protezione Civile e del Servizio Fitosanitario nazionale.
(474; 16.10.2003)
Pezzimenti. All’assessore ai lavori pubblici. Per sapere – premesso che:
con mozione‑raccomandazione del 27/06/02, approvata all'unanimità dal Consiglio Regionale (ed alla ulteriore richiesta inoltrata alla giunta il 14/03/03) il sottoscritto chiedeva l'impegno della Giunta regionale a:
1) recepire le legittime istanze proposte dai titolari delle imprese commerciali, artigiane e produttive e conseguentemente emettere provvedimento di accoglimento delle istanze di cui all'ordinanza del Ministero degli Interni del 12/03/01 pubblicata nella Gazzetta Ufficiale del 15/03/01 spedita entro la data del termine utile dei 60 gg. previsti nell'ordinanza stessa, ritenendo valido ai fini del termine finale per la presentazione delle stesse il timbro dell'Ufficio Postale accettante;
2) attuare conseguentemente per la parte di propria competenza la legge la 1365/2000;
a circa un anno dalla presentazione della mozione, non è stato adottato alcun provvedimento né di accoglimento, né di rigetto -:
di conoscere lo stato dell’iter procedimentale per 1'erogazione del contributo.
(476; 20.10.2003)
Il Consiglio regionale
della Calabria,
Premesso che
il sistema ferroviario calabrese, a seguito della privatizzazione delle Ferrovie ha subìto un drastico ridimensionamento dei servizi offerti agli utenti con la dismissione e l'abbandono alla più totale incuria di numerose stazioni ferroviarie, che costituiscono serio pericolo alla pubblica incolumità ed alla salute dei cittadini;
le comunicazioni a carattere regionale sono costituite da treni che richiamano i film del far west, con carrozze non degne di una comunità civile, antigieniche, con la presenza anche di amianto ed insicure a causa di scarsa manutenzione, tali da divenire un serio pericolo alla incolumità. dei viaggiatori;
per molti utenti il treno rappresenta ancora un valido mezzo di trasporto e di comunicazione tra le zone periferiche ed i centri cittadini, sia per motivi di studio che per motivi di lavoro;
constatato che anche per le comunîcazioni interregionali, si utilizzano treni con carrozze non più utilizzate e ritenute idonee per i viaggi dal Centro al Nord d'Italia e ritenute invece adeguate per noi "terroni", maleodoranti, caratterizzate da servizi igienici inadeguati, impiantì di riscaldamento inesistenti ed arredi risalenti tigli anni del dopoguerra;
nei programmi del Governo nazionale non rientra neanche l'ammodernamento della rete ferroviaria per l'alta velocità e tanto meno l’adeguamento della linea ferroviaria dello Ionio calabrese,
tutto ciò premesso impegna
il Presidente della Giunta regionale e l'assessore ai Trasporti a voler intraprendere presso il Governo nazionale e l'Ente ferrovie, tutte le iniziative ritenute necessarie per eliminare le difficoltà sopra menzionate e restituire ai viaggiatori calabresi e meridionali in genere, la stessa dignità degli utenti di Regioni più fortunate, evitando di considerare, anche in questo settore, l'Italia delle due realtà.
(73; 16.10.2003) Mistorni
Il Consiglio regionale della Calabria
constatato che, gli immigrati con posizione regolare, sono da considerare a tutti gli effetti "contribuenti" e quindi possono invocare il godimento e l'esercizio dei loro diritti, ivi compreso quello elettorale;
preso atto che, numerosi Stati europei già riconoscono l'esercizio del voto ai cittadini stranieri comunitari ed extracomunitari;
valutato, che l'effettivo esercizio del diritto al voto, consente un'altrettanto effettiva integrazione sociale e riconoscimento reciproco di un comune senso di appartenenza alla comunità;
invita
Il Governo ed il Parlamento ad intraprendere ogni utile azione volta a rendere effettivo il diritto al voto, per le elezioni amministrative dei cittadini stranieri comunitari ed extracomunitari residenti in Italia.
(74; 16.10.2003) Nucera
Il Consiglio regionale della Calabria
premesso che la Finanziaria per l'anno 2004 prevede un drastico ridimensionamento delle risorse destinate alle Università;
rilevato che la Conferenza dei Rettori ha espresso una valutazione fortemente negativa, paventando il rischio concreto di una offerta formativa non adeguata agli standard qualitativi europei;
atteso che i finanziamenti di cui alla L.R. 34/2001 ‑ concernente Norme per 1’attuazione del diritto allo studio universitario in Calabria ‑ svolgono un ruolo di reale supporto relativamente alle esigenze del sistema universitario calabrese;
impegna il Presidente della Giunta e l'assessore alla Pubblica Istruzione al fine di:
implementare il Fondo che la L.R.34/2001 destina alle Università, procedendo alla sua ripartizione secondo i parametri fissati dall'art.24, co.3, della L.R. 34/2001 (numero di studenti iscritti, qualità e quantità dei servizi erogati, esigenze dei singoli atenei, organizzazione della didattica dei vari corsi di laurea);
attivare un tavolo di consultazione e concertazione ‑ convocando con assoluta urgenza i Rettori delle Università Calabresi ‑ senza il quale è impensabile elaborare progetti aderenti ai reali bisogni degli atenei.
(75; 20.10.2003) Pirillo
Pacenza. All’assessore alla sanità. Per sapere – premesso che:
sin dal suo insediamento quale Commissario Straordinario dell'Asl n. 2 di Castrovillari del Dott. Beniamino Giugni, si registrano rilevanti tensioni sociali ed istituzionali;
nelle ultime settimane si assiste a un preoccupante aumento della tensione sociale, soprattutto in ordine di relazioni sindacali;
diversi atti amministrativi riguardanti organizzazione del lavoro e gestione del personale, puntualmente non concertate e in spregio al contratto di lavoro o ad accordi sindacali in vigore, hanno prodotto controversie e tensioni nei comparti e nei presidi interessati;
con sentenza n. 2297 del 6 maggio u.s. il Tribunale di Castrovillari, su istanza della Cgil Funzione Pubblica del Comprensorio Pollino ‑ Sibari ‑ Tirreno, ha condannato 1'Asl n. 2 di Castrovillari per comportamento antisindacale avendo proceduto alla messa in mobilità, senza, preventivo nulla‑osta il dirigente sindacale Di Cunto Salvatore; che con la stessa sentenza I'ASL n.2 è stata condannata al pagamento di euro 1000,00 (mille/00) -:
se era a conoscenza di quanto narrato e quali iniziative intende assumere tese a garantire relazioni sindacali corrette e improntate al reciproco rispetto delle funzioni tra le parti.
(403; 13.5.2003)
Risposta – Per il
prosieguo di competenza si trasmette in uno alla presente nota trasmessa
dall’Asl n. 2 di Castrovillari; acquisita al
protocollo di questo dipartimento in data 15.09.2003 al n. 18539, relativa alla
interrogazione in oggetto.
F.to Il dirigente
di servizio - dr. Bruno Zito
L’assessore alla sanità
(Dr. Giovanni Luzzo)
“Ill.mo
Direttore generale
Ass.to
Reg.le Tutela della salute
e org.ne sanitaria
Catanzaro
In ottemperanza a quanto richiesto connota n.13140 del
27/8/2003 si rende opportuno relazionare quanto segue.
Nell'Azienda Sanitaria n.2 il rapporto conflittuale
(nella sostanza l'occupazione della sede aziendale come relazionato dalla
Polizia di Stato), nacque allorché, in applicazione della L.R n.29/02, il
Direttore Generale non rinnova il contratto con l'Organizzazione
"Obiettivo Lavoro" per la fornitura di prestazioni interinali da
parte di 44 operatori socio‑sanitari.
Tale contratto, rilevato più volte illegittimo dal
Collegio dei Revisori dei Conti e dall'Ispettore del Ministero della Sanità,
comportava una spesa ingiustificata di circa 200 milioni di lire al mese.
Il decreto emesso dal Giudice del lavoro del Tribunale di
Castrovillari dichiarava antisindacale il comportamento di questa Direzione
Aziendale per aver adottato un provvedimento di mobilità d'urgenza nei
confronti di un Capo tecnico di radiologia, dirigente sindacale Cgil.
Invero il provvedimento urgente e temporaneo era scaturito
dall'improcrastinabile necessità di assicurare le prestazioni di un Capo
tecnico di radiologia presso il P.O, di Lungro il cui organico si era
ulteriormente ridotto a causa del decesso improvviso di un tecnico di
radiologia.
E’i1 caso di fare presente che il dipendente sindacalista
non ha mai assunto servizio perché ha presentato certificato medico.
Per completezza si comunica che avverso il citato Decreto
è stato presentato l'allegato reclamo che sarà discusso presso il Tribunale di
Castrovillari nell'udienza del 4/12/2003.
Il commissario straordinario - Avv. Beniamino Giugni
Tripodi M. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
lo stato di emergenza nel territorio della Regione Calabria, in ordine alla situazione di crisi socio‑economica‑ambientale nel settore dei rifiuti urbani, speciali e speciali pericolosi, bonifica e risanamento ambientali dei suoli delle falde e dei sedimenti inquinanti, nonché in materia di tutela delle acque superficiali e sotterranee e dei cicli di depurazione, a seguito di reiterati Decreti dei Presidente dei Consiglio dei Ministri, è stato prorogato fino al 31 dicembre 2001, ai sensi e per gli effetti dell’articolo 5, comma 1, della legge 24 febbraio 1992, n. 225;
successivamente, con D.P.C.M. del 14 gennaio 2002, pubblicato nella GU 28.1.2002, n. 23, la proroga dell’Emergenza Ambientale nel territorio della Regione Calabria è stata spostata al 31 dicembre 2002;
con D.P.C.M. del 21 ottobre 1997, n. 2696, e successive modifiche ed integrazioni, è stato nominato Commissario per l’Emergenza Ambientale nel territorio della Regione Calabria il Presidente della Giunta regionale;
il Ministro dell’Interno, delegato al Coordinamento della Protezione Civile, ha emanato una serie di ordinanze con le quali sono state impartite disposizioni urgenti per fronteggiare l’emergenza ambientale su richiamata;
il Commissario delegato per l’Emergenza Ambientale nel territorio della Regione Calabria, con ordinanza dei 6 agosto 2002, n. 1986, ha disposto il trasferimento alla Regione Calabria ‑ Assessorato all’Ambiente ‑ delle 30 unità di personale che ha prestato, in forma continuativa, la propria attività presso gli uffici dei Commissario stesso, di cui all’elenco allegato alla stessa ordinanza, con decorrenza immediata, nell’ambito dei rientro delle competenze alla gestione ordinaria dei rifiuti;
con l’ordinanza 1986/2002 è stata considerata la possibilità che il trasferimento all’ordinarietà della gestione nella materia di autorizzazioni e raccolta differenziata avrebbe dovuto essere perfezionato entro il 31.12.2002;
il Dirigente Generale dei Dipartimento n. 4, con decreto del 9 agosto 2002, n. 1184, ha preso atto dell’ordinanza 1986/2002 del Commissario Delegato per l’Emergenza Ambientale nel Territorio della Regione Calabria;
il Dirigente dei Settore Giuridico dei Dipartimento n. 4, con decreto del 3 febbraio 2003, n. 696, ha trasferito al Dipartimento Ambiente il personale assunto;
la Giunta regionale con atto deliberativo dei 30 giugno 2003, n. 494, avente per oggetto: “Presa atto passaggio competenze dell’Emergenza Rifiuti solidi urbani e razionalizzazione del personale Dipartimento V della Regione Calabria “ha disposto l’assunzione di n. 17 unità di personale, di cui all’ordinanza 1986/2002, a tempo determinato, a far data dal 1° luglio 2003 e per la durata di tre anni;
la Giunta regionale
con deliberazione 8 ottobre 2001, n. 815, punto 2, ha approvato il Piano di
Gestione dei Rifiuti;.
con l’Ordinanza
della Presidenza Consiglio dei Ministri 1° ottobre 2001, n. 3149, il Commissario
delegato per l’Emergenza Ambientale nel territorio della Regione Calabria
doveva adottare ogni utile iniziativa volta a ricondurre la gestione dei
rifiuti alla competenza ordinaria degli enti territoriali preposti;
sono stati istituiti
gli Ambiti Territoriali Ottimali (Ato) coincidenti con i territori provinciali,
avviando le quattordici società miste per la raccolta differenziata dei rifiuti
-:
1. se e quando è
stato pubblicato il bando pubblico per la selezione del personale da assumere
presso l’ufficio dei Commissario delegato per l’emergenza ambientale nel
territorio della Regione Calabria;
2. quali sono state
le procedure, le modalità ed i criteri per la selezione, il reclutamento e
l’assunzione di detto personale;
3. quali sono i
motivi per i quali a margine dell’atto deliberativo della Giunta Regionale
494/2003 la firma del dirigente del settore giuridico è “per presa d’atto”,
sconvolgendo una prassi amministrativa consolidata che prevede la firma del
dirigente preposto all’istruttoria dell’atto deliberativo;
4. i motivi per i
quali non c’è l’espressa dichiarazione di regolarità dell’atto deliberativo
494/2003 resa dal dirigente preposto al competente settore.
5. se nell’elenco
del personale allegato all’ordinanza dei Commissario Delegato per l’Emergenza
Ambientale 1986/2002 vi sono parenti dei componenti della Giunta regionale o
dei Dirigenti Generali o dei Dirigenti della Regione Calabria e qual’è il loro
grado di parentela.
6. dove saranno
reperite le risorse economiche per le spese di detto personale per i tre anni
dell’assunzione a tempo determinato.
7. a quanto
ammontano le spese per il trattamento economico di detto personale.
8. se non ritenga
che l’immagine della Regione Calabria già tristemente danneggiata dal governo
di centro destra con la nomina di numerosi consulenti, non né esca
ulteriormente indebolita e deteriorata, in un momento di gravissima crisi
occupazionale, da procedure, comportamenti ed assunzioni clientelari ed
illegittime.
9. se non sia
necessario revocare immediatamente le assunzioni citate e procedere a nuove
assunzioni attraverso procedure concorsuali pubbliche alle quali possono
partecipare tutti gli interessati.
(431; 15.7.2003)
Risposta – In
relazione alla richiesta formulata con nota n. 983/SG del 13/8/2003, si forniscono
i seguenti elementi utili per la risposta alla interrogazione in oggetto
indicata in ordine ai punti di competenza di questo ufficio.
Come è noto, l'ufficio del commissario per la gestione
dell'emergenza ambientale è stato costituito a seguito dello stato di emergenza
nella Regione Calabria in ordine alla situazione di crisi socio‑economico‑ambientale
determinatasi nel settore dello smaltimento dei rifiuti solidi urbani,
dichiarato ai sensi dell'art. 5, comma 4, della legge n. 225/92; con D.P.C.M.
del 12 settembre 1997 e successivamente prorogato ed esteso alla materia della
tutela delle acque superficiali e dei cicli di depurazione.
La formazione di detto ufficio è stata effettuata secondo
le disposizioni contenute nelle diverse ordinanze della Presidenza del
Consiglio dei Ministri che hanno dettato regole anche in deroga alle
disposizioni di legge ordinarie così come prevede l'art. 5, comma 2 della legge
n. 225 succitata.
In particolare è stata prevista, la possibilità di
avvalersi di personale in servizio presso amministrazioni pubbliche in
"deroga" alle procedure stabilite dalle norme vigenti e con
1'O.P.C.M. n. 3062 del 6/7/2001, è stata costituita una nuova struttura formata
da SS unità provenienti dalla pubblica amministrazione nonché da dieci
"esperti".
Successivamente, l'art. 3, commi 1 e 2, dell'O.P.C.M. n.
3148 del 1 ottobre 2001, ha previsto la possibilità di avvalersi di venti
esperti, ed altresì di venti unità di personale " estraneo alla pubblica
amministrazione" con contratto a tempo determinato (di collaborazione
coordinata e continuativa).
L'individuazione di siffatte figure è avvenuta
"intuitu personae" essendo svincolata dalla normativa ordinaria, a
cui le ordinanze in questione derogano, ricorrendo la necessità di garantire
una specifica professionalità nei settori dell'emergenza il cui possesso è
stato valutato direttamente e discrezionalmente dal commissario delegato.
Tanto anche perché l'urgenza di provvedere non consente
l'espletamento delle procedure ordinarie.
Per quanto riguarda il punto 6 dell'interrogazione si fa
presente che le risorse sono state già reperite nell'ambito delle somme erogate
a favore dell'ufficio del commissario dal Ministero dell'economia, in
attuazione di quanto prevedono le varie O.P.C.M..
Dette somme sono state già trasferite alla Regione
Calabria con specifica destinazione.
Detto trasferimento avvenuto a seguito dell'O.P.C.M. n.
3185 del 22/3/2002, ha stabilito che il commissario delegato ‑ presidente
della regione Calabria avvia tutte le attività necessarie al rientro delle
competenze alla gestione ordinaria che sarà assicurata dal Dipartimento V della
Regione, al quale verrà altresì trasferito il personale che abbia prestato, in
forma continuativa, la propria attività a favore dell’ufficio del commissario
delegato.
Detto passaggio, pertanto, ha costituito un atto dovuto
da parte del commissario delegato e correttamente la Regione Calabria ha fatto
ricorso alla normativa per l'assunzione a tempo determinato di personale nella
pubblica amministrazione prevista dal Decreto Legislativo 6 settembre 2001, n.
368.
La spesa totale ammonta ad Euro 988.242,22 e riguarda
numero quattordici unità assunte alla Regione Calabria con contratto triennale.
F.to Il dirigente AA.GG. e Personale - dr. Pantaleone Pisano dirigente generale - ing. Giovanbattista Papello
Il Presidente della Giunta regionale
(Giuseppe Chiaravalloti)
Tripodi M. Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore alla ricerca scientifica. Per sapere – premesso che:
è stato pubblicato il primo rapporto nazionale sulla scuola realizzato dall’Istituto di studi economici, politici e sociali – Eurispes – in collaborazione con la Fondazione Liberal, sull’andamento della ricerca scientifica in Europa ed in Italia;
il rapporto segnala, in modo chiaro ed inequivocabile, che, nonostante l’attenzione posta dalla Commissione Europea, con l’approvazione ed il finanziamento del VI Programma Quadro di ricerca e sviluppo tecnologico 2003‑2006, la ricerca e lo sviluppo all’interno delle varie politiche nazionali fanno emergere un’Europa a più velocità;
in questo quadro, la politica italiana per la ricerca e lo sviluppo si è mossa, in particolare, attraverso la riforma degli enti pubblici di ricerca che ha suscitato numerose reazioni di protesta perché, tra l’altro, nega l’autonomia degli istituti stessi;
lo stato della ricerca tecnologica in Italia è risultato molto lontano dagli standard europei, anche in considerazione dello scarso sforzo economico prodotto dal Governo italiano;
la Commissione Europea ha posto l’attenzione su come la ricerca e lo sviluppo, in quanto portatori di cultura, crescita, occupazione e coesione sociale, giochino un ruolo vitale in una società basata sulla conoscenza e sull’informazione;
anche i dati a livello regionale mostrano un andamento dell’Italia molto differenziato, con una forte concentrazione della spesa al Centro-nord, mentre risulta quasi irrilevante il contributo di alcune Regioni, tra le quali la Calabria;
è necessario costruire uno spazio per la ricerca in termini di risorse umane, strumentali e finanziarie, capace di creare le condizioni per rilanciare il sistema Calabria ed arrestare la fuga di cervelli;
il Presidente dell’Eurispes Calabria lancia l’allarme sul fatto che, non essendo competitivo il sistema di ricerca calabrese, c’è il rischio dell’isolamento della regione Calabria rispetto al resto del Paese;
bisogna costruire una forte e concreta sinergia tra centri di ricerca, le università e le imprese al fine di rilanciare con maggiore forza il futuro assetto del sistema della ricerca calabrese -:
1) se sono a
conoscenza dei fatti su esposti;
2) a quanto ammonta
la spesa regionale attuale per il finanziamento della ricerca scientifica e
tecnologica;
3) se esistono
protocolli d’intesa con le università calabresi o con altri enti, non
calabresi, che hanno lo scopo di finanziare la ricerca e lo sviluppo;
4) se esistono e
quali sono i programmi della Giunta regionale per la ricerca e lo sviluppo;
5) se il polo
tecnologico è uno strumento per la ricerca e lo sviluppo e a che punto è il suo
stato di attuazione;
6) se il settore
della ricerca scientifica e tecnologica non rientra negli obiettivi strategici
e non merita, pertanto, di essere inserito nei finanziamenti ordinari
dell’assessorato alla ricerca.
(437; 16.7.2003)
Risposta – 1.
La ricerca si è estrinsecata attraverso il Por Calabria approvato con Delibera
di G.R n. 735 del 2/08/2001 (pertanto a conoscenza della Giunta Regionale). Il
settore nell'ambito della propria programmazione prevede di rafforzare il
sistema della Ricerca Scientifica e dell'Innovazione Tecnologica, anche con il
miglioramento. dei collegamenti tra i sottosistemi scientifici ed il sistema
imprenditoriale anche con la finalità di promozione del trasferimento
tecnologico, meglio estrinsecato nel convegno tenutasi presso 1’Università di
Reggio Calabria il 28/03/03 sul Sesto Programma Quadro (la Consulta Regionale
ha elaborato un piano di lavoro in allegato).
2. Sono state avviate le azioni 3.16 a (Potenziamento e
valorizzazione del sistema regionale della R&STI ) e la 3.16 d concernente
la Ricerca e sviluppo tecnologico nelle imprese regionali. Il finanziario
cumulato, per il triennio 2000/03, prevede per la misura 3.16 azione dl una
disponibilità di Euro 9.126.000,00. Il Costo totale della Misura è di Euro 45.126.000,00
sono state impegnate Euro 6.844.500,00 sulla misura 3.16 azione a.1 e 3.16
azione b.l. Il Capitolo di bilancio, attinente la Ricerca Scientifica, n°
3313126 equivale ad una somma globale di € 250.000,00 impegnata con Decreto per
un importo di E 240.000,00.
3. Nel corso dell'anno 2002 sono state attuate le
procedure (delibera n.331 del 5.5.2003) per l'individuazione dei beneficiari
degli interventi regionali attinenti la Ricerca Scientifica per mezzo
convenzioni con l'Università Calabresi anche attraverso l'attribuzione di
finanziamenti per assegni, dottorati di ricerca e borse di studio.Vengono
inoltre riparti i fondi alle Ardis per la concessione di prestiti d'onore, e di
borse di studio agli studenti capaci e meritevoli privi di mezzi frequentanti
le Università Calabresi.
4. I programmi della Giunta Regionale attuati attraverso
il settore si sono realizzati per mezzo del nuovo Piano dell'Innovazione,
elaborato in risposta alle varie esigenze verificate sulla base dell'esperienza
maturata attraverso la sostanziale rispondenza dell'analisi effettuata a suo
tempo al quadro macro economico della Regione Calabria, pertanto la
rimodulazione del Piano dell'Innovazione si è basata sull'analisi delle
condizioni generali che impedivano lo sviluppo endogeno e la valorizzazione
integrata delle risorse locali indagando l'effettiva rispondenza della domanda
e dell'offerta, il quale agisce in coerenza con la Misura 3.16 del complemento
di programmazione adottando le modalità già stabilite dal regolamento CE, ed
elaborato in risposta della nota del Miur del 19/6/2002 con la quale il gruppo
di lavoro istituito con Decreto n. 38 del 6/03/02 aveva formulato richieste e
sono stati forniti tutti gli elementi necessari per rilevare la compatibilità
del Piano con i dettami del Qcs e con la regolamentazione comunitaria in
materia di coesione, ricerca, innovazione.
5. Per ciò che attiene alle tematiche di cui al punto 5)
è di tutta evidenza che l'investimento nel settore tecnologico rappresenta uno
dei filoni privilegiati dell'intervento di ricerca e sviluppo, i cui contenuti
sono rinvenibili sul Piano approvato dalla G.R.
Per quanto rappresentato è del tutto chiaro che
l'attività di R&STI rientra negli obiettivi strategici. Altrettanto
conosciuto è però il fatto che la rigidità del bilancio regionale non consente
di prevedere ulteriori finanziamenti a proprio onere.
Attraverso il nuovo Piano sull'Innovazione Tecnologica
approvato con Delibera di G.R. n° 668 del 26.8.2003 articolato in tre aree
principali il Settore della Ricerca Scientifica e Innovazione Tecnologica
dell'Assessorato alla Cultura rientra perfettamente negli obiettivi di
riferimento che sono stati alla base del piano e di seguito illustrati:
‑ rafforzare il sistema. della ricerca scientifico‑tecnologica
del Mezzogiorno, migliorando i collegamenti tra i sottosistemi scientifici ed
il sistema imprenditoriale, anche con la finalità di promuovere il
trasferimento tecnologico, la nascita di imprese sulla "frontiera" e
l'attrazione di insediamenti high‑tech;
‑ accrescere la propensione all'innovazione di
prodotto, di processo ed organizzativa delle imprese meridionali;
inserire la comunità scientifica meridionale in reti di
cooperazione ‑ promuovere la ricerca e l'innovazione per la
valorizzazione di risorse naturali e storico‑ artistiche del territorio
meridionale. A questi obiettivi e strategie di riferimento corrispondono gli
obiettivi e le strategie di intervento riportati nel Piano per l'Innovazione e
lo Sviluppo Tecnologico.
L’assessore alla Ricerca scientifica
(Saverio Zavettieri)
Titolo 1
Riconoscimento delle minoranze linguistiche
e storiche della Calabria
Art. 1
(Finalità della legge)
1. La Regione Calabria riconosce che la protezione e la valorizzazione delle lingue minoritarie contribuiscono alla costruzione di un'Europa fondata sui principi della democrazia e del rispetto delle diversità culturali e, in attuazione dell'articolo 6 della Costituzione e dell'art. 56 dello Statuto regionale lettera "r", con propria Legge Regionale, ai sensi degli articoli 2 e 3 della Legge 15 dicembre 1999, nr. 482, tutela le parlate della popolazione albanese, grecanica e occitanica di Calabria e promuove la valorizzazione e divulgazione del loro patrimonio linguistico, culturale e materiale.
2. La Regione Calabria adegua la propria legislazione ai principi stabiliti dalla presente legge favorendo l’aggregazione in consorzi intercomunali e costituzione in comuni autonomi di quelle comunità minoritarie presenti nel suo territorio che nella ridefinizione dell’attuale assetto amministrativo individua una condizione di garanzia per la valorizzazione del territorio e il recupero delle sue potenzialità economiche ed ambientali con i propri beni culturali.
3. L’ambito territoriale e sub-comunale in cui si applicano le disposizioni di tutela di ciascuna minoranza linguistica storica è quello previsto dal comma 3, art. 1 del D.P.R. del 2 maggio 2001, n. 345 e adottato dai Consigli provinciali in sua attuazione.
Art. 2
(Definizione di bene culturale)
1. In attuazione della legge 15.12.1999, nr 482, dell'art 56, lettera "r" dello Statuto regionale e in armonia con i principi generali stabiliti dagli organismi europei e internazionali costituiscono bene culturale dei Comuni di cui all'articolo 1 della presente legge, la lingua, il patrimonio letterario, storico ed archivistico, il rito religioso, il canto, la musica e la danza popolare, il teatro, le arti figurative e l'arte sacra, le peculiarità urbanistiche, architettoniche e monumentali, gli insediamenti abitativi antichi, le istituzioni educative, formative e religiose storiche, le tradizioni popolari, la cultura materiale, il costume popolare, l'artigianato tipico e artistico, la tipicizzazione dei prodotti agro-alimentari, la gastronomia tipica, e qualsiasi altro aspetto della cultura materiale e sociale.
Titolo II
Alfabetizzazione, Insegnamento e Ordinamento Scolastico, Formazione
Art. 3
(Insegnamento bilingue)
1. I criteri generali per l’attuazione dell’art. 4 della legge 482 sono indicati dal Ministero della pubblica istruzione con propri decreti.
2. La Regione Calabria li adotta e si adopera affinché nelle scuole di ogni ordine e grado nei Comuni di cui all’art. 1 della presente legge venga istituito l’insegnamento bilingue nell’ambito delle attività didattiche e formative e in ossequio alle leggi nazionali sull’istruzione.
Art. 4
(Interventi a favore di attività didattiche complementari)
1. La Regione sostiene e finanzia progetti di alfabetizzazione e di studio delle lingue albanese, greca ed occitanica nelle scuole materne, elementari e medie anche in quei Comuni ove siano presenti consistenti gruppi di popolazioni alloglotte. Ove non fosse possibile inserire lo studio delle lingue albanese, greca ed occitanica nel normale orario scolastico, sarà cura della Regione Calabria collaborare con i Comuni, con loro Consorzi, le Province e le istituzioni scolastiche a ché vengano organizzati dei corsi pomeridiani. Tali corsi si terranno nei locali delle scuole, previo assenso dell’autorità scolastica o in altra sede idonea.
Art. 5
(Contenuti ed organizzazione delle attività didattiche)
1. I progetti dovranno essere svolti, preferibilmente,
mediante l’utilizzo delle lingue minoritarie.
2. L’insegnamento della lingua dovrà essere tenuto dai docenti in possesso del
diploma di laurea, dell’area umanistico-pedagogica, muniti di titoli
comprovanti la conoscenza effettiva delle lingue albanese, greca, occitanica.
Art. 6
(Dimensionamento scolastico)
1. Per il dimensionamento delle istituzioni scolastiche e per la determinazione degli organici funzionali dei singoli istituti nei Comuni di cui all’articolo 1 della presente legge, visto il comma 3 del DPR del 18 giugno 1998, n.233, è prioritariamente consentita la verticalizzazione aggregata per aree contigue e omogenee.
Art. 7
(Corsi di alfabetizzazione)
1. La Regione, nel quadro degli interventi previsti dalla
presente legge, sostiene le attività di insegnamento, formazione e ricerca
promosse dal sistema universitario regionale per la valorizzazione della lingua
e della cultura delle minoranze albanesi, grecaniche ed occitaniche della
Calabria.
2. La Regione Calabria al fine di agevolare gli obiettivi della presente legge
programma in tutto il territorio dei comuni interessati corsi di aggiornamento
linguistico per i dipendenti degli Enti pubblici di cui gli articoli 7,8,9
della legge 15 dicembre 1999, n. 482.
3. Può istituire corsi gratuiti di alfabetizzazione linguistica per tutti i
cittadini dei Comuni di cui all'articolo 1 della presente legge, affidandone la
gestione ad Istituti scolastici, Enti pubblici o ad Associazioni riconosciute.
4. Può istituire scuole speciali per la formazione di operatori linguistici e
turistici, per la formazione artistica e musicale, l'artigianato tipico e ogni
altra attività di formazione scolastica pubblica tesa alla promozione e alla
valorizzazione della comunità linguistica e culturale.
Titolo III
Istituzioni e attività culturali
Art.8
(Comitato regionale per le minoranze linguistiche)
1. Per la programmazione delle attività previste dalla presente legge, per la finalizzazione delle risorse destinate alla tutela e alla valorizzazione delle comunità linguistiche è istituito un Comitato Regionale per le minoranze linguistiche della Calabria composto da:
Assessore alla cultura o suo delegato;
4
Sindaci dei Comuni albanesi, 2 Sindaci dei Comuni grecanici, il Sindaco di
Guardia Piemontese proposti dalla Conferenza dei Sindaci;
4 personalità parlanti le lingue oggetto di tutela e indicati dall'Albo delle Associazioni,
di cui: 2 di lingua albanese, 1 di lingua greca e 1 di lingua occitanica;
2 esperti scelti tra le discipline linguistiche storiche e/o antropologiche
delle Università di Cosenza e Reggio Calabria.
2. Il Comitato è nominato con decreto del Presidente della Giunta Regionale su designazione dell’organo competente e resta in carica per la durata della legislatura. I suoi poteri sono comunque prorogati fino all'insediamento del nuovo Comitato.
3. Le riunioni sono presiedute dall’Assessore alla Cultura o da un suo delegato.
4. La partecipazione alle sedute non dà diritto ad alcun compenso il rimborso delle spese per gli aventi diritto è a carico del bilancio regionale.
5. Le funzioni di segreteria del Comitato sono svolte da un funzionario dell'Assessorato alla Cultura di livello non inferiore alla categoria D.
6. Il Comitato elabora la proposta di programma annuale delle attività educative e culturali per la valorizzazione delle comunità alloglotte.
7. Il Comitato valuta le proposte ed i progetti pervenuti alla Regione tenendo conto delle disponibilità finanziarie, della produttività degli interventi distribuendo equamente le risorse tra le tre comunità linguistiche.
Art. 9
(Approvazione)
1. La Giunta Regionale, sulla base delle proposte pervenute dal Comitato, approva gli interventi entro il 1° novembre di ogni anno.
Art. 10
(Istituti regionali di cultura)
1. Ai sensi dell'articolo 16 della Legge 15 dicembre 1999, nr. 482 sono istituiti tre Istituti regionali:
è istituito a San Demetrio Corone presso il Collegio italo-albanese di Sant'Adriano, l'Istituto regionale per la comunità arberesh di Calabria;
è istituito, con sede in Bova Marina, l’Istituto Regionale Superiore di Studi Elleno-Calabri (Irssec) per la comunità greca di Calabria;
è istituito a Guardia Piemontese l'Istituto regionale per la comunità occitanica di Calabria;
2. La Giunta regionale in sede di programmazione regionale ai sensi dell’art. 8 è autorizzata ad istituire nuovi Centri o Istituti di ricerca o Sezioni decentrate.
Art. 11
(Conferenza regionale dei Comuni alloglotti)
1. Nelle province di Cosenza, Reggio Calabria, Crotone e Catanzaro è costituita la Conferenza Regionale dei Comuni alloglotti di cui all'articolo 1 della presente Legge. Essa è composta dai Sindaci dei Comuni o un loro delegato, dai Presidenti delle Province o da un loro delegato, da 5 rappresentanti delle Associazioni di cui 3 per la minoranza albanese, 1 per la minoranza greca, 1 per la minoranza occitanica.
Art. 12
(Funzionamento e gestione degli Istituti regionali
e della Conferenza regionale dei Comuni Alloglotti)
1. La Conferenza regionale dei Comuni alloglotti di cui al precedente articolo 11, e gli Istituti regionali di cultura, di cui al precedente articolo 10, saranno regolati da appositi statuti che dovranno indicare i compiti, gli organi e l'eventuale articolazione di tali organismi.
2. Sentiti gli Enti interessati, gli statuti saranno predisposti dal Co.Re.Mil Calabria entro sei mesi dalla sua costituzione e sottoposti all'esame della Giunta Regionale e, da questa, all'approvazione del Consiglio Regionale entro novanta giorni dalla presentazione. Trascorsi sessanta giorni dal termine indicato, gli statuti si intendono approvati.
Art. 13
(Associazioni e volontariato)
1. La Regione Calabria riconosce l'associazionismo culturale e la stampa locale di lingua albanese, grecanica e occitanica e li considera un insostituibile strumento di tutela, valorizzazione e promozione della lingua e del patrimonio storico-culturale.
2. Istituisce un fondo speciale di carattere culturale, artistico, scientifico, economico, educativo, turistico, ricreativo, sociale, assistenziale, solidaristico, a favore di manifestazioni celebrative, mostre, sagre, convegni di studio e altre iniziative volte a conservare, valorizzare e promuovere il patrimonio linguistico, etnico, artistico, storico, culturale delle minoranze di cui all'art. 1 della presente legge su tutto il territorio regionale e nazionale, nonché a favore delle iniziative volte e soddisfare le esigenze delle emigrazioni e delle relazioni con i paesi di origine.
3. Ai sensi dell'articolo 4 della L. R. 19 aprile 1985 nr. 16 riconosce l'attività delle associazioni culturali operanti per la tutela e la valorizzazione delle comunità linguistiche, istituisce un apposito Albo regionale.
Art. 14
(Promozione dell'associazionismo)
1. Per i benefici delle presente legge sono favorite forme di cooperazione o di associazionismo tra i Comuni.
2. In armonia con le leggi dello Stato e della Regione Calabria sarà promossa e incrementata con mezzi idonei la costituzione di consorzi, cooperative, associazioni onlus o ogni altra forma di volontariato per la tutela degli interessi delle predette popolazioni.
3. Sono ancora favorite e incentivate le iniziative dei privati, singoli o associati, per lo sviluppo di infrastrutture museali, alberghiere e di ristorazione.
Art. 15
(Interventi di promozione culturale)
1. La Regione promuove e sostiene, sulla base di precisi indirizzi programmatici, iniziative culturali nelle seguenti aree disciplinari ed artistiche:
studi, ricerche ed indagini sulla condizione linguistica delle comunità di cui all'articolo 1; creazione di una banca dati di testimonianze e materiali storici, archivistici, etnologici, folclorici; raccolta e compilazione di repertori linguistici albanesi, greci e occitanici, redazione e pubblicazione di atlanti, carte ed altri documenti delle zone storiche, culturali e linguistiche; organizzazione di seminari, convegni, concorsi di poesia, premi letterari; attività di ricerca, sperimentazione e documentazione su problemi riguardanti la storia, l'economia, la società, le tradizioni ed il patrimonio culturale, artistico e linguistico;
stampa e produzione di audiovisivi ed altri mezzi di comunicazione; edizioni di giornali e periodici in lingua albanese, greca e occitanica per sviluppare e diffondere la conoscenza della storia, della lingua, della cultura e delle tradizioni dei gruppi linguistici minoritari; pubblicazioni di opere scientifiche e di divulgazione concernenti la cultura e la lingua albanese, greca e occitanica; attività informative e promozionali attraverso i mezzi di comunicazione sociale;
corsi di informazione ed aggiornamento degli insegnanti, concorsi tra gli alunni ed altre attività parascolastiche volte alla conoscenza della storia, della cultura, della lingua e delle tradizioni dei Comuni oggetto della presente legge;
allestimento ed organizzazione di spettacoli di teatro, musica e danza per la conoscenza e la diffusione del patrimonio culturale albanese, greco e occitanico;
raccolta e studio dei toponimi nelle parlate locali albanese, greco e occitanico e delle relative pubblicazioni scientifiche, anche al fine di evidenziare, attraverso apposita segnaletica, la toponomastica originaria;
scambi culturali, soprattutto in ambito scolastico con altre comunità di lingua albanese, greca e occitanica in Italia ed all'estero;
relazioni tra i Comuni di lingua albanese, greca e occitanica e le comunità di emigrati calabresi all'estero che hanno conservato e tramandato la lingua e le tradizioni dei luoghi originari.
Art. 16
(Festival arberesh e centro musicale)
1. La Regione Calabria riconosce la particolare funzione creativa, promozionale ed internazionale del Festival della canzone arberesh e quindi la necessità di particolari finanziamenti annuali per la prosecuzione e il potenziamento della manifestazione.
2. La Regione Calabria istituisce il Centro della musica e del canto popolare arberesh quale strumento di documentazione storica, di ricerca musicale di catalogazione e conservazione dei brani canori.
3. La Regione Calabria promuove analoga iniziativa di cui al precedente comma 1 per le altre due comunità linguistiche.
Art. 17
(Stampa, editoria, radio, televisioni)
1. La Regione Calabria concede particolare sostegno finanziario agli organi di stampa, alle iniziative editoriali nell’ambito delle comunità linguistiche e culturali, fermo restando i contributi previsti dalle leggi per l'editoria.
Art. 18
(Programmazione televisiva)
1. In base a convenzioni da stipularsi tra la Regione e la sede regionale Rai per la Calabria e le emittenti radiotelevisive private sentito il Co.Re.Com. Calabria, nei programmi radiofonici e televisivi regionali sono inseriti programmi culturali, educativi e di intrattenimento nelle lingue di minoranza albanese, greca, occitanica.
Art. 19
(Intervento speciale)
1. Per il biennio 2003-2004 la Regione Calabria costituisce un fondo speciale di euro 1.000.000,00 quale fondo economico speciale per un piano di intervento finalizzato alle seguenti attività:
recupero delle forme originali dei nomi e dei cognomi delle lingue di interesse della presente legge. Ogni cittadino residente nel territorio regionale può ottenere dai propri Comuni il rimborso delle spese per il cambio anagrafico del nome e cognome, ai sensi dell'articolo 11 della Legge 15 dicembre 1999, nr 482, purché comprovabile della autenticità della richiesta;
indagine nell'intero territorio regionale, con modalità di censimento, della popolazione alloglotta;
catalogazione e archiviazione delle parlate locali dei Comuni di cui all'articolo 1 della presente Legge. L'intervento, da ritenersi urgente per la conservazione di forme espressive a rischio di estinzione, verrà realizzato dagli Istituti culturali e dalle Associazioni riconosciute. Lo stesso intervento va successivamente esteso alle presenze linguistiche nei luoghi dell'emigrazione estere;
finanziamento a Province e Comuni per studio, progettazione e installazione di segnaletica stradale verticale bilingue, di toponomastica viaria e stradale bilingue, di recupero dei toponimi antichi in uso nel linguaggio popolare.
agevolazioni speciali, mediante contributi a fondo perduto per l'installazione di insegne pubblicitarie bilingue.
Art. 20
(Scambi culturali con le nazioni d'origine)
1. La Regione Calabria, le Province e gli Enti locali agevolano e favoriscono i rapporti tra le comunità linguistiche e le nazioni di origine.
Titolo IV
Tutela degli interessi socio-economici e ambientali
Art. 21
(Tutela socio-economica)
1. La tutela delle comunità linguistiche e culturali regionali riguarda anche gli interessi socioeconomici e ambientali che formano il presupposto della loro esistenza e conservazione. Di tale interesse la Regione Calabria tiene conto nella preparazione e approvazione dei piani regionali di sviluppo, dei piani regolatori, dei piani dell'edilizia residenziale e dell'edilizia economica e popolare, nella elaborazione di piani di salvaguardia ambientale e forestale, nel consolidamento e ampliamento del sistema stradale e viario.
2. I piani di programmazione economica, sociale e urbanistica e la loro esecuzione nei territori abitati dalle popolazioni di cui alla presente legge devono attenersi al principio di non alterare il carattere etnico e culturale dei territori.
Art. 22
(Patrimonio artistico religioso)
1. Per gli edifici sacri e i luoghi di culto della Chiesa di liturgia greca, nell'ambito della presente Legge, sarà istituito un apposito fondo speciale per completare, compatibilmente con le Leggi vigenti in materia di vincoli e tutela, l'opera di orientalizzazione dell'architettura e dell'iconografia sacra orientale.
Art. 23
(Insediamenti abitativi antichi)
1. Sono oggetto di tutela e salvaguardia i centri antichi degli insediamenti abitativi delle comunità linguistiche e culturali. Una particolare attenzione è riservata alla tutela della gjitonia italo-albanese e greca organismo antropologico, sociale e urbanistico del villaggio italo-albanese, scientificamente riconosciuto come unico intreccio di urbanistica e vita sociale di tipo orientale.
Art. 24
(Servizi fondamentali)
1. Le sedi scolastiche di qualsiasi ordine e grado, le strutture sanitarie, gli uffici postali e amministrativi, sono ritenuti servizi fondamentali per la difesa della cultura e del territorio dei Comuni di cui all'art. 1 della presente legge.
Titolo V
Disposizioni finali
Art. 25
(Norma finanziaria e finale)
1. Agli oneri derivanti dall’attuazione dell’art. 10 della
presente legge, determinati per l’esercizio 2003 in Euro 200.000,00, si
provvede con le risorse disponibili all’UPB 8.1.01.01 dello stato di previsione
della spesa dello stesso bilancio, inerente a "Fondi per provvedimenti
legislativi in corso di approvazione recanti spese di parte corrente" il
cui stanziamento viene ridotto del medesimo importo.
2. La disponibilità finanziaria di cui al comma precedente è utilizzata
nell’esercizio in corso ponendo la competenza della spesa a carico dell’UPB
5.2.01.02 dello stato di previsione della spesa del bilancio 2003. La Giunta
regionale è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni al documento
tecnico di cui all’art. 10 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8.
3. Per gli anni successivi la copertura degli oneri legislativi relativi è
assicurata con l’approvazione del bilancio di previsione annuale e con la legge
finanziaria di accompagnamento.
4. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
Art. 1
Finalità
1. La Regione promuove lo sviluppo della mobilità ciclistica allo scopo di incentivare l'uso della bicicletta:
a) nei centri abitati come mezzo di trasporto quotidiano con particolare riferimento ai centri storici e ove è vietato l'uso dell'autoveicolo;
b) nei parchi urbani, lungo i corsi d'acqua e nelle aree destinate a parco e riserve naturali, come mezzo di circolazione nel rispetto delle caratteristiche ambientali;
c) nella viabilità extraurbana come mezzo di collegamento tra Comuni.
2. Per conseguire le finalità di cui al precedente comma, la Regione attua iniziative proposte dalla Giunta regionale e cofinanzia gli interventi previsti dal successivo art. 4, proposti dagli Enti locali e da soggetti gestori di parchi e riserve naturali in modo diretto o in associazione con altri soggetti pubblici o privati.
Art. 2
Progetto di rete regionale integrata di piste ciclabile
1. Al fine di realizzare un sistema di mobilità ciclistica regionale, la Giunta regionale, su proposta dell'Assessorato ai Trasporti, approva il Progetto della rete regionale integrata di piste ciclabili.
Art. 3
Definizione di pista ciclabile
1. Per pista ciclabile o percorso che agevola il traffico ciclistico si intende, ai fini della presente legge, un'opera con le caratteristiche tecniche previste dalla legge 19 ottobre 1998, n. 366 e regolamento di esecuzione adottato con D.M. 30 novembre 1999 n.557.
Art. 4
Tipologia degli interventi
1. Tra gli interventi finalizzati al conseguimento dell'obiettivo di cui all'art. 1 rientrano:
a) la realizzazione di reti di piste ciclabili e ciclopedonabili, di ponti e sottopassi ciclabili, di dotazioni infrastrutturali utili alla sicurezza del traffico ciclistico negli incroci con il traffico motorizzato;
b) la costruzione e dotazione di parcheggi attrezzati liberi e custoditi e di centri di noleggio riservati alle biciclette;
c) la messa in opera di segnaletica luminosa verticale e orizzontale, specializzata per il traffico ciclistico;
d) predisposizione di strutture mobili e d'infrastrutture atte a realizzare l'intermodalità tra bicicletta e mezzi di trasporto pubblico;
e) redazione di cartografia specializzata, la posa in opera di cartelli segnaletici degli itinerari ciclabili, l'attivazione presso gli Enti preposti al turismo di servizi d'informazione per cicloturisti;
f) la realizzazione di conferenze, attività culturali ed iniziative educative atte a promuovere la conversione del trasporto motorizzato a quello ciclistico;
g) la progettazione e realizzazione d'itinerari ciclabili turistici e delle infrastrutture ad essi connessi; a tal fine i progetti possono essere inseriti nei programmi elaborati ai sensi dei regolamenti comunitari, al fine di accedere al cofinanziamento dei fondi strutturali stanziati dall'Unione Europea;
h) la realizzazione di intese con le Ferrovie dello Stato S.p.A. e Ferrovie della Calabria Srl al fine di promuovere l'intermodalità tra la bicicletta e il treno, in particolare con la dislocazione di parcheggi per biciclette nelle aree di pertinenza delle stazioni ferroviarie e la promozione del trasporto della bicicletta al seguito;
i) la realizzazione di intese con le aziende di trasporto pubblico o in concessione per l'integrazione fra detto trasporto e l'uso della bicicletta, nonché predisposizione di strutture per il trasporto della bicicletta sui mezzi pubblici;
j) ogni ulteriore intervento finalizzato allo sviluppo del trasporto ciclistico.
2. Al fine di acquisire gli atti d'intesa, i pareri, i nullaosta, le autorizzazioni e le approvazioni prescritti per i progetti degli interventi di cui al comma 1, può essere convocata un'apposita conferenza di servizi, ai sensi dell'art. 24 della legge regionale 4 settembre 2001, n° 19, cui partecipano tutti gli Enti tenuti ad esprimersi sui progetti stessi.
3. Ove l'attuazione degli interventi richieda l'azione integrata e coordinata dell'Ente Nazionale per le Strade, delle Province, dei Comuni, di Ferrovie dello Stato S.p.A., può essere promossa la conclusione di appositi accordi di programma, ai sensi dell'art. 11 della legge regionale 4 settembre 2001, n° 19.
Art. 5
Procedure
1. Entro il 31 marzo di ogni anno, i soggetti proponenti presentano domanda di finanziamento alla Giunta Regionale - Assessorato Trasporti.
2. Alla richiesta di finanziamento devono essere allegati:
a) delibera dell'organo competente con la quale:
1) si approva il programma, studio di fattibilità o progetto di massima con la indicazione dell'estensione della pista o itinerario ciclabile;
2) si approva il quadro economico delle spese;
3) si precisa l'ammontare della quota di spesa a carico dell'Ente richiedente che in caso di Comune singolo non potrà essere inferiore al 30% della spesa complessiva prevista dal quadro economico e non inferiore al 25% nell'ipotesi di domanda prodotta da Province da Comuni o Enti associati;
b) la relazione tecnica illustrativa e gli elaborati grafici caratteristici dell'intervento con l’indicazione dei tempi di realizzazione dello stesso;
c) la cartografia idonea a rappresentare il tracciato della pista o l'itinerario ciclabile;
d) l'eventuale scheda relativa ai soggetti pubblici e privati cointeressati, la copia degli accordi sottoscritti;
e) dichiarazione attestante le autorizzazioni, i nulla osta ed i pareri già conseguiti o da acquisire, necessari per l'avvio dei lavori.
Art. 6
Piano regionale di riparto per la mobilità ciclistica
1. Entro il 30 giugno di ogni anno, su proposta dell'Assessore ai Trasporti, la Giunta Regionale approva il Piano regionale di riparto della mobilità ciclistica, che dovrà riservare una quota non inferiore al 40% per il finanziamento degli interventi previsti nel Progetto della rete regionale integrata di piste ciclabili e, per la rimanente quota, gli interventi programmati dovranno soddisfare almeno una delle seguenti finalità:
a) collegamento a sedi universitarie e scuole d'ogni tipo e grado, aree verdi, servizi, strutture socio-sanitarie, uffici, aree turistiche;
b) decongestionamento del traffico urbano;
c) collegamento tra Comuni limitrofi o tra frazioni e centri abitati;
d) un più favorevole rapporto tra spesa complessiva ed estensione della pista o percorso ciclabile.
Art. 7
Concessione contributo
2. Per le iniziative comprese nel piano annuale di riparto ammesse a contributo sulla base delle risorse trasferite, i soggetti proponenti devono, ai fini della concessione del finanziamento, presentare deliberazione, adottata dall'organo competente, di approvazione del progetto esecutivo dotato di tutti i consensi di legge.
3. Nell'atto deliberativo gli Enti destinatari dei finanziamenti dovranno impegnarsi a prevedere nei progetti di costruzione di nuove strade d'interesse locale una adiacente pista ciclabile.
Art. 8
Misura del finanziamento e termini di esecuzione
1. La misura del contributo per i progetti ammessi a finanziamento non potrà superare:
a) Il 75% della spesa complessiva per programmi o progetti presentati da Province o Comuni associati;
b) Il 70% della spesa complessiva per programmi o progetti presentati da Comuni singoli.
2. I lavori dei progetti ammessi a finanziamento devono essere iniziati entro 6 mesi dalla data di comunicazione dell'avvenuto finanziamento, prorogabili in caso di comprovata necessità una sola volta.
Art. 9
Responsabilità
1. Gli Enti attuatori assumono a loro carico ogni adempimento ed ogni responsabilità d'ordine tecnico amministrativo e contabile e sono tenuti al rispetto del vincolo di destinazione dei fondi accreditati esclusivamente per la realizzazione del progetto esecutivo.
2. Eventuali maggiori oneri, che superino l'importo della quota coperto dal contributo concesso, ivi compresi interessi per ritardato pagamento, saranno a carico dell'Ente proponente.
3. Gli Enti attuatori sono tenuti a presentare all'Assessorato ai trasporti, servizio amministrativo, il rendiconto finale dei lavori realizzati.
Art. 10
Sanzioni
1. Il mancato avvio dei lavori entro i termini previsti al comma 2, art.8, ovvero l’inosservanza degli obblighi di cui ai commi 1 e 3, articolo 9, comporta la decadenza dai benefici finanziari previsti dalla presente legge.
2. La dichiarazione della decadenza di cui al comma 1 è disposta con decreto del dirigente del settore interessato.
Art. 11
Attività di promozione
1. Allo scopo di promuovere la formazione dei giovani in materia di comportamento e di sicurezza stradale, nonché per incentivare l'uso della bicicletta, come mezzo ordinario del trasporto locale, il Dipartimento ai Trasporti predispone appositi programmi di promozione.
Art. 12
Norma finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall’applicazione della presente legge, determinati per l’esercizio 2003 in Euro 250.000,00, si provvede con le risorse disponibili all’UPB 8.1.01.02 dello stato di previsione della spesa dello stesso bilancio, inerente a "Fondi per provvedimenti legislativi in corso di approvazione recanti spese per investimenti" il cui stanziamento viene ridotto del medesimo importo.
2. La disponibilità finanziaria di cui al comma precedente è utilizzata nell’esercizio in corso ponendo la competenza della spesa a carico dell’UPB 2.3.01.03 dello stato di previsione della spesa del bilancio 2003. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni al documento tecnico di cui all’art. 10 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8.
3. Per gli anni successivi la copertura degli oneri relativi è assicurata con l’approvazione del bilancio di previsione annuale e con la legge finanziaria di accompagnamento.
Art. 1
(Strutture sanitarie)
1. Le Aziende sanitarie locali dei capoluoghi di provincia, avvalendosi prioritariamente, ove esistono, delle Strutture e del personale dell'ex O.N.I.G, provvedono ad assicurare le prestazioni sanitarie primarie, il trattamento protesico e di specifica assistenza necessaria nei riguardi dei grandi invalidi di guerra, mutilati ed invalidi di guerra, vittime civili di guerra e mutilati ed invalidi per servizio.
2. Le stesse Aziende sanitarie locali provvedono, altresì, ad autorizzare, effettuando ogni opportuno accertamento, la fruizione di cure climatiche, termali, idrotermali, protesiche, soggiorni terapeutici, contributi per l'usura degli indumenti e l'assistenza alimentare specifica, secondo criteri e modalità fissate dalla presente legge.
Art. 2
(Soggetti destinatari)
1. Sono destinatari delle prestazioni e dei benefici, disciplinati dalla presente legge, gli invalidi rientranti nelle seguenti categorie:
1) mutilati ed invalidi di guerra, previsti dall'art. 2 della legge 18 marzo 1968, n° 313, dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n° 915 e dal D.P.R. 30 dicembre 1981, n° 834;
2) vittime civili di guerra, indicate negli articoli 9 e 10 della legge 18 marzo 1968, n° 13, dal D.P.R. 23 dicembre 1978, n° 915 e dal D.P.R. 30 dicembre 1981, n° 834;
3) mutilati ed invalidi per servizio previsti dalla legge 26 gennaio 1980, n° 9.
Art. 3
(Cure climatiche)
1. Le cure climatiche, sono autorizzate nella forma indiretta, per un periodo massimo di 21 giorni, agli invalidi affetti da infermità tubercolari che presentano uno dei seguenti quadri clinico-radiologici:
a) esiti di interventi demolitori del polmone (pneumectomia, lobectomia totale o parziale);
b) decorticazioni pleuriche;
c) esiti di toracoplastiche con resezione di almeno cinque costole;
d) T.B.C. polmonare in corso di trattamento terapeutico, mediante rifornimenti periodici di pneumotorace;
e) esiti di tubercolosi del polmone, associati a postumi di tubercolosi del rene, intestinale, osteoarticolare, laringea;
f) esiti di morbo di Pott associati a postumi di tubercolosi di una o più grandi articolazioni (spalla, gomito, anca, ginocchio);
g) nefrectornia per T.B.C. renale;
h) coesistenza di postumi di due o più forme tubercolari interessanti il rene, la laringe, il sistema scheletrico o l'apparato digerente;
i) fibrotorace totale ritraente, con evidente attrazione del mediastino e riduzione della capacità respiratoria;
j) l) compromissione dello stato generale di nutrizione e sanguificazione conseguenti a marcati esiti della malattia tubercolare o evidenti alterazioni della funzionalità cardiorespiratoria per esiti fibro-sclerotici di tubercolosi polmonare.
2. Gli invalidi pensionati per infermità tubercolari ammessi al soggiorno climatico possono optare per un ciclo di cure idropiniche, quando queste ultime siano ritenute prevalenti come efficacia terapeutica, per la cura di altre infermità coesistenti, da ritenersi attinenti o secondarie alla malattia tubercolare.
3. Le cure climatiche sono concesse, inoltre, ai grandi invalidi iscritti alla prima categoria di pensione per infermità non tubercolare per i quali il clima rappresenti un fattore terapeutico atto a prevenire riacutizzazioni o complicanze dell'infermità pensionata.
Art. 4
(Cure termali ed idropiniche)
1. Le cure termali ed idropiniche sono autorizzate, sempre in forma indiretta, per un periodo di 15 giorni, agli invalidi che, in stretta relazione con l'infermità dipendente da causa di guerra o di servizio, presentino la patologia clinica prevista e non siano affetti da infermità che controindichino il trattamento richiesto.
2. Sono, inoltre, autorizzate ai grandi invalidi affetti da infermità tubercolari, a quelli affetti da cecità bilaterale assoluta, permanentemente ammessi alle cure climatiche i quali, in relazione alle gravi infermità di cui sono colpiti, possono optare per un ciclo di cure idropiniche e termali, quando queste ultime siano ritenute prevalenti come efficacia terapeutica, per la cura di altre infermità coesistenti tali da ritenersi attinenti o secondarie alle gravi invalidità di cui sono portatori.
Art. 5
(Invalidi domiciliati all'estero)
1. Gli invalidi residenti in Calabria e temporaneamente domiciliati all'estero, che si trovino in una delle condizioni previste dalla presente legge, a richiesta sono autorizzati, dalla struttura sanitaria della provincia di residenza di cui all'articolo 1, a fruire di un soggiorno climatico, termale o idropinico ed hanno diritto ad un contributo in misura non superiore a quello previsto dal successivo art. 10.
2. Agli stessi invalidi, limitatamente per i percorsi effettuati sul territorio nazionale, compete il rimborso delle spese di viaggio, da erogare con le modalità e nei limiti fissati dal successivo art. 10.
Art. 6
(Soggiorni terapeutici)
1. Gli invalidi possono chiedere ed ottenere l'ammissione a soggiorni terapeutici in ambiente e clima idonei (marino, lacustre, collinare, montano) per la durata massima di 21 giorni. I soggiorni sono autorizzati agli invalidi affetti da infermità tale da rendere necessaria la terapia climatica, al fine di consolidare lo stato clinico e prevenire l'aggravarsi dell'infermità stessa, sempre che si tratti di infermità ricadenti in uno dei seguenti quadri clinici:
a) insufficienza respiratoria cronica;
b) risentimento cardiaco secondario ed insufficienza respiratoria cronica (cuore polmonare cronico);
c) insufficienza cardiovascolare non scompensata;
d) gravi affezioni degenerative articolari della colonna vertebrale.
2. Il soggiorno terapeutico può avvenire in ogni periodo dell'anno, previa motivata - prescrizione rilasciata dai sanitari di cui al successivo all'art. 11. Esso non è cumulabile con le cure climatiche e termali.
Art. 7
(Accompagnatore)
1. Agli invalidi ammessi ai benefici di cui agli artt. 4, 5 e 6, che si trovano nella impossibilità di attendere alle esigenze della vita quotidiana, è autorizzato l'accompagnatore durante tutto il periodo delle cure.
Art. 8
(Assistenza alimentare)
1. Nell'ambito dell'assistenza sanitaria è concessa una indennità, a titolo di assistenza alimentare, nella misura stabilita in Euro 3.50 giornaliere e per la durata non superiore a nove mesi nell'anno solare. Detta indennità compete agli invalidi affetti da decadimento organico causato da una delle seguenti infermità, che non risultino temporaneamente o permanentemente ricoverati in luogo di cura:
a) esiti di tubercolosi polmonare trattata chirurgicamente (pneumectomia, lobectomia, decorticazione, toroplastica, pneumotorace extrapleurico);
b) forme miliariche bilaterali o localizzazioni concomitanti polmonari ed extrapolmonari;
c) fibrotorace totale o parziale;
d) tubercolosi extrapolmonari non stabilizzate, in cura ambulatoriale e domiciliare;
e) esiti di pleurite basale bilaterale, di sospetta natura tbc;
f) esiti di nefrectomia con grave compromissione permanente del rene superstite (iperazotemia, ipertensione e complicazioni cardiache);
g) esiti di polisierosite;
h) psicosi maniaco-depressiva;
i) psicosi schizofreniche;
j) l) psicopatie epilettiche o crisi epilettiche che si manifestano a brevi intervalli di tempo;
k) m) psicosi demenziali involutive.
2. Sono esclusi dall'assistenza alimentare gli invalidi che esplicano attività lavorativa.
3. L'indennità giornaliera, erogata a titolo di assistenza integrativa, non è cumulabile con i sussidi post-sanatoriali o contributi analoghi corrisposti da altri enti e non può essere concessa a coloro che fruiscono di cure climatiche, termali e di soggiorni terapeutici, limitatamente al periodo di fruizione di dette prestazioni; essa è posta a totale carico dei fondi propri della Regione, stanziati in attuazione della presente legge.
Art. 9
(Termine delle domande)
1. Gli invalidi che intendono beneficiare delle cure climatiche, termali o idropiniche, dell'assistenza alimentare, devono presentare istanza all'apposita struttura sanitaria dell'Azienda sanitaria locale di cui all'articolo 1, nel periodo compreso tra il 1° febbraio ed il 31 marzo di ogni anno.
2. La struttura sanitaria, di cui al comma 1, istruisce l'istanza nei successivi trenta giorni, ed effettuate le visite mediche e gli accertamenti, necessari a verificare l'esistenza delle condizioni previste dalla presente legge, provvede al rilascio della relativa autorizzazione.
3. Tale procedura è applicata anche per le richieste di contributo previsto dai successivi artt. 18, 19 e 20.
Art. 10
(Contributi per prestazioni sanitarie)
1. Agli invalidi ammessi alle cure climatiche, termali, idrotermali ed ai soggiorni terapeutici é concesso un contributo giornaliero di Euro 46,50, per ogni giorno di effettiva permanenza nella località di cura diversa dal luogo di residenza e per un periodo non superiore a quello stabilito; detto contributo è raddoppiato per i grandi invalidi che si trovano nell'impossibilità di attendere alle esigenze della vita quotidiana ai quali é stato autorizzato l'accompagnatore.
2. E’concesso, inoltre, un contributo sulle spese viaggio pari al prezzo del biglietto di prima classe con la riduzione prevista per la concessione speciale IX^, dal luogo di residenza alla località di cura.
3. Nel caso che si renda impossibile, ovvero si riveli disagevole, il viaggio in ferrovia, detto contributo è commisurato al prezzo del biglietto previsto per i normali servizi pubblici di linea, ferroviari o di navigazione, limitato alla seconda classe per i viaggi su terra ferma o per via mare. In caso di provata necessità è consentito il rimborso per l'uso della cuccetta.
4. Il contributo giornaliero di cui al comma 1, spettante per le cure termali e idropiniche, nonché quello di cui ai commi 3 e 4, è posto a totale carico dei fondi propri della Regione, stanziato annualmente in bilancio per l'attuazione della presente legge; esso è erogato previa presentazione di rendiconto semestrale, tramite le Aziende Sanitarie Locali competenti per territorio ed in relazione alle autorizzazioni rilasciate.
Art. 11
(Documentazione per la concessione dei contributi)
1. Gli invalidi, per la concessione dei contributi previsti, a conclusione dei cicli terapeutici devono produrre, alla struttura sanitaria competente per territorio, la seguente documentazione:
a) per le sole prestazioni termali, dichiarazione dello stabilimento termale accreditato o convenzionato, attestante la tipologia e la quantità di prestazioni termali erogate in favore dell'invalido, indicando per il relativo periodo la data d'inizio e di fine cura;
b) per le cure climatiche ed i soggiorni terapeutici, dichiarazione o certificazione rilasciata dalla struttura residenziale ove è avvenuto il soggiorno, ovvero da attestazione o certificazione rilasciata da altra autorità o struttura pubblica sanitaria o comunale del luogo;
c) fattura, o ricevuta fiscale, rilasciata dall'albergo, pensione o struttura residenziale, dove ha avuto luogo il soggiorno, con l'indicazione delle relative date di inizio e termine del soggiorno;
d) per i grandi invalidi con diritto all'accompagnatore, la fattura o la ricevuta fiscale deve riportare anche le generalità dell'accompagnatore;
e) documentazione idonea, comprovante le spese di viaggio e le altre spese ammesse a contributo o rimborso.
Art. 12
(Spese di viaggio per motivi sanitari e protesici)
1. Gli invalidi che, previa autorizzazione o invito della competente struttura sanitaria, si recano in località diverse da quelle di residenza per motivi sanitari o trattamenti protesici, hanno diritto ad un contributo sulle spese di viaggio, pari al prezzo del biglietto ferroviario di prima classe, con la riduzione prevista per la concessione speciale IX^ (tariffa 5^).
2. Nel caso che si renda impossibile, ovvero si riveli disagevole il viaggio in ferrovia, detto contributo é commisurato al prezzo del biglietto previsto per i normali servizi pubblici di linea, ferroviari o di navigazione, con biglietto limitato alla seconda classe per i viaggi su terra ferma o per via mare. In caso di accertata necessità é consentito il rimborso per l'uso della cuccetta.
3. In aggiunta al contributo per le spese di viaggio, spetta il rimborso, della diaria, in relazione alla durata della permanenza fuori sede, cosi determinata:
- per ogni giorno o periodi di durata eccedente le sedici ore Euro 46,50;
- per i periodi di durata eccedenti le otto ore Euro 23,50;
4. Nessuna diaria compete al grande invalido qualora la permanenza fuori sede sia inferiore alle otto ore.
5. Il contributo per le spese di viaggio e la diaria spettano anche all'accompagnatore nella stessa misura stabilita per il grande invalido.
6. Nel caso di trasportato in autoambulanza, non fornita gratuitamente dal servizio sanitario, dovuto a motivi sanitari o condizioni cliniche, tali da non consentire l'impiego di altro mezzo di trasporto, l'invalido ha diritto al rimborso della relativa spesa, che non può eccedere le tariffe praticate dalla Croce Rossa Italiana o da altri Istituti assimilati.
Art. 13
(Accertamenti sanitari)
1. Gli accertamenti sanitari, tendenti a verificare la necessità di fruizione delle prestazioni di cui alla presente legge, sono effettuati mediante apposita visita medica o medico-specialistica dell'interessato, anche a domicilio dell'invalido, in caso di impedimento di quest'ultimo a recarsi presso la struttura sanitaria, con controlli dispensariali o radiologici disposti dai sanitari all'uopo preposti dall'Azienda sanitaria locale competente per territorio.
2. I sanitari, preposti dall'Azienda sanitaria competente, possono esprimere il parere anche tramite i documenti sanitari esibiti dall'interessato o dalle risultanze della cartella clinica in possesso del servizio sanitario dell'Azienda sanitaria medesima.
Art. 14
(Ricovero ospedaliero)
1. Ai grandi invalidi, affetti da cecità bilaterale assoluta e pluriminorati, in caso di ricovero in ospedale o cliniche, é autorizzato l'uso di una camera singola, ovvero di una camera doppia in presenza dell'accompagnatore, il quale attende alla continua ed indispensabile assistenza extra sanitaria, stante la situazione della grave invalidità che non può essere espletata in corsia.
2. L'onere finanziario derivante dalle prestazioni extra sanitarie, di cui al comma 1 è posto a totale carico dei fondi regionali stanziati annualmente per l'attuazione della presente legge.
Art. 15
(Assistenza protesica ed ortopedica)
1. Agli invalidi di cui all'art. 2, amputati di coscia, di gamba, di piede o degli arti superiori, a coloro che presentano deformità agli arti inferiori e superiori, agli invalidi affetti da lesioni del rachide e del midollo spinale, per lesioni oculari, per lesioni dentarie o maxillo-dentarie, con menomazione semplice o bilaterale dell'udito, é autorizzata l'assistenza protesica ed ortopedica, da parte delle Aziende sanitarie locali competenti, previa apposita prescrizione del sanitario preposto.
2. Con le stesse modalità è autorizzata, inoltre, la fornitura di materiale di medicazione per la cura delle mutilazioni e delle affezioni derivanti dallo stato di invalidità, nei limiti e secondo la normativa vigente.
Art. 16
(Riparazioni delle protesi e dei presidi)
1. Le riparazioni necessarie sulle protesi e gli altri presidi, in uso agli invalidi, sono eseguibili in qualsiasi momento, previa autorizzazione della competente struttura dell'Azienda sanitaria locale.
2. La spesa relativa alla riparazione è sostenuta direttamente dall'Azienda sanitaria, anche in regime di convenzione, o rimborsata dall'amministrazione sanitaria direttamente all'invalido preventivamente autorizzato, sulla base di idonea documentazione di spesa.
3. Per le riparazioni effettuate in regime di convenzione, la spesa é posta a carico dei fornitore o dell'officina che ha eseguito la riparazione, qualora non sia decorso il periodo di garanzia previsto.
Art. 17
(Collaudo protesi)
1. Tutti i presidi ortopedici, prima di essere consegnati agli invalidi, ad eccezione delle piccole protesi elencate nella tabella "B" annessa alla presente legge, sono soggetti a collaudo secondo le norme vigenti. I collaudi sono effettuati dai sanitari della struttura sanitaria competente per territorio.
2. Nel caso in cui l'invalido, per motivi di comprovata e documentata impossibilità, non può recarsi presso l'ambulatorio sanitario, il collaudo avviene al domicilio dello stesso a cura del sanitario incaricato.
3. Tutti gli ordinativi di protesi, distintamente collaudati, sono trascritti nel registro a.p.i. (Registro collaudo protesi) appositamente istituito presso le Strutture sanitarie competenti.
Art. 18
(Forniture speciali)
1. Gli invalidi affetti da specifiche infermità, possono ottenere la fornitura di tutti quei presidi ortopedici, apparecchiature speciali per ventiloterapia e relativo rifornimento di ossigeno, letti e materassi antidecubito, attrezzature speciali da letto e da parete per trazione, per portatori di gravi lesioni alla colonna vertebrale, giudicati necessari dai sanitari nei termini di cui all'art. 13.
Art. 19
(Certificazione sanitaria)
1. Agli invalidi, dipendenti dello Stato e degli altri Enti pubblici, nonché da Istituti e Strutture private, abbisognevoli di cure per la loro infermità che, ai sensi della normativa vigente per il comparto di appartenenza, hanno diritto annualmente ad un periodo di congedo straordinario per praticare la terapia del caso, é rilasciato, a cura dei sanitari dall'apposita struttura competente e nei termini fissati dall'art. 13, il necessario certificato medico di autorizzazione, da esibire all'Amministrazione di appartenenza.
Art. 20
(Usura indumenti)
1. Ai grandi invalidi è concesso un contributo annuo per usura indumenti, nei limiti fissati dal comma successivo, in tutti i casi in cui l'invalidità comporta una o più infermità afferenti alle seguenti:
a) amputati bilaterali o monolaterali degli arti inferiori, comprese le amputazioni alla Pirogoff, alla Syme ed alla Chopart protesizzate;
b) portatori di lesioni del rachide e del midollo spinale che comportano l'uso di busti rigidi e di carrozzette;
c) portatori di lesioni agli arti inferiori che comportano l'uso di tutori metallici correttivi e di sostegno (asta metallica);
d) affetti da minorazioni agli arti inferiori che ai fini della deambulazione rendano indispensabili l'uso di stampelle ascellari o di bastoni di appoggio antibrachiali;
e) affetti da amputazione bilaterale o monolaterale dell'arto superiore comprese le disarticolazioni di mano;
f) ai lesionati agli arti superiori protesizzati con tutori rigidi;
g) affetti da cecità bilaterale assoluta, da epilessia, (purché ascrivibile alla 1^ categoria di pensione od all'incollocabilità) e da malattie mentali.
2. Gli importi dei contributi, di cui al precedente comma, sono fissati nelle seguenti misure:
1) amputazioni monolaterali bilaterali di arto inferiore, comprese quelle alla Pirogoff, Syme e Chopart Euro 41,50;
2) lesioni del rachide e del midollo spinale che comportano l'uso di busti rigidi o di carrozzette autotrasporto; minorazioni degli arti inferiori che comportano l'uso di carrozzette e tutori metallici Euro 41,50;
3) minorazioni degli arti inferiori che, ai fini della deambulazione rendono indispensabile l'uso di stampelle sottoascellari o di bastoni con appoggio antibrachiali Euro 41,50;
4) amputazioni monolaterali o bilaterali, di arto superiore comprese le disarticolazioni della mano Euro 36,50;
5) cecità bilaterale assoluta e permanente (grandi invalidi, 1^ categoria con assegno di superinvalidità tabella E lettera A, n. 1) Euro 51,50;
6) infermità mentali (Invalidi 1^ categoria con assegno di superinvalidità tabella E lettera A, n. 2) Euro 46,50;
7) cecità bilaterale assoluta e permanente con amputazione degli arti superiori od inferiori Euro 93,00;
8) epilessia (invalidi di 1^ categoria) Euro 36,50;
9) amputati bilaterali e portatori di busti rigidi Euro 93,00;
10) minorati agli arti inferiori e superiori Euro 93,00;
11) cecità bilaterale assoluta e permanente ed amputati degli arti inferiori e superiori Euro 103,50;
12) cecità bilaterale assoluta e permanente ed amputazione di un arto superiore Euro 72,50;
3. I contributi sono concessi previo accertamento che l'usura degli indumenti risulta causata dall'uso delle protesi, dalle carrozzette, dalle stampelle o da altro tipo di protesi.
4. In caso di concomitanza di più minorazioni, che singolarmente diano titolo al contributo, si fa luogo al cumulo di non più di due contributi nel limite massimo annuo di Euro 103,50.
5. Per la concessione del contributo assistenziale, di cui al presente articolo, gli interessati devono produrre istanza all'Azienda sanitaria locale competente per territorio, entro e non oltre il 31 marzo di ogni anno. Il relativo onere è posto a carico dei fondi della Regione, stanziati annualmente in attuazione della presente legge.
Art. 21
(Buona tenuta protesi)
1. E’riconosciuto un contributo integrativo, per le protesi sulle quali non siano state eseguite riparazioni o sostituzioni per un importo superiore ad 1\4 del costo definito al momento dell'impianto, purché sia trascorso almeno un anno dalla data di scadenza della garanzia.
2. Quando la protesi sia ritenuta ancora sufficientemente idonea all'uso, il contributo spetta nella misura di 1\5 del costo definito al momento dell'impianto.
3. Per la medesima protesi la concessione del contributo può essere ripetuta quando sia trascorsa, dopo la data della precedente concessione, un altro periodo di tempo pari a quello della garanzia iniziale e sempre che sia riconosciuto idoneo all'uso.
4. Verificatosi l'ulteriore successivo analogo periodo e permanendo le medesime condizioni, la misura del contributo é elevata ad 1\3.
5. L'accertamento della consistenza e dell'idoneità di ogni singola protesi, é definito dall'apposito ufficio della struttura sanitaria competente per territorio, che si avvale del parere tecnico dei sanitari di cui all'art. 13.
Art. 22
(Costruzione o riparazione delle protesi all'estero)
1. I soggetti portatori di presidi ortopedici possono chiedere ed ottenere il rilascio di apposita preventiva autorizzazione, da parte dell'Azienda sanitaria competente per territorio, a recarsi all'estero per ottenere le prestazioni o la fornitura necessaria, nel caso in cui la costruzione o riparazione delle protesi non sia possibile ottenerla presso Istituti o Aziende specializzate operanti nel territorio nazionale.
2. L'autorizzazione é concessa nel solo caso della comprovata necessità della presenza fisica dell'invalido per la costruzione o riparazione della protesi sul posto.
3. La richiesta, da inoltrare all'Azienda sanitaria competente, deve contenere le seguenti dichiarazioni:
- che il viaggio all'estero non è causato da motivi di lavoro;
- che il richiedente non intende trasferire la propria residenza all'estero;
- l'indicazione del tipo e delle caratteristiche della protesi;
- il Paese in cui intende recarsi;
- conoscenza delle norme, condizioni che regolano le autorizzazione e dei limiti imposti o prescritti dalla stessa.
Art. 23
(Spese di viaggio)
1. Le spese di viaggio e la relativa diaria sono riconosciute, previa autorizzazione della Azienda sanitaria del territorio di residenza, nella misura prevista dalla presente legge, agli invalidi che si rechino fuori dalla propria residenza per uno dei seguenti motivi:
1) necessità di assistenza protesica;
2) necessità di effettuare cure climatotermali;
3) necessità di visita specialistica in stretta relazione con l'infermità pensionata.
2. Il rimborso delle spese di viaggio e la diaria, sono erogate con le modalità di cui al precedente articolo 11.
Art. 24
(Rivalutazione degli importi)
1. I contributi e le altre provvidenze sono rivalutati ogni due, anni, tenuto conto dell'indice del costo della vita per le famiglie, fissato dall'ISTAT nel mese di dicembre dell'anno precedente, arrotondato alle 0,05 euro per eccesso, nonché delle disposizioni legislative sul contenimento della spesa pubblica.
2. La Regione, con proprio atto, entro e non oltre 45 giorni dalla data di pubblicazione dell'indice ISTAT, provvede alla rideterminazione degli importi, informando delle relative determinazioni le Strutture sanitarie territoriali competenti e le Associazioni di categoria degli invalidi.
Art. 25
(Termine dei rimborsi)
1. Il termine per i rimborsi e per l'erogazione delle altre provvidenze previste dalla presente legge é fissato in 45 giorni dalla data di presentazione dell'istanza corredata della documentazione richiesta in relazione alla tipologia delle prestazioni o forniture protesiche.
2. I rimborsi sono effettuati dall'Amministrazione, previo parere di conformità rilasciato dalla competente struttura sanitaria.
Art. 26
Norma Finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall'applicazione della presente legge - relativamente alla quota che non trova copertura a carico del Fondo Sanitario Nazionale - determinati per l'esercizio 2003 in Euro 50.000,00, si provvede con le risorse disponibili all'UPB 8.1.01.01 dello stato di previsione della spesa dello stesso bilancio, inerente a "Fondi per provvedimenti legislativi in corso di approvazione recanti spese di parte corrente" il cui stanziamento viene ridotto del medesimo importo.
2. La disponibilità finanziaria di cui al comma precedente è utilizzata nell'esercizio in corso ponendo la competenza della spesa a carico dell'UPB 6.2.01.03 dello stato di previsione della spesa del bilancio 2003. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni al documento tecnico di cui all'art. 10 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8.
3. Per gli anni successivi la copertura degli, oneri relativi è assicurata con l'approvazione del bilancio di previsione annuale e con la legge finanziaria di accompagnamento.
Prestazioni riconosciute per tipologia di invalidità non a carico del Fondo Nazionale Sanitario, ed elenco dispositivi: ausili tecnici, presidi, materiale sanitario non previsti dal nomenclatore tariffario n°332 dell'Agosto 1999.
a. Contributi giornalieri per cure termali ed idropiniche
(Vedi Art. 4)
b. Contributi per usura indumenti
(Vedi Art. 20)
c. Rimborso viaggi per motivi sanitari
(Vedi Art. 12)
d. Rimborso viaggi e diaria per cure e protesi
(Vedi Art. 23)
e. Assistenza alimentare
(Vedi Art. 8)
f. Amputazioni degli arti inferiori
I soggetti mutilati degli arti inferiori, di coscia o di gamba, hanno diritto:
g. Accessori per le protesi dei mutilati anatomici agli arti
superiori
Le protesi per arto superiore devono essere corredate:
h. Lesioni del rachide o del midollo spinale
Gli invalidi affetti da lesione del rachide o del midollo spinale hanno diritto:
i. Lesioni oculari
Gli invalidi per lesioni oculari, hanno diritto:
j. Lesioni dentarie e maxillo dentarie
Gli invalidi per lesioni dentarie e maxilllo dentarie,
bisognosi di una protesi dentaria, qualora prescritta da parte dello
specialista A.S.L, hanno diritto a un rimborso di un contributo non superiore
ai massimali stabiliti dall'Ordine provinciale dei medici.
E rimborso avverrà dietro presentazione di domanda, della richiesta medica
dello specialista A.S.L, nonché dietro presentazione di regolare fattura
rilasciata dall'Odontoiatra che ha eseguito la protesi.
Hanno diritto al rimborso di cui al precedente comma, gli invalidi pensionati
per diabete pancreatico, tubercolosi, ulcera gastroduodenale o esiti di
gastroresezione, epilessia e da infermità mentali anche semplice.
k. Piccole protesi
Sono compresi sotto la denominazione di "piccole protesi", i seguenti presidi ortopedici:
Piano di riparto degli interventi
|
N° |
Tipologia |
n° |
Contributo |
Importo |
|
|
|
|
|
|
|
1 |
Art. 4 cure termali |
197(1) |
43,93 |
185.692,00 |
|
2 |
Art. 4 cure idropiniche |
152(2) |
43,93 |
138.281,30 |
|
3 |
Art. 8 assistenza alimentare |
75(3) |
3,10 |
14.460,79 |
|
4 |
Art. 12 rimborso spese di viaggio per motivi sanitari |
240 |
----------- |
22.724,10 |
|
5 |
Art. 20 usura indumenti |
280 |
----------- |
28.921,59 |
|
6 |
Art. 21 contributo buona tenuta protesi |
------------ |
----------- |
10.329,14 |
|
7 |
Art. 23 rimborso viaggi e diaria per cure e protesi |
349 |
----------- |
37.184,90 |
|
|
Totale |
|
----------- |
437.593,82 |
Note
Articolo unico
1. All'art. 3 sono apportate le seguenti modifiche:
a) Il primo comma è sostituito dal seguente:
"1. L'alienazione da parte dell'Arssa dei terreni non assegnati o che rientrano nella disponibilità dell'Agenzia, aventi destinazione agricola, viene effettuata mediante rateizzazione del prezzo di vendita sulla base del tasso di riferimento fissato dalla Commissione dell'Unione Europea, secondo quanto previsto dai Regolamenti (CE) 68/2001, (CE) 69/2001 e (CE) 70/2001, con pagamento stabilito in trenta annualità.";
a) Al comma terzo dopo le parole "dell'art. 10 della legge 30/4/1976, n. 386", aggiungere le parole “e alle condizioni stabilite al primo comma".
1. All'art. 4 sono apportate le seguenti modifiche:
a) Il secondo comma è sostituito dal seguente:
"2. Negli altri casi l'assegnazione viene effettuata mediante rateizzazione del prezzo di vendita sulla base del tasso di riferimento fissato dalla Commissione dell'Unione Europea, secondo quanto previsto dai Regolamenti (CE) 68/2001, (CE) 69/2001 e (CE) 70/2001, senza riservato dominio a favore dell'Agenzia, con pagamento stabilito in trenta annualità, previa valutazione secondo le norme indicate nell'art. 3 della presente legge.";
a) Al terzo comma le parole "dieci anni" sono sostituite dalle seguenti: "cinque anni".
1. All'art. 7, dopo il primo comma aggiungere il seguente:
"1bis. Gli acquirenti dei suddetti beni immobili possono richiedere la rateizzazione del prezzo di vendita per un periodo massimo di sei anni, sulla base del tasso di riferimento fissato dalla Commissione dell'Unione Europea secondo quanto previsto dai Regolamenti (CE) 68/2001, (CE) 69/2001 e (CE) 70/2001.".
Art. 1
1. L'art. 17, comma 8, della legge regionale 25 novembre 1996, n. 32, nella sola parte in cui disciplina la misura dei compensi spettanti al Presidente ed ai componenti la Commissione assegnazione alloggi, è così modificato:
"Dalla data di entrata in vigore della presente legge al Presidente ed ai componenti la Commissione spetta un'indennità, per ogni giornata di seduta, pari a euro 100,00".
Art. 2
1. Legge regionale 25
novembre 1996, n. 32, art. 17, comma 12:
l’espressione "dalla legge regionale 5 maggio 1990, n. 40" è
sostituita dalla seguente "dalla presente legge".
Art. 3
Norma finanziaria
1. Agli oneri derivanti dall’applicazione della presente legge, determinati per l’esercizio 2003 in Euro 50.000,00, si provvede con le risorse disponibili all’UPB 8.1.01.01 dello stato di previsione della spesa dello stesso bilancio, inerente a "Fondi per provvedimenti legislativi in corso di approvazione recante spese correnti" il cui stanziamento viene ridotto del medesimo importo.
2. La disponibilità finanziaria di cui al comma precedente è utilizzata nell’esercizio in corso ponendo la competenza della spesa a carico dell’UPB 1.2.04.05 dello stato di previsione della spesa del bilancio 2003. La Giunta regionale è autorizzata ad apportare le conseguenti variazioni al documento tecnico di cui all’art. 10 della legge regionale 4 febbraio 2002, n. 8.
3. Per gli anni successivi la copertura degli oneri relativi è assicurata con l’approvazione del bilancio di previsione annuale e con la legge finanziaria di accompagnamento.