RESOCONTO INTEGRALE
VERSIONE NON DEFINITIVA
___________
41.
SEDUTA DI
MARTEDI’ 17 LUGLIO 2012
PRESIDENZA
DEL PRESIDENTE FRANCESCO TALARICO
La seduta è aperta.
Richiedo il silenzio assoluto. Si ascoltino i lavori
del Consiglio senza nessun tifo.
Se ci accomodiamo, diamo inizio subito ai lavori di oggi. Saluto,
intanto, tutti gli ospiti, i Presidenti delle Province, i Sindaci, i
consiglieri provinciali, che hanno accolto l’invito a questo momento di
riflessione all’interno del Consiglio regionale sul Decreto legge emanato dal Governo Monti che riguarda la soppressione delle Province di Crotone e
Vibo Valentia. E’ una seduta di Consiglio regionale che si svolge su richiesta
di 10 consiglieri regionali delle Province di Vibo
Valentia e Crotone che la Presidenza ha accolto proprio per l’importanza dell’argomento
e per promuovere una riflessione all’interno della massima Assise calabrese.
Dopo l’intervento dei consiglieri ci sarà l’opportunità per gli ospiti
che sono stati invitati, ossia i Presidenti delle Province ed
i Sindaci dei Comuni capoluogo, di poter intervenire dal primo banco sulla mia
sinistra; cerchiamo di organizzare i lavori. Ci sono stati già incontri sul
territorio nei Consigli provinciali interessati; mi sembra che anche ieri si
sia tenuto un altro incontro con i parlamentari e, quindi, so che è un
argomento assolutamente sentito all’interno della nostra Regione. E’
importante, pertanto, che ci possa essere una riflessione approfondita e
dettagliata anche per andare ad individuare il
percorso attraverso il quale una Regione come la nostra, come la Calabria, si
possa muovere nel prossimo futuro. Darei subito la parola al primo firmatario della richiesta, l’onorevole
Dattolo, affinché svolga il suo intervento. Tutti coloro, tra i consiglieri,
che intenderanno intervenire avranno a disposizione 5
minuti - non più di questo, come concordato - tranne che per la relazione
iniziale che avrà bisogno di qualche minuto in più. Possiamo iniziare subito.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Dattolo. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente. La ringrazio soprattutto per aver inserito
tempestivamente
questo tema come unico punto all’ordine del giorno della seduta. Ringrazio
anche il Presidente Scopelliti, la Giunta regionale ed
i colleghi ma, soprattutto, le rappresentanze delle Province e dei Comuni di Crotone,
Vibo Valentia, Reggio Calabria, Catanzaro e Cosenza che oggi sono venuti, con
grande sacrificio, fin qui ad ascoltare e, in particolare, a manifestare le
proprie ragioni.
Onorevoli
colleghi, il mio intervento di oggi non vuol essere l’appello di un
amministratore che cerca di mettere in atto l’ultimo strenuo tentativo di
salvare la propria Provincia di appartenenza. La mia è una battaglia per la Costituzione
– così come per gli altri colleghi firmatari – per la difesa della verità e per
invocare una parità di trattamento
dal Governo. La soppressione delle
Province è una modifica della Costituzione erroneamente inserita nella manovra
di spending review o revisione della spesa - forse
è meglio dirlo in italiano. Ritengo che sia solo il frutto di una campagna mediatica
che, sulla base di una idea assolutamente errata, ha
preso di mira gli Enti intermedi dalla cui eliminazione deriverebbero miliardi
di euro risparmiati l’anno. E’ opportuno, a tal proposito, ricordare che nella
relazione tecnica allegata al Decreto legge non vi è
una quantificazione del risparmio e che quella precedentemente assunta non
trova unanimi pareri tra gli addetti ai lavori. Su quella precedente,
addirittura, il Servizio bilancio del Senato della Repubblica mette in evidenza che si andrà incontro a spese straordinarie
dal momento in cui si concretizzerà il passaggio delle funzioni dalle Province
ai Comuni.
L’eliminazione, stile
battaglia navale, di alcune Province va inquadrata per
quella che è: solo una mossa per ottenere un po’ di captatio benevolentiae da parte dei cittadini, un
distrarre l’attenzione da aumenti e rincari da nuove tasse, da una difficile
riforma delle pensioni e da tutta una serie di sacrifici che, per quanto assolutamente necessari, stanno colpendo le
famiglie italiane.
Un taglio
che appare come un agnello sacrificale offerto dalla stampa all’uomo qualunque
e, probabilmente, alla grande finanza internazionale. Tagli operati senza
alcuna preventiva analisi sulla opportunità, sugli
effetti concreti, sulle immense difficoltà operative che ne deriveranno. Nessuno
ha fin qui riflettuto sulle necessarie modifiche dell’ordinamento dei tributi e
a quello delle entrate locali. Nessuno, ad oggi, sa
chi si accollerà i saldi del Patto di stabilità a carico delle Province
soppresse. Il processo in atto viene fatto passare per
irreversibile, che si riveli utile o meno la norma che si intende riformare.
Sapevamo che
sarebbe stata necessaria una riforma costituzionale per un alleggerimento dello
Stato e per un riordino burocratico ma non immaginavamo, sicuramente, che
questo valeva per alcuni territori e per altri no. La giustificazione del
perché ci sono Province che alla roulette
russa si salvano non convince nessuno e non starò a commentare neanche i
criteri, ma trovo paradossale che un Governo
che vuol riformare lo faccia utilizzando due pesi e
due misure: da una parte elimina, mentre dall’altra trova necessario un livello
di governo intermedio tra Comuni e Regioni, si chiamino esse Province o Città
metropolitane. Parte delle funzioni delle Province vanno
affidate ai Comuni e le Regioni non avranno nulla; tra Comuni e Regioni ritorna
ad essere necessario, però, un livello intermedio per funzioni di vasta area:
la manutenzione delle strade, la tutela ambientale, la pianificazione del
territorio. Queste funzioni saranno ora affidate a Province più grandi ed a governarle potrebbe esserci un Presidente eletto solo
tra i consiglieri comunali, il che gli farà avere un profilo tutt’altro che
anonimo. Anche gli esempi europei prevedono enti intermedi: questa modalità organizzativa della pubblica amministrazione è
presente in Europa e lo è, in particolare, nei Paesi ai quali l’Italia dice di
volersi ispirare: Germania, Francia, Gran Bretagna e Spagna. Mi dispiace constatare che il Governo insista nell’errore di ritenere
che le funzioni provinciali possano essere attribuite ai Comuni; basti pensare
all’edilizia scolastica affidata ad un Comune qualunque del territorio
italiano, virtuoso o disastrato che sia. Immaginare che la costruzione di una
nuova scuola o l’adeguamento in materia sismica su scuole già esistenti possa
essere demandato ad un Sindaco solo per chi, come me,
sindaco lo è stato, è assolutamente impensabile. Le scuole superiori che oggi
sono materia di gestione provinciale hanno come utenti, non i residenti del Comune
dove sorgono gli edifici scolastici, ma tutti i
cittadini della Provincia. E’ assurdo pensare che i sindaci debbano ragionare
in termini di servizi più vasti rispetto al territorio che li elegge; è assurdo
immaginare, inoltre, che il Piano dell’offerta formativa, i servizi e gli
investimenti sulle scuole possano essere governate dai comuni in modo
disintegrato. L’applicazione dei principi di sussidiarietà e di adeguatezza,
più volte richiamati, vengono resi palesemente
inefficaci perché nessuno di questi servizi pare attribuibile in modo efficiente
ai Comuni.
Tra i tanti vizi di costituzionalità, in tema di riforma delle Province,
ce n’è uno meno sentito degli altri: la violazione delle previsioni dell’articolo
118, comma secondo, della Costituzione; leggo testualmente: “I Comuni, le Province,
le Città metropolitane sono titolari di funzioni amministrative proprie e di
quelle conferite con Legge statale o regionale, secondo le rispettive
competenze”. Questo significa che, finché le Province non saranno
eliminate dalla Costituzione, – ma, in questo caso, sarebbero ben diverse le
procedure – le Regioni potranno dire sempre la propria anche in merito alle
funzioni provinciali. Non dimentichiamo che nel 1998 moltissime funzioni sono
state assegnate alle Province ed alle Regioni e questo
è stato disposto con legge regionale. E mi riferisco a funzioni in materia di agricoltura,
formazione professionale e turismo. Una legge dello Stato non può espropriare
la potestà normativa delle Regioni, né renderle inutili dal momento in cui le
rende monche delle funzioni amministrative collaterali: solo le Regioni
potranno rivedere l’assegnazione delle funzioni a suo tempo attribuite alle
Province e scegliere se disgregarle tra i Comuni o riacquistarle, anche se per
riassegnarle, poi, alle Province superstiti, proprio in attuazione dell’articolo
118, comma secondo, della Costituzione; perché se l’articolo 118 continuerà ad essere vigente le Regioni conserveranno sempre il potere
di decidere a quale livello di governo assegnare l’esercizio delle funzioni
amministrative. Quello che dovrebbe essere un atto di riordino e di risparmio
rischia, invece, di creare solo confusione soprattutto perché nessuno ha, fin
qui, preso in mano l’unico ragionamento davvero necessario: il rapporto
costi-benefici.
Avete mai pensato a cosa significa tecnicamente sopprimere le Province?
Avrebbe un costo immenso modificare radicalmente il sistema della finanza
locale ed il Patto di stabilità, ridistribuire e
mantenere il patrimonio, senza pensare agli oneri derivanti dalla riallocazione
degli uffici di competenza o distaccamento provinciale, come Asp, Catasto, Pra (Pubblico registro automobilistico), Agenzie delle
Entrate, Ragionerie provinciali, uffici Inps, Inail, Aci, Ordini professionali,
eccetera. Evito di parlare – lo faranno sicuramente meglio di me i Presidenti
delle Province ed i sindaci delle città capoluogo - di
quelli che sono i presidi di democrazia che andrebbero assolutamente persi e
sappiamo anche i rapporti che si sono instaurati in comunità difficili: parlo
delle comunità di Vibo Valentia e di Crotone, dove le infiltrazioni e gli
scioglimenti per infiltrazioni mafiose sono state tante; immaginarsi cosa vorrebbe
dire anche rinunciare, oggi, all’apporto dello Stato, considerando anche che molti
dei Prefetti si sono dimostrati negli anni persone con le quali gli Enti locali
hanno avuto rapporti privilegiati, immedesimandosi quasi nelle problematiche
del territorio. Per non parlare dell’opera meritoria che hanno svolto i Comandi
provinciali delle forze armate presenti sul territorio! Questo lo tralascio,
non ne voglio assolutamente parlare. E poi, accanto al distaccamento di questi
uffici ci sarebbe il problema delle centinaia di migliaia di
convenzioni, di contratti, di appalti di servizi e forniture e, naturalmente,
il trasferimento dei dipendenti e l’ampliamento degli uffici esistenti. Al
momento non mi pare di aver letto nulla in merito al certificato sul risparmio
ed anche la ricaduta in termini di benefici mi pare tutta da quantificare. Non
sono io a dirlo, lo dice, addirittura, il Governo, nella relazione tecnica al Decreto
legge 6 luglio 2012 numero 95 che, all’articolo 17, in
merito alle Province, recita testualmente: “Si tratta di una norma procedurale
e pertanto non è possibile, allo stato attuale, quantificarne gli effetti
finanziari, posto che questi potranno esser rilevati solo successivamente al
completamento dell’iter”. Questo significa che non è possibile quantificare
gli effetti finanziari della riforma: sarà possibile verificare i dati solo
alla fine dell’iter. Il trasferimento ai Comuni delle funzioni amministrative
non comporta oneri e la quantificazione degli eventuali risparmi sarà possibile
solo dopo l’individuazione delle singole funzioni.
Ecco l’assurdo paradosso: si attua con una decretazione d’urgenza una situazione
per la quale non si conosce il risparmio, non si è proceduto
con la ricognizione delle funzioni da trasferire, per l’attuazione delle quali
si garantisce genericamente che non ci saranno costi aggiuntivi e senza nessuna
garanzia. Non è superfluo ribadire che non possono
formare oggetto di decretazione d’urgenza da parte del Governo le materie
previste dall’articolo 72, comma 4, della Costituzione, tra le quali sono
incluse le norme di carattere costituzionale o elettorale. Non può nemmeno
giustificarsi la straordinarietà e l’urgenza con aspetti di tipo economico-
finanziario, peraltro incerti. Ricordo, inoltre, che, pur non essendo ancora
definiti gli indici statistici di soppressione, all’interno del comma 3 dell’articolo 17 viene demandato alla Regione di
deliberare un Piano di riduzione e di accorpamento delle Province esistenti sul
proprio territorio, entro 45 giorni dall’entrata in vigore del suddetto Decreto
legge.
Presidente Talarico, le chiedo, penso a nome
di tutti, di attivare le procedure, previste dal nostro Statuto, affinché
prenda forma il Consiglio delle autonomie locali. Questo è un passaggio obbligato
anche per quanto previsto dal Decreto legge approvato dal Governo. Ritengo che
la sua sensibilità non debba essere assolutamente incentivata
perché conosce benissimo, essendo stato amministratore, le aspettative nel
rapporto tra gli Enti locali e la Regione. E’ evidente che il Governo ha emanato
una norma che obbliga le Regioni a determinarsi in violazione dell’articolo 133
della Costituzione, arrogandosi un’iniziativa che, immediatamente dopo, viene scaricata alle Regioni. Il mutamento delle
circoscrizioni provinciali, infatti, è, sì, emanato con Legge della Repubblica,
sentito il parere della Regione, ma è di esclusiva iniziativa comunale - ci
tengo a ribadirlo -. E’ un principio costituzionale
ben noto al legislatore nazionale, palesemente espresso nel successivo articolo
18 del medesimo Decreto legge; ciò mette in luce come
la negazione del diritto d’iniziativa, nel mutamento delle circoscrizioni
provinciali, derivi da un tendenzioso artifizio legislativo che obbliga le Regioni
a violare il dettato costituzionale. Le sottigliezze giuridiche non devono
farci, però, impantanare in discussioni che poco hanno a che fare con la
politica e il buon senso, rischiamo di farci trovare impreparati nel rispondere
alle esigenze dei territori che amministriamo. Crotone e Vibo Valentia ma anche
Cosenza con funzioni esautorate o Reggio Calabria con funzioni
incerte e Catanzaro con carichi abnormi non possono essere lasciate in balia
dei tagli che decapitano l’impianto stesso dello Stato italiano.
La Regione Calabria deve impegnarsi attraverso la Giunta regionale ed il suo Presidente ad impugnare con giudizio in via
principale, dinanzi alla Corte costituzionale, il più volte menzionato articolo
17, nella parte in cui prevede l’accorpamento e/o la soppressione e/o la
razionalizzazione delle Province e delle loro funzioni; lo chiediamo,
Presidente Scopelliti, con un ordine del giorno che è stato firmato, di cui si
sta prendendo visione ma che è stato largamente condiviso soprattutto dai
capigruppo dell’intero Consiglio regionale. Il Governo della Regione Calabria, quindi,
lei e la sua Giunta regionale, deve valutare l’opportunità di presentare un
intervento di tipo adesivo-dipendente nei giudizi promossi dinanzi alla Corte costituzionale dalle Regioni
Lombardia, Campania, Piemonte, Lazio, Veneto, Friuli Venezia Giulia, Sardegna;
non sono, quindi, solo le Regioni a Statuto speciale.
Sicuramente -e lo dico con un pizzico di ironia- non c’era bisogno di supertecnici o di commissari per attuare riforme ibride e non condivise; lo dico anche per evidenziare la posizione del mio partito che è sempre stata per la soppressione delle Province - e non voglio sottrarmi a questa indicazione - ma di tutte le Province! Perché ritengo che non dia giustificazione a nessuno una riforma monca come questa. Se le Province sono enti inutili, tutte le province devono essere abolite; se devono continuare a mantenere e a svolgere le loro funzioni non c’è sicuramente bisogno di sacrificare solo le Province più deboli – in questo caso Crotone e Vibo Valentia – che non meriterebbero questa sorte. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie, onorevole Dattolo, per il suo intervento introduttivo. Ha chiesto la parola l’onorevole Censore. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente. Rivolgo un saluto ai Presidenti di Provincia, ai Sindaci, ai consiglieri
provinciali, ai rappresentanti istituzionali delle Province di Crotone e di Vibo Valentia che in questi giorni stanno
portando avanti una importante battaglia che definirei
di democrazia; non una battaglia per difendere l’indifendibile ma per rivendicare
ed affermare che i cittadini che vivono in quei territori difendono i loro
diritti. Diritti che, a causa della crisi che interessa non solo il nostro Paese
ma l’intera Europa, stanno venendo
meno nel loro riconoscimento e per i quali c’è l’esigenza di affermare la più
vasta tutela.
Queste, secondo me, non sono battaglie perse o che si fanno
tanto per fare, fatte perché bisogna farle o perché ci
sono dei rappresentanti istituzionali che devono difendersi la poltrona.
Secondo me queste battaglie hanno un senso. Chi non vive in alcuni territori,
ascoltando il mio intervento o quello di altri colleghi, potrebbe dire “sono
delle battaglie che non servono, considerata la situazione”.
In un momento in cui vengono meno i diritti relativi alla tutela della salute, al lavoro, alla garanzia
della giustizia, penso che queste battaglie siano importanti perché noi non
siamo di fronte a delle privazioni ma ad uno smantellamento dello Stato, al
venir meno di alcune certezze, di alcuni equilibri consolidati e al venir meno
di alcune garanzie di natura economica.
La situazione è davvero grave, il deficit del nostro Paese galoppa a livelli davvero incontrollabili
e quindi chissà quanto tempo ci vorrà per ripianare la situazione economico-finanziaria
del nostro Paese.
Non condivido la linea scelta dal Governo, imposta anche dall’Europa sotto forma di commissariamento, che
ha deciso di effettuare solo di tagli lineari; una
linea di rigore che deprime e che genera effetti depressivi sul tessuto
economico e sociale.
Con tutti questi tagli non intravedo una crescita. Lo dicevo ieri nella
seduta di Consiglio provinciale di Vibo Valentia: la presa di posizione del Presidente
di Confindustria, Squinzi, non è la presa di posizione
di uno che ha perso in numeri; un rappresentante di una grossa organizzazione
rappresenta la grande azienda e rappresenta anche le piccole e medie imprese,
la rete del commercio.
Quando, in una regione come la Calabria, chiudiamo tanti importanti
presidi di democrazia, di legalità, causiamo sull’economia un effetto
distruttivo.
Ritengo che ci debba essere un sussulto da parte delle popolazioni e da
parte delle istituzioni ed, oggi, anche da parte della
Regione Calabria e della maggioranza ci deve essere una netta e chiara presa di
posizione, prima politica e poi giuridica.
Certo, il collega Dattolo che mi ha preceduto ha illustrato bene quali
devono essere i compiti e le azioni della Regione: l’impugnativa, qualora il
decreto fosse convertito in legge. Secondo me, però, serve un’azione politica
soprattutto da parte delle Regioni deboli. Auspico, intanto, che oggi questo Consiglio
regionale nella sua interezza esprima un voto che rappresenti un secco no; un
“no”che ha un significato e un valore capace di legare l’intero territorio calabrese, altrimenti ci potrebbe
essere qualcuno che fuori dalle righe o dietro le quinte dice che ci sono
Province che hanno convenienza, mentre le piccole Province soccombono.
Sinceramente non la vedo così, benché qualche provincia oggi sia
egemone. Certo, col ricostituirsi della Provincia di Catanzaro qualche grossa
Provincia perderebbe l’egemonia a cui, a mio avviso,
non seguirebbero chi sa quali benefici. Ritengo, dunque, che oggi ci debba
essere un pronunciamento serio e condiviso senza tentennamenti, ma non su una
linea di impegni bensì su una linea chiara.
Oggi, intanto, il Consiglio regionale si deve esprimere con un “no” al
decreto di spending review varato dal Governo, in particolare alla parte
che riguarda le Province. Presidente Scopelliti, quando è stato approvato il decreto
“Salva Italia” la nostra Regione non ha brillato e
mentre altre Regioni hanno intrapreso vie legali, guarda caso, la nostra non ha
portato avanti alcuna azione.
Oggi dobbiamo dare una risposta chiara e netta ed
oltre al “no” lei Presidente e la Giunta che rappresenta dovete assumere un
impegno chiaro, perché un Presidente di Regione, una Regione nella sua
interezza, non dimostra la sua autorevolezza facendosi ricevere da un Ministro
o, nel caso in cui il Ministro non lo riceva, facendo scrivere sulla stampa di
aspettarsi la convocazione da parte del Ministro Fornero. Vogliamo vedere un Presidente
determinato a difendere gli interessi di quei territori che senza quei presidi
importanti di legalità e di giustizia, come le Questure e le Prefetture, senza
le Province sono destinati a morire.
La mia provincia, Vibo Valentia, è già una provincia marginale, così
come quella di Crotone, isolata nei collegamenti ed in
cui c’è stato il declino industriale. Una simile scelta per questi territori
significherebbe la fine, il deprezzamento degli immobili, la chiusura di molti
esercizi commerciali e l’impoverimento, quindi, di territori già deboli e
poveri, già marginali.
Non mi attardo nelle questioni giuridiche. Sono state discusse dal
collega Dattolo e sono state riportate nel documento che è stato approvato in
maniera congiunta dai Consigli provinciali: la violazione dell’articolo 133
della Costituzione, la violazione dell’articolo 5
della Costituzione che dice che “Lo Stato deve promuovere il più ampio decentramento”.
Non mi addentro in questioni giuridiche, lo ribadisco,
ma penso che ci debba essere una mobilitazione perché la misura è colma.
Noi non chiediamo assistenzialismo e non andiamo col cappello in mano,
ma chiediamo che alcuni presìdi rimangano sul territorio
perché sono vitali per la vita democratica e la pacifica convivenza. Quando in
una Regione povera si tolgono gli uffici del Giudice di Pace, si chiudono i
tribunali e gli ospedali, si chiudono le Province, che facciamo? Ci sbraniamo l’un
l’altro? Non esistono più le deroghe, non esiste più
la solidarietà e la lungimiranza per guardare ai territori deboli.
Penso che sia giusto risanare l’Italia e che si effettuino
dei tagli; gli italiani di sacrifici ne hanno fatti e ne stanno facendo, li
stanno affrontando con responsabilità ma, secondo me, la misura è colma. Qui
non si difende più il posto del disoccupato ma si difende il posto di chi ha il
lavoro e lo sta perdendo, di chi deve andare in mobilità, di chi incapperà in
quel 10-20 per cento che, se non troverà dove andare con la mobilità, perderà il
lavoro.
Siamo di fronte ad una situazione davvero drammatica e per questo credo
che questa non sia una battaglia persa o rappresenti una rivendicazione tanto
per dire “noi vogliamo la provincia di Vibo Valentia o quella di Crotone, noi
vogliamo questo distintivo e per avere questo distintivo ci battiamo”.
Non è questo. La gente nei territori comincia ad
essere arrabbiata, comincia ad avere consapevolezza e queste mobilitazioni
saranno l’inizio di tante altre che verranno quando la gente capirà che viene
meno lo stato di diritto, vengono meno i diritti e le certezze per i nostri
figli, per il loro futuro. Quando la gente capirà che non riuscirà più a
pagare, non paga di già, il mutuo della casa, si
creerà una situazione per cui la gente si rivolgerà agli usurai, perché trova
chiuse le porte degli istituti bancari e non ce la fa ad arrivare alla fine del
mese.
La situazione è drammatica e noi, come Regione, secondo me, dobbiamo
essere più autorevoli ai tavoli romani per dire che la Calabria merita
considerazione; una considerazione a parte, una
considerazione determinata perché altrimenti avverrà una spoliazione che
assumerà il significato dell’abbandono dello Stato.
Noi lo facciamo con senso di responsabilità, lo dicevo anche ieri;
tanti italiani hanno subito la riforma del sistema pensionistico
e c’è stata gente che si è vista negare il diritto alla pensione, c’è gente che
andrà in pensione dopo altri 8 anni di lavoro e c’è anche chi, facendo il
calcolo sulle finestre, in pensione non ci andrà mai.
Il tutto è passato in silenzio e senza mobilitazioni. Adesso, però, la
misura è colma. La chiusura di queste due Province rappresenta per due
territori di confine la morte cerebrale.
Mi appello a lei, Presidente Scopelliti, affinché vi sia una sua
autorevole azione.
Non mi interessa che si chiami Provincia o che
si preveda un ente di secondo livello, ma è importante che gli uffici
importanti di quei territori rimangano perché se rimangono rimane la vita.
Non vorrei crearmi, come ieri, una riserva mentale. Ieri noi abbiamo
fatto una riunione e, guarda caso, mancavano proprio i consiglieri di maggioranza
del mio territorio.
Vengo da un vecchio Partito e mi si diceva che “i comportamenti o
alcune simbologie avevano un significato”. Non vorrei che quell’assenza fosse
anche un disinteresse da parte della Giunta regionale e della sua persona, Presidente.
Chiedo un voto chiaro e netto rispetto al decreto e poi mi aspetto da
parte sua un’azione al pari di quella che metterà in campo, come ha dichiarato,
per i tribunali.
Avrei voluto che la discussione per le Province si tenesse in quel contesto. Anche allo smembramento delle due riunioni forse
io, in malafede, do un senso: che la battaglia per i tribunali in un certo
senso, a voler essere ottimisti, si può vincere al 50 per cento, mentre questa
no; quindi, si sono volute prevedere due distinte sedute di Consiglio regionale.
Voglio esser fiducioso e sperare che ci sia un impegno da parte sua, Presidente,
e della sua Giunta perché ritengo che una Regione abbia gli spazi e le capacità
per far sentire la sua voce, soprattutto in risposta a
quei territori che da questa scelta scellerata saranno depauperati e avviati
verso l’impoverimento. Grazie.
Grazie, onorevole Censore. Dopo i due interventi introduttivi, uno di maggioranza
e uno di minoranza, diamo la possibilità agli ospiti di poter intervenire.
Iniziamo dal Presidente della Provincia di Crotone, Zurlo. Prego, a lei
la parola.
Grazie, Presidente Talarico. Grazie, Presidente Scopelliti. Grazie
anche ai consiglieri regionali che oggi ci onorano in questa riunione che ha come
unico punto all’ordine del giorno la discussione sull’eventuale accorpamento delle Province di Crotone e Vibo. Oggetto dell’agenda
è anche la provincia metropolitana di Reggio Calabria.
Ritengo che questa discussione sia doverosa poiché questa eventuale
riforma, questo decreto di spending review, riguarda circa il 20 per
cento della popolazione della nostra regione - tra Crotone e Vibo Valentia
siamo circa al 19 per cento.
E’ un tema importante che, forse, tutti quanti abbiamo sottovalutato -
non voglio colpevolizzare nessuno – perché increduli per l’alternanza di
notizie che in questi due anni si sono succedute con fughe in avanti e ritorni
indietro precipitosi a testimonianza che, probabilmente, al
di là di quello che si afferma e si sostiene, sopprimere delle Province non
è così semplice e oltretutto che, forse, non sono i centri di costo di cui si parla.
E’ vero che si parla di circa 8 miliardi di
euro, ma successivamente le cifre diminuiscono ed aumentano, non si tiene conto
che ci sono alcune spese indifferibili come il personale, la gestione di
strade, le scuole. Cancellando le Province non si risparmiano 8 miliardi di euro come dicono.
Non avrei molto da aggiungere alla relazione del consigliere Dattolo ed all’intervento del consigliere Censore che hanno
inquadrato perfettamente ciò di cui stiamo parlando.
Probabilmente sono state sottovalutate le conseguenze. Ad esempio, la
mia provincia ha 9 milioni e 800 mila euro di
trasferimenti, ne eroga circa 16 di stipendi di dipendenti; quale sprechi può fare un ente che, in tre
anni, ha avuto tagli del 53-55 per cento della spesa disponibile?
Stiamo parlando, nel nostro caso, di bilanci che limitano al massimo la
possibilità di fare spese pazze. Nel decreto spending review si parla
del 20 per cento degli immobili in fitto, noi abbiamo tagliato i fitti del 46 per cento. Questo vale per tutte le province, anche
le più grandi, non siamo stati bravi, siamo stati costretti per non andare in
dissesto.
Oggi il tema è più generale, sono in ballo 36
Province, sinceramente - parafrasando il consigliere Dattolo -, forse non ci
volevano tutti questi professori per immaginare un taglio lineare che ancora
non si capisce come dovrà essere attuato. Penso sia impensabile che una regione
come la Toscana in cui ci sono rivalità storiche che risalgono “alla notte dei
tempi”, alla Divina Commedia, si possa attuare questa riforma.
Sarebbe diverso un principio di riforma organica dei territori, dei
dipartimenti, con mansioni e
funzioni
differenti, noi come Province non ci siamo mai sottratti a questo tipo di
ragionamento.
Purtroppo – e lo dico con estrema tranquillità – nell’Ufficio dell’Upi
(Unione province italiane) si è pensato di poter “prima scendere dal Titanic e
di salire poi sulla scialuppa”. Non mi sembra che questo
obiettivo sia stato realizzato.
Il rischio è che i nostri interventi possano farci apparire come
amministratori piagnoni, vittimisti, che difendono privilegi e pennacchi.
Non è così, ma io sarei il primo a dire “bisogna fare questo
sacrificio” qualora dalla soppressione della mia Provincia o di altre derivasse
la possibilità di salvare l’Italia.
Così non è, è solo uno spot, un regalo alla Bce (Banca centrale
europea) - o non so a chi - che ha individuato le Province come enti di spesa
da tagliare. Uno specchietto per le allodole da dare in pasto
all’anti politica.
Chiedo, da ora, con forza un impegno della Regione ad
impugnare questo decreto, perché ci sono una serie di vizi costituzionali che
appaiono ictu oculi: non si può
inserire una riforma delle autonomie locali in un decreto di taglio alla spesa
che non prevede neanche il risparmio relativo.
Siamo nella fase in cui lo Stato di diritto si accantona e c’è lo Stato
delle eccezioni in cui si giustifica tutto per salvare il salvabile. Non abbiamo
nemici alla porta, non siamo in guerra; combattiamo contro un debito pubblico e si è deciso di
fare dei tagli, ma è come svuotare il mare con un secchiello.
Di questo stiamo parlando. L’Italia paga 85
miliardi di interessi sul debito pubblico. Non è deprimendo la possibilità dei
territori di ripartire o tagliando diritti che si può
affrontare questo tema.
Qui entriamo in un tema di politica economica delle Province.
Le Province significano molto in territori come il nostro: incentivano e velocizzano le politiche attive del lavoro che
la Regione mette in campo e che altrimenti avrebbero dei ritardi; anticipano,
in alcuni casi, la cassa integrazione per i dipendenti; garantiscono, quasi
senza soldi, la manutenzione minima alle scuole; aprono scuole e si occupano
delle strade. Di questo stiamo parlando, non di poltrone o di privilegi.
Per questo, Presidente, chiediamo – faccio mio il documento
introduttivo del consigliere Dattolo – che, da subito, ci possa essere una
presa di posizione sia giuridica sia politica per tutelare questi enti. Penso che,
giustamente, nessun Presidente di Regione possa a cuor leggero pensare che si
perdano sul proprio territorio due Prefetture, due
Questure e tutti gli altri uffici. Non stiamo parlando di privilegi, ma stiamo evidenziando i sacrifici per le popolazioni cui non
corrisponde alcun rientro economico.
Non opportuni campanilismi, vecchi e nuovi, avvelenerebbero
maggiormente il clima. La Calabria sta cambiando e sta diventando unita, riattivare
situazioni passate non è il modo migliore per affrontare questo tema. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie, Presidente Zurlo. La parola al Presidente
della Provincia di Vibo Valentia, Francesco De Nisi.
Signor Presidente del Consiglio,
signor Presidente della Giunta, ringrazio per la
sensibilità che avete avuto nel convocare questa seduta del Consiglio regionale e anche per la sensibilità e per
l’invito che ci avete rivolto nonché per la possibilità
di essere ascoltati questa mattina. Ringrazio anche tutti i consiglieri
regionali che oggi qui ci ascoltano partendo, sicuramente, da quelli dei
territori direttamente interessati.
Per quanto riguarda la vicenda delle Province, forse non ce
ne eravamo accorti, ma le province sono già finite il dicembre scorso con il
decreto “Salva Italia” che con l’articolo 23, di
fatto, ha messo fine all’ente Provincia come ente politico-amministrativo del
territorio. Le Province, nella concezione con cui erano tradizionalmente
intese, erano già state cancellate dalla
geografia. Questo Ente non esiste già più, quindi noi lo abbiamo accettato non con leggerezza
ma perché, in un clima di diffidenza e di ostilità verso la politica, veniva
difficile per chi rappresenta un Ente, una Provincia, per chi è amministratore provinciale,
difendere un incarico o una carica e fare una battaglia per difendere ciò che
era prima la Provincia.
Noi abbiamo
accettato, quindi, di diventare Enti di secondo livello e, di fatto, già come Regione
credo che abbiate pensato a come ripartire e distribuire le deleghe per lo
svolgimento delle funzioni che attualmente gestiscono
le Province.
Come Ente avevamo già cessato di esistere, basti pensare che le
Province interessate dal voto nel maggio scorso sono state commissariate. La
Provincia di Genova – per citarne una importante – non
ha più un Presidente; segno questo che l’Ente Provincia era già finito.
Oggi ci
troviamo a combattere contro qualcosa di ancora peggiore. Non si comprende come
mai, oltre a quanto già fatto, in questo decreto di spending review vengano inseriti anche
degli accorpamenti inerenti più che alle Province quali Enti, alle Province
quali di territori; cioè che venga inserito questo impoverimento dello Stato,
di 40-50 capoluoghi nonché la perdita di identità di 40-50 territori della
nazione italiana. Questo – come è stato detto da chi
mi ha preceduto – senza una giustificazione economica.
Per questo
mi sento di intraprendere questa battaglia, in questo momento, perché non è
possibile, non è consentito che una Regione come la Calabria, come per nessuna
Regione italiana, subisca quello che accadrà se questo Decreto venisse convertito. Perdere due circoscrizioni provinciali a
questo punto, non due enti, vorrebbe dire cancellare due città e gettare in una
fase depressiva due centri come Vibo Valentia e Crotone che in questo periodo
vivono già un momento difficilissimo.
Lei, Presidente
Scopelliti, ci è stato vicino nella vertenza
Italcementi ed ha visto quante e quali sono le difficoltà della città di Vibo
Valentia. Pensi se a ciò si aggiungesse il problema di migliaia di persone che
dovrebbero abbandonare la città perché le loro funzioni, i loro incarichi ed il loro impiego in questo centro non avrebbero più senso;
nella migliore delle ipotesi queste persone dovrebbero spostarsi nella città di
Catanzaro o verrebbero trasferite altrove in altri centri in Italia.
Pensare,
quindi, a quello che potrebbe avvenire a seguito della conversione in legge di
questo Decreto sarebbe un qualcosa di catastrofico e
per questo ci appelliamo a lei a al Consiglio regionale affinché, senza
titubanze, difendiate questi territori, perché la Regione Calabria in questo
particolare momento non si può permettere di accentuare la crisi già in atto in
questi due centri.
Sarebbe la
fine di queste due città e sarebbe veramente gettare queste popolazioni in una
fase depressiva senza precedenti, i cui esiti ed i cui
risvolti non sarebbero veramente programmabili.
Non mi
dilungo, ma vi voglio fare un appello perché credo che sentire la voce e la possibilità di un eventuale ricorso alla Corte
costituzionale di una Regione che lo fa con convinzione e che preannuncia il ricorso già da adesso, senza aspettare la
conversione in legge del Decreto, potrebbe servire a far riflettere il Governo su
quanto male sta creando con l’accorpamento e la soppressione di questi
territori provinciali.
Vi ringrazio ancora per quello che farete e spero di avervi al nostro fianco
in questa battaglia.
PRESIDENTE
Grazie al Presidente
De Nisi. Andiamo avanti sempre con l’ascolto delle
Province. Do la parola a Peppino Ruperto, Presidente del Consiglio provinciale
di Catanzaro.
Grazie,
Presidente Talarico, Presidente
Scopelliti,
onorevoli consiglieri regionali, onorevoli assessori tutti, pubblico, colleghi,
consiglieri provinciali.
Oltre a
portare il mio saluto personale e anche quello del mio Presidente, come Presidente
dell’Upi regionale, e a manifestare vicinanza, pur
non essendo – in questo momento – la provincia di Catanzaro interessata dal
decreto di razionalizzazione e soppressione delle Province, volevo
in qualche modo ricordare a me stesso, Presidente De Nisi,
come stavano le cose perché in questi 5-6 mesi qualcosa è accaduto a livello nazionale,
alcuni eventi si sono evoluti.
E’ vero che
partiamo da un Decreto “Salva Italia” che spazzava le Province e noi come Upi regionale, come Consigli provinciali e come Giunta provinciale
abbiamo dimostrato ed abbiamo comunicato che questo
decreto era incostituzionale e andava a mortificare i territori e tutti i
dipendenti che quotidianamente si prodigano e lavorano. Ma oltre che parlare
dei profili di incostituzionalità cosa abbiamo detto?
Come fa un Governo tecnico senza un
consenso a stravolgere la Costituzione ed a metterci
mano? E come fa a decidere su questo? Quindi, il
ragionamento di oggi per noi Provincia di Catanzaro e per noi Upi Calabria non cambia. Noi vogliamo mantenere le cinque
province e vogliamo – come Upi
Calabria – a differenza dell’Upi nazionale, proporre
alcune cose al Governo e mantenerne altre.
Alcune proposte e studi hanno dimostrato che non esiste risparmio, che
si mortificano i territori, che i mutui non si sa da
chi e come verranno trasferiti, che i sindaci non sono nelle condizioni di
assumersi le responsabilità nemmeno per un’aula non per un istituto scolastico
e tutto quello che è stato detto è impraticabile.
Se aggiungiamo l’esperienza che la Calabria ha avuto con la tripartita,
con la nascita di Crotone e Vibo Valentia, voi mi insegnate
che la confusione da noi diventa doppia.
Quindi, noi siamo contro la soppressione delle Province consorelle e
nello stesso tempo, caro Presidente Talarico e caro Presidente Scopelliti,
condividiamo e ringraziamo i consiglieri regionali, i capigruppo, il consigliere Dattolo
che ha esposto il documento che condividiamo. Dobbiamo, altresì, rimarcare, per
quanto riguarda l’aspetto politico e giuridico che è stato evidenziato in
questo Consiglio regionale, come prima dell’abolizione delle Province – caro
consigliere Censore – vi fossero enti, società e consorzi – sono 3.127 – che in
Italia hanno creato un buco notevole.
Noi questo dobbiamo dirlo al Governo ma anche alla maggioranza che
sostiene il Governo, perché non mi vergogno, io sono schierato, sono nel Pdl, ma questo Governo non cammina da solo, ha una maggioranza,
i cosiddetti “ABC”, che lo sostengono.
Caro Governo e cara maggioranza, iniziamo a
riflettere su questi enti prima di parlare di abolizione o di razionalizzazione
o addirittura di quelli che sono enti di secondo livello. Noi questo, Presidente
Talarico, non lo possiamo accettare; siamo per un mantenimento delle Province e
con il mantenimento chiediamo anche le risorse
necessarie, chiediamo anche quella che deve essere la funzione di tutte le
Province.
E poi, consentitemelo, non possiamo consentire
– scusate il bisticcio di parole – che anche le Province siano una
rappresentanza di nominati. Noi vogliamo un popolo di eletti, un popolo che amministra e che abbia il consenso, la fiducia dei cittadini
così come avviene alla Regione, alla Provincia e come avviene nei Comuni.
Altrimenti, con un popolo di nominati chi si preoccupa
dei problemi della gente e dei territori? Questo chiediamo!
Concludo ribadendo che facciamo nostro il documento
presentato e facciamo appello al Governo ed alla maggioranza che gli dà fiducia
affinché valutino il percorso da seguire per dare prosieguo e fiducia alle
Province. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie al Presidente della Provincia di Catanzaro. La
parola al Vicepresidente della Provincia di Cosenza, Bevacqua.
Intervengo, brevemente, per portare
il saluto al Presidente del Consiglio, al Presidente della Giunta, alla Giunta ed ai consiglieri regionali del mio Presidente, Mario
Oliverio, che non può essere qui presente per impegni personali e di famiglia.
Credo che tante cose siano già state
dette e penso che non possiamo che ribadire la
condivisione del documento presentato dal consigliere Dattolo. Siamo qui non
solo per esprimere una
vicinanza agli amici della Provincia di Crotone e di Vibo Valentia ma, anche,
per manifestare la grande preoccupazione che oggi vivono le autonomie
locali. Non si tratta, oggi, solo di un taglio che riguarda le Province di Crotone
e di Vibo Valentia ma di un violento attacco all’intero sistema delle autonomie
locali.
Non so chi
ha letto in questi giorni la cosiddetta “Mappa” di Ilvo Diamanti dove vengono toccati i punti focali e nevralgici che dovrebbero
caratterizzare il dibattito politico in questo consesso così importante che è
il Consiglio regionale.
Ilvo
Diamanti parla di un declino pericoloso del territorio, di un declino
pericoloso dei poteri locali e pone in essere una analisi
lucidissima che oggi il Paese Italia si trova a vivere se non si mette un freno
a questa spending review, attuata da
un Governo tecnico che non ha nessuna
autonomia, che non ha nessun consenso popolare che gli consente di fare quello
che, oggi, sta facendo. E’ la prima denuncia che dobbiamo sostenere con forza perché
quando c’è un declino dei poteri locali, quando c’è un indebolimento della democrazia
e del territorio la stessa democrazia, in questo
Paese, corre grossi rischi.
Siamo qui in rappresentanza della Provincia di Cosenza ad esprimere non solo vicinanza ai presidenti Zurlo e a De Nisi ma a dire che bisogna riflettere come Consiglio
regionale, come intera classe politica calabrese, come istituzioni rispetto a come rilanciare,
oggi, un progetto o a come ridimensionare i tagli che sta cercando di attuare
questo Governo senza tener conto delle autonomie locali e senza tener conto di
una Costituzione che regola l’ordinamento delle autonomie locali.
Credo che su questo sia necessario riflettere, caro Presidente Scopelliti;
credo che lei abbia il dovere di impugnare questa proposta del Governo
nazionale che viola la Costituzione, che mortifica le autonomie locali in
genere ma soprattutto le Province come Crotone e Vibo Valentia che dopo 20 anni di costituzione lenta e positiva avevano dato lustro
all’economia, avevano dato linfa a quel territorio dal punto di vista sociale
ed economico, avevano ottenuto una forte presenza dello Stato attraverso l’apertura
di alcuni presìdi importanti come i tribunali, come
il Comando provinciale dei Carabinieri, come le Agenzie delle Entrate, la cui
presenza ha aiutato il territorio a
crescere.
Oggi questo viene meno ed è ancora più grave che ciò avvenga in una regione
già debole come quella calabrese e che avvenga in zone in cui ci sono fenomeni
gravi che insistono nel territorio.
E’ per questo che siamo, non solo, convinti ad
esprimere solidarietà ai nostri amici Zurlo e De Nisi
ma, soprattutto, ad esprimere una vicinanza vera, reale e concreta della
provincia di Cosenza in termini di supporti e di iniziative; di supporto ad
eventuali azioni da porre in essere insieme, affinché questo Governo la smetta
di fare riforme che non aiutano i territori ma mortificano ancora di più realtà
come quelle calabresi e cosentine.
PRESIDENTE
La parola al Presidente del Consiglio provinciale di Reggio, Antonio Eroi.
Buongiorno. Grazie, Presidente Talarico, grazie, Presidente Scopelliti, saluto un po’ tutti, però faccio una riflessione e gradirei un minimo di ascolto, visto che la buona volontà dei Presidenti delle cinque Province si era già manifestata con un incontro convocato a Lamezia Terme e che è stato, però, disertato dalla Regione.
Oggi dico: meno male che la Regione si sta svegliando. L’ho detto anche sul “Quotidiano” alla Vicepresidente: meno male che finalmente si prende atto che stiamo andando verso un fallimento – diceva bene prima Zurlo – perché non è vero che le Province non ci sono più perché sono enti di secondo livello ma perché, invece, sono state letteralmente saccheggiate e quindi non hanno più un bilancio che gli consenta di funzionare.
Oggi, a bilanci
approvati – penso che le cinque Province li abbiano già approvati – abbiamo,
per esempio, su Reggio Calabria un ulteriore taglio di
3 milioni di euro, quindi la spending review non è più – come diceva bene il
Presidente dell’Upi, Castiglione – una riduzione
della spesa, ma è un’altra manovra finanziaria che va ad incidere sui
cittadini.
Quello che voglio significare è proprio
questo: il ruolo di questa Assise , fatta di persone
elette dal popolo, deve essere quello di incidere su quei quattro deputati
nominati che abbiamo al Parlamento per
fare in modo che il Decreto non passi in questa forma orribile, tenuto
conto che la prima Commissione del Senato, in sole due ore di lettura, ha dato
il parere di costituzionalità ad una legge che di costituzionale non ha nulla.
C’è un accordo tacito affinché il
decreto sia approvato con delle leggere modifiche del relatore e dei nostri
partiti che prevede al Senato si fanno le modifiche,
nel frattempo alla Camera si fanno gli emendamenti e si approva tutto tanto per
andare veloci. Parlo chiaramente: i parlamentari del Pd e del Pdl stanno inciuciando in questo
momento per raggiungere il vitalizio garantito a fine legislatura. Però c’è un
paradosso, il Presidente della Repubblica ha scritto ai nostri deputati e ha
detto: “Entro dieci giorni, dato che milioni di cittadini hanno raccolto le
firme per abrogare il “porcellum”, dovete stilare la nuova legge
elettorale, nel senso di reinserire le preferenze o, comunque, riconoscere ai
cittadini il sacrosanto diritto di eleggere o di bocciare i propri
rappresentanti”; mentre si tenta di fare questo e il Presidente della
Repubblica dà questo indirizzo, il Governo, contrariamente, dice: “Istituiamo
un ente di secondo livello di nominati per recuperare i trombati dalla politica
o per dare un ruolo a chi ruolo non ne ha”!
Direi che dobbiamo assumerci le
responsabilità, la Regione Calabria, da governo valido che è, deve essere un
faro per le altre Regioni, non deve essere il fanalino di coda. Lo dico all’onorevole
Dattolo, perché dice: “Aggreghiamoci ora”. Siamo in
ritardo, onorevole, ormai il treno è passato, dobbiamo prendere un aereo per
arrivare a destinazione! Non so se avrete la capacità di arrivare con l’aereo a
destinazione! Me lo auguro, perché il governatore Scopelliti ha dato esempio di
ottima amministrazione e quindi confidiamo in lui.
Oggi, però, è arrivato il momento di
decidere. In quella relazione va aggiunto sicuramente che la Regione, in caso
di diminuzione delle competenze alle Province, si deve fare carico di trasferire competenze e fondi per
l’attuazione della legge regionale numero 34 del 2002.
Diceva bene qualcuno intervenuto prima: ci sarebbero più spese a ritornare
indietro, a fare retromarcia.
Devo dire che, fino a
ieri, ero profondamente deluso dai miei rappresentanti sia qui sia in
Parlamento, da oggi, forse, possiamo scrivere una pagina nuova, ma ci vuole l’impegno
di tutti e ci vuole anche la coscienza di dire “non ci svegliamo perché tra sei
mesi si vota alle politiche, ci svegliamo perché non vogliamo tagliare i
servizi ai cittadini”, cosa che con questa spending review succederà sicuramente.
PRESIDENTE
E’ iscritto a parlare l’onorevole Bruni. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente. Non posso esimermi dall’intervenire, ma chiarisco subito che il mio intervento non vuole essere la difesa di un campanile, ma vuole rappresentare soltanto una reazione a quella che considero una presa in giro messa in atto da un provvedimento irrazionale e sciagurato.
Non farò una
disquisizione giuridica, forse non sarei nemmeno all’altezza di farlo, invece
entrerò su problemi specifici e reali che attengono direttamente alla necessità
di mantenere in vita le Province di Vibo Valentia e Crotone, anche alla luce
dell’esperienza diretta maturata in tanti anni in questa istituzione. Lo farò
in maniera schietta e diretta, senza riserve, cominciando col
dire che, secondo me, con questo ultimo decreto si sta scrivendo un’ulteriore
brutta pagina per la Calabria, con un provvedimento rigido e irragionevole
assunto nottetempo; infatti questa nostra già bella, ma martoriata, terra di
Calabria rischia
di essere, irrimediabilmente e forse definitivamente, affossata e tagliata
fuori dai circuiti nazionali ed europei.
Ulteriori tagli nella sanità con questo decreto,
chiusure importanti di tribunali, di sezioni staccate, tagli indiscriminati
agli enti locali che già fanno fatica a sopravvivere, soppressione di Province
e tanti altri provvedimenti restrittivi che vanno ad aggiungersi a tanti altri
già operati in passato; provvedimenti, questi ultimi, che, aggiunti ai primi,
indubbiamente appesantiscono non poco il quotidiano vivere civile in Calabria
ed al suo interno, particolarmente in alcune Province periferiche, come quelle
di Vibo Valentia e Crotone, destinate ad essere cancellate.
Pensiamo, per un momento – ecco, faccio
una riflessione pacata ma approfondita – a quanto è
stato perpetrato negli ultimi anni a danno di questi territori, lo scippo
continuo di servizi essenziali per queste comunità, giustificato sempre e
comunque con questo benedetto risparmio; pensiamo, si è partiti con la soppressione
delle Preture, con la chiusura totale di alcuni uffici postali, con la chiusura
di scuole e di istituti scolastici superiori, con la chiusura di ospedali, di
guardie mediche e di distretti sanitari, la soppressione degli uffici del
Giudice di pace e, in ultimo, anche la soppressione, addirittura, di treni ad
alta velocità e di voli aerei; tutto ciò a fronte, paradossalmente, di un
continuo aumento di aliquote, di tributi, di creazione di nuovi ticket e di una disoccupazione
galoppante.
Con l’emanazione di questo
ultimo decreto, onorevoli colleghi, il Governo Monti insiste, tra l’altro, nel
ritenere che la cancellazione di alcune piccole Province, non di tutte, sia uno
strumento necessario per ridurre gli sprechi nella spesa pubblica e salvare l’Italia,
considerando, tra l’altro, le Province addirittura enti inutili.
Al danno si vuole aggiungere la beffa!
Credo, invece, che questo sia solo un
imbroglio, molto probabilmente messo in atto per presentare all’Unione europea
un agnello sacrificale nella riforma strutturale delle istituzioni.
E’ un imbroglio perché non porta alcun
risparmio, così come è stato dimostrato anche da uno
studio fatto dall’Università Bocconi, di cui lo stesso Monti è Presidente, e
non può considerarsi certo ente inutile l’unico ente intermedio che esiste tra
i Comuni e la Regione. Anche se così fosse, anche se le
Province fossero davvero enti quasi inutili o se veramente la loro
sopravvivenza dovesse rappresentare uno spreco di fondi, mi chiedo e chiedo al
Governo Monti: “Perché chiuderne alcune, le più piccole, e non chiuderle tutte?
Quali interessi veri, politici e non, sottendono, invece,
alla scelta di quei criteri tendenti a salvare tante altre Province?”.
Possiamo, onorevoli colleghi, non
indignarci di fronte alla trovata inserita alla fine del comma 2 dell’articolo 17, che recita: “Sono fatte salve, altresì,
le Province confinanti solo con Province di Regioni diverse da quella di
appartenenza e con una delle Province di cui all’articolo 18, comma 1”, sarebbero
le città metropolitane? Il tutto, da quello che sappiamo, per salvare solo ed
esclusivamente la Provincia di Rieti. Un criterio su misura voluto da chi?
Sono stato sempre contro la
soppressione delle Province, ma alla fine mi ero anche adeguato – lo diceva il
mio capogruppo, Dattolo – ci eravamo adeguati alla decisione del nostro
partito, che postulava la soppressione di tutte le Province, ma questo nuovo
criterio non è né condivisibile né accettabile. Poi mi chiedo: può un Governo
tecnico, nottetempo, in fretta, assumere decisioni per annullare istituzioni
pubbliche previste dalla nostra Costituzione, cancellarne le loro storiche
funzioni, sacrificando, sull’altare di una seppur spinosa questione di costi,
un pezzo di democrazia? Non è più razionale, invece, che il Parlamento
velocizzi la legge di riordino delle autonomie locali, per stabilire ruoli,
funzioni e modalità di finanziamento di questi enti,
al fine di non pregiudicare l’effettiva erogazione di servizi alla popolazione?
Da cittadino calabrese, comunque, sono
fortemente preoccupato e mi sto sforzando di trasferire, se ci riesco, le mie
preoccupazioni al Consiglio regionale tutto e al Presidente Scopelliti,
cercando di spiegare che il problema vero non è rappresentato dalla Provincia
di Vibo Valentia; il problema vero è un problema
calabrese, questo della soppressione delle due Province. Non è, infatti, per
quanto io capisca, la soppressione dell’ente Provincia che crea maggiori
difficoltà e maggiore allarme, ma tutto ciò che da essa ne consegue e di cui,
purtroppo, nel decreto non si fa cenno, cioè la
soppressione consequenziale di presìdi importanti
quali la Prefettura, la Questura, i comandi provinciali delle forze dell’ordine,
cioè Finanza, Carabinieri, Polizia, la Forestale, i Vigili del fuoco, la
Direzione provinciale del Tesoro, la Ragioneria provinciale dello Stato,
Agenzia del territorio e Agenzia delle entrate, Camere di commercio; l’elenco
sarebbe molto, ma molto lungo, soppressioni che si aggiungono ai tagli già
perpetrati a danno del territorio.
Gli effetti veri, devastanti, secondo
me, li avvertiremo fra qualche anno, nel momento in cui saranno concretizzate
queste cose, infatti ci troveremo – ecco perché la
questione diventa calabrese, signor Presidente – con migliaia di persone in
mobilità che, per mantenere il posto di lavoro, dovranno affrontare sacrifici
enormi, logistici e finanziari per raggiungere il nuovo posto di lavoro, magari
a 100 chilometri di distanza; ci troveremo con famiglie smembrate e, magari,
ancora di più esasperate; ci troveremo di fronte a situazioni socio-economiche
estremamente preoccupanti che non consentiranno certamente, tra l’altro,
nemmeno la creazione di un solo nuovo posto di lavoro.
La cosa più grave e devastante –
consentitemi che la esprima questa mia perplessità – resta, comunque, la
perdita di alcuni importanti presìdi nella lotta alla
criminalità e nel controllo del territorio. Mentre tutti siamo preoccupati,
sebbene fortemente impegnati, nella lotta a questo
terribile fenomeno, la presenza dello Stato, che tutti vorremmo più forte, per
come anche la situazione suggerisce, si indebolisce di più con il pericolo di
lasciare le comunità in balia di queste forze e di ridurre al minimo la fiducia
nelle istituzioni. Come facciamo, infatti, a spiegare ai nostri cittadini, alla
gente che, in un momento difficile come questo, lo Stato decide la soppressione
di presìdi importanti come la Prefettura, la Questura
e i comandi provinciali delle forze dell’ordine?!
Per quanto mi riguarda, certamente, non
saremo mai sufficientemente grati alle forze dell’ordine, alla magistratura,
per il lavoro quotidiano, l’estenuante fatica giornaliera e per i proficui
risultati ottenuti nella lotta alla criminalità e nella tutela e difesa del
territorio, un lavoro spesso svolto anche in situazioni di disagio, situazioni molto difficili. Non possiamo, però, nemmeno non
considerare che, nonostante questo lavoro, nonostante i risultati – ripeto –
anche soddisfacenti, andrebbe maggiormente sostenuto e rafforzato dallo Stato
questo sforzo e che la situazione rimane sempre più preoccupante. Cito come
esempio alcune aree e le cifre degli ultimi cinque anni nel vibonese: 64 fatti di sangue tra omicidi, tentati omicidi e lupare
bianche, 48 i morti ammazzati per mafia e non solo, e per ultimo il brutale
assassinio avvenuto sulla spiaggia, in pieno giorno, davanti a decine di
testimoni e alla moglie e ai propri figli.
Ecco, queste considerazioni credo che
dovrebbero essere più che sufficienti per lanciare un accorato appello per una
mobilitazione civile e democratica e per iniziative del Consiglio regionale,
della Giunta e del suo Presidente in difesa del mantenimento delle
Province di Vibo Valentia e Crotone. Come ultima ipotesi, sarebbe veramente
opportuno che il Consiglio regionale impegnasse la
Giunta e il Presidente ad impugnare dinanzi alla Corte costituzionale l’articolo
17 del decreto legge 6 luglio 2012, numero 25, nella parte in cui prevede l’accorpamento
e/o la soppressione delle Province e delle loro funzioni.
Ha chiesto di parlare l’onorevole De
Masi. Ne ha facoltà. Raccomando la brevità degli interventi entro i 5 minuti, così come concordato.
Trovo un po’ singolare che lei richiami
il rispetto dei tempi quando prendono la parola consiglieri di opposizione,
comunque cercherò di osservarlo diligentemente questo richiamo.
Credo che gli aspetti essenziali della
questione, quelli funzionali, quelli normativi, finanziari che attengono a questa vicenda, siano stati esplorati con
dovizia di particolari e di giudizio pregnante in tutti gli interventi che
hanno preceduto il mio, in particolare nella relazione introduttiva dell’onorevole
Dattolo. Per cui non mi soffermerò ulteriormente,
salvo qualche brevissimo cenno, per evitare riproposizioni che sarebbero oziose
e fastidiose verso chi ci ascolta ed inutili ai fini dell’economia del
dibattito. Per questo, però, credo di avere anche l’obbligo di sviluppare
qualche riflessione più squisitamente politica e non posso non farlo
cominciando ad esprimere, con tutta la coerenza che
deriva dalla posizione nazionale del mio partito, la contrarietà verso questo
Governo tecnico che, tra l’altro, vedo accomunare gli esponenti degli altri
partiti, salvo essere costretti a doverne assecondare un’evoluzione che se
continua – come ormai sicuramente continuerà – è destinata unicamente, da un lato, a rappresentare tutta la
propria diligenza verso la cattedra europea, ma dall’altro a massacrare il
Paese.
E’ di questa mattina la notizia per la
quale in Italia si contano 8 milioni di poveri. Non è
una definizione eufemistica, è la rappresentazione di milioni e milioni di
persone che versano in una condizione di indigenza,
che non ha certo creato il Presidente Monti, ci mancherebbe altro, ma rispetto
alla quale questo Governo non sta facendo tutto quello che si potrebbe, tant’è
che declina con ossessione la necessità di coniugare il rigore e l’equità,
salvo poi riferirsi unicamente nei suoi atti concreti alla prima definizione.
E’ un Governo tecnico per definizione,
noi sopportiamo tutto ciò che deriva in termini funzionali di governo, cioè è
un Governo che è rinchiuso nell’angustia dell’accademicismo,
che è la dimensione in cui si coltiva l’esperimento, che è propedeutico proprio
a realizzare la realtà. La realtà la interpreta la politica, che non c’è, e ne
stiamo pagando – come dicevo – prezzi davvero esosi, esorbitanti ed insopportabili, come hanno sottolineato altri colleghi.
Ciò che più inquieta è che questo
Governo ha assunto tutti i vizi della politica tanto vituperata e,
naturalmente, con qualche virtù tra quelle che sono meno utili al bene comune.
Infatti, come fa a comminare una pillola che cerca di
edulcorare perché tanto amara, ricorrendo anche forzatamente all’uso di un’elegante
definizione anglosassone, spending review?
Sono andato a verificare quale fosse il senso vero, che è “ristrutturazione
della spesa”, cosa ben diversa da un ricorso quotidiano a tagli indiscriminati
e cosiddetti lineari, ovvero si sottraggono risorse ad
una determinata voce del bilancio statale, per reinvestirle in un’altra. La razionalizzazione
è questa? Qui siamo in presenza, in maniera assoluta e certificata, di tutt’altro.
Poi, vorrei esaltare – se così posso
dire – tutte le valutazioni che sono state, con fermezza e con passione,
rappresentate dai colleghi che mi hanno preceduto.
Siamo in presenza
di una foga antimeridionalista che non si sperimentava da decenni, siamo in
presenza del rischio di verificare, finalmente, come è stato attuato il disegno
della secessione per alcuni pezzi del territorio del Paese. Non vi sembri un’esasperazione
dialettica, verbale, una sorta di rabbiosa manifestazione di contrarietà a
questo Governo. Per secessione intendo misure di governo che escludono alcuni
territori da comuni circuiti virtuosi, vuoi economici, vuoi
sociali, vuoi civili, vuoi infrastrutturali e quindi umani. Siamo in presenza del rischio di una vera e propria secessione,
rispetto alla quale non solo non si può restare inermi, ma occorre dar luogo a
tutta una indignata reazione da parte dell’intera Calabria qui rappresentata.
Nelle ultime ore, una qualche
attenzione - maggiore rispetto a quella che non avevo avuto il piacere di
verificare nei giorni scorsi - forse si sta manifestando; ringrazio in
particolare i rappresentanti delle Province che non avrebbero nessun danno dall’attuazione
di questo provvedimento. Tuttavia, se dovessero esserci residui di auspici di
una definizione nei termini dati di questo provvedimento, mi permetto di dire
che, se dovesse essere realizzato quest’ultimo, non incorrerebbe in drammatiche
conseguenze solo il territorio di Crotone e di Vibo Valentia, perché come ogni
organismo che ha già diverse malattie, se tu gli aggiungi
altre menomazioni, è evidente che l’organismo nella sua interezza ne patisce in
termini drammatici la conseguenza.
Occorre, dunque, una risposta risoluta
che deve essere manifestata esattamente nei termini che vengono
riportati nel documento, altrimenti non serve e ripiegheremmo, rispetto ad una
drammaticità come quella che stiamo rappresentando, verso la descrizione un po’
formale, se non addirittura retorica, di una sorta di affetto istituzionale, ma
pieno di disincanto concreto verso le realtà che sono tanto sofferenti.
Sono state dette diverse cose, lo
stesso ufficio del bilancio del Senato, praticamente,
impugna questo atto, perché dice: “Attenzione, almeno per una fase questa
operazione comporterà un aggravio di spesa, il trasferimento del personale
stesso, eccetera”. Poi c’è tutta quella percezione di incostituzionalità,
che anche a me profano, hanno spiegato ed ho ben compreso, ovvero c’è tutta una
iniquità che procede lungo quel solco di distacco verso la realtà del Paese,
che questo Governo mette in atto.
Le due aree sono, tutto sommato,
assimilabili per condizioni economiche e sociali, ma mi permetto di dire, non
per distanziarmi dalle rappresentazioni fatte da parte degli esponenti della
Provincia di Vibo Valentia, che Crotone, per meritoria iniziativa del
Presidente Scopelliti, alcuni mesi fa, fu indicata – con conseguente richiesta
al Governo – insieme a Gioia Tauro perché fosse
riconosciuta come area di crisi. Non credo che si trattasse di una sorta di
trovata letteraria, in politica le espressioni e le declinazioni hanno un senso
concreto, che vuol dire che siamo in presenza di un’area
spogliata di tutto e la cui condizione economico-sociale è di tale drammaticità
che occorre che il Governo centrale, ovvero che lo Stato, si impegni per
manifestare una sua vicinanza. Invece, in questo caso, stiamo vedendo che lo
Stato smobilita i suoi pochi presìdi residui e se ne allontana.
Noi abbiamo perso quasi tutto. Ieri
abbiamo fatto una manifestazione perché – come lei, Presidente, saprà – ci
vogliono anche sottrarre l’unica infrastruttura rimasta che è l’aeroporto,
quasi in spregio ai dati, che pure dovrebbero eccitare l’interesse dell’accademia,
che descrivono un incremento di flussi turistici, di movimenti e di vettori che
lo distinguono da altri aeroporti – non me ne voglia nessuno – che, invece, stranamente vengono salvati da questa scure che sta per
abbattersi. Quindi, c’è tutta una specificità.
Il Paese – e non ricorro ad alcun
artificio retorico – nella sua interezza, dovrebbe manifestare all’area di
Crotone una gratitudine perenne. Non vorrei che a qualcuno sfuggisse che quello
è il luogo in cui ha sede il più grande centro di accoglienza per emigrati d’Europa
e, naturalmente, questa è una circostanza che induce contraddittorietà,
problemi e anche disagio sociale, che induce appetiti
di un certo tipo. Non vorrei che si dimenticasse, insieme a tante altre cose,
che in quella località, al largo delle coste di Crotone, viene
estratto quasi il 20 per cento del metano che serve il resto del Paese, mentre
per noi, per la nostra economia locale non c’è alcun ritorno, alcun ristoro,
nessun beneficio concreto, dal momento che, tra l’altro, l’Eni, che ne è
responsabile, ha finito soltanto per lasciare macerie, malattie e tarda a fare
il proprio dovere come soggetto che, avendo inquinato l’intera area, dovrebbe
provvedere a risanarla.
(Interruzione del
Presidente Talarico)
Concludo. Alcuni hanno parlato più di me,
Presidente, cosa vuole che le dica!? La ringrazio.
(Interruzione del
Presidente Talarico)
Sto concludendo.
Spero che i termini rigorosi che abbiamo scritto nel comunicato – e non ho
alcun dubbio che verrà fatto – il Presidente
Scopelliti e tutta
Grazie, onorevole De Masi. Adesso l’intervento del
sindaco di Crotone, Vallone.
Grazie, signor Presidente. Il tema,
naturalmente, ormai è trito e ritrito. Vi ringraziamo per questa giornata - che
si è concretizzata nelle ultime settimane – e per la
disponibilità che avete per le realtà territoriali che rappresentano queste due
Province. Condivido gran parte dell’intervento fatto dal Presidente del
Consiglio provinciale di Reggio Calabria. Ci troviamo all’interno della massima
Assise rappresentativa della Calabria e condividiamo tutti, indistintamente, l’inopportunità
di un provvedimento di questo genere, caratterizzato da un’assoluta assenza di logica
che ne sostenga la legittimità di fronte ai dubbi di incostituzionalità.
Mentre stiamo facendo questo
ragionamento, all’interno di questa Assise ci sono
espressioni di tutti i partiti nazionali che, nello stesso tempo, sono prossimi
a votare la fiducia a questo provvedimento. Credo che questa sia la
contraddizione forte.
Se qualcuno in quest’Aula pensa: “li offriamo in pasto alla stampa, tanto sono piccoli e neri,
possono essere messi ad indicare il vento dell’antipolitica contro le
istituzioni, contro l’incapacità di ridurre le spese politiche, di sopprimere
enti inutili”, non è così. In questo provvedimento – lo avete ribadito, accolgo gli
interventi dei rappresentanti delle altre tre Province con la massima
soddisfazione – si inizia da questo, dalle Province rimanenti; saranno,
naturalmente, di secondo livello, non saranno assolutamente espressione di una
democrazia rappresentativa del territorio, saranno frutto dei soliti
marchingegni e delle meline che quel Parlamento eletto continua ancora oggi a
propinarci.
Se non c’è capacità di reazione da
parte delle istituzioni – e parlo di Regioni, Province e Comuni che sono
espressioni di vera democrazia, perché i suoi rappresentanti sono eletti dai
cittadini dei rispettivi territori –, di questa parte della politica – che,
stranamente, è quella che è più sotto l’attenzione e
gli strali dell’opinione pubblica -, se non c’è la capacità di partire da
questi ambiti, è evidente che la strada è in salita. Stiamo facendo la solita
passeggiata per lavarci la coscienza, per esprimere solidarietà reciproca, ma,
nella sostanza, se non abbiamo la capacità di partire dalla Calabria non
andando più nei rispettivi partiti - che ci ricevono con difficoltà non solo al
Governo, ma anche nelle stanze dei partiti di cui siamo espressione -, se non
si riesce a risollevare la testa rispetto a quello che stiamo vivendo, a questi
momenti travagliatissimi, non avremo possibilità di spuntarla né per le
Province né per tutte le altre cose che riguardano tutte le Province italiane,
tutti i Comuni italiani e tutti gli enti locali.
C’è ormai la convinzione che si governi
solo a Roma, c’è il desiderio di un vecchio centralismo che sembrava messo in
discussione e che sta ritornando di moda e, nelle periferie, continuiamo
ad essere i soggetti che vengono governati dagli eletti, anzi dai nominati.
Credo che dalla Calabria si possa e si
debba partire - cominciando dalle Province, se ne hanno la capacità -, per
coinvolgere almeno il Sud. Non è difficile, come Province parteciperemo ad un incontro a Benevento
- credo che sia il 20 -, così come abbiamo partecipato a quello dell’Upi (Unione province italiane).
Deve esserci la capacità di coinvolgere
almeno altre tre o quattro regioni meridionali toccate da questo problema e i
parlamentari, espressione di quei territori come del nostro. Non è concepibile
che ad una riunione tenuta ieri dalle due Province
abbiano partecipato quattro rappresentanti nazionali, tutti gli altri, seppure
fosse domenica, erano impegnati chissà in quali altre faccende e su un tema
come questo non hanno avuto sensibilità! Il documento indicato dall’onorevole
Dattolo va benissimo, ma preoccupa l’aspetto residuale, l’incapacità di fare
politica; ci aspettiamo che una istituzione come
questa – che ringraziamo per averci accolto oggi - abbia la capacità di tirare
fuori quello che, in genere, necessita in momenti drammatici, perché è un
momento drammatico.
Grazie al sindaco Vallone. E’ iscritto
a parlare il sindaco di Vibo Valentia, D’Agostino.
Buongiorno, grazie Presidente. Molto brevemente,
visto che i minuti sono pochi cerco di sfruttarli al
meglio e partirei proprio dall’ultima considerazione del sindaco di Crotone sui
parlamentari. Penso che i parlamentari calabresi possano dirci con chiarezza
che cosa hanno intenzione di fare in sede di voto. Dovranno, se invitati in tal
senso, dirci da subito se sono disponibili o meno a votare questo provvedimento
e soprattutto, se su questo provvedimento ci sarà la
fiducia, che cosa intendono fare.
Ieri, qualche parlamentare ha dichiarato ufficialmente –
come il senatore Bevilacqua – che non voterà la fiducia. Se su questo tema
anche gli altri parlamentari calabresi ci usano la cortesia
di essere altrettanto chiari per sapere come regolarci, sicuramente è un passo
in avanti.
Analoga iniziativa sarà fatta, probabilmente, a
Benevento. Se si creerà un gruppo di parlamentari interessati alla questione
questa battaglia si può anche vincere e, anche di
fronte alla fiducia, si può dire chiaramente di no rispetto all’interesse del
territorio di mantenere le Province. Questo è un primo dato.
Un secondo dato: siamo di fronte a un provvedimento
sicuramente illegittimo, secondo qualcuno addirittura illecito. Il Senatore Murmura, ieri, ipotizzava, addirittura, di denunciare alla Procura della Repubblica Monti e il suo
Governo per reato di abuso in atto d’ufficio, perché, nonostante la
consapevolezza di trovarsi di fronte a un provvedimento illegittimo, lo
reiterano. Probabilmente è una teoria un po’ singolare, un po’ provocatoria,
però si parte da un’ipotetica illiceità del provvedimento e si arriva a una
certa illegittimità e ad una, ancor più, certa
ingiustizia del provvedimento. Il provvedimento è chiaramente ingiusto, nel
momento in cui non ci si dice quanto si risparmia,
perché, se sapessimo questo, potremmo proporre di risparmiare la stessa cifra
in modo diverso, abolendo le indennità dei sindaci, dei Presidenti della
Provincia, dei consiglieri e chi più ne ha, più ne metta, siamo disponibili –
ritengo – a questo, pur di salvare i territori - non pur di salvare le
poltrone, sono i territori che ci interessano, i servizi, le Prefetture.
Non è pensabile che non ci
siano più le Prefetture, le Questure, piuttosto che la Motorizzazione Civile o
tutto il resto, non è pensabile abolirle una volta
create. Ma che risparmio è! Sembrerebbe il risparmio –
scusate l’espressione un po’ forte – degli stupidi!
Cioè abbiamo speso fino a ieri per rendere funzionali e funzionanti queste
Province, oggi lasciamo tutto, abbiamo costruito la casa e per non pagare le
spese del condominio bruciamo la casa! E’ assolutamente
irrazionale, è assolutamente sciocco un risparmio del genere!
E poi, dei contratti in
essere – come giustamente diceva il relatore onorevole Dattolo – che facciamo? Paghiamo i fitti alla
Provincia madre, alla Provincia accorpante?!
Continuiamo in questa irrazionalità esasperata, quando finalmente abbiamo
creato dei territori che funzionano, che danno le risposte?!
A me sembra che questo risparmio sia soltanto dichiarato, ma non effettivo.
Non possiamo andare avanti
così! Andiamo avanti, invece, con iniziative giuridiche come l’impugnativa
davanti alla Corte costituzionale, ma da subito, non c’è bisogno di aspettare
la conversione in legge per decidere, per deliberare di impugnare il decreto
legge e sue eventuali modifiche. Certamente è necessario un parere negativo
subito, chiaro, della Regione Calabria sulla possibilità di accorpare la
Provincia di Vibo ad un’altra, a quella di Catanzaro,
dando la possibilità di aderire ai ricorsi già pendenti per cui è già stat fissata l’udienza.
Questo è quello che penso si
possa fare, così come è bene chiarire – ripeto – che
questo risparmio non c’è e non si vede - d’altra parte non è dichiarato - e che
le città capoluogo non hanno nessun vantaggio da un possibile trasferimento di
alcune competenze dalla Provincia ai Comuni, anzi è una follia pura. Qualcuno
diceva, poco fa, che i Comuni non sono in grado di garantire più la sicurezza
nemmeno di un’aula. Noi abbiamo quotidianamente problemi con le scuole, per non
dire con i mercati, con una serie di edifici pubblici, non siamo in grado di
gestire in questo momento altro.
I sacrifici gli enti
comunali, gli enti provinciali li stanno facendo,
basti pensare alla diminuzione dei trasferimenti. Si può risparmiare in questo
modo, non c’è bisogno di inventarsi l’acqua calda per dare un contentino all’Europa,
a Draghi, a chi più ne ha, più ne metta. Sembra che vogliamo farne una
questione di principio, quando, al di là dei princìpi,
a noi serve risolvere i problemi che viviamo quotidianamente sulle spalle nostre
e dei nostri cittadini. Siamo davvero in trincea, ma continuiamo a difenderci e
con l’aiuto di tutti, forse, questa battaglia si può anche vincere.
PRESIDENTE
Grazie al sindaco di Vibo
Valentia. E’ iscritto a parlare l’onorevole Pacenza.
Ne ha facoltà. Mi raccomando i tempi.
Presidente, un ringraziamento
non formale ma sostanziale a lei e al Presidente Scopelliti che con forza avete voluto questa seduta di Consiglio regionale dedicata
alla soppressione delle Province.
Credo che la risposta che oggi abbiamo ricevuto sia
stata confortante, perché nel corso del dibattito che si è sviluppato abbiamo
registrato, sia pure con diverse articolazioni, una serie di confortanti
convergenze su alcune necessità, che verranno poi
riassunte nel documento che, alla fine, spero tutti quanti insieme riusciremo a
concordare e quindi approvare.
Ritengo che non sia il momento delle polemiche, non lo
doveva essere prima, inevitabilmente ci sono state, credo che non ci debbano
essere da ora in avanti; la presenza di tutti i consiglieri regionali, anche –
io li definisco così e mi scuso – extraterritoriali, cioè al di fuori del
territorio della provincia di Crotone e di Vibo Valentia, sta a significare che questa vicenda interessa l’intero
Consiglio regionale, l’intera Calabria. Questo Consiglio regionale ha già dato prova di maturità nella circostanza precedente, cioè
quando abbiamo discusso sempre in seduta straordinaria sulla soppressione dei
tribunali. Anche lì si è dato prova di maturità
politica da parte di tutto il Consiglio regionale.
Credo che ci si debba porre degli obiettivi, che sono
stati sciorinati anche in maniera completa da parte dei colleghi che mi hanno
preceduto e da parte delle altre istituzioni qui presenti. Qualcuno diceva – mi
pare il sindaco di Crotone – che è giunto il momento di reagire e la reazione
la devono avere coloro i quali sono
rappresentanti eletti da parte dei cittadini, cioè i Comuni, le Province e le
Regioni. Credo che oggi ci sia una rappresentazione plastica di questa reazione
e dobbiamo cogliere l’aspetto positivo della seduta di oggi, che giunge come
epilogo dopo una serie di iniziative.
Ieri dicevamo col Presidente
Zurlo, col Presidente De Nisi, che cos’altro le
istituzioni periferiche devono fare per poter porre
ulteriormente all’attenzione il problema che riguarda non una parte della Calabria, non il 20 per
cento, ma tutta la Calabria, per i motivi che sono stati detti anche piuttosto
brillantemente dai colleghi che mi hanno preceduto?
Ritengo
che oggi la risposta istituzionale ci sia stata. Qualcuno metteva in dubbio l’impegno, la presenza concreta del Presidente Scopelliti.
Credo che non sia corretto – se mi posso permettere – impostare e dare un
messaggio del genere alla Calabria, dalle notizie in mio possesso – ma sono
notizie, ovviamente, pubbliche – il Presidente Scopelliti ha già messo in atto
una serie di iniziative, una serie di proposte, una
serie di incontri, perché si rende conto che l’eventuale soppressione delle
Province di Crotone e di Vibo Valentia potrebbe rappresentare una difficoltà
che si riverberà su tutta la Regione.
Così
come sono da cogliere, sempre in un’ottica di interesse
generale, le notizie che ci vengono relativamente all’istituzione della città
metropolitana di Reggio Calabria. Ritengo che sia da sottolineare
questo grande risultato: Reggio Calabria, insieme con altre nove città d’Italia,
diventa città metropolitana, con tutti i risvolti positivi che possono conseguire
a questa decisione.
Ecco,
questo è lo spirito che ci deve animare, Presidente, che ci deve
guidare da ora in avanti. Credo che fare dietrologia non serva assolutamente a
nulla, credo che sia opportuno sottolineare e ribadire
la risposta che la Calabria istituzionale, oggi qui riunita, al di là di facili
venature polemiche, ha dato. Sono sicuro che i nostri deputati, i nostri
senatori appartenenti al centro-destra e al centro-sinistra daranno la loro
risposta in Aula. Qualcuno già ieri ha dichiarato che voterà assolutamente in
maniera contraria al decreto che verrà portato nelle
aule parlamentari. Sono sicuro che tutti quanti i deputati calabresi conoscono e sanno quale difficoltà potrebbe derivare dall’approvazione
nelle aule parlamentari del decreto.
Mi permetta,
Presidente, di aggiungere – ma l’ha già fatto lei nel suo intervento
introduttivo – l’importanza di mettere mano immediatamente, per essere pronti, al Consiglio delle autonomie locali. E’ di
fondamentale importanza che lei, con la sua solita e squisita sensibilità
istituzionale, in tempi brevissimi si dia da fare per definire questo
Consiglio, che ci dovrà preparare, in ogni caso, al futuro, perché non possiamo
sottrarci ad un’altra consapevolezza: c’è necessità –
e questo i Presidenti delle Province e i sindaci delle città capoluogo lo sanno
– di rivisitare compiti e funzioni degli enti periferici.
Questo
è lo spirito che ci dovrà guidare, questo credo che sia lo spirito che oggi ha
aleggiato in quest’Aula.
Grazie,
onorevole Pacenza, anche per aver contenuto il suo
intervento nei tempi previsti. Andiamo avanti, il
prossimo intervento iscritto è dell’onorevole Sulla.
Mi esimo dal fare alcune considerazioni, perché i colleghi che mi hanno preceduto, come i
Presidenti delle Province, i rappresentanti di tutte le Province e i sindaci,
hanno delineato i tanti limiti di questo provvedimento
sulla soppressione e razionalizzazione delle Province e sulle loro funzioni.
Intervengo, però, perché voglio sottolineare
come un fatto non scontato – il collega Pacenza
faceva qualche riferimento anche prima – la disponibilità delle altre Province
a presenziare, intervenire e dare il loro contributo su questa vicenda. Per
alcuni versi era un tema su cui avevo molto insistito nei ragionamenti che abbiamo fatto nelle Province più direttamente
interessate, cioè a non rinunciare al coinvolgimento dei colleghi delle altre
Province. Vedo, inoltre, che oggi gli interventi che si sono qui susseguiti non
sono stati dettati da fatti rituali, sono entrati nel merito, hanno
approfondito, hanno spiegato le ragioni per cui questo provvedimento appare
assolutamente inadeguato.
Penso che anche la decisione
dell’Ufficio di Presidenza di convocare il Consiglio
regionale dimostri, con la partecipazione che stiamo registrando di tutti i
gruppi consiliari che sottoscrivono un unico ordine del giorno, la
consapevolezza che provvedimenti estemporanei di questa natura non ledono solo
i diritti democratici dei cittadini di quei territori che oggi, apparentemente,
sono quelli più interessati, ma i diritti di tutti i calabresi.
Credo che si stia rischiando
di commettere un errore gravissimo, che è quello di monetizzare e quantificare
un bene che, invece, non ha prezzo: la democrazia. Il rischio è quello di invertire una rotta che, invece, sembrava fosse
stata intrapresa dai Governi negli anni
passati, cioè di avvicinare le istituzioni ai cittadini. Penso che si stia
ragionando con quella stessa logica che ha portato, oggi, Consigli comunali di
piccole realtà ad essere composti da sette persone,
senza avere nessun ritorno economico, nessun risparmio, perché tutti noi
conosciamo qual è il costo di un Consiglio comunale di queste realtà.
Quindi, l’unico
obiettivo che si sta raggiungendo è quello di restringere la partecipazione
democratica e, dall’altro, di non avere nessun ritorno né economico né di
operatività.
Ritengo,
quindi, come sottolineato da tanti interventi e come
contenuto nel documento che ci appresteremo a valutare e votare, che sia
fondamentale che nessuno di noi – penso, almeno, negli interventi che ho
sentito - si ritragga o sia riottoso ad accogliere un ragionamento che metta
mano al sistema delle autonomie e, comunque, all’ordinamento statuale. C’è la
necessità di operare delle correzioni, ma non si può procedere con percorsi che
tutto faranno tranne che farci raggiungere questo risultato; bisogna procedere
sull’onda della risposta da dare ad una emergenza che,
più che economica, appare d’immagine, dettata dalla necessità di rispondere
anche a settori dell’antipolitica che tanti danni stanno producendo al nostro
Paese.
Penso
che occorra che si metta mano all’ordinamento statuale,
ma lo si faccia nei tempi e nei modi giusti. Bisognerebbe istituire un tavolo
di confronto che veda coinvolte tutte le forze politiche e che, alla fine,
consegni un nuovo ordine istituzionale che sia compiuto, completo, che metta
nelle condizioni tutti quanti, al più presto, di sapere quali
compiti svolgere, chi li deve svolgere e come vanno svolti.
Questo
provvedimento, invece, che si sta più volte riproponendo,
che cambia, ricambia e che ogni tanto inserisce – come diceva il collega Bruni
– qualche elemento che tende solo a salvaguardare questo o quell’altro pezzo,
non ci porta da nessuna parte.
Credo
che anche l’Upi nazionale abbia commesso un grave
errore; quando sento parlare il Presidente del Consiglio provinciale di
Catanzaro che dice “non condividiamo questa
impostazione come Upi della Calabria”, io mi sento
ancora più calabrese, sono più orgoglioso di essere calabrese, perché dimostriamo
di avere un’autonomia, di non avere sudditanza; poi, detto da chi, magari,
potrebbe pensare di avere dei ritorni da un riaccorpamento delle Province fa
ancora più onore, perché la maturità dei nostri politici, qui presenti, e delle
istituzioni che rappresentiamo ci deve portare ad avere contezza che alle tante
tensioni che oggi nei singoli territori registriamo si aggiungerebbe un’altra
tensione, che è quella territoriale.
Non
dimentichiamo – faccio l’esempio della Provincia di Crotone, ma varrà sicuramente
in Italia per tante altre realtà – che la rivendicazione dell’istituzione
Provincia a Crotone risale agli anni 1950; quel territorio si è sempre sentito
una provincia, aveva un’organizzazione già provinciale da ormai tanti anni e,
forse, una separazione consensuale o comunque di una parte può essere
accettata, ma un’unione obbligata non so se porterà benefici.
Ritengo,
quindi, che bisogni rafforzare le specificità dei territori e, semmai, rivedere
tutto l’organigramma – come dicevo prima – per renderlo più efficiente e più
funzionale ai bisogni dei cittadini.
L’ultima
cosa che volevo dire: noi stiamo dando al Presidente della Regione dei compiti
da svolgere, nel senso di impegni da assumere, che
sono abbastanza gravosi. Sono convinto che il Presidente della Regione abbia
registrato un clima che non era per nulla scontato – ripeto – perché quando si
parlò, in altri tempi, di operazioni sulle Province, si registrò un po’ di
sbandamento e di fuggifuggi tra i colleghi, forse perché non si era
sufficientemente riflettuto su quello che stava accadendo; invece oggi la
riflessione ci porta a dire che nessuno si avvantaggerà di queste proposte che vengono avanzate dal Governo nazionale e che tutti rischiamo
di esserne travolti.
Sono
convinto che l’impegno sarà forte, che saranno intraprese le azioni che noi,
come Consiglio, gli consegneremo di svolgere e credo, però, che – visto che il problema non è solo istituzionale ma è anche
politico – le forze politiche dovranno svolgere un altro ruolo, cioè vedere se
i parlamentari di tutte le realtà interessate ragionino con la stessa logica
che qui, oggi, ho sentito portare avanti dall’Upi
calabrese; dovranno ragionare con una loro autonomia, senza essere troppo
succubi e troppo dipendenti da scelte che dovrebbero subire e non partecipare,
perché non è accettabile che in tutti i territori interessati i parlamentari
vengano a dire che non sono molto d’accordo con questo provvedimento e poi non
sono conseguenti in sede parlamentare.
Penso
che questo lavoro bisognerà realizzarlo in qualità di
forze politiche, perché la battaglia istituzionale sia più forte, non per
tutelare – ripeto – privilegi o ruoli, ma per rivedere un quadro di organicità, di serietà, di
programmazione adeguato alle necessità del Paese e non con azioni estemporanee
da dare in pasto all’antipolitica, da far passare per guadagno economico.
La parola all’assessore Pugliano.
Grazie, Presidente; ringrazio, innanzitutto, i volenterosi e
pazienti amministratori, i rappresentanti delle forze sociali che si sono
intrattenuti per svegliare l’apatia e il disinteresse verso questo tema. Credo
di aver registrato che in quest’Aula siano stati elencati gli effetti che
questo irresponsabile Decreto potrà produrre verso due territori che già
occupano, senza che ci fosse la necessità di questa
ulteriore manovra, gli ultimi posti in tutte le classifiche che sono orientate
da indicatori sociali ed economici. Con questo Decreto indirizzeremmo sui
territori vibonesi e crotonesi un sisma che non ha bisogno dei sismografi per
essere preventivamente
annunciato e correggere, così come si sta cercando di provvedere, un difetto
della politica secessionista - mi piace condividere con l’onorevole De Masi
questo concetto – che cerca di dividere i territori fra ricchi e poveri, fra
forti e deboli. Questo perché, secondo me, si fa orientare da una cultura
bancaria che è abituata a dar credito ai ricchi ed ai
forti ed è abituata a staccare la spina ai poveri e ai deboli. Credo che nella
riunione odierna siano stati elencati tutti i danni che tale sisma potrà
provocare in Calabria e, in particolare, nei territori crotonesi e vibonesi perché
assieme alla istituzione provinciale, come ho già
detto, metaforicamente, credo che Monti possa far strike giocando a bowling.
Diversi servizi cadranno con l’ente-istituzione Provincia. Credo facciamo bene a continuare su questo ritmo per cercare di
convincere la comunità di quello che sarà il futuro di questi territori perché ritengo
non sia stato rappresentato a nessuno attraverso questo Decreto quale sia il
rapporto fra i risparmi ipotizzati e i costi che i cittadini dovranno pagare.
Credo che ci siano tante altre ragioni rispetto a quelle che sono state
segnalate dai diversi interventi, che condivido. Aggiungo che questo
provvedimento è incoerente con le politiche comunitarie perché la Regione
Calabria, che è ancora indicata come Regione ad
“Obiettivo 1”, quindi, come territorio in ritardo rispetto alla coesione
sociale ed economica, mentre il Governo
nazionale rema in senso contrario e intende staccare ogni servizio civile da
questi territori. Ebbene, credo ci sia bisogno di altro. Mi considero sempre un
equilibrato ed un moderato ma credo che, in questo
frangente, bisogna anche cercare di togliersi l’abito dei moderati e degli
equilibrati per gridare ancora di più il rischio che questo sisma possa
abbattersi sui territori vibonesi e crotonesi. Devo segnalare, rispetto al
movimento che si sta creando, che sulla questione i parlamentari non si sono
pronunciati perché sono quello che ha suggerito di convocare la riunione di
ieri per non consentire l’alibi agli stessi parlamentari di essere, oggi,
impegnati a Roma. In seguito all’assenza registrata ieri da parte, ho suggerito
di inviare il documento -che, spero, il Consiglio regionale approvi
oggi alla unanimità- per ascoltare preventivamente il parere dei parlamentari
al voto in Aula. Credo che questo Decreto sia l’agnello sacrificale che tenta
di spostare, dai livelli romani, le attenzioni del partito dell’antipolitica.
Non una parola è stata detta in questo pacchetto di ristrutturazione della
spesa, sul futuro delle due Camere o sul numero dei parlamentari. Ebbene, credo
che dobbiamo pretendere determinati comportamenti dai nostri parlamentari e
chiedo ai Presidenti delle Provincia di Crotone e di Vibo Valentia di farsi
promotori – anche in sede di riunione di tutte le Province interessate alla
soppressione e all’accorpamento – e di chiedere ai loro rispettivi parlamentari
che ci sia una espressione ed un giudizio preventivo
per evitare che si celino, si nascondano dietro lo strumento del voto segreto
rispetto al voto di fiducia. Credo, e chiudo, che, se è vero
che la legge ha garantito a quei territori di essere rappresentati da un 20 per
cento di questa Assise regionale, bisogna dar atto al Governatore Scopelliti, e
non per un sentimento di adulazione nei suoi confronti, che è stato colui che
ha cercato di conferire maggiore dignità ai territori crotonesi e vibonesi,
attribuendo loro il 30 per cento della rappresentanza del governo regionale.
Invito, pertanto, ad approvare il documento già approvato dai rispettivi
Consigli provinciali e che rappresenta il pensiero della Calabria, chiedendo,
ulteriormente, di far sottoscrivere preventivamente lo stesso ai parlamentari. Credo ci sia bisogno di altro e consigliamo, intanto, al
Governatore Scopelliti di continuare a rivendicare la dignità dei territori
vibonese e crotonese e di non consentire che sugli stessi possa essere staccata
la spina da parte di questo Governo bancario.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Grillo. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente. Un saluto doveroso ai colleghi consiglieri, ai
sindaci, ai Presidenti della Provincia, nonché ai
consiglieri provinciali presenti oggi. Sono d’accordo con tutti coloro i quali
hanno espresso un parere sfavorevole nei confronti del Decreto legge e
ritengono che si stia scrivendo una brutta pagina nera per la nostra Regione.
In queste ore di grande confusione siamo tutti in attesa del provvedimento del
Governo che, anche qui, non ha ancora stabilito quelli che sono i criteri per i
quali bisogna accorpare le Province cosiddette “piccole” a quelle più “grandi”.
Il condizionale è d’obbligo in questo caso perché già nella notte del 5 luglio
scorso, in cui finalmente è stato reso noto il testo
ufficiale del Decreto legge numero 95, sono stati cancellati i due criteri
prescelti per le Province da mantenere: una dimensione territoriale di almeno 3
mila chilometri quadrati ed una popolazione di almeno 350 mila abitanti. Vorrei
smentire, naturalmente, quanto sostenuto dall’onorevole Censore circa l’assenza
mia e quella dell’onorevole Salerno, ieri, al Consiglio provinciale aperto di
Vibo Valentia: non era certamente dovuto ad una
volontà di non sostenere questa battaglia ma ognuno di noi aveva degli impegni.
Mi sembra, essendo primi firmatari di questo Consiglio straordinario che si sta
tenendo oggi, che la volontà del Governo regionale sia chiara, cioè affrontare
l’argomento nella sua interezza. Nell’attesa, i Consigli comunali di Vibo
Valentia e Crotone hanno tenuto ieri una riunione congiunta, al termine della
quale hanno approvato e chiesto, sin da ora, che, nella denegata ipotesi in
cui, malgrado tutte le iniziative che saranno intraprese dalla Regione Calabria,
dalle Province e dai Comuni interessati in difesa delle Province di Vibo
Valentia e Crotone, il richiamato Decreto dovesse essere convertito in Legge,
la Regione Calabria si impegna, attraverso il
Presidente e la Giunta regionale, ad impugnare, davanti alla Corte
costituzionale con giudizio in via principale, il più volte menzionato articolo
17, nella parte in cui si prevede l’accorpamento o la soppressione e la
razionalizzazione delle Province e delle loro funzioni. Si tratta, a mio
avviso, di una richiesta più che legittima, stanti gli evidenti profili di incostituzionalità dell’articolo 17 del Decreto legge
numero 95 del 2012 che, come ho sostenuto nella scorsa seduta di Consiglio
regionale, viola l’articolo 133 della Costituzione e l’articolo 14 della Legge
23 agosto 1988, secondo cui: “Non possono essere oggetto di decretazione di
urgenza da parte del Governo le materie previste dall’articolo 72, comma 4,
della Costituzione, tra le quali sono incluse le norme di carattere
costituzionale ed elettorale”. L’articolo 17 è, in
sostanza, una riedizione della proposta di legge sulla riduzione delle Province
che circolava -vi ricordo- nell’estate del 2011 e che, infatti, è stata
ritirata, proprio perché palesemente incostituzionale. Ritengo che nessuna emergenza,
sia che si chiami spread sia che si chiami
speculazione, possa calpestare la Costituzione italiana: non può farlo nemmeno
in presenza di una volontà politica unanime che, peraltro manca, altrimenti il vulnus
democratico per il nostro Paese sarebbe di altissimo rischio e molto grave. Quando
venne avanzata la prima proposta di riduzione delle
Province, nell’agosto del 2011, ero uno di quei consiglieri regionali che non
era contrario all’abolizione delle Province se, nel momento in cui fossero
state abolite, si fosse pensato di abolire l’intero sistema delle Province
italiane. Intervenni pubblicamente per esprimere alcune considerazioni; oggi,
non posso che ripeterle: dal punto di vista sociale i territori di Vibo
Valentia e Crotone perderebbero la vicinanza di una serie di servizi al
cittadino, mentre molti impiegati – già colpiti dal congelamento dei salari – si impoverirebbero ulteriormente in quanto dovrebbero
raggiungere, a proprie spese, un posto di lavoro lontano, senza considerare che
ciò porterebbe l’arretramento dello Stato proprio in alcuni territori della
Calabria dove, ad esempio, lo Stato è sentito storicamente come entità lontana.
Iniziava, finalmente, a penetrare oggi, ed inizia a
penetrare nella mentalità della gente, che lo Stato esiste e, quindi, bisogna
insistere. Queste saranno le conseguenze di quelli che sono stati catalogati
soltanto come tagli ai costi della politica nell’ambito della spending
review. Resto dell’idea che l’opzione migliore sia
la creazione della cosiddetta provincia amministrativa, governata cioè dai
sindaci o da loro delegati dei Comuni che ne fanno parte. Optando
per la suddetta riorganizzazione, di conseguenza, si eviterebbe di
perdere tutta quella serie di uffici ministeriali, parastatali e regionali che,
altrimenti, scomparirebbero dalla nostra provincia. Si tenga presente che
accorpare le province, cosiddette piccole, con quelle grandi non corrisponde ad
alcuna logica di omogeneità territoriale perché l’omogeneità
territoriale è quella che esiste già. Un ritorno al passato, peraltro, non
gioverebbe nemmeno alla provincia di Catanzaro - qualcuno parlava prima di
province prevaricatrici – che, da quando non gestisce più i
territori vibonese e crotonese, mi sembra non si sia affatto impoverita,
anzi, è migliorata parecchio perché ha potuto pensare maggiormente a sé stessa,
nel senso che ha potuto concentrare tutte le risorse. I progressi di viabilità
e di infrastruttura, nell’ultimo quindicennio, lo
testimoniano; anche Catanzaro ha avuto il suo vantaggio nell’essere divenuta un
territorio omogeneo. Resta da esaminare l’aspetto economico, cioè i presunti
risparmi che apporterebbe, secondo il Governo
nazionale, l’articolo 17 della spending review. Ebbene, la norma non è
convincente, nemmeno sotto questo aspetto, e non lo è
perché ridistribuisce le competenze di un Ente di vasta area, come la
Provincia, ai Comuni, quando, invece, questa caratteristica di area vasta
avrebbe dovuto consigliare di individuare gli enti destinati ad ereditare le
funzioni delle Province. La scelta di sminuzzare e
polverizzare le funzioni provinciali, come scuola, edilizia scolastica,
formazione, lavoro e programmazione territoriale, fra i Comuni appare
davvero insensata. Per proseguire economicamente è sempre consigliabile
aggregare e non diluire; per cercare, invece, una qualche forma di
compensazione territoriale e la scomparsa di determinate Province, è stata
escogitata questa scelta che definisco infelice. Per concludere,
ipotizzando il naufragio in Parlamento di questa parte del Decreto legge,
incostituzionale, socialmente inaccettabile ed economicamente controproducente,
propongo ai miei colleghi regionali, oltre all’approvazione all’ordine del
giorno, di farci promotori di una controproposta legislativa da concertare e
definire tutti insieme, avendo, come Consiglio regionale, il potere di proporre
Leggi alla Camera. Grazie.
PRESIDENTE
Vi sono, adesso, diversi iscritti a parlare. Inizierei dagli ospiti. Ha
chiesto la parola il Presidente della delegazione
italiana al Consiglio d’Europa, Verrengia. Ne ha
facoltà.
Grazie, Presidente, per avermi dato questa opportunità.
Porto un saluto al Presidente Scopelliti, a tutto il Consiglio e a tutti gli
intervenuti, ai colleghi di Crotone e di Vibo Valentia.
Volevo solo rappresentare quella che è stata la posizione che ha
portato avanti la delegazione italiana al Congresso dei poteri locali a
Strasburgo. Ringrazio anche l’onorevole Giampaolo Chiappetta e il sindaco di
Squillace, Guido Rhodio, che mi hanno
supportato per portare avanti un rapporto sulla valenza e sulla necessità di un
ente intermedio per lo sviluppo dell’Europa.
Nella sessione plenaria di marzo di quest’anno, nella Commissione Governance
a Innsbruck, abbiamo un po’ sovvertito quello che nasceva come monito da parte
della Bce, che per stare in Europa l’Italia aveva bisogno di eliminare le
province.
Abbiamo dimostrato, invece, che l’Ente intermedio rappresenta un caposaldo
per un avamposto della democrazia ed abbiamo ottenuto
un risultato politico importante, una condivisione dei 47 paesi membri del Consiglio
d’Europa che vanno al di là della Unione europea. Abbiamo anche stravolto
questa iniziativa che aveva portato
Volevo, anche, ripartire dal Consiglio congiunto che c’è stato il 23
gennaio di quest’anno a Lamezia Terme dove, per la prima volta, alla unanimità tutti i cinque Consigli provinciali avevano
approvato un ordine del giorno che andava a rafforzare quella che era l’unità
dei territori della nostra Calabria. Ringrazio il Consiglio regionale che ha
dato l’opportunità di lanciare un messaggio positivo all’esterno di una Calabria
unita rispetto ad una mortificazione della democrazia.
Vedete, gli enti locali
rappresentano un avamposto della democrazia e della legalità del nostro territorio
già martoriato per altri fenomeni. L’iniziativa che abbiamo portato avanti in Europa
ne ha dato un grosso segnale.
Speriamo che questo Governo, fatto di tecnici che nulla ha a che fare
con la politica e con la rappresentanza democratica delle nostre comunità,
possa rivedere la propria posizione. E sono d’accordo con l’appello che è stato
lanciato verso i nostri parlamentari perché vedremo e capiremo davvero se i
nostri parlamentari vogliono bene al proprio territorio e danno forza a quella
che è la rappresentanza degli enti locali. Enti locali che hanno già dato un
proprio contributo con il dimezzamento dei Consigli comunali, il dimezzamento dei Consigli provinciali, l’abbattimento delle
indennità. Penso che abbiamo dato un grosso esempio di risparmio, così come è stato anche rappresentato dallo studio dell’Università
Bocconi.
Condivido tutti gli interventi che ci sono stati in questa
Assise e penso che si possa addivenire – così come ha iniziato i lavori il
consigliere Dattolo – ad una condivisione questa volta per far ricorso alla
Corte costituzionale. C’è già in atto un
ricorso che deve essere discusso il 6 novembre e, sicuramente,
Un’altra cosa che volevo rimarcare come rappresentanza italiana al Consiglio
d’Europa è l’elezione diretta. L’elezione diretta non deve essere modificata.
Così come ci sono state delle proposte di legge per l’emissione della
preferenza, così anche per la scelta degli amministratori locali ci deve essere
una elezione diretta degli amministratori, altrimenti
andremmo alla violazione della Carta europea della democrazia.
Così come un’altra violazione è quella che si vuol portare avanti nello
svuotamento di funzioni e di risorse perché viene meno
il principio di sussidiarietà e il principio di dare completa autonomia agli
enti locali. Per ultimo, è importante e penso che sia
condivisibile che venga al più presto attivato il Cal, che è il Coordinamento
delle autonomie locali, per dar voce alle espressioni delle associazioni degli enti
locali.
Volevo concludere ringraziando anche il Presidente
Scopelliti, da amministratore, impegnato nel passato, degli enti locali più
piccoli, per la sua forza e la sua determinazione nel portare avanti una
battaglia di civiltà per il riconoscimento degli enti locali.
Volevo chiudere il mio intervento citando le parole di Oscar Luigi
Scalfaro quando il 15 ottobre 1985 ratificò
PRESIDENTE
Grazie. Per il prossimo intervento do la parola al Presidente del Consiglio
provinciale di Crotone.
Grazie, Presidente. Cercherò di non utilizzare nemmeno i cinque minuti, ma di essere, anzi, più breve, perché c’è il rischio concreto di esser ripetitivi e di approfittare soprattutto della pazienza dei colleghi.
Perché non rinuncio ad intervenire nonostante chi mi ha preceduto abbia trasmesso in maniera eccezionale qual è lo stato d’animo, qual è la spinta, qual è l’aria che si respira in alcuni territori della Regione? Raddrizzare un po’ il tiro della discussione, anche se all’ultimo purtroppo.
Voglio ribadire che, oggi, non siamo qui per chiedere aiuto e per
salvare Crotone e Vibo
Valentia, intesi come Enti provinciali. Siamo qui, in un Consiglio
regionale, per parlare di un problema regionale e dagli interventi che ci sono
stati e che si sono succeduti un po’è emerso, ma forse
non in maniera così netta e chiara. L’abolizione delle Province di Crotone e di
Vibo Valentia non è solo un problema
dei rispettivi territori di Crotone e di Vibo
Valentia, ma è un problema regionale per vari ordini di motivi.
Primo tra tutti – qualcuno lo ha
evidenziato in maniera egregia e quindi non ci spendo altro tempo ed altri
minuti – l’abolizione di un Ente Provincia in due realtà come quelle di Crotone
e di Vibo Valentia significa,
veramente, assestare il colpo di grazia dal punto di vista occupazionale ed economico a due territori già in
ginocchio.
E’ un
problema regionale perché il Presidente Scopelliti in campagna elettorale – ed
io l’ho ascoltato in più occasioni – ha utilizzato un messaggio che ha fatto
breccia sui cittadini calabresi che è quello “
Un problema
di Vibo Valentia e di Crotone è un problema regionale perché non posso pensare
che un Consiglio regionale, una Giunta regionale possa
trascurare delle esigenze - così oggi i fatti mi stanno dando ragione – di un
territorio che rappresenta il 20 per cento in termini di popolazione e in
termini di dimensione.
Dicevo che
la nostra realtà è quella che è emersa qualche giorno fa, da una
intera pagina del giornale “
Alla fine
rimangono enti di secondo grado inutili, quelli sì realmente inutili e quindi è
un primo passo ad una necessaria abolizione reale,
magari con un iter costituzionale. Non si può realmente più giocare o non
prender sul serio un argomento del genere.
Oggi, qui
quello che ha riportato il Presidente Zurlo, il sindaco Vallone, ma immagino
anche i rappresentanti di Vibo Valentia, è il risultato di una serie di incontri e dibattiti avuti sul territorio con tutta la
classe dirigente e non solo, quindi, con la classe politica ma con tutta la
classe dirigente.
Se fino a
qualche mese fa questo vento di antipolitica aveva portato un po’ di freddezza,
almeno nel territorio di Crotone, i cittadini, non solo la classe dirigente, inizia ad avere paura ed un minimo di cenno di reazione, e
soprattutto poi a posteriori una
volta che ha verificato con mano tutti i disservizi, il caos che potrebbero
nascere. Il rischio c’è e quindi va preso seriamente il grido di allarme che viene lanciato oggi.
Riportando
le proposte dell’intervento iniziale, penso che quelli siano i primi passi del
ricorso costituzionale in primis per
cercare di bloccare questa volontà attraverso un decreto iniquo e non coerente
come un decreto legge. Grazie.
PRESIDENTE
E’ iscritto
a parlare l’onorevole Salerno. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente,
cercherò di essere europeo al massimo perché con gli interventi ci siamo
ripetuti un po’ tutti quanti anche se, giustamente, si
tratta di difendere i territori interessati della Provincia di Vibo Valentia e
di Crotone.
Un saluto ai
Presidenti delle Province, ai sindaci, ai rappresentanti istituzionali.
Comincio da
quanto detto dal Presidente della Provincia di Vibo Valentia, De Nisi. Effettivamente è dal mese di dicembre che le Province
non ci sono più e bisogna prendere atto di questo.
Noi siamo
qui tutti insieme, maggioranza e opposizione, centro-destra
e centro-sinistra, per difendere queste due importanti istituzioni in una Regione
in cui c’è bisogno di presenza istituzionale. Penso che dobbiamo essere uniti
non soltanto in questi momenti, quando qualcosa ci viene
scippato, ma soprattutto nel momento in cui si tratta di programmare e di
proporre.
Vedete,
queste due Province - dobbiamo dirlo chiaramente ed io l’ho già detto a
dicembre in una precedente iniziativa a Vibo Valentia – sono molto piccole, al di sotto dei 170 mila abitanti, e sapevamo che vi era il
rischio altissimo che sparissero dalla geografia istituzionale dello Stato italiano.
Non v’è dubbio che dobbiamo lottare fino alla fine per evitare questo ulteriore scippo, ma dobbiamo lavorare in maniera
seria per cercare di riproporre, di non far depauperare i territori di tutti
quei servizi che le Istituzioni Province hanno creato sui territori.
Guardate, è
un discorso molto importante esser presenti nel futuro quando verrà ridisegnata l’architettura istituzionale in Italia
perché, comunque, la volontà è quella di sopprimere. In passato abbiamo messo
qualche pezza per evitare la soppressione e ci ritroviamo oggi a ridiscutere –
io dico – forse già a cose fatte.
È molto
importante se si riesce quanto meno a bloccare il
provvedimento con una azione forte dei parlamentari calabresi e occorre che
essi abbiano una posizione di distinguo rispetto ad altre posizioni per
impugnare, se ci sono le condizioni, – non so se ci sono – questo decreto.
Ma al di là di questo, penso che noi dobbiamo ragionare da
subito, immediatamente, e mi rivolgo ai Presidenti delle Province di Crotone e
di Vibo Valentia, ai sindaci di Crotone e di Vibo Valentia ed alle altre Istituzioni,
per cercare di esser propositivi e di dire cosa vorremmo noi da questi
territori per il futuro.
L’Ente
Provincia viene soppresso e con esso anche la
Questura, la Prefettura, la sede provinciale Inps e Inail, il Comando provinciale
Carabinieri e Guardia di Finanza, Vigili del fuoco, Forestali e così via.
Certo,
dobbiamo capire cosa comporterà in futuro la soppressione di questi presìdi istituzionali, di questi presìdi
di legalità.
È molto
importante cercare di capire ed esser propositivi affinché il danno sia ridotto
al minimo possibile perché non vorrei che oggi si facesse battaglia per evitare
la soppressione per poi ritrovarsi il problema fra tre-quattro mesi quando
questo Governo avrà bisogno di recuperare ancora altre risorse per cercare di pareggiare
i conti.
Questo non è
certamente – ce lo dobbiamo dire – un Governo che
guarda alla realtà dei territori; anche il mio Partito a livello nazionale
sostiene questo Governo ma – dico la
verità – staccherei la spina per tanti atteggiamenti di questo Governo
soprattutto nei confronti delle aree deboli. Non vorrei dimenticare, per
esempio, il ritardo di 7 mesi per la costruzione dei
nuovi ospedali che il Governatore Scopelliti aveva portato avanti. Siamo fermi
con l’apertura delle buste perché il Governo non ha rinnovato il decreto relativo alla struttura commissariale per la costruzione di
nuovi ospedali ma potremmo ancora elencare tante altre cose.
Il Governo tecnico non si pone questo problema così come non si è posto
quello dei tribunali. Penso che dobbiamo esser noi a proporre ed a portare avanti un’azione forte tutti quanti uniti, centro-destra
e centro-sinistra, senza distinguo. Grazie.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Giordano. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente,
conterrò il mio brevissimo intervento in tempi ultra europei anche perché non
voglio ripetere le tante cose che sono state dette. Intanto, mi preme l’obbligo
di rivolgere un saluto a tutte le istituzioni presenti, Presidenti di
Provincia, Presidenti di Consigli provinciali, ai tanti Sindaci e ai tanti
rappresentanti delle associazioni, l’Aic e l’Upi che stamattina sono venuti a portare la loro
testimonianza in questo Consiglio regionale in una seduta che non deve essere
un momento di battaglia e di retroguardia nei confronti di questo territorio e
nei confronti del sistema delle istituzioni.
Certamente,
questi provvedimenti – che sono piovuti addosso ai territori ed
alla cittadinanza soprattutto delle Regioni del sud – sono provvedimenti
nefasti e non hanno nemmeno lo spirito della riforma. Sono provvedimenti di
tagli che vanno a colpire nel cuore le aree maggiormente depresse del Paese.
E’ proprio
di qualche ora fa l’ennesimo e nefasto provvedimento che si è consumato alla
Camera, in Commissione laddove un emendamento della Lega ha cancellato le
risorse che, in via prioritaria, sarebbero dovute essere destinate al sud e,
quindi, alla Calabria sul fondo rotativo per la innovazione
tecnologica.
Un ennesimo provvedimento
fino a questo momento nel silenzio della deputazione calabrese, delle forze
politiche. Un emendamento della Lega con il parere favorevole del
Governo e, quindi, di chi sostiene
questo Governo che noi, in maniera coerente e consapevole e senza nessuno
spirito di atteggiamento mai preventivo, ogni giorno combattiamo perché vediamo
che c’è una azione scientemente messa in campo – come
diceva in maniera brillante nel suo intervento il mio capogruppo, onorevole De
Masi – che ha il sapore dell’accademicismo ma che è
la negazione del principio di responsabilità che la politica deve avere nei
confronti di un Paese.
Se questo è lo spirito, ritengo che oggi non si possa concludere con un dibattito consiliare un ragionamento che
deve avere una sfera di prospettiva più ampia. E’ innegabile che ci sia la
necessità di rideterminare un assetto dello Stato, delle funzioni degli enti di
Governo, una architettura dello Stato che non è più
rinviabile e alla quale, tanto le Istituzioni, tanto la politica ed il sistema
dei partiti, ha, fino al momento, abdicato.
Non si può ricorrere ad una rivendicazione a
“babbo morto” come diceva qualcuno. Sono convinto che ci sia la necessità – anche all’interno di questo Consiglio
regionale con l’Istituzione del Consiglio delle autonomie locali previsto da
questo decreto, che sarebbe chiamato, nel termine di 45
giorni, a fare delle proposte – di
fornire garanzie ai territori perché quello che deve essere garantito, non sono
solamente le cattedrali-contenitori, ma i servizi. Servizi che vengono sempre
più negati, sviliti e cancellati da territori deboli come quelli di Crotone e
di Vibo Valentia e da province che soffrono maggiormente.
All’interno di quel provvedimento, tuttavia, l’unica luce che forse
mette un pesante cono d’ombra al sistema del sud e dello Stato e, quindi, anche
della Calabria, riguarda finalmente la previsione di tempi certi e scanditi per
le città metropolitane.
Questo è un aspetto che deve essere adeguatamente valorizzato. I tempi
finalmente porteranno e possono portare al varo delle dieci città metropolitane
ed, in questo contesto, finalmente, la Città
metropolitana di Reggio Calabria vedrebbe tagliare un traguardo che è decisivo
per le sorti di questo territorio e che può essere da impulso e da slancio per
l’intero sistema territoriale calabrese.
A questo scopo – mi dispiace che non siano presenti i rappresentanti
tanto del comune che della provincia di Reggio Calabria – ritengo che sia
ineludibile ed indifferibile un processo che veda un
coinvolgimento dell’intero territorio della provincia di Reggio Calabria e dei sindaci
delle 97 comunità rappresentate che porti al varo di uno Statuto e,
soprattutto, di un ente che non sia di secondo livello, un ente di nominati. Ci
vuole l’elezione diretta anche con il sistema elettorale delle province – che è collaudato – che possa dare democrazia e rappresentatività
e possa dare forza ed impulso alla popolazione che non può essere ulteriormente
mortificata.
Che si proceda, dunque, secondo tempi precisi. Che il
1 gennaio 2014 veda, finalmente, tagliare questo traguardo e veda anche
un Consiglio regionale impegnato in un dibattito e in un ragionamento continuo,
perché bisogna garantire ai territori servizi di livello adeguato e civile.
Cosa che è mancata e che non può non vederci in un nuovo protagonismo del Consiglio
regionale e soprattutto verso quei territori, come Crotone e Vibo Valentia, che
sono ogni giorno mortificati. Grazie.
PRESIDENTE
La parola per l’ultimo intervento all’onorevole Principe.
Presidente, grazie per avermi concesso la parola. Saluto tutti i rappresentanti
istituzionali delle cinque province calabresi e dei comuni presenti.
Voteremo l’ordine del giorno anche perché riteniamo un miglioramento il richiamo all’esigenza di una più generale
riforma delle istituzioni. Sotto questo profilo daremo un voto convinto, ma
potremmo esser accusati di ipocrisia se dovessimo dire
che tutto ciò ci soddisfa.
Apprezzo l’attività del Presidente Talarico e fa bene il Consiglio
regionale ad intervenire su queste questioni, ma tutti
noi corriamo il rischio di dar luogo ad un confronto e ad un dibattito che alla
fine potrebbe apparire come un Consorzio in cui trionfa la cultura del
campanilismo, soprattutto a quanti vogliono male a questa Regione, in
particolare nel mondo dei mass/media. E penso che questo sarebbe un grave
errore per tutte le istituzioni calabresi.
Nel momento in cui approviamo l’ordine del giorno, non pretendo che
quanto sto per dire ne faccia parte ma rivolgo un
invito esplicito al Presidente Talarico, a cui pregherei di ascoltare, per
tenere conto delle modeste opinioni che sto per dire.
Se noi non prendessimo atto che c’è un cambiamento radicale di intenti della democrazia in questo Paese alla fine non ne
usciremmo. Capisco l’appello ai nostri parlamentari e farà bene il Presidente Scopelliti
a confrontarsi con la nostra deputazione, ma da quanto è dato di sapere su
questo provvedimento il Governo proporrà la questione
di fiducia per cui i nostri parlamentari potranno far molto o poco in sede di
Commissioni per migliorare il testo. Quando arriverà il momento di votarlo se
il Presidente del Consiglio dei Ministri, Monti, dovesse ritenere questo un provvedimento catenaccio vi porrà la fiducia ed i
nostri parlamentari dovranno votare la fiducia.
Dobbiamo renderci conto che è cambiato il modo di intendere la democrazia.
Questo è un Paese che è cresciuto sulla orizzontalità.
E che significa orizzontalità? Vuol dire dare uno spazio enorme a tutte quelle
istituzioni, a quelle rappresentanze che costituiscono una rete diffusa sul
territorio. In questo contesto non v’è dubbio che il
sistema delle autonomie locali ha dato un grande contributo per la crescita del
Paese.
Oggi l’orizzontalità è sostituita dalla verticalità per cui i territori
a tutti i livelli non contano nulla.
Una cosa mi colpisce e voglio chiedere – non per far una critica a chi
si è comportato in questo modo – ai presenti: mi pare che i rappresentanti di Confindustria
delle vostre province siano venuti tutti diligentemente a dire che Confindustria
provinciale fosse contraria a questo provvedimento, o mi sbaglio? Poi andiamo a
sentire cosa dice la Confindustria a livello centrale ed è l’esatto contrario.
E’ la dimostrazione che la orizzontalità non conta più
e vale il principio della verticalità, anche per i partiti.
Non so se l’opera del Presdiente Scopelliti
sia velleitaria o abbia un fondo di forza culturale nel momento in cui tenta di
organizzarsi per essere leader del Mezzogiorno nel campo del centro-destra.
Diciamo la verità: noi altri delle periferie dell’impero
nei nostri Partiti non contiamo quasi nulla perché il principio della
verticalità vale anche per i partiti. Del resto lo stesso Presidente Scopelliti
oggi si scopre un alfiere dell’autonomia del Mezzogiorno e della Calabria e molto poco alfiere è stato finché al Governo c’è stato il
cavaliere Berlusconi.
Come facciamo, caro Presidente Talarico, a dire che ci siamo pure noi?
Il problema è di come facciamo a dire che ci siamo anche noi. Certo c’è l’ordine
del giorno, ma a mio avviso dobbiamo dare qualche segnale in più.
L’onorevole collega Grillo ha anticipato una parte delle mie idee nel
momento in cui ha richiamato l’articolo 16 dello Statuto
affinché la Regione presenti, mi auguro con un voto unanime, una sua proposta
di legge al Parlamento su questa materia.
Vado oltre nella proposta perché, se vogliamo dimostrare che la Calabria
esiste, siamo i più interessati a batterci contro il principio e la cultura
della verticalità. Questi territori potranno dir la propria se si torna alla
cultura della orizzontalità.
Caro Presidente Talarico, perché non utilizziamo per la parte che ci
riguarda - come gruppo del Pd le diamo questa delega e questo mandato - gli uffici
legislativi del Consiglio in cui ci sono dirigenti che - peraltro in questo
momento sono anche alla sua destra che di solito è il lato preferito - sono in
grado di mettere insieme delle proposte importanti.
Facciamo sentire che la Calabria c’è e prepariamo una proposta di legge
che ci dica se il Parlamento debba essere ancora retto da un bicameralismo
perfetto oppure se sia arrivato il momento che l’aspetto legislativo sia
assegnato ad una sola Camera. Mi si può accusare di
leghismo in questo, ma voglio dire che anche le buone idee quando sono figlie
del lavoro dei tuoi avversari non bisogna buttarle nella spazzatura; bisogna
prenderne atto ed in ogni caso noi siamo pronti a
discutere su una riforma del Parlamento che parta dalla riduzione dei
parlamentari.
Perché non facciamo una proposta di legge di modifica dell’attuale legge
elettorale, massima espressione della verticalità nel momento in cui la massima
Assemblea legislativa del Paese non viene eletta dal
popolo ma nominata dalle Segreterie dei Partiti?
Sappiamo come ragionano le Segreterie dei Partiti. Se poi resta il “Porcellum” noi avremo come
candidati i segretari delle segretarie dei segretari delle segretarie. Perché
vale molto di più spendersi per fare promozione nei corridoi delle direzioni
dei partiti che non - stavo dicendo una cosa che non potrei dire
- rompersi la schiena stando in una macchina e percorrere decine di migliaia di
chilometri in questa regione per stare vicino alla gente e cercare di
risolverne i problemi.
Diciamo all’Italia e a Gianantonio Stella che
la Calabria c’è!
Anche perché ha il coraggio di sapersi misurare all’interno delle
proprie organizzazioni politiche utilizzando le istituzioni; se non c’è democrazia
nei partiti contribuiamo affinché ci sia a partire
dalle istituzioni.
Potrei continuare sotto questo profilo ma la prego, caro Presidente,
diamo questo segnale di presenza ed aggiungiamo alle
cose che ha detto il consigliere Grillo una proposta di riforma istituzionale
di cui si parla da 30 anni: la grande riforma, ricordo ed ero un ragazzo. Era
una proposta coraggiosa di riforma elettorale utilizzando anche il sistema
delle preferenze.
Il sindaco di Crotone ha fatto un ottimo intervento, è il primo
firmatario di “Bersani leader”. A Bersani dobbiamo dire che ci deve
spiegare perché è corretto che nei comuni i consiglieri comunali siano eletti
con le preferenze, i consiglieri regionali con le preferenze, gli
europarlamentari con le preferenze e poi le preferenze diventano una dannazione
nel momento in cui si debbono eleggere i parlamentari.
Per esser coerenti - ed ho finito veramente - noi dovremmo fare un’altra
cosa. Vorrei dire che non c’è solo lo Stato accentratore ma ci sono anche le
Regioni accentratrici, tutte le Regioni.
Non ho sentito qui dentro un lamento di un rappresentante di Provincia
o di Comune riferito al neocentralismo regionale. E non mi riferisco al
Presidente Scopelliti, vorrei esser chiaro in questo, perché chi parla – e ci
sono alti funzionari della Regione che mi possono esser testimoni – queste cose
le ha dette anche nella passata legislatura.
Questa legge che nomina direttamente il Governatore è una legge che
porta il nominato a stare ad altitudini troppo pericolose e le altitudini
pericolose in democrazia non fanno bene.
Allora cari Sindaci e cari Presidenti di Provincia, una parola a questo
riguardo avrei dovuto sentirla perché non c’è solo lo Stato accentratore e
quindi portatore di una grande verticalità, c’è anche
il piccolo Stato regionale, un surrogato dello Stato accentratore che non
riesce a favorire l’orizzontalità nella nostra Regione.
Anche qui lo Statuto ci sovviene, caro Presidente
Talarico. Lo Statuto ha una norma all’articolo 46,
comma 8, che demanda ad una legge ordinaria di stabilire quali sono i compiti
della Regione che, naturalmente, dovrebbero essere quelli stabiliti dalla Costituzione:
legiferare, programmare, dare indirizzi e controllare.
Quali materie la Regione deve mantenere nella gestione? Ci sono
materie, infatti, che oggettivamente sono di competenza regionale e tutto il
resto deve essere affidato al sistema delle autonomie affinché gestiscano
quelle leggi, quei programmi e quegli indirizzi.
Non faccio polemiche del momento. Chiudo richiamando il Presidente
Napolitano.
Il Presidente Napolitano ha promosso, dinanzi alla Consulta, un
giudizio di contribuzione con la Procura di Palermo.
La cosa che ha tenuto a sottolineare il Presidente
Napolitano è che non avviava questa azione per la persona ma a difesa della
Istituzione Presidenza della Repubblica guardando a quelli che dovranno venir
dopo e che dovranno ereditare prerogative intatte della Presidenza della
Repubblica.
Questo mio ragionamento non è dell’oggi ma guarda al domani. Non è una
polemica con l’attuale maggioranza che potrebbe dire “voi siete minoranza e
fate questo ragionamento che è troppo semplice”. Guardiamo al domani e arrivo
anche a dire di più: approviamolo verso la fine della legislatura ma lasciamo a
chi verrà dopo di noi una Regione leggera che sia
ricondotta a quelle che sono le sue funzioni stabilite dalla Costituzione.
Solo dando esempi di questo tipo, sia partecipando come Ente Regione al
processo legislativo di revisione delle nostre normative
costituzionali e non a livello centrale e sia dando il buon esempio di come
vogliamo riformare la nostra Regione, ordini del giorno come quelli che
approveremo stamattina acquisteranno una maggiore credibilità.
Il dibattito è concluso. La parola al Presidente della Giunta regionale,
onorevole Scopelliti, per trarne le conclusioni e per poi procedere alla
votazione di un ordine del giorno che è già pervenuto ai banchi della Presidenza.
Grazie, Presidente, ovviamente
mi unisco al saluto ai Presidenti delle Province, ai
tanti Sindaci, ai Presidenti dei Consigli ed agli assessori
che, oggi, sono presenti e che hanno partecipato a questa seduta di Consiglio
regionale.
Credo di poter affermare che abbiamo dimostrato – qualora
ce ne fosse bisogno – la sensibilità della massima Assemblea
elettiva calabrese rispetto ad un tema che in questi
mesi ha generato confusione e dibattito
in tutta la Calabria.
Chi mi
conosce sa molto bene che sono tra coloro che hanno
sempre condiviso l’idea - era anche all’interno del documento programmatico del
Governo Berlusconi all’atto della
vittoria del 2008 - dello scioglimento degli enti intermedi.
Una presa di posizione politica, una visione che ritenevo e ritengo,
comunque, valida, ma l’idea dello scioglimento di tutte le Province poteva
avere una logica ed aveva un significato anche sotto l’aspetto
finanziario perché poteva esserci un risparmio – dicevano, al tempo, i tecnici
– che oscillava tra i 5 e i 7 miliardi. Si era nella stagione delle manovre e
rispettosi di un documento programmatico, quindi di un progetto a cui tanti– una parte degli italiani - pensavano bisognava
portare avanti.
E’ chiaro che il nostro atteggiamento e la nostra posizione, oggi, è una posizione diversa perché non si parla più di
scioglimento di tutte le Province – e questo, sicuramente, poteva anche avere
un senso – ma si parla dello scioglimento di alcune Province e non di altre.
Siccome, qui condivido, non è possibile salvarne alcune e non altre
solo perché qualcuno mette in campo un marchingegno che consente di trovare una
soluzione al problema di pochi, credo che la posizione che assume il Consiglio
regionale ma anche la Giunta regionale, ovviamente, che ha competenza in
termini di rappresentanza legale dell’Ente, è quella
di studiare tutte le procedure.
Facevo notare prima al collega Dattolo che le altre Regioni italiane
hanno sottoscritto un ricorso al cosiddetto “Decreto Salva Italia” che era
quello di dicembre o comunque dei mesi scorsi e che rispetto a questo provvedimento
anche gli uffici legislativi e le avvocature delle altre Regioni hanno scritto,
in queste ore, alla nostra Regione dicendo che c’è un tentativo di raccordo e
che non c’è una posizione unitaria e forte come c’era sul cosiddetto decreto
“Salva Italia”.
Quello che emerge dalla conferenza delle Regioni – manterremo
certamente fede a questo impegno – è quello di una contrarietà a questo provvedimento.
Manifesteremo non soltanto nella sede del coordinamento delle Regioni, l’idea
di esser contrari ma lo faremo nei modi e nei tempi utili e pare di capire che
il termine massimo sia quello del 4 settembre contrariamente a quanto qualcuno stupidamente
ha messo in giro come voce. Questo tempo ci consentirà - anche cercando e
sforzandoci di condividere con altre Regioni – di far ricorso alla Corte
costituzionale.
Questa è la posizione che la Regione andrà ad assumere in via
ufficiale. Poi posso capire che qualcuno, magari, nel corso delle settimane e
dei mesi si sia lamentato dell’assenza della Regione, di una poca comunicazione
ma non abbiamo mai – per chi ci conosce – fatto grande propaganda sulle demagogie
o sulle posizioni strumentali. L’abbiamo fatto sempre in maniera concreta
cercando di guardare agli obiettivi e quando qualche Presidente ha avuto il
garbo di alzare il telefono e di chiamare abbiamo risposto quale
era la posizione ufficiale della Regione.
Oggi ribadiamo un concetto molto semplice, una
posizione chiara e lineare pur condividendo le preoccupazioni di chi è
intervenuto in precedenza e che alla fine diceva “magari non si potranno
salvare le province, cercheremo di salvare gli uffici, quelle che sono le
realtà sul territorio”.
Facciamo, a questo punto, il ricorso volto a salvare le Province perché
la scelta di alcune sì ed altre no ha un senso che
tende a render più deboli i nostri territori. Dattolo lo sa, come lo sa Pacenza, Grillo, Salerno, Bruni e tanti altri che, per
averne parlato tante volte con me, conoscono qual è la
mia posizione personale sotto questo punto di vista che, penso, debba essere
rispettata.
Ma in quel contesto la posizione era di quel
tipo e in quest’altro contesto la posizione si modifica perché, ritengo, questa
sia una sorta di penalizzazione che si realizza nei nostri territori e per i nostri
territori.
Avvieremo tutte le procedure per contrastare questo provvedimento nella
speranza che quanto cita testualmente la Costituzione nei vari articoli che
fanno riferimento alle competenze – forse il 117 tratta questo tipo di
argomento – possa rappresentare un appiglio utile a contrastare questo tipo di
azione.
Dopo è chiaro che ci uniformeremo ed in sede
di ricorso gli Enti Provincia di Vibo Valentia e di Crotone se vogliono
supportarci, se hanno validi rappresentanti e giuristi di qualità che vogliono
contribuire siamo pronti a ricevere il loro contributo e anche quello da parte
dei comuni città capoluogo o dei comuni minori. Perché se perviene un
contributo che nasce dalla concertazione e quindi un documento e un ricorso
frutto della concertazione siamo ben felici di poter
condividere con tutti l’ipotesi di vittoria e non quella di un rigetto.
Questa è la nostra idea. Dall’altra parte questo decreto mette in campo
uno strumento straordinario che, a mio giudizio, per altri aspetti, arricchisce
la Calabria nel senso che il riconoscimento della Città metropolitana
rappresenta un ulteriore tassello importante per una
delle città calabresi anche perché nella veste di sindaco di Reggio Calabria,
mi sono battuto per conseguire il ruolo di città metropolitana. Ed oggi in questo contesto c’è l’opportunità di conseguire
questo grandissimo traguardo. Dall’altra parte è chiaro che dovremo lavorare,
insieme, per cercare di far rete e per ostacolare alcune scelte che non sono
utili e funzionali alla crescita della Calabria.
Lo abbiamo fatto nei giorni scorsi sul tema dei tribunali, oggi lo
facciamo sulle Province, nei prossimi giorni lo faremo sui temi legati alla
centrale a carbone su cui ho chiesto al Presidente del Consiglio regionale la
convocazione straordinaria di una seduta di Consiglio su questo tema.
L’idea, quindi, di sintonizzarsi sempre di più con i bisogni del
territorio e con i bisogni della nostra comunità; l’idea
di dialogare sempre di più con le istituzioni sul territorio che sono la forza
e la grande ricchezza per il futuro di questa nostra terra. Immaginare, quindi,
percorsi in cui francamente siamo molto interessati a dare gli indirizzi e
molto meno a gestire.
Mi sembra chiaro ed evidente che anche quel che diceva prima il collega
Principe ha un suo valore e, quindi, appartiene un po’ a tutte le
amministrazioni a quelle che potevano dare più poteri ed
oggi alla nostra. Però credo che si debba fare una analisi
approfondita e serena e capire se un Presidente della Regione debba, insieme ai
suoi direttori generali, fare uno screening ed immaginare una
convocazione di tutti i Sindaci delle città calabresi laddove sono oggetto di
finanziamento dei fondi comunitari e capire - ad esempio - perché quella quota
parte di risorse dei fondi comunitari a loro destinati abbia ancora una
percentuale di spesa bassissima.
Non soltanto il trasferimento di risorse, le competenze e quant’altro.
Credo che debba esser un discorso graduale ed un
percorso condiviso, un percorso che debba garantire maggiore vivibilità e qualità
della vita nei territori perché se alimentiamo questo tipo di alternativa e poi
sui territori, a cascata, non si registra un vantaggio per le comunità corriamo
il grande rischio di non andare nella direzione voluta dal cittadino e ovviamente
anche dagli stessi amministratori.
Ovviamente poi non so se l’elezione diretta sia o
meno un qualcosa – collega Principe – che porti un vantaggio o meno, so
che in questa nostra regione la forma di democrazia diretta ha messo fine,
quanto meno, alla stagione dei trasformismi, delle transumanze e dei ribaltoni.
Chi vince garantisce.
La maggioranza regionale odierna non soffre di mali inerenti all’alta
quota, la minoranza neanche nel senso che non è mai stata slanciata quando ha
governato.. Siamo in una situazione di grande
equilibrio in cui, effettivamente, abbiamo il compito di gestire e di governare
questa regione cercando, tutti insieme, di superare questa fase difficile e
complessa che oggi viviamo. Alla politica spetta il compito di governare questi
processi e a queste responsabilità non vogliamo sottrarci.
Caro, Presidente, così come credo sia intenzione di tutti quanti visto che c’è un documento presentato e sottoscritto non
soltanto dai rappresentanti delle due province, mi unisco a questo documento
sottoscrivendolo e dando, così, la mia adesione.
Credo, sostanzialmente, che il Consiglio possa procedere alla votazione
del documento stilato nella speranza di dare un ulteriore
segnale di compattezza e di condivisione dicendo a questo Governo nazionale che
quando si fanno delle scelte prima di assumere una decisione bisogna, forse,
avere maggiore capacità di confronto e di dialogo con gli enti territoriali perché
la vita nel nostro Paese non si svolge in una forma astratta ma nelle comunità
all’interno delle quali i Sindaci, i Presidenti delle Province, i Presidenti
delle Regioni e chi ha il compito di governare ha un ruolo importante,
soprattutto in questo momento delicato.
Speriamo che questo Governo continui ad avere, verso gli enti
territoriali, lo stesso rispetto che hanno avuto gli
altri Governi che lo hanno preceduto.
Grazie al Presidente Scopelliti per avere sintetizzato tutti gli
interventi che i consiglieri regionali hanno svolto. Voglio ringraziare e
salutare gli ospiti che sono rimasti fino alla fine ed
i Sindaci presenti che sono venuti con la fascia tricolore. Saluto anche i
Presidenti delle Province ed i consiglieri provinciali
e tutti coloro che sono intervenuti. Do lettura dell’ordine
del giorno, come detto, condiviso dal Presidente Scopelliti, a firma dei
consiglieri Bilardi, Bova, Orsomarso, Ciconte,
Dattolo, De Masi, Principe, Serra, Adamo:
“Il Consiglio regionale
visto che
l’art. 17 del D.L. n. 95/2012
pubblicato sulla G.U. n. 156 del 6 luglio 2012 recante disposizioni urgenti,
noto come spending review", concernente anche la soppressione e razionalizzazione delle
Province e delle loro funzioni;
considerato che:
il comma 1 del
suddetto articolo 17 prevede "al fine
di contribuire al conseguimento degli obiettivi di finanza pubblica imposti
dagli obblighi europei necessari al raggiungimento del pareggio di bilancio le
Province sono soppresse o accorpate sulla base dei criteri e secondo la
procedura di cui i commi 2 e 3 "; che al comma 2 prevede "l’individuazione di criteri per la riduzione
e l’accorpamento delle Province da individuarsi nella dimensione territoriale e
nella popolazione residente in ciascuna provincia"; e "fatte salve le Province nel cui
territorio si trova il Comune capoluogo di Regione " e fatte salve
altresì " le province confinanti
solo con province di regioni diverse da quelle di appartenenza e con una delle
province di cui all’art. 18 comma 1" le cosiddette Città metropolitane;
la prevista disposizione
normativa è stata assunta con decretazione d’urgenza tra le misure urgenti per
la stabilizzazione finanziaria e per lo sviluppo;
malgrado l’inserimento nella
"revisione della spesa pubblica" la cennata disposizione normativa risulta sprovvista della
quantificazione delle risorse finanziarie derivanti dalla prospettata soppressione
e razionalizzazione delle Province e delle relative funzioni;
il Governo Monti mostra di
considerare il riordino del sistema delle autonomie locali materia di "spending review", mentre, come è stato scientificamente dimostrato dall’Università Bocconi,
i risparmi che ne deriverebbero sarebbero esigui e non attinenti ad un quadro
di riforma del sistema delle autonomie locali;
in relazione alla
razionalizzazione e alla soppressione delle Province, il servizio bilancio del
Senato, esaminando il D.L. sulla c.d. "spending review", ha rilevato che
"potrebbero emergere profili onerosi di tipo straordinario in relazione al
passaggio delle funzioni dalle Province ai Comuni interessati";
viceversa occorre
profondere ogni convergente e razionale sforzo per rendere il sistema delle
autonomie locali più efficiente e per migliorare la qualità dei servizi
pubblici erogati ai cittadini in aderenza ai principi della Carta
costituzionale ed alle sollecitazioni pervenute dal Consiglio d’Europa;
di contro, i territori a rischio soppressione verrebbero
privati di essenziali e decisivi presidi di democrazia, di sicurezza e di
lavoro (Prefettura, Questura, Comandi provinciali di carabinieri, Guardia di finanza,
Corpo forestale dello Stato, Vigili del fuoco, Asp, Direzione provinciale del
lavoro, Ufficio scolastico provinciale, Ragioneria provinciale dello Stato,
Agenzie delle entrate, Agenzia provinciale Poste italiane, Motorizzazione
civile, PRA, Camera di commercio, Uffici provinciali Inps ed Inail, Aci, Croce
rossa italiana, Ordini e Collegi professionali, sezioni provinciali associative
ed altro);
attesto che
i Consigli provinciali
unitamente ai Consigli comunali sia di Crotone che di Vibo Valentia, aperti
alla partecipazione di tutte le rappresentanze istituzionali, economiche,
sociali, nonché alla forte e motivata presa di posizione del mondo produttivo e
del lavoro, rappresentata da Confindustria, dalle Organizzazioni sindacali e
dell’associazionismo, si oppongono fermamente alla paventata soppressione (per
accorpamento) delle Province calabresi di Crotone e Vibo Valentia;
le Provincie di Crotone e Vibo
Valentia hanno promosso in data 4 luglio 2012 un incontro a Roma, nella sede
dell’Upi, al quale hanno partecipato Presidenti di
Province interessate dall’annunciato Decreto legge e nell’occasione hanno
formalizzato un appello al Presidente della Repubblica, garante della Carta
costituzionale;
analoga volontà è stata espressa
nella lettera congiunta che i gruppi consiliari, di maggioranza e di minoranza,
in seno al Consiglio regionale, hanno inviato al Presidente della Giunta
regionale, affinché, così come avvenuto in altre regioni, si faccia promotore
di ogni necessaria iniziativa a sostegno delle legittime richieste di difesa
delle istituzioni provinciali di Crotone e Vibo Valentia;
in tale prospettiva, scevra da
condizionamenti emergenziali di carattere esclusivamente economicistico,
occorre avviare il confronto all’interno delle istituzioni parlamentari ed
elettive;
parimenti, risultano
inammissibili le pressioni azionate da settori economici ed editoriali, ai
quali sicuramente sfugge la complessità ed una visione organica d’insieme che è
connaturata all’assolvimento di compiti e funzioni di governo democratico del
Paese, ispirato e regolato dai principi costituzionali:
invero, la previsione contenuta
nell’art. 17 del cennato Decreto legge si palesa in evidente violazione con
quanto disposto dall’art. 133 della Costituzione italiana, il quale nulla
disponendo in ordine alla soppressione di Province, disciplina esclusivamente
le ipotesi di Istituzione di nuove Province e di modifica di quelle esistenti,
peraltro prescrivendo un procedimento legislativo aggravato dall’iniziativa
comunale e dal coinvolgimento della Regione interessata;
la soppressione delle Province
di Crotone e Vibo Valentia costituirebbe un evidente depauperamento per l’intera
Calabria, oltre a disarticolare un condiviso e consolidato equilibrio
istituzionale e geografico, già recepito in tutti gli strumenti legislativi e
di programmazione regionali, nazionali e comunitari;
è da ritenersi, invece, non
più rinviabile l’avvertita generale esigenza di una riflessione sull’assetto istituzionale
del Paese attraverso una ormai non più procrastinabile revisione della nostra
Costituzione. In questo quadro occorrerà rivedere anche l’articolazione, il
ruolo, i compiti e le funzioni degli Enti che, incentrandosi sulla costituzione
delle 10 città metropolitane a partire dal 1° gennaio
2014, compongono il Sistema delle Autonomie locali e, quindi, in generale anche
dell’ente Provincia.
Per i motivi sopra esposti il Consiglio regionale esprime il suo
dissenso al provvedimento de quo;
impegna
la Giunta regionale, nella
denegata ipotesi in cui, malgrado tutte le iniziative che saranno intraprese
dalla Regione Calabria, dalle Province e dai Comuni interessati in difesa delle
Province di Crotone e Vibo Valentia dovesse essere convertito in Legge il
richiamato Decreto, ad impugnare dinanzi la Corte costituzionale con giudizio in
via "principale, il più volte menzionato art. 17 nella parte in cui
prevede l’accorpamento e/o la soppressione e/o la razionalizzazione delle Province
e delle loro funzioni;
a valutare, in vista dell’udienza
pubblica fissata per il prossimo 6 novembre dinanzi alla Corte costituzionale,
l’opportunità di presentare un intervento di tipo adesivo-dipendente nei giudizi promossi dinanzi a quest’ultima
dalle Regioni Lombardia, Campania, Piemonte, Lazio, Veneto, Friuli Venezia
Giulia, Sardegna sull’art. 23 del c.d. Decreto "Salva Italia";
impegna
altresì, il Presidente del Consiglio
regionale, ai sensi dell’art. 4 della legge regionale 5 gennaio 2007 numero 1,
a convocare l’Assemblea per l’elezione del Consiglio regionale delle Autonomie
locali
delibera
di trasmettere il presente
provvedimento al Presidente del Consiglio dei Ministri, Senatore Prof. Mario
Monti”.
Pongo in votazione l’ordine del giorno con autorizzazione al coordinamento
formale per limare qualche termine che è stato ripetuto.
(Il
Consiglio approva all’unanimità)
Si conclude adesso il Consiglio regionale. La
prossima seduta si terrà giorno 23 e il Consiglio sarà
convocato a domicilio.