VIII LEGISLATURA

RESOCONTO INTEGRALE

51.

SEDUTA DI GIOVEDI 10 LUGLIO 2008

PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE BOVA

E DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO BORRELLO

Indice

Presidenza del Presidente Giuseppe Bova

La seduta inizia alle 17,02

PRESIDENTE

La seduta è aperta, si dia lettura del verbale della seduta precedente.

Egidio CHIARELLA, Segretario Questore f.f.

Legge il verbale della seduta precedente.

(E’ approvato)

Comunicazioni

PRESIDENTE

Legge le comunicazioni.

(Sono riportate in allegato)

Annunzio di interrogazioni

Egidio CHIARELLA, Segretario Questore f.f.

Legge le interrogazioni presentate alla Presidenza.

(Sono riportate in allegato)

Proposta di legge n. 305/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: "Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private"

PRESIDENTE

Il primo punto all’ordine del giorno recita “Proposta di legge n. 305/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: <<Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private>>”.

L’onorevole Giamborino, relatore, ha facoltà di svolgere la relazione.

Pietro GIAMBORINO, relatore

Signor Presidente, onorevoli colleghi, come non mai basterebbe affermare che il testo di legge che oggi è al vaglio dell’Aula si commenta da solo. La portata storica dello stesso è tanta da essere definito dai più un avvenimento per la nostra Regione. Insomma, in una sola parola potremmo dire che finalmente si mette fine ad un incomprensibile vuoto amministrativo-legislativo.

Tutto il Paese si era dotato di questo regolamento ma solo noi no, e solo Dio sa quanto in Calabria abbia influito negativamente per tutto quello che da sempre gira all’interno e all’intorno della sanità calabrese.

Signor Presidente, io non farò una relazione ed un approfondimento tecnico anche perché il progetto di legge è stato abbondantemente discusso in terza Commissione. C’è stato un contributo, che voglio sottolineare, fattivo anche da parte dei colleghi onorevoli della opposizione. Ci sono state proposte e la Commissione ha trovato la capacità di audire tutti i soggetti che ne avevano diritto.

Insomma, alla fine possiamo affermare nei confronti dei calabresi che oggi la Calabria ha messo un punto assai importante in direzione della stessa sanità.

Se tutto questo dovessimo metterlo in direzione del fatto che anche il Piano sanitario cammina spedito e, convinto, con una volontà politica anche questa unanime, possiamo ben dire che si sta operando nella maniera migliore.

Ho la necessità di ringraziare il Governo regionale nella persona dell’assessore Spaziante, che è stato colui che ha voluto con forza questo testo di legge accorgendosi, probabilmente, che non si poteva fare sicuramente a meno di tali regole.

Presidente, leggerei all’Aula solo in linea di principio il primo articolo, cioè la finalità che si propone la legge.

“La Regione Calabria garantisce la tutela della salute assicurando la disponibilità di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie improntate all’efficacia della cura, alla sicurezza dei percorsi clinici assistenziali ed al miglioramento continuo della qualità delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private ottenute per mezzo degli istituti e l’autorizzazione”.

Insomma, da questo momento tutti gli imprenditori calabresi che operano nella sanità, e impropriamente, a mio avviso, in questa materia si parla di strutture private. Tutti sappiamo invece che le strutture private sanitarie lavorano solo ed esclusivamente con denaro pubblico. Ecco perché il nostro ritardo è quasi per alcuni aspetti ingiustificabile.

Abbiamo le idee chiare per quella che dovrà essere la sanità del futuro. Anche sull’onda della tristezza che ha colpito la Calabria attraverso episodi che, auspichiamo, non si possano e non si debbano verificare mai più. I famosi episodi di mala sanità.

Immaginiamo quindi una sanità, anche quella privata, che possa essere assolutamente sussidiaria e complementare a quella pubblica e non assolutamente alternativa. Capiamo la competizione perché questo è anche lo spirito ma, ripeto, sussidiaria e complementare.

O almeno questo è quello che io intendo dopo essermi soffermato con tutti i colleghi e non solo con la maggior parte della opinione pubblica calabrese con la quale abbiamo avuto la possibilità di confrontarci.

Abbiamo attraverso il testo della legge assolutamente bene individuato l’articolo 2 e le definizioni di cosa valgono e come dobbiamo andare avanti.

Si è normata con l’articolo 3, la parte riguardante le autorizzazioni sanitarie, cioè come dovranno essere per il futuro concesse e regolate. Abbiamo normato con l’articolo 4 gli aspetti che riguardano il personale, cioè si è messo un punto definitivo anche nella direzione di tutti i calabresi che lavorano all’interno delle strutture private.

L’articolo 5 invece norma la cessione alla decadenza dell’autorizzazione dell’esercizio. Sembrano tutte cose superficiali mentre invece sono di incidenza profonda e di forte interesse anche dal punto di vista economico, tant’è che all’articolo 6 bene ha fatto l’assessore Spaziante a prevedere, naturalmente, le sanzioni.

Poi ancora all’articolo 7 come deve avvenire l’accreditamento. Insomma tutto è normato. Non ci sarà la possibilità – come è successo in passato – di navigare a vista, con metodi che hanno prodotto guasti e poca efficacia, assolutamente una efficienza incomprensibile. Ha prodotto, insomma, quello che non volevamo.

Poi Commissioni aziendali per autorizzazioni agli accreditamenti, ancora accordi e contratti.

Voglio dire che è un testo di legge davvero completo anche sulla base di elementi scaturiti dell’esperienza delle altre Regioni del nostro Paese. Abbiamo immaginato che ci debba essere anche una vigilanza ed un controllo continuo e costante ed anche laddove ce ne fossero le necessità, le possibilità di abrogazione.

Naturalmente, ripeto, il testo dal punto di vista tecnico sarà approfondito anche in Aula perché abbiamo una serie di emendamenti nonostante il lavoro assai raffinato fatto in aula Commissione.

Ripeto che ho necessità - i colleghi sanno che non sono avvezzo al plagio politico -, lo devo, di ringraziare l’assessore Spaziante per la capacità questa volta non solo tecnica ma per la capacità di ascolto, di capire le ragioni che la politica portava sul tavolo e di porre in essere anche in questa direzione aggiustamenti in corsa e quant’altro.

Ritengo, però, col permesso politico del Governo della Regione Calabria che la Commissione ha fatto un buon lavoro. Il testo – lo dichiara lo stesso assessore Spaziante – è stato assai migliorato; assai di più questo vestito calza addosso ai bisogni dei calabresi.

Ricordo solo per un attimo a me stesso che non è disgiunta questa iniziativa dal nuovo Piano sanitario. Il diritto alla salute è sancito dalla nostra Costituzione e ad oggi questo è stato poco garantito ai calabresi.

Concludo, signor Presidente, per lasciare spazio al dibattito dell’Aula e per ascoltare, soprattutto laddove ce ne fosse la possibilità, ulteriori proposte per poter migliorare questo testo.

Io voglio tranquillizzare anche l’opinione pubblica calabrese, signor Presidente. Ci eravamo dati dei tempi, ci eravamo impegnati dal punto di vista politico attraverso la Conferenza dei capigruppo. Voglio dire che oggi la Commissione, signor Presidente del Consiglio, onorevole Bova, si presenta in Aula avendo mantenuto il proprio impegno istituzionale con i tempi e quant’altro. Vuol dire che questo Consiglio davvero sta prendendo il ritmo della corsa che i calabresi si aspettavano se è vero che questo è il disegno di legge più importante, probabilmente, della intera legislatura.

Ma vi è la volontà di andare oltre e di correre verso il Piano sanitario, di realizzare questo strumento che pone davvero un argine e nel contempo rilancia la sanità calabrese. Probabilmente non ce la faremo prima della parentesi estiva, per una voglia di voler ascoltare tutto e tutti, per mettere in essere una democrazia partecipata e condivisa.

Il Consiglio regionale della Calabria non vuol fare colpi di mano e quindi sul nuovo Piano sanitario continuerà dalla prossima settimana le audizioni, sentirà le forze sociali, tutti i soggetti e tutti coloro che ne avranno diritto. Poi riprenderà speditamente per tentare davvero di dare il progetto di legge più importante, probabilmente della intera legislatura.

Questo è segnato anche non solo dalla centralità dell’uomo e quindi del diritto alla salute, ma se questo non dovesse bastare tutti sanno che il 65 per cento delle risorse regionali vengono spese nel tentativo di garantire e tutelare la salute dei nostri concittadini. Non siamo soddisfatti ad oggi di quello che siamo riusciti a fornire forse per colpe non solo nostre, ma intendiamo proiettarci nel futuro, alimentare la speranza ed abbiamo la sensibilità di prendere impegno con i calabresi dicendo che in questa direzione ci sentiamo fortemente impegnati e determinati. Vedremo.

I fatti si sostituiranno alle parole e parleranno per questo Consiglio nei confronti del quale io, per quanto mi riguarda, incomincio, signor Presidente, a vedere che i cittadini offrono un afflato diverso, una attenzione maggiore, l’occasione buona per cogliere la sua iniziativa e quella dei capigruppo di dare un’attenzione particolare ai 500 giovani calabresi, che è davvero un fatto eccezionale che è salito alla ribalta del Paese. Sono questi i fatti che vogliamo, signor Presidente. Anche di questo ringrazio l’intero Consiglio e lei che con forza ha creduto nella meritocrazia.

Forse, concludo, abbiamo trovato il merito per misurarla. Se la useremo in futuro anche in direzione della sanità calabrese con rigore, onestà e forza contro ogni potere che non ha legittimazione ad usufruire del denaro pubblico allora, signor Presidente, avremo fatto in parte il nostro dovere.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’assessore Spaziante sulla discussione generale. Ne ha facoltà.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Signor Presidente, lo ha detto già l’onorevole Giamborino, Presidente della terza Commissione, abbiamo al nostro esame, all’esame del Consiglio un provvedimento che ha una significativa importanza. Non già perché questo provvedimento apra oggi una nuova fase, perché in realtà quello che abbiamo oggi sotto gli occhi non è un panorama di sole macerie, di sola inefficienza e di solo carattere fallimentare ma è un sistema che funziona. Non funziona nel migliore dei modi possibili, e questa proposta di legge mira ad elevare il livello di qualità complessivo dei nostri livelli di assistenza forniti dalla popolazione.

Mira ad introdurre dei concetti che forse nella legislazione precedente non c’erano. Per esempio, il riconoscimento formale della progressività delle politiche di accreditamento. Siamo stati abituati a concepire gli accreditamenti come un riconoscimento definitivo ed assoluto mentre, invece, i ritmi ed i livelli di evoluzione non solo tecnologica ma anche scientifica e tecnica inducono a considerare a distanza di tempo ravvicinato i fondamenti delle nostre politiche di accreditamento.

Senza che da questo derivi un vincolo, certe volte posto in maniera assiomatica, pregiudiziale di modificare le realtà ospedaliere entro un periodo, un termine che non sia stato adeguatamente considerato.

Quindi progressività delle politiche di accreditamento.

La seconda cosa, anche se di questo si parla, siamo rimasti una delle poche Regioni che non ha introdotto e non ha praticato l’obbligo della contrattualizzazione da parte delle aziende sanitarie provinciali anche nei confronti del sistema ospedaliero pubblico.

Creiamo con questa proposta di legge una uniformità progressiva certa, perché partiamo da una situazione di squilibrio che progressivamente saneremo, ma fin da oggi parte una politica che non fa distinzione sulla natura giuridica del soggetto.

E’ ovvio che sarà necessario del tempo per adeguare anche le strutture pubbliche ai requisiti dell’accreditamento cui saranno assoggettate.

Irrobustisce questa proposta di legge anche la qualità dei controlli ampliando e modificando in parte la legislazione preesistente.

Credo che su questi tre grandi obiettivi qualificanti, in Commissione salute sia stato fatto un ottimo lavoro, nel senso che si è evitato da una parte di assumere una deriva eccessivamente fiscale e quasi penalizzante, quasi auto-penalizzante. Avremmo potuto anche cedere alla facile tentazione di essere al di là di quello che era necessario, utile e conveniente, fin troppo scrupolosi e rigorosi.

E’ giusto mantenere un atteggiamento di rigore, non sarebbe stato giusto un rigore privo di giustificazione. Il testo uscito dalla Commissione rispetta questa esigenza di equilibrio tra rigore ed operatività.

Migliora anche per altre parte importanti e riequilibra, un po’ l’indicazione di fondo, l’impostazione su un aspetto che a me sembra molto importante, quello di correlare tutte le progressioni delle politiche di accreditamento alle indicazioni, agli orientamenti ed alle decisioni della programmazione sanitaria regionale.

Anche questo è un arricchimento qualitativo importante. Il testo che è uscito dalla Commissione, rispecchiando queste esigenze e sviluppando quello che era il senso della impostazione iniziale, mi sembra raggiunga un livello di qualità considerevole.

Ovviamente, anche come Giunta regionale, così come abbiamo fatto in Commissione, anche in Aula in occasione di questa riunione del Consiglio manterremo la stessa apertura che non è indiscriminata ed indistinta ma è una apertura a tutte le proposte e a tutti i suggerimenti di ulteriore miglioramento di questo testo.

Ci riserveremo di intervenire su tutti gli emendamenti ulteriori. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Nucera. Ne ha facoltà.

Giovanni NUCERA

Brevissimamente, Presidente, non per un intervento di routine ma per mitigare un po’ i toni trionfalistici con cui è stato proposto questo progetto di legge che, ad onor del vero, è stato un progetto dal parto molto travagliato.

Dal parto, da quella che era l’impostazione che la Giunta aveva dato alla Commissione e quindi oggi per il Consiglio e rispetto ai temi che effettivamente questo progetto di legge aveva posto sul tappeto.

Intanto registriamo una cosa. E’ un progetto di legge che arriva tardi rispetto alle tante e tante numerose proteste che abbiamo dovuto registrare nel corso di questi anni da parte delle strutture ambulatoriali private, da parte dei professionisti, da parte di tanti soggetti attori e protagonisti di una sanità diversa rispetto a quella del pubblico. Arriva tardi anche rispetto alle tante disfunzioni che noi abbiamo registrato nel contesto generale del dibattito sulla sanità, soprattutto sulle strutture pubbliche, laddove la mano di un attento controllo avrebbe potuto evitare tanti e tanti spiacevoli episodi che abbiamo registrato, incidenti sicuramente, nella nostra regione.

Arriva tardi perché nel tempo si è dipinta una sanità che ha colpito non solo ciò che erano le strutture e gli strumenti che hanno portato alla operatività di un sistema sanitario regionale, ma ha mortificato la dignità di tanti professionisti che, difatti, a causa di carenze e di ritardi, disfunzioni e via dicendo hanno visto mortificare la propria identità di professionisti sanitari, di medici specialisti, di tanto personale non medico che opera all’interno delle strutture pubbliche.

Arriva tardi perché più che mai tardi è in viaggio questo Piano sanitario regionale che ormai sembra sempre più la Fata Morgana - visto che siamo in riva allo Stretto – di cui tutti parliamo ma difficilmente ne vediamo gli effetti.

Arriva tardi anche perché obiettivamente rispetto a quelli che erano i presupposti con cui noi ci siamo avvicinati, appropinquati al dibattito complessivo di questo strumento, è stato completamente modificato e rivisto in sede di discussione e di verifica in seno alla Commissione.

Diceva l’assessore nel suo intervento: rigore ed operatività; rigore ed opportunità vera di azione.

Voglio cogliere pienamente questi due messaggi e questi due segnali che non siano solo dichiarazioni di principio ma che siano elemento concreto e fattivo di un indirizzo che forse, su questa strada, possiamo recuperare una credibilità che ormai è persa, assessore.

Avrei voluto incastonare questo progetto di legge di oggi all’interno del quadro complessivo del sistema sanitario regionale in virtù di quella norma che ancora non c’è, di questa legge che non riusciamo a vedere.

L’abbiamo voluta estrapolare, abbiamo condiviso questa idea di estrapolarla per cercare di porre un rimedio pur piccolo, un tampone ai tanti ritardi che proprio in questo settore della sanità il Governo regionale ha potuto ed ha dovuto registrare.

Mi auguro che i controlli a cui lei si richiamava, assessore, siano effettivi e reali, perché è lì il nocciolo della questione. Noi possiamo fare le leggi più belle e più perfette, più idonee e più capaci di questo mondo, ma se poi non mettiamo gli strumenti per renderle operative, tutto ciò che si è fatto e tutto ciò che è maturato rimane lettera morta, una incompiuta, un qualcosa che non serve a nessuno e che non dà garanzia a nessuno.

Anzi, invece di creare una via, un’autostrada al sistema della risposta sanitaria ai bisogni dei cittadini abbiamo creato, invece, una ulteriore pietra di inciampo perché abbiamo confuso leggi su leggi e accoppiato leggi  con leggi.

La vera garanzia che noi vogliamo oggi, assessore,  da questa legge e che è la scommessa che in fondo ci ha tenuti vicini in questi giorni ed in queste ore nel dibattere in Commissione…, devo dare atto che lei è stato di una disponibilità unica ma anche di una intelligenza – mi permetta l’espressione – unica nel saper recepire tutti i segnali e tutti gli emendamenti così come erano stati formulati.

Certo qualcosa di più si poteva fare e qualcosa di meglio si poteva fare. Noi abbiamo un dialogo sospeso anche per quanto riguarda alcuni passaggi importanti che la legge non prevede. Mi riferisco, soprattutto, ai trasferimenti o al cambio di titolarità fra le strutture soprattutto quelle private e mi riferisco ad un pregresso dove sono state violate leggi e sono state violate leggi che noi non riusciamo più a recuperare nel contesto complessivo di un lavoro svolto anche in condizioni di difficoltà.

Mi auguro che tutto questo possa avvenire, signor Presidente.

Allora il dibattito di oggi io non lo riempio di euforia ma dico che è un passaggio che stiamo cercando di costruire tutti quanti assieme con tante criticità che ancora all’interno del sistema si trovano.

Qui vedo che ci sono molti emendamenti. In corso d’opera probabilmente gli emendamenti serviranno, nella discussione generale che andremo a fare, ad arricchire questo confronto, se è possibile anche migliorando il testo.

Chiudo, Presidente, perché credo sia finito il tempo a mia disposizione. Chiudo nel ribadire la necessità di una attenta e coinvolgente e responsabile azione di presenza sul progetto nel suo complesso.

Non siamo negli ottimismi e nelle euforie che ho sentito in qualche intervento che mi ha preceduto. Siamo in una condizione di stallo che cerchiamo di seguire adeguatamente e siamo in una condizione in cui ci sarà la verifica di ulteriori emendamenti che sono stati presentati, dopo il lungo dibattito, abbiamo fatto tre riunioni di Commissione per licenziare questo progetto, e non è stato sufficiente - considerato che qui abbiamo ancora un centinaio di emendamenti da discutere – a dipanare alcuni aspetti.

Che il dibattito che proseguirà oggi nella giornata in quest’Aula possa servire a dare un provvedimento compiuto. Vediamo quel che accadrà e dopo ci regoleremo anche rispetto a quella che sarà la determinazione sul piano della condivisione o meno del progetto e in che termini.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Borrello. Ne ha facoltà.

Antonio BORRELLO

Signor Presidente, onorevoli colleghi, faccio un intervento che in qualche maniera tenta di ricondurre in un ambito maggiormente realistico il problema di cui ci stiamo occupando.

Non vorrei che qualcuno possa immaginare che con questo progetto di legge noi risolviamo i problemi della sanità. Certamente, però, rimuoviamo sicuramente questo: un equivoco che sin qui è risieduto nell’ambito sanitario regionale nel quale ci stanno tutti. Ci stanno i dipartimenti, le aziende e ci stanno anche i privati.

Qual è stato l’equivoco signor Presidente? La presunzione che l’accreditamento coincidesse con l’obbligo delle prestazioni da erogare a carico del Sistema sanitario regionale. In Calabria è successo questo e stranamente perché poi le norme nazionali sono alla base di questo nostro provvedimento. e sicuramente non si legge questo in queste note, invece paradossalmente dobbiamo dire che da noi purtroppo queste cose succedono spesso non solo in ambito sanitario ma anche in tantissimi altri settori.

Cioè una sorta di ricerca dell’equivoco e non aiutano né le norme che vengono proposte né gli approfondimenti successivi a dare risposte concrete alle questioni vere di cui di volta in volta ci occupiamo.

Si è sempre pensato, dicevo, che automaticamente all’accreditamento dovessero corrispondere i contratti per l’attivazione della erogazione dei servizi. Purtroppo non è stato mai così. Oggi finalmente con questa legge cerchiamo di “porre rimedio” seppure con notevole ritardo – lo diceva anche il relatore nel suo intervento –, che però non è da ricondursi ad un anno, a due, o a tre o a sei mesi o a 18 mesi, ma sono ritardi decennali che la Calabria registra su questo versante.

Voglio ricordare soprattutto a me stesso prima e agli altri colleghi dopo che questa dinamica di articolazione di norme doveva appartenere a questa Regione – così come è appartenuta alle altre Regioni italiane – da molto tempo fa.

Ma non c’è mai da meravigliarsi se la cosa prima o poi avviene. Quello, però, che ha maggiormente forse aiutato di più l’equivoco di cui parlavo prima è che si è sempre ritenuto che il sistema pubblico rispetto al meccanismo dell’accreditamento dovesse, in qualche maniera, rimanere estraneo.

Anche qui ci siamo sempre sbagliati, abbiamo sempre pensato e ritenuto in maniera errata quale dovesse essere il vero problema dell’accreditamento perché sia il pubblico che il privato sono deputati e chiamati a dare le medesime risposte sul piano del possesso dei requisiti per poter erogare prestazioni, siano esse di natura acuta ma anche di altro genere.

Oggi, finalmente, mettiamo mano a questo particolare problema ed io qui, Presidente, voglio per un attimo soffermarmi – ma davvero per pochi secondi – sul fatto che tutto questo, già dalla proposta che ci perveniva dalla Giunta regionale rispetto a quella che è venuta fuori dalla discussione in Commissione, ha dimostrato come effettivamente fosse stato necessario approfondire in tempi un poco più dilazionati rispetto a quelli che inizialmente ci venivano prefigurati. Cioè un provvedimento da approvare nel giro di 24-48 ore perché c’era l’urgenza di approvarlo.

Invece, le discussioni in Commissione ma anche gli stessi emendamenti hanno rilevato una sorta di non sufficiente impostazione legislativa che ci veniva dalla Giunta regionale.

Il lavoro che è stato fatto in Commissione in qualche maniera ha provveduto a porre mano a quelle deficienze che secondo i consiglieri si potevano intravedere.

La cosa però non è completa – egregio signor Presidente - sul piano di una articolazione ancora più complessivamente protesa a realizzare obiettivi, non dico di certezza ma quasi molto vicini o molto prossimi alla certezza.

Qui mi soffermo e chiudo, Presidente, su un particolare aspetto sul quale chiedo anche l’attenzione dell’assessore.

Vede, oggi in Aula sono stati presentati tantissimi emendamenti. Io vorrei, Presidente, che su questi emendamenti non si operasse in termini pregiudiziali rispetto ad una sorta di iattura secondo la quale potrebbero  apparire come l’ingerenza del consigliere sulle norme.

Io credo che, invece, un consigliere che si propone in termini di emendamenti ha necessità a suo giudizio – certo da condividere da parte degli altri – di valutare particolari tematiche che probabilmente, anzi sicuramente nelle norme non ci sono.

Io vorrei una maggiore disponibilità culturale da parte sia del relatore che della stessa Giunta regionale che è chiamata ad esprimere il proprio parere, perché sugli emendamenti presentati – salvo che non siano tendenti e finalizzati a colpire obiettivi ben individuabili e che comunque non appartengono alla generalità dei problemi – ci fosse una maggiore attenzione prima di pronunciare un sì o un no, qualche volta in maniera anche pregiudiziale. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Pacenza. Ne ha facoltà.

Franco Mario PACENZA

Signor Presidente, io intendo dire il mio pensiero perché questo disegno di legge senza enfatizzazione ma anche con la verità dovuta possa essere valutato dall’Aula prima e poi dai calabresi per quello che è.

Qualcuno faceva riferimento a ritardi, ma per chi ha avuto modo di lavorare su questo argomento sia negli anni passati che nello specifico, questo disegno di legge trova fondamento sul piano della legislazione nazionale nella cosiddetta riforma Bindi del 1992.

Quindi, quando si dice che negli anni c’è stata una lacuna seria, si dice il vero.

Penso che dobbiamo anche farci una domanda perché negli anni questa materia si è scelto di non regolarla. Perché non è stato un incidente di percorso. Si è scelto, per esempio, di attivare le cosiddette procedure provvisorie.

Ci sono attività autorizzate, accreditate, accordi che per decenni hanno utilizzato l’istituto della provvisorietà. Questo ha prodotto di fatto un contesto assai delicato, complicato che ha generato , per esempio - un dato cui noi non possiamo più sfuggire – una quantità di offerta che sistematicamente si è duplicata.

Cioè nel momento in cui il sistema è stato privo di qualsiasi regola, lasciatemelo dire, per esempio, nella passata legislatura sono state accreditate ed autorizzate per legge alcune attività, nel senso che sono state individuate alcune attività, e la legge ha prodotto la sanatoria non la procedura amministrativa per come deve essere.

Questo a testimonianza del fatto che negli anni - nel sistema che qualcuno definisce delle tre grandi A: l’autorizzazione, l’accreditamento, l’accordo – nello specifico si sono determinati sicuramente abusi, fatti amministrativi non sempre legittimi e di fatto si è dato un colpo serio all’equilibrio del sistema.

Noi oggi discutiamo anche per mantenere fede, ed io da questo punto di vista devo dar atto all’assessore Spaziante, anche ad un impegno legislativo. La legge finanziaria 2008 approvata qualche mese addietro impegnava la Giunta regionale e poi il Consiglio ad approvare la legge sul riordino per quanto riguarda autorizzazioni, accreditamenti e requisiti – requisiti, una parolina magica – entro il 30 luglio di quest’anno.

L’impegno si mantiene e questo è un fatto importante perché l’autorevolezza di un consesso è anche la forza di un procedimento quando è in grado di garantire anche certezze rispetto agli impegni che si assume.

Però, guardate, non possiamo sfuggire, basta guardare i grandi giornali di oggi. Non so chi ha avuto modo di guardare la pagina del “Sole 24 ore”. Ieri – e continuerà domani – nella conferenza Stato-Regioni in materia di finanza sanitaria si è aperto uno scontro assai delicato con l’orientamento del Governo che non è un’altra cosa rispetto a noi, guardate. Perché se dovesse passare quella impostazione per un sistema sanitario fragile, confuso, spesse volte sprecone e non all’altezza per come è il sistema sanitario calabrese, capite che sarebbe ancora più complicato.

Quindi mettere in moto un processo di riordino e farlo anche prima del Piano sanitario penso che sia utile, sia stato giusto ed è utile dare una risposta di certezza.

Per chi ha avuto modo nelle settimane passate di leggere la relazione di indagine, la cosiddetta relazione Serra-Riccio, avrà potuto trovare proprio in questo riferimento la preoccupazione maggiore. Cioè avere un comparto in cui non ci sono regole certe di riferimento diventa impossibile un processo di riforma e un processo di riordino.

Oggi si mette un punto fermo, si danno certezze ai livelli di responsabilità che stanno nella Giunta, nel dipartimento, nelle aziende sanitarie. Ma se mi si permette, bisogna anche affermare rigore e certezza dentro i soggetti erogatori dei servizi.

C’è stata una discussione in Commissione anche molto intensa e molto franca e molto leale di come la Regione da una parte affermi rigore e responsabilità e dall’altra parte essa stessa sia portatrice di rigore e di responsabilità, sapendo che noi rispetto a questo comparto, al sistema sanitario calabrese abbiamo l’obbligo e il dovere non solo di intervenire per stare nel comparto col bisturi ma intervenire avendo una bussola di riferimento.

Anche qui – lo faceva per ultimo il collega Borrello – non c’è una visione di esclusività del sistema. Mi riferisco al dato della compresenza tra il sistema pubblico ed il sistema accreditato. Io preferisco chiamarlo sistema accreditato non sistema privato, perché per quella che è la fragilità del nostro sistema regionale non c’è di fatto un sistema squisitamente privato.

Non è un caso, per tornare alle tre grandi A, che appena dopo l’autorizzazione, che è uno strumento obbligatorio per un soggetto che si pone sul mercato e che pone la disponibilità ad offrire un servizio, altra cosa è l’istituto dell’accreditamento perché io accredito quel servizio se ho bisogno di quel servizio.

Questo deve significare una pianificazione per vedere se io quel servizio ce l’ho già dentro l’offerta sanitaria.

Dicevo che non c’è una visione monopolistica del sistema. Però negli anni in questa Regione è accaduto l’esatto contrario: di fatto si è indebolita l’offerta pubblica del sistema ed a volte volutamente, a volte magari inconsapevolmente si è fatta crescere l’altra gamba del sistema.

Credo che questo sia un interrogativo a cui noi non possiamo più sfuggire.

Per quanto mi riguarda la differenza deve essere la qualità.

Noi dobbiamo innestare una sana competizione sulla qualità della offerta sanitaria e dobbiamo in questa direzione sostenere la qualità e disincentivare, invece, chi non fa qualità, chi tenta di stare sul mercato meramente in termini assistenziali.

Questo, guardate, riguarda entrambe le gambe del sistema. Io non accetto una rappresentazione in cui si possa dire che tutto il pubblico è sprecone e non è in condizione di offrire nulla, come non condivido l’altra rappresentazione che il sistema accreditato è tutto un sistema fatto di non efficienza e non utilità.

In questo c’è il ruolo strategico della programmazione che negli anni è stato la grande assente del sistema sanitario calabrese. Anche la discussione che si è avviata sul Piano sanitario regionale( e, ripeto, sono d’accordo che noi approviamo prima questa legge e poi continuiamo il lavoro sul Piano sanitario 9, deve convenire che questo importante strumento non può essere un piano di enunciati ma deve prevedere vincoli e certezze che non possono essere lasciati nel dubbio e nella ambiguità.

Non ultima, per esempio, ritorna la discussione sui posti letto. Basta guardare anche l’annunciato di queste ore del Governo. Noi abbiamo qui una visione ancora ancorata  al pregresso - chi non ricorda la nottata di approvazione dell’ultimo Piano sanitario quando le tabelle erano in grande movimento negli ultimi minuti e nelle ultime ore! -, cioè, una visione strategica ancorata anziché ad obiettivi certi di salute, spesse volte riferita ad un sistema che guarda indietro.

Bello questo punto che mettiamo in campo stasera. Anche io voglio sottolineare la disponibilità reciproca che c’è stata, nessuna enfatizzazione, ma quanto meno ci diamo una norma, una regola, un punto di riferimento che può valere per noi e al di là di noi ed in questa direzione io penso che dobbiamo continuare.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Stancato. Ne ha facoltà.

Sergio STANCATO

Signor Presidente, signori consiglieri, l’argomento che oggi viene alla trattazione in quest’Aula è un argomento molto delicato e importante, un argomento che certamente ha suscitato molta attenzione ed ha polarizzato degli interessi che comunque in Calabria ci sono.

E’ inutile nasconderselo ma nel mondo, nel pianeta sanità ci sono tanti e tanti interessi e quando si decide di far chiarezza e di dare finalmente una svolta, certamente ci sono delle sottolineature, delle piccole pressioni, dei suggerimenti che vengono per cercare, comunque, di attutire il nuovo che avanza.

Onestamente, la proposta di legge che l’amico assessore Spaziante ha portato alla Giunta prima, alla Commissione poi ed oggi al Consiglio annovera in sé degli elementi di novità che è inutile nascondere ci sono.

Uno degli elementi più importanti di questo progetto di legge in un mondo così delicato – come dicevamo – della sanità è che certamente si fa ordine in una giungla di disposizioni, di leggi e di articoli, per cui molte volte colui il quale doveva essere interessato a delle procedure nell’ambito della realizzazione di fatti societari o quanto meno alla realizzazione di fatti importanti nel mondo della sanità, doveva muoversi tenendo conto di quell’articolo di quella legge o di quell’altro articolo di quell’altra legge, lasciando molta discrezionalità al personale, alla dirigenza, alla discrezionalità di un mondo che molto spesso non è amico dell’utente.

Di questo, caro Presidente, ci dobbiamo far carico perché la vera rivoluzione che questa maggioranza e che questa legislatura deve fare è nei confronti della burocrazia regionale. Perché se noi avremo la capacità di intaccare questo settore della vita regionale probabilmente avremo già risolto una buona metà dei problemi della Calabria.

In effetti, amici miei, questo è un tasto molto delicato su cui molte amministrazioni sono cadute ed io sono convinto che la Giunta, la capacità e la forza di Loiero unite al decisionismo dell’amico Bova possano incidere su questo che è un terreno molto pericoloso e su cui è necessario agire per avere la possibilità di cambiare le cose come vogliamo cambiarle oggi con questa legge che viene alla nostra attenzione.

Dicevo che non è soltanto questo l’elemento di novità del riordino delle leggi che in questo settore erano tante e tali che veramente c’era da perdere la testa.

C’è un altro fatto importante che non sarà certamente sfuggito all’attenzione di voi consiglieri. Cioè, per la prima volta in Calabria succede che il pubblico accredita se stesso. Cioè noi diamo con questa legge la potestà ai direttori generali di intervenire sulle strutture pubbliche per dire se quelle strutture pubbliche sono adeguate ai bisogni ed alle esigenze della salute e del cittadino.

Questo è un fatto molto importante. Fino ad oggi non si è mai verificata una cosa di questo genere e noi con questa legge per la prima volta diamo veramente la possibilità di incidere, di rendere competitivo il sistema pubblico rispetto a quello privato.

E’ chiaro, io personalmente non sono assolutamente contro il sistema privato nella sanità, anzi è un fatto che certamente esalta la contrapposizione e la qualità perché lì proprio nell’antagonismo tra pubblico e privato si riesce a cogliere quanto di meglio ci possa essere in questo settore.

Però è chiaro che noi dobbiamo fare i conti anche con quelle che sono le nostre finanze, le nostre capacità di intervento e demandiamo con questa legge ad una programmazione più complessiva che deve essere fatta nel Piano sanitario regionale che noi stiamo redigendo perché deve avere una visione di insieme.

Allora tutto quello che si chiama accreditamento verrà definito nel Piano sanitario regionale che è uno strumento importantissimo per la nostra Regione, in cui un buon 60 per cento o forse anche il 70 per cento della nostra economia si muove intorno alla sanità.

Allora un Piano sanitario ha le necessità di andare a verificare come stanno le cose e a cercare di cambiarle.

Forse e senza forse, non siamo partiti col piede giusto con questo Piano sanitario regionale. Ma oggi nel momento in cui si stanno facendo delle consultazioni popolari, si intervistano i territori e si chiede qual è la domanda di salute effettiva che c’è tra la gente e con la gente, vediamo veramente di riuscire ad avere un quadro preciso di tutto quello che può essere il fabbisogno che riguarda questo pianeta sanità.

So che il lavoro che sta facendo la Commissione con il Presidente Giamborino è un lavoro certosino, difficile ma puntuale. Sta verificando territorio per territorio quali sono le necessità, le esigenze, veramente cosa occorre a quella domanda di salute in quel determinato territorio.

E noi anche con questa legge che ci stiamo predisponendo ad approvare questa sera, vogliamo in qualche modo spianare la strada a quello che dovrà essere il nuovo Piano sanitario regionale, che non può certamente appartenere ad una maggioranza ma deve essere il Piano sanitario del Consiglio regionale nella sua globalità perché la salute non appartiene né a destra né a sinistra. La salute è un dovere da parte delle istituzioni da salvaguardare, sono convinto che questo Consiglio regionale è nelle condizioni, nelle capacità di poter svolgere questo ruolo fino in fondo.

Guardate, leggendo questa legge ed intervenendo più volte in Commissione, forse qualche volta da medico l’ho giudicata un pochino restrittiva rispetto a quelle che possono essere le attese dei colleghi.; però alla fine mi sono convinto che comunque uno strumento che faccia ordine, che porti un momento di razionalizzazione in questo mondo della sanità era necessario ed era giusto intervenire così come si è intervenuto.

Certo forse ancora oggi, stasera, avremo la possibilità di migliorare ancora questa legge con altri emendamenti, che i colleghi ed io stesso abbiamo presentato perché nulla è perfetto e tutto è perfettibile.

Ma sono convinto che alla fine quello che il Consiglio licenzierà questa sera sarà una delle poche leggi che possono veramente dire di aver posto un baluardo, una pietra miliare nel percorso della sanità calabrese. Questo sarà certo poi completato nel momento in cui andremo alla definizione complessiva del Piano sanitario regionale.

Ci siamo dati un traguardo ambizioso, quello del 30 luglio per l’approvazione del piano. Ritengo, personalmente, che probabilmente non ce la faremo per la complessità della materia, per le attese che ci sono su questo settore, che ci sono per questo Piano.

Ma anche se dovessimo perdere qualche giorno in più per quanto riguarda lo studio del Piano sanitario regionale e quindi il licenziamento da parte del Consiglio di questo importante strumento, sono convinto – conoscendo le qualità degli amici che risiedono in questi banchi – che certamente saranno dei giorni spesi bene nell’interesse delle popolazioni calabresi e soprattutto nell’interesse della salute dei cittadini. Salute che è uno dei beni primari che l’uomo deve tutelare e noi come legislatori abbiamo il dovere di portare avanti questa tutela in termini, soprattutto di qualità, di professionalità e di dare risposte precise e conseguenti a tutte le persone, alle genti della nostra Calabria che si aspettano da questo Piano sanitario una risposta che possa invertire il trend che fino ad oggi c’è stato nella nostra Calabria.

Un trend che certamente non ci ha visto brillare, ma noi ci auguriamo dal momento in cui licenzieremo questo Piano improntato ad una grande collaborazione e qualità di poter veramente dire che la Calabria, probabilmente, brillerà per una luce propria per quanto riguarda la sanità. Vi ringrazio, Presidente.

PRESIDENTE

Grazie, onorevole Stancato. Per un medico che termina il suo intervento, ce n’è un altro che l’inizia.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Aiello. Ne ha facoltà.

Pietro AIELLO

Grazie, Presidente. Io ad onor del vero avevo in mente di non parlare questa sera per un motivo molto semplice, non è un atto di supponenza, ma avevo deciso di non parlare perché non ritengo questa norma che stiamo per approvare meritoria di tanta enfasi, Presidente Giamborino.

Ritengo ciò non perché non si sia lavorato alacremente con grande sforzo da parte della maggioranza e della opposizione. Amo ricordare che molte volte il numero legale è stato mantenuto per la presenza della opposizione in Commissione e quindi col nostro contributo si è arrivati ad approvare in Commissione questa norma.

Adesso mi rendo conto che è ancora assoggettata a più di 100 emendamenti e quindi verrebbe da immaginare che quel che è stato fatto non è servito a nulla o quasi perché deve essere di nuovo corretto e speriamo in meglio e lo vedremo poi nel corso della discussione degli emendamenti.

Ma dopo tutte le sviolinate del collega Stancato, non potevo non intervenire. Tra l’altro un’ottima legge, ma senza dubbio è una legge. Chi dice che è arrivata tardi, chi dice che è arrivata finalmente, ma è una legge che comunque cerca di riordinare un sistema che effettivamente era un po’ in disordine; il provvedimento, poi,  tenta – lo dico dal punto di vista squisitamente tecnico – di equiparare il sistema pubblico a quello accreditato, all’ex privato. Tenta di migliorare la risposta di qualità nel campo delle prestazioni erogate e di ridare fiducia alle richieste del cittadino calabrese.

Ma consentitemi – questo è sotto gli occhi di tutti – questa non è una legge che dà queste risposte, assolutamente no, collega Pacenza, i problemi della sanità calabrese sono ben altri ed è sotto gli occhi di tutti. Ti ho ascoltato quando facevi riferimento al decreto Bindi – e scusa, passami la correzione – che è del ’96 e non del ’92 ma questo è un semplice lapsus.

Voglio però dire che i problemi gravissimi della sanità calabrese, amici carissimi, rimangono.

Ma, scusatemi, non vedo interventi strutturali. Tutti ci rifacciamo a questo benedetto Piano: quando  lo approveremo, quando si discuterà , quando lo tratteremo non ho capito. Ma se è giusto, il tempo necessario ci vuole,  e il Piano lo discuteremo fra due anni, possibile che questa amministrazione non riesce a dare interventi strutturali che consentano di contenere questa benedetta spesa? E’ possibile? E’ possibile che il soddisfacimento della qualità della prestazione richiesta non lo si può dare perché c’è una spesa abnorme e non si riesce a compensare la spesa con la qualità delle prestazioni? E’ possibile tutto questo ancora oggi in Calabria?

E’ possibile che non riusciamo a chiederci perché questo succede e perché non si riesce ad attenuare questa curva esponenziale che va sempre in alto, Presidente, sempre più in alto? Sono dati inconfutabili che io ho e credo li abbia pure l’assessore, e se volete ve ne faccio copie.

Cioè noi abbiamo, amici carissimi, una proiezione, e parlo di proiezione del primo trimestre 2008, Sergio, di spesa sanitaria che è già oltre il 2007 ma talmente oltre, amici carissimi che quasi rasenta un preventivo sbilanciamento di circa 200 milioni di euro per il 2008.

Che cosa sta facendo questa amministrazione per attenuare questa situazione?

(Interruzione)

Benissimo. Io ne ho copia. Avevo chiesto questo all’amico assessore Spaziante, col quale mi complimento per la grande pazienza e per il grande senso dell’ascolto che ha – bisogna dargliene atto –, poi contano i risultati. I cittadini aspettano risposte in termini di qualità, il sistema aspetta la qualità anche come condizione per poter dare la possibilità a chi lavora all’interno del sistema di avere più tranquillità.

Vedete, allora risulta quasi inconcepibile che da un grafico che viene fuori del Ministero della sanità – non mi invento niente – noi abbiamo una crescita esponenziale assurda per prestazioni di Drg. Ma abbiamo questa crescita esponenziale, di più, per quanto riguarda le prestazioni che sono quelle determinate per funzioni.

Presidente Giamborino, questa è una notizia importante e io la prego di prenderne atto come Presidente della Commissione sanità perché credo che debba essere oggetto di ragionamento.

Ebbene, guardate, nel 2003 avevamo 238 milioni di euro solo per quanto riguarda la spesa funzione. Nel 2004, avevamo 375 milioni di euro; nel 2005 erano 468 milioni di euro; nel 2006 erano 516 milioni di euro e nel 2007 sono 531 milioni di euro solo per funzioni, Presidente.

Significa che il sistema pubblico ha assorbito delle risorse per prestazioni non tariffate, Presidente. Quindi per prestazioni, come per esempio il pronto soccorso o la rianimazione, che essendo non tariffate comunque costano al sistema e costano non in termini di prestazioni ma anche di funzioni.

La domanda che ci dobbiamo porre è: rispetto a questa quantità enorme di denaro pubblico, invece di contenerla e quindi di creare azioni o sub-stati ideali affinché queste somme vengano attenuate e possano essere reinvestite per migliorare il sistema, il sistema invece li elargisce a pié di lista perché deve tamponare che cosa, Presidente Bova? Deve tamponare il disavanzo che il sistema pubblico contribuisce ad accentuare.

Allora se questa norma noi la innestiamo in questo contesto – questa norma sull’accreditamento - è giusta, e se servirà a questo è corretta. Però ci sono dati inconfutabili, ci sono dati di cui bisogna tener conto, di cui non si può non tenerne conto.

Prendiamo, per esempio, la spesa farmaceutica. Noi facciamo la legge per l’accreditamento. Benissimo.

Ancora oggi noi non abbiamo nessuna norma che possa permettere a questo Consiglio o alla Commissione o alla Giunta stessa di attenuare questa benedetta spesa farmaceutica che poi è – come si dice, usando un eufemismo – il fiore all’occhiello di questo enorme disavanzo o la madre di tutti i disavanzi.

Ebbene cosa fa questa amministrazione? Nulla, non ha fatto nulla fino ad oggi, Presidente, assolutamente nulla. Anche qui i dati sono inconfutabili e la spesa farmaceutica aumenta da 314, a 336, 376, 393, 423 milioni di euro di spesa farmaceutica, assessore Spaziante, nel 2007.

Questi sono i dati e sfido chiunque a smentirmeli, Presidente Bova. Questi sono i dati.

Allora c’è questa situazione quasi incontrollabile e che rischia, veramente di andare fuori controllo. Ancora oggi ho letto che sono stati versati fiumi di inchiostro: il prefetto Tizio, il Presidente della Commissione Caio, enfasi su questa legge per l’accreditamento. Finalmente, ma finalmente che cosa?

Amici carissimi siamo seri, siamo pragmatici una volta per tutte! Finalmente che cosa? Stiamo cercando di fare una buona legge che però servirà ad attenuare un problema ma non a gestire veramente quello che è il vero grande problema della sanità calabrese. Questo squilibrio enorme che non consente, ad oggi, di riequilibrare il meccanismo pur dinamico tra l’andamento della spesa, ripeto, e la richiesta di qualità di prestazioni sanitarie da parte del cittadino.

Questa è una domanda, un quesito che voglio lanciare al Consiglio regionale ed alla Giunta. Quando la Giunta regionale ci dimostrerà – Presidente Bova –  invece di creare decreti nella qualità di commissario ad acta senza delibere di Giunta per un fantomatico ripiano, e creare voci fantasmagoriche, ecc.…

Che cosa è successo? Per organizzare il ripiano della sanità nel 2007 qual è stato l’architrave, l’ingegno, il coupe de theatre? Bene, c’è stato un decreto che ha sottratto – Presidente Bova, è bene che lei nella sua qualità sappia queste cose – fondi Irpef al 2008 sospendendo la legge 9 che era stata fatta per riversare 20 milioni di euro sul 2007 scoprendo di fatti il 2008.

Allora qual è il rischio amici cari? Che ci ritroveremo nel 2009 a ridiscutere il disavanzo aumentato per quanto riguarda il 2008 perché saremo senza fondi a disposizione per il ripiano.

Questo è il grande coupe de theatre che è stato fatto. Non solo. Poi leggo altre spese, Presidente. Cioè questi 63 milioni di euro di accantonamento di somme relative a maggiori iscrizioni. Non si sa cosa siano, Presidente Giamborino, e non ci capisco niente. La mia grande ignoranza mi blocca, amico Pacenza. Non ci capisco niente, invito tutti a leggere questo decreto di ripiano della spesa sanitaria.

Il risultato qual è? Che tutto avanza, la spesa farmaceutica aumenta del 4,5 per cento. Vi dico le proiezioni dei primi tre mesi.

Finisco, Presidente Bova. C’è il problema della ospedalizzazione. Ebbene, amici carissimi: nel 2008 la Calabria avrà un grande primato – meno male che abbiamo un primato – che è quello del tasso di ospedalizzazione. Significa che la Calabria ha un tasso di ospedalizzazione che sfiorerà i 230 per mille, Michele. Primo ed assoluto in Italia, speriamo di ricevere i complimenti da tutte le parti e da altre Regioni.

Questo significa che un cittadino calabrese rispetto ad un cittadino lombardo costerà al sistema 1.780 euro a persona. Allora che succede? Il cittadino lombardo che ha garantita una qualità di prestazione di un certo livello costa 1.520 mentre il cittadino calabrese che invece ad oggi ha garantita una prestazione di qualità di basso livello, costerà 1.780 euro.

Questa è la realtà della sanità calabrese. Grazie.

PRESIDENTE

Grazie all’onorevole Aiello, io non debbo commentare gli interventi. Come ha visto è giusto intervenire e lei ha fatto il suo intervento in maniera chiara. Poi siccome non c’è due senza tre, medici non nel merito degli interventi, la parola all’onorevole Pasquale Tripodi.

Pasquale Maria TRIPODI

Signor Presidente, dopo l’accorato intervento di Pietro Aiello vorrei continuare un po’ a fare una analisi sicuramente al di sopra delle parti.

Intanto voglio fare una premessa. Ho preso atto in questi giorni in cui abbiamo discusso in Commissione e ci siamo confrontati con i colleghi anche della capacità che ha avuto il Presidente Giamborino non solo di guidare i lavori ma anche di darci l’opportunità di confrontarci con l’assessore Spaziante sui problemi della sanità.

Io – lo dico a priori e senza perder tempo su queste cose – prendo atto del risultato che abbiamo conseguito, non mi dichiaro affatto soddisfatto di questo provvedimento ma lo considero solo come un inizio, una prima pietra per fare un ragionamento più articolato ed ampio sulla sanità calabrese.

Ora a prescindere dalla nostra posizione o da quella che abbiamo preso in Commissione, mi limiterò, e ci sono i colleghi che sono stati con me in Giunta, a riportare quello che nelle svariate sedute di Giunta ebbi a dire quando abbiamo parlato sulla sanità e soprattutto anche su questi problemi.

Quindi niente di nuovo per alcuni colleghi, ma è bene che alcune cose vengano ribadite oggi da quei banchi prima e da questi banchi ora.

Vedete, quando parliamo di sistema della sanità calabrese, a prescindere dalle discrasie che ci sono dal punto di vista economico dobbiamo dirci le cose come stanno con molta onestà mentale. Noi possiamo far qualsiasi provvedimento ma se a questo non ne saranno accompagnati altri – come dicevi tu, collega Aiello – in cui si interviene sulla radice del male della sanità, sicuramente non usciremo da questa situazione stagnante.

Col sistema accreditato ci possiamo anche confrontare dal punto di vista non solo della qualità del servizio ma anche della qualità delle prestazioni, del volume della prestazione che andiamo a contrattare.

Ricordo a me stesso che non c’era nemmeno bisogno di far questa legge. Sarebbe bastato applicare in modo adeguato la “502” o l’articolo septe-quinques della “502” già a priori quando i nostri direttori generali succedutisi nel tempo – non è questione di uomini ma di funzioni – prima di andare a consentire che alcune prestazioni potessero continuare dopo lo sforamento del budget, questo non lo facessero. Già previsto nella “502”, ma la questione è un’altra.

La questione è che questo provvedimento che va a normare, di fatto, sia l’accreditamento che l’autorizzazione se non è condiviso da una strategia politica e non solo dalla Giunta ma anche e soprattutto da questo Consiglio regionale, noi non ne usciamo. Non l’ha fatto la Giunta precedente e non lo farà nemmeno questa Giunta.

Dobbiamo avere il coraggio di dirci le cose come stanno. Senza tagli strutturali nella Regione Calabria soprattutto sul sistema ospedaliero – per dirci le cose come stanno, in modo franco – noi non usciremo.

Non è pensabile che questa legge va a normare di fatto – questo lo dico come medico ora, non nelle mie funzioni ma nella mia qualità –, ma noi andiamo ad avere decine di ospedali ai quali non riusciamo a dare delle risposte adeguate. Dove, se andiamo ad analizzare i ricoveri, ve ne sono più del 30 per cento impropri. Dove non ci sono i controlli di qualità, né i controlli sulla spesa farmaceutica che dovevano fare sia di primo che di secondo livello all’interno del sistema ospedaliero come sanità.

Allora questo non ce lo possiamo più permettere e se questo è il primo mattone, speriamo che ne vengano altri. Ma il problema, come dicevo prima, è anche politico ed è di questo Consiglio regionale. Ecco perché io ed altri colleghi probabilmente vogliamo sovraccaricare la Commissione di questo Consiglio per chiedere di verificare i regolamenti che sono frutti di programmazione, non per altro.

Allora vogliamo capire e lo dico scevro dal rapporto che posso avere con l’assessore Spaziante. Se ci fosse l’assessore Spaziante da qui a 50 anni in questa Regione Calabria, credetemi io mi fiderei. Non so poi la sanità da chi e come sarà gestita, ma ritengo che questo Consiglio regionale sulla programmazione debba dire la sua, non possa dire la sua, ma debba dire la sua.

Debba assumersi la responsabilità non solo dei tagli strutturali ma anche di una impostazione nuova della sanità. Perché quei dati che ha detto il collega Aiello sono veri e sono esponenziali, significa che tendono alla crescita continua e se non poniamo un rimedio alla base, noi possiamo fare quante leggi vogliamo, possiamo fare quanti rimedi vogliamo ma non ne usciremo.

Sapete qual è la prova di questo ragionamento? Se voi prendete questo provvedimento, alla fine le leggi che sono abrogate parlano tutte quasi di accreditamento e di autorizzazione. Partono dal 1984. Noi abbiamo abrogato tutte le leggi di sinistra, fatte da Giunte di amministrazione di sinistra e di destra che su questo problema non hanno inciso, non hanno avuto la capacità di porre un punto fermo. Il punto fermo non lo porremo solo sull’accreditamento e l’autorizzazione, quello è il meno.

Lo porremo quando avremo delle strutture che sono tali, quando avremo la capacità di specializzare e far adeguare il sistema sia pubblico che privato a degli standard di qualità che sono, per lo meno, a livelli italiani per non parlare poi del livello europeo della sanità.

Non ci possiamo permettere il lusso in questa Regione di avere poi delle relazioni,  dopo quella di Serra, che non va sicuramente a parlar solo del sistema di accreditamento ma di una carenza del sistema in toto della gestione della sanità.

Allora su questo è il confronto che si deve fare in quest’Aula. E quando noi diciamo ai colleghi consiglieri regionali che l’assunzione di responsabilità della politica è anche di controllo su queste cose, dobbiamo avere anche una capacità di metterci in discussione noi stessi rispetto al sistema sanità con quel che ne consegue per i cittadini.

Ma non possiamo immaginare che per mantenere gli ospedali aumentiamo i ricoveri che sono quelli impropri. Non possiamo immaginare, vedete - dico una cosa e mi dispiace da un punto di vista professionale perché siamo medici -, ma il sistema da mettere sotto accusa è anche il nostro che è il sistema del medico. Perché se la spesa farmaceutica aumenta lo fa per un certo sistema.

Se i ricoveri impropri vengono fatti perché alcuni nostri colleghi operano in un certo modo, questo è bene dirselo in modo molto chiaro. Dobbiamo agire su due fronti: quello della coscienza e quello della opportunità legislativa che noi abbiamo in questo consesso.

Sicuramente il Piano sanitario regionale non può essere un Piano che possa essere affrontato con frettolosità e con una incapacità nostra di dar risposte seppur radicali e seppur non condivise dai nostri concittadini.

Diciamoci queste cose, diciamocele oggi in tempi non sospetti perché noi abbiamo il dovere di dare una risposta sanitaria alle nostre genti. Poi c’è un altro problema che Pietro Aiello e gli altri colleghi hanno già trattato probabilmente con la veemenza che è dovuta. Qui noi non possiamo non pensare che il sistema – spero che ascolti l’assessore Spaziante – del dipartimento alla sanità non va rimodulato anche dal punto di vista non solo della operosità ma anche delle funzioni.

Non possiamo pensare che il dipartimento della sanità che fino ad ora è gestito in un certo modo continuando in questo tipo di gestione possa concorrere a risolvere i problemi.

Allora anche qui va fatta una puntualizzazione perché il dipartimento alla sanità deve coadiuvare i processi che vengono dalle Asl ma sicuramente non può essere il dipartimento che rallenta alcuni processi e che poi non agevola alcuni processi nella sua immediatezza.

Perché per dirci una volta per tutte le cose come stanno, i controlli che dovevano essere fatti in sanità, checché ne dicesse l’allora assessore Doris Lo Moro, dove sono? Sono stati fatti? Vincenzo, io in una riunione di Giunta ho avuto una discussione con l’allora assessore Lo Moro su queste cose.

Allora i processi di verifica e di controlli li vogliamo fare o no in questa Regione? Quello è lo strumento che ci consente di arginare il sistema nelle sue devianze non solo economiche ma anche di conduzione di una professionalità anche territoriale dei colleghi.

Anche lì ci dobbiamo confrontare con molto coraggio e non possiamo essere contenti di questo provvedimento se non è seguito da atti che sono utili, necessari e soprattutto che abbiano la capacità di incidere non tanto sulla spesa quanto sulla qualità della sanità che andiamo ad offrire.

Qui noi non ne usciamo tenendo presente un’altra cosa. Vedete, io in questi mesi ho sentito delle cose che mi hanno mortificato – parlo come medico – quando anche i mass-media nazionali definivano la classe medica calabrese inadeguata a dare risposte sanitarie.

Qui dobbiamo fare un nostro ragionamento all’interno del sistema sanitario calabrese. Ritengo che le professionalità che abbiamo in questa Calabria siano tali da non farci sentire secondi a nessuno. Però ritengo che l’adeguatezza delle strutture pubbliche non possa essere lasciata in questo modo.

Ritengo che dobbiamo mettere le strutture pubbliche nelle condizioni non solo di poter operare ma di essere messe nelle condizioni di offrire quella qualità che adesso non c’è.

Ben vengano i quattro nuovi ospedali che stiamo facendo ma per gli altri che vogliono fare, una parte sono convinto che nella discussione generale saranno destinate ad altre cose, ma di quelle che rimangono vogliamo trovare le risorse per adeguarle o l’adeguamento lo deve fare solo la sanità accreditata? E quella pubblica? Per poi sentirci dire dai telegiornali nazionali che viviamo in ospedali da terzo mondo, dove ci fanno vedere – caso mai – gli scantinati ed i muri che si sbriciolano magari per l’incuria del tempo.

Questa è un’altra domanda ed un altro interrogativo che ci dobbiamo porre e se riusciamo ad abbassare anche del 10 per cento la spesa farmaceutica non avremo problemi ad adeguare le nostre strutture sanitarie.

La sfida è là che la dobbiamo fare e per questo io ritorno sempre sull’assunzione di responsabilità della politica, perché noi non possiamo lasciare per alcuni versi abbandonato a se stesso l’assessorato alla sanità e come Consiglio non seguire quel che l’assessorato alla sanità poi fa.

Abbiamo il dovere di poterlo e di doverlo fare. Solo così possiamo coadiuvare un sistema che di fatto vede questo Consiglio ed i consiglieri estranei a quella che è la programmazione della sanità.

Sulla programmazione della sanità abbiamo il dovere ognuno di noi di dire come la pensiamo in modo schietto ed aperto, anche facendo pagare lacrime e sangue ai nostri concittadini per riformare il sistema. Perché nessuno può pensare che può avere l’ospedale sotto casa o nessuno può pensare poi di morire per una appendicite.

Non è più il tempo di ragionare su queste cose ed allora su questo io considero questo primo passo che abbiamo fatto, stasera ne discutiamo, come il primo mattone che dobbiamo mettere sulla sanità.

Sicuramente non penso e sono convinto in piena coscienza, che questa possa essere una soluzione che possa sanare il problema ma è l’inizio di un ragionamento che, sicuramente, se va nella direzione di far tutti gli atti che in qualche caso già abbiamo discusso anche in Commissione ma già dalla discussione stanno emergendo, rispetto che anche al sistema nuovo, al sistema sanitario che vogliamo disegnare nel nuovo Piano sanitario regionale, nel nuovo Psr, probabilmente avremo la capacità al di là di chi sieda da questi o da quei banchi di dare una risposta concreta alla Calabria su una esigenza di primaria importanza come quella della salute.

PRESIDENTE

Grazie, onorevole Tripodi. Come dire, un ciclo momentaneamente si conclude e ne comincia un altro con l’onorevole Serra.

Giulio SERRA

Signor Presidente, onorevoli colleghi, intervengo innanzitutto per un plauso all’assessore Spaziante, perché, anche per la mia breve esperienza in questo Consiglio regionale, non pensavo che in sede di discussione e di approvazione del bilancio ed ancora, su una serie di discussioni e di proroghe che c’erano state su questa norma in materia di autorizzazione e di accreditamento l’assessore mantenesse gli impegni.

Ebbene, a quella data di approvazione del bilancio disse che entro la fine di luglio avrebbe portato il provvedimento in seno a questa Assemblea, che sicuramente è deputata non solo alla più ampia discussione ma a licenziare un testo che ha visto un lavoro molto importante e proficuo del Presidente, che saluto e ringrazio, onorevole Giamborino, in una serie di audizioni che per la prima volta ha posto la Commissione e le varie organizzazioni sindacali e tutte le associazioni ad un confronto sereno, serrato, proficuo e sicuramente anche i lavori della Commissione in un certo clima di serenità perché all’esterno ho avuto modo anche di parlare e di incontrare una serie di addetti ai lavori. Quindi con tutti quelli che sono gli operatori che agiscono all’interno di queste strutture e c’è un clima nuovo, si respira un’aria diversa su quello che è il problema della sanità in Calabria.

Per ben due anni per quel che mi risulta e che sicuramente è notorio a tutti, ci sono state lunghe discussioni. Spesso si è evitato il confronto, ci si trovati di fronte ad un muro. Ebbene, oggi registriamo un dato nuovo, un fatto nuovo perché in democrazia la cosa più importante è il confronto.

Recepisco ed anche spesso annoto quello che è il ruolo di una minoranza. Ho seguito anche i vari interventi, fra l’altro sono addetti ai lavori, di consiglieri regionali che sono dei medici. Sicuramente non posso confrontarmi con la loro esperienza e conoscenza anche dei dati, ma anche dalla minoranza viene sicuramente un plauso; c’è, comunque, una preoccupazione per quello che sarà successivamente un atto che è il Piano sanitario regionale e che ci porterà ad un confronto più serrato e più importante.

I numeri in negativo, le discrasie che qualcuno fa rilevare, preoccupano, sicuramente preoccupano il Presidente di questo Consiglio, il Presidente della Commissione e anche noi tutti, perché non possiamo permetterci il lusso, come diceva anche il collega Pasquale Tripodi, di non valutare attentamente queste cose.

Però sicuramente è importante questo passaggio che pone fine alle tante discussioni che ci sono state Oggi ci apprestiamo a licenziare una proposta di legge fatta di 12 articoli che ripercorrono un po’ quella che è la storia di queste strutture e che ci ha visti impegnati in quello che è un discorso per quanto riguarda l’adeguamento dei requisiti, anche delle stesse tariffe, per quanto riguarda il discorso sulla mancanza di un controllo spesso anche all’interno delle stesse strutture.

Mi auguro che questa legge possa essere approvata a breve, pur nella convinzione che gli emendamenti proposti servano anche a noi ad affrontare una discussione più ampia ed approfondita in seno all’assemblea su questa importante materia. Sicuramente il discorso è che si apre una nuova stagione.

Io voglio completare questo mio intervento anche se breve ma sentito fortemente, dicendo che si viene a porre fine a quella che è una discussione che languiva in tutti questi anni per quanto riguarda le strutture sanitarie private e pubbliche, anche per quello che andremo a breve a porre e che è il Piano sanitario.

Mi auguro che la proposta di Piano sanitario possa camminare di pari passo per come si è verificato con questa in esame, e che entrambe possano dare alla Calabria una riorganizzazione nuova per quella che è la sanità e che va a porre fine a tutta quella serie di fatti negativi verificatisi, che hanno posto la Calabria all’attenzione nazionale.

Concludo augurandomi che questa Assemblea licenzi questo testo anche se emendato, anche se discusso, per porre fine definitivamente a questa materia che ci ha visti impegnati e che ci vedrà ancora, sicuramente impegnati per quanto riguarda la sanità nel rispetto delle regole che questo Consiglio licenzierà. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

Demetrio BATTAGLIA

Grazie, Presidente, sono d’accordo con l’onorevole Aiello quando dice che non bisogna enfatizzare più del dovuto questa legge ma questo non significa che non bisogna apprezzarla a prescindere dal ritardo o meno rispetto all’approvazione ed alla fretta per rispettare alcune scadenze.

Certamente è una legge che non risolve né può risolvere i problemi della sanità, ma è una legge che dà delle regole, che stabilisce delle procedure, che delinea un quadro di riferimento, un quadro che potrebbe anche essere migliorato in Aula, perché in un settore delicato come la sanità, avere delle procedure e delle regole certe costituisce è il presupposto della qualità della stessa sanità ma soprattutto della qualità dell’amministrazione.

Noi spesso abbiamo avuto una amministrazione della sanità non in linea con le esigenze del cittadino ma in linea con esigenze particolari. Da questo punto di vista, ritengo che ci sia stato nel corso di tutti questi anni, degli ultimi 15 anni almeno, una responsabilità della politica tutta, a prescindere dalla maggioranza o dalla minoranza del momento, che ha visto la sanità come una prateria nella quale scorrazzare, quanto meno per essere buono, per motivi clientelari.

La legge che andiamo ad approvare e che, tra l’altro, in Commissione ha anche avuto un contributo, al di là del numero legale – come diceva l’onorevole Aiello – fattivo di proposte e di emendamenti che sono stati approvati, da parte della minoranza.

Possiamo, quindi, dire che è stata una legge licenziata alla unanimità dalla Commissione, e di questo va anche dato atto alla minoranza, che tra l’altro oltre che all’apporto qualitativo, importante che ha dato, ha anche assicurato con la sua presenza il mantenimento del numero legale in quella sede.

(Interruzione)

Aggiungevo qualcosa in più rispetto a quello che tu hai detto, perché è la verità.

Questo è il primo passo, un pezzetto di norme che, come si diceva prima, vanno a sostituire e ad eliminare una serie di normative che nel passato sono state prodotte da quest’Aula e che probabilmente non hanno funzionato.

Il tentativo è di far funzionare tutti, badando bene, caro assessore, che però le norme che vengono approvate debbono trovare poi una corretta applicazione, non solo per la forma ma anche per lo spirito della legge, perché molte volte o quasi sempre, le norme non trovano una applicazione e non producono effetti in quanto vengono affidate alla gestione di soggetti che non hanno la capacità o la voglia di renderle operative.

Da questo punto di vista ritengo che noi facciamo un passo in avanti e probabilmente nel prossimo mese se si vuol rispettare la scadenza o comunque entro settembre approvando il Piano sanitario daremo un ulteriore contributo. Un contributo che sarà positivo se avremo la capacità tutti insieme, proprio perché la sanità è un aspetto vitale per la vita della Calabria, di mettere da parte gli interessi generali, ma che comunque sono sempre particolari, perché riconducibili ad interventi tendenti a tutelare alcuni settori; ecco se avremo tutti insieme, maggioranza e minoranza questa capacità di mettere da parte ogni pezzo di rappresentanza che la sanità ha in questo Consiglio sarà allora possibile andare a fare una riforma vera, capace di incidere profondamente nel tessuto di questa società. Una riforma che deve essere, anche quella, molto chiara per evitare che dentro la sanità continuino ad esserci azioni non in linea con le finalità della sanità stessa.

Concludo dicendo che uno dei problemi che spesso abbiamo avuto è che all’interno della sanità si sono prodotti una serie di fenomeni tendenti a tutelare professionalità o interessi particolari a scapito degli interesse generale. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Censore. Ne ha facoltà.

Bruno CENSORE

Signor Presidente, mi associo a quanto già detto dai numerosi colleghi che sono intervenuti. Mi associo al plauso che hanno espresso all’assessore Spaziante per l’impegno che sta portando avanti a favore della Calabria e della sanità di questa regione.

Ho avuto modo di parlare più volte con l’assessore Spaziante, di andare a trovarlo in assessorato. Tanti dicono è un tecnico, non è un politico. E’ una persona che lavora, che fa bene il suo mestiere e che dedica tanto tempo alla nostra sanità, alla tutela della salute che veramente non si trova in una situazione molto positiva.

I traguardi da raggiungere sono tanti e ci sono anni di ritardi, ci sono anni di cattiva spesa, di mala gestione, di scelte improvvide fatte in periodi in cui per dare un segnale ai territori si costruiva un ospedale in ogni paesino, in ogni municipalità. I costi sono lievitati, è cresciuta anche la spesa a favore di una sanità privata che ha erogato solo alcuni tipi di prestazioni, non certo prestazioni di eccellenza, spesso prestazioni che riguardano la cura dei portatori di handicap, l’assistenza agli anziani nelle case di riposo,cioè poche eccellenze.

Sono fra coloro che pensa che in una regione debba coesistere la sanità pubblica e la sanità privata. Perché questo non crea dualismo ma anche concorrenza positiva. Ma è giusto che in una regione il pubblico abbia il suo spazio, offra delle prestazioni di qualità e guardi al futuro affinché queste prestazioni migliorino.

Ma per arrivare al punto che stiamo discutendo, mi sono associato alle congratulazioni fatte all’assessore Spaziante, ma devo complimentarmi anche col Presidente della terza Commissione, onorevole Giamborino, che ha portato avanti i lavori con diligenza.

Io stesso pur non facendo parte della Commissione l’altra sera ho partecipato fino a tarda serata alla discussione, ai lavori attraverso i quali abbiamo licenziato questo provvedimento.

Sinceramente ho visto una nuova fase, una partecipazione – come diceva qualcuno – da parte della minoranza, da parte della maggioranza, attraverso emendamenti per dare un contributo costruttivo alla stesura definitiva del testo in discussione.

In questi interventi ho notato da parte di tutti i colleghi una volontà positiva per licenziare un testo che desse un segnale importante alla tutela della salute dei calabresi. Ma non una tutela della salute intesa in un senso molto limitato e ristretto ma una tutela della salute che guarda anche alle regole.

Quando si parla di carenze che ci sono in Calabria si pensa subito alla mancanza di strutture, di tecnologie, che certamente esistono, però, va pure aggiunto che una buona sanità si fa anche con delle regole, con delle norme, con misure di un certo rigore.

Allora la legge che noi licenzieremo oggi va nella direzione di un miglioramento della qualità delle prestazioni delle strutture pubbliche e di quelle private, va nella direzione di comminare sanzioni laddove non si rispettano le regole.

Ricordo che c’è stata una discussione su un articolo laddove si discuteva dei lavoratori del comparto sanitario privato che a volte non sono pagati a fine mese, sono pagati in ritardo perché c’è una burocrazia che magari sta in capo allo Stato che non eroga le dovute risorse alla Regione. E così la Regione a sua volta è nella impossibilità di erogare le risorse necessarie alle strutture e quindi i lavoratori sono costretti a vivere questo forte disagio.

Ma si è parlato anche della giusta applicazione dei contratti per i lavoratori all’interno di questo comparto delle strutture private, perché in alcune di esse si verificano situazioni abnormi, e cioè lavoratori che magari vengono pagati con contratti diversi rispetto al profilo col quale sono stati assunti.

Quindi c’è stato un contributo importante al fine di regolamentare anche questo aspetto. Chiaramente poi il Piano sanitario definirà il programma regionale degli accrediti.

Ho visto che continuano le audizioni. Ce n’è una in Commissione sanità prevista per mercoledì, cioè c’è tutto un lavoro preliminare per poter licenziare definitivamente un Piano sanitario che guardi ad una Calabria moderna, ad una Calabria con una sanità dove ci siano meno migrazioni sanitarie e dove tante patologie potranno in futuro essere curate qua.

Quindi diciamo che è un testo di legge importante che recepisce una indicazione della Finanziaria e che contribuisce davvero non solo a migliorare la qualità ma a garantire anche servizi sanitari più sicuri.

In Calabria - e vengo da una provincia in cui ci sono state delle situazioni tragiche – tante volte non si ha la sicurezza quando si va presso un presidio ospedaliero.

Ecco, allora che attraverso queste norme e queste regolamentazioni, attraverso questi controlli previsti si andrà ad incidere su un malcostume esistente, si andrà a regolamentare gangli vitali della sanità calabrese e, quindi, per questo penso ci sia stato un consenso unanime, una forte responsabilità da parte della maggioranza che ha dato un contributo positivo alla stesura del testo e garantito il numero legale in Commissione laddove poi alla fine, a tarda serata, è stato licenziato il documento alla unanimità.

La norma è molto rigorosa anche per quanto riguarda la decadenza dalle autorizzazioni, perché prevede la presenza di soggetti che attuano la vigilanza ed il controllo.

Penso che attraverso questa legge possiamo dire di aver scritto una pagina importante della sanità calabrese. Penso che così faremo anche per quanto riguarda il Piano sanitario, perché c’è bisogno di una sanità disegnata e spalmata su tutto il territorio calabrese, nel senso cioè di distribuire razionalmente le “specialistiche”, nel senso di avere il coraggio non di chiudere gli ospedali, non voglio usare questa parola, perché penso che i servizi vadano portati ai cittadini non tolti, ma nell’ambito di una razionalizzazione.

Chiudo con queste parole ringraziando nuovamente l’assessore Spaziante ed il collega Giamborino. Penso che questo sia già un giorno diverso. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Trematerra. Ne ha facoltà.

Michele TREMATERRA

Signor Presidente, non vi nascondo che questo dibattito di oggi me lo aspettavo perché devo riconoscere all’intero Consiglio regionale la serietà con la quale sta discutendo di sanità e la serietà sta anche nella corresponsabilizzazione che sia la maggioranza che la minoranza hanno avuto nella approvazione di un provvedimento che è arrivato in Commissione neanche 15 giorni fa.

Non vi nascondo però che questo tipo di discorso, questo impianto, questa legge, avremmo dovuto discuterla a luglio sì ma di 3 anni fa. Oggi stiamo iniziando, ritengo, un atto propedeutico a quello che dovrà essere il nuovo assetto sanitario.

E’ vero: la sanità non appartiene a nessun colore politico, non è né di destra né di sinistra. Questo ragionamento lo condividiamo e lo abbiamo fatto  nostro anche nei mesi e negli anni passati.

Abbiamo detto ed abbiamo dato come partito, come Udc da subito la nostra disponibilità a parlare di sanità. Da subito ci siamo resi promotori anche di iniziative che tendevano a portare in discussione quello che era un sistema sanitario che, come tutti sappiamo, è un sistema sanitario che ancora oggi è nel caos.

Ho registrato tutti gli interventi che si sono via via susseguiti. C’è stata una analisi che purtroppo è impietosa. E’ la realtà delle cose: è verissimo che c’è una spesa farmaceutica che continua a galoppare, è verissimo che c’è un altissimo tasso di ospedalizzazione, ma a queste criticità una classe politica deve saper rispondere e lo deve saper fare con obiettività e serietà, altrimenti si continuerà a fare demagogia che non va certo negli interessi del nostro popolo calabrese.

Quando si parla di ospedalizzazione dobbiamo chiederci il perché questo si verifica. Ma si verifica perché i nostri sanitari sono incapaci di dare prestazioni adeguate o perché purtroppo per mantenere alcuni ospedali si è costretti ad aumentare l’indice di permanenza dei pazienti? Tutto questo cosa causa poi? Causa una spesa sanitaria eccessiva, una spesa sanitaria che sfiora il 65 per cento dell’intero bilancio regionale ed allora la politica deve assumersi fino in fondo le proprie responsabilità e deve dire chiaramente alla Calabria che c’è una classe politica che deve organizzare un Sistema sanitario regionale che sia al passo con i tempi.

Sentivo poco fa l’amico onorevole Censore che diceva che nel tempo si sono costruiti ospedali.

E’ vero, negli anni ’60 era una necessità avere dei presidi ospedalieri sotto casa. C’era una società calabrese che non è quella di oggi. La mobilità era più difficile ed era molto più complicato poter raggiungere un ospedale che distava 50-70 chilometri dalla propria abitazione.

Oggi è cambiato il sistema infrastrutturale, anche se ancora carente come quello calabrese. Oggi sono cambiate anche le tecniche sanitarie per cui si tende sempre meno ad ospedalizzare i pazienti ed oggi bisogna avere il coraggio di fare delle scelte che sono di prospettiva.

Non dobbiamo esclusivamente puntare a quelli che sono i cosiddetti centri di eccellenza che ci vogliono in Calabria dove dobbiamo, però, avere un servizio sanitario che sia quanto meno normale.

Oggi anche grazie alla responsabilità della opposizione siamo qui per approvare un testo che sicuramente poteva essere ancora migliorato e che sicuramente abbiamo cercato di migliorare attraverso una serie di emendamenti, alcuni dei quali sono stati accolti e altri no.

Questo a testimonianza che quando si lavora nell’interesse della Calabria si riescono ad ottenere importanti traguardi.

Guardate, io che sono un sanitario – ci sono stati una sfilza di colleghi medici e colleghi consiglieri che hanno parlato prima di me – sentivo poco fa l’intervento che ha fatto l’onorevole Aiello. C’era molta passione in quell’intervento ma quella passione veniva fuori da una necessità, da una considerazione che un sistema non va bene e va sicuramente cambiato e riformato.

E la disponibilità che abbiamo dato già ieri la diamo oggi e la daremo domani, è che su un Piano sanitario ci deve essere la massima compartecipazione anche con i territori. Bisogna spiegare ai nostri calabresi che siamo capaci come classe politica di elaborare un progetto nuovo ed innovativo che dia sicurezza e tranquillità a tutta la nostra gente.

E’ inutile parlare di cose di cui abbiamo tante volte detto e scritto. Quella relazione della Commissione Serra-Riccio è devastante per il quadro che dipinge. Però oggi con questo provvedimento ritengo che possa iniziare qualcos’altro.

Dico questo perché quando sentiamo dire che le ispezioni dei Nas hanno rilevato in 37 casi su 39 delle palesi irregolarità o strutturali nei nostri ospedali e parliamo di ospedali pubblici nonché anche di privati, ritengo che una nuova organizzazione dell’accreditamento farà sicuramente in modo che sia il pubblico che il privato possano concorrere liberamente per cercare di dare quella sanità che purtroppo ancora oggi da noi manca.

Questo era il mio contributo, il contributo di un partito che sui temi della sanità si è sempre speso senza demagogia ma nello spirito di costruire una nuova fase, una nuova sanità che possa essere una soddisfazione per tutti i nostri cittadini che spesso sono costretti ad andare fuori. Succede spesso, ed i dati – è inutile ripeterlo – li conosciamo bene, ci auguriamo che meno cittadini possano aver bisogno delle cure sanitarie, ma se ciò dovesse accadere che possano essere curati e bene nella nostra terra. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Amendola. Ne ha facoltà.

Francesco AMENDOLA

Grazie Presidente, mi associo anche a questa discussione che è stata avviata questa sera su un provvedimento importante. Io ho sentito parlare anche qui, anche nell’ultimo intervento, dei ritardi rispetto alla istituzione di una legge di questo tipo. Voglio dire che sicuramente ci saranno dei ritardi ma dei ritardi non solo di questo Governo regionale ma anche di quello precedente, se è vero come ho sentito poc’anzi che già tre anni fa avremmo dovuto discutere su questo provvedimento.

Ma per il fatto stesso che si parli di ritardi, credo che era un fatto di necessità farlo, discutere questo provvedimento.

D’altronde, credo che ci sia stata anche molta determinazione da parte dell’assessore regionale, da parte del Governo regionale, se è vero, come è vero che abbiamo interrotto la discussione sul Piano sanitario regionale sul quale erano state già avviate delle audizioni che riprenderemo in settimana prossima.

Quindi era un fatto di necessità. Era necessario discutere sul sistema degli accreditamenti. D’altra parte, io ricordo già nella passata legislatura quante discussioni, quante volte abbiamo denunciato gli interessi che c’erano anche all’interno del Consiglio regionale stesso rispetto a tutta la vicenda degli accreditamenti.

Aver discusso oggi o aver riportato un provvedimento di legge in quest’Aula, che in qualche modo definirei un provvedimento di riordino, significa che finalmente si incomincia a parlare di regole certe rispetto a tutto il sistema degli accreditamenti.

Vedete, noi non stiamo discutendo stasera del Piano sanitario regionale ma ritengo che stiamo discutendo di una parte essenziale di quel Piano regionale. Condivido anche non l’enfasi della maggioranza perché io non ho riscontrato anche negli interventi della maggioranza chissà quale enfasi, ma certo il fatto che si arrivi ad una legge di questo tipo in qualche modo appassiona tutti perché incominciamo a mettere delle regole certe.

Si va verso il superamento di procedure che venivano ritenute provvisorie o a discrezione molte volte. Quindi ragioniamo oggi di una legge che dovrà contribuire a migliorare la sanità calabrese. Non stiamo discutendo un Piano ma stiamo discutendo una parte importante ed essenziale che riguarda il comparto sanitario.

Io ho riscontrato – lo voglio dire con estrema franchezza – anche un clima di grande positività non solo negli interventi di questa sera ma soprattutto nella stessa Commissione da parte della opposizione, disponibile a discutere. Anche nella calendarizzazione dei lavori mi pare ci sia stata una grande disponibilità affinché questo provvedimento giungesse oggi in Aula.

Non ho nemmeno avuto modo di riscontrare nelle discussioni che abbiamo fatto in Commissione una sorta di appartenenza a questo o a quello schieramento, si è cercato di affrontare i problemi dando una grande disponibilità di partecipazione alla stesura del testo normativo.

Ricordo nelle giornate in cui abbiamo ascoltato le audizioni che c’è stata da parte di tutti una disponibilità anche ad accogliere le critiche che venivano fatte a tutto campo da parte delle associazioni di categoria. Osservazioni che, ritengo siano state molto probabilmente raccolte in toto negli stessi emendamenti, oltre 60, che la Commissione ha discusso.

Certo il fatto stesso che anche oggi ci ritroviamo tanti emendamenti è testimonianza che tutto è perfettibile e che, anche una legge alla quale si è partecipato in modo unitario è sempre soggetta a modifiche, ad essere rivista e migliorata.

Ecco, io anche nella discussione di oggi non volevo intervenire ma poi ho fatto una considerazione: se la premessa della discussione sul Piano sanitario è quella alla quale stiamo assistendo oggi cioè di una discussione anche appassionata, se vogliamo, ma concreta nel merito, io credo che alla fine anche il Piano sanitario possa essere l’occasione per un confronto sereno e serio affinché in Calabria vengano affrontati quei nodi che sono stati anche denunciati questa sera ma che denunciamo da anni. Parlo della questione della spesa farmaceutica, ma possiamo mettere anche la questione del sistema della spesa della migrazione che esiste in questa regione e che ha un costo per le casse regionali nel settore della sanità.

Se il clima è questo e se abbiamo la disponibilità come l’abbiamo avuta in questa occasione con grande pazienza da parte dell’assessore alla sanità, credo che effettivamente non dico che risolveremo il problema della sanità in Calabria nei prossimi mesi ma molto probabilmente avremo la opportunità di porre le premesse affinché anche in questa Regione si incominci a parlare di buona sanità e anche a porre le premesse affinché la stessa Regione assicuri quei servizi che fino ad oggi non è riuscita a dare.

Ecco, sul problema della salute – termino – ritengo che il confronto, la disponibilità tra di noi, anche tra maggioranza e opposizione per ricercare le migliori soluzioni, possano per davvero essere di aiuto non solo alla sanità ma a tutti i calabresi, direi.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Amato. Ne ha facoltà.

Pietro AMATO

Signor Presidente, onorevoli colleghi, credo che parlare di sanità sia una delle questioni più complesse e più delicate.

Non c’è dubbio che nell’affrontare il problema della sanità, dello stato in cui versa – specie nel Mezzogiorno ed in Calabria in particolare - la salute dei cittadini, bisogna avere, secondo me, grande senso di responsabilità.

Devo dire la verità: la maggior parte degli interventi che si sono succeduti in quest’Aula hanno dimostrato anche nel giudizio che abbiamo via via dato sul provvedimento che è in discussione in questo Consiglio regionale, stanno a dimostrare che quello che stavo dicendo prima è vero perché ci troviamo di fronte ad una questione molto complessa.

Dobbiamo affrontare aspetti che riguardano la salute dei cittadini nel momento in cui hanno maggiore bisogno e necessità di avere strutture efficienti ed efficaci che siano in grado di dare delle risposte.

Devo dire la verità e lo dico per mia esperienza personale. Per molti anni ho avuto l’incarico, il ruolo di Presidente del Comitato di gestione dell’Usl, quindi conosco questi aspetti che stiamo discutendo oggi.

Mi riferisco, a dir la verità, a 20 anni fa e questi aspetti sia di carattere finanziario che organizzativo che in ordine alle risposte che eravamo in grado di dare ai cittadini sono sempre gli  stessi. Per cui io non mi posso scandalizzare quando ascolto, quando ho dovuto approvare nella precedente riunione del Consiglio regionale in sede di bilancio un disavanzo di 126 milioni di euro.

Non mi scandalizzo di ciò, come fanno alcuni colleghi consiglieri, come se fossero delle verginelle che per la prima volta ascoltano o sentono parlare di sanità, come se non avessero avuto in questo periodo, come me – mi assumo fino in fondo la responsabilità – anche ruoli importanti della sanità nella nostra Regione.

Quando mai sul problema della spesa farmaceutica la Calabria è stata considerata uno dei punti di riferimento in positivo, in rapporto alle altre Regioni? Io ricordo - e lo dico da 20 anni a questa parte con grande senso di responsabilità – che questa Regione e alcune province in particolare sono state uno degli aspetti negativi della spesa farmaceutica. Non siamo mai riusciti da 20 anni a questa parte a contenere questa spesa, ma non me la sento io di dare responsabilità, può darsi pure che ce ne siano e lo dirò poi, perché la responsabilità appartiene a tutti, me l’assume anch’io in particolare, e, pertanto, non può essere un problema di responsabilità per la gestione di questa ultima Giunta e di questi ultimi 10 anni.

C’è un problema grave e profondo che attanaglia la nostra sanità in Calabria e quindi non si può sventolare in Consiglio regionale la sorpresa che siamo la prima Regione o che non riusciamo a mettere un freno alla spesa farmaceutica.

E’ da anni – ricordo – che non riusciamo a pagare i farmacisti, e si occupavano i Comitati di gestione, si occupavano gli ospedali. Quindi è un problema che riguarda la nostra Regione e da sempre, così come quell’altro problema che abbiamo sentito addebitare, probabilmente a questa Giunta a questi ultimi due anni: le migrazioni per salute.

Probabilmente qualcuno voleva far passare che i viaggi della speranza, che le migrazioni dei nostri ammalati appartenessero a questi due o tre ultimi anni, a questa gestione che non è stata in grado, di affrontare il problema, che ha aumentato le spese. Non è così e non si affronta in questo modo un problema così serio.

Lo stato degli ospedali e delle cliniche private. Sappiamo tutti in quale stato sono gli ospedali e come in molti di questi alcuni reparti sono stati chiusi per carenze organiche o perché hanno avuto forse responsabilità anche in alcuni interventi drammatici in cui è dovuta intervenire la magistratura.

Abbiamo visto anche delle cliniche private chiuse dall’autorità giudiziaria. Ci sono problemi che si trascinano da anni per cui è necessario grande senso di responsabilità nell’affrontare i tanti problemi della sanità

Ci sono cliniche private che non sono in grado, non sono nelle condizioni di adeguarsi ai bisogni della domanda pur facendo grandi sforzi, tant’è che abbiamo dovuto rinnovare più di una volta la data del loro adeguamento, essendo strutture molto vecchie, ma non solo quelle delle cliniche private anche quelle degli ospedali.

Ho ascoltato l’assessore Spaziante con attenzione durante la discussione dell’approvazione del bilancio. Ebbene, quando ci viene a dire che i dati dal 2001 al 2006 non sono regolari o certi, è evidente che il Governo ha delle perplessità e dei problemi sui dati che sono stati inviati dal 2001 al 2006 e che non c’è certezza, c’è qualche problema nella organizzazione della sanità che non va bene e che riguarda tutte le amministrazioni che si sono succedute e certo anche quella, probabilmente, degli ultimi tre anni.

Quindi se è stato nominato dal Governo, da questo Governo un advisor che possa venire sul posto per accertare e guardare le carte, possa rendersi conto di come stanno i nostri conti che non sono certi, ritengo sia inutile portare conti parziali che riguardano un certo periodo.

E sappiamo anche – non voglio aprire polemiche perché non è il caso - che dobbiamo affrontare tutti insieme il problema della sanità con senso di responsabilità, e che è inutile venire in Aula ed assumere atteggiamenti di scontro che non servono e non ci portano da nessuna parte, perché tanto e tale è il problema grave che dobbiamo affrontare.

Devo dire la verità ma non per accattivarmi simpatie, ma lo devo dire con grande rispetto: c’è l’assessore Spaziante che sta facendo un grande sforzo sotto questo aspetto e probabilmente più sotto l’aspetto economico-finanziario della sanità, per la sua cultura, per la sua tradizione e per la sua esperienza.

Siamo fiduciosi, perché sta facendo uno sforzo non indifferente. Io vado molto spesso al dipartimento della sanità e lo vedo sempre con i numeri, con i direttori generali che fanno relazioni sul tipo di spesa perché è da qui che bisogna partire per controllare la spesa non degli ultimi due anni ma degli ultimi 15-20 anni perché travolgerà i conti.

Noi nell’ultimo  bilancio di previsione abbiamo impegnato fino al 2012 o al 2020 l’Irpef, l’abbiamo dovuta recuperare e riproporla, così come avevamo fatto un primo atto nei confronti dei cittadini, ma chissà dove andremo a finire in questo senso.

Si sta facendo uno sforzo per sanare questa situazione, per accertare i deficit e noi siamo fiduciosi perché questo ruolo l’assessore Spaziante lo sta svolgendo con grande senso di responsabilità.

Ma non basta l’assessore Spaziante – lo dico con serietà –, non è possibile affidare a lui, non possiamo pensare che l’assessore Spaziante possa risolvere il problema della sanità, dell’aspetto finanziario, dei viaggi della speranza o dello stato degli ospedali, delle cliniche private e in due anni possa avviare una svolta così come stiamo iniziando ad avviare con la discussione del provvedimento di oggi, un discorso serio che parta dai numeri. Che vuol capire il perché abbiamo una spesa eccessiva e non riusciamo a dare delle risposte, dei servizi seri ai cittadini. Questo è il nostro problema e non riusciamo a farlo da anni, da quando io personalmente ero responsabile anche sotto l’aspetto dell’intervento della salute pubblica e lo dico con molta responsabilità.

Allora tutti insieme dobbiamo fare uno sforzo, il Consiglio regionale, i direttori generali e le organizzazioni sanitarie. Dobbiamo fare uno sforzo se vogliamo superare questa fase di grande crisi che attraversa il Mezzogiorno e la nostra regione in particolare.

Voglio dare atto all’assessore Spaziante, alla Giunta, anche perché è un provvedimento che riguarda la Giunta, la maggioranza, ma che riguarda l’intero Consiglio, dello sforzo che c’è stato all’interno della Commissione presieduta dall’onorevole Giamborino.

Se riusciamo a coniugare questo aspetto finanziario con l’aspetto dei servizi con una regolamentazione…, oggi dobbiamo salutare questo provvedimento che mi sembra rivoluzionario. Non dobbiamo sottovalutarlo.

Io non ho partecipato alla riunione della Commissione ma ho voluto leggere, mi sono voluto interessare  di cosa prevede questo regolamento, cosa prevedono queste norme per l’accreditamento.

Vedete, che cos’è l’autorizzazione? L’autorizzazione è la verifica del possesso dei requisiti che consente l’esercizio dell’attività sanitaria non solo alle strutture private – quindi non è un provvedimento delle strutture private – ma riguarda anche le strutture pubbliche ed i professionisti.

Sono cioè 20 ipotesi di intervento dell’accreditamento, cioè tutta una serie di cose che fino ad oggi non abbiamo regolamentato, non siamo stati seri, non abbiamo controllato con molta serietà.

Riguarda i complessi termali, i centri estetici, gli studi medici e persino i servizi di ambulanza. Finalmente riusciamo a mettere ordine su una partita così complessa e delicata. Due sole cose volevo dire che mi hanno colpito di questa legge in particolare.

La questione del personale. Noi abbiamo fatto delle verifiche, facevamo delle verifiche. Specie nelle cliniche private, dobbiamo dirlo con molta onestà, non sempre si eseguivano le disposizioni che davamo, cioè quanti medici, quanti infermieri, quanto personale parasanitario. Non era così, eppure nei controlli davamo dei tempi perché potessero adeguarsi alle disposizioni di legge.

Ma chi è stato nella sanità sa che non sempre si faceva questo sforzo in questa direzione. Quindi questo regolamento per quanto riguarda il personale stabilisce che deve essere in possesso dei requisiti e il datore di lavoro deve rispettare i contratti collettivi, riqualificare il personale, stabilire la sicurezza. Ci sono tutte una serie di adempimenti che devono inorgoglire questo Consiglio regionale che approva un provvedimento finalmente di questo tipo.

Poi c’è tutta una partita che riguarda la cessazione, la decadenza, le sanzioni in ordine alle strutture pubbliche dei professionisti e delle cliniche private.

Certo, non sarà più possibile, questo è un limite, una ristrettezza, questo è un limite ed io devo dare atto a questa Giunta che si dà questo limite e che stabilisce questa ristrettezza. Non è pensabile e non è possibile che ci siano autorizzazioni all’infinito senza un progetto, senza un programma e quindi il numero delle autorizzazioni; gli obiettivi ed i progetti saranno stabiliti nel Piano sanitario regionale e devono essere rinnovati ogni tre anni. Perché – mi convince il rinnovo dei tre anni – non si vogliono creare problemi alle strutture pubblico-private o ai professionisti, ma ha un senso questa scelta, perché c’è una evoluzione nella sanità tecnologica e di normative e, quindi le autorizzazioni non possono essere superiori a tre anni. Alla scadenza, allora, bisogna rifare la domanda e ci vuole una nuova autorizzazione.

Allora io sono d’accordo con tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione che hanno espresso parere favorevole e lo si può esaltare ancora di più questo voto se veramente riusciamo, assessore Spaziante, in questa partita che non è stata semplice, quella della vigilanza e del controllo. Credo che faremmo un’opera meritoria ed eviteremmo quello che è successo in quest’ultimo periodo: vedere nelle cliniche private quello sfacelo che c’era al loro interno.

Certo, responsabilità ne abbiamo anche noi che non abbiamo provveduto nel tempo alla verifica e al controllo di quello che succedeva nelle cliniche private, ma questo è un altro aspetto. Io sono favorevole all’approvazione di questo provvedimento, perché se attuiamo seriamente la verifica ed il controllo faremo un’opera meritoria ed eviteremo quelle brutture che sono state un disastro anche di carattere nazionale nei confronti della Calabria. Pertanto, credo che questo provvedimento debba essere approvato. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Magarò. Ne ha facoltà.

Salvatore MAGARO’

Signor Presidente, ritengo che quella di questa sera sia una seduta importante e straordinaria così come importanti e straordinarie sono state le ultime sedute di questo Consiglio che ha intensificato i suoi lavori, che ha prodotto risultati positivi e che ha affrontato questioni che da tempo meritavano la nostra attenzione.

Questa sera il Consiglio discute di una questione che sta molto a cuore ai cittadini della nostra regione che considerano la sanità la prima questione da affrontare. I cittadini calabresi considerano la salute la vera emergenza della nostra regione. Una recente statistica pubblicata dall’Istat dimostra che la salute è al primo posto, addirittura prima del lavoro. I calabresi chiedono, dunque, una sanità efficiente e che sia in grado di curare i calabresi della nostra regione.

Questa è la sfida che noi dobbiamo affrontare col Piano sanitario e ritengo che questa è la sfida che iniziamo ad affrontare stasera con l’approvazione di questa proposta di legge.

La domanda è molto semplice. E’ possibile curare i nostri concittadini nella nostra regione? Ritengo che sia possibile invertire la tendenza.

E’ possibile curare i nostri concittadini nella nostra regione se mettiamo in atto una serie di politiche riformatrici efficienti e di qualità. Le politiche contano nella nostra Regione e nel Paese ma contano soprattutto le politiche sanitarie che un Governo, un’Assemblea legislativa è in grado di porre all’attenzione della nostra regione attraverso provvedimenti, proposte legislative che vanno nella direzione di una inversione di marcia.

Penso che le politiche contino e soprattutto contino le politiche sanitarie.

Questo Consiglio ben diretto dal nostro Presidente ha posto questa questione nell’agenda politica del Consiglio, nell’agenda politica di questa Assemblea. Se mettiamo nell’agenda politica di governo la questione della salute e se a questa questione saremo in grado di dare risposte che puntino all’efficienza, ritengo che i cittadini calabresi, avranno fiducia nella politica, e di conseguenza si potrà recuperare quella disaffezione che purtroppo è molto diffusa nella nostra regione.

Ma per far sì che i nostri concittadini si possano curare nella nostra regione penso ci sia bisogno di investire su una parola: “la qualità”. La nostra regione ha bisogno di qualità soprattutto della sanità così come ha bisogno di qualità in tutti gli altri settori. Abbiamo bisogno di qualità nella scuola, nella pubblica amministrazione, nelle professioni e abbiamo bisogno di politiche di qualità, ma soprattutto abbiamo bisogno di politiche di qualità nella sanità.

La qualità deve essere la bussola che deve orientare la nostra azione legislativa. Le politiche sanitarie contano se hanno la qualità al centro della loro iniziativa, al centro delle proposte che mettiamo in campo. Puntare sulla qualità vuol dire essere severi, ma anche puntare sulla efficienza, ridurre gli sprechi e quelle aree di sperperi che purtroppo ci sono e da tanto tempo in questo comparto, nella nostra sanità.

Puntare sulla qualità vuol dire riorganizzare complessivamente il comparto, il settore, vuol dire soprattutto valorizzare i meriti, le competenze, le professionalità.

E le professionalità, i meriti, le competenze in questa nostra regione ci sono e sono tanti. Purtroppo da una politica che non riesce a percepire questo concetto non vengono valorizzati, non emergono perché la gestione della sanità nella nostra Regione ha puntato nel corso di questi ultimi 15 anni sulla quantità, sulla gestione della sanità. La politica è entrata a gamba tesa nella gestione della sanità.

Io ritengo che invece la politica non debba entrare a gamba tesa nella gestione della sanità ma deve essere in grado di programmare e di indirizzare, di verificare se la qualità è il dato che emerge nelle nostre strutture.

I cittadini calabresi, ritengo, non sono soddisfatti di come va la sanità nella nostra regione e non lo sono per una serie di motivi, per una serie di questioni che riguardano le professionalità e le competenze, per questioni che riguardano i tempi di attuazione delle loro prestazioni, non sono soddisfatti delle strutture alberghiere e non sono soddisfatti perché, ritengono, di non cogliere nei nostri servizi quella qualità necessaria: corre voce che molte volte si entra nei nostri e purtroppo si esce non più vivi oppure menomati o in condizioni difficili.

Se questo è il quadro ritengo che la politica debba mettere una marcia in più, deve operare scelte severe, deve puntare sulla efficienza, sulla qualità, sui meriti e sulle professionalità e deve essere anche in grado di puntare sulla efficienza e sulla riduzione degli sperperi e soprattutto valorizzare qualità e competenze.

Vedete, io ritengo che i cittadini non abbiano più la cultura di chi pensa che comunque bisogna avere un servizio sotto casa. Questa fase, questa cultura penso che ce la siamo lasciati alle spalle.

Purtroppo, molte volte, sono i sindaci o gli amministratori dei territori che non percepiscono queste cose, a differenza, credo, dei cittadini, e cioè che è meglio avere sotto casa un ospedale, una struttura sanitaria che non funziona, che è inefficiente e che non è in grado di dare risposte di qualità o averne uno a 30-40 chilometri che invece funziona, è efficiente ed in grado di dare risposte.

Come cittadino io ritengo e credo che anche molti calabresi pensano che sia meglio avere a disposizione strutture efficienti anche distanti dalla propria abitazione, è finita la fase in cui doveva esserci un mattatoio, un campo sportivo, un servizio sanitario in tutti i comuni della nostra regione, è venuto il momento di concentrare le risorse, di puntare sulla qualità, di valorizzare quelle strutture che sono in grado di dare servizi efficienti.

Un’altra cosa - consentitemi - che penso che i cittadini calabresi chiedano, è quella di premiare nella nostra regione le cose che funzionano. Purtroppo nella nostra regione non vengono a volte premiate le cose positive, quelle che funzionano, vengono invece incoraggiati i comportamenti non virtuosi e le cose negative.

Faccio un esempio molto semplice. Se un direttore della nostra azienda sanitaria o di un nostro ospedale riesce a migliorare la qualità delle prestazioni, riesce a ridurre, per esempio, le liste di attesa penso che questa struttura, questo dirigente debba essere premiato con più attenzione e con più risorse rispetto a quel direttore generale che - per esempio – non chiude i bilanci in attivo, in positivo che non dà risposte ai bisogni dei cittadini.

Allora ritengo che le politiche siano importanti ma soprattutto dopo le politiche sia importante affrontare la questione delle regole.

Noi stasera in questo provvedimento iniziamo anche ad individuare alcune regole che sono importanti ma, ritengo, non esaustive delle questioni.

Per esempio, mi sarei aspettato e penso che sarebbe giusto capire che venisse fornita la cifra che indica l’ammontare del fabbisogno dei calabresi, per quanto riguarda le strutture accreditate. Quante strutture accreditate abbiamo, quanti posti letto abbiamo, come sono collocati questi posti letto nella nostra regione, nei nostri territori.

Penso che a partire dal fabbisogno, e leggo che la Giunta entro tre mesi dovrà legiferare in questa direzione, un quadro di riferimento vada fatto, cercando di capire se quello attuale è sufficiente, adeguato, è alto, è basso e soprattutto se il fabbisogno nei prossimi anni diminuirà o aumenterà.

Certamente crescendo l’età anagrafica, probabilmente crescerà nei prossimi anni. Ma puntare sul fabbisogno, capire che domanda e che esigenza c’è nella nostra regione è una questione altrettanto importante che va affrontata, ritengo, col Piano sanitario.

Così come penso che una Regione che vuole puntare sulla qualità debba porsi anche un’altra questione che riguarda gli accreditamenti e gli eventuali conflitti di interesse che pur ci possono essere in questo comparto, in questo settore.

Attorno alla sanità finora, purtroppo, non si è puntato sulla qualità ma sulla gestione, sul far cassa, sul far soldi ed abbiamo molte volte avuto imprenditori che erano più preoccupati a far business che a garantire questioni di qualità.

Ritengo, però, che in questa norma, in questa legge siano previsti quei controlli che devono essere severi, cioè in grado di scoprire le cose che non funzionano, perché i controlli finora, purtroppo, non hanno mai fotografato la realtà della situazione.

Non so se i controlli è bene farli azienda per azienda oppure, forse più intelligente trovare un nucleo di valutazione e di controllo su base, a livello regionale – come abbiamo fatto per la Stazione unica appaltante - che possa girare per le nostre province e per i nostri comuni per verificare questa cosa.

Sarebbe interessante anche qui capire un’altra questione che riguarda le residenze sociali e per anziani. Quante finora nella nostra regione ne sono state realizzate e parlo di quelle pubbliche. Perché insistono sul territorio calabrese una serie di strutture sanitarie finanziate dalla nostra Regione attraverso la finanziaria ed il ministero, che ancora non sono adeguate, non hanno avviato la loro attività e non sono efficienti.

Ritengo che allora queste questioni debbano essere poste alla nostra attenzione. Stasera facciamo un primo importante passo in questa direzione però questo primo passo non basta. Non bastano le regole, serve soprattutto puntare sulle politiche.

E sulle politiche credo che anche nelle strutture sanitarie private la qualità debba entrarci, attraverso la presenza di personale qualificato, con personale che abbia quelle competenze e quelle capacità maturate non solamente sul campo ma anche attraverso una formazione.

Ho iniziato ponendo una domanda e vorrei dare una risposta a questo mio intervento. Ritengo che sia possibile cambiare ed invertire certe tendenze. E’ possibile soprattutto se scommettiamo sulla qualità, se saremo fortemente severi e se saremo in grado di eliminare gli sprechi.

Perché purtroppo di dati non sono dalla nostra parte. I dati ci dicono che la spesa aumenta ed i servizi diminuiscono di qualità.

La spesa aumenta ed i cittadini non sono soddisfatti di questo servizio. La politica, le politiche hanno questo compito quello di migliorare la qualità dei servizi, delle prestazioni, di far stare contenti e soddisfatti i nostri cittadini e diminuire i costi.

E’ possibile diminuire i costi ed aumentare la qualità dei nostri servizi? E’ questa la scommessa sulla quale ritengo l’assessore Spaziante stia lavorando e su questa strada va incoraggiato, sostenuto ed apprezzato con una politica severa che affronti questa fase difficile per pensare ad uno sviluppo nei prossimi mesi e nei prossimi anni.

E’ questa la sfida che noi abbiamo davanti. Vogliamo un servizio più efficiente in qualità e in prestazioni e vogliamo che i costi siano minori per poter affrontare le varie emergenze che ci sono in questo settore.

Questo è un primo tentativo di riordino di regole che sono fondamentalmente importanti ma questo non basta. Io mi auguro che nei prossimi mesi affronteremo fortemente le altre questioni e metteremo nella nostra agenda politica la riforma sanitaria che penso sia uno dei punti che qualificherà l’azione di governo e anche l’azione del nostro Consiglio. Grazie.

Comunicazioni – Seguito

PRESIDENTE

Legge un seguito di comunicazioni.

(E’ riportato in allegato)

Proposta di legge n. 305/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: "Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private”. Ripresa della discussione

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Abramo. Ne ha facoltà.

Sergio ABRAMO

Signor Presidente, parlo con lei visto e considerato che in Aula non è presente nessuno dei capigruppo.

PRESIDENTE

I colleghi sono pregati di prendere posto e di rientrare in Aula. Chiedo scusa.

Sergio ABRAMO

Presidente, ruberò pochissimi minuti perché dopo il bellissimo intervento di Pietro Aiello, credo che molti di noi, almeno della minoranza, avrebbero potuto fare a meno di intervenire.

Ma visto e considerato che sono intervenuti molti consiglieri della maggioranza, e non riesco a capire il perché, Presidente – dal momento che la pratica che è stata approvata in Commissione riguarda la maggioranza - ci siano tutti questi interventi da parte di molti consiglieri che sono sicuramente positivi, ma sono forse troppi.

Vorrei fare allora una domanda molto semplice e non voglio entrare nel merito di quanto è stato già detto perché sarebbe una ripetizione.

Vorrei capire, visto e considerato che da molti consiglieri della maggioranza è stato detto in quest’Aula che la sanità si trova al punto in cui si trova, il perché, dopo tre anni e mezzo, onorevole Pacenza, non riuscite a portare un Piano sanitario quando, soprattutto, avevate detto che Doris Lo Moro – uno dei migliori assessori di questa Giunta regionale – aveva predisposto un Piano dal quale avrebbe tolto l’uovo di Colombo, perché tutte le cose negative che oggi avete elencato erano state previste li. Quindi avremmo raddrizzato la sanità nella nostra regione.

Allora molto semplicemente tutte queste lamentele che vengono ogni volta, una opposizione su questo fatto dello sforamento nella sanità …, che poi non è vero neanche quello che ha detto il collega Amato perché negli anni precedenti non tutte le amministrazioni hanno sforato nel campo della sanità.

Io vorrei capire come rispondete ai cittadini calabresi che vi hanno eletti. Perché vorremmo capire fino a quando il Consiglio regionale riuscirà a reggere questo sforamento, rispetto ad una formula federale che in questo momento sta per essere discussa al Governo e molto probabilmente dovremmo pagare i debiti da soli.

Vorrei capire che nesso riuscite a dare in questo momento al Piano sanitario e alla programmazione del bilancio regionale.

Un bilancio regionale, una Regione che non riesce  programmare, è dal mese di giugno, dal 19 giugno che il direttore generale, ingegner Salvatore Orlando, scrive ai dipartimenti - ci dovremmo vergognare – e chiede una riunione, ricordando che ammontano a 430 milioni di euro le risorse ripartite dal Cipe con delibera numero 35 del 2005 e numero 3 del 2006 non ancora programmate, perché è arrivata una circolare da parte del Ministero che per l’anno 2009, nella prossima finanziaria è prevista la cancellazione di questi fondi.

Dovremmo vergognarci quando lo stesso Orlando dice che con delibera Cipe numero 166 del 2007 relativamente all’ “assegnazione del fondo per le aree sotto utilizzate nell’interno del programma unitario 2007-2013” sono stati stanziati 1.813 milioni di euro, mentre ancora non riuscite a programmare quelli degli anni 2005-2006.

Siamo una regione dove si soffre – lo avete detto voi della maggioranza –, ma il Governo regionale non risponde neanche alle interrogazioni dei consiglieri regionali, risponde ad un soggetto privato sulla stampa. Il Presidente della Giunta, non risponde su una denunzia fatta da un consigliere regionale sulla vicenda di un mutuo, un prestito da una banca irlandese ad una società della Regione senza che questa ne sappia assolutamente niente, ed a tassi variabili e senza aver programmato neanche opere o investimenti in quella società.

Non rispondete neanche su quello che avete promesso alla stampa e ai calabresi, che avreste dismesso l’Afor e l’Arssa e che ancora sono ferme, ancora le commissioni per le dismissioni sono completamente ferme.

Poi gli invasi che non vengono controllati. Abbiamo un accordo. Abbiamo venduto i nostri invasi a Endesa che deve garantire 80 milioni di metri cubi d’acqua e quest’anno – lo dicono tutti i Tg nazionali – è stato l’anno più piovoso negli ultimi 200 anni.

Andate a vedere gli invasi e controllate se è garantito il minimo dell’acqua che dovrà prevedere gli irrigamenti nella stagione estiva! Andate a controllare, perché c’è un menefreghismo da parte di questa Regione, non dei singoli assessori ma in primis del Presidente che non si interessa, non partecipa e non risponde sulla stampa.

Noi vogliamo sapere:  la Stazione appaltante che fine ha fatto? La Cittadella ci comunicano che è ferma perché sono stati cambiati i progetti e occorrono altri 15 milioni di euro.

Ma allora cos’è partito da questo Consiglio regionale? Che cos’è partito? Ma quale ragionamento vogliamo fare se siamo una Regione nella quale non riusciamo a programmare neanche i fondi dell’Apq dove sono previsti i tagli fra qualche mese, fra qualche giorno perché la finanziaria del 2009 è già in discussione.

Poi invece partecipiamo alle riunioni e ci viene comunicato dal Presidente se siamo d’accordo sulla discussione su come cambiare lo Statuto della Regione Calabria. Ma perché, pensate che in questo momento il problema dei calabresi sia lo Statuto o come intervenire sullo Statuto? Come ammodernare la macchina amministrativa attraverso lo Statuto o sia qualcos’altro?

Allora vorremmo capire: vi abbiamo dato disponibilità, vi abbiamo detto che saremmo stati con voi se aveste portato un bilancio strutturalmente capace di poter fare sviluppo sul territorio nei prossimi anni e non l’avete fatto, perché ci avete presentato l’elenchino della spesa, un normale bilancio che non prevede negli anni futuri se non un ricarico da parte di mutui concessi alla Regione per prestiti, pagamenti, debiti ecc..

Vi abbiamo detto che saremmo intervenuti con voi per approvare un Piano sanitario che desse le risposte che voi state dicendo non riusciamo a dare come Consiglio regionale, ma quanto tempo occorre? Tre anni e mezzo sono passati e non abbiamo uno stralcio di Piano sanitario.Rimane un anno e mezzo: ma chi volete prendere in giro che in un anno e mezzo si approva un Piano sanitario e lo si applica?

Verrà un nuovo Consiglio regionale e deciderà di fare altre cose, non fate più in tempo ed allora abbiate il coraggio di dirlo senza venire oggi a portare queste cose che, seppur positive sicuramente non risolvono il problema della sanità, abbiate il coraggio di dirlo perché qui – ve lo abbiamo detto – spesso non si tratta dei problemi, e volevamo in questo momento particolare discutere tra maggioranza e opposizione, volevamo fare qualcosa di diverso per la Calabria. Perché avevate vinto con una percentuale altissima e dovevate dare risposte e noi vi abbiamo teso la mano nonostante abbiamo preso una grossa batosta.

Però voi state dando la risposta ai cittadini, pagherete rispetto a quello che voi state facendo perché la botta ve la daranno i cittadini calabresi se continuerete in questa maniera e la daranno forse anche a tutta la politica, perché non riusciamo oggi ad esprimere assolutamente niente in questo Consiglio regionale.

Il mio voleva essere solo un intervento chiarificatorio, perché io sono stanco, siamo stanchi, di sentire dalla maggioranza vicende e lamentele come quelle sulla sanità, senza portare uno stralcio di Piano, senza aver avuto ancora in Commissione assolutamente niente.

E poi, dateci risposte, rispondete a questa vicenda dell’Apq , io consegno alla stampa questa lettera sul finanziamento dell’Apq, perché se andate nelle sottovoci riguarda: difesa del suolo, bonifica sui siti inquisiti, politiche giovanili, turismo sostenibile, sistema delle infrastrutture di trasporto…

(Interruzione)

Inquinanti, chiedo scusa.

Sono tutte materie di cui molte volte avete discusso in quest’Aula e sulle quali volevate dare risposte. Ma dov’è la risposta? L’aspettiamo e vogliamo la risposta su questo, vogliamo le risposte alle interrogazioni che facciamo come consiglieri regionali.

Io non accetterò più una risposta da un privato in questa Regione che non può consentirgli di rispondere a livello istituzionale. Non sono sicuramente Dio ma sono un consigliere regionale, rappresento l’Istituzione e su queste problematiche voglio risposte da parte dell’Istituzione. Non voglio più che mi risponda il soggetto privato, voglio che mi risponda la Regione.

Che sia il Presidente, ma lui non si occupa di queste cose, che sia l’assessore o il Presidente del Consiglio o che sia un dipartimento ma la risposta la voglio dall’Ente.

Su questi ragionamenti dico che aspettiamo ancora una volta chiarimenti, risposte, nonostante la fiducia nell’assessore Spaziante che è un tecnico e tutti lo diciamo. Molti della maggioranza, magari per favori, passano dall’assessore per dire come hanno fatto bello l’intervento. Io non passo dall’assessore per dire come ho fatto bello l’intervento.

Io mi aspetto dall’assessore, che conosco come uomo preparato, con grande dignità, che venga in Consiglio regionale e ci dica “sono impossibilitato a portare un Piano sanitario perché non mi viene concesso di poterlo portare”. Oppure deve dire, se non è lui capace di non portare questo Piano.

Io non lo credo conoscendo l’assessore, credo che ci sia un blocco voluto, proprio. E’ voluto il fatto che non si voglia mettere mano alla sanità perché quando un Consiglio regionale alla unanimità si esprime, con tutte le discrasie che ci sono in questo comparto, non vedo quale motivo ci sia perché questo Piano non debba venire in quest’Aula.

PRESIDENTE

Grazie, onorevole Abramo, prima di dare la parola all’onorevole Nicolò, certo lei Dio non è, ma come Abramo è uno dei più antichi ed autorevoli nostri progenitori. Di Abramo mica ce ne sono tanti nella Bibbia, lo ricorderà? Lei l’ha detto…

Ha chiesto di parlare l’onorevole Nicolò. Ne ha facoltà.

Alessandro NICOLO’

Signor Presidente, la ringrazio per la parola concessami. Onorevoli colleghi presenti ed assenti… mi auguro che gli assenti siano presenti col cuore anche se non lo sono fisicamente oggi in Aula e che col cuore attenzionino i problemi del nostro territorio, le esigenze dei nostri concittadini.

Oggi approda in Aula un provvedimento importante, riguardo una materia altrettanto delicata per la quale spesso si è parlato, spesso ci si è confrontati, spesso si è dibattuto e per la quale vi sono dei ritardi nelle risposte da parte di questo Governo regionale.

Io non voglio far demagogia o strumentalizzare, dopo l’intervento esaustivo dell’onorevole Aiello che ha parlato a nome del gruppo e l’onorevole componente della Commissione ha seguito con attenzione ed ha dato un apporto importante alla stesura della legge. Una legge che è stata il frutto di un lavoro svolto tra maggioranza ed opposizione sia pure nella distinzione dei ruoli. Io ritengo questo un momento alto del Consiglio perché oggi si caratterizza quanto meno per serietà politica.

Dopo l’intervento dell’onorevole Abramo, capisco il fervore perché tanti sono i ritardi oltre le inadempienze rispetto agli obiettivi programmatici che questo Governo aveva fissato, propagandato in campagna elettorale nelle scorse consultazioni.

Ma mi limito solo ad affrontare questo segmento di una materia delicata per la quale occorre un dibattito e per lo stesso spero, auspico che questo Consiglio, la Commissione lo acceleri.

Vedete: il problema sanità non è solo un problema regionale,  un problema nazionale. Però è pur vero che se ritardi ci sono, è perché i problemi sono atavici e riguardano anche il passato.

Noi dobbiamo fare autocritica se siamo seri, perché, voglio ricordarlo, avevamo difficoltà ad interloquire con l’assessore Luzzo che apparteneva all’allora maggioranza, caro collega Aiello. Lo dico perché ero coordinatore provinciale ed assieme agli altri coordinatori provinciali dell’allora maggioranza ed avevamo questa difficoltà.

Quindi è un fatto di uomini e di sensibilità. E noi vogliamo che trionfi questo aspetto e queste componenti per poter dare risposte ai calabresi senza campanilismi, e senza far prevalere aspetti politici di parte.

Certo il sistema sanità è caotico e va riordinato. Si è detto della spesa farmaceutica alta, del tasso di ospedalizzazione elevato, i centri di eccellenza li vogliamo tutti, ma è pur vero che dobbiamo normalizzare e riordinare il sistema. Per far questo occorre il contributo di tutti come c’è stato in Commissione per riordinare questo testo, questo provvedimento che riguarda gli accreditamenti.

Se questo testo oggi sarà approvato, mi consenta il capogruppo Gentile – mi ha già delegato - di esprimere a nome del gruppo il voto favorevole, perché sono state recepite, come diceva l’onorevole Aiello, le istanze della opposizione attraverso gli emendamenti proposti. Perché si è lavorato assieme – diciamolo una volta tanto – con serietà.

Credo che questo sia il momento per inaugurare una nuova stagione, per poter dare segnali forti ed essere da esempio alle nuove generazioni sul modo  come si dovrebbe fare politica. Grazie.

Presidenza del Vicepresidente Antonio Borrello

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Talarico. Ne ha facoltà.

Francesco TALARICO

Signor Presidente, grazie, solo poche riflessioni rispetto a questo provvedimento che seppure in tempi brevi è stato adeguatamente approfondito in Commissione e sono stati accolti una serie di miglioramenti che sono arrivati da più parti politiche. Quindi oggi arriva all’esame dell’Aula complessivamente con una visione collaborativa da parte di tutti i colleghi consiglieri regionali.

Intanto per dire che è un fatto importante che, finalmente, all’interno della nostra Regione si regolarizza l’accreditamento e l’autorizzazione.

Vedete, noi abbiamo passato diversi anni qui in Consiglio regionale ed anche negli anni passati sostanzialmente anche questi provvedimenti di autorizzazione e di accreditamento spesso e volentieri sfuggivano ad una previsione legislativa regionale che poi doveva essere applicata dai direttori generali.

Siamo arrivati ad un impianto legislativo che dà questa opportunità e regolarizza tutto quanto: ritengo che anche dalla minoranza – sotto questo aspetto – debba essere dato atto di aver approvato questo provvedimento. Lo dico al relatore, all’onorevole Giamborino, e lo dico all’assessore Spaziante perché, soprattutto quando si è alla opposizione e soprattutto quando si parla di sanità che è un settore che non ha colore politico, non c’è maggioranza o minoranza, tutti devono contribuire a migliorare quella che è la sanità calabrese con considerazioni anche dello stato in cui essa si trova, io ritengo che debba essere espressa positività anche dai banchi della minoranza.

Così come dai banchi della minoranza noi da più tempo – lo voglio sollecitare ancora una volta – abbiamo chiesto, come Udc innanzitutto, di approvare al più presto e rapidamente il Piano sanitario.

So che il Presidente Giamborino ha già iniziato le audizioni, ci sono stati dei passi avanti rispetto a questa questione ma ritengo sia fondamentale oggi all’interno della nostra Regione, alla luce dello stato della sanità calabrese approvarlo rapidamente facendo tutte le audizioni. Questo è un momento anche importante di confronto con la società calabrese e con coloro che vivono quotidianamente le questioni sanitarie.

Il nostro auspicio è quello di approvarlo rapidamente, perché è fondamentale un atto di programmazione sulla quale poi si debba basare l’azione dei direttori generali.

Allora quest’atto di programmazione è fondamentale. Vedete, noi abbiamo assistito qui in quest’Aula, e l’abbiamo votato, ad un provvedimento di ripianamento del debito elevatissimo: 116 milioni di euro nel 2007, è un provvedimento molto cospicuo ed importante. Quindi i 3 mila miliardi di vecchie lire arrivati dallo Stato per la gestione della sanità calabrese non sono bastati per riuscire a coprire questo deficit.

Anche rispetto a quel provvedimento dello scorso anno della riduzione dell’addizionale regionale, votato alla unanimità, su proposta dell’onorevole Borrello, allora, si è dovuti tornare indietro rispetto a questa problematica perché non c’erano i fondi necessari per poter coprire quel deficit.

Siamo arrivati al 30 di giugno, a metà anno e non ci sono provvedimenti che vanno nella direzione della riduzione della spesa.

Siamo preoccupati prima di tutto come calabresi, laddove ci troviamo una spesa farmaceutica abbondantemente al di sopra del 13 per cento. Abbiamo l’addizione regionale più alta - l’1,4 - d’Italia ed abbiamo il bollo auto più alto e grava tutto sui cittadini calabresi.

Quindi quei fondi a disposizione del nostro bilancio, il 65 per cento non ci basta per coprire una sanità che non è adeguata. Lo diciamo tutti, lo dicono i calabresi ed anche da interventi della maggioranza è stato evidenziato molto chiaramente quel che si è verificato.

In questi tre anni non si è fatto molto. Questo è il primo provvedimento – se non ricordo male – di politica e di programmazione sanitaria.

In questi tre anni si è parlato molto, si è discusso molto, si è fatta molta demagogia anche su temi fondamentali ma assolutamente non c’è stato un provvedimento rispetto alle questioni trattate. Quel provvedimento che è stato assunto al Consiglio regionale, l’abolizione di un euro a ricetta che,non provvedendo poi di fatto alla copertura della spesa farmaceutica,ha fatto impennare ed aumentare ancor di più il disavanzo senza produrre assolutamente nessun dato positivo per la nostra Regione.

Così anche quel provvedimento approvato dal Consiglio regionale, il maxiemendamento sulla riduzione delle Asl, è stato un altro aspetto negativo che non ha inciso – questo ce lo hanno detto anche i direttori generali quando sono venuti in audizione in Commissione – né sulla spesa né sui miglioramenti dei servizi: si è fatta una abrogazione di aziende sanitarie senza produrre alcun risultato positivo.

Allora questi atti, certamente, non vanno nella direzione di un miglioramento complessivo della sanità, perché oggi in Calabria – purtroppo – questo ce lo dobbiamo dire chiaramente, c’è una grande migrazione sanitaria anche per le patologie più semplici, dove basta un semplice intervento, e non parlo per le grandi patologie dove naturalmente ci vuole una grande professionalità.

Questo ci deve ancora di più preoccupare, ci deve dare quel senso di responsabilità istituzionale,che ci deve portare al più presto ad attuare una pianificazione della sanità calabrese attraverso una rivisitazione dei posti letto e degli ospedali, rispetto ad una rivisitazione dei punti di eccellenza che devono essere programmati su tutto il territorio regionale in maniera positiva, organica,  che ci possa portare realmente al miglioramento dei nostri servizi sanitari. Attraverso una rete che vada nella direzione di migliorare i servizi, di aiutare le professionalità, perché ci sono tantissimi professionisti di alto livello in Calabria che spesso e volentieri si trovano ad operare in una condizione di difficoltà, cioè avere il personale a disposizione, avere delle attrezzature adeguate alle nuove tecniche sanitarie.

Questo ci deve indurre tutti, sempre di più, ad un impegno corale in modo che il Consiglio regionale possa approvare un Piano sanitario che porti ad un miglioramento complessivo del comparto.

Ritengo che quella relazione Serra-Riccio sulla sanità, che ha descritto in Calabria una situazione difficile, ci debba fare riflettere e ancora di più spingerci verso un’azione positiva senza andare a difendere cattedrali nel deserto o motivazioni che hanno ben poco di sanitario che vanno nella direzione di privilegiare solo delle azioni di campanilismo.

Dobbiamo avere una sanità migliore. Ritengo che i cittadini calabresi non siano soddisfatti di quello che hanno di fronte, non siano soddisfatti di quella sanità che noi diamo, che diamo a loro disposizione, ritengo che su temi così importanti e delicati non ci possa essere una divisione di questo Consiglio regionale.

Per quanto riguarda l’Udc,su questi temi ci sarà una forte collaborazione per un miglioramento complessivo di questi servizi sanitari, per accelerare il più possibile l’atto di programmazione fondamentale che è il Piano sanitario. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.

Nicola ADAMO

Signor Presidente, grazie per avermi dato la parola.

Cercherò di essere lapidario perché mi pare che al fine di esplicitare e motivare il testo di legge in oggetto sia stato già detto a sufficienza, anzi ritengo ci sia ben poco da aggiungere.

Già la relazione del Presidente Giamborino è stata capace di illustrare le ragioni di una scelta politica ed amministrativa che l’amministrazione regionale e la maggioranza di quest’Aula hanno inteso fare.

Quello che si sta compiendo è il primo passo per andare verso un’azione di riordino e di razionalizzazione. Un processo di riordino e di razionalizzazione che viene consacrato e suggellato non da atti frammentari e parziali ma da un indirizzo organico legislativo.

Infatti, questa stesura non solo si presenta come il primo testo organico per regolamentare la materia degli accreditamenti dell’autorizzazione e dei controlli, ma si potrebbe interpretare come una sorta di mini Testo unico rispetto alla molteplicità di norme che di volta in volta erano state anche approvate e legiferate da quest’Aula a seconda dei momenti e a seconda dei casi.

La ragione trae spunto dal fatto che proprio in quest’Aula al momento dell’approvazione della legge finanziaria si è avuta una discussione sulla organizzazione e sul riconoscimento sia del sistema dei requisiti che dell’ordine tariffario. Ed attraverso una specifica norma legislativa si è voluto assumere un impegno in quella legge fissato anche con la scadenza dei termini temporali per pervenire a questo provvedimento organico.

Vi è da dire che i termini che erano stati prefissati nella legge ci richiamavano alla scadenza del 31 luglio di quest’anno. Noi siamo in grado ed in condizioni di approvare questa legge su proposta di iniziativa della Giunta regionale alla data odierna, il che forse, nella vicenda storico-legislativa-amministrativa della nostra Regione ci pone in condizione di poter dire che per la prima volta, vengono non solo rispettati ma addirittura anticipati i tempi di scadenza.

Quindi tempi anticipati nella attività amministrativa, nell’espletamento dei doveri amministrativi e dei compiti legislativi.

In merito, a parte gli articoli ed i commi che prevedono la classificazione delle definizioni dei punti oggetto della materia, io penso che, rispetto alle regole che normano i procedimenti autorizzativi e di accreditamento ed anche ai controlli facciamo un grande balzo, un grande passo in avanti perché non ci affidiamo a norme transitorie o di indirizzo generale ma attraverso uno strumento legislativo viene organizzato un vero e proprio sistema, fino al punto di prevedere anche norme sanzionatorie che potrebbero essere applicate sulla base delle condizioni determinate dall’attività dei controlli.

Naturalmente vi è da dire che questa legge se non è accompagnata da un’attività di programmazione efficace rischia sostanzialmente di essere parzialmente applicata.

Quindi la seconda ragione per la quale stiamo in questi tempi, e vedo effetti assai positivi di ogni provvedimento, sta nel fatto che l’approvazione e quindi anche la relazione di questo testo si correla direttamente all’attività avviata per pervenire all’approvazione del nuovo Piano sanitario.

La mia opinione - poi discuteremo nella sede propria a cominciare dalla Commissione consiliare – è che il testo del Piano sanitario, che è all’esame della Commissione, che è stato approvato nel mese di novembre dalla Giunta regionale, anche alla luce di questa legge, richiede norme più stringenti e specifiche, che siano più vincolanti per quanto riguarda l’attività di programmazione.

I controlli si esercitano se sono fissate in maniera chiara e precisa le condizioni dei requisiti. Ed anche la programmazione ha un effetto se collocata in un quadro certo delle compatibilità finanziarie e soprattutto in un quadro certo delle attività che la Regione va ad indicare come definite per quanto riguarda l’organizzazione delle varie branche del sistema e del servizio sanitario regionale.

Se ci sono dati incerti senza tetti e senza regole non c’è dubbio che anche una legge di questo tipo rischierebbe di essere evanescente e di non trovare applicazione.

Non mi soffermerei più di tanto, inoltre, perché poi è in quella sede che dobbiamo rinviare la discussione sulla sanità.

Il collega Pietro Aiello col quale stiamo interloquendo e lavorando in Commissione assieme al collega Galati, al di là del tono o dello spirito proprio di una collocazione istituzionale di opposizione, ha posto questioni che non vanno sottovalutate.

Troveremo il modo nella fase di stesura del nuovo Piano sanitario regionale di dare risposta a molte di quelle criticità, a molti di quei problemi che sono stati annunciati, sapendo che però oggi, forse, interessa poco, quasi a nessuno andare alla fonte, andare a leggere la genesi di quelle criticità perché a mio avviso la risultante di una difficoltà…, la parola “difficoltà” forse è un eufemismo, che stiamo registrando e siamo al punto più alto di una manifestazione di criticità nella gestione del Servizio sanitario regionale, a mio avviso trova radici nel tempo attraverso una prassi ed una consuetudine che si è esercitata nell’attività gestionale che non ha mai avuto, anche dal punto di vista legislativo, anche dal punto di vista della responsabilità di programmazione, un intervento di contrasto.

Vedete, io penso che il problema forse – non vorrei essere equivocato a questo proposito – è l’opposto di quanto comunemente e volgarmente si va sostenendo da più parti in Italia ed ancora più in Calabria.

E’ ricorrente, è diventato ormai senso comune il fatto che la sanità è malmessa, è stata inguaiata dalla politica e dalle responsabilità della politica. Detto così, potrebbe non fare una piega il ragionamento. Ma cerchiamo di leggere dentro il problema.

Non è stata inguaiata – uso, non a caso, questo termine un po’ forte – da un eccesso di assunzione di responsabilità su principi e su parametri di programmazione da parte della politica. E’ stata inguaiata dalla politica perché in questi anni abbiamo avuto una politica o, di volta in volta, settori anche ampi della politica che hanno ceduto ai portatori di interessi particolari e persino affaristici che nel campo della sanità si andavano esprimendo, fino al punto di sacrificare e di considerare pura merce di scambio il diritto alla cura ed alla salute.

Noi invece dobbiamo fare in modo che la politica e quindi la sede istituzionale si riapproprino di una funzione nobile attraverso una assunzione di responsabilità, che si esprime attraverso una programmazione intelligente, moderna ed efficace nonché attraverso una gestione coerente.

Non c’è dubbio che attraverso quel processo e quel meccanismo di cedimento della politica a quegli interessi particolari via via nel tempo si sono formate delle sedimentazioni che, per esempio, hanno portato ad essere il dipartimento dell’assessorato regionale il punto più alto, il ganglio fondamentale dell’incontro, del coacervo di queste domande ed offerte distorte che andavano a pesare sul servizio sanitario pubblico e quindi anche necessariamente sui costi.

Solo così potremmo noi in qualche modo invertire la tendenza sapendo che una programmazione efficace si potrà ottenere se parte da un esame e da una valutazione di quella che è la vera domanda epidemiologica, la vera domanda sanitaria.

Quindi un Servizio sanitario regionale organizzato sulla base del bisogno e non indotto dalla offerta soprattutto quando l’offerta è determinata da spinte spontanee, da spinte lobbistiche, da spinte che sostanzialmente nulla hanno a che fare con una visione organica e feconda.

Noi dobbiamo per queste vie lavorare ad un Servizio sanitario che possa essere davvero definito organico, complementare ed integrato. Questo non riguarda solo il problema attinente alla relazione tra pubblico e privato o sostanzialmente tra servizi di prevenzione, cura ed assistenza sul territorio e ospedalizzazione. E’ un problema che si pone a monte per dare una giusta corrispondenza nei servizi che si vanno a programmare e nella loro quantità, qualità ed appropriatezza rispetto alla domanda propria del vero bisogno sociale. Quindi mettere al centro per queste vie il diritto alla salute del cittadino.

In questo senso, perché ho voluto fare questa riflessione e chiedo scusa, questo testo di legge alcuni primi passi comincia a muoverli per quanto riguarda la materia degli accreditamenti.

E’ vero che lo prevede la legge nazionale 502 ma dobbiamo convenire sul fatto che per la prima volta ci troviamo in presenza di un provvedimento legislativo regionale che recepisce la norma secondo la quale ad essere accreditata e quindi sottoposta alla verifica del possesso dei requisiti non è soltanto la parte privata ma è anche la parte pubblica. A mio avviso con un’azione di riordino anche delle competenze a cui dobbiamo provvedere, finalizzata a determinare condizioni di maggior favore verso una ottimizzazione ed una organizzazione del servizio pubblico.

Cioè le stesse aziende ospedaliere e le stesse aziende sanitarie provinciali non possono lavorare separate e distinte. Persino la programmazione finanziaria richiederebbe momenti di unicità sulla base degli accordi contratti e delle compatibilità del quadro programmatorio che noi dobbiamo sancire.

Ciò non lo dico a conferma della giustezza del processo di accorpamento che è stato avviato, ma lo dico perché questa mi pare essere una via ineludibile. Sotto questo aspetto mi sento di condividere questo provvedimento e apprezzo il lavoro che è stato svolto dall’assessore Spaziante e dall’impegno che attraverso lui la Giunta oggi è in grado di mantenere rispetto a quei termini fissati dalla legge del 31 luglio.

Sotto questo aspetto l’impegno a seguire i lavori dell’esame dell’articolato che dovremo avviare da qui a poco secondo un’ottica che è di potenziamento e rafforzamento dell’impianto della legge e non di ristrutturazione.

Penso che anche tra gli emendamenti che sono stati presentati – tra l’altro mi riservo per alcuni di essi di valutare e di anticipare proposte sub-emendative che vanno in questa direzione – noi dobbiamo non depotenziare il testo che è uscito dalla Commissione ma, semmai, in questa direzione dobbiamo rafforzarlo.

Le condizioni ci sono anche grazie all’impegno della opposizione.

Non è da sottovalutare - il richiamo lo voglio fare all’attenzione dell’Aula e a quello dei banchi del governo - il fatto, mi pare sia stato così, che questo provvedimento di legge, questo disegno di legge in Commissione è stato licenziato con il voto unanime di tutti i commissari di tutte le rappresentanze politiche.

Io penso che questo livello di responsabilità e di impegno dobbiamo tenerlo anche nella votazione finale stasera in quest’Aula per poter dire che finalmente troviamo un punto di incontro alto che non è né inciucio né degenerazione.

Sapendo che poi se la legge viene applicata e se a seguire ci sarà il Piano sanitario, forse per la prima volta potremmo dire che abbiamo messo un buon mattone per costruire una buona casa, non quella dell’istituto della casa della salute che prevede il Piano sanitario ma la casa della sanità calabrese intesa come Servizio sanitario regionale.

Presidenza del Presidente Giuseppe Bova

In morte del giovane militare calabrese Domenico Currao

PRESIDENTE

Con l’intervento dell’onorevole Adamo si conclude la discussione. Vi sono stati tantissimi interventi. Ma prima di passare alla disamina del testo, alla discussione ed all’approvazione consentitemi, cari colleghi, di introdurre un elemento.

Abbiamo poco fa attraverso un’agenzia saputo una cosa che è giusto sottolineare all’Aula.

Un giovane militare italiano Domenico Currao, originario di Vibo Valentia, è morto all’ospedale militare Celio di Roma.

Era un paracadutista di 24 anni che si è ammalato di tumore alle ossa forse a causa di contaminazione da uranio impoverito. Negli ultimi anni era stato nel 2003 in Kossovo, nel 2005 in Sudan e fino al giugno 2007 in Libano.

Noi pensiamo che è nostro dovere ricordarlo. Siamo orgogliosi delle missioni di pace che il nostro Paese sta effettuando all’estero. Ma noi che siamo un’Assemblea regionale, certo, non ci scambiamo con le funzioni del Parlamento della Repubblica, né con le funzioni dei ministri degli Esteri e della Difesa. Ma anche attraverso questo noi onoriamo un giovanissimo calabrese morto anzitempo e dobbiamo avvertire tutta la nostra responsabilità, perché le missioni di pace sono giuste, e far in modo che nessuno, né i cittadini di quei Paesi né i militari che esercitano una funzione di dissuasione abbiano a morire in questo modo.

Ora ci alziamo e ricordiamo Domenico Currao con un minuto di raccoglimento.

(I Consiglieri  in piedi  osservano  un minuto di silenzio)

Stasera anche noi lo possiamo dire: “viva l’Italia”.

Proposta di legge n. 305/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: "Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private". Ripresa della discussione

PRESIDENTE

Passiamo all’esame di merito della proposta.

All’articolo 1 è stato presentato emendamento protocollo 4109 a firma dei consiglieri Lucà e Serra che così recita: “La Regione Calabria garantisce la tutela della salute assicurando la disponibilità di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie improntate all’efficacia delle cure, alla sicurezza dei percorsi clinico-assistenziali ed al miglioramento continuo della qualità delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private ottenute per mezzo degli istituti dell’autorizzazione dell’accreditamento, degli accordi dei contratti, attraverso anche sistematiche procedure di controllo e vigilanza.

A seconda della tipologia delle strutture, la competenza relativa ai suddetti istituti spetterà:

a) al dipartimento regionale della salute per le strutture sanitarie;

b) al dipartimento regionale delle politiche sociali per quanto concerne le strutture socio-sanitarie-sociali”.

Per l’illustrazione ha facoltà di parlare l’onorevole Serra.

Giulio SERRA

Mi rimetto al testo presentato.

PRESIDENTE

Parere del relatore?

(Interruzione)

Ha chiesto di parlare l’onorevole Pacenza, prima del relatore. Ne ha facoltà.

Franco Mario PACENZA

Presidente, io esprimo perplessità sull’emendamento perché di fatto in questo modo andremmo a separare l’attività socio-sanitaria che per questioni organizzative nostre in ordine dipartimentale, può stare così o diversamente, certamente penso che prima o poi ci dovremmo anche porre il problema della unificazione ma nessuno mi convincerà mai che ci possono essere politiche distinte se non addirittura separate tra le attività sanitarie e quelle socio-sanitarie.

Noi discutiamo dentro un assetto organizzativo, l’organizzazione è altra cosa, ma le competenze legislative e quindi anche di conseguenza amministrative per quanto mi riguarda non possono che stare in capo al dipartimento socio-sanitario, non spezzettando a seconda della organizzazione meramente operativa che rappresentiamo.

Se si dovesse insistere su questa impostazione, anticipo un voto di astensione.

PRESIDENTE

Parere del relatore?

Pietro GIAMBORINO, relatore

Favorevole.

PRESIDENTE

Prego, onorevole Adamo.

Nicola ADAMO

Per esigenze di organizzazione dell’ordine dei lavori, chiederei se è possibile prima della votazione del punto, una sospensione di soli 5 minuti, per un raccordo con le diverse espressioni istituzionali ai fini di avere un orientamento.

Perché il punto non è ordinario o burocratico e riguarda solo questo articolo, ma ce lo ritroveremo più avanti e diventa un punto caratterizzante della legge e alla fine si esprimerà una contraddizione politica: E, avendo appreso la posizione dell’onorevole Pacenza, deve essere nostra cura prevenirla.

Sarebbe opportuno, se possiamo, sospendere 5 minuti, il tempo di fare una brevissima riunione al banco attraverso il relatore, i presentatori degli emendamenti, l’assessore e l’onorevole Pacenza,.

PRESIDENTE

Vi sono osservazioni alla proposta?

(Interruzione)

Il relatore e la Giunta sono d’accordo. Se nessuno interviene io pongo in votazione la richiesta di sospensione di cinque minuti in Aula, se ho capito bene per un coordinamento rafforzato ex ante del testo.

(Il Consiglio approva)

La seduta sospesa alle 20,30 è ripresa alle 20,45

PRESIDENTE

Sono conclusi i cinque minuti di valutazione. La parola all’assessore Spaziante.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Grazie, Presidente. L’intervento dell’onorevole Pacenza e le preoccupazioni che hanno animato il suo intervento sul primo degli emendamenti in discussione, ma il primo anche di una serie di emendamenti che hanno un filo comune, un denominatore comune e riguarda il rapporto tra quello che è sanitario in senso stretto e quello che viene definito correntemente il fenomeno socio-sanitario, fanno riferimento ad un problema che non ha trovato a tutt’oggi una soluzione valida a nessun livello di governo ed è un problema che a fatica, sia al Governo centrale sia anche nella configurazione che di questo assetto organizzativo hanno dato molto Regioni, laddove pure si è arrivati ad una soluzione, questa stessa soluzione ha creato poi dei problemi in sede attuativa.

Quindi questo è un problema reale e quindi l’emendamento pone esattamente questo problema nei termini in cui oggi si presenta e non solo nella nostra Regione.

A conclusione della breve pausa e sulla base dei colloqui che ci sono stati, che si sono svolti, la condivisione unanime si è indirizzata verso una formula che porti a rafforzare il dispositivo del comma 5 dell’articolo 3, in cui si faceva il rinvio, proprio nel tentativo di trovare una soluzione per cui non ci fossero due competenze, ma ci fosse una gestione integrata ed unitaria come deve essere. Era quella di rinviare ad un protocollo operativo, che poi in Commissione è diventato di carattere generale, da assumere da parte della Giunta regionale.

Potremmo – la soluzione delineata è in questa direzione – pensare ad una soluzione finale in cui si rafforzi per un verso il dispositivo del comma 5 dell’articolo 3 e per un altro verso – sulla base di questo rafforzamento del dispositivo - proporre ai presentatori degli emendamenti di ritirarli.

Questo consentirebbe di avere una riflessione ed anche una articolazione di tutto l’assetto organizzativo conseguente in maniera più articolata e meglio ponderata. Grazie.

PRESIDENTE

Allora riprendiamo da capo. Se ho capito bene l’emendamento Serra…

Giulio SERRA

Presidente, lo ritiro con la raccomandazione che se ne tenga conto nel regolamento.

PRESIDENTE

Allora l’emendamento è ritirato. Non vi sono altri emendamenti all’articolo 1 pertanto lo pongo in votazione.

(E’ approvato)

All’articolo 2 è stato presentato emendamento sempre a firma Lucà e Serra protocollo 4109/2. E’ ritirato.

Sempre all’articolo 2 è stato presentato un altro emendamento protocollo numero 4067, a firma del consigliere Tripodi Pasquale che così recita: “All’articolo 2 – definizioni – all’ultimo comma dopo la parola <<delibera>> aggiungere le seguenti <<previo parere della Commissione regionale competente>>”.

Prego, onorevole Tripodi.

Pasquale Maria TRIPODI

Presidente, grazie, questo emendamento va nella direzione della disquisizione che abbiamo fatto in premessa.

Cioè, un regolamento della Giunta regionale non è un regolamento fine a se stesso ma va a normare non solo criteri e anche norme di approvazione di quelle che sono le caratteristiche di strutture e quant’altro che hanno la capacità di essere inserite in un contesto, ma va anche a programmare una serie di atti, con un regolamento, che poi di fatto debbono vedere la politica attore e protagonista di questi processi, anche.

Non è pensabile che il Consiglio regionale, nella sua emanazione della Commissione competente possa rimanere fuori da questo tipo di programmazione e di impostazione. Per questo io ho presentato questo emendamento affinché ci sia una assunzione di responsabilità e, come diceva l’onorevole Adamo prima, che la politica abbia un sussulto anche ai fini di una propria caratterizzazione di essere “nobile” rispetto agli impegni da assumere nei confronti della Calabria, su un comparto sul quale tutti abbiamo convenuto che è il primo passo di un percorso che ci dovrebbe vedere tutti quanti impegnati a dare delle risposte che abbiano un carattere anche e soprattutto di certezza nei contenuti.

PRESIDENTE

Mi pare che l’emendamento successivo di Borrello, protocollo 4069, sia simile anche se posto in diversi punti e che così recita: “All’articolo 2, comma 2, dopo le parole <<Giunta regionale>> si aggiungono le parole <<previo parere della Commissione permanente competente>>”.

(Interruzione)

E’ quasi lo stesso e quindi intendiamo l’emendamento Tripodi Pasquale-Borrello come unico emendamento.

Non so se lei vuole aggiungere qualcosa. Allora su questo parere del relatore?

Pietro GIAMBORINO, relatore

Contrario.

PRESIDENTE

Parere della Giunta?

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Vorrei aggiungere qualche ulteriore considerazione. In sede di Commissione laddove si poneva effettivamente un problema di disciplina generale organica, di indirizzo, di programmazione, personalmente anche ho acceduto alla ipotesi di introdurre il parere del Consiglio e della sua Commissione consiliare sulla base di una valutazione del tema di cui parlavamo.

In questo specifico emendamento si parla di un problema che riguarda la classificazione dei laboratori. A me non sembra che questo sia un tema di alta programmazione e di indirizzo politico-strategico ma rientra in una normale dimensione gestionale dei problemi.

Se togliessimo anche all’organo esecutivo di classificare laboratori, che è un problema tecnico applicativo di assoluta ordinarietà, penso che arriveremmo ad un rovesciamento complessivo del sistema.

Quindi sulla base di questa considerazione esprimo parere contrario su questi emendamenti.

PRESIDENTE

I colleghi che hanno presentato l’emendamento…

(Interruzione)

Pasquale Maria TRIPODI

Un attimo Presidente, le chiedo perdono. Cosa ha detto l’onorevole Borrello, perché non ho capito?

(Interruzione)

Di votare? Allora se dobbiamo votare, Presidente, io le chiedo non solo l’appello nominale ma anche la verifica del numero legale.

PRESIDENTE

Prima si passa alla verifica del numero legale e poi alla votazione

(Interruzione)

Siccome siamo…

(Interruzione)

La proposta è subordinata poi a quella… sono concessi cinque minuti di sospensione.

La seduta sospesa alle 21,00 riprende alle 21,20

PRESIDENTE

Siamo pronti a riprendere la seduta? Si deve avanzare qualche proposta risolutoria del punto? Mi pare ci fosse un sub-emendamento.

Nicola ADAMO

La discussione come lei sa, Presidente, si è concentrata considerando il volume degli emendamenti ripartiti secondo due profili. Uno quello procedimentale e l’altro quello di merito.

Si conviene, sotto il profilo procedimentale, soprattutto per quanto riguarda le relazioni dei poteri tra la Giunta e il Consiglio, proprio ai fini di fare una buona legge che non sia, però, troppo appesantita e di fatto, quindi, poi inapplicabile, considerando la necessità di non avere atteggiamenti o norme ostruttive ed ostruzionistiche, di andare ad un esame positivo delle proposte, anche se con modifiche che danno il senso di questa leggerezza, di questa fluidificazione e di questa semplificazione del procedimento, e all’accoglimento di alcuni emendamenti.

Sotto il profilo di merito rimane una discussione da fare in Aula, nessuna responsabilità. Francamente che ci possa essere un punto in Aula che vede posizioni diverse sul merito, qualifica per quella che è la discussione. Ognuno si assume la responsabilità anche nel caso dovessimo interrompere l’esame della legge.

Invece sotto il profilo procedimentale mi sembra una drammatizzazione eccessiva. Cioè sacrificare l’approvazione di una legge ad un dissenso di tipo procedimentale, francamente ci sembra davvero esagerato.

Per cui si è convenuto di intesa anche con il rappresentante del Governo, l’assessore al ramo, che a mo’ d’esempio su questo emendamento che è stato firmato e che di fatto viene unificato sia dal collega Tripodi che dal collega Borrello, l’orientamento è quello di spostare più in avanti la discussione che già in Commissione c’è stata. Alcuni di questi emendamenti erano stati ritirati per cui sono stati ripresentati in Aula.

Altri che si presentavano sotto altre forme e su altri articoli addirittura sono stati bocciati. Andare più avanti che significa? Significa che si assume il principio: la Giunta che trasmette alla Commissione per il parere, però si deve dare una disponibilità di volontà da parte dell’Aula, di questa volontà che non è quella di allungare i tempi o di creare ostruzione, ma di specificare con norma apposita facendo l’eccezione alla norma generale che, ricordo, sempre ha detto il collega Galati, il tempo entro il quale deve essere espresso il parere e si conviene che questo tempo possa essere con una modifica riferito a <<15 giorni dalla data di ricezione>>.

Io penso che su questa base possiamo esser d’accordo ed andare avanti. Poi se nascono dissensi sul merito, sulle politiche di merito lì non c’è bisogno di sospensione, si discute e si affronta il tema, ma non siamo a questo punto. Per cui su questa base la Giunta si dichiara disponibile. Poi parlerà l’assessore che dirà la sua, ma le espressioni istituzionali che hanno valutato la sospensione erano quelle di andare verso l’accoglimento e quindi verso un orientamento positivo con quella modifica al sub-emendamento che indica espressamente i termini.

Del resto non è la prima volta che l’Assemblea legislativa prevede tempi specifici che derogano dai tempi generalmente indicati.

PRESIDENTE

Quello per ultimo illustrato dall’onorevole Adamo è un sub-emendamento in Aula che richiede poi un coordinamento formale. I 15 giorni sono poi dalla assegnazione alla Commissione, cioè sono veri e nessuno può cambiarli…

Pasquale Maria TRIPODI

Presidente, le chiedo perdono, su questo vorrei sentire l’opinione del Governo regionale.

PRESIDENTE

Va bene, l’aveva anticipato l’onorevole Adamo ma lei chiede un pronunciamento formale.

La parola all’assessore Spaziante.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Sono d’accordo con quanto prospettato dal consigliere Adamo.

PRESIDENTE

Va bene questa impostazione? Va bene anche per l’onorevole Borrello. Votiamo il sub-emendamento dei 15 giorni.

(E’ approvato)

Pongo in votazione l’emendamento Tripodi, Borrello unificato per come emendato.

(E’ approvato)

Pongo in votazione l’articolo 2 della legge per come emendato.

(E’ approvato)

All’articolo 3 è stato presentato emendamento protocollo 4109 a firma dei consiglieri Serra e Lucà, ma è ritirato.

Sempre all’articolo 3 è stato presentato emendamento protocollo 4058 a firma del consigliere Stancato che così recita: “All’articolo 3 aggiungere le parole <<con l’uso di radiazioni ionizzanti>>”.

Prego, onorevole Stancato.

Sergio STANCATO

Chiaramente questo emendamento fa parte della premessa, quello che abbiamo detto in apertura dei lavori della discussione generale, del mio ragionamento che è stato fatto.

Cioè quando noi parliamo qui di “strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni specialistiche in regime ambulatoriale di diagnostica per immagine”,  ho detto nel mio intervento che questa era una legge che spazzava via dubbi, incertezze ed interpretazioni che a volte vengono lasciate alla diligenza, alla burocrazia. Questo spazio io lo voglio rivendicare al Consiglio regionale, cioè che non ci siano incertezze nel momento in cui si legge – scusate la cacofonia – questa legge.

Per cui siccome ci sono sia quelli che usano le radiazioni ionizzanti sia quelli che non usano le radiazioni ionizzanti… Per parlar chiaro e per rendere più esplicito il discorso: ci sono gli ecografisti ed i radiologi allora per i radiologi ha un senso chiedere l’autorizzazione ma non ha un senso per gli ecografisti perché non fanno uso di radiazioni ionizzanti.

Siccome poi la burocrazia va cercando il pelo nell’uovo e siccome l’intento di questo Consiglio regionale è quello di dar chiarezza e nessuna possibilità a false interpretazioni, mi sono permesso di presentare un emendamento che chiarisce la questione nei suoi termini specifici.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.

Nicola ADAMO

Su questo punto che ha sollevato l’emendamento del collega Stancato si è avuta già una discussione in Commissione. Probabilmente il fatto che sia stato ripresentato, immagino, sia dovuto al fatto che la norma e quindi il testo che è stato approvato dalla Commissione all’articolo 3, comma 3, punto b) sarà sfuggito, considerati i tempi accelerati dei lavori a cui sono stati sottoposti gli uffici, che è stata proposta una formulazione che non risolve il problema quando la Commissione ha deciso altro. C’è un problema di coordinamento formale.

Prima di dire le correzioni che vanno fatte, perché la Commissione le aveva approvate, voglio rendere informata l’Aula di quello che è stato il tipo di discussione.

Quando il collega Stancato fa la differenza tra il radiologo e l’ecografista, fa una differenza giusta. Ma è un caso, un esempio, che mette in evidenza qual è la diversità tra un’attività e l’altra rispetto al rischio cui è sottoposto il paziente.

Noi, in Commissione – alla discussione ha partecipato anche il collega Stancato – questo problema lo si era affrontato attraverso una specificazione e quindi un indirizzo generale e non specifico.

Come? Se voi fate caso al comma 2 per quelli soggetti ad autorizzazione al punto r) si scrive testualmente “gli studi medici, odontoiatrici e delle professioni sanitarie” - quindi tutte le professioni sanitarie – “ove attrezzate per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che comportino rischio per la sicurezza e la salute del paziente”.

Cioè in questo caso potrebbe rientrare la radiologia, il radiologo.

Per evitare invece quel che diceva il collega Stancato, al punto b) del comma 3 si riporta la formulazione opposta nel senso che qui, come viene scritto, si intendeva tutti i casi che non rientrano nel rischio. E viene scritto “gli studi medici” – secondo me è sbagliato, poi dico la formulazione precisa – “ed odontoiatrici e delle altre professioni sanitarie e quelli che non sono attrezzati ad erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che comportino rischio per la sicurezza e la salute del paziente”.

Per come è formulato l’articolo, questo punto b), ha in effetti ragione Stancato e quindi va corretto.

Se invece si riporta correttamente come sta sottolineando il collega Aiello, mi par di capire, e cioè si scrive testualmente “gli studi medici, odontoiatrici e delle altre professioni sanitarie e quelli che non sono attrezzate ad erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che non” – ci manca il <<non>> - “comportino rischio per la sicurezza e la salute del paziente”.

Cioè prevediamo il caso dell’ecografista. Se manca questo, non è poi nella sua formulazione originaria, va messa anche quella “virgola” e quella “e” congiunzione, è chiaro che l’emendamento di Stancato ha una sua attualità.

Se invece si riporta correttamente il testo approvato poi dalla Commissione. noi il problema lo risolviamo e non c’è bisogno che siamo noi a fare la classificazione di quelle che sono le attività e le prestazioni che comportano un rischio e quelle che non comportano un rischio.

Per cui se questo è vero e si assume la mia precisazione ai fini del coordinamento formale – mi segue, dottore? – penso che l’emendamento del collega Stancato non avendo più ragione d’essere possa essere ritirato. Se invece permane il testo così com’è per quanto parziale perché ha fatto un esempio di una casistica comunque settorializzata, ha ragione Stancato.

Va da sé che questa discussione che di fatto diviene verbale e di accompagnamento all’approvazione della legge, alla luce anche delle cose che stiamo dicendo, può essere riferimento anche interpretativo per gli uffici – chiamiamoli così – ove mai dovessero crearsi delle interpretazioni distorte.

Il punto è questo ed io lo voglio dire, badate, anche a chiarimento di quanto è successo prima, onorevole Presidente Bova. Noi stiamo approvando questa legge, non voglio dare un giudizio di criminalizzazione generalizzata perché abbiamo dirigenti e funzionari e lavoratori dipendenti della Regione bravi e dirigenti leali verso le leggi e la Istituzione come in tutto il mondo ed abbiamo anche quelli che non sono bravi.

Però aleggia su questa nostra discussione un pregiudizio, una forte diffidenza verso gli uffici della Regione perché probabilmente scontiamo il fatto che si moltiplica la conoscenza di esperienza e di casi che anche in presenza di leggi, basta a volte una virgola che salta, vengono date interpretazioni che non sono quelle che erano negli intendimenti del legislatore.

Ecco perché c’è stata questa discussione e c’è questo tipo di sottigliezza a cui in questo momento andiamo ricorrendo.

Allora, la mia proposta formale è: correggere il comma b) con le parole “che non comportino” e poi in sede di coordinamento formale quella virgola dopo le parole “studi medici” ed abrogare “ed” per mettere la “e” congiunzione seguita dalle parole “delle altre professioni”, e quindi conseguentemente l’invito al ritiro dell’emendamento da parte del collega Stancato.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Stancato. Ne ha facoltà.

Sergio STANCATO

Grazie Presidente, il chiarimento fatto dall’onorevole Adamo è esaustivo di tutto il discorso, con la raccomandazione – accompagnata dall’approvazione della legge – che gli uffici tengano conto, come diceva il collega Adamo, di questa discussione perché non vorrei trovarmi domani nella necessità di dover andare a prendere i verbali per spiegare magari all’impiegato dell’assessorato che l’ecografia non è a radiazione ionizzante. Grazie.

PRESIDENTE

Allora coordiniamo formalmente. E’ registrata la proposta di sub-emendamento dell’onorevole Adamo rispetto al testo. E’ registrata la fortissima raccomandazione registrata dall’onorevole Stancato quindi su questa base e con questo coordinamento e con questa correzione l’onorevole Stancato ritira l’emendamento.

Pietro AIELLO

Presidente, chiedo scusa, volevo solo ascoltare l’emendamento corretto, se per favore può essere riletto. Grazie.

Nicola ADAMO

Leggo per come dovrebbe essere scritto ed approvato.

Il comma b), testualmente dovrebbe essere votato e scritto così: “Gli studi medici, odontoiatrici e delle altre professioni sanitarie”…

(Interruzione)

Cosa? Non ho capito. Debbo citare qual è il comma?

PRESIDENTE

Articolo 3, comma 2, lettera b) quello che cominciava con “le strutture sanitarie…”.

Nicola ADAMO

Allora ricomincio da capo ai fini della registrazione. All’articolo 3, comma 3, lettera b) il testo è il seguente: “gli studi medici, odontoiatrici e delle altre professioni sanitarie e quelli che non sono attrezzati ad erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che non comportano un rischio per la sicurezza e la salute del paziente.”.

Pietro AIELLO

Perfetto…

PRESIDENTE

Torniamo da capo così l’onorevole Aiello è soddisfatto, Stancato l’aveva ritirato e quindi su questa base andiamo avanti.

C’è un successivo emendamento che è ritirato, il numero 4107.

Poi c’è l’emendamento a firma dell’onorevole Trematerra protocollo 4128 che così recita: “Art. 3, comma 2, dopo la parola “continuativo” si aggiungono le parole “ambulatoriale e domiciliare”.

Michele TREMATERRA

Presidente, questo è un sub-emendamento se non vado errato...

PRESIDENTE

Quello scritto a mano….

Michele TREMATERRA

E’ un sub-emendamento all’emendamento dell’onorevole Battaglia…

PRESIDENTE

E’ il 4128… possibile che non lo abbiano i relatori?

Michele TREMATERRA

E’ un sub-emendamento protocollo 4128, all’emendamento 4078 del collega Battaglia per cui penso che prima vada discusso l’emendamento del collega Battaglia.

PRESIDENTE

Allora l’emendamento protocollo 4078 del consigliere Battaglia così recita: “Art. 3, comma 2, si aggiunge lettera u) <<i centri e presidi ambulatoriali di riabilitazione ed i presidi di riabilitazione estensiva extraospedaliera a ciclo diurno e continuativo>>”.

Demetrio BATTAGLIA

Diciamo che è un’aggiunta e non c’è necessità di illustrarlo.

(Interruzione)

PRESIDENTE

A questo punto discutiamo di tutti e due quindi anche quello successivo a firma Battaglia.

La parola all’assessore.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Possiamo seguire due strade. La prima è che ci limitiamo alla prima parte dell’emendamento Battaglia. Se così fosse, senza un pezzo di specificazione non ci sarebbe bisogno di aggiungere una ulteriore specificazione.

Se invece teniamo per intero l’emendamento Battaglia, c’è forse bisogno di fare una ulteriore specificazione.

Quindi la scelta è tra mettere “i centri e presidi ambulatoriali di riabilitazione.” Oppure “i centri e presidi ambulatoriali di riabilitazione ed i presidi di riabilitazione estensiva extraospedaliera a ciclo diurno e continuativo ambulatoriale e domiciliare”.

La seconda formulazione è più analitica, la prima è più generale ma comprende tutte le specificazioni, è un problema solo formale e non sostanziale.

Pietro AIELLO

Mi pare sia un problema formale…

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Si può scegliere l’una e l’altra strada…

Demetrio BATTAGLIA

Forse è più completo – se non ho capito male quanto diceva l’assessore - il mio emendamento.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

A cui si aggiunge quello Trematerra…

Michele TREMATERRA

Presidente, se c’è il parere favorevole del relatore e della Giunta si possono accogliere sia l’emendamento che il sub-emendamento.

PRESIDENTE

Allora pongo in votazione per primo il sub-emendamento Trematerra.

(E’ approvato)

Pongo in votazione l’emendamento Battaglia per come modificato.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 3.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 3.

(E’ approvato)

Sempre all’articolo 3, comma 3 è stato presentato emendamento protocollo 4131 a firma del consigliere La Rupa che così recita: “E’ autorizzato il completamento dei procedimenti amministrativi per l’autorizzazione al funzionamento o all’accreditamento, per le strutture delle aziende sanitarie realizzate con i fondi di cui all’ex art. 20 della legge n. 67 dell’11 marzo 1988, già affidate con gare ad evidenza pubblica e per le strutture per le quali alla data della pubblicazione della presente legge, siano state già investite le Commissioni delle aziende sanitarie competenti per territorio per la verifica dei requisiti (legge regionale n. 11 del 19 marzo 2004) laddove dalle istruttorie compiute risulti positivamente riscontrato il possesso dei requisiti nel rispetto delle compatibilità finanziarie”.

Prego, onorevole La Rupa.

Franco LA RUPA

Presidente, la legge regionale numero 11 del 19 marzo 2004,, che è la legge che ha approvato il Piano sanitario vigente, prevede che le domande di autorizzazione, dopo che sono stati autorizzati gli accreditamenti, devono essere presentate al dipartimento sanità su apposito modulo e che il competente settore del dipartimento sanità per l’istruttoria si avvale delle Commissioni dell’azienda.

Tutto questo procedimento deve concludersi entro il tempo massimo di 120 giorni al quale termine va sommato quello di 90 giorni per le verifiche ed i controlli tecnici effettuati dall’azienda sanitaria per un complessivo di 210 giorni.

Questo dice la legge vigente sulla base della quale le strutture pubbliche e private hanno presentato istanza di autorizzazione al funzionamento e che sono state già visitate dalle rispettive Commissioni dell’azienda sanitaria competente che hanno sicuramente acquisito il diritto a veder concluso l’iter procedimentale e amministrativo che nessuna legge potrebbe scalfire.

Così come nei capitolati di gara e nei contratti di appalto delle gare pubbliche esperite dalle aziende sanitarie per l’affidamento delle strutture ex articolo 20 è prevista esplicitamente l’autorizzazione all’accreditamento delle stesse.

Io cosa dico? Ci sono casi in cui il dipartimento della sanità regionale ha fatto superare i 210 giorni previsti per legge senza determinarsi o che le Commissioni delle aziende sanitarie hanno previsto delle prescrizioni strutturali o tecnologiche a cui il privato si è dovuto adeguare.

Cosa succederà in questi casi se la legge attuale andrà in vigore da qui a 7-8-15 giorni e questi privati che aspettano da circa 2 anni con un iter già avviato e con decine di migliaia di euro spesi si vedono negato il diritto di accesso all’autorizzazione? Cosa c’entrano queste strutture con quello che stiamo approvando noi questa sera?

Dico nel mio emendamento, quindi, che “è autorizzato il completamento dei procedimenti amministrativi per l’autorizzazione al funzionamento o all’accreditamento, per le strutture delle aziende sanitarie realizzate con i fondi di cui all’ex art. 20” - questo è quel che ho detto poco fa.

Cioè, qui sono state fatte delle gare da parte della Regione. Io questo emendamento lo propongo per evitare alla Regione di andare incontro al pagamento di decine di miliardi di danni ai privati. Questo riguarda l’articolo 20 – “e della legge n. 67 dell’11 marzo 1988, già affidate con gare ad evidenza pubblica e per le strutture per le quali alla data della pubblicazione della presente legge, siano state già investite le Commissioni delle aziende sanitarie competenti per territorio per la verifica dei requisiti (legge regionale n. 11 del 19 marzo 2004) laddove dalle istruttorie compiute risulti positivamente riscontrato il possesso dei requisiti nel rispetto delle compatibilità finanziarie”.

Cioè quelle strutture che comunque hanno i requisiti che oggi questa stessa legge prevede, non devono iniziare daccapo.

Non può un imprenditore dopo che ha speso due anni di tempo ed investito decine di milioni di euro, domani con l’entrata in vigore di questa legge ripresentare una domanda e seguire di nuovo le pene dell’inferno.

Che cosa significa? Questo si chiede con questo emendamento e chiedo che venga messo in votazione per appello nominale.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.

Nicola ADAMO

Signor Presidente, penso che dalla relazione illustrativa dell’emendamento fattaci dal collega La Rupa è chiaro il problema che si intende affrontare e quindi la norma, il fine, lo scopo della norma che attraverso questo emendamento ci vengono  proposti.

L’onorevole La Rupa si riferisce espressamente alla definizione e regolamentazione del procedimento amministrativo soprattutto rispetto al tempo dell’avvio del procedimento amministrativo e della sua durata.

Non solo. La Rupa ci ha citato la legge che riguarda il procedimento amministrativo, come tutti sappiamo, ma in riferimento anche se in maniera generica, al fatto che nonostante questi tempi sul procedimento amministrativo possiamo avere casi o realtà secondo le quali c’è una tribolazione, addirittura, di due anni sempre per quel problema di cui parlavamo prima rispetto alla comunicazione ed alla responsabilità soggettiva degli uffici.

La preoccupazione dell’onorevole La Rupa è quella di non lasciare un vuoto oggetto ad interpretazione soggettive per quanto riguarda la trattazione del procedimento amministrativo.

Se questo è vero, va da sé che l’emendamento La Rupa non è riferito ai requisiti. Cioè La Rupa non sta proponendo di approvare una deroga riferita all’autorizzazione o all’accreditamento per quanto riguarda i requisiti come se, appunto, per questi procedimenti non dovesse valere la legge che stiamo approvando.

Mi sta commentando ad alta voce il collega La Rupa, assolutamente no. Mi sta dando ragione La Rupa in tutto questo. Penso quindi che questo emendamento si possa accogliere, solo però che sia per il fatto che l’emendamento La Rupa fa riferimento all’autorizzazione e all’accreditamento e noi stiamo trattando l’articolo della autorizzazione…, mentre più avanti l’articolo 7 riguarda l’accreditamento e per rendere chiaro quello di cui ha parlato La Rupaio farei un sub-emendamento che rafforza il  ragionamento che ha fatto La Rupa.

Quindi cancellare il “punto” finale ed aggiungere “e di quanto disposto al comma 9 dell’art. 7 della presente legge”, questo per far riferimento all’accreditamento e tutelare quella parte che dicevamo sia io che La Rupa affinché non ci siano equivoche interpretazioni.

Allora con questa aggiunta che mi sembra rafforzativa del ragionamento che ha fatto La Rupa che chiarisce bene i termini, penso che noi possiamo avere con una sola norma, normato sia il momento dell’autorizzazione che quello dell’accreditamento.

(Interruzione)

Franco LA RUPA

Se leggi il comma 9, vedi che è in contrapposizione perché deve sub-emendare… , perché alla fine si dice “fermo restando che il termine per il possesso dei requisiti minimi da parte delle strutture private accreditate è fissato alla data di approvazione della presente legge”…

Nicola ADAMO

Ma vale per quelle già accreditate. Noi stiamo parlando di procedimenti, nel tuo emendamento collega La Rupa, che ancora debbono ottenere l’autorizzazione e l’accreditamento e che non debbono essere azzerati.

La parte che hai detto tu si riferiva a quelle già accreditate….

Franco LA RUPA

Credo si possa emendare con quello che dici tu aggiunge al mio sub-emendamento soltanto quella frase che dice che “comunque rispettando i requisiti della nuova proposta di legge”.

(Interruzione)

Allora aggiungiamo questa frase al mio emendamento alla fine dove noi diciamo “il possesso dei requisiti”…

Nicola ADAMO

Tu lo dici in maniera ruspante, io l’ho detto col gergo…

Franco LA RUPA

Nicola, “…laddove dalle istruttorie compiute risulti positivamente riscontrato il possesso dei requisiti” ed addirittura io aggiungo – ma nemmeno io a dir la verità ma chi ne capisce più di me – “nel rispetto delle compatibilità finanziarie”.

Allora abbiamo aggiunto anche la parte finanziaria. Con questo emendamento credo sia tutelata la Regione non l’imprenditore.

PRESIDENTE

Colleghi, non facciamo confusione.

Franco LA RUPA

Comunque, Presidente si può fare anche un coordinamento formale con l’assessore e il direttore, con l’onorevole Adamo…

PRESIDENTE

Facciamo tutto con calma per capire cosa andiamo a coordinare.

Lei voleva dire la stessa cosa dell’onorevole Adamo, onorevole Censore, per rafforzarla? Prego, ha la parola.

Bruno CENSORE

Presidente, forse come diceva lei era superfluo intervenire, ma lo faccio per rafforzare una idea, una volontà ed il merito dell’emendamento proposto dal collega La Rupa, perché chiaramente questo emendamento che accompagna in una fase transitoria la legge, per i provvedimenti amministrativi in itinere mira a completare quelle procedure già iniziate, fermo restando che non si incide sul possesso dei requisiti per quanto riguarda l’autorizzazione.

Penso sia meritevole di approvazione anche con le osservazioni che ne espongono il fine fatte dal collega Adamo ad adiuvandum. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Aiello. Ne ha facoltà.

Pietro AIELLO

Volevo solo dire, onorevole La Rupa, che il sub-emendamento La Rupa, così definito, non cambia nulla nel merito della questione perché si riferisce soprattutto al completamento di iter amministrativi che comunque rimarrebbero monchi, Presidente, e quindi creerebbero confusione anche nella applicazione della norma legislativa che stiamo cercando di approvare.

Sostanzialmente siamo favorevoli a questo sub-emendamento così come viene impostato dall’onorevole La Rupa, soprattutto quando alla fine dice di aggiungere “nel rispetto della compatibilità finanziaria” che non è altro che, intanto, il rispetto dell’iter amministrativo, e anche non utilizzo dei requisiti strutturali che comunque devono essere mantenuti fermi dal punto di vista dell’autorizzazione.

PRESIDENTE

Grazie, onorevole Aiello.

Eravamo rimasti allora ad un intreccio di sub-emendamenti, onorevole Adamo, tra quello che diceva lei e quanto diceva l’onorevole La Rupa come sub-emendamento al suo emendamento.

Nicola ADAMO

…è riferito a me, cioè proprio perché non ci siano equivoci penso che io e il collega La Rupa stiamo proponendo la stessa cosa con una differenza, però, La Rupa la esplicita mentre io la rinvio al comma 9 dell’articolo 7.

Questo perché? Perché siccome l’emendamento La Rupa parla pure di accreditamento ci rinvia direttamente al capitolo degli accreditamenti e quindi rendiamo compiuto l’emendamento non soltanto a questo articolo 3 per la parte dell’autorizzazione ma anche dell’accreditamento. Ma soprattutto è la stessa cosa quel che diciamo noi due perché le ultime due righe del comma 9 dell’articolo 7 fanno riferimento alle strutture già accreditate, al possesso dei requisiti delle strutture accreditate e non rientrano nei casi di cui parla La Rupa.

Penso quindi che la mia formulazione, non la sostanza che è uguale, ci fa fare un testo più coerente e pulito dal punto di vista della forma non della sostanza. Ma se questa è condizione per votare in maniera convinta e condivisa, si può assegnare all’assessore Spaziante e al dirigente del dipartimento per valutare anche quanto dice La Rupa, sapendo che questa legge, in ogni caso, non fissa requisiti. La legge dice che si fa il Regolamento in 30 giorni per fare i requisiti e lo dice il comma 9, quindi è più pulita e lineare, meno interpretabile il mio emendamento, è più a tutela del significato che vuoi dire tu, secondo me e lo dico al microfono assumendomene la responsabilità.

Quindi proporrei al collega La Rupa di accogliere le parole “e di quanto disposto al comma 9 dell’articolo 7”.

Quindi è chiuso il ragionamento.

(Interruzione)

Ripeto “e di quanto disposto al comma 9 dell’articolo 7” del successivo articolo 7” e non abbiamo quindi più necessità a quell’articolo di ricorrere sullo stesso argomento trattato da La Rupa perché altrimenti ne dovremmo far due: autorizzazioni e accreditamenti.

Franco LA RUPA

Va bene, Presidente.

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’emendamento protocollo 4131 a firma dell’onorevole La Rupa.

(E’ approvato)

Poi sempre all’articolo 3 è stato presentato al comma 3 un sub-emendamento aggiuntivo protocollo 4062 a firma del consigliere La Rupa che così recita: “Il dirigente generale del dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie è autorizzato a completare i procedimenti amministrativi per l’autorizzazione al funzionamento o all’accreditamento per le strutture delle aziende sanitarie realizzate con i fondi di cui all’ex art. 20 della legge n. 67 dell’11 marzo 1988 già affidate con gare ad evidenza pubblica, e per le strutture per le quali alla data della pubblicazione della presente legge, il dirigente del settore ha già investito le Commissioni delle aziende sanitarie competenti per territorio per la verifica dei requisiti (L.R. n. 11 del 19 marzo 2004)”.

(Interruzione)

Va bene, onorevole La Rupa, è quello, lo abbiamo votato.

Allora a questo punto così modificato votiamo il comma 3 dell’articolo 3.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 4 dell’articolo 3.

(E’ approvato)

All’articolo 3, comma 5 è stato presentato emendamento protocollo 4070 a firma del consigliere Borrello che così recita: “All’articolo 3, comma 5 dopo le parole <<Giunta regionale>> si aggiungono le parole <<e, previo parere della Commissione permanente competente>>”.

Lo vuole illustrare onorevole Borrello?

Pietro GIAMBORINO, relatore

Presidente, vale la filosofia che abbiamo dettato prima, tant’è che chiede il rinvio alla Commissione per i 15 giorni…

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’emendamento 4070.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 5 dell’articolo 3.

(Interruzione)

Pietro AIELLO

Presidente, chiedo scusa, è stato approvato l’emendamento Borrello?

PRESIDENTE

Sì, con un sub-emendamento che prevede sempre un tempo di 15 giorni…

Pietro AIELLO

Va bene, grazie.

PRESIDENTE

Vi sono altri emendamenti all’articolo 3 che però sono decaduti.

Pongo, pertanto, in votazione l’articolo 3 nel suo complesso per come emendato.

(E’ approvato)

All’articolo 4, comma 1, è stato proposto emendamento protocollo 4109 a firma dei consiglieri Lucà e Serra che però è ritirato.

Sempre all’articolo 4, comma 1, è stato proposto emendamento protocollo 4056 a firma Stancato che così recita: “Alla fine aggiungere <<in coerenza con i pagamenti delle Asp>>”.

Prego, onorevole Stancato, ha facoltà di intervenire.

Sergio STANCATO

Presidente, su questa cosa abbiamo discusso molto in sede di Commissione. In effetti abbiamo dato in questo comma dei correttivi, delle interpretazioni che usualmente non ci sono mai state nella legislazione della Regione Calabria, perché abbiamo avuto come punto di riferimento il fatto di proteggere gli operatori, in maniera tale da garantire a questi stessi operatori una tranquillità dal punto di vista economico-finanziario nel momento in cui prestano la loro opera.

Poi però non vorremmo cadere nell’esatto opposto perché se in effetti noi andiamo a sospendere l’autorizzazione nel momento in cui non si dovesse verificare l’erogazione degli stipendi, questa sospensione viene a determinarsi perché mancano i pagamenti delle Asp al datore di lavoro. In questo caso, chiaramente, faremmo un danno ai lavoratori perché li metteremmo fuori dal circuito lavorativo.

A mio parere sarebbe opportuno che alla fine del comma si aggiungesse “in coerenza con i pagamenti delle Asp” così salvaguardiamo tutti.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

Demetrio BATTAGLIA

Presidente, su questo emendamento io ho qualche perplessità perché rischieremmo – già c’è stata una lunga discussione che ha trovato un punto di equilibrio nel testo licenziato dalla Commissione – di far collegare in maniera formale e quindi quasi giustificare il mancato pagamento di spettanze ai lavoratori con i pagamenti delle Asp.

Ora già nel testo c’è un riferimento alla necessità che la Regione e le Asp rispettino gli obblighi e gli adempimenti economici. Spingere il testo oltre, mi fa pensare che invece di apportare un beneficio rischieremmo di incrociare i pagamenti delle Asp con i pagamenti dei lavoratori e giustificare – di fatto – il mancato pagamento ai lavoratori degli stipendi.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Galati. Ne ha facoltà.

Francesco GALATI

Su questo emendamento, Presidente, in Commissione abbiamo discusso per circa 2 ore e siamo arrivati alla determinazione, alla unanimità, di stabilire quello che è nel testo del disegno di legge. Ora si torna sopra un’altra volta per difendere ad oltranza quelle che sono le richieste delle case di cura private.

Credo che così come è stato riportato il testo nel disegno di legge e concordato anche con l’onorevole La Rupa, si possa andare avanti…, anzi siamo andati oltre - onorevole Adamo, lei lo sa benissimo – a quello che io avevo chiesto con l’emendamento. Credo che possa restare così perché non si può ad un certo momento vanificare quello che noi abbiamo detto subordinando il pagamento ai lavoratori se c’è stato il pagamento da parte della Regione nei confronti delle strutture private.

Questo non è assolutamente possibile.

Presidenza del Vicepresidente Antonio Borrello

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole La Rupa. Ne ha facoltà.

Franco LA RUPA

Presidente, in parte sono d’accordo col collega Galati quando dice che su questo punto abbiamo discusso due ore e mezza con l’approvazione di un testo passato poi alla unanimità. Però non è stato trascritto secondo la volontà dei consiglieri di maggioranza e di opposizione che hanno votato alla unanimità. C’è un errore di battitura e mi spiego.

Dopo la parola “resta” innanzitutto va tolto il punto e va messa la virgola perché diversamente sono due cose distinte e separate.

Quindi dopo le parole “dell’importo contrattuale” si deve mettere la virgola al posto del punto e si deve sostituire la parola “resta” con “fatto” perché resta non significa nulla, non è un italiano perfetto.

Quindi lì va inserito “fatto salvo il rispetto dei termini ecc..” e va messa la virgola.

Su questo c’è proprio un mio sub-emendamento protocollo 4130 presentato regolarmente nel blocco che così recita: “All’articolo 4, comma 1, dopo le parole <<dell’importo contrattuale>> mettere una virgola al posto del punto e sostituire la parola <<resta>> con la parola <<fatto>>.

Questo emendamento è a conoscenza sia del relatore, che dell’assessore, che della Presidenza. Noi avevamo concordato questa dicitura esatta, possiamo sbobinare quello che abbiamo detto, ma la dicitura è scritta male qua.

Sergio STANCATO

Sono d’accordo con quello che dice l’onorevole La Rupa, ritiro il mio emendamento se viene integrato quello dell’amico La Rupa.

Franco LA RUPA

Guardate, vi ricordo un particolare. Addirittura l’onorevole Adamo, grande mediatore, si era inventato il “punto e virgola”. Capito, Galati? Ti ricordi che ha fatto?

Onorevole Aiello, ricorda che il consigliere Adamo per mediare si era addirittura inventato il “punto e virgola”?

PRESIDENTE

Non colloquiamo, però, tra singoli consiglieri perché altrimenti…

La parola al relatore, andiamo con ordine.

Pietro GIAMBORINO, relatore

Chiedo scusa, per quanto risulta al Presidente della Commissione, in questo caso anche relatore, il refuso di cui parla l’onorevole La Rupa ci risulta per intero. La conclusione semplicissima è che il parere del relatore è positivo per il sub-emendamento e quindi per la correzione perché questo è.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.

Nicola ADAMO

Intervengo solo per lealtà istituzionale perché - poi si può fare un riscontro – in effetti è così. Come ha detto il relatore e come ricordavano i colleghi Stancato e La Rupa.

Per amore di precisione debbo dire che su questo punto c’è stata una lunga discussione ed alla fine poi si è votato in questo caso non alla unanimità ma a maggioranza di tutti tranne il parere contrario di Galati che si è opposto – lo ricordava La Rupa – persino al “punto e virgola” perché Galati sosteneva il punto invece alla fine poi la votazione fu fatta sulla “virgola” con il “fatto salvo”.

PRESIDENTE

Mi pare di aver capito…

Francesco GALATI

Presidente, su questo punto dobbiamo fare chiarezza…

PRESIDENTE

Le chiedo scusa, onorevole Galati…

Francesco GALATI

Posso parlare?

PRESIDENTE

Un attimo solo, onorevole Galati, dopo aver precisato questo. Sugli emendamenti c’è la discussione generale e poi c’è la votazione, non è che si possono fare repliche sulla discussione. Non so se rendo l’idea.

(Interruzione)

Io parlo per il prosieguo della discussione, in questo momento ha chiesto di parlare e ne ha facoltà. Ma per il futuro, se presiedo io non è possibile fare così. Grazie.

Francesco GALATI

Presidente, se vengono dette cose diverse da quello che è stato registrato in Commissione, io lo devo dire. Anche se viene dopo, che dico “no, ha ragione La Rupa?”Nel modo più assoluto. L’unica cose dove ha ragione La Rupa è questa: invece del “punto” c’era il “punto e virgola”. L’altro lo possiamo andare a sbobinare e vedere come è stato approvato in Commissione.

E’ vero che il Consiglio è sovrano ma l’unica cosa è il “punto e virgola”.

(Interruzione)

No, non è questo, vuole altro.

Franco LA RUPA

Presidente, io ho presentato…

PRESIDENTE

Chiedo scusa, perdonatemi colleghi, cortesemente, onorevole La Rupa, la prego. Ha finito il suo intervento, onorevole Galati?

Francesco GALATI

Ho finito dicendo che è possibile approvare l’emendamento nel senso che dopo “l’importo contrattuale” vada messo un “punto e virgola” anziché un “punto”.

PRESIDENTE

Allora abbiamo capito. Ci sono altri interventi? Prego, onorevole Stancato.

Sergio STANCATO

Presidente, io mi rendo conto che la questione è, invero, molto delicata perché bisogna trovare un punto di equilibrio in maniera tale da non danneggiare né l’una né l’altra parte perché onestamente è difficile.

Ritengo che la soluzione migliore in questo momento sia quella di affidarci ad un coordinamento formale che trovi la giusta misura per dare la possibilità di avere un testo che possa garantire tutti.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Pasquale Tripodi. Ne ha facoltà.

Pasquale Maria TRIPODI

Se ho capito bene, Presidente, il consigliere Stancato è disposto a ritirare l’emendamento se al posto del “punto e virgola” restano le parole “salvo ecc.”. Ritengo che su questa impostazione possiamo essere perfettamente d’accordo.

Allora, Presidente, se l’onorevole Stancato ritira l’emendamento, siamo d’accordo se al posto del “punto” venga inserito il “punto e virgola”. Ok? Va bene.

Michelangelo TRIPODI, assessore all’urbanistica e alla gestione del territorio

Come viene, scusa?

Pasquale Maria TRIPODI

Lo leggo tutto  per evitare che ci siano confusioni.

“La mancata o non corretta applicazione dei contratti di categoria comporta la sospensione dei contratti di cui all’articolo 9 della presente legge per non oltre due mesi. La mancata corresponsione nei modi e nei termini di legge degli stipendi al personale in servizio comporta l’applicazione di sanzione pecuniaria correlata al tempo dell’inadempienza fino ad un massimo di due dodicesimi dell’importo contrattuale” virgola “, resta salvo il rispetto dei termini contrattuali tra l’utenza sanitaria e gli utenti privati”. Va bene così?

(Interruzione)

“Fatto salvo”? non ci sono problemi.

Presidenza del Presidente Giuseppe Bova

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.

Nicola ADAMO

Intervengo, Presidente, perché non ho nulla da obiettare anzi sono d’accordo con la proposta che vede l’intesa sia di La Rupa che di Tripodi e quindi va bene.

Intervengo, però, per fare un commento su questo articolo perché questo è uno dei punti più qualificanti della legge. Vorrei che il collega Tripodi ascoltasse.

Questo è un articolo messo a tutela dei diritti dei lavoratori dipendenti e consta di due parti: il rispetto dei contratti e poi – il comma specifico che stiamo discutendo – la corresponsione degli stipendi.

Sul rispetto dei contratti non ci sono le clausole potenzialmente di dissolvenza, è secco.

Sulla corresponsione degli stipendi, questa discussione sulla virgola non è stata accademica. E’ significativa con l’aggiunta che fa il collega La Rupa, perché si cerca di avere una norma che tuteli i lavoratori innanzitutto ma anche che possa evitare interpretazioni distorte a svantaggio delle aziende in alcuni specifici casi.

Succede che il Governo trasferisce le risorse con ritardo. Succede che ritardo viene ancora accumulato da parte della Giunta regionale e poi altro ritardo si accumula presso le aziende.

Può succedere – come è successo in alcuni momenti – che per la corresponsione di risorse finanziarie dovute sulla base degli accordi contratti, perché in questa legge si parla di accordi contratti, si accumula la mancata corresponsione delle risorse alle aziende per otto-dieci mesi o un anno.

E’ chiaro che in quel caso ci può essere anche una particolare condizione dell’azienda che sostanzialmente, pur avendo maturato e che poi incassa con interessi legali , non è in grado di sopportare il peso ecc.

Quindi si vuole evitare di applicare il sistema sanzionatorio.

Siccome prevediamo anche le sanzioni, quindi la sospensione, la decadenza e tutte le cose che abbiamo detto, si vuole evitare di cadere in un eccesso.

Allora mettendo la virgola adesso, a mio avviso-  comprendo la battaglia che ha fatto Galati e che va apprezzata-, non si sta depotenziando la norma – questo deve essere chiaro – , ma si evita un eccesso che potrebbe mettere in difficoltà sia i lavoratori che le aziende per responsabilità di altri che sono della Regione, del Governo e delle aziende sanitarie, solo per questo.

Quindi la “virgola” tutela la norma, il significato e lo scopo della norma. Non è una virgola beffa, ecco è questo il punto.

Michelangelo TRIPODI, assessore all’urbanistica e alla gestione del territorio

Chiedo di parlare, Presidente perché avverto l’esigenza di un chiarimento per la discussione che c’è stata su un punto, anche perché questa proposta non faceva parte della proposta presentata dalla Giunta regionale. Si tratta quindi di una innovazione che viene proposta in sede di Commissione e di Consiglio, ovviamente legittima.

Personalmente avverto l’esigenza di chiarezza sul punto anche perché si è introdotto – ne parlava adesso l’onorevole Adamo – un elemento molto serio nella discussione nel tentativo di costruire una sorta di rapporto tra le competenze ed i contratti di lavoro spettanti, i diritti del personale e dei lavoratori delle strutture private, con il collegamento sui trasferimenti delle competenze da parte delle Asp e quindi dalla Regione.

Allora da questo punto di vista c’è un elemento che nella discussione si era introdotto. Mi sembra sia stato chiarito. C’è un punto che mi sembra ancora necessario dirimere definitivamente perché avverto la necessità di dire con chiarezza che una cosa sono i contratti, l’attuazione dei contratti, dei diritti dei lavoratori: medici, paramedici, personale che opera e lavora nelle cliniche e nelle strutture accreditate private, altra cosa sono le competenze che trasferiscono gli enti pubblici, l’Asp e la Regione.

Non c’è alcuna possibilità di determinare un collegamento perché questo metterebbe sotto gioco e sotto ricatto e renderebbe complementari i diritti, di carattere universale tra l’altro. Né credo qualsiasi norma di legge regionale potrebbe determinare un elemento di questa natura.

Vorrei essere tranquillo, caro Presidente, su questo punto perché nel momento in cui si vota un emendamento di questa natura, mi deve essere data la massima garanzia che c’è una separazione netta, non c’è nessun rapporto, nessun legame tra questi due elementi.

Comunque la struttura, il responsabile, chi ha la titolarità ha il dovere di garantire gli emolumenti, l’attuazione del contratto a prescindere da tutto il resto.

Siccome ad un certo punto si è detto mettiamo “fermo restando”, facciamo così, vorrei capire questo “fermo restando”, questa incidentale cosa rappresenta e come dobbiamo interpretarla per essere nella massima chiarezza ed onestà perché se c’è qualsiasi ombra di collegamento o di legami, io voto contro e lo dico per la chiarezza con l’Aula.

Nicola ADAMO

Chiedo scusa al collega Tripodi, nella mia responsabilità dichiaro a quest’Aula che l’andamento dei lavori-non su questo punto, sta diventando un’abitudine generale- richiede e comporta una responsabilità da parte di tutti i banchi, da parte della opposizione, da parte della maggioranza e anche dalla parte dei banchi del Governo perché altrimenti non ci siamo più, cari colleghi.

Il testo è chiaro, basta leggerlo. C’è stato un commento fatto non a caso dopo che si stava votando per introdurre da parte della Giunta questo dubbio, mette in discussione la validità dell’articolo.

Abbiamo detto che si tratta non di dissolvere la norma o di depotenziarla, ma di non cadere nell’eccesso che per ritardi e responsabilità del Governo, delle Regioni che paga con discrezionalità dei dirigenti e dei dirigenti delle Asl e anche delle aziende sanitarie ci troviamo in condizioni che non solo non si rispetta il contratto ma poi attraverso il contenzioso – ancor più quando non si fanno gli accordi, i contratti all’inizio dell’anno – si finisce per pagare all’azienda tre volte in più di quel che merita e si mette il lavoratore in condizione di fare la fame.

Se vogliamo difendere il lavoratore, dobbiamo difendere l’una e l’altra cosa e la norma è chiara. Basta leggerla senza bisogno di introdurre altri elementi perché qui non ci si divide tra chi difende i lavoratori e l’azienda.

Questa norma è stata proposta per difendere i lavoratori e l’hanno proposta questi banchi, non il Governo. Perché non è arrivata dal Governo questa norma.

Pasquale Maria TRIPODI

Siamo d’accordo, andiamo a votare.

PRESIDENTE

Con questo non c’è bisogno, in quest’Aula capiamo da sempre che le prerogative dei lavoratori sono fondamentali così come lavoratori che dipendono dalle aziende… le aziende o sono sane e hanno rispettato i loro requisiti o altrimenti non siamo in grado di resuscitare i morti.

Quindi manteniamo un equilibrio, è normale. Ho capito che si tenta di fare in modo che ciascuno faccia nei tempi giusti il proprio dovere a partire dalle funzioni che noi rappresentiamo perché anche lì c’è un punto.

Chiarito questo non credo che dobbiamo… l’interpretazione autentica è evidente. E’ evidente che si vogliono introdurre norme non solo trasparenti ma chiare in tutti i passaggi.

A questo punto mi pare che il sub-emendamento così come proposto ed emendato lo possiamo votare…

Francesco GALATI

Quale sub-emendamento, Presidente? L’ha ritirato il subemendamento l’onorevole Stancato.

(Interruzione)

PRESIDENTE

La Rupa…

Francesco GALATI

La Rupa, quello del “punto e virgola”?

PRESIDENTE

Sì, quello, di quello parlavamo, dell’emendamento 4130.

Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 4.

(E’ approvato)

Al comma 2 dell’articolo 4 è stato presentato emendamento protocollo 4125 a firma Adamo che così recita: “Prima delle parole <<per le sole strutture…>> inserire <<al fine del mantenimento dei requisiti>>. Successivamente dopo le parole <<su una sola area disciplina>> aggiungere <<equipollenti e affini>>”.

L’emendamento si illustra da sé.

Nicola ADAMO

Chiedo scusa, ma tutte queste cose le ho apprese in Commissione.

Su questo punto precisiamo che l’emendamento è stato fatto per evitare che si scambi il significato della norma. Noi non diamo, riconosciamo titoli di specialistica, che riconoscono ben altri istituti, ma c’è l’analogia con la legge nazionale per quanto riguarda il settore pubblico e anche il settore privato. Va bene quindi per come è stato formulato.

Solo che probabilmente ai fini di evitare di incappare in qualche situazione di interpretazione, in sede di coordinamento formale laddove si dice “su una sola area/disciplina” bisogna aggiungere “equipollenti o affini” perché altrimenti la norma potrebbe non essere risolutoria del problema.

Pietro AIELLO

Posso, Presidente? Onorevole Adamo, abbiamo discusso in Commissione su questo comma. Lei stesso ha fatto pubblica ammenda che la opposizione in sede di discussione di bilancio aveva già proposto questo emendamento, respinto dalla maggioranza e lei in modo molto sincero ne  ha preso atto  – noi abbiamo apprezzato – però adesso non capisco il problema di “equipollenze ed affinità”.

Mi spiego meglio. Questi sanitari che sarebbero stati in servizio per più di cinque anni nelle strutture, comunque assumono una esperienza e quindi una specializzazione, chiamiamola così.

L’equipollenza e l’affinità si riferisce al lavoro svolto o alla specializzazione che vanno a ricoprire poi? Non lo capisco.

(Interruzione)

Ma per sommare i cinque anni…

(Interruzione)

Va bene, grazie.

PRESIDENTE

Aiello ha capito e condivide pure a questo punto.

Prego, onorevole Tripodi.

Pasquale Maria TRIPODI

Bisogna specificare qua. All’interno della stessa area funzionale parliamo…

(Interruzione)

Non parliamo di disciplina ma di area funzionale, Pietro, poi si potrebbe intendere una diversificazione di quella che è anche l’attività all’interno del…

Pietro AIELLO (fuori microfono)

Se questi che hanno lavorato più di cinque anni non li aiutiamo, li danneggiamo…

Pasquale Maria TRIPODI

Assolutamente, è per aiutarli che dobbiamo fare questa specificazione.

PRESIDENTE

A questo punto i parerei del relatore della Giunta sono favorevoli.

Pertanto pongo in votazione l’emendamento 4125.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 4 per come emendato.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 3 dell’articolo 4.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 4 dell’articolo 4.

(E’ approvato)

Pongo in votazione l’articolo 4 per come emendato.

(E’ approvato)

E’ stato presentato emendamento 4 bis, 4 ter, 4 quater e 4 quinquies, protocollo 4071 a firma del consigliere Borrello che così recita: “Dopo l’articolo 4 si aggiungono i seguenti articoli:

4 bis – Organizzazione. “Le strutture sanitarie private che erogano prestazioni con oneri a carico del Servizio sanitario regionale rispettano il modello organizzativo-funzionale in riferimento alle figure individuate ai successivi articoli 4 ter, 4 quater e 4 quinquies”.

4 ter – Legale rappresentante della struttura “1. Il legale rappresentante della struttura è tenuto a comunicare tempestivamente al dipartimento regionale della salute:

a) le variazioni del direttore sanitario di cui al successivo articolo 4 ter;

b) il nominativo del medico che sostituisce il direttore sanitario in caso di assenza o impedimento;

c) le sostituzioni e/o le integrazioni del personale medico e non, operante nella struttura,;

d) le sostituzioni e/o integrazioni delle attrezzature sanitarie;

e) tutte le variazioni e trasformazioni intervenute nella natura giuridica e nella composizione della società titolare della struttura, ivi compreso il cambio di titolarità della struttura;

f) la temporanea sostituzione di una o più attività per periodi superiori ad un mese e fino ad un anno prorogabile per motivate esigenze, per un ulteriore anno;

g) la ripresa dell’attività sospesa ai sensi della lettera f);

h) la definitiva cessazione dell’attività.

2. E’ inoltre tenuto a:

a) verificare l’assenza di incompatibilità ai sensi della normativa vigente;

b) assicurare la presenza del direttore sanitario e del restante personale medico e non, previsti dalla presente legge;

c) garantire, tramite il direttore sanitario, l’attuazione degli adempimenti di cui all’articolo 4 quater”.

4 quater – Direttore sanitario. Requisiti e compiti “1. Ogni struttura sanitaria deve avere un direttore sanitario.

2. Il direttore sanitario deve essere in possesso della specializzazione in una delle discipline dell’area di sanità pubblica o in una disciplina equipollente o deve aver svolto per almeno cinque anni attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private.

3. Nelle strutture monospecialistiche, sia ambulatori che di ricovero in fase post-acuta, le funzioni del direttore sanitario possono essere svolte anche da un medico in possesso della specializzazione nella disciplina cui afferiscono le prestazioni svolte o in disciplina equipollente.

4. Negli ambulatori che svolgono esclusivamente attività di medicina di laboratorio, le funzioni del direttore sanitario possono essere volte, per quanto di competenza, anche da un direttore tecnico in possesso di laurea specialistica in biologia o chimica o equipollenti, purché specializzato o in possesso di almeno 5 anni di anzianità nell’attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private.

5. Per lo svolgimento delle funzioni di direttore sanitario deve essere garantito un orario congruo rispetto alle specifiche tipologie ed attività del presidio, comunque non inferiore alle dodici ore settimanali per i presidi ambulatoriali ed alle diciotto ore settimanali per i presidi di ricovero.

6. La funzione di direttore sanitario è incompatibile con la qualità di proprietario, comproprietario, socio o azionista della società che gestisce la struttura sanitaria.

7. La disposizione del comma precedente non si applica alle strutture ambulatoriali monospecialistiche.

8. Il Direttore sanitario:

a) cura l’organizzazione tecnico-sanitaria della struttura sotto il profilo igienico ed organizzativo;

b) cura l’applicazione del documento sulla organizzazione e sul funzionamento della struttura proponendo le eventuali variazioni;

c) controlla la regolare tenuta e l’aggiornamento di apposito registro contenente i dati anagrafici e gli estremi dei titoli professionali del persone addetto all’attività sanitaria;

d) controlla il regolare svolgimento dell’attività;

e) vigila sul comportamento del personale addetto ai servizi sanitari proponendo, se del caso, al legale rappresentante i provvedimenti disciplinari;

f) cura la tenuta dell’archivio sanitario (cartelle cliniche, schede cliniche ambulatoriali e la relativa conservazione);

g) propone al legale rappresentante, di intesa con i medici responsabili, l’acquisto di apparecchi, attrezzature ed arredi sanitarie ed esprime il proprio parere su eventuali trasformazioni edilizie della struttura;

h) rilascia agli aventi diritto copia delle cartelle cliniche ed ogni altra certificazione sanitaria riguardante l’assistito e, in caso di attività ambulatoriale, copia delle eventuali certificazioni sanitarie riguardanti le prestazioni eseguite;

i) vigila sulle condizioni igienico-sanitarie.

9. In caso di attività di ricovero il direttore sanitario ha inoltre le seguenti attribuzioni:

a) controlla la regolare tenuta del registro di carico e scarico delle sostanze stupefacenti o psicotrope in conformità a quanto disposto dalla normativa vigente;

b) cura l’organizzazione dei turni di guardia e di reperibilità del personale medico;

c) vigila sulla gestione del servizio farmaceutico e sulla scorta dei medicinali e prodotti  terapeutici sulle provviste alimentari e sulle altre provviste necessarie per il corretto funzionamento della struttura;

d) è responsabile per la farmacovigilanza;

e) cura l’osservanza delle disposizioni concernenti la polizia mortuaria;

f) impartisce disposizioni perché nella ipotesi di cessazione dell’attività della struttura, le cartelle cliniche siano consegnate al servizio di medicina legale dell’azienda competente per territorio”.

Art. 4 quinques – Titolare dello studio professionale “1. Il titolare dello studio professionale è tenuto a comunicare tempestivamente al dipartimento salute:

a)      ogni variazione che intervenga rispetto a quanto dichiarato al fine del conseguimento dell’autorizzazione o della dichiarazione di inizio attività;

b)      la temporanea sospensione dell’attività dello studio per periodi superiori ai sei mesi;

c)      la definitiva cessazione dell’attività.

2. Il titolare dello studio professionale è inoltre tenuto a curare l’organizzazione tecnico-sanitaria dello studio sotto il profilo igienico ed organizzativo.

3. Gli studi professionali associati, oltre a quanto previsto ai commi 1 e 2, comunicano tempestivamente ogni variazione intervenuta nella composizione dell’associazione”.

L’onorevole Borrello, ha facoltà di illustrare l’emendamento.

Antonio BORRELLO

Presidente, si illustrano da sé gli emendamenti in quanto riferiti ad una attività organizzativa funzionale per quanto riguarda le strutture sanitarie private che operano in regime di contrattualizzazione col Sistema sanitario regionale. Quindi disciplinano le varie responsabilità, funzioni e competenze del legale rappresentante della struttura per quanto riguarda l’articolo 4 ter, il direttore sanitario per quanto riguarda l’articolo 4 quater e il titolare dello studio professionale il 4 quinques.

E’ soltanto una disciplina dei compiti e delle funzioni di ognuno. Grazie.

PRESIDENTE

Parere del relatore e della Giunta? Favorevoli.

Pietro AIELLO

Posso, Presidente?

PRESIDENTE

Ne ha facoltà.

Pietro AIELLO

Prendo atto che dopo due giorni il parere del Presidente della Commissione, relatore oggi, e dell’assessore è cambiato. Prendo atto che è cambiato.

Mi pare di ricordare – vorrei il conforto del relatore – che l’assessore ed il Presidente Giamborino erano contrari a questo emendamento, onorevole Borrello, con una specificazione che abbiamo apprezzato.

Nulla contro l’onorevole Borrello che dice cose corrette, ma volevo rimarcare un semplice fatto e mi meraviglio che l’assessore che sa queste cose abbia cambiato idea. Non è per la semplice aggiunta del 4 bis ma per essere precisi, solo per questo.

Le funzioni del direttore sanitario nel caso specifico, Totò, sono previste nel “502” per il pubblico, però le strutture accreditate diventano pubbliche in quanto hanno a che fare col sistema pubblico. Quindi le funzioni di un direttore sanitario non cambiano.

(Interruzione)

Va bene, io esprimo il parere sfavorevole. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Borrello. Ne ha facoltà.

Antonio BORRELLO

Certamente non faccio l’avvocato di nessuno ma volevo precisare che è vero, io avevo presentato in Commissione questo emendamento. L’assessore, collega Aiello, e il Presidente della Commissione non hanno mai espresso parere contrario, ma hanno solo detto che avrebbero ripreso tutta la partita che condividevano – se non ricordo male – in sede regolamentare perché il tutto sarebbe contenuto nel “502”.

Ho avuto l’amabilità e la pazienza - egregio ex assessore alla sanità, Aiello – di leggere per intero il “502” e le assicuro che questa disciplina nel “502” non c’è, ecco perché mi sono riproposto con gli emendamenti…

Siccome, tra l’altro, non incide su niente rispetto alla struttura, volevo solo precisare questo: che purtroppo il “502” per lei e per l’assessore, se me lo consente, non prevede questo tipo di regolamentazione. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Galati. Ne ha facoltà.

Francesco GALATI

Presidente, su questo punto in Commissione si era stabilito di rinviare all’attività regolamentare della Giunta perché è così. Noi stiamo facendo da quello che mi sembra una reformatio in peius del disegno di legge. Volere in questa sede stabilire quali sono le funzioni che deve svolgere il direttore sanitario, i compiti e così via, credo che non si addica proprio alla legge stessa per quello che la legge vuole ad un certo momento rappresentare.

Che cosa fa il regolamento? E’ proprio una attività del regolamento questa. Su questo punto sia l’assessore che il Presidente della Commissione erano stati d’accordo, l’avevamo rinviato al regolamento.

D’altra parte poiché i regolamenti, onorevole Borrello, adesso devono venire in Commissione, a maggior ragione possiamo rinviare questa attività regolamentare senza riempire questa legge fatta di dieci articoli con tutta questa pappardella di dire quali sono le funzioni del direttore e così via.

Io credo che non sia il posto e il luogo, è una questione di logica della legge stessa. Sarebbe opportuno, quindi, onorevole assessore e Presidente e onorevole Presidente della Commissione, che si ritornasse alla dizione di prima. Cioè rinviare ai regolamenti questa attività perché i regolamenti, fra l’altro, devono tornare in Commissione.

Prima potevo anche capirlo, onorevole Borrello, ma dato che devono ritornare in Commissione, possiamo vederli dopo.

Pietro GIAMBORINO, relatore

Signor Presidente, l’occasione è buona perché mi dà la possibilità di approfondire un attimino la cultura del principio. Più vado avanti e più mi convinco che il legislatore non si deve porre a mo’ di giudice di processo.

Lo abbiamo dimostrato poco fa quando il collega Pacenza ha ingenerato dubbi che alla fine si sono dimostrati assai validi per portare in porto un testo di legge migliore.

Io sono abituato a ragionare alla luce del buonsenso e sono talmente “presuntuoso” che sento il bisogno di affermare che nella vita - indipendentemente che sono e resto fermo nelle affermazioni che ha fatto il collega Borrello – , quando mi si convince che le ragioni degli altri sono positive, le accolgo e mai come in questa occasione di una legge che ha avuto un travaglio assai difficile, nel senso che il Governo regionale ha licenziato un testo sul quale la Commissione, anche per merito dell’onorevole Galati e per merito dell’onorevole Aiello, ha discusso inviandolo a quest’Aula assolutamente migliorato e questo è emerso dalla volontà dei più.

Non mi va – intervengo semplicemente per questo –, perché non mi va di passare per quello che assolutamente non sono.

Allora, vedete, il giurista, se noi ci poniamo a mo’ di processo spesso si autoimbriglia e non è il nostro caso. Dobbiamo usare assolutamente buon senso, dobbiamo lavorare come stiamo facendo su questo testo ed è mia convinzione che alla fine tutto sarà in favore della chiarezza e della trasparenza.

Tutto quello che serve e tutti i contributi, non abbiamo fatto nessuna questione di burocrazia. Il sub-emendamento in Aula… insomma ci stiamo confrontando a 360 gradi e ringrazio il collega Galati perché da sempre considero – questa è la mia cultura ed è anche l’ultima affermazione di principio – ed ho considerato l’opposizione il sale della democrazia.

PRESIDENTE

La parola all’assessore.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Grazie, Presidente, ricordava l’onorevole Borrello che nel mio intervento in Commissione  ho detto in risposta al suo intervento, a sostegno di questo emendamento, che gli davo compiuta certezza che queste stesse disposizioni le avremmo inserite nell’ambito del regolamento.

Dico questo non per sminuire la portata dell’emendamento ma per dire una cosa: che il criterio che deve guidare le valutazioni è quello del miglioramento o del peggioramento sostanziale della impostazione e di un testo, nella sua articolazione, nelle sue fattispecie, nelle condizioni, nelle sue clausole, nelle sue ipotesi.

Ritengo – come ho ritenuto l’altro giorno in Commissione – che queste disposizioni siano comunque un miglioramento della politica di riforma che abbiamo inaugurato.

Ora l’unico problema può essere – ma è remoto, astratto e non mi sembra che sia questo un discrimine utile –quello della sistematicità formale delle fonti giuridiche ma è, ripeto, un problema solo teorico, accademico, formale e virtuale.

Rimane la sostanza, così come ho detto in Commissione e ripeto anche qui, che sono favorevole alla sostanza di questa norma.

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’emendamento 4071.

(E’ approvato)

Poi naturalmente ci sarà il coordinamento formale.

All’articolo 5 è stato proposto un subemendamento a firma del consigliere Adamo protocollo 4109, questo ha lo stesso numero di protocollo dell’emendamento Lucà e Serra che così recita: “A seguito di trasferimento in qualsiasi forma, della proprietà della struttura o della concessione in godimento della struttura stessa ad un soggetto diverso da quello autorizzato, l’autorizzazione all’esercizio può essere ceduta previo assenso del dipartimento regionale tutela della salute e politiche e, per le strutture sociosanitarie l’assenso del dipartimento regionale delle politiche sociali, a seguito di verifica della permanenza dei requisiti.

In caso di decesso della persona fisica autorizzata, gli eredi hanno facoltà di continuare l’esercizio dell’attività per un periodo non superiore ad un anno dal decesso. Entro tale periodo gli eredi stessi possono cedere a terzi l’autorizzazione all’esercizio, nel rispetto di quanto previsto al comma 1.

L’autorizzazione all’esercizio decade nei seguenti casi:

esercizio di una attività sanitaria o socio-sanitaria diversa da quella autorizzata;

estinzione della persona giuridica autorizzata, fatto salvo quanto previsto dal comma 1;

rinuncia del soggetto autorizzato;

provvedimenti definitivi sanzionatori dell’autorità giuridiaria;

cessione della autorizzazione all’esercizio in mancanza dell’assenso regionale di cui al comma 2 ovvero dell’inutile decorso del periodo di cui al comma 2;

mancato inizio dell’attività entro il termine di sei mesi dal rilascio dell’autorizzazione all’esercizio, prorogabile una sola volta per gravi motivi rappresentati dal titolare”.

Il subemendamento a firma Adamo recita: “Le disposizioni di cui all’art. 3, comma 1, della legge regionale n. 2/2005 continuano a trovare applicazione per le strutture ambulatoriali private autorizzate e/o accreditate alla data di entrata in vigore della L.R. 35/2002”.

Prego, onorevole Adamo.

Nicola ADAMO

Quando si è aperta la discussione – immagino che il collega Serra in coerenza con quanto abbia fatto col primo emendamento ritiri pure questo – non si pensava che gli emendamenti venissero ritirati.

 Io pensavo che si passasse alla approvazione, quindi lo utilizzo strumentalmente, diciamo, se l’Aula me lo concede e poi sentiamo il parere della Giunta.

Ai fini della riscrittura dell’articolo probabilmente è giusto, anzi certamente è giusto a mio avviso, che all’articolo 5, comma 1, si scriva testualmente una aggiunta che vi leggerò dal momento che abbiamo sia la legge 2 del 2005 che la legge 35 del 2002.

Se andate in coda al provvedimento o vengono abrogate per intero o vengono abrogate per articoli. Come dicevamo prima , questo testo di legge è una sorta di mini-testo unico.

Questo fatto comporta che ci sono delle situazioni che, se non precisate con una sorta di interpretazione autentica, possono creare confusione e problemi nella gestione. In particolare per quanto riguarda il dispositivo contenuto al comma 1 dell’articolo 3 della legge 2/2005 che è successiva alla legge regionale 35 del 2002 e riguarda sempre questa materia della cessione.

Io - da sottoporre anche alla vostra valutazione ma soprattutto al coordinamento formale – aggiungerei dopo il punto al primo comma il seguente testo: “Le disposizioni di cui all’art. 3, comma 1, della legge regionale n. 2/2005 continuano a trovare applicazione per le strutture ambulatoriali private autorizzate e/o accreditate alla data di entrata in vigore della L.R. 35/2002”.

Cioè, noi non facciamo alcun provvedimento ma rispetto alle norme finali che abrogano commi, articoli e leggi, tuteliamo il contenuto di una norma che questa Regione già si è data ai fini di favorire questo processo che poi attraverso anche il regolamento va a riorganizzarsi. Grazie.

Giulio SERRA

Sono d’accordo col subemendamento.

PRESIDENTE

L’onorevole Serra è d’accordo con il sub-emendamento.

Parere del relatore e della Giunta? Favorevoli.

Lo vuole rileggere, onorevole Adamo?

Nicola ADAMO

All’articolo 5, comma 1, dopo il punto aggiungere: Le disposizioni di cui all’art. 3, comma 1, della legge regionale n. 2/2005 continuano a trovare applicazione per le strutture ambulatoriali private autorizzate e/o accreditate alla data di entrata in vigore della L.R. 35/2002”.

PRESIDENTE

Formalmente, l’onorevole Aiello ha capito dove viene sistemato ma non intende il senso per come letto…

(Interruzione)

Nicola ADAMO

E’ finito, solo questo che è una precisazione. Perché abrogando la legge 35 e molti articoli fra i quali anche gli articoli 3 e 4 della legge 2, questa è una precisazione che dà senso a quello che è scritto prima. Una sorta di interpretazione autentica ai fini di evitare sbandamenti di interpretazione equivoca. Ecco.

Pasquale Maria TRIPODI

Se ho capito bene, quel che dice l’onorevole Adamo, è una delle leggi o gli articoli delle leggi che vedevano la proposta di abrogazione dal Governo regionale.

Infattim una delle leggi che il Governo regionale propone di abrogare all’articolo 11 è proprio l’articolo 3, 4, comma 2, articolo 7 comma 4, secondo capoverso della legge regionale 16 febbraio 2005 numero 2.

Allora qui dobbiamo capire se rispetto a quella impostazione ritiriamo anche l’abrogazione di questo articolo rispetto all’articolo 11 o no. Ricordo a me stesso, sicuramente non all’assessore o al relatore, che la non abrogazione di quegli articoli comporta poi una visione leggermente diversa di quella che è l’impostazione della legge.

Sono d’accordo sulla impostazione data dall’onorevole Adamo ma su questo punto vorrei sentire il parere del Governo.

PRESIDENTE

Deve fare una qualche precisazione, onorevole Adamo, alla luce dell’intervento dell’onorevole Tripodi?

Pasquale Maria TRIPODI

Io sono d’accordo con la proposta dell’onorevole Adamo. Vorrei solamente…

Nicola ADAMO

Vorrei sottolineare il fatto che è solo il riconoscimento del diritto e quindi il richiamo del riconoscimento del diritto ad una data di applicazione della legge che viene abrogata. Poi si fa tutto sulla base di questa nuova legge e sulla  base del regolamento.

Se questo non lo mettiamo, lasciamo spazi…

Pasquale Maria TRIPODI

Sono d’accordo col principio. Se l’onorevole Adamo è d’accordo io direi: assumiamo il principio della data, però andiamo ad abrogare gli articoli.

Nicola ADAMO

Io non sto proponendo nulla. Alla fine li rimandiamo a voi perché al testo di legge…

Pasquale Maria TRIPODI

All’articolo 11 questo dico io….

Nicola ADAMO

All’articolo 11, siccome ci sono scritte queste…

Pasquale Maria TRIPODI

Se è così l’impostazione va bene…

(Interruzione)

Nicola ADAMO

Rimangono quelli, è chiaro.

PRESIDENTE

Abbiamo impiegato un po’ di tempo, votiamo il sub-emendamento per come proposto dall’onorevole Adamo.

(E’ approvato)

Pongo in votazione per come modificato il comma 1 dell’articolo 5.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 5.

(E’ approvato)

Al comma 3 dell’articolo 5, lettera d) è stato proposto emendamento a firma del consigliere Battaglia, protocollo 4079 che così recita: “La lettera d), del comma 3, art. 5 viene soppressa e sostituita con la seguente riformulazione:

<<l’autorizzazione decade d’ufficio nei confronti di:

a)      coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 o per un delitto di cui all’art. 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze o per un delitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, l’uso o il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;

b)      coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli artt. 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 316-ter (indebita percezioni di erogazioni a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d’ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai dovere di ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale, 640 comma II (truffa aggravata), 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche);

c)      coloro nei confronti dei quali sia stata applicata con decreto definitivo una misura di prevenzione personale o patrimoniale in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni;

d)      coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio o per un delitto anche colposo commesso nell’esercizio dell’attività socio-sanitaria disciplinata dalla presente legge ovvero per un delitto inerente la violazione delle disposizioni per la sicurezza sul lavoro;

e)      coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena che comporti l’interdizione temporanea e perpetua dai pubblici uffici ovvero l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.

La decadenza opera nei confronti delle persone giuridiche nel caso di condanne definitive, intervenute nei confronti di azionisti, titolari di quote, legale rappresentante della società e/o amministratori>>”.

L’onorevole Battaglia, ha facoltà di intervenire.

Demetrio BATTAGLIA

Grazie, Presidente, con questo emendamento si chiede la eliminazione della dizione “provvedimenti definitivi sanzionatori dell’autorità giudiziaria” perché è una dizione che si presta a diverse interpretazioni, tra l’altro contrastanti tra esse.

Quindi noi ci potremmo trovare ad avere un funzionario o un dirigente che, addirittura, vada a far decadere le autorizzazioni in virtù di una sanzione amministrativa e non ad esempio in presenza di una sentenza penale di condanna.

Rispetto a questo ho tentato di fare uno sforzo sistematico per prevedere la decadenza dell’autorizzazione d’ufficio nei confronti di una serie di soggetti che riportano una condanna penale definitiva, a fronte di una serie di reati, partendo dal 416 bis, passando dall’associazione per lo spaccio di sostanze stupefacenti, arrivando anche a tutta una serie di reati legati all’attività amministrativa, nonché a tutti quei reati per i quali è prevista una sanzione di incapacità a contrarre con la pubblica amministrazione, nonché la possibilità di essere anche dichiarati decaduti per una sola ipotesi di reato colposo che è quella concernente una attività nell’esercizio della funzione socio-sanitaria e quindi nell’esercizio della funzione per la quale c’è stata l’autorizzazione da parte della Regione.

Il comma chiude anche eventuali omissioni di reati gravi allorquando dichiara la decadenza anche di soggetti che hanno avuto l’interdizione temporanea o perpetua dei pubblici uffici perché in questi casi ci troviamo di fronte a delle pene superiori ai tre anni e quindi ad una serie di ipotesi che creano un grave allarme sociale.

Inoltre, nel comma che andiamo sostituire c’era anche un vuoto nel senso che non si capiva a chi e come applicarlo.

E’ previsto allora che la decadenza decorre nei confronti delle persone giuridiche perché è facile applicare la decadenza alle persone fisiche nel caso di condanne definitive intervenute nei confronti di azioni titolari di quote, rappresentanti legali o amministratori.

Cioè noi introduciamo una norma che va a classificare una serie di reati rispetto ai quali c’è una sentenza di condanna definitiva ed è un provvedimento che colpisce anche le persone giuridiche perché diamo anche un segnale e lo diciamo prima alle varie società che operano nel settore. Queste società hanno la  possibilità di adeguare i loro statuti in presenza di azionisti o di titolari di quote che hanno o potrebbero avere queste difficoltà.

Quindi, siccome ci troviamo in presenza di sentenze definitive, l’eventuale decadenza non può essere prorogata perché conoscendo i gradi di giudizio ed i tempi della giustizia italiana già è possibile per una società emarginare o sostituire un socio o un amministratore fin dalla sentenza di primo grado.

Un’ultima cosa voglio dire. L’emendamento così come è stato formulato è abbastanza lungo e potrebbe rischiare di appesantire il testo.

C’è stata una esigenza, quella non solo di indicare gli articoli del codice penale ma per una maggiore chiarezza di individuare il titolo, per avere una comprensione, tutti noi, di quello che andiamo a votare.

Se dovesse passare questo emendamento, in sede di coordinamento formale basta indicare gli articoli.

Faccio un esempio, quando dico l’articolo 307 dove è scritto “concussione” si può eliminare perché il 307 già sappiamo che è la concussione così la corruzione, così il “416 bis” ecc.

Quindi è un tentativo il mio di dare ordine e certezza a quella che è la decadenza, per evitare che alla fine potremmo trovarci un comma che dice tutto e non dice niente, come Peppino e Totò nei film che vediamo spesso.

Ritengo quindi che non è un comma che vada a penalizzare nessuno, ma è un comma che dia certezze a tutti, impedendo qualsiasi discrezione e introducendo un elemento qualificante rispetto ad un esercizio dell’attività socio-sanitaria che avviene attraverso una autorizzazione che un ente dà e rispetto a questa autorizzazione vi è la necessità che i soggetti che sono autorizzati abbiano un minimo di requisiti, anche di onorabilità come avviene in tutte le società.

Presidenza del Vicepresidente Antonio Borrello

Pietro AIELLO

Presidente, posso?

PRESIDENTE

Prego, onorevole Aiello.

Pietro AIELLO

Onorevole Battaglia, volevo chiederle: tutto quello che lei ha detto, tutti gli articoli che lei ha citato sono previsti nella norma nazionale, nella legge di procedura penale, credo.

Se noi provvedessimo a togliere del tutto questo punto perché poi si rifà ad una legge nazionale, come?

(Interruzione)

Non si applicherebbe? Perché?

Demetrio BATTAGLIA

Io intanto sono partito da un comma che ci ritroviamo nella legge stasera e che in Commissione abbiamo sottovalutato, probabilmente.

Se dovesse passare la legge così com’è, ci ritroviamo il comma di cui chiedo la sostituzione che esattamente recita “decade l’autorizzazione in presenza di provvedimenti definitivi e sanzionatori dell’autorità giudiziaria”.

Questo comma, allora, odice niente o dice tutto. Io non capisco cosa dice questo comma. Quindi noi…

(Interruzione)

No, sostituirlo, perché è vero che io cito chiaramente delle norme nazionali, però non mi pare che siano o sono applicabili in forma automatica in questo momento.

Dicevo prima che in sede di coordinamento formale possiamo sintetizzare. Ho fatto uno sforzo che certamente non è esaustivo, perché è una materia molto delicata. Da questo punto di vista potremmo poi discutere sulla qualità del procedimento, come si arriva in Aula perché probabilmente avremo bisogno anche dell’assistenza di un ufficio legislativo o comunque di una proposta di legge dal punto di vista giuridico, anche quelle che provengono dalla Giunta più articolate sul piano della relazione di accompagnamento.

Però, come dire, il tentativo di sopperire ad un comma di cui io non capisco la portata.

Pasquale Maria TRIPODI

…non solo secondo l’emendamento ma secondo anche l’impostazione. Però c’è un  problema che io sottopongo al presentatore dell’emendamento anche in base alla discussione che ho sentito… sarebbe il caso questo articolo poi di coordinarlo in una forma meno artificiosa di questa, –consentimi, onorevole Battaglia – perché su alcune cose, sul punto d), per esempio, ho qualche perplessità.

Quindi un coordinamento formale lo possiamo fare tranquillamente, dando per approvato l’emendamento, e quindi trovare una forma che consenta di renderlo più intelligibile e meno farraginoso nella esposizione e non nella sostanza, per l’amor di Dio.

Anche perché quando nel punto d) lei dice… “per violazioni dei doveri inerenti ad una pubblica funzione”, questa può essere ricoperta dal sindaco, dall’assessore, qualsiasi altra funzione pubblica e quindi dobbiamo capire come impegnarlo rispetto alle funzioni sanitarie che uno ricopre.

Se lei è d’accordo, si può coordinare con l’assessore in sede di coordinamento formale.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

C’è un primo livello di coordinamento formale che riguarda la collocazione. Siccome questo squilibra sul piano dimensionale le cose, io proporrei che in sede di coordinamento si sopprima la lettera che qui si intende sostituire e si faccia un comma ulteriore, un comma a sé, dicendo: la decadenza opera anche nei seguenti casi.

Poi facciamo anche quel che diceva il consigliere Tripodi.

Io ho un solo problema di applicazione che riguarda la parte finale, le ultime tre righe quando si parla di “decadenza di persone giuridiche”. Ora mentre mi è chiaro, capisco e mi sembra facile e proporzionato nel caso in cui si tratti di un amministratore o del legale rappresentante, qualche problema si pone quando si tratta di un semplice azionista.

Prendiamo, per esempio, la società per azioni più grande come la Fiat. Se un azionista della Fiat incorre in una condanna definitiva ecc.., la conseguenza è che l’esercizio di impresa della Fiat viene a cadere.

Allora forse in sede di coordinamento formale, se trovassimo una formula che esprima anche la significatività del possesso azionario o di quote…

(Interruzione)

Demetrio BATTAGLIA

Diciamo che intanto per quanto riguarda la formulazione, io ho tentato di renderla abbastanza chiara. Ho evitato di usare dei termini molto tecnici, che mi avrebbero portato ad una formulazione in poche righe, proprio per l’importanza del tempo.

E’ chiaro che lì è prevista una serie di reati che vanno ad incidere profondamente anche dal punto di vista della pena.

Nel momento in cui viene prevista la decadenza, nel momento in cui scatta una sia pure temporanea o permanente interdizione, questo è legato anche a reati amministrativi. Ma reati amministrativi che non significano il reato amministrativo…

Proprio per questo io ho fatto la soppressione perché così come era il comma si poteva cadere nell’assurdo di avere una decadenza sol perché si era incorsi in una semplice omissione o anche in una pena di due mesi.

Quindi voglio dire che in sede di coordinamento possiamo specificare gli articoli.

Per quanto concerne il problema che poneva l’assessore, me lo sono posto già io nel senso che in un primo emendamento avevo previsto una partecipazione non inferiore al 10 per cento.

Diciamo che questo aspetto poi mentalmente lo avevo superato perché se lei fa il raffronto con la Fiat, è chiaro che c’è materia di discussione. Operando nella realtà calabrese con le piccole società, è una quota che chi ha cinque figli la divide e mantiene il controllo. Però sono d’accordo con lei ad inserire una soglia, che secondo me comunque dovrebbe oscillare tra il 10 e il 15 per cento massimo.

Perché se andiamo oltre diventa poi irrilevante, va bene allora la individuazione della quota…

Pasquale Maria TRIPODI

Coordinamento formale

Demetrio BATTAGLIA

perché è chiaro che chi ha l’1 per cento, in effetti poi…

PRESIDENTE

La parola all’assessore.

(Interruzione)

Va bene, votiamo questo emendamento protocollo 4079…

Prego, onorevole Galati, ha facoltà di parlare.

Francesco GALATI

Vorrei dire soltanto che è da apprezzare l’emendamento fatto dall’onorevole Battaglia anche perché il testo del disegno di legge era così vago…, ha fatto bene in questi casi a precisare quali sono i provvedimenti che portano alla decadenza. Credo, quindi, che debba essere approvato.

Mi permetto di dire, onorevole Battaglia, che all’ultimo capoverso del suo emendamento sarebbe opportuno limitare la decadenza solo nei confronti del legale rappresentante delle società ed amministratori, lasciando stare chi possiede le azioni, non conosciamo il numero, o quanto possa influire sulle società o meno.

Quindi limitarlo soltanto ai legali rappresentanti delle società e degli amministratori. L’azionista che ha un 5 per cento di azioni, non credo che possa…

Demetrio BATTAGLIA

Posso, Presidente? Questo lo abbiamo superato e dicevo al termine del mio intervento “inseriamo una quota significativa”, chi ha il 5 per cento non influisce, cioè, ma chi ha il 40 per cento influisce nelle scelte.

(Interruzione)

Voglio dire, mettiamo una soglia del 10-20 per cento perché altrimenti poi diventa…

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’emendamento protocollo 4079.

(E’ approvato)

Ai commi dell’articolo 5 non ho emendamenti se non uno finale. Non vedo l’onorevole Pasquale Tripodi che ha presentato emendamento protocollo 4068 che così recita: “Al comma 3 dell’articolo 5 aggiungere la seguente lettera <<g) mancato rispetto del Ccnl>>”.

Allora questo emendamento è ritirato.

Pongo in votazione l’articolo 5 per come emendato.

(E’ approvato)

All’articolo 6 l’emendamento protocollo 4109 a firma dei consiglieri Lucà e Serra è ritirato.

Sempre all’articolo 6 l’onorevole Stancato ha presentato emendamento protocollo 4057 che così recita: “Fatte salve eventuali sanzioni di natura penale, la Regione è autorizzata ad applicare le sanzioni di cui ai commi 2, 3 e 4 del presente articolo.

L’esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria in carenza di titolo autorizzatorio comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa per un importo compreso tra un minimo di euro 10.000,00 ed un massimo di euro 100.000,00 nonché l’impossibilità di presentare richiesta di autorizzazione all’esercizio della medesima o di altra attività sanitaria o socio-sanitaria per un periodo di tre anni da sostituire con sei mesi.

L’esercizio di attività sanitaria o socio sanitaria diversa da quella autorizzata comporta, in aggiunta, la decadenza ai sensi dell’art. 5, comma 3, lettera a) l’applicazione di una sanzione amministrativa per un importo compreso tra un minimo di euro 5.000,00 ed un massimo di euro 50.000,00 nonché l’impossibilità di presentare richiesta di autorizzazione all’esercizio della medesima o di altra attività sanitaria o socio-sanitaria per un periodo di sei mesi da sostituire con tre mesi”.

La parola all’onorevole Stancato.

Sergio STANCATO

Presidente, mi sembra che quel che abbiamo previsto nella legge e che abbiamo anche concordato in Commissione , ad un esame più approfondito e puntuale della norma mi sembra davvero eccessivo anche perché la sospensione per tre anni diventa un problema in quanto parliamo di una eventuale carenza del titolo autorizzatorio, non parliamo di un esercizio abusivo della professione.

Quindi ritengo che con l’ammenda così come prevista da 10 mila a 100 mila euro ed una sospensione di sei mesi che il provvedimento possa essere accettato.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Posso, Presidente? In Commissione abbiamo modificato il testo iniziale rendendo proporzionate le misure di sospensione per la richiesta di una ulteriore autorizzazione all’esercizio dell’attività sanitaria in quanto nel testo originario erano due anni in tutte e due le ipotesi.

La prima è quella della totale assenza di autorizzazione e la seconda riguarda l’esercizio di un’attività diversa da quella per la quale si è stati autorizzati. Abbiamo modulato in maniera diversa portando l’ipotesi più grave a tre anni e riducendo quella meno grave da due anni a sei mesi.

A me sembra tutt’ora che questa formulazione è più equilibrata e preveda un sistema sanzionatorio anche più proporzionato alla entità ed alla gravità delle situazioni  e nella fattispecie corrisponda ad una esigenza reale.

Devo dire che è vero, non c’è l’esercizio abusivo di una professione ma c’è un esercizio che non corrisponde, per il quale non si ha la certezza che siano previsti i requisiti necessari ai fini della autorizzazione.

Sicuramente è un esercizio di una professione sanitaria in carenza di qualsiasi garanzia sulla qualità della prestazione erogata.

Sarei quindi per queste due ragioni contrario a questo emendamento. Grazie.

PRESIDENTE

Lo ritira, onorevole Stancato? Bene, è ritirato. Grazie.

Non vedo in Aula l’onorevole La Rupa, pertanto il suo emendamento protocollo 4061 è ritirato così come l’emendamento protocollo 4096.

Anche l’emendamento 4109 a firma Serra, Lucà è ritirato.

Pongo in votazione, pertanto, l’articolo 6.

(E’ approvato)

Si passa all’articolo 7.

Vi sono vari emendamenti ai commi dell’articolo 7 che sono ritirati.

Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 3 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 4 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

All’articolo 7, comma 5 è stato presentato emendamento a firma del consigliere Pasquale Tripodi, protocollo 4064 che così recita: “Al comma 5 e al comma 13, dopo le parole <<Giunta regionale>> aggiungere le parole seguenti <<previo parere della Commissione regionale competente>>”. E’ un emendamento di forma. Sempre con i 15 giorni.

Pongo in votazione l’emendamento.

(E’ approvato)

L’emendamento protocollo 4086 è decaduto.

Pongo in votazione per come emendato il comma 5 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Al comma 6 dell’articolo 7 è stato presentato emendamento a firma del consigliere Battaglia protocollo 4080 che così recita: “a) La predetta Commissione deve esaminare le domande e trasmettere le risultanze entro il termine di 60 giorni salvo carenze documentali necessarie per la decisione. Nei successivi 15 giorni il direttore generale dell’Asp deve esprimere il parere.

b) Decorsi tali termini l’assessore competente senza indugio deve nominare commissari ad acta i quali agiscono con i poteri della Commissione art. 8 e del direttore generale.

c) I commissari entro 30 giorni devono valutare le richieste e trasmettere le risultanze con un parere al direttore generale del dipartimento.

d) Il compenso dei commissari che sarà quantificato nell’atto di nomina graverà sul bilancio Asp e l’assessore competente provvederà ad inviare gli atti alla procura della Corte dei conti.

e) I componenti della Commissione art. 8, inadempienti, decadranno automaticamente dall’incarico se esterni all’amministrazione; subiranno provvedimenti disciplinare se interni all’amministrazione regionale o delle aziende sanitarie. Al direttore generale dell’Asp che non ha espresso il parere nei termini previsti si applica una sanzione amministrativa, con delibera di Giunta regionale per un importo compreso tra un minimo di euro 10.000 e un massimo di 20.000”.

Prego, onorevole Battaglia, ha facoltà di parlare.

Demetrio BATTAGLIA

Presidente, questo emendamento ha lo scopo di rendere celeri le procedure da un punto di vista della correttezza e del rispetto dei tempi, considerato che sia in Commissione che in Aula molti colleghi hanno evidenziato ritardi e scelte discrezionali da parte dei soggetti competenti che devono istruire le pratiche.

Il comma si propone di dare un termine massimo di 60 giorni alla commissione prevista dall’articolo 8 che ha il compito di verificare e dar risultanze al direttore generale ed entro i 15 giorni successivi questi deve esprimere il parere al direttore del dipartimento.

Decorsi tali termini, l’assessore competente senza indugio – uso un termine di codice di diritto commerciale-, quindi immediatamente, deve nominare commissari ad acta che hanno il compito entro 30 giorni di provvedere a tutti gli adempimenti e trasmettere anche un parere al direttore del dipartimento eliminando il parere intermedio del direttore generale.

Il comma prosegue con altre considerazioni che potrebbero anche essere ritirate se c’è un problema. Nel senso che io avevo previsto…

(Interruzione)

Appunto per questo, gli altri due aspetti del comma e cioè le sanzioni a carico dei componenti della commissione secondo l’articolo 8 che non hanno provveduto nei termini previsti e le sanzioni a carico del direttore generale potrebbero anche andare nel regolamento.

I termini iniziali, però, potrebbero passare e quindi io ritiro il punto d) e il punto e) dell’emendamento lasciando la parte iniziale.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Questo emendamento – prendo atto della parziale autoriduzione – sicuramente garantisce una tempistica, il rispetto e dà evidenza compiuta anche ai doveri della amministrazione.

C’è il rischio che al di là della inclinazione o della pigrizia, della migliore o peggiore propensione, di fronte ad un numero di domande significativo ci possa essere un problema materiale di impossibilità, perché è una serie di attività complesse che, se si sommano in uno stesso periodo ,potrebbero comportare delle conseguenze sul piano della sostenibilità fisica.

Mi rendo conto di questa esigenza che condivido e capisco. Mi chiedo soltanto se non possa essere trovata qualche formula per rendere meno intransigente, senza violentare lo spirito della norma. Ma comunque una possibilità in caso di documentata ragione di forza maggiore per il grande volume delle attività. Ho paura che se non introduciamo un correttivo del genere, potremmo far fatica a trovare componenti di commissione. Anche la soluzione del commissario ad acta che sia un atto unilaterale di un assessore, ma se insomma non c’è la disponibilità della controparte, ho paura soltanto di possibili conseguenze sul piano della funzionalità.

Certo questa norma riduce l’area della patologia e quindi per questo sono favorevole. Forse un piccolo aggiustamento di contemperamento consentirebbe di evitare un rischio di altra natura.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.

Demetrio BATTAGLIA

Presidente, diciamo che la norma ha proprio il compito di evitare di accumulare pratiche per evitare che poi ci sia qualcuno che decida chi e quale pratica smistare e definire. Tanto è vero che nell’emendamento è previsto che il termine di 60 giorni decorre salvo carenze documentali necessarie.

Nel senso che se la pratica è completa, ho difficoltà ad immaginare l’ingorgo che si possa creare. Potremmo però anche alzare il termine massimo a 90 giorni. Chiaramente, un cittadino o comunque un imprenditore non può aspettare anni e quindi da questo punto di vista uno sforzo può essere questo.

Se poi c’è un’Asl che ha difficoltà di evidenza, visto che siamo una Regione che ha la capacità di attrezzarsi su tutto, non riesco a capire quando la pratica è completa – come dice l’emendamento – il perché entro 90 giorni…

Se poi si vuol introdurre qualche altro correttivo,  la mia non è una posizione vessatoria nei confronti dei funzionari dell’Asl o di eventuali consulenti esterni nominati.

Mi pare che l’articolo 8 dà questa ipotetica… dice: stabilisce i criteri la Giunta… poi teoricamente potrebbe…

(Interruzione)

Però abbiamo affidato alla Giunta in sede di regolamento,  non è stata eliminata.

Voglio dire che non mi scandalizzo se c’è una necessità, in questa Regione, se c’è una effettiva necessità e si usa un consulente esterno per smaltire le pratiche non è uno scandalo. Lo scandalo è quando si usano consulenti che non sanno come maneggiare le pratiche e portare dei risultati a casa.

Io sono disponibile ad ulteriori correttivi, a ritirarlo no.

PRESIDENTE

Mi sembra che il proponente stesso ritiri le lettere d) ed e) della propria proposta.

Poi il termine <<massimo 60 giorni>> diventa <<massimo 90 giorni>> e quindi è una cosa media… infine nessuno si è pronunciato sulla osservazione che presentava l’onorevole Galati. Lei l’accoglie? La deve sentire anche l’assessore per vedere qual era…

Ma io non sto dicendo…

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

rinunciabile, non è che uno se trova una persona può obbligarla a fare il commissario ad acta, c’è sempre una accettazione di un incarico, non è una nomina imperiale, deve essere accettata, il rischio è che non si trovi il commissario ad acta.

Io non ho tanta paura del termine di 60 giorni, lo lascerei anche a 60 senza estenderlo a 90, ma l’unico problema è che se poi c’è una situazione fisica comprovata… mettiamo 90? Va bene.

PRESIDENTE

Rispetto all’ultima osservazione che ha fatto lei, assessore, siccome nel momento in cui lo nomina quello può non accettare, se lei non ritiene che l’osservazione che faceva poco fa l’onorevole Galati e che assumeva anche il relatore invece di far carico solo all’assessore al ramo…,  se lei vuole, per noi va benissimo, di far riferimento alla Giunta in maniera che sia a margine… ecc.., lei che opinione ha rispetto a questo?

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

…per la categoria anche futura di assessori alla sanità della Regione Calabria. Penso che queste nomine qui siano di livello talmente modesto che non c’è bisogno…

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’emendamento 4080.

(E’ approvato)

Al comma 6 dell’articolo 7 è stato presentato emendamento 4103 a firma Stancato che è ritirato.

Pongo in votazione il comma 6 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

L’emendamento 4087 è decaduto.

Pongo in votazione il comma 7 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 8 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

L’emendamento 4088, al comma 9, è decaduto; viene ritirato anche l’emendamento 4104 a firma Stancato.

L’onorevole Stancato ha presentato, inoltre, emendamento protocollo 4105 che così recita: “All’art. 7, comma 9, va tolta la frase finale <<fermo restando che il termine per il possesso dei requisiti minimi da parte delle strutture private accreditate è fissato alla data di approvazione della presente legge”.

(Interruzione)

L’assessore dice che è ricompreso nel chiarimento…

Pongo in votazione il comma 9 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 10 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 11 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 12 dell’articolo 7.

(E’ approvato)

Al comma 13 dell’articolo 7 è stato presentato emendamento, protocollo 4072 a firma del consigliere Borrello che così recita: “dopo la parola <<stabilito>> si aggiungono le parole <<con l’approvazione del nuovo piano sanitario>> e le parole <<entro>> fino a <<legge>> sono abrogate”.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Borrello. Ne ha facoltà.

Antonio BORRELLO

Presidente, siccome i posti letto che sono da determinare, a mio giudizio, rientrano in un ambito di programmazione, credo sia opportuno che il regolamento la Giunta lo adotti a seguito della approvazione del Piano sanitario. Tutto qua.

PRESIDENTE

I pareri del relatore e della Giunta sono favorevoli.

Pongo in votazione l’emendamento protocollo 4072.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 13 dell’articolo 7 per come emendato.

(E’ approvato)

Pongo in votazione l’articolo 7 nel suo complesso per come emendato.

(E’ approvato)

All’articolo 8 è ritirato l’emendamento protocollo 4109. E’ decaduto l’emendamento 4089.

Al comma 1 dell’articolo 8 è stato presentato emendamento protocollo 4073 a firma dell’onorevole Borrello che così recita: “Dopo le parole <<Giunta regionale>> si aggiungono le parole <<e previo parere della Commissione consiliare permanente>>. Dopo il comma 1 si aggiunge il seguente comma 2 <<l’elenco delle autorizzazioni e degli accreditamenti concessi e negati è pubblicato sul sito Internet della Giunta regionale a cura del dipartimento della salute>>”.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Borrello. Ne ha facoltà.

Antonio BORRELLO

Si tratta del parere della Commissione da esprimersi nei 15 giorni, e questo si pone come sub-emendamento rispetto al discorso che abbiamo fatto prima; poi c’è il comma 2, Presidente,

Per un obiettivo che riguarda ragioni di trasparenza credo sia opportuno che l’elenco delle autorizzazioni agli accreditamenti, sia quelli concessi che quelli negati vengano pubblicati sul sito del dipartimento salute della Giunta regionale.

E’ giusto che si sappia anche quali sono le strutture che in termine di regime, di accreditamento e di autorizzazione vigono in Regione. Penso sia solo un fatto di trasparenza e nient’altro.

PRESIDENTE

Ricapitolo. Praticamente ci sono tre emendamenti, l’emendamento Borrello protocollo 4073 di cui ho dato lettura. L’emendamento Stancato 4055 che così recita: “Art. 8 – alla fine aggiungere <<da sottoporre all’esame della Commissione competente>>” e l’emendamento Pasquale Tripodi protocollo 4066 che recita: “Dopo la parola <<Regolamento>> aggiungere le seguenti <<da trasmettere alla Commissione regionale competente>>”.

Questi emendamenti con diverse parole dicono la stessa cosa.

Di norma abbiamo questi emendamenti - con il meccanismo dei 15 giorni – sempre assunti e questo è un aspetto. Poi c’è l’altra questione. Quindi io li pongo in votazione in maniera separata.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Sono della stessa natura i tre emendamenti per quanto riguarda il comma 1, sono identici e quindi possiamo approvarli con quella formula dei 15 giorni.

Se poi vogliamo garantire la successione dell’approvazione ecc., il comma 2 lo dobbiamo vedere dopo.

(Interruzione)

PRESIDENTE

Pongo in votazione i tre emendamenti unificati protocollo 4073 a firma Borrello, 4055 a firma Stancato e 4066 a firma Pasquale Tripodi con i 15 giorni.

(Sono approvati)

Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 8 per come emendato.

(E’ approvato)

Dobbiamo adesso discutere quello che ha posto lei, il comma 2?

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Parere favorevole.

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’articolo 8 per come emendato.

(E’ approvato)

Si passa all’articolo 9.

All’articolo 9 comma 1 è stato proposto emendamento protocollo 4125 a firma Adamo, Amato che così recita: “Alla fine del comma aggiungere <<; conseguentemente a partire dal 1° gennaio 2009 la Giunta regionale effettua il riparto delle risorse finanziarie direttamente tra le sole aziende sanitarie>>”.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.

(Interruzione)

Si illustra da sé? Va bene.

I pareri del relatore e della Giunta sono favorevoli.

Pongo in votazione l’emendamento.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 9 per come emendato.

(E’ approvato)

L’emendamento protocollo 4109 è decaduto.

All’articolo 9 comma 1, è stato proposto emendamento protocollo 4074 a firma del consigliere Borrello che così recita: “Le parole <<31 dicembre>> sono sostituite cono le parole <<31 ottobre>>. Al terzo comma le parole <<30 aprile>> sono sostituite con le parole <<31 gennaio>>”.

È un coordinamento formale questo?

Prego, onorevole Borrello.

Antonio BORRELLO

Presidente, per la verità questa era una richiesta, poi ho anche discusso poco fa con l’assessore, perché era un tentativo di ricondurre in tempi più anticipati la stipula dei contratti per fatti legati ad una dinamica compatibile con l’annualità, perché il 30 aprile mi è sembrato fosse una data un po’ distante…

Ma mi è stato spiegato che ci sono problemi di contabilità e di sapere e di conoscere le sigle, per cui è impossibile purtroppo questo mio emendamento che ritiro con una raccomandazione – se è possibile – alla Giunta e all’assessore, di vedere se eventualmente ci sono condizioni più praticabili rispetto alla anticipazione dei tempi perché è sempre più auspicabile che queste strutture abbiano tempi più compatibili con l’annualità, con l’esercizio della stesura dei contratti.

Ripeto: sia perché si possa sapere per tempo qual è l’ammontare complessivo ma soprattutto per evitare che questi contratti dal 30 aprile diventino 30 giugno o 30 luglio, che finisca l’anno e si facciano – come purtroppo fin qui è successo – in tempi ormai superati. Grazie. E’ ritirato l’emendamento, Presidente.

PRESIDENTE

Prego, assessore.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Solo per far presente all’onorevole Borrello che quest’anno il contratto tipo verrà approvato nella prossima seduta di Giunta. Contiamo di far firmare i contratti entro il mese di luglio. Il che è già un grande successo perché l’anno scorso i contratti sono stati firmati a fine anno. Quindi quest’anno anticipiamo di almeno 4-5 mesi dimezzando in sostanza i ritardi.

(Interruzione)

Lo so…

PRESIDENTE

Allora il comma 1, l’abbiamo votato.

Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 9.

(E’ approvato)

Al comma 3, è stato presentato emendamento protocollo 4129 a firma del consigliere Borrello che così recita: “All’articolo 9, dopo il comma 3 si aggiunge il seguente comma <<4. Il volume delle prestazioni da erogare a seguito degli accordi contrattuali sono pubblicati sul sito della Regione a cura del dipartimento della salute>>”.

Prego, onorevole Borrello.

Antonio BORRELLO

Diciamo che l’emendamento in qualche maniera rispecchia e riprende quello di prima. Solo che qui, anziché oltre alla pubblicazione degli accreditamenti e delle autorizzazioni chiedo vada anche pubblicato non l’ammontare complessivo ma, almeno, le prestazioni che vengono acquistate dalle strutture accreditate. Il volume delle prestazioni, non le risorse. Sempre per quel famoso criterio, il principio della trasparenza. Cioè sapere – in sostanza – cosa acquistiamo anno per anno.

PRESIDENTE

Pongo in votazione il comma 3 dell’articolo 9.

(E’ approvato)

Col parere favorevole, quale comma aggiuntivo, pongo in votazione l’emendamento 4129.

(E’ approvato)

L’emendamento successivo protocollo 4091 è decaduto.

L’onorevole Battaglia ha presentato emendamento protocollo 4081 che così recita: “All’art. 9 si aggiunge il seguente comma 4: <<gli accordi ed i contratti non possono essere stipulati e devono essere sospesi nei confronti di:

a)                  coloro che hanno riportato condanna anche non definitiva per i delitti previsti dagli artt. 416 bis e 416 ter del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 o per un delitto di cui all’art. 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze o per un delitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, l’uso o il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;

b)                  coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli artt. 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 316-ter (indebita percezioni di erogazioni a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d’ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai dovere di ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale, 640 comma II (truffa aggravata), 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche);

c)                  coloro che hanno riportato condanna anche non definitiva alla pena della reclusione superiore ad anni 4, con esclusione dei reati colposi;

d)                  coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva per delitti colposi commessi nell’esercizio dell’attività socio-sanitaria disciplinata dalla presente legge;

e)                  coloro nei confronti dei quali sia stata applicata una misura di prevenzione personale con decreto di primo grado in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’art. 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni;

f)                    il dirigente generale del dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie adotta il provvedimento di sospensione con modalità e tempi idonei a garantire la continuità dell’assistenza ai ricoverati e, comunque entro 90 giorni dalla pronuncia dei provvedimenti sopra menzionati;

g)                  la sospensione opera nei confronti delle persone giuridiche nel caso di condanne non definitive intervenute nei confronti di azionisti, titolari di quote, legale rappresentante della società e/o amministratori>>”.

Questo emendamento, onorevole Battaglia, mi sembra uguale a quello che abbiamo già approvato.

Demetrio BATTAGLIA

Non è uguale, Presidente, sia nella formulazione che per gli effetti. Si incastra col precedente emendamento, però tende a regolare gli accordi ed i contratti, nel senso che dice che non possono essere stipulati e devono anche essere sospesi, i contratti per coloro i quali hanno riportato – quindi sospesi i contratti non l’autorizzazione – delle sentenze di condanna in primo grado per una serie di reati che sono diversi rispetto a quelli indicati nell’emendamento di prima e che sono i reati più gravi.

Inoltre, questo emendamento prevede la possibilità intanto in presenza di persone giuridiche di eliminare la causa di sospensione dando un tempo di 90 giorni per cessare dalle funzioni, nel senso che viene condannato un amministratore di una società.

La società non decade, non viene sospeso automaticamente il contratto ma viene data la possibilità - è un termine di 90 giorni che ho ritenuto congruo ma possiamo discutere su questo – che venga eliminata la causa. Come? Se un amministratore viene rimosso, se il rappresentante legale viene rimosso, se un azionista cede le sue quote. Inoltre, per evitare problemi per quanto concerne la presenza in strutture di ammalati viene dato un ulteriore termine al direttore generale del dipartimento di procedere con le cautele del caso e con i tempi previsti per far cessare i contratti.

Quindi ha una funzione diversa. Io ho aggiunto un ulteriore…

(Interruzione)

Ho aggiunto pure che comunque questa sospensione – per la verità questa norma l’ho mutuata dalla sospensione che regola i dipendenti pubblici ed i rappresentanti elettivi – è per un periodo di 18 mesi entro il quale deve intervenire una eventuale sentenza di conferma. Decorso tale termine, cessa anche la sospensione.

Quindi è abbastanza garantista, non c’è nessuna intenzione di colpire o colpevolizzare nessuno. Anche qui possiamo introdurre la quota delle azioni come l’abbiamo introdotta nel precedente emendamento e tra l’altro noi diciamo prima queste cose in maniera che gli Statuti delle società che operano in regime di autorizzazione, ma in questo caso sottoposti a contratto, abbiano la possibilità di prevedere espressamente sia per gli azionisti che per gli amministratori le decadenze o la possibilità nei tempi e nei modi previsti dallo Statuto di recedere o di vendere dalle quote azionarie.

PRESIDENTE

Vorrei sottolineare che all’inizio, erroneamente, avevo solo parlato del 4081, ma l’onorevole Battaglia opportunamente ha sottolineato ed illustrato anche due sub-emendamenti al 4081 che sono l’emendamento 4126 che così recita “Al comma 4 dell’art. 9 si aggiunge la seguente lettera <<g. Se entro 90 giorni dalla condanna non sia cessata la partecipazione al capitale o il rapporto di amministrazione e/o rappresentanza della persona condannata>>” e l’emendamento 4127 che così recita: “All’art. 9, comma 4 si aggiunge <<h. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi 18 mesi. La cessazione non opera tuttavia se entro tale termine l’impugnazione in punto di responsabilità è rigettata anche con sentenza non definitiva. In quest’ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso l’ulteriore termine di 12 mesi dalla sentenza di rigetto di secondo grado>>”.

Pertanto la discussione ed il voto alla fine saranno  sul complesso.

Ha chiesto di parlare l’assessore Spaziante. Ne ha facoltà. ////

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

C’è un problema. Siccome questo è un sistema sanzionatorio complementare a quello di base che riguarda la giustizia penale anche per quanto riguarda la notifica delle condanne ecc., qui noi non abbiamo un regime di notifica.

Se prende la lettera f) si dice “il dirigente generale del dipartimento adotta….  entro 90 giorni dalla pronuncia dei provvedimenti”.

Allora siccome la magistratura non ha un obbligo di notifica nei nostri confronti il rischio, anzi la certezza è che noi non siamo in grado di sapere quando viene adottata con una sentenza definitiva. Quindi bisogna aggiungere che è dalla notifica da parte delle autorità competenti perché non abbiamo modo di conoscere le sentenze definitive di questa natura.

Questa cosa vale anche per l’articolo 5, quindi in sede di coordinamento potremmo mettere una norma che vale anche per l’altro articolo.

PRESIDENTE

C’è un parere favorevole che osserva su questo insieme di emendamento - sub-emendamento che tutto avviene dal momento…, cioè 90 giorni non dalla pronuncia, ma dalla notifica. Osservazione che diventa un ulteriore sub-emendamento che l’onorevole Battaglia accoglie.

Contemporaneamente questa osservazione che ha fatto rispetto a questo punto l’assessore Spaziante è simmetrica e vale anche rispetto alle norme equivalenti poste rispetto all’articolo 5. Quindi nel coordinamento formale si introduce questo elemento di chiarificazione sia rispetto all’articolo 9 che all’articolo 5. Chiaro?

(Interruzione)

Quello è un tutt’uno. Sono due sub-emendamenti. L’assessore è d’accordo ed osserva che queste sanzioni, queste disposizioni sanzionatorie valgono non dal momento della pronuncia ma a 90 giorni dalla notifica.

Nel momento in cui introduce questo sub-emendamento rispetto all’emendamento Battaglia ricordo a tutti noi che la stessa cosa va introdotta pure per i provvedimenti di tipo sanzionatorio che riguardavano l’articolo 5 già votato. E si raccomanda, viene assunto e votiamo anche questo, un coordinamento formale che riguardi anche il l’articolo 5.

L’onorevole Battaglia accoglie queste osservazioni?

Demetrio BATTAGLIA

Sì, io non solo accolgo queste indicazioni per quanto riguarda la notifica ma aggiungo che in virtù del sub-emendamento che prevede la possibilità di 90 giorni per eliminare per la persona giuridica la causa di incompatibilità, il termine di 90 giorni per il dirigente generale lo porterei a 120.

(Interruzione)

Ci sono 90 giorni per eliminare e quindi 120 giorni da quando si ha la notifica perché a quel punto, chiaramente, il dirigente generale che non conosce il provvedimento non può avere responsabilità. E’ un fatto normale così come quanto diceva nell’emendamento precedente l’onorevole Tripodi… cioè di valutare in sede di coordinamento formale qualche piccolo reato che magari così da una prima lettura si potrebbe anche eliminare… non ci sono problemi fermo restando l’impianto, il complesso della norma che va a colpire tutta una serie di reati di grave allarme sociale.

PRESIDENTE

Con questo coordinamento formale super, pongo in votazione l’emendamento e i sub-emendamenti Battaglia.

(Sono approvati)

Non ho ulteriori emendamenti all’articolo 9. Pongo in votazione l’articolo 9 per come emendato.

(Interruzione)

Quello non era rinviato ma faceva riferimento all’articolo 9. L’avevamo approvato non rinviato al 9. Il 9 veniva assunto. Poi io mi fermo, lei osservi se ha osservazioni da fare, l’onorevole Adamo è lì ed ha la bontà di ascoltarla.

Però ricordo bene che l’onorevole Adamo faceva riferimento all’articolo 9 così com’era.

Pongo in votazione l’articolo 9 per come emendato.

(E’ approvato)

All’articolo 10 sono stati emendamenti che non leggo bene…

(Interruzione)

Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 10.

(E’ approvato)

Ai commi 2, 3, 5 e 6 sono stati presentati emendamenti protocollo 4075 a firma del consigliere Borrello.

L’emendamento al comma 2, così recita: “Comma 2 le parole <<occorrenti>> sono sostituite con le parole <<almeno mensilmente>>.

Prego, onorevole Borrello.

Antonio BORRELLO

Presidente, l’emendamento è finalizzato a concretizzare forse in maniera un po’ stringente la questione delle attività ispettive. Forse nell’emendamento la parola “mensilmente” è un po’ eccessiva eventualmente possiamo fare “bimestrale” o “trimestrale” ma comunque non “occorrenti attività” perché mi sembra un po’ generico.

Parliamo di attività ispettive e allora che ci sia una sistematicità in qualche maniera che può ricondursi temporalmente anche ai tre mesi, non ho problemi, ma che si sappia che questi…

(Interruzione)

PRESIDENTE

Una parte di questi emendamenti successivamente sono anche dell’onorevole Tripodi Pasquale che ha presentato emendamento 4065…

Antonio BORRELLO

…il parere della Commissione, Presidente

PRESIDENTE

Ovviamente quelli li unifichiamo.

Antonio BORRELLO

Sì, ma siamo ancora al comma 2.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

…ciclicità delle verifiche. Siccome si tratta di 700 strutture che devono essere controllate dalle stesse Commissioni alle quali abbiamo dato pure il termine di fare gli accreditamenti e le verifiche. Allora 700…

Antonio BORRELLO

L’attività ispettiva… se succede un fatto e allora va fatta. Ma come fatto di routine… a campione…

(Interruzione)

Lo aggiungiamo come sub-emendamento lo possiamo aggiungere…

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Mettiamo sulla base di programmi…

Antonio BORRELLO

L’importante è che ci sia l’idea che questa attività ispettiva in un certo arco temporale vada fatta. Poi la forma, assessore la possiamo condividere tranquillamente non ho problemi.

PRESIDENTE

Allora il coordinamento formale è al comma 2 dell’articolo 10.

Allora pongo in votazione per parti separate? Ci sono altri emendamenti ai commi 3, 5 e 6. Siccome si è raggiunta una intesa col sub-emendamento sul comma 2 lo pongo in votazione.

(E’ approvato)

Adesso al comma 3 dell’articolo 10 sempre stesso protocollo 4075 a firma Borrello è stato presentato emendamento che così recita: “Dopo la parola <<accreditamento>> si aggiungono le parole <<o anomalie gestionali in violazione degli accordi contrattuali>>.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Parere favorevole.

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’emendamento col parere favorevole della Giunta.

(E’ approvato)

Poi al comma 5 dell’articolo 10 sono stati presentati emendamenti da parte dell’onorevole Borrello e dell’onorevole Pasquale Tripodi.

L’emendamento Borrello, protocollo 4075, recita: “Dopo le parole <<presente legge>> si aggiungono le parole <<e previo parere vincolante della Commissione consiliare permanente>>; le parole <<composta da tre esperti di riconosciuta esperienza e professionalità>> sono abrogate; dopo le parole da <<le modalità>> a <<componenti>> sono sostituite con le parole <<composizione, modalità di nomina e di funzionamento nonché i compensi>>”.

L’emendamento Tripodi Pasquale numero 4065 recita: “Al comma 5, dopo la parola <<regolamento>> aggiungere le seguenti <<e previo parere vincolante della Commissione regionale competente>> e dopo le parole <<esperienza e professionalità>> aggiungere <<e previo avviso pubblico>>”.

Antonio BORRELLO

Presidente, al comma 5, una è la questione, del parere della Commissione sempre legata ai 15 giorni e poi per quanto riguarda l’autorità regionale io mi sono permesso di presentare questo emendamento perché vorrei dare la possibilità alla Giunta, in sede regolamentare, di tentare in qualche maniera di disciplinare, di articolare un po’ meglio anche la composizione stessa dell’autorità di vigilanza che, secondo me, non necessariamente deve essere precostituita sul numero dei tre esperti, perché potrebbe anche emergere una esigenza in sede di redazione dello strumento regolamentare che abbia necessità questa Autorità di vigilanza di avere un minimo di struttura burocratica dentro il quadro, sempre, di riferimento regionale, comunque non andando fuori.

Quindi rinviare al Regolamento, cioè stabilire che si fa l’Autorità, ma demandare al Regolamento funzioni, compiti, struttura e tutto quello che serve per dare la possibilità alla Giunta di valutare meglio la necessità – visto che parliamo anche di un’autorità che si occupa di attività ispettiva – di organizzarla nel miglior modo possibile con i tempi giusti che vengono richiesti da parte della Giunta regionale.

(Interruzione)

Lo sto illustrando non lo sto ritirando.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Galati. Ne ha facoltà.

Francesco GALATI

Se resta vincolante il parere, perché altrove…

Antonio BORRELLO

No, la parola “vincolante” si può anche ritirare, non ci sono problemi.

Francesco GALATI

Dico che non è il caso…

(Interruzione)

Benissimo. Poi un’altra cosa che volevo osservare “composto da tre esperti di riconosciuta esperienza e professionalità”. Vogliamo togliere…

(Interruzione)

…“di riconosciuta esperienza e professionalità” lasciamo solo “tre esperti” vorrei chiedere… o lo togliamo del tutto?

Antonio BORRELLO

Non mi sono spiegato. Ripeto brevemente quel che ho detto prima nella illustrazione.

Il problema non è tanto se gli esperti devono essere due-tre o quattro. Ma il punto è di dare la possibilità alla Giunta in sede regolamentare di individuare dei meccanismi che sul piano strategico istituiscano l’autorità che non necessariamente deve essere composta da tre esperti. Ma ci può essere l’esigenza di…

Francesco GALATI

Su questo sono d’accordo ma l’esperienza e la professionalità ci vuole…

Antonio BORRELLO

Ma questo lo scriviamo poi nel Regolamento non voglio eliminare l’esperienza e la professionalità.

Francesco GALATI

Ma l’emendamento è fatto in questo senso…

Antonio BORRELLO

La proposta demanda al Regolamento la individuazione di numero, compiti, funzioni e competenze.

PRESIDENTE

Capisco che siamo stanchi a quest’ora ma uno alla volta, solo questo.

Antonio BORRELLO

Anziché scrivere in legge che ci sono i tre esperti, io dico: la Giunta regionale in sede regolamentare definisce compiutamente numero, compiti, funzioni, attività e quant’altro. Ecco stabilire che serve l’autorità per la vigilanza. La composizione: funzioni, numeri e quanti devono essere i soggetti che vanno a costituire l’autorità la demandiamo al Regolamento che tanto viene in Commissione per il parere.

Francesco GALATI

Ho capito e va bene così. Ma l’emendamento recita così: le parole “composta da 3 esperti di riconosciuta esperienza e professionalità” sono abrogate.

Antonio BORRELLO

Per me il Regolamento è chiaro.

Francesco GALATI

…i 3, i 4 o i 5 lo demandiamo al Regolamento dici tu?

Antonio BORRELLO

Sì.

Francesco GALATI

Per me va bene così…

Antonio BORRELLO

Stabiliamo, cioè, che ci vuole l’autorità.

Francesco GALATI

Io direi di lasciare “esperienza e professionalità”…

Antonio BORRELLO

Ma lo scriviamo nel provvedimento, onorevole Galati, non ci sono problemi.

Francesco GALATI

Allora questo lo ritiriamo?

Antonio BORRELLO

Qui diciamo che ci serve l’autorità e in sede regolamentare individuiamo le funzioni, le competenze, le esperienze e le qualità professionali.

Francesco GALATI

Perfetto.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Pasquale Tripodi. Ne ha facoltà.

Pasquale Maria TRIPODI

Presidente, intervengo sull’ultima discussione che c’è stata visto che gli altri due emendamenti da me presentati sono assorbiti anche dall’emendamento Borrello.

Non ho niente in contrario se si decide di ritirare per lo meno la dicitura “esperienza e professionalità”, ma ritengo che qualsiasi nomina che debba fare la Giunta che sia esterna al personale dell’amministrazione regionale in ogni caso debba essere effettuata previo un avviso pubblico, Presidente.

(Interruzione)

Non implica niente la discussione con Borrello. Se la Giunta ritiene a livello di regolamento di dover accedere a quella che è la professionalità esterna alla Regione Calabria, nulla osta. Ma una possibilità di dare anche alla Giunta, per una questione di trasparenza, di fare un avviso pubblico io ritengo sia forse la migliore cosa che possiamo fare.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Con la proposta di emendamento del comma 5 nei termini in cui l’onorevole Borrello l’ha riproposta, ovviamente rimandando ad un Regolamento la determinazione dei criteri che dovranno presiedere alla nomina dei componenti di questa autorità, di fatto viene superato, l’emendamento dell’onorevole Tripodi.

Devo dire anche però che non ci sono autorità…, insomma l’autorità per la tutela della concorrenza del mercato. Non è che i membri sono scelti sulla base di un avviso pubblico. Nemmeno quella per la Consob, nemmeno quella per l’autorità che si occupava dell’Antitrust… sono delle autorità nelle quali ci deve essere un rapporto anche…, ovviamente nei criteri si richiederà un requisito obiettivo. Poi ovviamente l’intuitus personae

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’emendamento.

(E’ approvato)

Così come emendato pongo ai voti il comma 2 dell’articolo 10.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 3 dell’articolo 10.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 4 dell’articolo 10.

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 5 dell’articolo 10.

(E’ approvato)

Del comma 6 ne abbiamo parlato. Ricordo che l’emendamento 4075 a firma Borrello così recita: “Dopo le parole <<Giunta regionale>> si aggiungono le parole <<che provvede alla trasmissione al Consiglio regionale>>”.

L’emendamento 4065 a firma Pasquale Tripodi così recita: “Al comma 6 dopo le parole <<Giunta regionale>> aggiungere le seguenti<<che provvede alla trasmissione alla Commissione regionale competente>>”.

Pongo in votazione l’emendamento unificato

(E’ approvato)

Pongo in votazione il comma 6 dell’articolo 10 come emendato.

(E’ approvato)

Pongo in votazione l’articolo 10 nel suo complesso.

(E’ approvato)

All’articolo 11 è stato presentato emendamento 4082 a firma del consigliere Vilasi che così recita: “Non abrogare la lettera c) del comma 2) dell’art. 15 della legge regionale 26.6.2003, n. 8 che così recita <<il trasferimento, l’ampliamento dei servizi finalizzato a miglioramenti strutturali e tecnologici e la fusione di più soggetti già accreditati sempre che permanga il possesso dei requisiti previsti dalle vigenti disposizioni previa attestazione di carenza da parte dell’Asl competente senza che ciò comporti oneri aggiuntivi per la Regione o ulteriori o nuovi accreditamenti”.

L’emendamento viene illustrato dall’onorevole Pietro Aiello.

Pietro AIELLO

Presidente, questo emendamento cerca, praticamente, di salvare nelle condizioni di difficoltà i piccoli laboratori. Mi riferisco ad un accordo che c’è stato a livello di Federlab Italia dove eventuali esuberi di strutture rispetto alla programmazione del fabbisogno può fare in modo che si costituiscano delle aggregazioni stabili societarie-consultive tra strutture sempre accreditate. Questo può rappresentare una uscita di sicurezza dove le piccole strutture non abbiano la possibilità di acquisire o mantenere i requisiti minimi ed ulteriori per l’accreditamento.

Questo emendamento tende a risolvere la situazione facendo in modo che non venga abrogata la lettera c), dell’articolo 15, comma 2, della legge regionale 26.6.2003, numero 8.

PRESIDENTE

Questo emendamento è stato presentato dall’onorevole Vilasi, illustrato dall’onorevole Aiello e ha il sostegno dell’onorevole Galati…

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Presidente, ho spiegato prima qualche ora fa al proponente che questo emendamento è superato da una previsione che è stata inserita in Commissione di più ampia portata e ovviamente comprensiva anche di questa fattispecie specifica. E’ stato previsto non solo il trasferimento ma anche la trasformazione che è un concetto il più ampio e comprensivo che uno possa immaginare.

Le ulteriori condizioni di questo emendamento sono comprese già nel testo di questa norma che abbiamo inserito di portata molto più generale.

(Interruzione)

Non può essere. Una cosa è il trasferimento delle… è stata eliminata in Commissione una norma che consentiva il trasferimento fisico…

Pietro AIELLO

Assessore, cortesemente, posso richiamare un attimo la sua attenzione…

PRESIDENTE

Do la parola all’onorevole Aiello che interviene per conto dell’onorevole Vilasi.

Pietro AIELLO

Assessore, le chiedo scusa. Se ci soffermiamo un attimo sul punto c) del comma 2 dell’articolo 15: “il trasferimento, l’ampliamento dei servizi finalizzato a miglioramenti strutturali e tecnologici e la fusione di più soggetti già accreditati sempre che permanga il possesso dei requisiti previsti dalle vigenti disposizioni previa attestazione di carenza da parte dell’Asl competente senza che ciò comporti oneri aggiuntivi per la Regione o ulteriori o nuovi accreditamenti”, insomma mi pare che sia una cosa quanto meno banale, non ci vedo niente di trascendentale, niente di eccezionale mi sembra.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Premesso che non so a cosa si riferisce la lettera c), comma 2 dell’articolo 15 della legge 8… questa non è una frase compiuta ma è soltanto una estrapolazione di un elenco perché è una fattispecie oggettiva non è una frase…

Pietro AIELLO

E’ un articolo, l’articolo 15 della legge 2. Gliela porta l’onorevole Vilasi.

Noi chiediamo che non venga abrogata questa lettera c), comma 2 dell’articolo 15…

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Ma la lettera c) è retta da un comma…

Pietro AIELLO

Da un contesto, ma le ho mandato l’articolo assessore

(Interruzione)

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Ma la fusione è…

Francesco GALATI

Assessore posso fare una proposta per superare questo momento?

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Galati. Ne ha facoltà.

Francesco GALATI

All’articolo 5, dove giustamente lei dice che c’è una previsione molto più ampia si potrebbe aggiungere dopo “trasformazione societaria” la parola “fusione di soggetti”. Cioè la parola “fusione” che non è contemplata in questo articolo. Così la superiamo aggiungendo questa parola.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

La parola “fusione” è una categoria della trasformazione perché per forza fondendo due soggetti si trasformano entrambi ma nessuno mantiene la propria identità. Quindi la fusione porta per forza ad una trasformazione, quindi…

Francesco GALATI

Sono cose diverse assessore. La trasformazione la faccio io singolarmente. La fusione se siamo tre o quattro persone e ci vogliamo fondere è un altro discorso.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

In questo senso il parere è favorevole, e lo aggiungiamo dove c’è scritto “la trasformazione” anche attraverso fusione…

(Interruzione)

Gesuele VILASI

Fusione di più soggetti assessore…

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Scusate, ma la fusione può essere di un solo soggetto?

Gesuele VILASI

Soggetti accreditati allora, precisiamo.

Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie

Ma tanto è una procedura di accreditamento nuovo…

PRESIDENTE

Allora coordinamento formale all’articolo 5. Su questa base viene ritirato l’emendamento. Pongo in votazione allora l’articolo 11 del testo di legge.

(Interruzione)

Sì, l’ho detto. Coordinamento formale con quell’aggiunta.

Prego.

Francesco GALATI

Dopo le parole “trasformazione societaria” aggiungere “o di fusione di soggetti”.

PRESIDENTE

Va bene assessore e relatore? Allora con coordinamento formale e con la sottolineatura che facevo io per ultimo.

Pongo in votazione l’articolo 11.

(E’ approvato)

Pongo in votazione l’articolo 12.

(E’ approvato)

Non essendoci più emendamenti pongo in votazione la legge nel suo complesso per come approvata.

(Interruzione)

Per dichiarazione di voto, ha chiesto di parlare l’onorevole Pasquale Tripodi. Ne ha facoltà.

Pasquale Maria TRIPODI

Volevo precisare che esprimo parere favorevole alla legge solamente come un’apertura di credito all’assessore e alla Giunta perché penso che questo sia il primo mattone per la costruzione di una casa, di un percorso che deve essere poi corredato da altri atti che debbono essere consequenziali.

Siccome in Commissione tutti quanti ci siamo espressi alla unanimità anche sulla approvazione della legge, questa è la motivazione per cui io ritengo di dare il mio assenso e non sicuramente perché ne condivida l’impianto dal punto di vista della condivisione politica.

PRESIDENTE

Dopo la dichiarazione di voto dell’onorevole Tripodi Pasquale, pongo in votazione la legge nel suo complesso.

(Il Consiglio approva)

(E’ riportata in allegato)

Lo sforzo di questi giorni ha prodotto il risultato che la Commissione prima e l’Assemblea dopo dichiaravano di voler ottenere.

Sull’ordine dei lavori

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Serra. Ne ha facoltà.

Giulio SERRA

Presidente, c’è questo ordine del giorno riguardante l’incendio che ha subito l’azienda “Servizio ecologico Marchese Giosué” che si è verificato nel comune di Tarsia in cui <<il Consiglio regionale della Calabria chiede alla Giunta regionale di attivare ogni utile e necessaria iniziativa per ripristinare la funzionalità dell’azienda verificando anche la possibilità di favorire una rapida e tempestiva riscossione dei crediti che la stessa azienda ha maturato nell’ambito delle attività determinate dalla gestione del ciclo dei rifiuti>>.

Per questa azienda in questa fase è compromesso tutto lo svolgimento delle attività connesse alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti per i territori ricadenti in numerosi comuni, circa 30 dove sono a rischio circa 69 posti di lavoro. Questo potrebbe generare una diffusa condizione di disagio sociale e degrado ambientale tale da paventare rischi di tenuta dei livelli di ordine pubblico.

Pertanto chiedo di votare questo documento per poter sensibilizzare la Giunta affinché questo possa essere recepito e discusso con una serie più approfondita di interventi.

Presidenza del Vicepresidente Antonio Borrello

PRESIDENTE

Se non ci sono interventi possiamo porre ai voti la richiesta di inserimento all’ordine del giorno.

(Il Consiglio approva)

Allora è inserito questo punto all’ordine del giorno in aggiunta all’elenco di cui siamo già in possesso.

Proposta di provvedimento amministrativo numero 283/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: “Piano triennale dei servizi di sviluppo agricolo 2008-2010” (articolo 67 del Regolamento)

PRESIDENTE

Si passa adesso al punto due dell’ordine del giorno che recita “Proposta di provvedimento amministrativo numero 283/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: <<Piano triennale dei servizi di sviluppo agricolo 2008-2010” (articolo 67 del Regolamento)>>.

La parola all’assessore Pirillo.

Mario PIRILLO, assessore all’agricoltura e forestazione 

Presidente, questo è il piano dei servizi di sviluppo agricolo che viene redatto in base alla legge regionale 19/99 ed ha valenza triennale 2008/2010.

Il programma subordina per la verità i pagamenti degli stipendi dei divulgatori agricoli che sono in carico all’Arssa. Per cui si rende necessaria la sua approvazione. Da qui la richiesta in base all’ex articolo 67 dello Statuto.

Il piano è ovviamente operativo e prevede la realizzazione di una serie di progetti di assistenza nei vari comparti agrumicolo, olivicolo, frutticolo, orticolo e zootecnico. Poi assistenza alle aziende agricole ed un programma di accompagnamento alla normativa dei finanziamenti, alla consulenza aziendale e al rispetto della condizionalità.

Un progetto per la valutazione e la qualità dei servizi offerti in agricoltura e la produzione di servizi divulgativi avanzati.

Poi con i centri sperimentali dimostrativi vengono realizzati progetti di filiera nel comparto frutticolo, per le biomasse, per le piante officinali, per la fragola, per la patata, per la vitivinicola, per la vivaistica forestale, per la cerealicola, la zootecnia e la filiera agrumicola.

Questi sono in estrema sintesi i compiti che sono previsti nel piano e che vengono realizzati poi dalla divulgazione sia attraverso i  Ceda  che attraverso i Csd.

Quindi chiedo al Consiglio regionale, agli onorevoli colleghi, di approvare questo provvedimento amministrativo. Grazie.

PRESIDENTE

Non ci sono interventi per discussione generale. Lo stesso assessore Pirillo ha presentato un emendamento che riguarda il punto 8.2 del piano alla pagina 39 e che così recita:

“Nell’ambito del Programma operativo di divulgazione agricola alla pagina 39, il paragrafo 8.2 “Cedro della riviera dei Cedri è sostituito dal seguente:

<<8.2 – Cedro della “Riviera dei cedri”

Obiettivi

Riduzione dei costi di produzione; introduzione di processi di allevamento innovativi; aumento della redditività per ettaro; miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dell’imprenditore; supporto al riconosciuto Consorzio per la tutela e la valorizzazione del cedro di Calabria per l’acquisizione del marchio di protezione europea.

Descrizione dell’intervento

Con il presente intervento si vogliono acquisire tutti i dati relativi alla coltura del cedro al fine di supportare l’attività del riconosciuto Consorzio per la tutela e la valorizzazione del credo di Calabria per l’acquisizione del marchio di protezione europea, in particolare per quanto riguarda la redazione del disciplinare tecnico di produzione e l’elaborazione della cartografia tematica dedicata in quanto elaborati obbligatori per l’iter europeo.

Verrà introdotta e collaudata nelle cedriere una forma di allevamento innovativa (palmetta libera) valutandone la convenienza economica rispetto al sistema di allevamento tradizionale. Detta forma di allevamento è stata già introdotta in via sperimentale presso un campo dimostrativo sito nell’area individuata per l’istituzione del marchio di protezione europea. Si ritiene che l’adozione della forma di allevamento a palmetta libera possa contribuire ad abbattere i costi di produzione e a rendere meccanizzabile la maggior parte delle operazioni colturali. Inoltre, tale forma di allevamento permette l’accesso in campo anche durante il periodo invernale quando la pianta è protetta consentendo un più oculato controllo fitosanitario. Verrà proposto ai cedricoltori anche il sistema di copertura “a tutto campo” che si è rivelato molto funzionale.

Attraverso il continuo scambio con i tecnici della divulgazione agricola e quelli impegnati presso i Csd ove vengono svolte attualmente le prove sperimentali inerenti l’attività agrumicola (Csd Mirto, Locri, Gioia Tauro, Lamezia, Sibari) nonché con il supporto dei centri di Taratura e controllo delle macchine irroratrici, saranno acquisiti e divulgati i dati relativi al miglioramento dell’utilizzo delle risorse (acqua, suolo, fertilizzanti, ecc.) e sarà valutato il miglioramento delle condizioni di sicurezza alimentare e del benessere dell’operatore agricolo. Il programma sarà integrato dalla realizzazione presso le strutture vivaistiche autorizzate dell’Arssa di un campetto di piante madri, creando le basi per una attività vivaistica finalizzata alla preservazione della varietà locale più pregiata (Liscia di Diamante) e garantirne la sanità tramite i laboratori accreditati dell’Arssa.

Localizzazione dell’intervento

Alto Tirreno Cosentino, precisamente fascia costiera che delimita “La riviera dei cedri”.

Azioni divulgative

Gli obiettivi prefissati verranno raggiunti mediante un’attività sinergica sul territorio, caratterizzata dalle seguenti azioni divulgative:

organizzazione giornate divulgative;

visite guidate in aziende leader e centri sperimentali

attività di monitoraggio fitosanitario (agrometeo e fitopatologico)

realizzazione di schede tecniche sulla coltura;

realizzazione di un opuscolo divulgativo;

realizzazione cartografica tematica dedicata;

supporto al piano di marketing

Strutture di supporto

Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cedro di Calabria; Csd Arssa (laboratori, vivai, centri di taratura e controllo delle macchine irroratrici); Sitac Arssa di Reggio Calabria, Servizio agrometeorologico e agropedologico dell’Arssa; Cesa n. 1; Ceda n. 24.

Consulenze esterne

Istituto sperimentale per l’agrumicoltura di Acireale (CT), Università di Messina di Reggio Calabria (facoltà di agraria)

Beneficiari

Aziende agricole, singole ed associate; Cooperative agricole, associazione di produttori, consorzio per la tutela e la valorizzazione del cedro di Calabria>>”.

La parola all’assessore per la illustrazione.

Mario PIRILLO, assessore all’agricoltura e forestazione

Vi è stato uno sviluppo per quanto riguarda la coltivazione del cedro. E’ stato recentemente con legge regionale costituito il consorzio di tutela. C’è una organizzazione sul territorio che sta ovviamente crescendo e soprattutto si sta ampliando l’area di coltivazione del cedro.

Si stanno avviando una serie di iniziative per quanto riguarda la trasformazione e quindi c’è bisogno di una maggiore attenzione e soprattutto di un maggiore supporto da parte della divulgazione agricola in questo comparto.

Da qui la necessità di modificare il piano per quanto attiene questa coltura. Questa cosa ci è stata sottoposta dal consorzio di tutela che opera nell’area della coltivazione del cedro.

PRESIDENTE

Pongo in votazione l’emendamento.

(E’ approvato)

Nessuno chiede di parlare, pertanto pongo in votazione il piano nella sua interezza.

(Il Consiglio approva)

(E’ riportato in allegato)

Proposta di legge numero 181/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: “Disciplina organica delle politiche abitative in Calabria e riordino delle attività e degli enti operanti nel settore dell’edilizia residenziale pubblica” (articolo 67 Regolamento)

PRESIDENTE

Si passa al terzo punto all’ordine del giorno che così recita “Proposta di legge numero 181/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: <<Disciplina organica delle politiche abitative in Calabria e riordino delle attività e degli enti operanti nel settore dell’edilizia residenziale pubblica (articolo 67 Regolamento)>>”.

L’onorevole Pacenza, relatore, ha facoltà di svolgere la relazione.

Franco Mario PACENZA, relatore

Grazie, Presidente, per chiedere a lei e al Consiglio, poiché la quarta Commissione che è competente in materia ha già in itinere un lavoro ulteriore rispetto al testo giacente agli atti del Consiglio odierno, il rinvio dell’esame di questo argomento.

Lunedì è stata già convocata nuovamente la quarta Commissione che dovrebbe iniziare e concludere l’iter e dare la possibilità all’Aula di affrontare l’argomento così come definito dalla stessa Commissione. Siccome c’è anche un lavoro abbastanza complesso sul piano normativo e anche sulle innovazioni che sono intervenute rispetto al testo base della Giunta, per queste ragioni anche con l’assenso del Presidente della Commissione, onorevole Acri, che in questo momento è assente e con l’assenso dello stesso assessore, si chiede il rinvio di questo punto all’ordine del giorno.

Presidenza del Presidente Giuseppe Bova

PRESIDENTE

Quindi lei, onorevole Pacenza, ha parlato a nome suo, del Presidente e dell’assessore. Va bene allora non è necessario metterlo ai voti.

(Così resta stabilito)

Proposta di provvedimento amministrativo numero 300/8^, d’Ufficio, recante: “Elezione di un Vicepresidente del Consiglio regionale, in sostituzione del consigliere Roberto Occhiuto, dimissionario”

PRESIDENTE

Si passa al punto quattro all’ordine del giorno che così recita: “Proposta di provvedimento amministrativo numero 300/8^, d’Ufficio, recante: “Elezione di un Vicepresidente del Consiglio regionale, in sostituzione del consigliere Roberto Occhiuto, dimissionario”.

Ha chiesto di parlare l’onorevole Trematerra. Ne ha facoltà.

Michele TREMATERRA

Grazie, Presidente, per quanto riguarda il quarto punto all’ordine del giorno io sento la necessità di chiedere all’Assemblea la convocazione urgente della Conferenza dei capigruppo perché ritengo che alcune specifiche in merito a questo quarto punto debbano essere da me fatte per evitare che si possa venire a determinare uno squilibrio istituzionale.

Per questo chiedo che ci sia una seduta della Conferenza dei capigruppo urgente per poter avere la possibilità di rappresentare alcune istanze del mio partito. Grazie.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Abramo. Ne ha facoltà.

Sergio ABRAMO

Presidente, siamo contrari al rinvio perché abbiamo già discusso all’interno della minoranza e visto e considerato che è un ruolo che spetta alla minoranza, noi abbiamo già consumato tutti i passaggi e quindi vorremmo addivenire alla votazione stasera.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Cherubino. Ne ha facoltà.

Cosimo CHERUBINO

Presidente, solo per dire che sono d’accordo con l’amico Trematerra.

PRESIDENTE

Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.

Nicola ADAMO

Presidente, ero distratto e chiedo scusa ma mi pare che va da sé che giunti a quest’ora dei lavori e considerato il modo in cui abbiamo lavorato stasera alla richiesta di sospensione per la convocazione della Conferenza dei capigruppo, mi pare che si possa dire di sì.

PRESIDENTE

Non vi sono altri che intendono intervenire? Pongo in votazione la richiesta dell’onorevole Trematerra.

(Il Consiglio approva)

Allora è accolta la richiesta di riunire i gruppi immediatamente. Naturalmente i capigruppo. Quindi si sospende momentaneamente la seduta per la riunione dei capigruppo nella sala delle Commissioni.

La seduta sospesa alle 0,17 è ripresa alle 01,04

PRESIDENTE

La seduta riprende. Comunico all’Aula che su unanime richiesta dei gruppi si conclude a questo punto la seduta.

Ordine del giorno n 36 , a firma dei  consiglieri Nicola Adamo e Giulio Serra , : “Sull’incendio che ha distrutto completamente l’azienda di servizi ecologici di Marchese Giosuè”

PRESIDENTE

Prima di toglierla, come mi dice l’onorevole Serra, debbo porre ai voti, siccome alla unanimità è stato approvato l’inserimento, questo ordine del giorno.

(Il Consiglio approva)

(E’ riportato in allegato)

Su parere unanime di tutti i gruppi mi si è chiesto di considerare conclusa la seduta di stasera e di comunicare all’Aula che nella prossima seduta che sarà convocata a domicilio, al primo punto all’ordine del giorno vi sarà l’elezione del Vicepresidente e a seguire altri provvedimenti.

La seduta è tolta.

La seduta termina alla 01,06 dell’11 luglio 2008

Allegati

Congedi

Hanno chiesto congedo i consiglieri Lucà, Racco, Guagliardi, De Gaetano, Sarra, Dima.

(Sono concessi)

Annunzio di proposte di legge e loro assegnazione a Commissioni

E’ stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge di iniziativa della Giunta regionale:

“Copertura finanziaria delle spese sostenute dall’Aterp di Catanzaro per le attività svolte ai sensi della L.R. 30 agosto 1996, n. 27” (P.L. n. 309/8^)

E’ stata assegnata alla seconda Commissione consiliare - Bilancio, programmazione economica e attività produttive per il merito.

(Così resta stabilito)

Sono state presentate alla Presidenza, inoltre, le seguenti proposte di legge di iniziativa dei consiglieri:

Cherubino – “Sottoscrizione della quota di aumento del capitale sociale della Sorical Spa” (P.L. n. 310/8^)

E’ stata assegnata alla seconda Commissione consiliare - Bilancio, programmazione economica e attività produttive per il merito.

(Così resta stabilito)

Gentile, Adamo, Trematerra, Nucera, Galati, Abramo, Tallini, Guagliardi, Sarra, De Gaetano, Feraudo, Cherubino – “Affidamento all’azienda Calabria lavoro di servizi regionali” (311/8^)

E’ stata assegnata alla terza Commissione consiliare - Attività sociali, sanitarie, culturali e formative per il merito.

(Così resta stabilito)

Galati – “Attività di consulenza” (P.L. n. 312/8^)

E’ stata assegnata alla prima Commissione consiliare - Affari istituzionali e affari generali – per il merito ed alla seconda - Bilancio, programmazione economica e attività produttive – per il parere.

(Così resta stabilito)

Chiarella, Feraudo, Vilasi, Serra, Stillitani – “Delega alla Giunta regionale per la redazione dei testi unici in materia di attività produttive e lavoro” (P.L. n. 313/8^)

E’ assegnata alla prima Commissione consiliare - Affari istituzionali e affari generali.

(Così resta stabilito)

Richiesta parere

La Giunta regionale ha trasmesso per il parere della competente Commissione consiliare la deliberazione n. 451 del 7.07.2008 recante: “Legge regionale n. 27/85. Piano annuale degli interventi per il diritto allo studio. Anno 2008 – Modifica piano economico ed impegno di spesa – Cap. 3313101” (Parere n. 49/8^)

E’ assegnata alla terza Commissione consiliare - Attività sociali, sanitarie, culturali e formative per il merito.

(Così resta stabilito)

Costituzione di nuovo gruppo consiliare

Gli onorevoli Giovanni Nucera, Sergio Stancato e Pasquale Tripodi hanno costituito il gruppo consiliare denominato “Calabria popolare democratica” con decorrenza 30 giugno u.s., giusta nota acquisita al protocollo n. 3997 del 30 giugno 2008 del Settore Segreteria Assemblea.

L’Ufficio di Presidenza con propria deliberazione n. 74 del 7 luglio u.s. ha preso atto della costituzione del gruppo di che trattasi.

Interrogazioni a risposta scritta

Guagliardi. All’assessore al lavoro. Per sapere – premesso che:

in data 14 maggio 2007 nella qualità di Presidente del gruppo consiliare di Rifondazione comunista del Consiglio regionale il sottoscritto ha presentato l’interrogazione n. 166 tesa ad avviare iniziative istituzionali atte a riportare trasparenza nella gestione degli Lsu-Lpu del Comune di Santa Sofia d’Epiro nella quale era scritto in forma dettagliata che:

“in base alla legge n. 608 del 28.11.1996 e sue modifiche intervenute venivano presentati dall'amministrazione comunale di Santa Sofia d'Epiro (Cs) due progetti di lavori socialmente utili a sollievo della disoccupazione intellettuale e di lunga durata. Il primo progetto, che prevedeva l’utilizzo di quindici lavoratori per l’inserimento di persone portatrici di handicap nelle scuole materne e dell’obbligo, veniva parzialmente approvato dalla Commissione regionale per l’impiego di Reggio Calabria con verbale n. 354 del 17.07.1997 prevedendo, però, l’utilizzo di sole tre unità

1.                  Baffa Rita Maria, VI q.f.

2.                  Fabbricatore Antonia Francesca, VI q.f.

3.                  Godino Gennaro, V q.f.

Successivamente veniva proposto il secondo progetto che prevedeva la manutenzione ordinaria e straordinaria del bosco comunale sito nelle località Montagna e Serra di Zotto. Lo stesso, di durata di undici mesi, richiedeva l'utilizzazione di diciannove disoccupati di lunga durata, con le specifiche qualifiche di seguito riportate:

1.                  un istruttore direttivo responsabile con Laurea in Scienze Forestali, VIII Q.F.

2.                  due diplomati in Agraria, VI q.f.

3.                  sedici operai, III q.f.

i succitati progetti venivano siglati anche dalle organizzazioni sindacali in data 05.06.1997;

in seguito, il 10.06.1997, con delibera di Giunta comunale n. 198, veniva riapprovato il progetto originario, allo stato non portato a compimento a causa di insufficienza di fondi. I disoccupati di lungo termine individuati per detto progetto risultavano essere:

1.                  Azzinnari Angelo, dottore in scienze forestali, VIII q.f.

2.                  Miracco Maria Angela, diplomata in agraria, VI q.f.

3.                  Mazzuca Agostino, diplomato in agraria, VI q.f.

4.                  Baffa Anna, operaia, III q.f.

5.                  Baffa Franco, operaio, III q.f.

6.                  Basile Miracco Domenico, operaio, III q.f.

7.                  Bugliari Armenio Silvana, operaia, III q.f.

8.                  Buonofiglio Peppina, operaia, III q.f.

9.                  Cardillo Maria.. operaia, III q.f.

10.              Godino Rosa, operaia. III q.f..

11.              Marchianò Maria Antonietta, operaia, III q.f..

12.              Conte Angelo (successivamente sostituito da Miracco Domenico), operaia. III q.f.

13.              Ricioppo Giuseppe. operaio, III q.f.

14.              Scorza Elvira, operaia, III q.f..

15.              Fucile Lucia, operaia, III q.f.

16.              Groccia Franchina, operaia, III q.f.

successivamente, per problemi finanziari, le unità occupazionali del secondo progetto venivano ridotte da diciannove a quindici;

con delibera di Giunta comunale n. 101 del 12.12.2000 veniva integrato nel secondo progetto il sig. Sica Nicola, proveniente dal comune di Vaccarizzo Albanese (CS), il quale svolge mansioni rispondenti alla q.f. posseduta;

a partire dalla delibera di Giunta comunale n. 37 del 29.05.2001, si riscontra che nelle richieste di proroga dei progetti le mansioni determinate, in alcuni casi. non rispecchiano le q.f. iniziali, ciò senza l'assunzione di alcun atto amministrativo che prevedesse il declassamento delle mansioni dei lavoratori medesimi;

con delibera di Giunta comunale n. 1 del 10.01.2002 venivano modificate ulteriori mansioni che, anche queste. non rispecchiano le q.f. iniziali; né venivano proposte e/o deliberate variazioni delle mansioni che giustificassero ciò, provocando, di fatto, lo svolgimento di mansioni da parte di alcuni lavoratori non rispondenti alle rispettive q.f. (Basile Miracco Domenico, III q.f., svolge, tra l'altro. mansioni di VI q.f.; Godino Rosa, III q.f., svolge mansioni di VI q.f.; Marchianò Maria Antonietta, III q.f., svolge mansioni di VI q.f.).

con delibera di Giunta comunale n. 52 del 01.07.2005 veniva integrata, proveniente dal Comune di Bisignano (CS), la sig ra Trotta Silvana, che svolge mansioni competenti con la q.f., posseduta,

con delibera di Giunta comunale n. 55 del 1510712005 veniva integrato, proveniente dal Comune di Vaccarizzo Albanese, il sig. Murano Domenico, che svolge mansioni competenti con la q.f. posseduta;

con deliberazione di Giunta regionale n. 186 del 20.03.2006 veniva proposta l’integrazione oraria dei lavoratori stessi con la conseguenza che le ore aggiuntive (dieci settimanali a carico della Regione) venivano retribuite in base alla q.f. posseduta; si richiedeva, quindi, alle Amministrazioni comunali la presentazione di progetti per l'incremento del normale orario settimanale;

con delibera di Giunta comunale n. 41 del 03.05.2006 veniva approvato dal Comune di Santa Sofia d'Epiro ed inviato alla Regione l’obiettivo specifico dell'intervento con la definizione del piano finanziario, che prevedeva:

1.                  un declassamento di mansione da D3 a B1: Trotta Silvana

2.                  tre declassamenti di mansione da C1 a B1: Mazzuca Agostino. Miracco Maria Angela e Baffa Rita Maria

3.                  un declassamento di mansione da B3 a Bl: Godino Gennaro

4.                  una riconferma di mansione B1: Sica Nicola

5.                   undici progressioni di mansione da Al a Bl: Baffa Franco, Basile Miracco Domenico, Bugliari Armenia Silvana, Buonofiglio Peppina, Cardillo Maria, Godino Rosa, Marchianò Maria Antonietta, Miracco Domenico, Ricioppo Giuseppe, Scorza Elvira, Murano Domenica.

ciò avveniva senza alcuna precedente deliberazione di Giunta comunale che ponesse in essere queste variazioni, e senza alcuna concertazione con le organizzazioni sindacali;

con delibera di Giunta comunale n 57 del 22.08.2006 veniva rettificato tutto l'impianto del progetto presentato alla Regione, col ritorno dei lavoratori alla loro q.f. iniziale, dimostrando così la totale incapacità amministrativa nel compiere atti che venivano fatti e disfatti provocando danni economici a quei lavoratori che per mesi avevano svolto mansioni superiori senza la relativa adeguata remunerazione;Casella di testo: 3/4

con delibera di Giunta comunale n. 68 del 07.11.2006 venivano nuovamente ridefinite le mansioni senza previa concertazione con le parti sindacali:

1.             Basile Miracco Domenico, da Al a C1

2.             Cardillo Maria, da Al a B1

3.             Buonofiglio Peppina, da Al a B1

4.             Godino Rosa, da Al a C1

5.             Scorza Elvira, da Al a C1

in virtù della stessa deliberazione, alcuni lavoratori svolgono finalmente le mansioni competenti, dopo anni in cui erano stati utilizzati in mansioni che la loro q.f. iniziale non prevedeva:

come se ciò non bastasse, anche questo impianto veniva cambiato. Per la prima volta, il 09.01.2007 venivano contattati i sindacati per discutere e mansioni dei lavoratori. Dall'accordo con essi veniva fuori una delibera di Giunta comunale, la n. 2 del 11.01.2007, la quale prevedeva le seguenti ennesime variazioni:

1.                  Basile Miracco Domenico, da Al a C1

2.                  Cardillo Maria, da Al a B1

3.                  Buonofiglio Peppina, da Al a B1

4.                  Godino Rosa, da Al a C1

5.                  Scorza Elvira, da Al a B1

6.                  Godino Gennaro, da B3 a C1

7.                  Marchianò Maria Antonietta, da Al a C1

in tutte queste modifiche è evidente la disattenzione dell'amministrazione che in ogni delibera modificativa, ignorando ciò precedentemente deliberato, ricollocava sempre i lavoratori alla posizione iniziale di q.f. disconoscendo le mansioni superiori svolte e le collocazioni varie susseguitesi. andando inoltre contro il Ccnl che recita "...la progressione verticale, disciplinata dall'art. 57 Ccnl costituisce una delle modalità di accesso alla categoria superiore, riservata al personale in servizio nella categoria immediatamente inferiore, secondo modalità concertate con le organizzazioni sindacali. Tali regolamenti saranno ispirati a criteri di valutazione delle competenze professionali acquisite e conseguenti all'esperienza risultante dal curriculum del dipendente, verificate tramite apposite prove di esame, con adeguato riconoscimento della formazione certificata secondo il sistema dei crediti formativi...la progressione orizzontale, disciplinata dagli arti, 56 e 59 Ccnl deve avvenire attraverso meccanismi selettivi, attivati dall'amministrazione con cadenza biennale ed incentrati su criteri generali (in parte di tipo certificatorio ed in parte di tipo meritocratico, ma comunque orientati a far leva sul livello di professionalità di ogni dipendente) individuati all'interno dello stesso contratto nazionale";

ciò è inoltre confermato:

dalla sentenza della Corte costituzionale n. 1 del 1999, dove si ribadisce che l'accesso ad una fascia funzionale superiore non può essere sottratto a forme di reclutamento;

dalla sentenza della Corte costituzionale n. 194 del 2002 che censura la prassi del doppio salto;

dalla sentenza della Corte costituzionale n. 218 del 2002 dove la Corte ribadisce il divieto di disporre il passaggio a fasce funzionati superiori senza prevedere una selezione o verifiche attitudinali adatte a garantire l'accertamento dell'idoneità dei candidati in relazione ai posti da ricoprire;

nello svolgimento delle proprie attività da parte degli Lsu è inoltre chiaro che non è stato e non é rispettato il disciplinare sull'utilizzo degli stessi che specificatamente prevede: “ciascun lavoratore socialmente utile o di pubblica utilità può essere impegnato nelle attività enucleate purché vi sia corrispondenza tra la qualifica posseduta al momento dell'avviamento in lavori socialmente utili o di pubblica utilità ed i requisiti professionali richiesti per lo svolgimento delle attività socialmente utili o di pubblica utilità cui viene destinato”;

il d.lgs. n. 165 del 30.03.2002 all'art. 52 dice espressamente “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le quali é stato assunto, o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi..”.

oltre a questa proliferazione di Delibere con cambio di mansioni, vi sono, a partire dall'anno 2005, numerosi ordini di servizio firmati, oltre che dal responsabile del servizio, anche dal Sindaco e da assessori, che confermano tutte le variazioni di mansioni per i lavoratori viste nelle precedenti delibere;

accanto a ciò va evidenziata una gestione allegra del personale impegnato quasi mai sui progetti iniziali per i quali questi lavoratori sono stati inseriti nel bacino, come dimostra il mancato raggiungimento dell’obiettivo prefissato dal secondo progetto iniziale dopo oltre sette anni di lavoro. A ciò è sempre stato preferito l'uso dei lavoratori per altri fini (copertura posti vacanti nel pubblico impiego, ecc..,). Questo cattivo uso dei lavoratori è maggiormente dimostrato dalla lettera di richiamo dell’allora Sindaco (attuale Vice Sindaco) datata 3.06.2002, protocollo n. 167, con la quale lo stesso invitava i responsabili di servizio, tra cui l'allora vice Sindaco (attuale Sindaco) ad “un utilizzo razionale e produttivo dei lavoratori lsu, in quanto ancora oggi si assiste ad una gestione confusionaria ed anarchica degli stessi, vanificando ogni tipo di intervento ed esponendo, in molte occasioni, la p. a. ad un comportamento che rasenta il ridicolo”

a segnare ancora di più le scellerate scelte dell'amministrazione verso gli Lsu sta il fatto che, nonostante la richiesta di alcuni di essi (Mazzuca Agostino in primis) di cambiamento dell'orario e/o dell'attività lavorativa da produrre, come da lettera del 30.01.2007 prot. 354, cosa tra l'altro espressamente riconosciuta dal disciplinare regionale di utilizzo degli stessi, l’amministrazione si dimostra sempre lontana dalle esigenze dei lavoratori;

nonostante, quindi, gli Lsu svolgano il 90 per cento circa dei servizi utili per la comunità locale, provocando un notevole risparmio finanziario da parte dell'Ente (il quale da anni, pur con carenza di personale, non indìce pubblici concorsi), lo stesso li gestisce a proprio modo e piacere ignorando le più fondamentali regole che persistono in un rapporto lavorativo tra l’Ente ed i lavoratori, offendendo le loro dignità professionali ed umane”;

a distanza di dieci mesi da questa richiesta di verifica su quanto denunciato nessuna risposta è pervenuta allo scrivente dall’assessorato competente;

si ravvisa il perdurare dello stato di disattenzione da parte del Comune oggetto dei propri compiti istituzionali;

si constata da parte dell’amministrazione comunale un uso discrezionale dei diritti-doveri dei lavoratori in oggetto -:

rifacendomi alla precedente interrogazione a risposta scritta e tramite l’onorevole Presidenza del Consiglio regionale quanto precedentemente segnalato, se si intende produrre tutte le iniziative istituzionali idonee a riportare la gestione degli Lsu-Lpu di Santa Sofia d'Epiro nella trasparenza e nel pieno rispetto delle regole che ne disciplinano l'utilizzo.

(252; 30.06.2008)

Chiarella. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:

i Sindaci dei comuni costieri della Provincia di Catanzaro, che sono sempre più soli in campo di emergenza ambientale, dovranno beneficiare di finanziamenti per i lavori di manutenzione straordinaria agli impianti di depurazione;

i Sindaci di cui sopra hanno richiesto chiarezza, congiuntamente, con atto scritto indirizzato al Presidente della Giunta regionale, sulla natura dei finanziamenti in oggetto chiedendo specificatamente se trattasi di denaro a titolo di anticipazione o erogazioni a fondo perduto;

la delibera di Giunta regionale n. 477 del 27/06/2008 non specifica in modo chiaro la natura dei finanziamenti da concedere ai comuni per gli interventi relativi alla depurazione;

nei comuni di Curinga, Falerna, Gizzeria e Nocera Terinese sono in fase di organizzazione manifestazioni di protesta nei confronti dell'indifferenza manifestata dagli enti preposti, verso l'annoso problema del malfunzionamento/insufficienza degli impianti di depurazione, che portano nelle acque di questa zona tirrenica, come in altre della parte ionica, liquami e sporcizia di varia natura, colpendo gli operatori economici ed il servizio di balneazione diretto alla popolazione locale ed ai turisti sempre meno numerosi;

l'amministrazione provinciale di Catanzaro e tutti i Comuni della stessa provincia stanno lavorando con serietà e disponibilità a risolvere i problemi derivanti da questa annosa problematica;

i finanziamenti a fondo perduto concessi ai comuni risultano essere necessari per far fronte, da parte degli stessi enti locali, alla complessa macchina tecnico-amministrativa della depurazione altrimenti, qualora si trattasse di semplici anticipazioni, si provocherebbero ulteriori gravi problemi e confusione di natura burocratico-amministrativa nel ramo della depurazione -:

le ragioni relative alla vicenda in premessa, facendo chiarezza sulla natura dei finanziamenti per i lavori di manutenzione straordinaria agli impianti di depurazione da riconoscere ai comuni costieri, dando il via ad una stagione estiva in grado di soddisfare le richieste dei cittadini, dei turisti e degli operatori del settore.

(254; 07.07.2008)

Tripodi P. All’assessore alla tutela della salute e sanità. Per sapere – premesso che:

il presidio ospedaliero di Gerace finito di costruire nel 1999, concepito con destinazione di ospedale geriatrico per lungo-degenza e riabilitazione al fine di servire l’utenza di tutto il comprensorio locrese a tutt’oggi non è mai entrato incomprensibilmente in funzione per i fini che ne avevano originato la realizzazione né tanto meno ha subito una trasformazione d’uso corrispondente al contesto sociale in cui è ubicato ed alle esigenze della popolazione interessata;

inoltre la moderna struttura in questione, costata circa 9 miliardi di vecchie lire, ha subito nel corso del tempo diversi lavori di adeguamento strutturale ed impiantistico di ripristino e di riparazione straordinari, comportando altresì un ulteriore aggravio di spesa pubblica;

ancor più grave risulta la decisione da parte dell’assessorato competente di escludere l’ospedale di Gerace dal nuovo piano regionale della salute non riconoscendo ad essa la concezione originaria di struttura a scopo sanitario -:

le motivazioni che hanno determinato l’esclusione dal nuovo piano regionale della salute del presidio ospedaliero di cui trattasi nonché quali intendimenti l’assessorato di pertinenza reputa opportuni ed utili prendere in merito al fine di non lasciare in disuso una struttura in grado di migliorare la qualità del servizio e delle prestazioni erogate attualmente dal Servizio sanitario regionale, implicando sia un vantaggio economico per l’Asp di Locri ma principalmente un evidente beneficio sociale ed assistenziale per l’intera comunità calabrese.

(255; 10.07.2008)

Tripodi P. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:

la legge regionale del 3 settembre 1984, n. 26 prevede “Incentivi per la valorizzazione e promozione del termalismo in Calabria” e che in virtù di tale legge la Giunta regionale della Calabria approva i piani operativi annuali e la ripartizione dei fondi disponibili per gli interventi previsti dalla legge regionale 26/84 su proposta dell’assessore al ramo ed acquisito il parere della Commissione consiliare competente;

sul capitolo 6128201 del bilancio regionale 2006 era iscritta la somma di € 1.828.326,75 da destinare agli interventi di cui alla L.R. 26/84 ed in relazione a tale stanziamento, il dipartimento ha avviato specifici incontri con la realtà calabrese al fine di definire le priorità in merito agli interventi che avrebbero portato sostegno finanziario attraverso idonee procedure dello stanziamento di cui trattasi;

sulla stessa copertura finanziaria si era provveduto già in passato con decreto dirigenziale n. 18907 del 29.12.2006 mediante l’assunzione dell’impegno 4864/06 sull’apposito capitolo 6128201 del bilancio regionale;

nei termini stabiliti dalla legge regionale 26/84 sono pervenute al dipartimento turismo n. 6 richieste di ammissione a contributo che di seguito si allegano:

Terme Sibarite Spa – Cassano Ionio;

Calabria terme e salute – Spezzano Albanese;

Terme Service Srl – Nicotera Marina;

Sateca Spa – Acquappesa;

Terme Caronte Spa - Lamezia Terme;

Consorzio termale “Antonimia Locri” – Antonimia:

in applicazione a quanto previsto dalla citata legge si sarebbe dovuto procedere all’approvazione del piano di riparto dei fondi disponibili a favore delle aziende termali calabresi sino al 40 per cento dell’importo richiesto a finanziamento sulle istanze tutte compatibili con la legge regionale 26/84 con apposita delibera della Giunta regionale a fronte della somma disponibile € 1.828.326,75;

il dipartimento turismo ha provveduto a predisporre apposita proposta di deliberazione che non ha trovato seguito poiché in sede di verifica da parte della segreteria di Giunta non risulta più mantenuto l’impegno sul relativo capitolo di bilancio;

il predetto stanziamento risultava ancora iscritto alla data del 31.12.2007 e che con nota del dirigente del settore in data 9.01.2008 è stato confermato al dipartimento bilancio della Regione Calabria il mantenimento dell’impegno n. 4864 del 2006 di € 1.828.326,75 sul capitolo di spesa 6128201 -:

con quali motivazioni l’importo di € 1.828.326,75 non è stato riportato a residui nel bilancio di previsione 2008.

(256; 10.07.2008)

Galati. Al Presidente della Giunta regionale e all’assessore al personale. Per sapere – premesso che:

in occasione dell’approvazione del bilancio 2007, il sottoscritto ha presentato un emendamento tendente al riconoscimento della natura retributiva della indennità riconosciuta agli appartenenti alle strutture speciali del Consiglio e della Giunta;

 detto trattamento economico non può essere definito “salario accessorio” in quanto non facente parte del relativo fondo determinato in sede di contrattazione decentrata;

l’indennità di struttura è, viceversa, riconosciuta da apposita legge regionale;

detta indennità è corrisposta in misura fissa, continuativa e a tempo indeterminato;

pertanto, è da considerarsi a tutti gli effetti di natura retributiva;

sono insorte svariate vertenze in sede di definizione del trattamento pensionistico e di fine rapporto;

risultano pendenti numerosi giudizi, mentre altri già definiti hanno visto soccombere la Regione con conseguente pagamento di spese legali e di giudizio;

occorre evitare di incorrere in violazione delle norme di legge che regolano la materia contributiva e quindi assoggettare a contributo la indennità di struttura anche ai fini del Tfr o del Ipfs;

il mancato riconoscimento della natura retributiva dell’indennità determina un trattamento pensionistico pari quasi alla meta dei trattamenti stipendiali in godimento durante l’attività di servizio con conseguente e grave pregiudizio delle condizioni di vita degli interessati -:

quali provvedimenti intende adottare il responsabile del dipartimento competente ai fini di evitare un continuo ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria e al fine di pervenire al giusto riconoscimento del diritto dei lavoratori delle strutture speciali ad un trattamento pensionistico e di fine rapporto realmente ancorato alla retribuzione percepita nel corso della loro attività lavorativa.

(257; 10.07.2008)

Interrogazione a risposta orale

Battaglia. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:

le Commissioni provinciali per l'artigianato nelle cinque province calabresi, offrono ormai da anni numerosi servizi alle imprese relativi all'iscrizione, alle qualifiche, nonché al rilascio delle certificazioni e delle visure;

per l'erogazione dei predetti servizi le commissioni provinciali si avvalgono della rete Infocamere Scarl, che assicura la gestione informatizzata dell'Albo delle imprese artigiane;

da più di due mesi a causa del mancato pagamento da parte della Regione delle competenze dovute, Infocamere ha sospeso l'accesso al sistema alle Commissioni provinciali per l'artigianato.

altre regioni hanno potenziato e valorizzato le sinergie tra le C.P.A. e Infocamere nell'erogazione dei servizi alle imprese -:

quali sono i motivi dell'interruzione dei pagamenti delle competenze dovute ad Infocamere;

quali sono le iniziative che questa Regione intende attuare per potenziare e valorizzare i servizi offerti dai C.P.A.

(253; 04.07.2008)

Proposta di legge n. 305/8^, recante: "Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private" (Del. n. 273)

Art. 1

Finalità

1. La  Regione  Calabria  garantisce la  tutela  della  salute  assicurando la disponibilità  di  prestazioni sanitarie e socio-sanitarie improntate all'efficacia delle cure, alla sicurezza dei percorsi clinico-assistenziali  ed  al  miglioramento  continuo  della  qualità  delle  strutture  sanitarie e sociosanitarie pubbliche e private,  ottenute per mezzo degli istituti dell'autorizzazione sanitaria, dell'accreditamento e degli accordi contrattuali.

Art.  2

Definizioni

1. Ai fini della presente legge valgono le seguenti definizioni:

a) struttura sanitaria e socio-sanitaria: qualunque struttura che eroghi prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione nel rispetto di quanto stabilito dalla programmazione sanitaria regionale, dai piani sanitari regionali e dagli atti aziendali;

b) presidio: la struttura fisica ovvero lo stabilimento ospedaliero in forma singola o di stabilimenti ospedalieri riuniti, poliambulatorio, residenza sanitaria, residenza socio-sanitaria, psichiatrica, riabilitativa, dove si effettuano le prestazioni e le attività sanitarie;

c) studio medico, odontoiatrico o di altre professioni sanitarie: il luogo nel quale un professionista sanitario, regolarmente abilitato ed iscritto all'ordine o albo di competenza, esercita la propria attività professionale in forma singola od associata. Le prestazioni effettuabili presso lo studio si caratterizzano come semplici visite senza l'utilizzo di apparecchi diagnostici complessi e senza azioni invasive che comportino un rischio per la sicurezza del paziente;

d) ambulatorio: la struttura aperta al pubblico, con vincoli di giorni ed orari di apertura, avente individualità autonoma rispetto a quella dei professionisti che ne fanno parte, e natura giuridica di impresa con separazione tra attività professionale e gestione amministrativa. L'ambulatorio può essere gestito in forma individuale, associata o societaria ed avvalersi esclusivamente di professionisti sanitari regolarmente abilitati ed iscritti agli ordini o albi professionali di competenza;

e) accordi e contratti: gli atti con cui si definiscono con i soggetti pubblici e privati  tipologia, quantità delle prestazioni erogabili, remunerazione a carico del servizio sanitario nell’ambito dei livelli di spesa determinati in sede di programmazione regionale.

Entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale definisce con propria delibera le caratteristiche e la classificazione degli ambulatori,  previo parere della Commissione consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di assegnazione del provvedimento.

Art. 3

Autorizzazioni sanitarie

1. L'autorizzazione sanitaria è il provvedimento con il quale, verificato il possesso dei requisiti necessari, si consente l'esercizio della attività sanitaria o socio-sanitaria da parte di una struttura pubblica o privata o di professionisti.

2. Sono assoggettate ad autorizzazione:

a) le strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni specialistiche in regime ambulatoriale di branche a visita;

b) le strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni specialistiche in regime ambulatoriale di diagnostica per immagine;

c) i laboratori di analisi chimico-cliniche;

d) i poliambulatori;

e) le strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni di assistenza domiciliare;

f) le strutture che erogano prestazioni di recupero e rieducazione funzionale;

g) le strutture che erogano prestazioni di terapia iperbarica;

h) i consultori familiari;

i) i centri e le strutture, anche residenziali, che erogano prestazioni di tutela della salute mentale;

j) le strutture che erogano prestazioni di trattamento delle dipendenze patologiche;

k) i servizi di immunoematologia e trasfusione ed i centri trasfusionali;

l) i presidi di ricovero e cure ospedaliere;

m)le strutture residenziali sanitarie assistenziali;

n) le case protette;

o) i complessi termali;

p) i centri estetici dove si praticano attività sanitarie;

q) le strutture che erogano prestazioni di cure palliative, ovvero "hospice";

r) gli studi medici, odontoiatrici e delle professioni sanitarie ove attrezzati per erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che comportino un rischio per la sicurezza e la salute del paziente;

s) i servizi di ambulanza ed eliambulanza;

t) le case della salute, intendendosi per tali le strutture polifunzionali diffuse in grado di erogare materialmente l'insieme delle cure primarie e di garantire la continuità assistenziale con l'ospedale e le attività di prevenzione, a tal fine integrando le attività del personale del distretto tecnico-amministrativo, infermieristico, della riabilitazione, dell'intervento sociale, dei medici di base con il loro studio associato, degli specialisti ambulatoriali;

u) I centri e le strutture, anche residenziali che erogano prestazioni di riabilitazione estensiva extra ospedaliera.

3. Non sono assoggettati ad autorizzazione:

a) gli studi medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta che rispondono ai requisiti stabiliti dai vigenti accordi collettivi nazionali;

b) gli studi medici, odontoiatrici, delle altre professioni sanitarie e quelli che non sono attrezzati ad erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che comportino un rischio per la sicurezza e la salute del paziente;

4. E’ autorizzato il completamento dei procedimenti amministrativi per l’autorizzazione al funzionamento e all’accreditamento, per le strutture delle Aziende  Sanitarie realizzate con i fondi di cui all’ art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, già affidate con gare ad  evidenza pubblica, e per le strutture per le quali, alla data dell’entrata in vigore della presente legge, siano state già investite le Commissioni delle Aziende sanitarie competenti per territorio per la verifica dei requisiti (legge regionale n. 11 del 19 marzo 2004), laddove dalle istruttorie compiute risulti positivamente riscontrato il possesso dei requisiti nel rispetto delle compatibilità finanziarie e di quanto disposto al comma 9 dell’art. 11. 

5. L'autorizzazione alla realizzazione di strutture sanitarie pubbliche e private, è rilasciata dal Comune territorialmente competente, ferma restando la libertà di impresa e previa verifica di compatibilità con la programmazione sanitaria regionale da parte del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie ai sensi dell’ art. 8 ter, comma 3,del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229.

6. Per il settore socio-sanitario, le attività gestionali disciplinate dalla presente legge sono svolte d'intesa con le strutture regionali competenti in materia di politiche sociali, sulla base di un apposito protocollo operativo,di carattere generale, assunto con delibera di Giunta regionale, previo parere della Commissione consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di assegnazione del provvedimento.

Art.  4

Personale

1. Il personale operante presso le strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private deve possedere i titoli previsti dalla normativa vigente per l'esercizio delle attività cui lo stesso è preposto ed essere assunto dalle strutture stesse, con rapporto di lavoro di natura dipendente ovvero libero professionista nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro di categoria.

La mancata o non corretta applicazione dei contratti di categoria comporta la sospensione dei contratti di cui all’art. 13 della presente legge per non oltre due mesi. La mancata corresponsione nei modi e nei termini di legge, degli stipendi al personale in servizio, comporta l’applicazione di una sanzione pecuniaria correlata al tempo dell’inadempienza fino a un massimo di 2/12 dell’ importo contrattuale, fatto salvo il rispetto dei termini contrattuali tra le Aziende Sanitarie  e le aziende private.

2. Al fine del mantenimento dei requisiti, per le sole strutture private attualmente accreditate, il personale medico può, a domanda, essere mantenuto in servizio a condizione che venga dimostrato – su una sola area/disciplina, equipollente o affine – il lavoro svolto per almeno cinque anni con qualsiasi forma contrattuale.

3. I rappresentanti legali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie comunicano al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie ed all'azienda sanitaria competente per territorio, entro il 31 gennaio di ogni anno, le tipologie di contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al  personale operante presso le strutture medesime. L’ eventuale cambio di contratto deve essere motivato e comunicato.

4. Il datore di lavoro garantisce la sicurezza e la tutela della salute dei lavoratori e predispone un piano annuale di riqualificazione del personale, nel rispetto della normativa riguardante l'aggiornamento professionale continuo, da trasmettere entro il mese di gennaio di ogni anno all'Azienda Sanitaria ed al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie, accompagnato da un elenco completo, con i relativi titoli, di tutto il personale operante presso le strutture interessate.

Art. 5

Organizzazione

1. Le strutture sanitarie private che erogano prestazioni con oneri a carico del servizio sanitario regionale rispettano il modello organizzativo-funzionale in riferimento alle figure individuate agli articoli 6, 7 e  8.

Art. 6

Legale rappresentante della struttura

1. Il legale rappresentante della struttura è tenuto a comunicare tempestivamente al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie:

le variazioni del direttore sanitario di cui all’articolo 7;

il nominativo del medico che sostituisce il direttore sanitario in caso di assenza  o impedimento;

le sostituzioni e/o le integrazioni del personale medico e non, operante nella struttura;

le sostituzioni e/o integrazioni delle attrezzature sanitarie;

tutte le variazioni e trasformazioni intervenute nella natura giuridica e nella composizione della società titolare della struttura, ivi compreso il cambio di titolarità delle struttura;

  la temporanea sospensione di una o più attività per periodi superiori ad un mese e fino a un anno prorogabile, per motivate esigenze, per un ulteriore anno;

la ripresa dell’attività sospesa ai sensi della lettera f);

 la definitiva cessazione dell’attività.

2. E’ inoltre tenuto a:

verificare l’assenza di incompatibilità ai sensi della normativa vigente;

assicurare la presenza del direttore sanitario e del restante personale, medico e non medico, previsto dalla presente legge;

c) garantire, tramite il direttore sanitario, l’attuazione degli adempimenti di cui all’articolo 7.

Art. 7

Direttore sanitario requisiti e compiti

Ogni struttura sanitaria deve avere un direttore sanitario.

Il direttore sanitario deve essere in possesso della specializzazione in una delle discipline dell’area di sanità pubblica o in una disciplina equipollente o deve aver svolto per almeno cinque anni attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private.

Nelle strutture monospecialistiche, sia ambulatoriali che di ricovero in fase post-acuta, le funzioni del direttore sanitario possono essere svolte da un medico in possesso della specializzazione nella disciplina cui afferiscono le prestazioni svolte o in disciplina equipollente.

Negli ambulatori che svolgono esclusivamente attività di medicina di laboratorio, le funzioni del direttore sanitario possono essere svolte, per quanto di competenza, anche da un direttore tecnico in possesso di laurea specialistica in biologia o chimica o equipollenti, purchè specializzato o in possesso di almeno cinque anni di anzianità nell’attività di direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private.

 Per lo svolgimento delle funzioni di direttore sanitario, deve essere garantito un orario congruo rispetto alle specifiche tipologie ed attività del presidio, comunque non inferiore alle dodici ore settimanali per i presidi ambulatoriali ed alle diciotto ore settimanali per i presidi di ricovero.

 La funzione di direttore sanitario è incompatibile con la qualità di proprietario, comproprietario, socio o azionista della società che gestisce la struttura sanitaria.

La disposizione di cui al comma 6 non si applica alle strutture ambulatoriali monospecialistiche.

Il Direttore sanitario:

cura l’organizzazione tecnico-sanitaria della struttura sotto il profilo igienico ed organizzativo;

cura l’applicazione del documento sull’organizzazione e sul funzionamento della struttura proponendo le eventuali variazioni;

controlla la regolare tenuta e l’aggiornamento di apposito registro contenente i dati anagrafici e gli estremi dei titoli professionali del personale addetto all’attività sanitaria;

controlla il regolare svolgimento dell’attività;

vigila sul comportamento del personale addetto ai servizi sanitari proponendo, se del caso, al legale rappresentante i provvedimenti disciplinari;

cura la tenuta dell’archivio sanitario (cartelle cliniche, schede cliniche ambulatoriali e la relativa conservazione):

propone al legale rappresentante, d’intesa con i medici responsabili, l’acquisto di apparecchi, attrezzature ed arredi sanitari ed esprime il proprio parere su eventuali trasformazioni edilizie della struttura;

rilascia agli aventi diritto copia delle cartelle cliniche ed ogni altra certificazione sanitaria riguardante le prestazioni eseguite;

vigila sulle condizioni igienico- sanitarie.

9. In caso di attività di ricovero il direttore sanitario ha inoltre le seguenti attribuzioni:

controlla la regolare tenuta del registro di carico e scarico delle sostanze stupefacenti o psicotrope in conformità a quanto disposto dalla normativa vigente;

cura l’organizzazione dei turni di guardia e di reperibilità del personale medico;

vigila sulla gestione del servizio farmaceutico e sulla scorta dei medicinali e prodotti terapeutici, sulle provviste alimentari e sulle altre provviste necessarie per il corretto funzionamento della struttura;

è responsabile per la farmacovigilanza;

cura l’osservanza delle disposizioni concernenti la polizia mortuaria;

 impartisce disposizioni perché, nell’ipotesi di cessazione di attività della struttura, le cartelle cliniche siano consegnate al servizio di medicina legale della Azienda competente per territorio.

Art. 8

Titolare di studio professionale

1. Il titolare dello studio professionale è tenuto a comunicare tempestivamente al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie:

ogni variazione che intervenga rispetto a quanto dichiarato al fine del conseguimento dell’autorizzazione o della dichiarazione di inizio attività;

la temporanea sospensione dell’attività dello studio per periodi superiori ai sei mesi;

la definitiva cessazione dell’attività.

2. Il titolare dello studio professionale è inoltre tenuto a curare l’organizzazione tecnico-sanitaria dello studio sotto il profilo igienico ed organizzativo.

3. Gli studi professionali associati, oltre a quanto previsto ai commi 1 e 2, comunicano tempestivamente ogni variazione intervenuta nella composizione dell’associazione.

Art.  9

Cessione e decadenza dell'autorizzazione all'esercizio

1. A seguito di trasferimento di fusione di più soggetti accreditati o di trasformazione societaria, in qualsiasi forma, della proprietà della struttura o della concessione in godimento della struttura stessa ad un soggetto diverso da quello autorizzato, l'autorizzazione all'esercizio può essere ceduta previo assenso del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie a seguito di verifica della permanenza dei  requisiti. In caso di cessione all’esercizio lo stesso soggetto non può essere autorizzato all’esercizio della stessa attività ceduta per almeno un anno.

2. In caso di decesso della persona fisica autorizzata, gli eredi hanno facoltà di continuare l'esercizio dell'attività per un periodo non superiore a un anno dal decesso. Entro tale periodo gli eredi possono cedere a terzi l'autorizzazione all'esercizio, ovvero proseguire essi stessi l’ attività nel rispetto di quanto previsto al comma 1.

3. L'autorizzazione all'esercizio decade nei seguenti casi:

a) esercizio di un’attività sanitaria o socio-sanitaria diversa da quella  autorizzata;

b) estinzione della persona  giuridica  autorizzata, fatto salvo quanto previsto dal comma 1;

c) rinuncia del soggetto autorizzato;

d) cessione dell'autorizzazione all'esercizio in mancanza dell'assenso regionale di cui al comma 1 ovvero dell'inutile decorso del periodo di cui al comma 2;

e) mancato inizio dell'attività entro il termine di sei mesi dal rilascio dell'autorizzazione all'esercizio, prorogabile una sola volta per gravi motivi rappresentati dal titolare.

4. Le disposizioni di cui all’articolo 3, comma 1, della legge regionale 16 febbraio 2005, n. 2, continuano a trovare applicazione per le strutture ambulatoriali private autorizzate e/o accreditate alla data di entrata in vigore della legge regionale 2 ottobre 2002, n. 35.

5. L'autorizzazione decade d'ufficio nei confronti di:

a) coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli articoli 416bis e 416ter del codice penale o per il delitto di associazione di cui all’art. 74 del T.U. n. 309 del 1990, o per un delitto di cui all’articolo 73 del citato T.U. o per un delitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o la cessione, l’uso o il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluni dei predetti reati;

b) coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli articoli 314, 316, 316bis, 316ter, 317 , 318, 319, 319ter, 320, 640 comma II, 640bis del Codice penale;

c) coloro nei confronti dei quali sia stata applicata con decreto definitivo una misura di prevenzione personale o patrimoniale in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni;

d) coloro che hanno riportato condanna definitiva per un delitto anche colposo commesso nell’esercizio dell’attività socio-sanitaria disciplinata dalla presente legge;

e) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena che comporti l'interdizione temporanea o perpetua dai pubblici uffici, ovvero l'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.

6. La decadenza opera nei confronti delle persone giuridiche nel caso di condanne definitive intervenute nei confronti di azionisti, titolari di quote superiori al 15 per cento, legale rappresentante della società e/o amministratori.

Art.  10

Sanzioni

1. Fatte salve eventuali sanzioni di natura penale, la Regione è autorizzata ad applicare le sanzioni di cui ai commi 2, 3 e 4.

2. L'esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria in carenza di titolo autorizzatorio comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa per un importo compreso tra un minimo di euro 10.000,00 ed un massimo di euro 100.000,00, nonché l'impossibilità di presentare richiesta di autorizzazione all'esercizio della medesima o di altra attività sanitaria o socio-sanitaria per un periodo di tre anni.

3. L'esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria diversa da quella autorizzata comporta, in aggiunta alla decadenza ai sensi dell'articolo 9, comma 3, lettera a), l'applicazione di una sanzione amministrativa per un importo compreso tra un minimo di euro 5.000,00 e un massimo di euro 50.000,00, nonché l'impossibilità di presentare richiesta di autorizzazione all'esercizio della medesima o di altra attività sanitaria o socio-sanitaria per un periodo di sei mesi.

4. L'applicazione delle sanzioni amministrative di cui ai commi 2 e 3 ha luogo nel rispetto delle normative che disciplinano la materia.

Art.  11

Accreditamento

1. L'accreditamento è il provvedimento attraverso il quale le strutture pubbliche e private ed i professionisti già autorizzati ai sensi dell'articolo 3 possono erogare prestazioni sanitarie o socio-sanitarie per conto del Sistema sanitario nazionale.

2. La qualità di soggetto accreditato non costituisce vincolo per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate al di fuori degli accordi contrattuali di cui all'articolo 8 quinquies del decreto legislativo n. 502/92, e successive modificazioni ed integrazioni.

3. L'accreditamento, nell'ambito della programmazione regionale e locale, è titolo necessario per l'instaurazione dei rapporti di cui all'articolo 8 quinquies del decreto legislativo 502/1992, e successive modificazioni ed integrazioni, da stipularsi nell'ambito della disciplina vigente secondo i principi di imparzialità e trasparenza.

4. Il Piano Sanitario regionale definisce il programma regionale di  accreditamento, indicando gli obiettivi generali da raggiungere nel triennio e le iniziative necessarie per valorizzare l'accreditamento come strumento di garanzia per i cittadini, per la qualificazione dell'offerta con particolare riferimento all'appropriatezza ed alla continuità delle cure, e per lo sviluppo di un servizio sanitario efficiente.

5. Entro 30 giorni dalla data  di  entrata in vigore della presente legge la Giunta Regionale, con apposito regolamento, definisce i requisiti di qualità, strutturali, tecnologici ed organizzativi necessari per l'accreditamento, nonché i sistemi di controllo sulla permanenza dei requisiti stessi e le modalità e i termini per la richiesta di accreditamento, da parte delle strutture pubbliche. Con il medesimo regolamento sono definiti i requisiti per l’ autorizzazione all’ esercizio e gli ulteriori  requisiti sopra indicati per l’accreditamento delle strutture private, previo parere della Commissione consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di assegnazione del provvedimento.

6. L’ autorizzazione sanitaria all’esercizio e l'accreditamento sono concessi, senza facoltà di delega, dal Dirigente generale del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie, previa verifica del fabbisogno e della programmazione regionale nonché  il relativo livello organizzativo di applicazione ottimale,ed acquisito il parere espresso con delibera del Direttore Generale dell'Azienda sanitaria competente per territorio, che si avvale per lo scopo delle risultanze della Commissione di cui all'articolo 12, a tal fine:

a) la predetta Commissione esamina le domande e trasmette le risultanze entro il termine massimo di 90 giorni, salvo carenze documentali necessarie per la decisione. Nei successivi 15 giorni il Direttore generale dell’Azienda sanitaria deve esprimere il parere;

b) decorsi tali termini l’Assessore competente senza indugio nomina i Commissari ad acta i quali agiscono con i poteri della Commissione di cui all’articolo 12, e dello stesso Direttore generale;

c) I Commissari valutano le richieste e trasmettono le risultanze con un parere al Direttore generale del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie.

7. L'accreditamento, anche definitivo, è soggetto a rinnovo ogni tre anni dalla data del relativo provvedimento, sulla base di apposita istanza che il rappresentante legale della struttura interessata deve presentare almeno sei mesi prima della data di scadenza dell'accreditamento  all’Azienda sanitaria competente.

8. Ai fini del rinnovo dell’accreditamento si terrà conto dell’evoluzione delle tecnologie, delle pratiche sanitarie e della normativa eventualmente intervenuta. Ai medesimi fini le prestazioni potranno essere ridefinite alla luce dei volumi delle attività prodotte, anche sulla base dei fabbisogni determinati dalla programmazione regionale.

9. Le strutture sanitarie e socio-sanitarie che, alla data di entrata in vigore della legge di approvazione del nuovo Piano sanitario regionale, erogano prestazioni già accreditate e non più conformi agli obiettivi della programmazione regionale, possono presentare al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie progetti   di adeguamento e di riconversione nei termini e con le procedure di cui ai commi 10 e 11, fermo restando che il termine per il possesso dei requisiti minimi da parte delle strutture private accreditate è fissato alla data  di entrata in vigore della presente legge.

10. In previsione dell’approvazione del nuovo Piano Sanitario regionale le case di cura neuropsichiatriche che devono riconvertirsi in strutture residenziali per la salute mentale, ovvero modificare la propria natura funzionale orientandosi verso altre patologie che necessitano di ricovero, possono presentare entro 60 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge conseguenti progetti di riconversione per almeno la metà degli attuali posti letto. I progetti sono soggetti ad approvazione da parte del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie, acquisito il parere dei Direttori generali delle Aziende sanitarie territorialmente competenti, da rendere entro il termine perentorio di venti giorni dalla data della richiesta.

11. I progetti di cui al comma 10 devono indicare la progressione mensile delle attività che si intendono realizzare, anche con riferimento alla riduzione dei posti letto. Il Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie provvede, anche avvalendosi del personale delle Aziende sanitarie, con analoga cadenza temporale a verificare la rispondenza delle attività alla progressione mensile prevista nei progetti, disponendo in caso di riscontro negativo la sospensione dell'autorizzazione all'esercizio e dell'accreditamento e comunque la revoca in caso di mancato completamento delle attività entro il termine finale previsto nei progetti stessi. Le dotazioni dei posti letto possono essere mantenute nei termini temporali e quantitativi previsti nei progetti approvati ai sensi del comma 10.

12. Le cooperative sociali che svolgono le attività socio-sanitarie di cui alla delibera della Giunta regionale n. 1044 del 2002 e  le strutture residenziali riabilitative accreditate ai sensi della delibera della Giunta regionale n. 477 del 2004, possono presentare al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie progetti di adeguamento o riconversione nei termini e con le procedure di cui ai commi 10 e 11. A seguito dell’approvazione del nuovo Piano Sanitario regionale le medesime norme si applicano anche agli erogatori appartenenti a tutte le altre categorie che intendano, motivatamente, effettuare riconversioni .          

13. I  posti letto già accreditati dalle case di cura private saranno determinati alla luce del fabbisogno stabilito con l’approvazione del nuovo Piano sanitario regionale  in applicazione alle indicazioni previste dall’accordo Stato-Regioni del 23 marzo 2005, previo parere della Commissione consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di assegnazione del provvedimento.

Art. 12

Commissioni aziendali per l’autorizzazione e l'accreditamento

1. Entro 30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge la Giunta regionale, definisce con apposito regolamento i compiti, le funzioni, le modalità operative ed i criteri per la composizione delle Commissioni aziendali per l'autorizzazione sanitaria e l'accreditamento, previo parere della Commissione consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di assegnazione del provvedimento.

2. L’elenco delle autorizzazioni e degli accreditamenti concessi e negati è pubblicato sul sito internet della Giunta regionale a cura del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie.

Art. 13

Accordi e contratti

1. Entro il 31 dicembre dell’ anno precedente a quello di riferimento, e quindi dal 31 dicembre 2008, la Giunta regionale tenendo conto dei livelli essenziali di assistenza definisce con proprio regolamento lo schema di contratto, i tempi, i modi e le condizioni contrattuali, nonché lo schema di riparto delle risorse finanziarie tra le Aziende sanitarie ed ospedaliere, distinte per tipologie di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie da erogare. Le Aziende Sanitarie stipulano accordi-contratti anche con le Aziende ospedaliere presenti sul rispettivo territorio  che rivestono carattere prioritario nella programmazione aziendale. Conseguentemente, a partire dal 1° gennaio 2009, la Giunta regionale effettua il riparto delle risorse finanziarie direttamente tra le sole Aziende sanitarie.

2. Le Aziende sanitarie definiscono gli accordi con le strutture pubbliche ed equiparate e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti accreditati, sulla base dei piani annuali preventivi e della valutazione dei bisogni di prestazioni, nell'ambito dei livelli di spesa e dei livelli assistenziali stabiliti dalla programmazione regionale.

3. Gli accordi ed i contratti sono sottoscritti entro il termine massimo del 30 aprile di ogni anno.

4. Il volume delle prestazioni da erogare a seguito degli accordi contrattuali è pubblicato sul sito della Regione a cura del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie.

5. Gli accordi ed i contratti non possono essere stipulati e devono essere sospesi nei confronti di:

coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per tutti i delitti previsti dal comma 5 dell’art. 9 ad eccezione della lettera d);

coloro che hanno riportato condanna, anche non definitiva, alla pena della reclusione superiore ad anni quattro con esclusione dei reati colposi;

coloro nei confronti dei quali sia stata applicata una misura di prevenzione personale con decreto di primo grado in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e successive modificazioni;

il Dirigente generale del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie adotta il provvedimento di sospensione con modalità e tempi idonei a garantire la continuità dell'assistenza ai ricoverati e, comunque, entro centoventi  giorni dalla conoscenza dei provvedimenti sopra menzionati;

la sospensione opera nei confronti delle persone giuridiche nel caso di condanne non definitive intervenute nei confronti di azionisti e titolari di quote superiori al quindici per cento, legale rappresentante della società e/o amministratori, se entro novanta giorni dalla condanna non sia cessata la partecipazione al capitale o il rapporto di amministrazione della persona condannata;

la sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La cessazione non opera, tuttavia, se entro tale termine l’impugnazione in punto di responsabilità è rigettata anche con sentenza non definitiva. In quest’ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso l’ulteriore termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto di secondo grado.

Art. 14

Vigilanza e controllo

1. Entro il 31 gennaio di ogni anno i soggetti pubblici e privati autorizzati all'esercizio inviano alla Regione, e contestualmente all'Azienda sanitaria competente per territorio, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà attestante la permanenza del possesso dei requisiti necessari, rispettivamente, ai fini dell'autorizzazione o, ove del caso, dell'accreditamento.

2. Le Aziende sanitarie attivano, avvalendosi delle proprie strutture ordinarie nonché delle Commissioni di cui all’ articolo 12, sistemi di controllo di verifica sia sulla permanenza dei requisiti strutturali, organizzativi e professionali che, relativamente alle strutture pubbliche e private accreditate, sull'appropriatezza delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie erogate, disponendo le occorrenti attività ispettive almeno ogni due mesi a campione.

3. Qualora dalle attività di controllo, di verifica e di ispezione risultino elementi tali da far ritenere compromesso il mantenimento dei requisiti stabiliti in sede di autorizzazione all'esercizio, ovvero dell'accreditamento, o anomalie gestionali in violazione degli accordi contrattuali, il Direttore generale dell'Azienda sanitaria territorialmente competente propone con propria delibera al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie l'adozione dei conseguenti provvedimenti, fermo restando che il Direttore generale medesimo è comunque tenuto ad assumere, ove ne ricorrano i presupposti, ogni altra iniziativa di carattere urgente diretta ad evitare rischi per la salute dei cittadini.

4. Qualora dalle attività espletate ai sensi del comma 3 emergano situazioni di parziale non rispondenza ai requisiti stabiliti in sede di autorizzazione all'esercizio ovvero di accreditamento, tali comunque da non pregiudicare gravemente la prosecuzione delle attività, il Direttore generale dell'Azienda sanitaria territorialmente competente può consentire la presentazione da parte della struttura interessata di un piano di adeguamento, indicando i termini per provvedere, e ne controlla successivamente lo stato di avanzamento. Il medesimo Direttore comunica al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie ogni iniziativa assunta e le relative conclusioni. In caso di mancato adeguamento, il medesimo Direttore opera nei termini di cui al comma 3.

5. La Giunta regionale istituisce con apposito regolamento, entro trenta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Commissione consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di assegnazione del provvedimento, l'Autorità regionale per i controlli sanitari, incaricata di verificare e coordinare gli interventi oggetto delle disposizioni del presente articolo e, ove ne ravvisi la necessità, di disporre autonome attività di verifica, controllo e ispezione sulla qualità delle prestazioni erogate dalle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private accreditate, con particolare riferimento all'appropriatezza delle prestazioni stesse. Con il medesimo regolamento la Giunta regionale stabilisce la composizione, le modalità di nomina e di funzionamento, nonché i compensi per l’Autorità regionale, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili.

6. L'Autorità di cui al comma 5 dispone direttamente, oltre che del personale del Dipartimento  regionale tutela della salute e politiche sanitarie, anche del personale delle Commissioni Aziendali di cui all’ articolo 12, per attività relative a strutture sanitarie ubicate in territori non rientranti nelle rispettive competenze, dandone informazione alle Aziende sanitarie di appartenenza ed al relativo Dipartimento regionale. L'Autorità stessa opera con i medesimi poteri delle Commissioni di cui all'articolo 12 e con le medesime attribuzioni affidate ai Direttori generali delle Aziende sanitarie ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo, riferendo annualmente alla Giunta regionale, che ne informa il Consiglio regionale, sulle attività realizzate e delineando ogni proposta ritenuta utile per un miglioramento del sistema dei controlli. L'Autorità promuove la definizione di protocolli operativi di collaborazione con gli Uffici territoriali di Governo e con ogni altra istituzione pubblica per la definizione e realizzazione di iniziative volte a potenziare le attività ad essa affidate.

Art. 15

Abrogazioni

1. Al fine di evitare la interruzione di attività amministrative, le disposizioni legislative regionali di seguito elencate sono abrogate alla data di entrata in vigore dei regolamenti di cui all’articolo 11, comma 5:

- legge regionale 10 maggio 1984, n. 9;

- legge regionale 5 maggio 1990, n. 36;

- artt. 3 e 5 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29;

- artt. 1 e 2 della legge regionale 2 ottobre 2002, n. 35;

- art. 15 della legge regionale 26 giugno 2003, n. 8;

- artt. 24 e 25 della legge regionale 5 dicembre 2003,n. 23;

- artt. 1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 30;

- allegato alla legge regionale 19 marzo 2004, n. 11, per la parte che riguarda l'autorizzazione e l'accreditamento;

- artt. 14 e 15 della legge regionale 11 agosto 2004, n. 18;

- artt.3 e  4, comma 2, e art. 7, comma 4, secondo capoverso della legge regionale16 febbraio 2005,    n. 2;

- art.10, comma 5, della legge regionale 2 marzo 2005, n. 8;

- artt. 22 e 24 della legge regionale 11 gennaio 2006, n. 1;

- art. 31, commi 3, 6 e 7, della legge regionale 21 agosto 2006, n. 7.

- art.19, commi 2 e 3, della legge regionale 11 maggio 2007, n. 9.

Art. 16

Entrata in vigore

1. La presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.

Proposta di provvedimento amministrativo numero 283/8^, recante: “Piano triennale dei servizi di sviluppo agricolo 2008-2010” (articolo 67 del Regolamento) (Del. n. 274)

“Il Consiglio regionale

vista la Legge regionale n. 19 del 26 luglio 1999 avente per oggetto “Disciplina dei Servizi di Sviluppo Agricolo della Regione Calabria”;

vista la deliberazione della Giunta regionale n. 161 del 21 febbraio 2008 recante: “Approvazione Piano Triennale dei Servizi di Sviluppo Agricolo 2008-2010;

delibera

di approvare il “Piano Triennale dei Servizi di Sviluppo Agricolo 2008-2010” con gli emendamenti introdotti, che si allega alla presente per farne parte integrante e sostanziale”.

PIANO DEI SERVIZI DI SVILUPPO AGRICOLO

TRIENNIO 2008-2010

ASPETTI GENERALI DEL PIANO DEI S.S.A.

___________________

La Legge Regionale n. 9 dell’11.05.2007, com’è noto, ha determinato la soppressione dell’ARSSA ponendo in liquidazione personale e strutture. Tuttavia, nelle more della definitiva assegnazione dei dipendenti dell’Agenzia alle nuove strutture di recepimento, siano esse rappresentate dalle Province o dall’apposito Dipartimento dell’Assessorato all’Agricoltura, da istituirsi in ottemperanza alla deliberazione G.R. n. 343 del 04 giugno 2007, l’ARSSA continua a operare sul territorio e a svolgere i propri compiti istituzionali, finalizzati allo sviluppo ed al progresso delle attività del settore primario.

Il presente elaborato è stato predisposto secondo i dettami della Legge Regionale n. 19 del 26.07.1999, che reca norme sulla disciplina dei Servizi di Sviluppo Agricolo nella regione ed assegna all’ARSSA un ruolo fondamentale nella loro programmazione, organizzazione e gestione.

Di fatto, la su richiamata legge prevede, all’art. 9, comma 2, la predisposizione, da parte dell’ARSSA, del Piano dei Servizi di Sviluppo Agricolo, da trasmettere alla struttura competente del Dipartimento Agricoltura e Foreste.

Il Piano dei S.S.A. costituisce, pertanto, un documento programmatorio che riguarda:

-         attività di Divulgazione Agricola, proposta dai Centri di Divulgazione Agricola;

-         attività di Ricerca Applicata e Sperimentazione, condotta dai Centri Sperimentali Dimostrativi dell’ARSSA.;

-         attività dei Servizi Tecnici di Supporto.

 

ORGANIZZAZIONE DEI SERVIZI DI SVILUPPO AGRICOLO

I Servizi di Sviluppo Agricolo (S.S.A.) sono stati disciplinati con apposite Leggi Regionali (prima la L.R. n. 11/92 e, poi, la 19/99) in applicazione del Reg. CEE 270/79 e del Reg. 1760/87 ed in armonia con i compiti dell’Agenzia che, come già accennato in premessa, ha un ruolo fondamentale nella pianificazione, organizzazione e nella gestione dei Servizi.

Ai S.S.A., il cui interesse pubblico è senza dubbio riconosciuto, spetta il compito strategico di ammodernamento dell’agricoltura calabrese mediante interventi diretti a favorire l’esplicarsi delle potenzialità delle imprese agricole nel rispetto dell’ambiente naturale, la crescita e la formazione di nuove professionalità, il miglioramento della qualità della vita, la difesa ambientale.

I S.S.A. sono organizzati secondo un modello misto, ma integrato, di soggetti pubblici (Regione, Agenzia di Sviluppo, Università, Istituti) nonché di soggetti privati quali le OO.PP.AA. ed altri soggetti ritenuti idonei.

In base a quanto detto, l’organizzazione dei Servizi di Sviluppo Agricolo prevede un assetto funzionale e territoriale dell’ARSSA che, attualmente e fino alla definitiva liquidazione dell’Agenzia, è articolato come segue:

- 24 Centri di Divulgazione Agricola (Ce.D.A.) articolati sull’intero territorio Calabrese per aree omogenee a sviluppo integrato ove operano i divulgatori agricoli (in numero non inferiore alle 5 unità, secondo la L.R. 19/99).

- 10 CSD (Centri Sperimentali Dimostrativi), ovvero aziende generalmente di 100 – 150 Ha, dove viene condotta l’attività sperimentale, dimostrativa e di collaudo.

- 10 Ce.S.A. (Centri di Sviluppo Agricolo) comprendenti da 2 a 3 Ce.D.A. e un CSD. Essi  costituiscono l’aggregato, a livello territoriale, di tutti i servizi di sviluppo e sono il riferimento amministrativo per gli stessi Ce.D.A., CSD ed per i Servizi di Supporto (laboratori). I Ce.S.A., a loro volta, fanno capo, per quanto riguarda la divulgazione agricola,  al Settore Programmazione e Divulgazione, responsabile della programmazione e del coordinamento delle attività; invece, per quanto riguarda l’attività di ricerca condotta nei CSD, i CeSA fanno riferimento al Settore Ricerca Applicata e Sperimentazione.

Alle strutture sopra elencate si sommano le UDA (Unità di Divulgazione Agricola) di competenza delle Organizzazioni Professionali Agricole. Le aree di intervento delle UDA coincidono con quelle dei CeDA per il territorio di riferimento. Le UDA, inoltre, fanno anch’esse riferimento, a livello di aggregato territoriale, ai 10 CeSA dell’ARSSA.

Alla luce dell’attuale assetto organizzativo dell’ARSSA, i Servizi di Sviluppo Agricolo sono articolati in 3 segmenti, che corrispondono ad altrettanti Settori costituiti all’interno dell’Agenzia:

-         divulgazione agricola;

-         ricerca applicata di interesse regionale e sperimentazione;

-         servizi tecnici di supporto.

La formazione professionale, infatti, considerata separatamente nelle precedenti versioni del Piano dei S.S.A., rientra attualmente nella programmazione effettuata del Settore Servizi Tecnici di Supporto.

Lo schema della pagina seguente chiarisce il ruolo gerarchico svolto dalle singole strutture all’interno di ogni Settore.

Casella di testo: Settore Ricerca e SperimentazioneCasella di testo: Settore Program. e divulgazioneCasella di testo: Gruppi di lavoro
divulg.
Casella di testo: Respons.
Filiere
e
linee
Casella di testo: ServiziCasella di testo: Ce.D.ACasella di testo: C.S.DCasella di testo: ServiziCasella di testo: Centri Sviluppo AgricoloCasella di testo: UDA





Casella di testo: Settore Servizi Tecnici
di Supporto
STRUTTURE PREPOSTE ALL’ELABORAZIONE DEL PIANO DEI S.S.A

 

Come già evidenziato nel precedente paragrafo, i Servizi di Sviluppo Agricolo fanno riferimento a tre segmenti d’intervento, che corrispondono ad altrettanti Settori costituiti all’interno dell’ARSSA:

-         Settore Ricerca Applicata e Sperimentazione;

-         Settore Programmazione e Divulgazione;

-         Settore Servizi Tecnici di Supporto. 

Tuttavia, l’elaborazione del Piano dei Servizi di Sviluppo Agricolo compete principalmente al Settore Programmazione e Divulgazione (P.D.) dell’ARSSA.

La realizzazione del Piano coinvolge il Settore P.D. in tutte le fasi della sua elaborazione. Il Settore, infatti, cura i rapporti con le Organizzazioni professionali, che sono i principali partner dei progetti di assistenza tecnica, nonchè coordina l’attività dei CeSA come centri di raccolta delle iniziative proposte dai divulgatori.

Il Settore, inoltre, mantiene il rapporto di sinergia con il Settore Ricerca Applicata e Sperimentazione e il Settore Servizi Tecnici di Supporto, che forniscono le parti di loro competenza, da inserire negli appositi Programmi Operativi in cui è canonicamente suddiviso il Piano dei S.S.A.

L’aspetto programmatorio del Piano è relativo soprattutto all’assistenza tecnica e alla divulgazione agricola. Il Piano tiene conto concretamente delle forze lavorative a disposizione e delle attività con reale possibilità di essere attuate sul territorio, ancorandosi alle direttive della PAC ed ai suoi recepimeti a livello Nazionale e Regionale.

Da questo punto di vista, il Piano Triennale 2008-2010 rappresenta una novità rispetto alle versioni precedenti, che si riconducevano alla mera raccolta di centinaia di piccoli e disorganici progetti proposti dai singoli divulgatori agricoli, comprensivi di innumerevoli ripetizioni. Tutto questo provocava, tra l’altro, una gustificata riluttanza da parte degli organismi regionali preposti alla loro approvazione.

Per predisporre un Piano basato su pochi e concreti progetti di divulgazione e assistenza tecnica a valenza regionale, la strategia è stata quella di costituire Gruppi di Lavoro per la Divulgazione, il cui compito è stato quello di elaborare, per ogni filiera produttiva, un progetto di che ha tenuto conto:

-         dei risultati della ricerca, attingibili ai CSD dell’ARSSA;

-         dell’effettiva “commessa” scaturente dalle esigenze dei territori di competenza.

La costituzione dei gruppi di lavoro, lungi dall’essere semplice ed immediata, ha richiesto lunghe mediazioni con i CeSA ed i CeDA, numerosi chiarimenti sul ruolo da essi svolto, finalizzato alla predisposizione di un Piano dei SSA ricco di contenuti, conciso ed a valenza regionale, completamente studiato in sinergia con tutti i Settori dell’ARSSA preposti ai Servizi di Sviluppo Agricolo e con le OO.PP.AA..

Successivamente alla loro costituzione, i Gruppi di Lavoro hanno elaborato i progetti di consulenza aziendale, assistenza tecnica e divulgazione, che, in forma schematica, costituiscono il Programma Operativo di Divulgazione Agricola .

Di fondamentale importanza, per garantire la realizzazione dei progetti inseriti nel Piano dei S.S.A., è il ruolo rivestito dalle Organizzazioni Professionali Agricole, le quali hanno stabilito con l’ARSSA, nel corso degli anni, un rapporto di collaborazione sugellato da apposita convenzione.

Tutte le OO.PP.AA. hanno concordato su due punti fondamentali: 

-         le nuove linee d’indirizzo dell’ARSSA vanno verso progetti razionalizzati sia numericamente che operativamente; 

-         la realizzazione di un Piano dei SSA, razionale e condiviso, è l’elemento fondamentale per proporre alla Regione un percorso innovativo che abbia possibilità di essere finanziato. In sostanza, è stato necessario predisporre, per singolo comparto, non iniziative multiple, talvolta estemporanee e comunque disorganiche, ma un solo progetto che interviene su territorio, processo e prodotto secondo indirizzi e priorità che sono state dettate dai tecnici dell’ARSSA e delle OO.PP. AA.

Per ogni progetto, le OO.PP.AA. entrano a far parte di in una vera e propria “cabina di pilotaggio” insieme con l’ARSSA, garantendo il coordinamento ed il corretto espletamento di tutte le attività in esso previste.

Le OO.PP.AA., inoltre, forniscono i  “pacchetti” di aziende su cui espletare una più efficace e significativa azione di divulgazione, che deve essere necessariamente rivolta, in primis, alle imprese che maggiormente si ritengono recettive ai programmi di assistenza tecnica.

 

PROGRAMMA OPERATIVO DI

DIVULGAZIONE AGRICOLA

 

PROGETTO

ASSISTENZA TECNICA E DIVULGAZIONE

COMPARTO AGRUMICOLO

1 – L’AGRUMICOLTURA IN CALABRIA

1.1 – Introduzione

La Calabria è la seconda regione produttrice di agrumi, con circa 9.300.000 q.li, una superficie totale investita di 31.868 Ha (Tab. 1), con 30.920 aziende (Tab. 2) ed una produzione lorda vendibile (PLV) di oltre 300 milioni di euro.

E’ Reggio Calabria la provincia più agrumetata, con 13.516 Ha, seguita da Cosenza (10.668 Ha), Catanzaro (4.266 Ha), Vibo Valentia (1.892 Ha) e Crotone (1.522 Ha) (Tab. 3).

La superficie media delle aziende agrumicole in Calabria risulta pari a 1,12 Ha.

L’ultimo censimento ha evidenziato una consistente riduzione della superficie investita di 7.234 Ha (-18%) ed un calo del numero di aziende di 4228 unità (-12%). La riduzione ha riguardato tutte le provincie calabresi (Tab. 3).

Tabella 1 - Superficie totale investita ad agrumi in Calabria (Ha)

Anno

2000

1990

1982

Superficie (Ha)

31.868

39.102

37.799

Fonte Istat

 

 

 

 

Tabella 2 – Aziende agrumicole in Calabria

Anno

2000

1990

1982

n. Aziende

30.920

35.148

31.211

Fonte Istat

 

 

 

 

Tabella 3 - Superficie agrumetata per provincia (Ha)

Provincia

2000

1990

1982

Cosenza

10.669

11.368

10.936

Crotone

1.523

1.720

974

Catanzaro

4.267

4.901

4.752

Vibo Valentia

1.892

2.429

2.306

Reggio Calabria

13.517

18.684

18.830

TOTALE

31.868

39.102

37.798

Fonte Istat

 

 

 

 

Tabella 4 – Aziende agrumicole per provincia (Ha)

Provincia

2000

1990

1982

Cosenza

10.417

10.726

8.424

Crotone

1.238

1.194

914

Catanzaro

3.223

4.289

3.853

Vibo Valentia

1.718

1.978

1.678

Reggio Calabria

14.324

16.961

16.342

TOTALE

30.920

35.148

31.211

Fonte Istat

 

 

 

E’ da evidenziare il fatto che gli ultimi dati ISTAT del 1996 attribuivano alla Calabria una superficie coltivata ad agrumi di 41.182 Ha ed un n. di aziende pari a 35.148.  Sembra strano come in soli quattro anni ci sia stata una così drastica riduzione sia della superficie coltivata ad agrumi che del numero di aziende agricole in attività. Sicuramente ci troviamo di fronte ad un trend negativo delle superfici investite ad agrumi nella regione, ma non in modo così marcato come fotografa l’ISTAT. E’, invece, ipotizzabile pensare ad una superficie agrumetata regionale di circa 40.000 Ha, come sostengono molti addetti ai lavori.

Il 44% della superficie investita è distribuita tra classi di superficie agricola utilizzata fino a 5 ettari (Tab. 5), mentre l’89% delle aziende agrumicole calabresi ha una superficie inferiore ai 5 ettari (Tab. 6).

Tabella 5 - Superficie agrumicola in Calabria per classi di dimensione.

CLASSI DI SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA

Meno di 1

1-2

2-5

5-10

10-20

20-50

50-100

100 ed oltre

SUPERFICIE INVESTITA (Ha)

3.901

3.899

6.340

4.413

3.679

4.033

2.980

2.623

Fonte Istat

 

 

 

 

Tabella 6 - Aziende agrumicole in Calabria per classi di dimensione.

CLASSI DI SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA

Meno di 1

1-2

2-5

5-10

10-20

20-50

50-100

100 ed oltre

NUMERO DI AZIENDE

16.280

5.996

5.230

1.792

838

507

166

111

Fonte Istat

 

 

 

L’arancio è la specie più coltivata (55%), seguita dalle clementine (25%), dal mandarino (11%), dal limone (3%), mentre gli altri agrumi (bergamotto, pompelmo, cedro, etc) insieme rappresentano il 6% (Tab.7).

Tabella 7 - Superficie agrumetata per specie in Calabria (ha)

Specie

Sup. ha

%

Arancio

17.669

55

Mandarino

3.433

11

Clementine

7.852

25

Limone

1.037

3

Altri agrumi (Cedro, Pompelmo, Bergamotto, etc)

1.877

6

Totale

31.868

100

Fonte Istat

 

 

 

La produzione agrumicola risulta costituita da circa 5,3 milioni di q.li di arance, da 2,7 milioni di q.li di clementine, mentre la restante parte 1,3 milioni di q.li da mandarini, limoni, pompelmi, bergamotto, cedro, etc.

Meno del 30 % della produzione agrumicola è destinata al consumo fresco, mentre più del 70% è destinata alla trasformazione o al ritiro.

L’80% delle arance vengono destinate alla trasformazione e solo una piccola quantità viene commercializzata nel mercato del fresco. La stessa situazione si riscontra per i mandarini, i pompelmi ed i limoni, anche se con incidenze percentuali minori. Solo le clementine hanno ancora una destinazione commerciale orientata verso il mercato del fresco (60%), anche se negli ultimi anni si riscontra una tendenza in aumento del prodotto di scarto destinato alla trasformazione (29%).

1.2 – Localizzazione

L’agrumicoltura calabrese è localizzata nei seguenti comprensori:

-          Piana della Sibaritide;

-          Fascia Jonica Catanzarese e Reggina;

-          Crotonese;

-          Piana di Lametia Terme;

-          Piana di Gioia Tauro;

-          Fascia Alto Tirreno Cosentino;

-          Fascia Basso Jonio Reggino.

-          Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima

La Piana di Sibari, la Piana di Lametia e l'area Crotonese sono caratterizzate da un’agrumicoltura avanzata, con impianti moderni, razionali e un buon grado di meccanizzazione delle tecniche colturali e varietà di pregio sia di arance che di clementine.

Nella Piana di Sibari e Corigliano, zona altamente vocata, si concentra la produzione delle clementine. In questa area si producono annualmente più di 2 milioni di q.li di clementine, pari al 50% della produzione nazionale, e circa 1 milione di q.li di arance. Si tratta di produzioni di qualità destinate, principalmente, al mercato del fresco.

Occorre evidenziare come i dati forniti dall’Istat circa la superficie agricola investita ad agrumi in questa area e nel resto della provincia di Cosenza siano considerevolmente sottostimati. A fronte di una superficie dichiarata dall’Istat di 10.669 Ha - censimento del 2000 -, l’A.R.S.S.A. ha rilevato, nello stesso periodo, attraverso l’aerofotogrammetria ed un dettagliato lavoro di campo, una superficie investita ad agrumi nella provincia di Cosenza di 14.632 Ha, di cui più del 98% è localizzata nei comuni ricadenti nella Piana di Sibari (Corigliano Calabro, Rossano, Cassano allo Jonio, Terranova da Sibari, Rocca Imperiale, Trebisacce, Cerchiara di C., Francavilla, Castrovillari, Spezzano A., S. Lorenzo del V.; S. Demetrio C., Vaccarizzo, S. giorgio, S. Cosmo A., Crosia, Cropolati, Villapiana, etc).

Si tratta di una differenza considerevole (3963 Ha non censiti che rappresentano il 27% della superficie agrumicola provinciale) che ci porta a pensare che anche per le altre provincie calabresi i dati forniti siano sottostimati, per cui è da ritenere valida la considerazione che la superficie agrumicola calabrese sia prossima ai 40.000 Ha e non come risulta dal censimento di 31.868 Ha.

In alcuni comprensori della Fascia Jonica Catanzarese e Reggina, quali la locride e la zona di Caulonia vi è una agrumicoltura di qualità, considerate le buone caratteristiche pedo-climatiche. Si tratta di produzioni destinate prevalentemente al consumo fresco trattandosi di arance delle varietà Navelina, Navelate, Lanelate, Washinton navel, Valencia, Moro e Tarocco.

La Piana di Gioia Tauro è caratterizzata da vecchi impianti di arancio, sia pigmentate che bionde, di Mandarino comune, a volte consociati all’olivo, in zone non particolarmente vocate all’agrumicoltura. Si tratta di produzioni che, non trovando sbocco sul mercato del fresco, finiscono prevalentemente per essere destinate al ritiro.

Rilevante importanza tecnico-economica assume la coltivazione del Cedro e del Bergamotto rispettivamente nelle aree del Tirreno Cosentino e Basso Jonio Reggino.

Le produzioni tipiche di bergamotto e cedro occupano rispettivamente una superficie di 1.500 Ha e di 50~60 Ha, con produzioni medie di 180.000 q.li di bergamotto e di 16.000 q.li di cedro ed interessano le aree costiere del basso Ionio reggino e dell’alto Tirreno cosentino.

1.3 – Criticità

L’agrumicoltura calabrese da alcuni anni versa in condizioni di profonda crisi, infatti nessun comparto della filiera è nelle condizioni di reggere la concorrenza di altri Paesi produttori, sia facenti parti della Comunità Europea che extra comunitari, nonostante siano presenti nel nostro territorio produzioni tipiche di pregio e a denominazione di origine e nonostante siano stati promossi negli anni interventi per l’ammodernamento strutturale e la riconversione varietale. La produzione calabrese, al pari di quella delle altre regioni meridionali, si caratterizza per gli alti costi di produzione, per la mancanza di adeguate strutture ed una seria politica commerciale.

I persistenti elementi di criticità del comparto, che ne hanno fortemente compromesso la competitività sui mercati, investono tanto la fase della produzione (aziende di piccole dimensioni, con ridotte capacità finanziarie e con livello di conoscenza inadeguato che ne limitano il posizionamento sui mercati nazionali e internazionali; limitato associazionismo; scarso raccordo con l’industria di trasformazione e con la distribuzione; assenze di strategie di promozione e di commercializzazione) quanto la fase della trasformazione (prevalenza di un tessuto di microaziende rivolte soprattutto alla produzione di semilavorati) e della commercializzazione (insufficiente strutturazione della rete commerciale, ridotto coordinamento con la grande distribuzione organizzata; difficoltà nei trasporti a causa della perifericità delle zone produttive vocate e della carente viabilità stradale e ferroviaria regionale che ci allontana sempre più dai mercati nazionali ed internazionali).

Emblematico è il fatto che in Calabria, pur di fronte ad un riconoscimento importantissimo qual’è l’IGP-Clementine di Calabria (Reg. CE N. 2325/97) e  un marchio “Clè”-Clementina di Calabria, pubblicizzato sulle principali reti televisive nazionali, non si sia riuscito, nel corso della precedente campagna agrumicola, a commercializzare ed etichettare a marchio nessun prodotto. Solo in questa campagna si stanno etichettando a marchio una limitata produzione di clementine.

La produzione agrumicola calabrese risulta poco competitiva ed inadeguata per la G.D.O. in quanto estremamente frazionata e poco standardizzata.

Le difficoltà che il prodotto italiano incontra sui mercati esteri sono legate alla forte concorrenza degli altri paesi del mediterraneo, alla scarsa capacità di penetrazione, alla carenza di adeguate strategie di marketing. Situazione aggravata dalla carenza di strutture commerciali in grado di garantire alla G.D.O. (Grande Distribuzione Organizzata) quantità e standard qualitativi costanti nel tempo e non una offerta frammentata quale è quella nazionale. A ciò è da aggiungere che, negli ultimi anni, anche per il prodotto fresco il mercato interno registra la forte concorrenza da parte dei paesi del bacino del mediterraneo. Concorrenza che si potrebbe accentuare in seguito all’abbattimento delle barriere fitosanitarie e doganali.

La Spagna rappresenta il principale concorrente: grazie a politiche commerciali vincenti e ad una adeguata strategia di marketing, è infatti riuscita a conquistare i principali mercati europei e dell'Est Europa, risultando il primo paese fornitore di agrumi della Germania, non solo di arance ma anche di limoni e clementine. Presenta un calendario di raccolta più diversificato e ben più ampio del nostro e questo consente ai prodotti spagnoli di essere presenti sui mercati nazionali ed esteri dai primi di ottobre a fine maggio.

Si avverte dunque la necessità di concentrare quanto più possibile l’offerta attraverso adeguate politiche di cooperazione e di associazionismo, il potenziamento delle Organizzazioni dei produttori (OP) e delle loro associazioni, l’incentivazione della costituzione di organizzazioni interprofessionali, la nascita di progetti integrati di filiera (PIF), la creazione di distretti agroalimentari di qualità.

La stessa crisi interessa anche il settore dell’industria agrumaria. Quella italiana, pur essendo la maggiore produttrice a livello europeo, risente della concorrenza dei paesi come gli Stati Uniti ed il Brasile, che sono i maggiori produttori di derivati a livello mondiale lavorando circa 4/5 della produzione. La trasformazione industriale interessa principalmente le arance con oltre l’80% e quasi per il 7% il limone.

Anche per il settore industriale la principale problematica resta l’estremo frazionamento dell’industria con basse capacità lavorative.

La Calabria si caratterizza per avere il maggior numero di aziende trasformatrici di arance. Il livello tecnologico delle industrie è basso: in effetti, molte ditte sono ancora a carattere artigianale, eccetto quelle specializzate nella trasformazione del bergamotto.

Altro fattore limitante per l’industria agrumicola è rappresentato dalla mancanza di varietà con caratteristiche organolettiche e commerciali adatte alla trasformazione. Sia le attuali varietà del gruppo delle bionde, sia le varietà pigmentate sono poche idonee alla trasformazione, in quanto le prime presentano un contenuto di limonina elevato, e le seconde vanno incontro a fenomeni di alterazione di colore e, pertanto, sono più idonee alla produzione di succo congelato.

Ulteriore fattore negativo delle varietà presenti in Calabria è la scarsa resa in succo, che è dell’ordine del 35% circa, contro il 50% delle varietà americane e brasiliane.

Si potrebbe, inoltre, con adeguati processi tecnologici, destinare alla trasformazione un certo quantitativo di clementine eccedenti, specialmente quelle prodotte in aree non particolarmente vocate, per l’ottenimento di succo fresco bevibile. Questo prodotto rappresenterebbe una vera novità per il mercato e consentirebbe ai produttori di essere competitivi e di smaltire le eccedenze.

Si ritiene che anche per il settore industriale ci sia bisogno di una radicale riorganizzazione che dovrà mirare sia a creare strutture con capacità lavorative elevate e processi tecnologici avanzati, nonché di una profonda riconversione varietale con l’introduzione di adeguate cultivars. Tali azioni dovrebbero riguardare principalmente la Piana di Gioia Tauro, che è quella maggiormente interessata alla produzione e alla trasformazione di arance.

Anche per gli areali caratterizzati da una agrumicoltura avanzata come la Piana di Sibari e il Lametino si avverte la necessità di riconvertire le vecchie varietà di arance, a favore di nuovi cloni di clementine, al fine di allungare il più possibile il periodo di commercializzazione e di presenza sul mercato.

In particolare per la Piana di Sibari, comprensorio particolarmente vocato alla produzione di clementine, dove si produce il 50% circa dell'intera produzione nazionale, si dovranno attivare opportune strategie di marketing e azioni volte alla valorizzazione e qualificazioni delle produzioni, ritenute le migliori a livello nazionale.

Per la Bergamotticoltura, anche in seguito al riconoscimento della D.O.P. - Bergamotto di Reggio Calabria – olio essenziale Reg. Ce 509/01,  va evidenziato che c'è bisogno di una profonda riorganizzazione dell'intero comparto. Negli ultimi anni si è registrata una riduzione della superficie investita ed una forte concorrenza da parte di prodotti similari di sintesi. Va evidenziato inoltre, la scarsa incidenza della cooperazione (solo il 10% dei produttori conferisce al Consorzio) e la necessità dell'innovazione dei processi di estrazione delle essenze.

Anche per il Cedro, coltura esclusiva e di antica tradizione della fascia costiera che va da Praia a Diamante, si è assistito ad una contrazione della superficie investita che è passata dai circa 300 Ha degli anni settanta agli attuali 50~60 Ha  circa.

La maggior parte della produzione del cedro viene da sempre acquistata dalle comunità Ebraiche, che la utilizzano nella loro festa religiosa più importante, la festa di Sukkotth delle Capanne o dei Tabernacoli.

Tra i motivi che hanno determinato la riduzione della superficie investita a questa coltura che ha interessato particolarmente la zona a Sud della fascia costiera, si annoverano: difficoltà nella meccanizzazione, conversione dei terreni agricoli in edificabili, fenomeni di urbanizzazione, creazione di attività nel settore secondario e terziario, creazione di reti viarie e del centro di smistamento di Paola, che ha spinto la popolazione attiva a dedicarsi ad altre attività marginalizzando il settore agricolo.

Altro motivo che ha determinato una contrazione delle cedriere, è la spietata concorrenza da parte della produzione portoricana, che pur essendo qualitativamente inferiore a quella calabrese, riesce ad affermarsi sempre più sui mercati, per effetto dei prezzi più bassi e per i più razionali processi di salamoia cui è soggetta. Oltre al prodotto portoricano, negli ultimi anni, si registra una maggiore concorrenza da parte della Grecia, del Marocco, della Corsica e del Giappone.

Sunto delle criticità dell'agrumicoltura calabrese

·        Aziende di piccole dimensioni  (sup. media 1,12 ha);

·        Ridotte capacità finanziarie;

·        Livello di conoscenza inadeguato degli operatori agricoli;

·        Panorama varietale limitato ed obsoleto;

·        Periodo di raccolta e commercializzazione ridotto, specie per le clementine;

·        Eccessiva polverizzazione dell’offerta;

·        Carenza di standardizzazione del prodotto fresco;

·        Scarsa diffusione di associazionismo e cooperazione;

·        Strutture commerciali e di trasformazione in molti casi inadeguate;

·        Carenze di strategie di promozione e di commercializzazione ;

·        Presenza di una denominazione di origine quale l’IGP-Clementine di Calabria non sfruttata adeguatamente;

·        Scarsa penetrazione sui mercati internazionali;

·        Scarso potere contrattuale in particolare con la G.D.O.;

·        Presenza di un solo distretto agroalimentare di qualità, quello di Sibari;

·        Ricerca e sperimentazione da potenziare (campi dimostrativi sperimentali, studi sulla vocazionalità delle aree, etc);

·        Servizi di sviluppo e strutture di supporto da migliorare;

·        Infrastrutture di collegamento inadeguate (SS 106, A3, sistema stradale interno, sistema ferroviario, etc);

·        Limitato utilizzo dei porti di Gioia Tauro e Corigliano;

·        Perifericità delle zone vocate di produzioni e quindi distanze elevate dai principali mercati nazionali ed esteri;

·        Alti costi di produzione e trasporto rispetto i principali paesi concorrenti;

·        Vivaismo agrumicolo inadeguato; scarsi controlli sulla rispondenza genetica e sanitaria del materiale;

·        Procedure amministrative lunghe e ritardi nella definizione delle pratiche agrarie.

1.4 - Obiettivi e linee di intervento

Un progetto per l’assistenza tecnica in agrumicoltura, che tiene conto delle criticità rilevate, deve necessariamente perseguire i seguenti obiettivi:

·        migliorare l’organizzazione dell’offerta, attraverso una maggiore capacità di programmazione e gestione della produzione, favorendo politiche di cooperazione e di associazionismo tra le aziende, la nascita di progetti integrati di filiera (PIF) e dei distretti agroalimentari di qualità, etc., per creare masse critiche e standardizzazione di prodotto;

·        riqualificare l’agrumicoltura nelle aree vocate per il mercato, attraverso la riconversione varietale e l’ammodernamento aziendale;

·        mantenere un’offerta costante nel tempo delle produzioni tipiche, facendo ricorso  a varietà a maturazione precoce e tardiva che consentono di allungare il periodo di raccolta e commercializzazione, in particolare per le clementine;

·        introdurre innovazioni di prodotto e di processi al fine di ridurre i costi di produzione e migliorare la qualità;

·        ammodernare e potenziare le strutture commerciali per far fronte alle sempre più pressanti richieste della G.D.O.;

·        rendere visibile, identificare e qualificare le produzioni tipiche attraverso opportune strategie di promozione e di marketing, ricorrendo ad esempio alla creazione di marchi, alla costituzione di Consorzi di valorizzazione e tutela, etc;

·        pervenire al riconoscimento della denominazione di origine (DOP, IGP, etc) per alcune produzione tipiche;

·        favorire la nascita di progetti integrati di filiera (PIF) al fine di aumentare l’offerta di prodotto, organizzare il settore in una logica di sistema, favorire la cooperazione produttiva tra imprese e territori;

·        aumentare il numero dei distretti agroalimentari di qualità al fine di perseguire una logica di insieme territoriale, di caratterizzazione di un intero sistema di produzione agricola, agroalimentare, agroindustriale in una prospettiva di competizione non tra singole produzioni o tra singole imprese, ma di confronto e concorrenza tra sistemi produttivi di aree diverse e tra territori, al fine di valorizzare le produzioni di qualità enfatizzando le correlazioni tra i prodotti alimentari e il territorio di appartenenza, sostenendo la concentrazione dell’offerta in una logica di filiera e di multifiera, garantendo la sicurezza alimentare;

·        favorire la ricerca e la sperimentazione applicata per una ricaduta sul comprensorio e la filiera;

·        potenziare i Servizi di Sviluppo e le strutture di supporto (laboratori, osservatorio fitopatologico);

·        qualificare il vivaismo agrumicolo, con particolare riferimento alla rispondenza genetica e sanitaria del materiale diffuso;

·        qualificare gli operatori agricoli e favorire l’insediamento dei giovani;

·        snellire le procedure amministrative con riduzione dei tempi per la definizione delle pratiche agrarie;

·        utilizzare i porti di Gioia Tauro e Corigliano per l’internazionalizzazione delle produzioni tipiche;

·        per il Bergamotto, potenziare le azioni mirate alla riqualificazione del prodotto, alla razionalizzazione delle tecniche colturali e al miglioramento dei processi di trasformazione industriale;

·        per il Cedro, attivare opportune azioni tendenti alla qualificazione delle produzioni e alla razionalizzazione dei processi di trasformazione industriale.

2 – IL PROGETTO DI ASSISTENZA TECNICA

Il Progetto di Assistenza Tecnica e Divulgazione Comparto Agrumicolo ha lo scopo di fornire un servizio reale agli agrumicoltori ed interessa principalmente i seguenti campi di intervento:

-          interventi per la razionalizzazione delle tecniche colturali

-          interventi per la diffusione di nuove cultivars e relativi portinnesti

-          interventi per la salvaguardia ambientale negli agrumeti

-          interventi per la promozione delle produzioni a marchio

-          interventi per la promozione dell’associazionismo

Per ognuno dei sopra richiamati interventi, sono state previste alcune azioni divulgative, i cui contenuti saranno sviluppati nei paragrafi successivi.

3 – ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 1.980.200 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

305.800

311.800

320.000

937.600

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

 

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

 

335.800

346.800

360.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

1.980.200

4 – CONTATTI CON I CSD E DIVULGAZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA APPLICATA E SPERIMENTAZIONE

Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi, per come sarà elencato nelle pagine successive, l’attuazione del presente progetto, in tutti gli interventi previsti, contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.

Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ARSSA nel campo dell’agrumicoltura.

I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per l’agrumicoltura i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende zootecniche.

I Centri Sperimentali Dimostrativi che si occupano di sviluppare linee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto agrumicolo sono i seguenti:

CSD

Linee di Ricerca

Mirto

Campo di orientamento e liste varietali -

 portinnesti

Sibari

Campo di orientamento e liste varietali -

 clementine

S. Pietro Lametino

Campo di orientamento e liste varietali -

agrumi vari

Locri

Campo di orientamento e liste varietali -

agrumi vari

Gioia Tauro

Campo di orientamento e liste varietali -

agrumi vari

Mirto

Frigoconservazione

 

5 – INTERVENTI PER LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE TECNICHE COLTURALI

5.1 – FERTILIZZAZIONE

Obiettivi

Migliorare la  qualità e quantità delle produzioni agrumicole. Ridurre i costi attraverso la somministrazione degli elementi nutritivi nelle dosi effettivamente necessarie. Ridurre l’impatto ambientale.

Descrizione dell’intervento

Partendo dalle analisi chimico-fisiche del terreno (granulometria e struttura, reazione del terreno, salinità e modicità, disponibilità di azoto, disponibilità di fosforo, disponibilità di potassio, cationi scambiabili, disponibilità di microelementi, contenuto in sostanza organica), dalla diagnostica fogliare (macro e mesoelementi sulla s.s., microelementi sulla s.s. sodio, indice verde di SPAD, nitrati, intensità nutritiva, rapporti nutritivi), dall’analisi chimica dell’acqua di irrigazione (reazione e salinità, cationi, anioni, rapporto sodio/cationi, SAR), dalle analisi dei frutti (caratteristiche fisiche, caratteristiche del succo, residuo rifrattometrico/Acidità), dai dati produttivi (quintali per ettaro), dalla tipologia di potatura eseguita (leggera, media, forte), dal numero delle lavorazioni del terreno, dai volumi di adacquamento utilizzati, dal sistema di irrigazione impiegato, etc, attraverso l’utilizzo di programmi software (es. Simulfert), si vuole fornire all’azienda agricola un piano di fertilizzazione calcolato in base ai consumi fisiologici, alla potatura, alla produzione dei frutti, all’età, al sesto d’impianto, alla tipologia del terreno, alla modalità di distribuzione dei fertilizzanti e ai sistemi di irrigazione adottati, che dia all’agricoltore le informazioni necessarie circa le quantità, l’epoca e le modalità di somministrazione dei fertilizzanti, a secondo  delle diverse specie di agrumi coltivate (clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi).

La distribuzione frazionata delle unità fertilizzanti (Kg/Ha) consente alle piante un ottimale sviluppo, una migliore qualità e quantità delle produzioni e nello stesso tempo limita il problema dell’inquinamento delle falde acquifere, dovuto soprattutto alla lisciviazione dei nitrati (fertilizzazione a basso impatto aziendale).

Il giusto apporto di elementi nutritivi consente di ottenere produzioni qualitativamente superiori e rispondenti agli standard previsti dai disciplinari di produzione, soprattutto in termini di zuccheri, acidi, resa in succo, pezzatura, colorazione, peso e forma dei frutti.

Una corretta concimazione, assieme ad altre operazioni colturali, consente di ottenere produzioni qualitativamente superiori da indirizzare verso il mercato del fresco.

Squilibrate concimazioni, al contrario, possono avere influenze negative sull’accrescimento delle piante stesse, riduzione della fioritura, riduzione della produzione, pezzature non idonee alla commercializzazione, colorazione non ottimale, contenuto in zuccheri basso, fenomeni accentuati di spigatura della buccia, minore contenuto in succo, scarsa resistenza ai trasporti, etc.

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.

Azioni divulgative

Verranno illustrate agli agricoltori le giuste norme per il prelievo dei campioni di terreno, delle foglie, dell’acqua, dei campioni di frutti, etc., al fine di avere dati quanto più attendibili per l’elaborazione del piano di fertilizzazione.

Verranno, inoltre, raccolte informazioni circa le produzioni per ettaro ottenute negli ultimi tre anni, il tipo di potatura, gli apporti di sostanza organica, le lavorazioni del terreno.

Si consiglierà l’agricoltore circa le formulazioni ed il tipo di concime da utilizzare nel piano di fertilizzazione, nonché sulle fasi fenologiche durante cui eseguire gli interventi.

Strutture di supporto

Laboratorio analisi ARSSA di Sibari e Locri. Servizio Agropedologia di Catanzaro Lido.

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori.

5.2 – LAVORAZIONI DEL TERRENO

Obiettivi

Migliorare la  qualità e quantità delle produzioni agrumicole. Riduzione dei costi attraverso la razionalizzazione degli interventi agronomici. Riduzione dell’impatto ambientale.

Descrizione dell’intervento

Partendo dalle analisi chimico-fisiche del terreno (granulometria e struttura, reazione del terreno, cationi scambiabili, contenuto in sostanza organica, ect.), dai dati climatici, dalla analisi della flora infestante, dal tipo e numero delle lavorazioni del terreno, dai volumi di adacquamento utilizzati e dal sistema di irrigazione impiegato, dal tipo e dalla modalità di distribuzione dei fertilizzanti, si vuole fornire all’azienda agricola un piano di lavorazione in relazione anche alla tipologia di portinnesto, alla cultivar ed al sesto d’impianto. Si vogliono, cioè, fornire le informazioni necessarie per non errare sul tipo, la quantità, l’epoca e le modalità di effettuazione delle lavorazioni nell’agrumeto.

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.

Azioni divulgative

Verranno illustrate agli agricoltori le norme da seguire per razionalizzare le lavorazioni dell’agrumeto. Verranno, inoltre, raccolte informazioni circa le caratteristiche pedoclimatiche, le tecniche colturali applicate e le produzioni ottenute. Si consiglierà l’agricoltore circa le tecniche, i mezzi, i prodotti e le attrezzature da utilizzare nel piano di lavorazione, nonché le fasi fenologiche durante cui eseguire gli interventi.

Strutture di supporto

Laboratorio analisi di Sibari e Locri. Servizio Agropedologico di Catanzaro.

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori

5.3 – IRRIGAZIONE

Premessa

La coltura degli agrumi è rigorosamente dipendente dalla pratica dell'irrigazione. L'insufficiente piovosità annuale e la concentrazione delle precipitazioni nei mesi invernali rendono necessaria l’irrigazione di quella che deve essere considerata una coltura dagli elevati consumi idrici. Una scorretta irrigazione diviene un fattore limitante, capace di condizionare l’efficacia di molte altre operazioni colturali.

Obiettivi

L’obiettivo principale è quello di razionalizzare l’intera pratica irrigua, in particolare, dare indicazioni esatte su:

-          Volumi di adacquamento;

-          Turnazione;

-          Evapotraspirazione;

-          Sistemi di irrigazione;

-          Nuovi sistemi capaci economizzare il consumo dell’acqua;

-          Influenza dell’irrigazione sul miglioramento quali-quantitativo delle produzioni agrumicole.

Descrizione dell’intervento

La quantità di acqua da apportare, l'intervallo fra gli adacquamenti (turno), la durata della gestione irrigua e il metodo di distribuzione, dipendono da molti fattori legati al clima, al suolo, alla qualità dell’acqua e alla coltura. Essi sono tra loro interdipendenti.

Terreno. L'irrigazione consiste essenzialmente nell'apporto di acqua al terreno e, in particolare, a quella parte di esso occupato dalle radici che presiedono alla quasi totalità dell'assorbimento idrico. Nei terreni sabbiosi e con molto scheletro è buona norma intervenire con bassi volumi di adacquamento e a turni ravvicinati; nei terreni argillosi, invece, si preferiscono volumi più alti e turni più lunghi.

Clima. Il fabbisogno idrico di una coltura rappresenta la quantità di acqua, consumata per evaporazione del suolo e per traspirazione delle piante (evapotraspirazione) in un determinato periodo di tempo, necessaria per giungere ad un risultato produttivo ottimale. I parametri del clima come la durata dell'insolazione, la radiazione solare, la temperatura, la ventosità e l'umidità dell'atmosfera, hanno grande importanza nel determinare l'evapotraspirazione.

Acqua. E' indubbio che la qualità dell'acqua e la fonte di approvvigionamento possano influenzare in modo decisivo il tipo di impianto, il volume di adacquamento e l'idoneità stessa all'impiego.

Coltura. Il fabbisogno idrico annuo degli agrumi si aggira tra i 7.000 e 18.000 metri cubi per ettaro. Questa ampia variabilità è dovuta non solo alle diverse caratteristiche pedo-climatiche dell'ambiente, ma alla specie, al portinnesto adottato e all'età delle piante. E' stato infatti dimostrato che i fabbisogni idrici sono in diretta relazione all'intensità di traspirazione e che questa è positivamente correlata alla superficie traspirante delle piante. Di conseguenza, detti fabbisogni saranno maggiori nelle specie a foglie più ampie e a chioma più espansa. Il comportamento delle piante nei riguardi del regime idrico varia anche in dipendenza della loro età. In linea generale le piante giovani risentono maggiormente della variazione dell'umidità del suolo in quanto hanno una forte attività vegetativa e un ridotto apparato radicale.

Effetti dell'irrigazione. La disponibilità di acqua condiziona l'attività vegetativa e quella produttiva sotto l'aspetto quantitativo e qualitativo.

A inadeguate disponibilità idriche, sono legati anche fenomeni di defogliazione, con conseguente ridotta attività fotosintetica.

La deficienza di umidità nel terreno si riflette negativamente anche su diversi aspetti della produzione: nel periodo invernale incide sull’induzione a fiore e differenziazione delle gemme; nel periodo maggio-giugno si può, invece, avere una forte cascola dei frutti appena allegati, un minore accrescimento degli stessi con ridotta pezzatura finale e, in casi estremi, la loro caduta prima della raccolta.

I frutti possono inoltre essere influenzati negativamente da deficienze idriche nei seguenti aspetti: ritardo nella colorazione, diminuzione del contenuto in succo, ispessimento della buccia e sue alterazioni.

Nel caso, ancora, che a lunghi periodi di carenza idrica seguano improvvise abbondanti disponibilità di acqua, può verificarsi la spaccatura dei frutti.

L’eccesso di umidità nel suolo è pure dannoso e i primi danni si riscontrano nell'apparato radicale. Le radici, soprattutto per la poca disponibilità di ossigeno nel terreno, sono facilmente soggette a fenomeni di marciume che possono portare ad una loro inattivazione parziale, con effetti negativi sui livelli produttivi, o totale, con conseguente morte delle piante.

Elevati livelli idrici, nel caso non dovessero compromettere la salute delle piante, oltre a significare uno spreco di acqua irrigua, possono portare ad un dilavamento dei concimi azotati e contemporaneamente ad un abbassamento dei livelli quantitativi e qualitativi della produzione.

Da tutte queste considerazioni si evince che sono moltissimi i parametri che influenzano  la pratica irrigua e, di conseguenza, innumerevoli sono le informazioni che andrebbero trasmesse in un programma di assistenza tecnica.

E’ considerata prioritari la trattazione di due argomenti, per i quali saranno redatti appositi opuscoli divulgativi: 1) metodologia irrigua (volumi, turni, ecc.); 2) analisi dell’efficienza dei diversi sistemi irrigui

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.

Azioni divulgative

Si svolgeranno, nei vari territori agrumetati, giornate tematiche sull’argomento. Verranno illustrate agli agrumicoltori, ma anche a tecnici e persone interessate, le varie problematiche relative all’irrigazione.

Le riunioni saranno rivolte soprattutto ad aziende associate e si svolgeranno presso la sede delle cooperative, associazioni di produttori, strutture di aggregazione di prodotto, organizzazioni professionali agricole, consorzi di tutela e/o valorizzazione del prodotto, consorzi di bonifica, ecc. In tale circostanza, a supporto di quanto riferito nei seminari teorico-applicativi, saranno distribuiti gli opuscoli preventivamente realizzati.

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT);

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori

5.4 – FORMAZIONE DI POTATORI SPECIALIZZATI

Premessa

La potatura degli agrumi è una pratica colturale che richiede una imponente quantità di manodopera specializzata, molto difficile da reperire. Spesso si ricorrere a manodopora non specializzata, con scarsi risultati se non addirittura con veri e prorpi danni all’agrumeto. La potatura incide sul 30-40% dell’intera Produzione Lorda Vendibile. Ciò nonostante, invece di operare scelte oculate volte al risparmio, si pota sempre più nei periodi meno indicati (in pieno inverno e/o in fioritura-allegagione); si ricorre a potatori improvvisati, che effettuano tagli errati con conseguenze sulla quantità e qualità dei frutti. Per di più, molti agrumeti restano non potati.

Obiettivi

L’obiettivo principale è quello di formare potatori specializzati, ottenendo, nel contempo:

-          il miglioramento della qualità e quantità delle produzioni agrumicole;

-          la riduzione dei costi attraverso una potatura agevolata.

Descrizione dell’intervento

La potatura è l’insieme delle operazioni che comportano la recisione, l’accorciamento, la cimatura e la piegatura di branche, rami e germogli di una pianta.

Un buon potatore deve:

La prima azione sarà, pertanto, quella di trasmettere ai potatori in formazione e agli operatori del settore tutte quelle  nozioni che consentono di operare con cognizione di causa sulle piante. Nel contempo sarà predisposto un pieghevole illustrativo indirizzato ad operai agricoli che vogliono specializzarsi, a potatori e agrumicoltori, nell’intento di dare le giuste indicazioni per affrontare questa problematica.

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.

Azioni divulgative

Prima dei periodi più critici in cui si effettueranno le operazioni di potatura (ripresa vegetativa), si svolgeranno nei vari territori agrumetati giornate tematiche su questo argomento, al fine di dare nozioni utili a persone che operano nel comparto.

Sarà illustrata innanzitutto la fisiologia delle piante e le varie forme di potatura:

Gli incontri saranno tenuti prima della ripresa vegetativa (periodo febbraio-marzo).

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT);

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori

5.5 – POTATURA MECCANIZZATA

Premessa

La potatura viene effettuata manualmente a fine inverno. Data  l’onerosità dell’operazione, la difficoltà a reperire manodopera specializzata, l’improvvisazione di una parte del personale con danni all’agrumeto, si sta diffondendo in alcune aziende l’uso di macchine agevolatrici.

Di fatto, se non si provvederà con interventi di formazione professionale (si veda il punto 3.4), la manodopera specializzata presente sul territorio sarà sempre di meno in grado di soddisfare la domanda di potatura che proviene dalle aziende agricole.

L’agrumicoltura, oggi più di ieri, è sottoposta ad una intensa concorrenza da parte di produttori europei ed extra-europei. In tale regime diventa inevitabile la continua ricerca di pratiche colturali che abbiano costi sempre minori e mirino, nel contempo, a tutelare la qualità e la sanità delle produzioni.

Si avverte sempre più l’incidenza del costo economico della potatura sul bilancio aziendale, specie alla luce delle ultime, disastrose, campagne agrumicole.

40 gg. per ettaro X 40 euro = 1.600 euro ettaro

Quindi, come già detto, il 30-40 % della PLV viene assorbito dal costo della potatura.

Obiettivi

Migliorare la  qualità delle produzioni agrumicole. Ridurre i costi di produzione.

Descrizione dell’intervento

Nonostante le applicazioni in campo abbiano dato risultati interessanti, la potatura meccanizzata stenta ad affermarsi fra gli operatori agricoli. Questa titubanza ha radici diverse: si è indotti a pensare che la potatura meccanica sia una pratica onerosa sia in termini di macchinari necessari che di risultati conseguibili; permane l’atavica repulsione da parte dell’agricoltore verso tutto ciò che è nuovo o poco diffuso; sussiste l’incredulità nell’efficacia di una operazione demandata ad una macchina. Tutto ciò fa ragionevolmente pensare ad una mancanza di conoscenza e di informazione esaurienti, che deve spingere i Servizi di Sviluppo ad intervenire con una corretta divulgazione.

La potatura meccanica spesso ricorre all’impiego di attrezzature ingombranti, che richiedono mezzi con adeguate potenze ed operatori specializzati.

Esistono macchine semoventi o portate.

Le prime sono macchine specializzate, che hanno caratteristiche spiccate di manovrabilità in ambienti con ridotti spazi, quali filari corti e capezzagne strette. Entrambi i tipi operano tagli molto sensibili alle oscillazioni dovute alle non perfette condizioni del terreno.

Le potatrici portate, vengono montate sulla parte anteriore o posteriore della trattrice, la quale deve avere una buona capacità di sostegno e una buona potenza per l’esercizio. La parte operativa è costituita da barre che possono essere a dischi rotanti o a coltelli.

I diversi tipi di meccanizzazione degli interventi di potatura sono:

a) potatura meccanica;

b) potatura agevolata;

c) potatura integrata (agevolata + meccanica);

La potatura meccanica non produce una selettività di taglio, non opera diradamenti e non interviene all’interno della chioma. Ma comunque riesce a mantenere un buono stato vegetativo e produttivo e riduce concretamente i costi. I tipi di tagli effettuabili si riducono sostanzialmente a:

-          taglio di parete o “hedging”, che produce una parete a forma di siepe lungo la fila, con un intervento verticale o lievemente inclinato. Ciò consente una migliore luminosità nel filare, un passaggio più agevole per le macchine, migliora la ripresa vegetativa e ottiene una parete fruttificante.

-           taglio di cima o “topping”, dove si eliminano le parti apicali della pianta riducendone l’altezza. Questo intervento produce una migliore insolazione e al contempo si eliminano quelle parti della pianta soggette a rapido esaurimento, tutto a vantaggio della pezzatura e qualità dei frutti. Anche questo taglio può essere effettuato “raso” o “a doppia falda”.

Un altro tipo di potatura che si avvale di mezzi cesori, ma senza il collegamento alla presa di potenza del trattore, è la cosiddetta potatura “agevolata”, che permette di eseguire i tagli con una precisione pari a quella tradizionale, ma con il vantaggio di un minor impiego di tempo. Gli attrezzi usati sono sostanzialmente quelli tradizionali (cesoie, seghe), ma pneumatici. Tali ausili riducono i tempi almeno del 40%.

Quindi, acquisite le caratteristiche aziendali che fungeranno da parametri di scelta quali:

-         estensione dell’agrumeto;

-         sesto d’impianto;

-         cultivar;

-         sistemazione del terreno;

-         dotazione meccanica dell’azienda;

-         quantità di manodopera a disposizione in azienda;

-         presenza di altri tipi di impianti arborei;

si procederà all’analisi del miglior metodo di potatura.

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.

Azioni divulgative

Verranno effettuate: prove pratiche di potatura in campo; un seminario divulgativo sull’efficacia delle macchine utilizzate; visite guidate in campi dove viene effettuata la potatura meccanica da diversi anni. Si procederà all’allestimento di materiale divulgativo (opuscoli, cd-rom, video).

Strutture di supporto

Centri sperimentali ARSSA, ENAMA, ISMA, DEIAFA, Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, Associazione di produttori.

5.6 – UTILIZZO DI ACIDO GIBBERELLICO

Premessa

La continua ricerca nel campo della fisiologia vegetale, ha permeso di agire sul metabolismo delle piante tramite diverse sostanze. Tali sostanze sono principalmente gli enzimi e gli ormoni naturali, gli amminoacidi, gli estratti umici, ecc. Gli ormoni naturali agiscono sulla pianta influenzando lo sviluppo di alcune parti di essa piuttosto che altre. E’ del tutto risaputo che nelle areee agrumetate, tra gli ormoni, l’acido gibberellico è abbondantemente utilizzato, in particolare modo sul clementino. Questa tecnica è così praticata che spesso si esagera abusando ed attribuendo all’acido gibberellico azioni quasi miracolose sull’allegagione del clementino. Ovviamente, le aspettative degli agrumicoltori sono presto deluse.

Obiettivi

Obiettivo principale è quello di razionalizzare l’uso dell’acido gibberellico in agrumicoltura

Descrizione dell’intervento

L’uso indiscriminato di questo ormone, dovuto, molto spesso, a cattive informazioni circa la sua azione sul metabolismo delle piante e, nel contempo, molto propagandato da rivenditori poco scrupolosi, ha creato una certa confusione nel comparto agrumicolo. Pertanto, è necessario fare chiarezza sull’argomento, realizzando una guida per gli agrumicoltori, i tecnici e i rivenditori. Lo scopo è quello di indurre un utilizzo raziocinato di questo fitoregolatore.

Si daranno, poi, le giuste indicazioni circa le varie azioni che questo ormone induce sulle piante: sull’accrescimento vegetativo, sulla fioritura, sull’allegagione e sulla qualità dei frutti. Inoltre, consigli utili su come e quando utilizzare l’ormone con le dovute differenze tra clementino, mandarino, arancio e limone. Non meno importanti saranno le indicazioni circa la normativa, i residui e quant’altro può interessare il prodotto commerciale.

Colture interessate

Clementine, mandarini, arance e limone.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.

Azioni divulgative

Prima dei periodi di utilizzo dell’acido gibberellico (fioritura-allegagione, inizio invaiatura, accrescimento vegetativo, ecc.), saranno organizzate nei vari territori  agrumetati giornate tematiche durante le quali saranno illustrate ad agrumicoltori, tecnici e rivenditori, le varie problematiche circa l’utilizzo dell’acido giberellico, nonché le varie fasi fenologiche in cui è opportuno utilizzare l’ormone con il relativo dosaggio. Saranno anche indicate le condizioni che si devono verificare affinché il trattamento vada a buon fine, puntualizzando che le aspettative sono spesso superiori all’efficacia del prodotto.

Strutture di supporto

Servizio Agrometeorologico

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT);

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori

5.7 – LOTTA BIOLOGICA

Obiettivi

L’azione divulgativa cercherà di mettere a punto, verificare ed applicare la tecnica di difesa biologica dell’agrumeto, al fine di soddisfare le esigenze di un mercato sempre più attento alla sanità del prodotto.

Descrizione dell’intervento

La difesa biologica rappresenta una strategia variamente articolata che armonizza e fonde metodologie diverse quali:

·               lotta biologica classica, che si basa sull'antagonismo esercitato da artropodi utili (predatori e parassitoidi) su quelli nocivi alle piante

·               lotta biologica moderna, che si estende all'impiego di sostanze prodotte da vari organismi (ad esempio feromoni, repellenti, tossine ecc.) o alla tecnica dell'insetto sterile (autocidio)

Gli interventi che si vogliono attuare prevedono una serie di azioni all’interno dell’ecosistema agrumeto, quali:

·         studio della reale dannosità dei vari organismi "nocivi" in un determinato contesto colturale;

·         monitoraggio sistematico di campo per la determinazione delle soglie di intervento con metodi di stima a campione e/o con l'ausilio di  trappole varie per la cattura degli insetti nocivi;

·         individuazione della fase biologica più vulnerabile dell'organismo nocivo da contrastare, in rapporto alla pianta ospite e all'ambiente;

·         conoscenza dell'entomofauna utile presente nell'ambiente;

·         rilievo dei dati climatici ed elaborazione di parametri utili (es. gradi giorno per qualche insetto fitofago);

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia Tirrenica del Vibonese e Vallata del Mesima.

Azioni divulgative

Si organizzeranno riunioni ed incontri con gli operatori ed imprenditori agrumicoli, ove verranno descritti, in maniera dettagliata ed approfondita, i principi da adottare nella difesa biologica dell’agrumeto. Si realizzerà, a tal proposito, un supporto informativo cartaceo (opuscolo) e verranno fomite indicazione sul mercato e sulla commercializzazione del prodotto derivante dall’agricoltura biologica

Strutture di supporto

Organismi di certificazione riconosciuti (ICEA, ECO-CERTER ITALIA, ecc); Servizio Agrometeorologico; Servizio Fitopatologico Regionale Catanzaro.

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.

5.8 – LOTTA INTEGRATA

Obiettivi        

-          Miglioramento della qualità delle produzioni con prodotti privi di residui o con quantità molto al di sotto delle soglie di tolleranza previste dal Ministero della Sanità.

-          Riduzione dell’utilizzo di agro-farmaci.

-          Utilizzo di principi attivi che possiedono caratteristiche tali da non procurare danni all’uomo e all’ambiente.

-          Riduzione dei costi di produzione per diminuzione del  numero di trattamenti.

-          Riequilibrio dell’agro-ecosistema.

-          Riduzione dell’utilizzo dei diserbanti.

-          Impiego di mezzi alternativi a quelli chimici, quando è possibile, per combattere le avversità.

-          Aumento di specie impollinatrici

-          Aumento della fertilità dei suoli.

-          Maggiori sbocchi commerciali delle produzioni.

Descrizione dell’intervento

Da tempo la Commissione Europea cerca di promuovere sistemi di produzione che rispettino l’ambiente e producano beni agricoli salubri. In molti comprensori della Regione l’agrumicoltura è di tipo intensivo, caratterizzata da una serie di interventi fitoiatrici con prodotti ad ampio spettro d’azione e senza che l’imprenditore valuti la consistenza reale delle popolazioni dannose e la convenienza economica degli interventi. Il conduttore dell’azienda, timoroso del danno economico che potrebbe subire, è portato ad aumentare le dosi  previste e ad effettuare un maggior numero di trattamenti ravvicinati. L’uso indiscriminato degli agrofarmaci, con il passare del tempo, causa il progredire delle popolazioni degli organismi nocivi a discapito di quelle utili, diminuzione della fertilità dei suoli, inquinamento delle falde, fitotossicità nelle piante e comparsa di ceppi di fitofagi resistenti. Le specie entomo-acarofaghe subiscono ulteriori decimazioni, derivanti dalla semplificazione dell’ecosistema (monocoltura). Buona parte degli imprenditori, inoltre, utilizza il diserbo per il controllo delle erbe infestanti. Tale pratica, eseguita costantemente, determina danni tutt‘altro che  trascurabili, non solo alle falde acquifere ma anche alle proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo, con ripercussioni negative sulla fertilità.  Sotto tale aspetto si cercherà di stimolare gli imprenditori affinché adottino pratiche colturali alternative all’uso dei diserbanti di sintesi. In questo contesto l’utilizzo della lotta integrata risulta essere un’importante mezzo per evitare tutti gli inconvenienti che derivano dall’uso scorretto degli agro-farmaci. Tale lotta  è un sistema di controllo delle popolazioni di organismi nocivi che utilizza in maniera combinata i vari mezzi per produrre beni agricoli salubri,  rispettando il più possibile l’agro-ecosistema.

L’iniziativa ha lo scopo di migliorare le conoscenze degli imprenditori sui vari mezzi fitoiatrici e dare un’assistenza tecnica che abbia come fine l’impiego razionale di tutte le tecniche di lotta e i mezzi disponibili per il controllo degli organismi dannosi. Nello specifico, si tratta di trasferire e fare applicare in maniera ottimale i diversi strumenti di natura chimica, agronomica, bio-tecnologica, fisica e i sistemi di lotta biologica e guidata.

La lotta integrata rappresenta un processo che coinvolge le competenze di più discipline: Chimica, Biologia, Statistica, Agronomia, Fitopatologia, Economia, Genetica, Medicina, Elettronica, Climatologia.

L’intervento sarà applicato ad aree di notevoli dimensioni;  l’assistenza tecnica dovrà essere di tipo capillare perché il censimento degli organismi dannosi deve essere fatto su base aziendale.

Il progetto comprenderà due fasi. La prima, a carattere divulgativo,  prevede:

-          incontri di gruppo con gli imprenditori per discutere i principi su cui si fonda la lotta integrata;

-          realizzazione di convegni che avranno come tema la sua importanza per l’ambiente e per le produzioni agricole,

-          realizzazione di opuscoli e pieghevoli contenenti i principi su cui si fonda tale tipo di lotta e i vari mezzi che l’imprenditore agricolo può adoperare per contrastare le erbe infestanti e gli organismi nocivi. 

Questa fase avrà, inoltre, lo scopo di indurre il maggior numero di agrumicoltori a partecipare in maniera attiva al progetto. Essi saranno inviati ad utilizzare quattro tipologie di trappole per il monitoraggio degli insetti, anche acquistandole a loro spese. Le trappole che saranno impiegate sono di due tipi: cromotropiche e chemiotropiche (a feromoni). Attualmente  in commercio  esistono i feromoni per il Prays citri (tignola degli agrumi), Anoidiella aurantii (cocciniglia rossa forte degli agrumi), Ceratatis capitata (mosca mediterranea della frutta) e Planococcus citri (cocciniglia farinosa o cotonello degli agrumi).

Le tipologie che saranno utilizzate dipenderanno dall’insetto da monitorare:

                  Insetto da Monitorare                                         Tipologia Trappola

. 1) Cocciniglia aurantii o Cocciniglia rossa forte degli Agrumi           Scaletrap (SC)

   2) Ceratatis capitata o Mosca mediterranea della frutta             Traptest (T) o Cromotrap (CR)

   3) Planococcus citri o cotonello degli agrumi                                 Scaletrap (SC)

   4) Prays citri o tignola degli agrumi                                                  Traptest (T) 

Le trappole sono costituite dalla capsula che contiene il feromone, da un tettuccio ed una base.

A seconda del tipo di trappola il tettuccio o la base presentano la superficie provvista di sostanza appiccicosa.  La cromotrap, a differenza delle altre sopra menzionate, al posto del feromone possiede delle piastrine di attrattivo al trimedlure.

Nella seconda fase del progetto predominerà l’attività di assistenza tecnica. I divulgatori effettueranno numerose visite aziendali per verificare l’applicazione dei principi della lotta integrata, l’installazione corretta delle trappole e le catture degli insetti. Il monitoraggio verrà  eseguito con  diverse metodologie di campionamento per verificare il momento in cui vengono raggiunte le soglie d’intervento.

Su pianta mediante lente ingrandimento

 Campionamenti                  Prelievo campioni di parti vegetali (foglie, rametti, frutti ect)

Campionamento con trappole chemio- o cromotropiche

Le trappole vanno utilizzate rispettando le seguenti regole:

-          Vanno applicate prima degli sfarfallamenti degli insetti ricercati.

-          Il numero di trappole/Ha è compreso tra 2-4 ed esse devono essere posizionate  randomizzate e ad altezza di volo.

-          Dall’inizio della cattura si eseguono 2/3 controlli a settimana; ad ogni controllo gli insetti catturati vanno contati ed eliminati dai fondi collati.

-          Quando la sommatoria dei conteggi arriva allo standard di curva di volo verrà effettuato il trattamento, se le altre condizioni lo permettono.

-          Le capsule di feromone vanno sostituite ogni 2/4 settimane.

I campionamenti diretti sulle varie parti di vegetali saranno eseguiti con le varie modalità previste per ciascun fitofago. I trattamenti verranno effettuati al verificarsi delle soglie d’intervento, tenendo conto di altre variabili quali: lo stadio biologico dell’insetto, le popolazioni di antagonisti e il loro stadio biologico, lo stadio fenologico della pianta. Nel caso d’interventi con prodotti chimici, la scelta ricadrà su principi attivi selettivi e facilmente denaturabili dall’azione biochimica del terreno e fisica dell’atmosfera.

Colture interessate

Clementine, arancio, mandarino, limoni, cedro, bergamotto, ibridi triploidi, pompelmo.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari, fascia jonica catanzarese e reggina, crotonese, piana di Lamezia Terme, piana di Gioia Tauro, fascia alto Tirreno cosentino, fascia basso jonio reggino, fascia tirrenica del vibonese e vallata del Mesima   

Azioni divulgative

Incontri di gruppi ed individuali, produzione opuscoli e pieghevoli, informazione allo sportello e realizzazione di seminari.

Strutture di supporto

Università di Reggio Calabria , Facoltà di Agraria e Istituto Sperimentale per l’agrumicoltura di Acireale (CT).

Consulenze esterne

Facoltà di Agraria di Reggio Calabria, Istituto Sperimentale per l’agrumicoltura di Acireale.

Beneficiari

Aziende agricole, cooperative e consorzi di produttori

5.9 – DIFESA CONTRO LE AVVERSITÀ ATMOSFERICHE

Obiettivi

-          Allungamento del calendario di commercializzazione in zone caratterizzate da gelate tardive.

-          Salvaguardia delle produzioni e del reddito.

-          Salvaguardia della coltivazione e del suo stato fito-sanitario.

-          Miglioramento della qualità e quantità delle produzioni.

Descrizione dell’intervento

L’agrumicoltura calabrese si sviluppa in comprensori aventi differenti  caratteristiche pedo-climatiche. Non di rado gli agrumeti calabresi sono soggetti ad una serie di avversità atmosferiche quali:  gelate,  grandinate e venti. Tutti  questi eventi climatici rappresentano un rischio serio non solo perché danneggiano la produzione in corso, ma anche perché possono causare danni irrimediabili alle  piante. Le gelate sono molto frequenti nei comprensori agrumicoli calabresi e possono danneggiare i frutti, i rami, il fusto, le foglie e i semi. Il danno causato ai frutti in molte circostanze li rende incommerciabili  e si evidenzia con disseccamento, scollamento delle pareti cellulari, presenza di cristalli di esperidina, oleocellosi, scolorimento dell’epicarpo ect. Inoltre, i frutti presentano alterazioni della qualità riferibili a riduzioni degli acidi, dei solidi totali e del succo. Sulle foglie, i danni si verificano con distruzione parziale o totale dei tessuti e successiva filloptosi. Sulle parti legnose i danni da freddo si manifestano con imbrunimenti dei tessuti verdi, necrosi dei rametti terminali, disseccamento e fessurazioni della corteccia. La grandine è un altro evento meteorico che può creare dei problemi alle piante e ai frutti. Le foglie possono subire delle lacerazioni più o meno estese. Successivamente disseccano e cadono al suolo. Sui frutti si verificano diversi sintomi in relazione all’intensità, alle dimensioni dei chicchi e alla velocità del vento. L’oleocellosi è un sintomo che si manifesta a seguito di lievi grandinate e consiste nella rottura delle ghiandole oleifere e nella fuoriuscita degli oli essenziali che determinano la necrosi dei tessuti circostanti. Nel caso di forti grandinate, il frutto può subire cascola immediata o lacerazioni che interessano il flavedo, l’albedo o addirittura i segmenti. I rami lignificati risentono meno dell’effetto della grandine a differenza di quelli che presentano consistenza erbacea. Infatti, questi ultimi, tendono con molta facilità a lacerarsi e a disseccarsi. Le lacerazioni rappresentano una soluzione di continuità che permette l’insediamento di molte malattie generate da funghi. I venti forti rappresentano per gli agrumeti un fattore che può incidere in maniera negativa  sullo sviluppo vegetativo, sulla qualità e quantità delle produzioni. Alcune parti della pianta, più di altre, sono sensibili all’azione del vento. I germogli teneri possono lacerarsi, deformarsi e disseccare; i fiori stentano ad allegare; i frutti  possono presentare delle depressioni, ammaccature e graffiature, perché il vento li fa  urtare contro rami e spine. I frutti reagiscono  contro  tali lesioni producendo delle suberificazioni a livello di epicarpo. Alcuni venti particolarmente caldi o freddi determinano crolli di produzione notevoli. L’azione dannosa del vento influenza negativamente non solo  la fisiologia della pianta e la sua produttività ma anche il suo stato sanitario. Molte fessurazioni prodotte sui rami e, alcune volte, sulle branche, rappresentano punti in cui si sviluppano malattie.

Da quanto detto si evince che la diffusione di mezzi di difesa contro le avversità meteoriche è particolarmente importante.

L’azione divulgativa consisterà soprattutto nella realizzazione di un opuscolo nel quale saranno illustrate con l’ausilio di fotografie le tipologie di danno causato dalle avversità atmosferiche ai frutti e alle piante e tutti i mezzi di difesa contro la grandine, il vento e le gelate. Verranno organizzati alcuni seminari che avranno come tema la difesa attiva e passiva degli agrumeti contro le avversità atmosferiche. Tramite incontri di gruppo con gli agricoltori verrà chiarito l’utilizzo dei diversi mezzi di protezione. Per gli strumenti di difesa passiva  si cercherà, nelle zone in cui tale evento è frequente, di divulgare la possibilità di effettuare polizze assicurative.    

Colture interessate

Clementine, arancio, mandarino, limoni, cedro, bergamotto, ibridi triploidi, pompelmo.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari, fascia jonica catanzarese e reggina, crotonese, piana di Lamezia Terme, piana di Gioia Tauro, fascia alto Tirreno cosentino, fascia basso jonio reggino, fascia tirrenica del vibonese e vallata del Mesima  

Azioni divulgative

Incontri di gruppi ed individuali, produzione opuscolo, informazione allo sportello e organizzazione di seminari.

Strutture di supporto

Università di Reggio Calabria, Facoltà di Agraria e Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT).

Consulenze esterne

Facoltà di Agraria di Reggio Calabria; Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT).

 Beneficiari

Aziende agricole, cooperative e consorzi di produttori.

5.10 – PANORAMICA SULLE PRINCIPALI FITOPATIE

Obiettivi

L’iniziativa si propone di favorire la divulgazione di quanto si conosce, attualmente, sulle principali avversità degli agrumi. Sono oggetto di informazione per gli agrumicoltori: 

·         le conoscenze sulle avversità biotiche in vari contesti colturali;

·         le strategie di contenimento dei parassiti di nuova introduzione;

·         le conoscenze sugli antagonisti utili (artropodi predatori e parassitoidi) presenti nell'ambiente;

·         i principi della lotta guidata;

·         i principi della difesa integrata;

·         i principi della difesa biologica.

Descrizione dell’intervento

L’intervento mira a far conoscere le caratteristiche (sintomi, cicli, ecc.) delle diverse avversità che colpisco l’ecosistema agrumeto. La metodologia applicata è di tipo visivo-multimediale e si basa sull’utilizzazione di un supporto informatico, realizzato ad hoc, ove per ogni singola fitopatia verranno trattati tutti gli aspetti salienti.

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari, fascia jonica catanzarese e reggina, crotonese, piana di Lamezia Terme, piana di Gioia Tauro, fascia alto Tirreno cosentino, fascia basso jonio reggino, fascia tirrenica del vibonese e vallata del Mesima  

Azioni divulgative

Oltre alla produzione di un Cd Room multimediale, si effettueranno numerosi incontri in azienda e riunioni di gruppo con gli agricoltori.

Consulenze esterne

Università di Reggio Calabria, Facoltà di Agraria e Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT).

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori

6 – INTERVENTI PER LA DIFFUSIONE DI NUOVE CULTIVARS

6.1 – DIFFUSIONE DI NUOVE CULTIVARS DI CLEMENTINE, ARANCE E IBRIDI TRIPLOIDI

Obiettivi

Ampliamento del panorama varietale esistente; allargamento del periodo di raccolta e commercializzazione; presenza costante del prodotto sul mercato; aumento della redditività.

Descrizione dell’intervento

Clementine

La coltivazione delle clementine è diffusa su tutto il territorio regionale, ma in particolare nella Piana di Sibari, nella Piana di Lametia Terme, nella Piana di Gioia Tauro, nel Crotonese, nella Fascia Jonica Catanzarese e Reggina e nella Fascia tirrenica del Mesima.

Le cultivar presenti sono prevalentemente quelle riconducibili al “Clementine comune”, al Clementine ISA e al Clementine SRA 63.

Queste varietà, ormai largamente diffuse, si caratterizzano per le loro eccellenti qualità organolettiche, a tal punto da essere apprezzate su tutti i mercati nazionali ed internazionali, ma per contro la loro maturazione e commercializzazione avviene in un periodo di tempo molto ristretto, ovvero tra novembre e dicembre. La concentrazione di tale produzione in un periodo così ristretto crea non pochi problemi, tra cui quella della mancanza di personale per la raccolta, l’elevata concentrazione dell’offerta rispetto la domanda, prezzi bassi e di conseguenza diminuzione del reddito aziendale. Inoltre, nei periodi settembre-ottobre e gennaio-marzo, in cui non sono presenti le nostre produzioni, si ricorre all’importazione di clementine  dalla Spagna e da altri  Paesi del Bacino del Mediterraneo.

L’ARSSA, in collaborazione con l’Istituto Sperimentale di Agrumicoltura di Acireale, ha costituito dei campi dimostrativi presso i CSD di Sibari e Mirto per valutare l’adattamento di nuove selezione di clementine sia a maturazione precoce che a maturazione tardiva.

Nel campo allestito presso il CSD di Sibari sono presenti, tra le selezioni a maturazione precoce, i seguenti cloni: caffin, spinoso, sra 89, corsica 2, sra 85, ragheb, fedele, clementine comune precoce iam.

Per quanto riguarda invece i cloni a maturazione tardiva abbiamo: cpc3, orogrande, rubino, romano, cpc2, hernandina.

Nel campo allestito presso il CSD di Mirto sono in corso prove di adattamento delle seguenti varietà: sra 89, corsica 2, spinoso vcr, fedele iam, ragheb, rubino vcr, hernandina vcr, caffin e nour. Inoltre sono in corso prove di alcune cultivar di clementine (caffin, spinoso vcr, rubino, sra 63) su diversi portinnesti (arancio amaro, citrange carrizzo, citrumelo swingle, alemow, flying dragon).

Da alcuni anni vengono raccolti dati circa l’adattabilità delle diverse cultivar alle caratteristiche pedo-climatiche della piana di Sibari, l’epoca di maturazione ed il calendario di raccolta, le caratteristiche organolettiche dei frutti, la resistenza alle principali malattie fitosanitarie, l’entrata in produzione, la pezzatura dei frutti, le produzioni medie, etc.

Alla luce dei dati raccolti, alcune selezioni di clementine hanno dato risultati buoni per una eventuale diffusione nelle aree più vocate o in quelle zone dove il microclima è tale da esaltarne le caratteristiche produttive e qualitative.

Tuttavia, la diffusione delle varie selezioni di clementine su scala regionale va valutata con estrema attenzione e con accurati studi, onde evitare di ripetere errori fatti in passato, dovuti alla diffusione di specie e cultivar che non hanno trovato condizioni idonee di sviluppo nei territori in cui furono introdotte.

Arance

La coltivazione delle arance è diffusa, in particolare, nella Piana di Sibari, nella Piana di Lametia Terme, nella Piana di Gioia Tauro, nel Crotonese, nella Fascia Jonica Catanzarese e Reggina e nella Fascia tirrenica del Mesima.

Le cultivar presenti sono in molti casi riconducibili, tra le arance pigmentate, a vecchi cloni di tarocco, moro, sanguinello, sanguigno e, tra quelle del gruppo biondo, al biondo comune. Si tratta di cloni che per caratteristiche organolettiche, per pezzature, per zuccheri, per resa in zuccheri, etc., non trovano sbocchi sul mercato del fresco e quindi sono destinate alla trasformazione, anche se non sono neppure particolarmente adatte per la produzione di succo. In effetti, sia le attuali varietà del gruppo delle bionde che delle pigmentate, presenti in Calabria, sono poche idonee alla trasformazione, in quanto le prime presentano un contenuto di limonina elevato, e le seconde vanno incontro a fenomeni di alterazione di colore e sono pertanto più idonee alla produzione di succo congelato.

Occorre dunque procedere ad un rinnovamento varietale delle vecchie cultivar di arance con nuove selezioni di pregio, gradite dai consumatori, che trovano sbocco nel mercato del fresco.

Tra le arance ombelicate un certo interesse rivestono la Navelina vcr, la Navelina isa 315, il Newhall, il Fisher Navel, il Washington Navel, il Brasiliano, il Navelate ed il Lanelate. Si tratta di cultivar a polpa bionda molto gradite ai consumatori le quali, per la diversa epoca di maturazione, si ritrovano da ottobre a maggio e garantiscono un’offerta costante sui mercati nazionali ed internazionali.

Tra le cultivar del gruppo biondo, interesse rivestono alcune selezioni quali la Salustiana (cultivar a duplice attitudine da tavola e per succo), il Belladonna, il Biondo comune, l’Ovale (o calabrese), il Valencia campell e il Valencia late.

Tra le arance pigmentate quali tarocco e sanguinello occorre prendere in considerazione quelle selezioni che hanno mostrato di adattarsi alle condizioni pedoclimatiche delle diverse aree agrumicole della nostra regione.

Ibridi triploidi

La coltivazione di ibridi triploidi è poco diffusa su tutto il territorio regionale. Le nuove selezioni di ibridi triploidi rivestono una certa importanza, in quanto si trovano in commercio in periodi in cui sono presenti poche altre specie di agrumi, consentendo dunque un ampliamento dell’offerta, un’allargamento del periodo di raccolta, una presenza costante di agrumi calabresi sul mercato.

Alcune di questi ibridi,  in particolare il Mandalate, si caratterizzano per le eccellenti doti organolettiche dei frutti, a tal punto da avere riscosso apprezzamenti dai mercati nazionali e dalla GDO.

L’ARSSA, in collaborazione con l’Istituto Sperimentale di Agrumicoltura di Acireale, ha costituito dei campi dimostrativi presso i CSD di Sibari e Mirto per valutare l’adattamento di queste nuove selezione di ibridi triploidi.

Nei campi allestiti presso il CSD di Sibari e di Mirto sono presenti le seguenti selezioni: Tacle, Clara, Camel, Mandavate, C6925.

Le varietà di ibridi triploidi, in osservazione nei campi dimostrativi dell’ARSSA di Sibari e Mirto, stanno dando buoni risultati sia in termini quantitativi che qualitativi.

I dati raccolti circa l’adattabilità alle caratteristiche pedo-climatiche della piana di Sibari, l’epoca di maturazione ed il calendario di raccolta, le caratteristiche organolettiche dei frutti, la resistenza alle principali malattie fitosanitarie, l’entrata in produzione, la pezzatura dei frutti, le produzioni medie, etc., hanno mostrato che per alcune di queste nuove selezioni è possibile ed auspicabile la diffusione nelle aree più vocate o in quelle zone dove il microclima è tale da esaltarne le caratteristiche produttive e qualitative, specie per il Mandavate.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.

Azioni divulgative

Attraverso incontri individuali, incontri di gruppo, visite guidate ai campetti dimostrativi, giornate dimostrative e seminari, verranno diffusi i dati raccolti circa il comportamento delle nuove selezioni di clementine, arance ed ibridi triploidi.

Attenzione verrà posta alla scelta dei cloni in riferimento alla vocazionalità e caratteristiche pedoclimatiche delle varie zone.

Strutture di supporto

Centri Sperimentali Dimostrativi di Sibari e Mirto.

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori

6.2 – SCELTA DI PORTINNESTI PER NUOVI IMPIANTI E REIMPIANTI

Obiettivi

Migliorare la  qualità e quantità delle produzioni agrumicole. Ridurre i costi attraverso una scelta razionale del portinnesto. Ridurre le problematiche fitosanitarie legate alla caratteristiche del portinnesto e della combinazione cultivar/portinnesto.

Descrizione dell’intervento

Partendo dalle analisi chimico-fisiche-biologiche del terreno, analisi pedologica, dati climatici, giacitura, sistemazioni idrauliche superficiali, drenaggi, presenza di barriere frangivento e dalle caratteristiche genetiche e sanitarie della cultivar innestata, si forniranno all’agrumicoltore una serie di informazioni sull’influenza del portinnesto sullo sviluppo vegetativo della cultivar innestata; sul periodo di maturazione dei frutti e sulle caratteristiche qualitative, quantitative e sanitarie degli stessi; sul sesto d’impianto e sulle tecniche colturali più idonee in relazione alla scelta del portinnesto.

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi.

Portinnesti interessati

Arancio amaro, citrange troyer, citrange carrizo, citrumelo, poncirus trifoliata, poncirus trif. var.”flying dragon”, citrus macrophylla, limone volkameriano.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari, fascia jonica catanzarese e reggina, crotonese, piana di Lamezia Terme, piana di Gioia Tauro, fascia alto Tirreno cosentino, fascia basso jonio reggino, fascia tirrenica del vibonese e vallata del Mesima  

Azioni divulgative

Facendo seguito ad un’approfondita analisi dei dati aziendali e delle cultivar adottate, verranno illustrate agli agrumicoltori le possibili combinazioni con il portinnesto, gli eventuali interventi da effettuare sull’impianto (concimazione di fondo, trattamenti fitosanitari al terreno, sistemazioni idraulico-agrarie, barriere frangivento, ect.), la scelta del sesto d’impianto e le tecniche colturali più appropriate.

Strutture di supporto

Laboratorio analisi di Sibari e Locri; Servizio Agropedologico di  Catanzaro lido.

Consulenze esterne

Stituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori

7 – INTERVENTI PER LA SALVAGUARDIA AMBIENTALE

7.1 – CORRETTO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI SPECIALI

Obiettivi

L’inquinamento ambientale rappresenta uno dei problemi di più difficile risoluzione, con conseguenze sull’ecosistema e sulla salute umana. Molte aree ad agricoltura avanza e intensiva sono oggi al centro dell’attenzione per una serie di problematiche ambientali, tra le quali l’inquinamento prodotto da un utilizzo indiscriminato dei prodotti  fitosanitari e dal cattivo smaltimento dei rifiuti speciali.

Al fine di limitare i danni all’ambiente dovuti all’abbandono indiscriminato dei rifiuti speciali provenienti dal mondo agricolo, è opportuno realizzare azioni divulgative portando a conoscenza degli addetti ai lavori la normativa in materia di smaltimento dei rifiuti speciali e i metodi di stoccaggio degli stessi in agricoltura.

 

Dscrizione dell’intervento

Con il DL 22 del 5 febbraio 1997, comunemente chiamato Decreto Ronchi, vengono attuate in Italia le Direttive Comunitarie 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti  pericolosi e la direttiva  94/68/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggi.

Dal 1997 in poi sono stati promulgati una serie di provvedimenti legislativi, molto dei quali hanno avuto anche effetti sul mondo agricolo.

I continui aggiornamenti, tuttavia, hanno creato notevole confusione tra i non addetti ai lavori.

In modo semplificato  le leggi e le circolari che hanno interessato l’agricoltura sono:

Legge 25 gennaio 2006, n. 29: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge comunitaria 2005. (GU n. 32 del 8-2-2006-Suppl. Ordinario n.34) Art. 11: Adempimenti in materia di rifiuti pericolosi

Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 2004: Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2005 - cap. 1 sezione veicoli a fine vita o fuori uso. (GU n. 305 del 30-12-2004)

Circolare 9 marzo 2004, n.1825: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio. Normative riguardanti le acque di lavaggio e di sentina, di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182. Chiarimenti ed applicazioni delle modifiche introdotte con la legge 27 febbraio 2004, n. 47. (GU n. 62 del 15-3-2004)

D. P. C. M. 23 dicembre 2003: Proroga dello stato di emergenza nel territorio della regione Calabria nel
Decreto Legge 31 ottobre 2003, n.306: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge comunitaria 2003. (GU n. 266 del 15-11-2003- Suppl. Ordinario n.173) ART. 23. (Modifiche all'articolo 1 della legge 21 dicembre 2001, n. 443).

Decreto 31 ottobre 2002: Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Recepimento del protocollo d'intesa ai sensi dell'art. 1, comma 8, della legge 18 giugno 2002, n. 118 - Obblighi smaltimento materiali di origine animale classificati a rischio e copertura dei relativi costi. (GU n. 266 del 13-11-2002)

Legge 31 luglio 2002, n.179: Disposizioni in materia ambientale. (GU n. 189 del 13-8-2002)

Decreto Interministeriale: recante “Norme per l’esecuzione della Decisione 2000/532/CE come modificata dalle decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE e rettifica alla decisione 2001/118/CE nuova rettifica alla decisione 2001/118/CE”: Con Allegati C.E.R. (Catalogo Europeo dei Rifiuti) Elenco dei rifiuti istituito conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti e all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi.

Circ. 11 dicembre 2001, n. 104: (Ag. dell’Entr.) Obbligo di numerazione e vidimazione del registro di carico e scarico dei rifiuti.

Legge 20 agosto 2001, n. 335: Testo coordinato del decreto-legge 16 luglio 2001, n. 286 Ripubblicazione del testo del decreto-legge 16 luglio 2001, n. 286, convertito, senza modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 335 recante: “Differimento dei termini in materia di smaltimento di rifiuti". (in Gazzetta Ufficiale – serie generale - n. 164 del 17 luglio 2001).

D.L. 16 luglio 2001, n. 286: (Differimento di termini in materia di smaltimento di rifiuti), pubblicato sulla GU n. 164 del 17 luglio 2001, ha differito il termine di cui all'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.

Legge 23 marzo 2001, n. 93: (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2001) Disposizioni in campo ambientale.

D.M. 18 aprile 2000, n. 309: Regolamento di organizzazione e funzionamento dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti. (Art.26, comma 4, , D.Lgs. 22/97).

 Legge 9 dicembre 1998, n. 426: (Pubblicato sulla G.U. n. 291 del 14 dicembre 1998) Nuovi interventi in campo ambientale. Testo aggiornato e coordinato con la Legge 23 marzo 2001, n. 93

D.M. 4 agosto 1998, n. 372: Regolamento recante norme sulla riorganizzazione del Catasto dei Rifiuti (Art. 11, comma 1, D.Lgs. 22/97).

Decreto Ministeriale 1º aprile 1998, n. 148: Gazz. Uff., 14 maggio, n. 110. Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti.

D.M. 1 aprile 1998, n. 145: Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti.(Artt. 15, 18, comma 2, lett. e, comma 4 D.Lgs. 22/97).

Decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389: (con succ. mod.) Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di imballaggi e di rifiuti di imballaggio. (Gazz. Uff., 8 novembre, n. 261).

D.M. 29 ottobre 1997: Approvazione Statuto CONAI.

Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22:  (Decreto Ronchi)  Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. (Decreto Ronchi) Testo coordinato (aggiornato al D.P.R. n. 254 del 15 luglio 2003 - pubblicato su GU n.211 del 11-9-2003). (GU n. 38 del 15 -2-1997 - S.O. n. 33)

Il settore agricolo, per la sua parcellizzazione eccessiva e per altre cause strutturali, necessita ancora di stimoli e di informazioni precise che solo una capillare assistenza tecnica e divulgazione possono fornire.

L’intervento divulgativo consisterà, pertanto, nella raccolta di tutta la normativa legale e tecnica riferita allo smaltimento dei rifiuti, alla sintesi di tutti gli elementi e alla realizzazione di uno schema chiaro e preciso ad uso degli imprenditori agricoli.

Saranno realizzati incontri e semonari per discutere sulle modalità dello smaltimento, su divieti, obblighi e violazioni, fornendo esempi reali e risoluzione di problematiche tecniche.

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.

Localizzazione dell’intervento

Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.

Azioni divulgative

L’azione divulgativa, come già accennato, si realizzerà attraverso una serie di incontri tecnici con gruppi di agricoltori, privilegiando il rapporto con le cooperative di produttori. Si realizzerà un opuscolo divulgativo contenente gli articoli di legge più importanti opportunamente commentati ed esemplificati.

Strutture di supporto

ASL 3 Rossano, Ditte autorizzate allo smaltimento; Ufficio Divulgazione Legislativa ARSSA di Reggio Calabria.

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori del territorio Calabrese

7.2 – CORRETTO IMPIEGO DELLE MACCHINE IRRORATRICI

Premessa

I trattamenti fitosanitari vengono effettuati principalmente su indicazioni dei rivenditori di prodotti chimici, spesso in maniera inadeguata, senza accertarsi della presenza dei parassiti, utilizzando prodotti ad ampio spettro d’azione. Inoltre, i trattamenti irrazionali sono i principali responsabili della contaminazione di terreno, acque, falde, atmosfera e produzioni, nonché rappresentano un serio rischio per la salute degli operatori e consumatori.

Il non corretto funzionamento delle irroratrici è la principale causa di inefficacia dei trattamenti; infatti, ci si preoccupa più dei principi attivi da utilizzare che come distribuirli sulle superfici da trattare. I numeri ottenuti da studi recenti sono inesorabili nel denunciare le perdite di distribuzione a terra e per deriva: 40-65% della dose impiegata. Ad aggravare la situazione è il pessimo stato di manutenzione in cui versano le irroratrici: manometri imprecisi, ugelli inefficienti e mal direzionati con  flussi che hanno angoli di incidenza errati.

La Regione Calabria, con delibera n° 6775 del 23.11.1998 ha approvato il progetto “Verifica dell’efficienza distributiva delle macchine irroratrici”, nell’ambito del Programma Interregionale - Misura 4 - “Agricoltura e qualità” e ne ha affidato all’ARSSA la realizzazione. Ora, si tratta di diffondere sul territorio le evidenze ottenute e porre le basi per un nuovo modo di intendere la produzione agrumicola.

La problematica ha reso centrale il compito della divulgazione nella diffusione della conoscenza e del corretto impiego delle macchine per la difesa antiparassitaria e, quindi, nella riduzione delle dosi di prodotti fitosanitari, anche in virtù delle necessarie certificazioni richieste in ambito comunitario e non per la commercializzazione dei prodotti agricoli.

Obiettivi

Ottimizzazione dei trattamenti fitosanitari con conseguenti riduzioni dell’impatto ambientale e dei  costi di produzione.

Descrizione dell’intervento

L’azione, fatto tesoro delle conoscenze acquisite nel tempo con le numerose verifiche funzionali effettuate, coinvolgerà gli operatori agricoli dimostrando loro che si possono ottenere buone coperture sanitarie dell’agrumeto, impiegando non solo quantità di agrofarmaci in dosi adeguate come prescritto dal produttore, ma soprattutto adoperando un corretto utilizzo della macchina. Sarà conseguito, in tal modo, un guadagno economico, riducendo i rischi per salute e ambiente.

Tutto ciò si può ottenere con una giusta regolazione delle irroratrici e distribuendo un congruo volume di soluzione in relazione al tipo di parassita da combattere, al tipo di coltura (sesto d’impianto, altezza e spessore della chioma) e alle caratteristiche del prodotto fitosanitario, e non ultimo, effettuando una periodica manutenzione delle macchine.

Bisognerà sottolineare che, anche se in Italia la verifica funzionale è su base volontaria, le aziende che conferiscono i loro prodotti alla GDO sono obbligate ad effettuarla per ottenere la certificazione della filiera produttiva.

Oltre a questo si dovrà provvedere a fare conoscere gli effetti indotti dal cattivo impiego degli agrofarmaci sulle caratteristiche igienico-sanitarie delle produzioni agricole.

Ancora, risulta doveroso porre l’accento sulla sicurezza degli operatori agricoli nell’utilizzo dei mezzi meccanici durante le operazioni di campo.

Colture interessate

Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.

Localizzazione dell’intervento

Regione Calabria.

Azioni divulgative

Verranno organizzate giornate dimostrative presso i Centri di verifica funzionale e di Taratura; si effettueranno corsi di formazione per operatori agricoli; seminari divulgativi su: l’efficacia delle macchine tarate e vantaggi conseguibili, importanza delle certificazioni per la commercializzazione dei prodotti, rischi sanitari e ambientali. Produzione di materiale divulgativo (opuscoli, cd-rom, video).

Strutture di supporto

Centri Sperimentali, ENAMA, ISMA, DEIAFA, Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.

Beneficiari

Aziende agricole singole; aziende agricole associate, Associazione di produttori.

8 – INTERVENTI PER LA PROMOZIONE DELLE PRODUZIONI A MARCHIO

8.1 – LIMONE DI ROCCA IMPERIALE E DELL’ALTO IONIO COSENTINO

Premessa

Pur esistendo un Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Limone di Rocca Imperiale e dell’alto Jonio Cosentino, che si sta interessando del riconoscimento IGP, questo agrume attualmente non è ancora riconosciuto.

Negli ultimi anni, il Ce.D.A. n. 3 ha fornito assistenza tecnica e si è adoperato per la promozione del limone, tenendo stretti rapporti con i soci del Consorzio.

Nei periodi estivi degli ultimi anni, sono state già realizzate, nel Comune di Rocca Imperiale, tre edizioni della “Festa del Limone”.

In tali circostanze sono state prodotti e distribuiti pieghevoli che illustrano le proprietà organolettiche e salutistiche di questo agrume.

E’ grave constatare che il Limone di Rocca Imperiale viene commercializzato anonimamente sotto altre denominazioni e marchi già affermati.

Obiettivi

Promuovere e valorizzare le eccellenti qualità del Limone di Rocca Imperiale, facendolo conoscere sia ai consumatori che alle industrie di trasformazione.

Descrizione dell’intervento

Sarà realizzato un opuscoletto in cui saranno descritte le qualità organolettiche del frutto e i suoi svariati usi. Nel contempo, sarà evidenziato il legame esistente tra produzioni agrumicole di nicchia e territorio circostante, analizzato dal punto di vista ambientale-culturale-turistico. Verranno allestiti pannelli e manifesti di varie dimensioni, dove pubblicizzare il limone adottando un logo o un marchio.

Le aziende che producono e commercializzano già ilLimone di Rocca Imperiale, potranno metterlo a disposizione confezionandolo in forme adatte per manifestazioni e promozioni.

Localizzazione dell’intervento

Rocca Imperiale e tutto l’Alto JonioCosentino

Azioni divulgative

Partecipazione alle future edizioni della “Festa del Limone”.

In questa manifestazione, si terrà una prova di assaggio e verrà effettuato un confronto con limoni di diversa provenienza, assegnando un punteggio a vari parametri organolettici.

A livello Provinciale e Regionale si prevede la presenza a varie manifestazioni fieristiche (Fiera Jonica, Expo-Cassano, Fiera di Lamezia, etc.), nel corso delle quali si presenterà il prodotto variamente confezionato e valorizzato.

E’ prevista, altresì, la partecipazione ad eventuali mostre pomologiche, che si tengono generalmente fuori regione (Scanzano Ionico, etc.), e anche la partecipazione a trasmissioni televisive. In tutti questi eventi lo scopo principale sarà quello di pubblicizzare il prodotto.

Strutture di supporto

Servizio Marketing

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT).

Beneficiari

Aziende agricole limonicole, Consorzio del Limone, Consumatori,Commercianti.

8.2 – CEDRO DELLA “RIVIERA DEI CEDRI”

Obiettivi

Riduzione dei costi di produzione; introduzione di processi di allevamento innovativi; aumento della redditività per ettaro; miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dell’imprenditore; supporto al riconosciuto Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione del Cedro di Calabria per l’acquisizione del marchio di protezione europea.

Descrizione dell’intervento

Con il presente intervento si vogliono acquisire tutti i dati relativi alla coltura del cedro, al fine di supportare l’attività del riconosciuto Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione del Cedro di Calabria per l’acquisizione del marchio di protezione europea, in particolare per quanto riguarda la redazione del disciplinare tecnico di produzione e l’elaborazione della cartografia tematica dedicata, in quanto elaborati obbligatori per l’iter europeo.

Verrà introdotta e collaudata nelle cedriere una forma di allevamento innovativa (palmetta libera), valutandone la convenienza economica rispetto al sistema di allevamento tradizionale. Detta forma di allevamento è stata già introdotta in via sperimentale presso un campo dimostrativo sito nell’area individuata per l’istituzione del marchio di protezione europea. Si ritiene che l’adozione della forma di allevamento a palmetta libera possa contribuire ad abbattere i costi di produzione e a rendere meccanizzabile la maggior parte delle operazioni colturali. Inoltre, tale forma di allevamento permette l’accesso in campo anche durante il periodo invernale, quando la pianta è protetta, consentendo un più oculato controllo fitosanitario.Verrà proposto ai cedricoltori anche il sistema di copertura “a tuttocampo”, che si è rivelato molto funzionale.

Attraverso il continuo scambio con i tecnici della divulgazione agricola e quelli impegnati presso i CSD ove vengono svolte attualmente le prove sperimentali inerenti l’attività agrumicola (CSD Mirto, Locri, Gioia Tauro, Lamezia e Sibari), nonché con il supporto dei Centri di Taratura e Controllo delle macchine irroratrici,  saranno acquisiti e divulgati i dati relativi al miglioramento dell’utilizzo delle risorse (acqua, suolo, fertilizzanti, ecc.) e sarà valutato il miglioramento delle condizioni di sicurezza alimentare e del benessere dell’operatore agricolo. Il programma sarà integrato dalla realizzazione, presso le strutture vivaistiche autorizzate dell’ARSSA, di un campetto di piante madri, creando le basi per un’attività vivaistica finalizzata alla preservazione della varietà locale più pregiata (Liscia di Diamante) e garantirne la sanità (tramite i laboratori accreditati dell’ARSSA).

Localizzazione dell’intervento

Alto Tirreno Cosentino, precisamente fascia costiera che delimita “La Riviera dei Cedri”

Azioni divulgative

Gli obiettivi prefissati verranno raggiunti mediante un’attività sinergica sul territorio, caratterizzata dalle seguenti azioni divulgative:

-          Organizzazione giornate divulgative;

-          Visite guidate in Aziende leader e Centri Sperimentali;

-          Attività di monitoraggio fitosanitario (agrometeo e fitopatologico);

-          Realizzazione di schede tecniche sulla coltura;

-          Realizzazione di un opuscolo divulgativo;

-          Realizzazione cartografia tematica dedicata;

-          Supporto al piano di marketing.

Strutture di supporto

Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione del Cedro di Calabria; CSD ARSSA (laboratori, vivai, centri di taratura e controllo delle macchine irroratrici); SITAC ARSSA di Reggio Calabria, Servizio Agrometeorologico e Agropedologico dell’ARSSA; CeSA n. 1; CeDA n. 24.

Consulenze esterne

Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Università Mediterranea di Reggio Calabria (facoltà di Agraria).

Beneficiari

Aziende Agricole, singole ed associate; Cooperative Agricole; Associazioni di produttori. Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione del Cedro di Calabria

8.3 – IGP “CLEMENTINE DI CALABRIA”

Obiettivi

Obiettivo dell’iniziativa è quello di promuovere azioni divulgative indirizzate alla diffusione e conoscenza delle clementine. Si tratta di un prodotto con una sua connotazione ben definita e una qualità intrinseca che consente al consumatore di distinguere e scegliere in relazione a peculiarità, pregio e unicità dello stesso.

Descrizione dell’intervento

L’intervento si propone di stimolare una riflessione su alcuni aspetti che riguardano la qualità in agricoltura, ma soprattutto si vuole dare impulso alla valorizzazione e promozione dei prodotti tipici, con riferimento particolare all’IGP-Clementine di Calabria. L’impostazione del lavoro parte dalla considerazione che  la valorizzazione e promozione della qualità in agricoltura costituiscono presupposti indispensabili per orientarsi al mercato, assumendo un ruolo da protagonisti. Per questo occorre pianificare azioni e misure rivolte alla affermazione di una qualità superiore, ai fini di rendere l’offerta più rispondente alle esigenze della domanda, ma anche per puntare ad una organizzazione commerciale che sia in grado di far fronte alle esigenze della moderna distribuzione. Tra le diverse strategie di intervento, un aspetto prioritario riguarda il potenziamento delle produzioni tipiche e delle strutture organizzative a cui è affidata la gestione di tali produzioni (OP) e loro associazioni (AOP), sviluppando politiche di promozione e valorizzazione a tutela della qualità e sostenendo politiche di penetrazione in nuovi mercati.  

Secondo una formulazione rispondente ai nuovi criteri, la qualità si può definire come “l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche di un prodotto che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare le esigenze espresse o implicite” (UNI-ISO 8402).

Solitamente per un prodotto agroalimentare si usano termini come: genuinità - tipicità - qualità, spesso tra loro confusi.

La genuinità esprime un concetto naturale, cioè l’assenza di sostanze estranee alla natura intrinseca dell’alimento, cioè un prodotto senza aggiunta di additivi di qualsivoglia natura, indipendentemente dalla possibile pericolosità di questi ultimi per la salute.

La tipicità indica il caratteristico, il concetto cioè della tradizione, della metodologia di produzione propria di un determinato ambiente geografico.

La qualità individua invece vari aspetti del prodotto, igienici, nutrizionali, organolettici, di serbevolezza, il possibile impiego, il prezzo ecc…, cioè aspetti alimentari, di uso e tecnologici.

Le strategie di qualità globale vanno al di là delle norme comuni di riferimento (calibro - colore - forma - contenuto in succo - stato sanitario).

Sempre maggiore importanza assume per il consumatore la conoscenza dei requisiti nutrizionali, l’acquisizione della certezza della mancanza di residui tossici per la salute, ma anche garanzie che riguardano il sapore per il riconoscimento di denominazione - provenienza ed eventuale marchio.

L’allargamento di mercati prospetta certo un aumento dei problemi legati alla commercializzazione e scambio, ma offre nuove opportunità grazie al mutamento dei modelli di comportamento dei consumatori. Occorre pertanto essere preparati ed attrezzati ad orientare la produzione in maniera diversa, ponendo attenzione alla diversificazione, alla qualità e tipicità proprie della zona. Un atteggiamento quindi non più orientato al prodotto in quanto tale, ma indirizzato al mercato. Un cambio di mentalità radicale, presupposto fondamentale per affrontare la nuova sfida, la figura del produttore cioè non più separata e disgiunta dall’aspetto commerciale.

Un passo decisivo in tal senso, anche se non ancora del tutto recepito, è stato fatto con la introduzione delle norme di qualità UNI-ISO 9000, dove ISO contraddistingue le norme di qualità internazionale, UNI quelle di recepimento nazionale.

Dette norme stabiliscono criteri di adozione in tutti i settori produttivi attraverso sistemi di qualità che assicurino il rispetto  di standard definiti e dichiarati.

A questo proposito la valorizzazione della qualità dei frutti di agrumi si pone pertanto come obiettivo prioritario richiesta sia dalle moderne tecniche di commercializzazione che dalle esigenze dei consumatori.

La spinta verso il controllo e la certificazione è molto forte, e diventerà una tappa obbligata nelle scelte e indirizzi produttivi che si intendono perseguire.

E in tale contesto che trova giustificazione e assume rilevanza il diffondersi di processi produttivi di tipo biologico, favoriti da incentivi comunitari(REG. CEE 2078/92 e 2092/92) che contemplano indicazioni e controlli della produzione attraverso analisi, certificazioni, canali preferenziali (in sostanza metodi di produzione ecocompatibili: produzione biologica e lotta integrata).

Verso questa via tendono anche le valorizzazioni di determinate produzioni tipiche mediterranee (oli extravergine, vini, formaggio, agrumi come le Clementine), per le quali vengono definite oltre la tipicità, le tecniche produttive e la zona di provenienza (REG. CEE 2082/92 sulla attestazione comunitaria di specificità).

IGP Clementine di Calabria e Costituzione  del Consorzio per la tutela della IGP

Quanto espresso in precedenza rappresenta la premessa e lo scenario entro cui collocare alcune misure comunitarie che prevedono incentivi alla creazione ed al potenziamento di Consorzi/Associazioni di produttori di prodotti di qualità le cui denominazioni siano riconosciute ai sensi del REG. CEE 2081/92.

Con provvedimento comunitario (REG. CEE N. 2325/97) infatti viene prima riconosciuta al Clementine, nostro prodotto di maggiore pregio, la qualifica di IGP Clementine di Calabria, mentre con successivo adempimento, strettamente connesso al primo, viene emanato il Decreto 9-Giugno-2006, in cui si attribuisce il riconoscimento del Consorzio per la tutela della IGP “Clementine di Calabria”.

Il Consorzio, che ha sede a Lamezia Terme, presso il Centro di Ricerca Agroalimentare, dispone degli strumenti normativi previsti dallo Statuto, finalizzati alla tutela, valorizzazione e promozione delle Clementine di Calabria, che presentano caratteristiche estetiche ed organolettiche uniche nel loro pregio, non comparabili con produzioni simili di altre aree geografiche.

La diversità si estrinseca nella pezzatura, nel giusto equilibrio tra acidi e zuccheri, colore, serbevolezza, come risultato non solo di una vocazionalità pedoclimatica, ma anche di un procedimento colturale che ha saputo coniugare tradizione ed evoluzione tecnologica.

Il riconoscimento del marchio sarà concesso solo ai prodotti ottenuti all’interno delle aree geografiche delimitate, e subordinato al rispetto delle misure previste dal disciplinare tecnico di produzione e che i prodotti possiedano i requisiti minimi di qualità specificati nello stesso.

L’impostazione metodologica del documento si ispira alle direttive generali del REG. CEE 2078/92 per la produzione integrata e RED. CEE 2092/91 per quella biologica.

Per sommi capi il disciplinare detta norme di comportamento che riguardano la filiera produttiva nella sua interezza: scelta varietale, materiale di propagazione certificato, portainnesti, gestione e cure colturali, sistemi di impianto, potatura, uso di fitoregolatori, lavorazione o non (diserbo), sistemazione e drenaggio acque, concimazione, difesa dai venti e gelo, diagnostica, irrigazione, raccolta.

Particolare riferimento va alla difesa fitosanitaria integrata (pianificazione di interventi agronomici, chimici e biologici) e all’uso di principi attivi a ridotto impatto ambientale, ammessi dal disciplinare.

Grande attenzione viene posta alla raccolta e trattamento frutta e al concetto della opportunità di fare riferimento alla maturazione fisiologica del frutto attraverso parametri già noti (rapporto solidi/solubili o zuccheri/acidi) ed il contenuto in succo. Va esaltato in sostanza il concetto della buona pratica agricola, sacrificando la quantità a beneficio della qualità, salute e competitività.

In ultima analisi, deve essere promossa la diffusione capillare del marchio con opportuni meccanismi promozionali e normativi e attraverso azioni divulgative mirate

Colture interessate

Clementine coltivate nel territorio regionale all’interno delle aree individuate dal disciplinare. Il riconoscimento del marchio IGP sarà concesso solo ai prodotti ottenuti in tali aree, a condizione che siano rispettate le misure riportate nel disciplinare tecnico e che i prodotti possiedano i requisiti minimi di qualità nello stesso specificati.

Localizzazione interventi

Gli interventi saranno concentrati in tutte le aree regionali interessate alla coltivazione delle clementine a marchio IGP. In particolare, va menzionata la Sibaritide, la piana di Lamezia, la fascia ionica reggina, la fascia ionica del crotonese e il territorio di diversi comuni del catanzarese e del vibonese.

Strutture di supporto

Facoltà di Agraria di Reggio Calabria; Associazioni di categoria; Comuni, Consorzio per la tutela della IGP.

Consulenze

Università - Istituto Sperimentale di Agrumicoltura di Acireale - Provincia - Regione Calabria.

Beneficiari

Aziende agrumicole singole o associate (OP - AOP); cooperative di produttori; commercianti, agenti e intermediari a diverso titolo coinvolti nella filiera.

8.4 – BERGAMOTTO DI REGGIO CALABRIA

Premessa

Fin dal l1931, a Reggio Calabria esiste il Consorzio del Bergamotto, nato con la precisa finalità di difendere la produzione e tutelare l’intero settore, compreso quello della trasformazione.

Il marchio DOP è stato ottenuto grazie alla Legge Nazionale n. 39 del 25/02/2000 (Legge Aloi) e successiva registrazione europea del riconoscimento, sancito con il Reg. CE n. 509 del 15/03/2001 “Bergamotto di Reggio Calabria olio essenziale”.

L’azione di valorizzazione e tutela del comparto bergamotticolo è strettamente connessa all’esistenza del marchio DOP; grazie ed esso si sta mirando ad un definitivo decollo, puntando sul miglioramento quantitativo e qualitativo del prodotto (olio essenziale).

Le azioni di base dovrebbero essere indirizzate a risolvere le problematiche connesse ai bergamotteti in produzione (impianti obsoleti, tecniche colturali da affinare per abbattere i costi) rinnovando i vecchi impianti; per di più, andrebbe curato l’aspetto della promozione dell’immagine del prodotto in Italia e all’estero.

Il Ce.D.A. n. 20 “Versante dello Stretto” ha dato un valido contributo alla bergamotticoltura del territorio reggino, fornendo assistenza tecnica ai bergamotticoltori.

Sono state realizzate, in collaborazione con l’ISA di Acireale, circa 200 analisi del terreno e fogliari, coinvolgendo altrettante aziende bergamotticole; a seguito di ciò sono stati elaborati piani di concimazione allo scopo di razionalizzare l’aspetto della fertilizzazione.

Sono stati introdotti anche concimi fogliari, ad integrazione di quelli somministrati al terreno, per colmare deficienze nutrizionali riguardanti i microelementi.

Il CSD “Area dello Stretto” ha effettuato, anche, prove sperimentali in campo, mettendo a confronto la coltura tradizionale con sistemi di allevamento innovativi e biologici.

Obiettivi

Promuovere e valorizzare le eccellenti qualità e potenzialità del bergamotto, per le molteplici applicazioni che possiede nel campo della medicina e farmacologia, nell’industria profumiera, nella cucina (liquori, dolci, marmellate ecc.) e nella produzione di oggetti d’artigianato locale (tabacchiere, fiori, bambole ecc.).

Descrizione dell’intervento

Occorre promuovere e valorizzare l’intera filiera bergamotticola (coltivazione, trasformazione, commercializzazione del prodotto e marketing).

L’esistenza della DOP può servire da garanzia di qualità del prodotto, ma non è sufficiente a dare l’impulso necessario al rilancio definitivo di questo agrume; andrebbe curato l’aspetto della concentrazione dell’offerta al fine di ottenere economie e giusta remunerazione per gli operatori del settore.

Altri interventi dovranno riguardare:

-          la promozione dell’associazionismo e le azioni di marketing;

-          il miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei processi produttivi;

-          gli interventi volti all’adeguamento tecnico-professionale degli operatori agricoli;

-          il monitoraggio della consistenza della produzione delle singole aziende;

-          l’assistenza tecnica e divulgazione alle aziende;

-          la realizzazione di carte tematiche;

-          la capacità di far conoscere questa realtà al flusso turistico.

Localizzazione dell’intervento

Litorale Jonico della provincia di Reggio Calabria e litorale Tirrenico da Reggio C. a Villa San Giovanni.

Azioni divulgative

Le azioni divulgative, che riguarderanno la promozione del prodotto e la sua valorizzazione, si esplicheranno a livello regionale, ma anche nazionale, con la partecipazione a fiere, sagre e manifestazioni agricole.

La Regione Calabria dovrà patrocinare la partecipazione a manifestazioni di carattere nazionale ed internazionale (ad es.: Salone del gusto di Torino, Fiera del Levante di Bari, Fiera agricola di Verona, ecc.)

In queste manifestazioni si potranno organizzare prove di assaggio di liquori  e prodotti dolciari a base di bergamotto, si farà conoscere l’olio essenziale, le proprietà che possiede e le applicazioni che offre.

A livello provinciale e regionale, si prevede la presenza a varie manifestazioni fieristiche (Fiera Jonica, Expo-Cassano, Fiera agricola di Lamezia, etc.)

Affinché l’effetto promozionale possa essere ancora più incisivo, sarà necessario intervenire su organi di stampa e televisivi, partecipando a trasmissioni di interesse agricolo e culinario.

Strutture di supporto

Servizio Marketing, SITAC.

Consulenze esterne

Facoltà di Agraria di Reggio Calabria, Consorzio del Bergamotto, Stazione Sperimentale per l’industria delle essenze e dei derivati agrumari, Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT).

Beneficiari

Aziende agricole bergamotticole (produttori), Consorzio del bergamotto di Reggio Calabria, Industrie profumiere, farmaceutiche ed alimentari, botteghe artigiane e commercianti.

9 – INTERVENTI PER LA PROMOZIONE DELL’ASSOCIAZIONISMO

9.1 – PROMOZIONE DELL’ASSOCIAZIONISMO

Obiettivi

Favorire politiche di cooperazione e di associazionismo tra le aziende agricole; creare, assistere e coordinare le iniziative formative ed imprenditoriali da avviare sul territorio, affinchè si superi la fase dello sviluppo spontaneo e precario per passare a quello dello sviluppo programmato e strutturato.

Descrizione dell’intervento

Uno dei compiti è quello di imprimere una decisiva accelerazione alla crescita socio-economica del territorio, orientandola verso forme di sviluppo sostenibile ed auto-propulsivo, rispettoso dell’ambiente  e della cultura tradizionale.

Scartando il modello di sviluppo legato all’insediamento di grandi unità produttive, si deve puntare alla valorizzazione dell’esistente e alla promozione di attività imprenditoriali strettamente radicate sul territorio, espressioni potenziali dello stesso. E’ necessario, quindi, puntare sulle piccole iniziative di tipo cooperativo, perché più semplici da realizzare e concretamente gestibili.

Al fine di consolidare e dare continuità a questa filosofia di intervento, è naturale la collaborazione fra le Istituzioni Pubbliche (Comunità Montana, Comuni, Scuole, ecc.) e le aziende agricole per superare le tante incomprensioni e diffidenze che hanno caratterizzato il loro rapporto nel recente passato.

Per questo motivo si cercherà attivare un sistema pubblico-privato, aperto agli enti locali, alle forze imprenditoriali, alle organizzazioni dei produttori e a quanti, a diverso titolo, possono giocare un ruolo a favore della promozione della nascita di cooperative.

Un obiettivo fondamentale, per quanto non espressamente indicato, è quello di contrastare la sfiducia dei giovani e dei cittadini nei confronti delle Istituzioni che vengono giudicate molto lontane e poco affidabili. Le troppe delusioni e le continue occasioni di sviluppo mancate hanno creato forme di scetticismo che si traducono nella rinuncia all’impegno in agricoltura.

In questa direzione si muove l’azione della presente iniziativa, che punta a favorire l’informazione e a fornire aiuti alla creazione di Cooperative e di forme di Associazionismo tra le aziende agricole, per meglio adeguare l’offerta alle esigenze di mercato.

Localizzazione dell’intervento

Intero territorio regionale.

Azioni divulgative

Si provvederà ad attivare presso punti strategici territoriali una serie di sportelli verdi “infoservice” a completa disposizione degli imprenditori agrumicoli, dove attuare iniziative di informazione legate alla costituzione di forme associative.

Le stesse iniziative saranno attuate attraverso una serie di seminari e riunioni di gruppo, il cui numero sarà direttamente proporzionale all’interesse manifestato dagli interessati. E’ prevista la stampa di un opuscolo e di un pieghevole illustrativo.

Beneficiari

Aziende agricole singole.

PROGETTO

ASSISTENZA TECNICA E DIVULGAZIONE

COMPARTO OLIVICOLO

1 - PREMESSA

La coltivazione dell’olivo è tipica dei paesi del Bacino del Mediterraneo.

Le popolazioni di questi luoghi  sono legate dalla tradizione e dalla storia ad una vera e propria “cultura” dell’olivo, che caratterizza sia i loro paesaggi che le abitudini alimentari.

La Calabria è stata culla di antiche civiltà a cui si fa risalire l’origine e la diffusione di molte colture ormai secolari. Tra queste, si colloca senza dubbio l’olivo, introdotto intorno all’VIII° secolo a.C nelle colonie della Magna Grecia.

Tale pianta si ritrova praticamente in tutti comuni della regione: in alcuni di essi, l’incidenza dell’olivicoltura è pari al 90% della S.A.U..

Se prendiamo in consideriamo anche gli aspetti industriali e commerciali dell’olivo e dei suoi derivati, possiamo  rilevare il notevole ruolo che l’intera filiera riveste sia in termini di reddito che di occupazione nell’economia agro-alimentare.

Il rapporto tra il peso economico dell’olivicoltura e le singole economie agricole regionali, conferma il consistente peso della coltura nelle aree più vocate del Mezzogiorno; l’importanza economica del comparto raggiunge i livelli più alti in Calabria: 41,9% dell’olivicoltura nazionale.

A livello regionale, il 42% del valore prodotto dall’agricoltura calabrese proviene dall’olio di oliva, assumendo per il sistema socio-economico un ruolo strategico, ponendosi ai primi posti nel contesto dell’economia agricola calabrese.

Non meno importante è il ruolo che l’olivicoltura assume per la tutela del territorio, in conseguenza della capacità che essa possiede di valorizzarlo dal punto di vista paesaggistico e della difesa idrogeologica, anche dei terreni altrimenti definiti marginali e non diversamente utilizzabili.

La nuova Politica Agricola Comunitaria, iniziata  nel 2003 con l’approvazione dei  regolamenti 1782/03 e 1783/03, proseguita nel 2005 con i regolamenti 1698/05 e 1290/05, ha stabilito i criteri ed i principi generali per la gestione dell’azienda agricola prevedendo l’applicazione graduale di una serie di impegni “vincolanti” per le aziende che beneficiano dei contributi: Condizionalità, ovvero Criteri di Gestione Obbligatori e Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali.

Il presente progetto è stato elaborato cercando di individuare gli interventi più idonei al fine di prevenire e limitare il più possibile il rischio di degrado ambientale per la salvaguardia del paesaggio rurale, la tutela della salute pubblica e, nel contempo, per garantire la redditività della coltura ed il potenziamento delle produzioni di qualità. L’insieme delle attività progettuali possono costituire un’opportunità di affermazione dell’olivicoltura in un’ottica di multifunzionalità.

2 - L’OLIVICOLTURA IN CALABRIA

2.1 – Caratteristiche generali

In base ai dati dell’ultimo Censimento Generale dell’Agricoltura (ISTAT 2000), la Calabria presenta una superficie olivicola di 162.472 ettari, pari al 30% circa della S.A.U. regionale, interessando 136.000 aziende.

Ciò vuole significare che il 60% delle aziende agricole regionali trae il proprio reddito dalla coltura dell’olivo.

L’olivicoltura calabrese si presenta piuttosto diversificata, sia dal punto di vista geografico che strutturale e tecnologico. Essa risulta diffusa su tutto il territorio regionale, sebbene il maggior numero di aziende si concentri in tre aree: la Piana di Sibari, la Piana di Lamezia e la provincia di  Reggio di Calabria.

Analizzando la distribuzione delle aziende per classi di superficie, si osserva che circa l’80% delle aziende olivicole non supera i 5 ettari di estensione, interessando solo il 48% della superficie. Da ciò deriva una dimensione media aziendale molto limitata che, a livello regionale, risulta pari a poco più di un ettaro. Si registra, quindi, una elevata frammentazione della superficie olivicola, con conseguente polverizzazione aziendale  che comporta effetti sfavorevoli sul piano di una razionale organizzazione  e gestione dell’oliveto.

In funzione dell’ubicazione, il 26% delle aziende olivicole sono ubicate in montagna, il 64% in collina e circa il 10% in pianura.

La maggior parte degli oliveti impiantati negli ultimi 20-30 anni sono ubicati in terreni pianeggianti o con pendenze massime del 15%, quindi meccanizzabili, mentre il 15% degli oliveti di più vecchia data, è ubicato in terreni con pendenze superiori al 30% dove la meccanizzazione risulta essere problematica e pericolosa per gli operatori; una percentuale superiore al 30% ricade su terreni con pendenze oscillanti tra il 15 ed il 30%, dove la meccanizzazione è difficoltosa e molto più onerosa che in pianura; il 50-55% degli oliveti è posto in pianura o in zone poco acclive dove la meccanizzazione è già una realtà. Riguardo all’età degli oliveti, non esistono dati ufficiali, ma in base alle conoscenze dirette sul territorio si può stimare che il  patrimonio olivicolo regionale è costituito in gran parte da piante ultrasecolari, in particolare situate nella piana di Gioia Tauro (fascia pre-aspromontana tirrenica e ionica), nel Vibonese, negli areali più interni del Catanzarese, Crotonese e fascia ionica Cosentina. Per quanto riguarda i sesti di impianto, nel corso degli anni si è passati da sesti molto larghi (m 15x15), tipici dell’olivicoltura tradizionale, a sesti più stretti (m 5x6) propri della nuova olivicoltura intensiva.

Le cultivar prevalenti in Calabria hanno una distribuzione prevalentemente autoctona: Carolea, Roggianella, Cassanese, Sinopolese, Ottobratica, Grossa di Gerace, Dolce di Rossano, Tonda di Strongoli ecc. Non mancano, tuttavia,  cultivar alloctone, siano esse le stesse tipiche regionali, come le cultivar Cassanese e Roggianella della piana di Sibari, che sono state “trasportate” nella piana di Gioia Tauro, sia cultivar provenienti da altre regioni italiane, in particolare dalla Toscana (Leccino, Frantoio ecc.), impiantate un po’ ovunque in tutto il territorio.

Le olive sono destinate quasi esclusivamente alla produzione di olio (98%).

Solo il 2% sia destinato al consumo fresco (olive da tavola).

2.2 – Produzione

2.2.1 – Produzione di olio estra-vergine, vergine e lampante

La quantità media di olio prodotto, in base alle ultime quattro campagne olearie, è stata di 200.000 tonnellate, così distribuite:

25 %    olio extra-vergine

di cui:

15% di provenienza reggina;

30% di provenienza catanzarese;

40% di provenienza cosentina;

15% di provenienza dal rimanente territorio regionale

25%     olio vergine

di cui

30% proveniente dalla Sibaritide;

35% proveniente dalla Piana di Gioia Tauro;

45% proveniente dal rimanente territorio regionale.

50%     olio lampante

di cui:

51% di provenienza reggina;

28% di provenienza catanzarese;

14% di provenienza cosentina.

La maggior parte dell’olio di buona qualità viene collocata sul mercato attraverso la vendita diretta al frantoio oppure viene impiegata per l’autoconsumo dalle famiglie rurali. Il confezionamento viene curato circa 40 aziende, ma la quantità di olio extra-vergine o vergine confezionata è inferiore al 20% della produzione totale.

La maggior parte dell’olio appartenente alla categoria del lampante viene inviata alle industrie di raffinazione e miscelazione del Centro e Nord Italia o, comunque, è destinata a vario titolo ad un mercato extra-regionale per la sua rettifica.

2.2.2 – Produzione di olio a Denominazione d’Origine Protetta

In  Calabria sono presenti tre Dop di oli extra-vergini, legate a specificità territoriali e varietali: Dop Bruzio, Dop Lametia e Dop Alto Crotonese.

La prima, è localizzata nella fascia della Sibaritide, Valle del Crati, Colline Joniche Presilane e fascia Pre-Pollinica della provincia di Cosenza. La seconda comprende i comuni della Piana di Lamezia, mentre la Dop Alto Crotonese riguarda le coltivazioni olivicole della provincia di Crotone.

La mancanza di altre Dop o di forme di riconoscimento di qualità non è legata direttamente alle scarse potenzialità produttive dei territori olivetati, quanto alla scarsa propensione dei produttori a certificare il proprio prodotto. Ciò, a sua volta, deriva sia dalla  mancata certezza di ottenere uno sbocco commerciale caratterizzato da un prezzo che giustifichi  i maggiori costi di produzione, sia dalla limitata attitudine al cooperativismo.

2.2.3 – Produzione di olio biologico

Per quanto riguarda il biologico, la superficie olivetata, nel 2005, è stata di 14.000 ettari, pari al 7,7% della superficie olivicola totale, ma è in costante aumento grazie soprattutto alla politica di intervento regionale.

Le province maggiormente interessate dall’olivicoltura biologica sono Catanzaro (34%) e Crotone (27%), seguite da Reggio Calabria (18%), Vibo Valentia (10%) e Cosenza (10%). Confrontando i dati sulle superfici olivicole destinate a biologico e le quantità di olio certificato vendute, emerge una situazione abbastanza critica dovuta soprattutto ad una carente strategia  di commercializzazione dell’olio biologico, ma anche, e non di meno, alla mancanza, per tutte le aziende che hanno avuto accesso agli aiuti previsti dal PSR regionale, di vincoli di commercializzazione delle produzioni di olio biologico

2.3 – Trasformazione

La struttura della trasformazione è gestita da oltre 1000 frantoi.

Quelli con capacità lavorativa inferiore alle 10 tonnellate/8 ore rappresentano il 70% sul totale e trasformano circa il 40% della produzione olivicola.

Ciò implica una polverizzazione degli impianti eccessiva rispetto a quanto si rileva a livello nazionale (circa 6000 frantoi); inoltre parte di questi frantoi operano solo ad anni alterni e comunque per pochi mesi .

Nel corso degli anni si è verificato un processo di ristrutturazione degli impianti di prima trasformazione con un aumento del numero di frantoi con  capacità lavorativa superiore alle 10 t/8 ore, a scapito dei piccoli impianti che, in ogni caso, continuano a rappresentano una realtà produttiva notevole.

Ci troviamo, comunque, in presenza di una struttura inefficiente, condizionata dall’incapacità di attivare economie di scala a causa della notevole diffusione di impianti con ridotta capacità lavorativa, lunghi periodi di inutilizzazione ed inevitabile aumento dei costi di trasformazione. Inoltre, molti impianti  sono inadatti dal punto di vista tecnologico e ciò comporta notevole difficoltà nell’innalzamento dei livelli qualitativi,  indispensabili per dare competitività al settore.

2.4 – Olivicoltura in provincia di Cosenza

In provincia di Cosenza, la S.A.U  investita ad olivo è di circa 48.000 Ha, mentre il numero di aziende olivicole è pari a 47.683. Le aziende olivicole sono dislocate prevalentemente nelle zone collinari, in misura minore in zone pianeggianti.

Esiste una notevole frammentazione delle aziende: su un totale di 47.683 aziende 11.851 hanno una superficie inferiore all'ettaro.

L’olivicoltura cosentina si concentra in due areali.

Fascia Tirrenica. Comprende l’area del Pollino, il Vallo di Cosenza e la Valle del Savuto e rappresenta circa il 30% dell’olivicoltura cosentina. Su tale fascia si riscontrano due tipologie di coltivazione:

a)                                                                          Olivicoltura di collina. E’ quella più antica, con impianti (8x8) condotti in asciutto o in alcuni casi con interventi irrigui di soccorso. Le operazioni colturali, come la concimazione e la difesa fitosanitaria, sono effettuate sporadicamente, mentre la potatura ha cadenza biennale. Le varietà utilizzate sono principalmente: Tondina, Carolea, Dolce di Rossano, Cassanese. Meno utilizzate sono l’ Ottobratica, Sinoloese, Corniola, Ogliarola.

b)                                                                          Olivicoltura di pianura. E’ caratterizzata da impianti con sesti piu’ stretti (6x7 o 7x7) dove irrigazione e tecniche colturali, compresa la potatura, sono pratiche consuete. Le varietà utilizzate sono: Carolea come olivo a duplice attitudine, Coratina, Nocellara del Belice e Nocellara Messinese.

Fascia Jonica e Colline presilane. Comprende l’alto Jonio Cosentino, la piana di Sibari, l’area di Rossano e la pre-Sila; essa rappresenta circa il 70% dell’olivicoltura cosentina. Gli impianti sono localizzati per  la maggior parte nella fascia collinare fino ad un altitudine di 700 m s.l.m.. Infatti, solo una minima parte della pianura costiera è occupata dall’olivo, in quanto riservata a specie di maggior pregio, soprattutto agrumi. Anche in questa zona, il 50-60% degli oliveti è di tipo tradizionale, con sesti ampi e forme di allevamento che mal si adattano alla meccanizzazione delle operazioni colturali, in particolare alla raccolta meccanica. Le varietà esistenti sono: Cassanese, Roggianella, Corniola, Nostrana, Dolce di Rossano. In epoca recente è avvenuta un’integrazione con altre varietà, grazie a misure di sostegno (L.R. n°23/78) che hanno favorito la creazione di nuovi impianti in zone vocate sia di collina che di pianura: oliveti intensivi con impianti a sesti più stretti e per la maggior parte meccanizzabile ed irrigui. Delle nuove varietà meritano di essere citate per importanza e per superficie investita, la Nocellara Messinese, la Nocellara del Belice, la Carolea (una parte destinata alla produzione di olive da tavola), la Tondina, il Leccino, il Frantoio ed altre varietà di minore importanza.

La provincia di Cosenza, con il Regolamento CE 1065/97 ha avuto riconosciuta la DOP “Bruzio” che interessa le seguenti zone: Colline Ioniche Presilane, Sibaritide, Valle Crati e  Fascia prepollinica.

La trasformazione delle olive avviene quasi esclusivamente attraverso impianti a ciclo continuo. Esistono ancora piccoli frantoi che utilizzano l’estrazione a pressione.

Le  modalità di lavorazione della materia prima  dipendono soprattutto dal riferimento commerciale che ha il trasformatore, dal tipo di contratto che viene stipulato con l’olivicoltore, dalle varietà presenti, ecc., 

In linea generale, si può affermare che la trasformazione di olive e l’ottenimento di oli di qualità avviene soprattutto nei frantoi di dimensione maggiore. Per il resto, la produzione di olio di qualità in generale è scarsa, anche se negli ultimi anni il trend è in crescita. Questa tara interessa soprattutto la trasformazione delle olive in conto terzi. Il produttore, infatti, non sempre è a conoscenza delle regole minime da adottare per avere un olio di qualità, non sempre le olive vengono lavate e defogliante, non sempre vengono lavorate in tempi stretti e così via.

Ancora oggi, la maggiore quantità di olio è venduta ai grossisti; la vendita diretta è irrisoria e interessa un ristretto mercato locale. L’imbottigliato rappresenta una piccola percentuale. Anche per lo stoccaggio, come per la trasformazione, ad avere più problemi sono le piccole imprese familiari che non sempre adottano criteri di conservazione efficienti, sia per per quanto riguarda i contenitori sia i luoghi di conservazione, non sempre adatti allo scopo.

2.5 – Olivicoltura in provincia di Crotone

L’olivo, rappresenta per l’economia della provincia di Crotone, la coltivazione arborea più importante insieme alla vite.

Si individuano tre zone principali di coltivazione dell’olivo: la fascia costiera – dove le cultivar prevalenti sono Carolea, Tonda di Strongoli e Dolce di Rossano – e due  zone collinari, di cui una  a ridosso dell’altopiano della Sila. in entrambi i casi, prevale la cultivar Carolea, a cui si affianca la Pennulara nella fascia presilana.

Le aziende olivicole sono di medie dimensioni e quindi in grado di portare avanti diverse attività colturali e collaterali, anche finalizzate a cogliere le opportunità offerte dal turismo presente sulla costa. Applicando il principio della multifunzionalità, l’azienda riduce il problema della collocazione dell’olio extra-vergine di oliva sul mercato, effettuandone la vendita diretta agli agrituristi in azienda.

Nella provincia sono presenti ed attivi 90 frantoi di cui il 90% a ciclo continuo e il 10% tradizionali.

Tra i punti di forza dell’olivicoltura di questa provincia vi sono le discrete produzioni certificate di olio biologico, grazie  soprattutto all’impulso dato in questa direzione dai contributi erogati con l’applicazione delle misure agroambientali del PSR. Tuttavia, non sempre la produzione biologica trova adeguata valorizzazione nei canali di commercializzazione e spesso le produzioni confluiscono nel prodotto convenzionale perché non adeguatamente remunerate dal mercato.

La provincia si fregia della Denominazione di Origine Protetta olio di oliva DOP “Alto Crotonese” riconosciuta dall’unione Europea con il Regolamento CE n° 1257 del 15 luglio 2003. L’area in cui rientra la DOP è abbastanza ristretta, comprendendo solo sei comuni: Castelsilano, Savelli, Cerenzia, Verzino, Pallagorio e San Nicola dell’Alto. Le varietà inserite nel discilplinare di produzione sono: Carolea, Tonda di Strongoli, Borgese e Pennulara. Pur essendo una DOP giovane, nelle ultime tre campagne olearie ha certificato una produzione sempre crescente.

2.6 – Olivicoltura in provincia di Catanzaro

Dai dati ufficiali in possesso delle strutture pubbliche della Regione Calabria, si evince che nella provincia di Catanzaro, per la campagna olearia 2004-2005 risultano coltivati ad olivo 5.818 ha per un numero di piante (valutazione SOI) pari a 6.620.611. La coltivazione risulta diffusa in modo piuttosto omogeneo sul territorio e l’olivo è assente solo laddove il limite altimetrico non ne consente l’impianto.

La cultivar  assolutamente prevalente, tradizionale del territorio, è la medesima in tutto l’areale: la Carolea, anche se resta comunque possibile individuare differenti ecotipi locali ed esistono impianti con numerose presenze di cultivar di importazione nazionale o estera.

Nonostante questa omogeneità di fondo, è possibile evidenziare almeno tre aree che si differenziano fra loro per parametri pedoclimatici e di giacitura.

Zona litoranea ionica. Essa subisce fortemente l’influenza del clima marino. Il clima più secco e caldo determina tempi di maturazione più rapidi, attacchi parassitari precoci e, in generale, una certa difficoltà per una conduzione indirizzata all’ottenimento di olio di qualità.

Zona collinare interna. Questa zona, al contrario, evidenzia limiti per la giacitura che è spesso troppo acclive e non consente una elevata meccanizzazione delle operazioni, comportando costi di gestione più elevati, tendenza alla marginalità ed alte perdite sui quantitativi di prodotto ottenibile.

 Zona pianeggiante del lametino. Si tratta della zona pedoclimaticamente più favorevole, ma si riscontrano limiti dovuti alla facile diffusione di parassiti animali e fungini, che non trovano barriere naturali al loro espandersi, ed inducono gravi perdite di quantità e qualità del prodotto, nonché costi di difesa più elevati. Inoltre, più evidenti e dannosi risultano gli errori nel managment aziendale, limite, peraltro, comune a tutte le zone.

La tipologia prevalente degli impianti olivicoli resta, in linea generale, quella tradizionale con piante annose e collocate in sesti larghi (da m 8x8 a 12x12), ma sono ormai entrati in piena produzione numerosi ettari di impianti realizzati negli ultimi anni con sesti anche inferiori a m 6x6.

Le dimensioni aziendali sono prevalentemente modeste, con una maglia aziendale molto frammentata e raramente sufficiente a sostenere una dimensione economica operativa.

Negli ultimi anni si è registrato un incremento delle superfici investite, a significare l’importanza annessa alla coltivazione, vista non solo come sicuro rifugio di capitale, ma anche come concreta possibilità di sbocco di mercato, essendo infatti l’olivo la coltivazione tradizionale agricola che può vantare le migliori prospettive future di collocazione remunerativa del prodotto, nonché un panorama mercantile tuttora meno contrastato rispetto ad altri in ordine alla concorrenza internazionale.

La struttura di trasformazione nella provincia considerata, vanta un numero di impianti attivi pari a 203. Tale cifra risulta da anni in calo, per la costante scomparsa dei piccoli frantoi ormai datati, spesso collocati nei centri storici, la cui messa a norma non risulta economicamente conveniente anche perché caratterizzati da un bacino d’utenza e potenzialità lavorative limitate.

Tuttavia, il numero dei frantoi tradizionali resta ancora cospicuo e, sebbene teoricamente in grado di soddisfare la domanda di trasformazione, si trova in difficoltà nell’assorbire le punte di produzione anche in annate normali. Così, non appena una necessità climatica od organizzativa impone una rapida trasformazione del prodotto, i frantoi mostrano pienamente i loro limiti da saturazione, aumentando fortemente i tempi di stoccaggio delle olive (con irreparabile danno qualitativo) e rallentando anche le operazioni di raccolta in campo, dove olive stramature attendono di essere raccolte. A tutta questa inefficienza si associa, paradossalmente, anche la ritardata apertura della campagna di molitura.

Caratteristica principale della olivicoltura provinciale è la presenza di bassi margini di redditività, le cui cause sono da ricondursi ai modesti quantitativi prodotti per unità produttiva, nonché al modesto valore di vendita del prodotto finito a fronte di alti costi di produzione. La coltivazione, infatti, soffre di modeste rese unitarie a causa della prevalente applicazione di tecniche colturali tradizionali ormai obsolete con bassi rapporti di meccanizzazione/lavoro, mentre la commercializzazione soffre per una non adeguata valorizzazione del prodotto, che raramente spunta prezzi remunerativi alla vendita.

L’ampia base produttiva, il radicamento nella cultura e nella tradizione, rendono il comparto suscettibile di notevoli potenzialità di decollo in quanto esistono:

-          presenza della DOP Lamezia che comprende i comuni della Piana di Lamezia;

-          presenza di aree vocate ad un’olivicoltura moderna, sia di collina che di pianura;

-          omogeneità di diffusione di una unica varietà, la Carolea, cultivar a duplice attitudine di statura medio grande, portamento assurgente, con una produttività per pianta di circa Kg 80-100 di olive e rese in olio che variano dal 18% al 22%. Le ottime caratteristiche qualitative e sensoriali fanno apprezzare l’olio monovarietale ad un numero elevato di consumatori locali e nazionali;

-          diffusa presenza di oliveti marginali che, seppur limitati per bassi livelli quali/quantitativi della produzione, risultano molto interessanti dal punto di vista paesaggistico e naturalistico e possono rappresentare fattore di sviluppo del turismo rurale, visto l’allargamento della domanda turistica alla cultura ed alla storia dei luoghi, nonché alla salubrità dei prodotti alimentari;

-          buona presenza di strutture di trasformazione industriale a servizio del comparto.

2.7 – Olivicoltura in provincia di Vibo Valentia

La coltivazione dell’olivo nella provincia di Vibo Valentia si estende su di una superficie pari a 15.300 ettari (27% della SAU) e rappresenta una delle attività più importanti dell’agricoltura.

Percorrendo da nord a sud l’intero areale olivicolo provinciale, si incontra prima l’olivicoltura della valle dell’Angitola, posta ai confini con la Dop Lamezia. Ma la maggior concentrazione di oliveti si riscontrano nella parte orientale e meridionale del comprensorio (Francica, Mileto, Nicotera, Limbadi e Alto Mesima), in continuità con l’areale olivicolo della piana di Gioia Tauro.

L’olivicoltura della provincia risulta caratterizzata dalla coesistenza di strutture produtttive diversificate, che vanno da uliveti tradizionali e secolari, con sesti d’impianto piuttosto radi, spesso ubicati in aree marginali e collinari, con funzioni di salvaguardia e valorizzazione del territorio, a nuovi impianti  ubicati in particolari zone vocate alla coltivazione dell’olivo.

Le cultivar presenti sono soprattutto l’Ottobratica, seguita da Carolea, Ciciarello, Tonda di Filogaso, Tonda di Filadelfia, Razza, Tondarella, Leccino.

I suoli presentano, complessivamente, una giacitura in pendenza, che unitamente alla grande mole delle piante, all’irregolarità dei sesti d’impianto e alla scarsità di manodopera qualificata, comporta non pochi limiti e difficoltà alla meccanizzazione delle operazioni colturali. A ciò si aggiunge il fatto che gli olivicoltori non rispettano le principali operazioni colturali (concimazione, irrigazione, difesa fitosanitaria, potatura, raccolta), a discapito della qualità del prodotto finito.

La raccolta delle olive, ancora oggi non viene effettuata secondo tempi e modi stabiliti dalle linee guida di una moderna olivicoltura, ma è effettuata a mezzo di reti e, una volta raccolto, il prodotto viene accumulato irrazionalmente per lunghi periodi in luoghi inadatti.

Tutte queste condizioni, insieme alle difficoltà oggettive attualmente esistenti per la meccanizzazione delle principali operazioni colturali, in particolare della potatura e della raccolta, oltre all’elevato costo della manodopera impiegata, contribuiscono a determinare dei costi di produzione assai elevati.

Le caratteristiche delle cultivar, il clima variegato, i terreni declivi e irregolari, i terrazzi, se da una parte rappresentano caratteristiche salienti del paesaggio agrario e rurale delle colline vibonesi, dall’altra costituiscono un grave handicap per le aziende olivicole, non garantendo produttività soddisfacenti, la meccanizzazione indispensabile per l’abbattimento dei costi di produzione e il raggiungimento di quantità e qualità di produzione indispensabili per confrontarsi con il mercato dell’olio. Di fatti, nella commercializzazione dell’olio prodotto, rimane rilevante l’autoconsumo e la vendita diretta. Gran parte dell’olio, con notevoli caratteristiche di lampante, viene inviato presso centri di stoccaggio o dirottato nelle raffinerie del Centro-Nord.

Tuttavia, l´olivicoltura del vibonese é chiaramente vocata a produzioni di alta qualità

Negli ultimi tempi, sul territorio è presente un nutrito numero di aziende olivicole che stanno cercando di promuovere l’imbottigliamento e la commercializzazione di un prodotto di qualità, competitivo con altre realtà olivicole regionali d’Italia.

La caratteristica tipica dell’olivicoltura vibonese risiede proprio nelle olive che qui si producono, che esprimono le peculiarità pedoclimatiche del territorio. Ma è soprattutto l’olivicoltura paesaggistica che trova il suo ruolo più espressivo nel vibonese, correlandosi a tutto ciò che il territorio offre sotto l’aspetto turistico, artistico e naturale. Una realtà territoriale dai mille scenari dove le piante di olivo testimoniano l’antica cultura della popolazione locale.

2.8 – Olivicoltura in provincia di Reggio Calabria

La provincia di Reggio Calabria presenta una superficie olivicola pari a circa 44.000 ettari, interessando 38.000 aziende. Il 90% degli olivetii sono ubicati in collina ed in  montagna e sono caratterizzati da numerosi terrazzamenti. Soloil 10% degli impianti è ubicato in pianura.

Per quanto riguarda la trasformazione, nella provincia operano più di 500 frantoi (il 40% dell’intera Regione). La tipologia più diffusa è quella a ciclo continuo, la quale ha ormai sostituito quasi totalmente i piccoli impianti a gestione familiare.

L’olivicoltura reggina  può essere suddivisa in due categorie:

Zona Ionica. La zona vanta una tradizione olivicola molto antica ed una struttura produttiva dalle grandi potenzialità. Essa interessa una superficie olivicola di circa 21.000 ettari che va dal Comune di Monasterace fino a Reggio Calabria e si estende dal mare verso l’interno fino alle pendici dell’Aspromonte. Un primo tipo di olivicoltura viene praticata essenzialmente lungo la fascia collinare e montana del versante ionico, in terreni con pendenze spesso superiori al 30%, collocandosi prevalentemente in una fascia altimetrica compresa tra i 150 ed i 750 metri s.l.m. Nella fascia costiera, invece, si è insediata la nuova olivicoltura, intensiva, spesso irrigua, meccanizzata ed in grado di ridurre i costi di produzione e migliorare la qualità del prodotto finito. Le varietà di olivo più coltivate sono: Ottobratica e Sinopolese nella parte più a sud, mentre la zona più a nord  rappresenta un’area di elezione per la coltivazione della Grossa di Gerace, varietà autoctona di elevato pregio e spiccata tipicità la quale, se adeguatamente valorizzata, può contribuire all’affermazione di una olivicoltura di qualità. Negli impianti realizzati di recente, sono state introdotte nuove cultivar quali: Leccino, Frantoio, Carolea, Cassanese, Nocellara Etnea, Nocellara Messinese e Nocellara del Belice. La maggior parte degli oliveti tradizionali, sono secolari, con sesti d’impianto abbastanza ampi e irregolari. La superficie aziendale olivicola media rispecchia quella regionale (1 ettaro in media).    

Zona Tirrenica.  E’ situata a Nord-Ovest della provincia di Reggio Calabria e copre una superficie di circa 23.000 ettari con un patrimonio di oltre 2 milioni e mezzo di piante di olivo. Essa rappresenta un comprensorio olivicolo di grande importanza, sia in termini di superfici che di potenzialità produttiva per l’intera Regione, coinvolgendo ben 32 comuni. La sua porzione più caratteristica è quella collocata in pianura, nella cosiddetta Piana di Gioia Tauro, delimitata dal bacino del fiume Mesima a nord, dal fiume Petrace a sud, dalle pendici collinari pre-aspromontane ad est e dal mar Tirreno ad ovest. Un'altra olivicoltura rappresentativa è quella estesa sui territori collinari e montani del versante Tirrenico meridionale della provincia di Reggio Calabria, in parte caratterizzata da ampi terrazzamenti. La morfologia e l’esposizione del territorio della Piana di Gioia Tauro, abbinata alla presenza di terreni di tipo alluvionali, fanno di questa zona un agro-ecosistema estremamente fertile. Le varietà più diffuse sono rappresentate dalle cultivar Sinopolese (60%) ed Ottobratica  (30%), oltre alla presenza di Ciciarello e Tombarello. Le piante hanno età secolare  (a volte ultra-secolare) ed uno sviluppo  eccezionale tale da rendere il paesaggio olivicolo di questa zona unico al mondo: un vero e proprio “bosco di olivi”. Nei vecchi impianti, considerata la notevole mole delle piante, la potatura viene effettuata ad intervalli molti lunghi (7-10 anni e più) con notevoli costi di manodopera. La raccolta è effettuata per lo più da terra con l’uso di macchine raccoglitrici nelle zone in piano e con reti nelle zone acclivi.Anche la raccolta risulta molto onerosa. Nella parte bassa della “Piana”, i sesti di impianto sono molto ampi, con un ridotto numero di piante per ettaro (50-70). Nella fascia collinare e pedo-montana i sesti sono più stretti e superano le 100 piante per ettaro.  In molti comuni della fascia bassa, è in uso la consociazione con gli agrumi, in altri è stato spesso effettuato il rinfittimento. Dal punto di vista fitosanitario, la mancata areazione all’interno degli oliveti ed il conseguente eccessivo ristagno di umidità, ha comportato  lo sviluppo di malattie definite ormai endemiche di questa zona: in particolare la lebbra (Colletotricum gleosporiodes) che contribuisce ad aumentare la produzione di olio lampante.

Il settore della trasformazione ricalca la situazione regionale: elevato numero di frantoi e tempi di molitura abbastanza lunghi. Negli ultimi anni, considerata la notevole produzione di olio lampante, molti olivicoltori stanno operando una vera e propria ristrutturazione della chioma degli alberi al fine di adattare le piante ad una possibile raccolta meccanizzata; da qualche anno si è notevolmente diffuso l’uso dello scuotitore, coadiuvato dall’utilizzo delle tradizionali macchine raccoglitrici a terra. Da circa un decennio è in atto una lenta riconversione degli oliveti tradizionali con nuovi impianti che prevedono sia schemi colturali più vicini ad una olivicoltura moderna e razionale, sia l’introduzione di nuove cultivar quali Roggianella, Leccino, Itrana,  Cassanese, ecc.

3 - OLIVICOLTURA DA MENSA

In Italia, i volumi di produzione media annua di olive da mensa sono stimati nell’ordine di 60.000–70.000 t (Fonte UNAPROL), pari a circa il 9% della produzione mondiale. Annualmente, importiamo diverse decine di migliaia di tonnellate di olive da tavola, in particolare dalla Spagna e dalla Grecia, per sopperire al fabbisogno nazionale.

In Italia, le zone di maggiore  produzione di olive da mensa sono: la Sicilia (43% del totale nazionale), la Puglia (26%) e la Calabria (12%); seguono Sardegna, Campania, Abruzzo ecc.

La Calabria presenta una produzione media di olive da tavola pari a circa 9.000 t; tale produzione deriva da impianti presenti un po’ su tutto il territorio regionale, con una buona presenza di impianti specializzati nel Lamentino, sul versante ionico di tutta la regione e nella provincia di Cosenza. Con riferimento alla piattaforma varietale, in Calabria non risultano diffuse cultivar impiegate esclusivamente per la produzione di olive da tavola; la cultivar di più rilevante interesse è la Carolea  eccellente cultivar a duplice attitudine, diffusa nelle province di Catanzaro e Cosenza ed utilizzata per il consumo a verde, mentre  per la destinazione al consumo come oliva da tavola nera, anche se tecnologicamente possibile e valida, esistono delle difficoltà dovute alla notevole scalarità di maturazione cui si associano notevoli perdite per cascola.

Poche altre cultivar superano l’interesse locale.  Tra queste si ricorda la Cassanese, anche essa a duplice attitudine e diffusa nella provincia di Cosenza, di cui si destinano alcune migliaia di quintali come olive da tavola.

Altre varietà autoctone presentano a livello locale un certo interesse, come la Grossa di Gerace (versante ionico reggino) utilizzata sia come oliva verde schiacciata che intera; la Tonda di Strongoli  (crotonese) con drupe di pezzatura rilevante per la produzione di olive verdi ma non nere, in quanto presenta una maturazione molto scalare.

A seguito delle misure di sostegno previste in passato dalla politica regionale a favore dell’olivicoltura da mensa, sono stati creati nuovi impianti in zone vocate sia di collina che di pianura. Sono nati, di conseguenza, numerosi oliveti intensivi con impianti a sesti più stretti e per la maggior parte meccanizzabili ed irrigui. In essi sono stete introdotte varietà a duplice attitudine, tra le quali meritano di essere citate, per importanza e per superficie investita, la Nocellara Messinese, la Nocellara del Belice e la stessa Carolea. Paradossalmente (ma comprensibilmente), le produzioni di questi nuovi impianti solo in minima parte sono state destinate alla produzione di olive da tavola.

Per lo sviluppo dell’olivicoltura da mensa, è necessario verificare le potenzialità di nuove cultivar di olivo tenendo conto di peculiari caratteristiche delle cultivar quali: produttività, tipologia di allevamento, adattamento alle condizioni pedo-climatiche, resistenza alle fitopatie, elevato rapporto polpa/nocciolo, adattabilità della drupa alla lavorazione.

Un ruolo fondamentale, per questo tipo di sperimentazione, rivestono i Centri Sperimentali dell’ARSSA, quali strutture dislocate su tutta la regione, che acquisiscono le  necessità del territorio, sperimentano e trasferiscono i risultati alla divulgazione per la diffusione alle aziende. 

4 - OLIVICOLTURA PAESAGGISTICA

L’olivo, pianta sempre verde, si può ritenere specie ad elevato valore ecologico, particolarmente per le zone di alta collina caratterizzate da una eccessiva pendenza. In queste aree l’olivicoltura, in passato, si è insediata grazie alla larga disponibilità di manodopera e tutt’ora rimane dipendente dalla presenza dell’uomo, essendo difficile, oltre che pericoloso, l’utilizzo dei mezzi meccanici.

In Calabria, l’ISTAT suddivide l’olivicoltura per fasce altimetriche, attribuendone il 12% alla pianura, il 67% alla collina ed il 21% alla montagna, dati che comunque non sono sufficienti a definire e quantizzare le aree olivicole marginali.

Le aree marginali olivetate si distribuiscono principalmente nelle zone alto collinari o pedemontane a ridosso dei massicci montuosi calabresi. In queste aree, l’olivicoltura viene praticata su terreni in forte pendenza o comunque in condizioni che non permettono l’utilizzo di moderne tecnologie di coltivazione; si tratta tuttavia di realtà che, sebbene dal punto di vista economico possano essere considerate marginali, ciò nonostante rappresentano l’unica forma di utilizzazione produttiva di comprensori altrimenti destinati all’abbandono con tutte le conseguenze che ne deriverebbero a livello ambientale e paesaggistico, oltre che di salvaguardia del territorio dai fenomeni erosivi.

La nuova Politica Agricola Comunitaria ha stabilito delle norme ben precise a tutela dell’aspetto del paesaggio rurale per evitare il deterioramento dell’habitat. Si fa riferimento, in tale direzione, alla Norma 4.3 Manutenzione degli oliveti e alla Norma 4.4 Mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio.

Per il futuro, è auspicabile una maggiore consapevolezza, da parte degli amministratori pubblici locali, dell’importanza della multifunzionalità dell’olivicoltura di collina e di montagna, riferendoci, in particolare, alle possibilità di caratterizzazione di prodotti di nicchia, quali produzioni di olio e di olive da mensa di varietà locali tipiche e prodotti biologici, nonché alla diversificazione delle attività produttive con altre quali la coltura di piccoli frutti, l’avvio di attività agrituristiche con gestione cooperativistica, ecc.

5 - PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA E DIVULGAZIONE

L’olivicoltura calabrese è diffusa in modo sostanzialmente omogeneo su tutto il territorio regionale, non investendo solo le aree montane.

Tuttavia, ogni comprensorio olivicolo è caratterizzato da specificità sia per quanto attiene le tecniche colturali, sia la qualità del prodotto olio.

Dall’analisi complessiva del comparto si evince, a grandi linee, che gli interventi da attuare sul territorio possono andare solo verso due direzioni:

a)                  puntare al miglioramento qualitativo delle produzioni. Questo potrà essere fatto nei comprensori dove già esistono o potrebbero essere realizzate con un minimo sforzo le condizioni di efficienza economica, razionalizzando ulteriormente i processi produttivi e di trasformazione e valorizzando il prodotto;

b)                  intervenire a favore di scelte che esaltino le attività non produttive dell’olivicoltura, legate allo sviluppo di tutte le attività concernenti le funzioni paesaggistiche, di tutela del territorio e del turismo rurale, in modo particolare in quelle zone già ad alta vocazione turistico-paesaggistica. Questi interventi potrebbero interessare tutti quei comprensori nei quali le condizioni strutturali ed orografiche non consentono di razionalizzare il processo produttivo olivicolo raggiungendo livelli economicamente efficienti.

Ciò stante, è necessario individuare linee d’intervento specifiche e localizzate in uno spazio d’azione ben preciso in cui l’agricoltura si integra con lo sviluppo del territorio.

Il beneficiario degli interventi che saranno oggetto del progetto di assistenza tecnica non è l’azienda agricola, se la stessa viene intesa come singola unità economica, ma lo diviene se considerata tassello di un aggregato territoriale molto più ampio.

Il programma di assistenza tecnica, pertanto, è rivolto “al territorio” e al suo aggregato aziendale e, nel rispetto delle norme comunitarie, è finalizzato al contenimento dei costi di produzione, al miglioramento qualitativo dell’olio ed alla promozione di un’olivicoltura responsabile, composta da operatori che effettuano una corretta gestione agronomica del terreno e delle piante, che non depauperano l’ambiente e tutelano la salute pubblica.

5.1 – Obiettivi

5.1.1 - Assistenza tecnica alla produzione

  1. Razionalizzazione delle tecniche colturali al fine di migliorare la qualità del prodotto, con particolare riferimento a:

·                                                              Difesa fitosanitaria: attuazione di tecniche a basso impatto ambientale, monitoraggio dei parassiti;

·                                                              Concimazione: interventi finalizzati alla razionalizzazione dell’uso dei concimi attraverso l’incentivazione sul territorio delle analisi del terreno;

  1. Incentivazione della potatura straordinaria di riforma della chioma, negli oliveti secolari, finalizzata ad agevolare la meccanizzazione delle operazioni colturali, in particolare la raccolta;
  2. Nuovi impianti: adeguamento dei sesti d’impianto e adozione di forme di potatura di allevamento e di produzione che agevolano la meccanizzazione delle operazioni colturali, in particolare, della  raccolta;
  3. Valorizzazione degli oli monovarietali con particolare attenzione a quelli provenienti da cultivar minori, che rappresentano un prodotto di nicchia;
  4. Individuazione e mappatura, all’interno delle are di divulgazione, di esemplari di olivo con particolari caratteristiche genetiche di pregio quali: produttività, adattamento pedo-climatico, eventuale resistenza alle fisiopatie endogene. L’operazione è finalizzata all’attuazione di programmi sperimentali sulla conservazione del germoplasma;
  5. Riconversione varietale, nelle aree DOP, con le varietà ammesse dal disciplinare di produzione;
  6. Valorizzazione del panorama varietale regionale, per giungere alla definizione di nuove DOP, IGP (nelle aree che presentano particolare vocazionalità e produzioni di qualità);
  7. Promozione delle produzioni biologiche nelle aree effettivamente vocate;
  8. Incentivazione dell’utilizzo dei reflui oleari per la fertilizzazione dei terreni;
  9. Olivicoltura da mensa: individuazione territoriale delle zone vocate e stima dell’attuale estensione delle superfici;
  10. Promozione della certificazione all’interno delle aree DOP;
  11.  Incentivazione delle attività di formazione professionale attraverso l’istituzione di corsi di qualificazione per gli operatori del settore, al fine di acquisire informazioni sulle tecniche innovative e razionali di coltivazione dell’olivo.

5.1.2 - Assistenza tecnica alla trasformazione

  1. Miglioramento delle condizioni di stoccaggio delle olive;
  2. Promozione di sistemi di estrazione che assicurino un contenimento dei costi di trasformazione;
  3. Incentivazione degli accordi commerciali tra le Organizzazioni di Produttori ed i grandi gruppi industriali oleari,  per la commercializzazione degli oli di qualità;
  4. Incentivazione della cooperazione tra imprenditori di piccole e medie aziende per la trasformazione e commercializzazione del prodotto;
  5. Creazione di strutture idonee per la concentrazione dell’offerta degli oli lampanti al fine di favorire la fase di commercializzazione;
  6. Introduzione di innovazioni tecnologiche nei frantoi;
  7. Certificazione e rintracciabilità delle produzioni;
  8. Incentivazione della concentrazione delle strutture di trasformazione sul territorio (cooperazione);
  9. Monitoraggio della qualità degli oli che vengono imbottigliati avvalendosi del Centro Pilota Oleicolo Elaiotecnico ARSSA, con annessa sala Panel ed ubicato presso il C.S.D. di Mirto Crosia (interazione Divulgazione – Sperimentazione).

5.1.3 - Promozione della funzione paesaggistica dell’oliveto

  1. Ipotesi di interventi pubblici mirati alla conservazione dell’olivicoltura con finalità multiple (paesaggistica e di protezione idrogeologica) pur garantendo un reddito minimo;
  2. Sensibilizzazione verso i competenti organi legislativi in materia di  tutela e valorizzazione degli ulivi secolari;
  3. Promozione, in collaborazione con gli Enti turistici, Proloco, Comuni, ecc., di “Itinerari verdi negli oliveti” con assaggi e promozione degli oli e dei prodotti tipici locali.

5.2.3– Durata del programma

Il presente programma di assistenza tecnica ha durata biennale, ma le azioni intraprese si potranno protrarre anche negli anni successivi.

5.3.3– Azioni di assistenza tecnica e divulgazione agricola

Si riporta, in maniera puntuale, l’elenco delle 10 azioni previste. Ad ogni azione è stato attribuito un “colore” di riferimento, che sarà utilizzato per facilitarne l’individuazione nel calendario delle attività, riportato alla fine del paragrafo.

Azione 1 – Assistenza tecnica diretta in azienda

L’azione prevede l’effettuazione di visite aziendali per l’erogazione del servizio di asisstenza tecnica alle aziende olivicole.

Azione 2 – Produzione di guide tecniche

L’azione consiste nella produzione di elaborati tecnici riguardanti tutti i principali aspetti agronomici dell’olivicoltura.

Gli elaborati, pubblicati sotto forma di opuscoli, di agile lettura, saranno diversificati, nei contenuti, considerando gli areali olivicoli nei quali viene svolta l’azione di assistenza tecnica.

Gli elaborati saranno distribuiti agli agricoltori nel corso degli incontri o delle visite aziendali, oppure potranno essere inviati per posta o e-mail.

Gli argomenti che saranno sviluppati sono i seguenti:

a.       Potatura

§                                                               Potatura di allevamento nei nuovi impianti

§                                                               Potatura di ringiovanimento su olivi secolari

b.      Nuovi impianti di oliveti: cultivar e sesti d’impianto

c.       Olivicoltura da mensa: dove e quali varietà impiantare

d.      Difesa fitosanitaria

§                                                                                 monitoraggio e controllo della mosca dell’olivo

§                                                                                 lebbra dell’olivo

§                                                                                 occhio di pavone e diagnosi precoce

§                                                                                 guida fitoiatrica per l’olivicoltore

§                                                                                 lotta biologica ed integrata nell’agroecosistema olivo

e.       Concimazione della coltura ed importanza delle analisi del terreno

f.        Utilizzo agronomico delle acque reflue

g.       Tutela degli esemplari di olivo con particolari caratteristiche di pregio

h.       Stoccaggio delle olive: dalla raccolta alla molitura

i.         Norme igienico-sanitario e legislative per la razionale trasformazione del prodotto

j.        Certificazioni di qualità (DOP, IGP, BIO, ecc)

k.      Monitoraggio della qualità degli oli da imbottigliare

l.         Tracciabiltà dei prodotti

m.     Condizionalità e normative legislative

Verranno prodotti, in totale, 18 opuscoli divulgativi.

Azione 3 – Giornate dimostrative

Sono previste giornate dimostrative sui seguenti argomenti:

-          potatura

-          raccolta meccanica

Azione 4 – Corso di qualificazione professionale per gli operatori del settore.

E’ possibile ipotizzare lo svolgimento di corsi nei quali trattare i seguenti argomenti:

-          tecniche innovative di coltivazione, rivolto agli olivicoltori

-          tecniche innovative di trasformazione, rivolto ai frantoiani.

-          tecniche e normative della produzione olivicola con il metodo biologico

I corsi avranno la durata di due giorni e coinvolgeranno contemporaneamente produttori e trasformatori, per stabilire momenti di confronto durante le fasi del dibattito. I corsi saranno tenuti da specialisti del settore in collaborazione con i divulgatori agricoli impegnati nel progetto.

Il numero complessivo di corsi può essere stimato in 10

Azione 5 – Realizzazione di incontri e seminari

La realizzazione di incontri e seminari costituisce un momento importante del programma di assistenza tecnica.

Si prevede che queste attività richiamino più partecipanti dei corsi di qualificazione, essendo meno impegnative per gli auditori. Ciò nonostante, le informazioni e nozioni trasmesse attraverso gli incontri e i seminari possono avere la stessa valenza ed incisività di quelle, a volte eccessivamente teoriche, impartite durante corsi di qualificazione.

Gli incontri ed i seminari, dove necessario, saranno svolti in collaborazione con esperti del settore (docenti universitari, tecnici ISOl, ecc.)

Si prevede di attuare i seguenti incontri

a)                                                                        con enti locali (Comuni, Comunità Montane, Proloco, Enti di Promozione Turistica, ecc.) per trattare tematiche relative alla salvaguardia dell’olivicoltura paesaggistica con appositi piani di intervento che si integrino con le misure previste dal PSR 2007-2013;

b)                                                                        con le associazioni di produttori, al fine di favorire l’azione di asissitenza tecnica dei divulgatori alle aziende olivicole.

c)                                                                        con gli studenti delle ultime classi (4a – 5a) degli Istituti Superiori ad indirizzo Agrario su tematiche olivicole; gli incontri si svolgeranno in base alla disponibilità delle scuole avvalendosi delle “Fattorie didattiche”

d)                                                                        con gli studenti di ogni ordine  e grado sul tema “Olivo – Olio – Ambiente – Salute” avvalendosi del supporto delle “Fattorie didattiche”

e)                                                                        seminari rivolti ad agricoltori (15-20 partecipanti) su tematiche specifiche del settore:

-                                                          Concimazione dell’olivo ed analisi del terreno;

-                                                          Utilizzo agronomico dei reflui;

-                                                          Difesa fitosanitaria dell’oliveto;

-                                                          Potatura delle piante di olivo nei nuovi e vecchi impianti

-                                                          Cultivar da olio e da mensa;

-                                                          Normative legislative e condizionalità

f)                                                                          seminari con gli addetti al settore di trasformazione per l’individuazione delle problematiche e la proposizione di eventuali strategie di controllo.

g)                                                                        n. 5 seminari (1/provincia) sulle DOP e le produzioni di qualità, con la partecipazione di esperti del settore (docenti universitari e/o funzionari del CRA-ISOL di Rende) ed il coinvolgimento di Associazioni di produttori olivicoli, Consorzi di Tutela, Comunità montane, Comuni, ecc..

Azione 6 – Realizzazione di corsi per il rilascio del patentino per l’acquisto dei prodotti fitosanitari (D.P.R. 290/01).

Azione 7 – Sportelli verdi

L’azione prevede di attivare un servizio di sportello verde, deputato all’assistenza tecnica ed alla divulgazione, presso i Comuni particolarmente distanti dalla sede del CeDA. Il numero di sportelli verdi non è quantificabile, in quanto legato alle effettive disponibilità manifestate dai Comuni che vorranno aderire all’iniziativa.

Azione 8 – Diffusione delle informazioni a mezzo stampa e TV

Scopo dell’azione sarà quello di redarre articoli divulgativi inerenti soprattutto problematiche fitosanitarie, tecniche colturali e normativa in materia di olivicoltura.

Con l’ausilio del Centro Sistemi Divulgativi Avanzati, sarà possibile realizzare anche documentari e materiale audio-visivo, finalizzato a far conoscere peculiari realtà territoriali e produzioni tipiche.

Azione 9 – Stampa del volume “Olivicoltura in Calabria”

Il programma intende realizzare, a fine biennio, un testo divulgativo in cui inserire tutto quanto si conosce, in materia di olivicoltura, sul territorio calabrese.

Ovviamente, nel manuale saranno trattati anche gli effetti del biennio di assistenza tecnica alle aziende e verranno recepiti tutti i risultati della sperimentazione condotta nei CSD dell’ex ARSSA.

Il volume, di circa 150 pagine, sarà stampato con tiratura di circa 3000 copie, formato cm 21x27

Azione 10 – Convegno di fine progetto

Il progetto terminerà con la realizzazione di un convegno regionale dove saranno illustrati tutti i prodotti delle attività svolte nel biennio di attuazione.

Logisticamente, è possibile prevedere la seguente tipologia di convegno:

Sede: Centro di Ricerca Agroalimentare di Lamezia Terme;

6 - CONTATTI CON I CSD E DIVULGAZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA APPLICATA E SPERIMENTAZIONE

Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi, per come elencato nelle pagine precedenti, l’attuazione del presente progetto, in tutti gli interventi previsti, contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.

Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ex ARSSA nel campo dell’olivicoltura.

I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ex ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per l’olivicoltura i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende zootecniche.

I Centri Sperimentali Dimostrativi che si occupano di sviluppare linee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto olivicolo sono i seguenti:

CSD

Linee di Ricerca

Mirto

Campo di raccolta germoplasma olivicolo,

Prove dimostrative di carattere agronomico

Gioia Tauro

Campo di raccolta germoplasma olivicolo,

Prove dimostrative di carattere agronomico

ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 720.500 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

202.500

203.000

210.000

615.500

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

 

232.500

238.000

250.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

720.500

PROGETTO

ASSISTENZA TECNICA E DIVULGAZIONE

COMPARTO FRUTTICOLO

1 - La Frutticoltura in Calabria

Nonostante l’agricoltura calabrese si basi principalmente sulle produzioni tipiche meridionali (olio, agrumi, vino), la frutticoltura riveste comunque un ruolo non di poco conto nel settore.

La frutticoltura in Calabria è caratterizzata da una prevalente produzione destinata al consumo fresco e solo una modesta quota viene trasformata.

Il comparto ha visto perdere progressivamente, negli ultimi dieci anni, competitività sui mercati, sia esteri che interni, per una forte crescita dei costi di produzione, con la conseguenza di una diminuzione delle esportazioni ed un costante aumento delle importazioni, non più solo di frutta tropicale ma anche di frutta tipica dei climi temperati, quale mele, pere e uva apirena.

Il ridimensionamento delle superfici coltivate, che si realizzerà anche a seguito della progressiva diminuzione dei prezzi di ritiro dei surplus decisi dalla UE, costringerà le aziende marginali ad uscire dal circuito produttivo.

Il fenomeno porterà ad una maggiore concentrazione geografica delle colture e ad una valorizzazione della vocazionalità ambientale (clima, suolo), infrastrutturale (centri di lavorazione, stoccaggio, trasformazione) e professionale.

Altri elementi caratterizzanti la frutticoltura italiana e, di conseguenza, calabrese, sono gli alti costi di investimento, sostenibili solo con il contributo della pubblica amministrazione, e l'elevato fabbisogno di manodopera.

Per tutti i motivi sopra accennati, l frutticoltura calabrese si concentra soprattutto nelle aree di pianura, che rappresentano circa il 9% della superficie territoriale regionale.

Nella piana di Sibari e nelle zone limitrofe della media valle del Crati è particolarmente diffuso il pesco, la cui coltivazione è iniziata nei primi anni ’60 grazie all’iniziativa di alcuni imprenditori agricoli che convertirono in pescheti alcuni terreni coltivati a seminativo e a pascolo.

Lungo il litorale tirrenico Cosentino, è presente soprattutto il fico, coltura tradizionale calabrese, la cui produzione è concentrata nel Vallo di Cosenza e nella Media Valle del Crati dove, peraltro, esistono realtà commerciali valide ai fini della preparazione e del collocamento del prodotto essiccato sui mercati locali, nazionali ed esteri.

La fascia litorale del Medio Ionio Catanzarese si contraddistingue anch’essa per la diffusione di una interessante peschicoltura. Qui si può osservare una gamma varietale abbastanza ampia, anche se prevalgono le varietà precoci, vista la vocazionalità pedoclimatica della zona.

Nella piana di S. Eufemia sono diffusi maggiormente impianti di pesco, percoche e nettarine e, su superfici minori, albicocco, ciliegio, pero, melo, fragola e kiwi. Si possono riscontrare, inoltre, piccoli impianti di fico, avocado, fejoja e, procedendo verso la collina, giuggiolo, nocciolo, mandorlo, pistacchio, noce e gelso.

La piana di Gioia Tauro si distingue perché il comparto frutticolo è rappresentato in larga parte dalla coltivazione del kiwi e, in piccola parte, da altri fruttiferi. Quest’ultimi sono destinati al consumo familiare o ai mercati locali. Per il kiwi esistono diverse strutture aziendali che provvedono al confezionamento delle produzioni da avviare al consumo fresco.

Nella provincia di Vibo Valentia  si hanno interessanti coltivazioni di fragola, fico, pesco, feioia, ecc. 

Nelle rimanenti aree pianeggianti ed in particolare, lungo i litorali dell’Ionio e del Tirreno, procedendo verso la provincia di Reggio Calabria, la frutticoltura riveste un ruolo marginale. Infatti, sporadicamente si trovano impianti di actinidia e pesco (basso tirreno reggino), impianti di anona, mandorlo, nespolo del Giappone e avocado (Villa S. Giovanni, Reggio C., Melito P.S. e Palizzi), impianti di fico, pesco, albicocco, pero, nespolo del Giappone, avocado (Costa Ionica Locride).

Tuttavia, anche alle altitudini più elevate, sia in collina che in montagna, è possibile attuare una frutticoltura di qualità, che potrebbe conquistare una certa rilevanza nel comparto frutticolo calabrese, se opportunamente rivalutata da un’idonea politica d’intervento. In particolare, il ciliegio, il castagno, le pomacee, la fragola ed i piccoli frutti negli ambienti collinari e montani possono rappresentare un notevole valore aggiunto ed un’integrazione del reddito delle piccole e medie aziende agricole.

Nei territori pianeggianti, almeno attualmente, la frutticoltura assume maggiore importanza per come già detto in precedenza, soprattutto per la maggiore specializzazione che la contraddistingue, di conseguenza, per la migliore organizzazione tecnico-commerciale. Nella Piana di Sibari, infatti, sono presenti realtà frutticole di livello europeo che rappresentano un vero e proprio fiore all’occhiello per l’agricoltura e l’economia calabrese, come la società coperativa OSAS, con sede a Castrovillari (CS) che raggruppa gran parte delle aziende frutticole della piana di Sibari. Da sottolineare, inoltre, che l’attività industriale dell’OSAS si concretizza con la produzione di pesche da industria che vengono poi commerciate da una società collegata, la PAI S.p.A di Castrovillari. La quasi totalità delle pesche sciroppate della PAI viene anch’essa esportata. In particolare, la produzione della piana di Sibari è commercializzata prevalentemente sui mercati del Nord Europa, ciò a testimoniare la rispondenza del prodotto, per quantità (adeguate masse critiche) qualità, agli standard richiesti dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO).

Salvo queste lodevoli eccezioni, però, si può asserire che, in generale, la frutticoltura calabrese è caratterizzata da gravi carenze sul piano organizzativo, sia produttivo che commerciale.

2 - Colture e relative aree interessate dal progetto

Pesche e nettarine.

Costituiscono le due produzioni più importanti e con la maggiore possibilità di espansione. Considerata la vocazionalità ambientale, è sulle cultivar precoci che si dovrà puntare.

Un ragionevole spazio può essere assegnato anche alle varietà estive ed autunnali, sia per l'approvvigionamento dei mercati locali, sia per assicurare una continuità delle forniture dirette verso la GDO dei mercati italiani ed europei. La Calabria, tra le regioni meridionali, ha la più alta percentuale di nettarine sul totale della produzione, ma c'è spazio per un ulteriore incremento.

Poco diffusa, in Regione, è la tecnica della coltivazione sotto serra che consente di anticipare la raccolta di 15-20 giorni. E’ da sottolineare, in ogni modo, che la concorrenza spagnola e siciliana, in questo segmento della stagione, è particolarmente forte.

Area interessata: provincia di Cosenza e Catanzaro.

Albicocco.

Coltivazione ancora poco presente in Calabria. Le cultivar precoci hanno buoni spazi commerciali e possibilità di affermazione. E’ una specie che risponde bene alla forzatura in serra fredda e gli impianti fino ad ora realizzati in Italia, a differenza del pesco, sono poco numerosi, e interessano superfici modeste.

Area interessata: provincia di Cosenza e Catanzaro.

Fragola.

In Calabria esistono tutte le condizioni climatiche e pedologiche per un incremento delle coltivazioni. Esistono cultivar idonee e tecniche colturali competitive, ma si tratta di concretizzare le potenzialità produttive della coltura.

Area interessata:  provincia di Cosenza  e Catanzaro.

Pero.

Le varietà più collaudate, sia agronomicamente che commercialmente, sono quelle tradizionali, come Coscia e Spadona, alle quali possono essere affiancate altre cultivar come Bella di Giugno, Precoce di Fiorano, Etrusca, S. Maria e Tosca.

Area interessata:  intero territorio regionale.

Fico.

Il fico è una specie con una antica tradizione ma, purtroppo, la superficie interessata si è molto ridimensionata e non si intravedono serie possibilità di rilancio della coltura, data la forte concorrenza esercitata da paesi come la Turchia, sia per il prodotto essiccato che per il prodotto fresco, particolarmente delicato. Negli ultimi tempi si è assistito ad un aumento dei consumi del prodotto essiccato anche nel mercato italiano.

Area interessata:  provincia di Cosenza  e Reggio Calabria.

Nocciolo.

Presente in Calabria in gran parte nei comuni di Cardinale, Torre di Ruggiero e Simbario in provincia di Vibo Valentia e Catanzaro, costituisce una fonte di reddito per le popolazioni rurali che non hanno alternativa colturale più remunerativa.

Le nocciole calabresi presentano delle qualità organoelettiche superiori rispetto a quelle provenienti da altre regioni, infatti la cultivar “Tonda Calabrese” è particolarmente apprezzata per il consumo diretto.

Area interessata:  intero territorio regionale, con particolare riferimento alle aree più vocate.

Castagno da frutto.

Il castagno è presente in tutto il territorio calabrese. La sua coltivazione ha tradizioni antiche e riveste una notevole importanza per il recupero delle aree marginali, la tutela e conservazione del territorio agricolo, l’integrazione del reddito delle aziende montane ed il richiamo agrituristico. Al momento attuale, lo stato colturale e vegetativo dei castagneti da frutto è tale da richiedere una particolare e seria attenzione.

Area interessata:  intero territorio regionale

Frutticoltura da industria.

Le specie più importanti per la frutticoltura da industria sono:  pesche (percoche), pere e le albicocche per la produzione di sciroppati; susine e, in una certa misura, anche albicocche per l'essiccazione; pere, albicocche e pesche per i succhi. Per la produzione dei succhi le industrie utilizzano, in generale, le cultivar da consumo fresco in sovrapproduzione, mentre per la produzione dei sciroppati e delle susine essiccate esistono cultivar specifiche destinate esclusivamente alla trasformazione industriale. Vi sono possibilità di affermazione per le percoche e per le pere per la produzione di sciroppati, più difficile la coltura delle susine per l'essiccazione.

Area interessata: provincia di Cosenza.

Piccoli frutti.

La produzione di lampone, rovo, mirtillo, uva spina, ecc., a causa della deperibilità, richiede o la vicinanza del mercato di consumo o una perfetta e sofisticata organizzazione commerciale, indispensabile per raggiungere repentinamente i mercati lontani. Queste due condizioni esistono in Calabria in misura limitata.

Area interessata:  intero territorio regionale.

Actinidia.

La coltura è diffusa maggiormente in provincia di Reggio Calabria, dove viee impiegata principalmente la  cultivar Hayward e le cultivar Bruno, Monti, Tomuri. Di recente introduzione sono le cultivar Hort 16° e Jintao.

Area interessata:  provincia di Reggio Calabria  e Catanzaro.

Anona ed altri frutti tropicali.

Sono coltivati in particolare in provincia di Reggio Calabria ed in modo sparso in tutta la regione e sono da considerarsi colture in espansione, viste le favorevoli condizioni pedo-climatiche del territorio

Area interessata: provincia di Reggio Calabria e piccole aree regionali.

3 - Obiettivi

Sulla scorta delle criticità e dei punti di forza rilevate nel comparto, gli obiettivi da centrare per il rilancio della frutticoltura regionale sono i seguenti:

·        Effettuare analisi di mercato finalizzate alla valutazione delle potenzialità produttive degli impianti, tenendo conto degli sbocchi di mercato. Alla fase di ricerca dovrà necessariamente seguire una fase di sperimentazione e divulgazione dei risultati ottenuti.

·        Incoraggiare la diffusione e il potenziamento delle forme associative ai fini produttivi e commerciali al fine di giungere, attraverso la certificazione del prodotto, alla valorizzazione della frutticoltura nel suo complesso. L’associazionismo e la cooperazione sono fattori importanti per lo sviluppo del settore perché possono consentire di superare le debolezze strutturali derivati essenzialmente dalla frammentazione fondiaria e dalla scarsa innovazione tecnologica.

·        Approfondire le conoscenze relative alla caratterizzazione del frutto.

·        Introdurre più efficaci forme di meccanizzazione delle operazioni colturali.

·        Diffondere attraverso sistemi informatici e mediatici le attività svolte di miglioramento del settore frutticolo.

4 - Beneficiari

Sono beneficiari del progetto gli imprenditori agricoli della Regione Calabria.

Il numero delle aziende agricole sarà stabilito in seguito, ma attualmente, si può affermare che per l’areale del Medio Jonio Catanzarese saranno coinvolte circa 375 aziende, per la Piana di Rosarno e Gioia Tauro circa 350 aziende e per l’Altopiano del Poro altre 100 aziende.

6 - Iniziative previste

In risposta alle esigenze di informazione, divulgazione e di supporto al processo informativo attraverso il servizio di Assistenza Tecnica, viene prevista la realizzazione di 6 iniziative, elencate in ordine temporale e considerate fondamentali ai fini della progressiva e corretta applicazione del progetto.

6.1 –  Organizzazione Seminari preliminari

I seminari preliminari serviranno ad illustrare l’attività che si andrà a svolgere. Saranno rivolti agli imprenditori agricoli interessati, coinvolgendo tutti i soggetti attuatori del presente progetto.

In linea di massima, è prevista l’organizzazione di almeno 10 seminari.

Ciascun incontro risulterà mirato alla discussione ed all’anticipazione di specifici problemi, per risultare effettivamente funzionale alle esigenze del territorio e atto a produrre interesse verso la programmata attività di assistenza tecnica.

6.2 – Percorso informativo-formativo dei divulgatori

E’ stata prevista la realizzazione di un percorso informativo-formativo, di analisi e approfondimento tecnico-pratico, sulla base di un ciclo di seminari/workshop tecnico-applicativi, finalizzato all’aggiornamento su varie tematiche.

Gli incontri, programmati secondo un apposito calendario di lavoro, sono rivolti prioritariamente ai componenti del gruppo di lavoro istituito nell’ambito del presente progetto, ai referenti regionali e ai funzionari pubblici interessati e competenti in materia.

La realizzazione dei corsi di formazione e aggiornamento è affidata ai Servizi competenti, i quali, a partire dalla fase di analisi dei fabbisogni, fino alla concreta realizzazione degli interventi, presidiano l'intero processo formativo, che dovrà essere previsto nel piano triennale di formazione.

6.3 – Aggiornamento tecnico

Contemporaneamente al percorso formativo, sarà attuato uno specifico programma di aggiornamento tecnico, formulato secondo criteri funzionali alle esigenze di diffusione delle problematiche affrontate dal progetto, che preveda l’impiego prioritario di procedure interattive e di strumenti telematici.

Il programma è rivolto ai tecnici agricoli divulgatori responsabili del servizio di assistenza tecnica.

6.4 – Opuscoli Tecnici e Guide Monotematiche

E’ prevista la progettazione e realizzazione di un Opuscolo Tecnico per ogni principale coltura (Kiwi, Pesco, Albicocco, Fragola, Pero, Fico, Nocciolo, Castagno, Piccoli frutti, Frutti tropicali), nel quale saranno trattati soprattutto i seguenti argomenti:

-                                  razionalizzazione nell’impiego di mezzi tecnici

-                                 miglioramento della presentazione quali-quantitativa del prodotto

-                                 adozione di nuove tecnologie

-                                 individuazione di nuove varietà precoci con caratteristiche pomologiche ed organolettiche particolarmente interessanti.

Inoltre, in ogni opuscolo verrà studiato un apposito calendario di raccolta dove sarà indicata, per ogni singola area, la giusta epoca di raccolta al fine di poter esaltare e conservare le migliori caratteristiche organolettiche del prodotto.

A questo lavoro seguiranno guide monotematiche (sempre differenziate per coltura) che tratteranno i seguenti argomenti:

-                                  Concimazione

-                                  Trattamenti fitosanitari e lotta biologica o integrata

-                                  Lavorazione o inerbimento dei terreni

-                                  Tecniche di Potatura

-                                  Registro di campagna.

6.5 – Attivazione del Servizio di Assistenza Tecnica

Costituisce l’iniziativa più importante, il vero cuore del progetto.

Si procederà ad erogare un Servizio di Assistenza Tecnica ad un contingente di aziende agricole, interessate al comparto frutticolo.

Sarà indispensabile stabilire il numero e la tipologia delle aziende agricole che fruiranno di tale opportunità. I criteri da adottare a tal uopo scaturiranno da valutazioni che i divulgatori fisseranno in fase operativa.

L’assistenza diretta alle aziende riguarderà soprattutto i segueti punti:

-          tenuta del quaderno di campagna, legato alla emissione delle prescrizioni ed all’esecuzione delle varie operazioni culturali;

-          controllo diretto dello stato di salute del frutteto e lotta integrata e/o biologica;

-          analisi del terreno e piani di concimazione;

-          potatura dei frutteti e tecniche di irrigazione;

-          adattamento dei frutteti alla raccolta meccanica;

-          rispetto del regime della  condizionalità;

-          diffusione dell’Opuscolo tecnico presso le aziende agricole facenti parte del progetto.

L’assistenza tecnica potrà essere modulata anche in fuzione di specifiche richieste formulate dalle aziende aderenti al progetto.

La visita aziendale dovrà concludersi con la sottoscrizione da parte degli agricoltori di un’apposito modulo con la quale gli stessi attestano di aver beneficiato del servizio di Assistenza Tecnica.

6.6 – Organizzazione di un convegno finale

L’iniziativa consiste nell’organizzazione e realizzazione di un convegno, a valenza regionale/nazionale, di presentazione dei risultati complessivamente realizzati nell’ambito del Progetto. La relativa organizzazione dovrà quindi risultare coordinata con i tempi esecutivi delle altre iniziative, prevedendo la realizzazione dell’evento a conclusione di tutte le attività previste.

Sede: Gioia Tauro

7 - Contatti con i CSD e divulgazione dei risultati della ricerca applicata e sperimentazione

Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi elencati nel precedente capitolo, l’attuazione del presente progetto contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.

Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ARSSA nel campo della frutticoltura.

I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per la frutticoltura i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende agricole.

I Centri Sperimentali Dimostrativi che si occupano di sviluppare inee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto frutticolo sono i seguenti:

CSD

Linee di Ricerca

S. Marco Argentano

Drupacee,

Fico

S. Pietro Lametino

Fruttiferi locali

Locri

Fruttiferi locali

Cropani

Fruttiferi locali,

Castagno da frutto

Molarotta

Fruttiferi minori e locali

Gioia Tauro

Fruttiferi tropicali,

Noce da frutto

S. Pietro Lametino

Fruttiferi locali

Locri

Fruttiferi locali

Cropani

Castagno da frutto

Molarotta

Fruttiferi minori e locali

Gioia Tauro

Fruttiferi tropicali,

Noce da frutto

8 - ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro  373.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

82.000

91.000

95.000

268.000

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

 

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

 

112.000

126.000

135.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

373.000

PROGETTO

ASSISTENZA TECNICA E DIVULGAZIONE

COMPARTO ORTICOLO

1 - IL COMPARTO ORTICOLO IN CALABRIA

Dall’ultimo censimento dell’agricoltura risulta che in Calabria esistono n. 29.007 aziende orticole e una relativa SAU interessata pari a 11.583 ha, che corrisponde al 2,14% della superficie agricola  totale regionale. La superficie media delle aziende orticole risulta essere pari a 0,31 ha.

La maggior parte delle aziende orticole sono in provincia di Cosenza; seguono le province di Catanzaro, Reggio Calabria, Vibo Valenzia e, per ultima, quella di Crotone. Anche per la superficie occupata dalle colture orticole in Calabria è in testa la provincia di Cosenza, seguita dalle province di Reggio Calabria, Crotone, Catanzaro e Vibo Valenzia. La superficie media aziendale regionale è pari 0,40 ha e, a livello provinciale, tale superficie risulta più elevata nel crotonese (2,50 ha); seguono le province di Reggio Calabria, Vibo Valenzia, Cosenza e Catanzaro (Tabella 1).

Tab. 1 – Distribuzione delle aziende orticole e della superficie nelle Provincie Calabresi ( ISTAT , 2000)

 

PROVINCIA

Numero  di aziende

SAU

Totale

(ha)

Superficie media aziendale

(ha)

COSENZA

11.995

3.765

     0,31

CATANZARO

6.019

1.727

0,29

REGGIO CALABRIA

5.788

2.297

0,40

VIBO VALENZIA

4.151

1.583

0,38

CROTONE

1.054

2.208

2,10

REGIONALE

29.007

11.583

0,40

Tab. 2 - Numero di aziende orticole per classi di superficie in ettari (ISTAT , 2000)

 

Zone altimetriche

Numero di aziende per classi di superficie in ha

Meno di 1

1-2

2-5

5-10

10-20

20-50

50-100

100 e oltre

totali

Montagna

 

 

6.307

2.851

2.526

868

407

195

53

18

13.225

Collina

6.006

3.279

3.129

1.006

508

284

66

28

14.306

Pianura

584

311

328

127

55

34

15

22

1.476

Totali intera Regione

12.897

6.441

5.983

2.001

970

513

134

68

29.007

Se si considera la situazione del comparto orticolo in Calabria dal punto di vista altimetrico, si nota che l’orticoltura è maggiormente diffusa in collina (n. 14.306 aziende e 5.254 ha) e in montagna (n. 13.225 aziende e 3.755 ha); per ultimo è diffusa in pianura, con sole 1.476 aziende orticole e 2.573 ha (Tabelle 2 e 3).

Per quanto riguarda le classi di superficie, sempre a livello regionale, si nota che il numero più alto di aziende orticole (n.12.897) ha una SAU inferiore a 1 ettaro. Il numero di aziende diminuisce man mano che aumenta la classe di superficie fino a n. 68 aziende con una superficie pari o superiore a 100 ha (Tabella 1). La maggiore parte delle aziende ha una superficie compresa tra 2 e 5 ha (Tabella 3).

Tab. 3 – Superficie in ettari occupata dalle aziende orticole per classi di superficie e per zone altimetriche (ISTAT , 2000)

 

Zone altimetriche

SAU (ha) occupata dalle aziende orticole per classi di superficie in ha

Meno di 1

1-2

2-5

5-10

10-20

20-50

50-100

100 e oltre

totali

Montagna

 

 

744,3

660,42

936,33

532,77

364,53

277,29

68,75

171,31

3.755,43

Collina

751,06

723,05

1.191,66

659,05

703,99

757,79

254,63

213,24

5.254

Pianura

133,78

143,45

368,56

284,18

173,25

296,05

507,09

666,79

2.573,15

Totali intera Regione

1.628,87

1.526,92

2.496,55

1476

1.241,77

1.331,13

830,47

1.051,34

11.583,05

Dai dati ISTAT 2000, risulta inoltre che in Calabria, le aziende che praticano l’orticoltura in coltura protetta sono 745 e le aziende vivaistiche che producono piantine orticole sono 317.

L’orticoltura calabrese rappresenta circa il 5% del totale nazionale delle colture in pieno campo  e il 3 per mille di quelle in serra. Malgrado ciò, essa è caratterizzata da prodotti tipici, da aree climaticamente differenziate grazie ad una complessa orografia e da aziende ed industrie di trasformazione altamente specializzate.

L’orticoltura di collina e di montagna è anche caratterizzata dalla presenza di coltivazioni di specie e/o varietà tipiche, alcune delle quali a rischio di estinzione.

Il territorio dove si pratica questo tipo di orticoltura, in molti casi, è compreso nelle aree protette della Calabria (Parco Nazionale del Pollino, Parco Nazionale della Sila, Parco Nazionale dell’Aspromonte, Parco Regionale delle Serre).

L’importanza di promuovere lo sviluppo dell’orticoltura, soprattutto estiva, nelle aree protette nasce dalla constatazione che questo comparto, nei comprensori di nuova irrigazione, rappresenta una reale alternativa alla cerealicoltura. Questo, non solo per la disponibilità di acqua irrigua, ma anche per la possibilità di commercializzare i prodotti orticoli nelle zone balneari della Calabria che, proprio d’estate, godono di un notevole afflusso turistico. Considerate tra l’altro le normative di protezione ambientale esistenti nelle aree protette, si ritiene che solo una orticoltura razionale, avvicendata, che sia capace di offrire ai consumatori prodotti di qualità, possa dare reddito agli operatori del comparto.

L’orticoltura, in queste aree, consentirebbe anche una utilizzazione razionale dell’acqua irrigua e, nello stesso tempo, permetterebbe di abbassare i costi di esercizio degli impianti. Le colture che attualmente sono più diffuse nelle zone protette sono: fagiolo tipo borlotto, da sgusciare, sia nano che rampicante; zucchino; pomodoro; peperone e lattuga.

Non va sottovalutato che i produttori di ecotipi locali e di produzioni tipiche e di qualità possono chiedere agli Enti Parco la concessione in uso del marchio del Parco, applicando l’apposito disciplinare tecnico per la certificazione dei prodotti ortofrutticoli. Tutto ciò potrebbe indurre ancor di più ad una maggiore conoscenza di questi prodotti, con conseguente valorizzazione dell’ambiente e dell’immagine dei territori di produzione.

Secondo gli studiosi del comparto (Magnifico, 1995), il rafforzamento delle tradizioni esistenti rappresenta il primo passo per un serio potenziamento dello sviluppo e del progresso dell'orticoltura calabrese, al quale deve seguire una robusta opera di programmazione colturale durante l'intero anno, potendo la Regione Calabria disporre di superfici idonee in aree climatiche ben distinte ed integrabili fra loro per le produzioni ottenute e ottenibili. Oltre alla ben nota Cipolla Rossa di Tropea, certamente il prodotto più tipico e rappresentativo dell’orticoltura calabrese per l'importanza che riveste sui mercati nazionali ed esteri, il comparto orticolo Calabrese è ricco di prodotti di nicchia, come per esempio, il fagiolo di Cortale, il fagiolo poverello bianco dell’area del Pollino, il pomodoro di Belmonte,  la lenticchia di Mormanno, il peperone di Roggiano, il peperone Nicastrese, il peperoncino di Diamante, il peperoncino di Calabria, ecc., la cui valorizzazione agronomica e commerciale può concorrere a formare reddito.

Non vanno comunque trascurate altre importanti colture come il melone (in coltura precoce), il pomodoro (da industria e da mensa in pieno campo e in coltura anticipata) e le altre solanacee (peperone, melanzana, patata), il cavolo broccolo e altre brassicacee, le insalate, ecc., meritevoli di una migliore programmazione dopo un'attenta analisi di marketing per meglio individuare i periodi di più favorevole coltivazione e le cultivar di maggiore richiesta.

Non va neanche sottovalutata l’introduzione di nuove specie, come i radicchi e le orticole per la IV Gamma in forte espansione.

Di fondamentale importanza è la valutazione globale della produzione, che passa attraverso il controllo di tutti i processi produttivi, ivi comprese le tecniche agronomiche e di difesa che possono favorire accumuli di sostanze indesiderate e nocive alla salute del consumatore. Di qui la necessità di redigere i disciplinari di produzione da agganciare alla costituzione dei marchi di qualità, divenuti ormai indispensabili strumenti di lavoro per la conquista e il mantenimento delle quote di mercato.

In ogni caso, lo sviluppo e il progresso dell'orticoltura calabrese è realizzabile solo attraverso una corretta azione di divulgazione e di assistenza tecnica mirante alla qualificazione professionale degli operatori finalizzata alla tipicizzazione dei prodotti e delle aree di produzione. Da un punto di vista commerciale, inoltre, ogni azione sarà volta alla programmazione e concentrazione dell'offerta, considerate anche le notevoli distanze che i prodotti calabresi devono percorrere per raggiungere i migliori mercati.

2 - PRINCIPALI AREE ORTICOLE DELLA REGIONE

2.1 - Il territorio della provincia di Vibo Valentia e la Cipolla di Tropea

Nel territorio della Provincia di Vibo Valentia circa 500 ettari sono destinati all’orticoltura, della quale la coltura più redditizia è la Cipolla Rossa di Tropea coltivata su ben 400 ettari,  di cui la metà  nel territorio del Comune di Tropea.

La coltivazione della Cipolla Rossa di Tropea non interessa la sola costa tirrenica vibonese, ma coinvolge un areale di coltivazione ben più ampio che parte dal Comune di Nicotera (VV) fino al Comune di Belmonte Calabro (CS). La produzione di questa varietà di cipolla, pari a circa 10.000 tonnellate/anno, permette oggi un valore della PLV complessiva di oltre 1milione di euro.

Da diversi anni si sta lavorando ad un progetto di valorizzazione finalizzato all’ottenimento del  Marchio Europeo di Indicazione Geografica Protetta (IGP), secondo i criteri dettati dalla normativa CEE previsti dal Reg. 2081/92 e successive modifiche. Pertanto, salvo imprevisti, dal 2008, questo prodotto potrà avere il marchio IGP.

Le aziende dislocate nel territorio di produzione (litorale tirrenico vibonese, catanzarese e cosentino), che confezionano direttamente il prodotto, sono circa trenta; nessuna di queste risulta ancora essere in regola con le norme di tracciabilità e rintracciabilità delle produzioni, pur essendo l'obbligo della tracciabilità e rintracciabilità entrato in vigore dal gennaio 2005 e che per gli inadempienti sono previste pesanti sanzioni civili e penali.

2.2 - Il territorio del Lametino e dell’Alto Lametino

Le colture ortive rivestono un ruolo importante nell’economia del settore agro-alimentare della Piana di Lamezia. Nel Lamentino possiamo distinguere un’orticoltura delle zone montane, caratterizzata da aziende di piccole dimensioni e un’orticoltura di pianura con aziende di medie e grandi dimensioni.

Negli ultimi anni si è avuto un aumento delle superfici investiste ad ortive, sia in pieno campo che in coltura protetta. Le maggiori produzioni si hanno nei comuni di Lamezia Terme con 168 ha, Curinga con 165 ha e Nocera Tirinese con 122 ha.

Le specie orticole maggiormente diffuse sono: pomodoro sia da industria che da mensa, zucchine, peperoni, melanzane, fagiolo, piselli, cetriolo, melone, lattuga, radicchio, finocchio, cipolla e aglio, cavoli, carciofi.

Un’attenzione particolare merita la coltivazione in alcune zone della Cipolla Rossa di Tropea con una maggiore presenza nell’area di Gizzeria e Nocera. Da qui, la produzione confluisce al centro di lavorazione di Falerna come cipolla primizia, cipolla media precoce e cipollotto. La coltura è  praticata in pieno campo, su terreni sabbiosi, con irrigazione a scorrimento da aprile fino a poco prima della raccolta.

Per lo sviluppo della coltivazione delle ortive, nel Lamentino, particolare importanza hanno rivestito alcune innovazioni come per esempio l’utilizzazione dei film di polietilene per la pacciamatura, rapidamente  diffusasi lungo la fascia costiera della piana. Anche la fertirrigazione, negli ultimi anni, ha avuto una rapida diffusione per le coltivazioni orticole con tutti i vantaggi agronomici ed economici che queste due tecniche comportano.

Il processo evolutivo dell'orticoltura nella zona passa anche attraverso la diffusione delle coltivazioni in colture protette in tunnel-serra attraverso un aumento delle cubature capaci di garantire il miglior effetto serra, e l’adozione del sistema di areazione per mezzo di aperture laterali e al colmo, che garantisce un più agevole controllo dei parametri di temperatura e umidità. Ancora poco diffuse sono le protezioni delle aperture con le reti antiafidi che permettono anche un controllo dei vettori dei virus più temuti e dannosi.

Per quanto concerne le tecniche colturali,  va segnalata una discreta applicazione di tecniche di difesa integrata e l’impiego dei bombi per l’impollinazione di pomodoro da mensa in coltura protetta.

L’area è interessata anche da alcune importanti strutture associative che operano nel settore orto-frutticolo, con lo scopo di concentrare l’offerta e commercializzare il prodotto, ma anche di indirizzare i soci verso standard qualitativi elevati.

Nelle aree collinari e montane, la produzione di ortaggi è legata ad una lunga tradizione ed è realizzata in aziende di piccole e medie dimensioni a conduzione familiare. Un’orticoltura di questo tipo svolge innanzitutto un importante ruolo per la salvaguardia del germoplasma di specie, varietà e/o ecotipi locali. Infatti, alcune di queste specie, varietà e/o ecotipi locali sopravvivono soprattutto grazie a vecchie agricoltrici o appassionati che le conservano e moltiplicano negli orti a conduzione famigliare. Un esempio importante è il fagiolo di Cortale, diffuso nel territorio del comune di Cortale e Jacurso. Questo particolare tipo di fagiolo, con una produzione di circa 30 tonnellate  all’anno di granella secca, viene commercializzato prevalentemente nei mercati locali, nel mese di novembre, subito dopo la raccolta.

Un altro esempio di produzione tipica è il peperone nicastrese caratterizzato da una forma a cuore e dal sapore dolce ed utilizzato prevalentemente nella preparazione della conserva di pepe”, che è uno dei costituenti del salame tipico. Il rilancio di questa varietà, al momento, sta avvenendo, con esiti positivi, grazie alla tenacia di due orticoltori.

L’area dell’Alto Lametino rappresenta il tipico paesaggio delle zone interne della Calabria nel quale le ortive continuano ad essere coltivate su piccoli appezzamenti - orti a conduzione familiare - localizzati sulla corona perimetrale dei centri abitati. In questo tipo di aziende l’approvvigionamento dell’acqua irrigua avviene da pozzi artesiani. In particolare, nel comune di Decollatura, da alcuni anni, si assiste ad un graduale aumento della superficie investita ad ortive, soprattutto zucchino, pomodoro da mensa, peperone, fagiolino e fagiolo borlotto a maturazione cerosa. Ciò in seguito ai problemi di commercializzazione che hanno investito il comparto pataticolo, fino a qualche anno fa settore trainante dell’agricoltura della zona.

Gli agricoltori più attenti e lungimiranti hanno conquistato una nuova fetta dei mercati locali, diversificando la loro offerta con prodotti tardivi.

Dalle indagini svolte, risulta che andrebbero curate adeguatamente le pratiche agronomiche relative alla concimazione ed ai trattamenti antiparassitari. I coltivatori sono legati a schemi di lotta empirici, sanciti più dall’abitudine che da risultati effettivamente validi, e questi, unitamente a rotazioni colturali inadeguate, rendono ragione della poco soddisfacente situazione fitosanitaria delle orticole nella zona in esame.

L’applicazione di corretti criteri di concimazione e di difesa, suggeriti da una rigorosa sperimentazione e da una appropriata assistenza tecnica, potrebbe entro breve tempo ottimizzare l'impiego di un fattore di produzione notevolmente incidente sui costi, qual è l’impiego dei concimi e agrofarmaci.   

2.3 - Il versante tirrenico della provincia di Reggio Calabria

Il comprensorio tirrenico della provincia di Reggio Calabria, dal punto di vista agricolo, si distingue per il comparto olivicolo che rappresenta la coltura dominante sul territorio, ed in parte per quello agrumicolo nella Piana Gioia Tauro, mentre l’orticoltura riveste un ruolo meno importante, anche se esistono aree di straordinaria importanza per produzioni caratteristiche e di qualità elevate. Infatti, l’orticoltura, praticata su gran parte del territorio in esame, è caratterizzata da una miriade di piccole aziende a conduzione familiare, distribuite in maniera eterogenea che ne determinano una base produttiva di piccola entità e da un ristretto numero di coltivazioni in serra presenti soprattutto nella piana di Gioia Tauro, mentre l’orticoltura più consistente sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, grazie alla particolare vocazionalità della zona per motivi pedoclimatici e per la disponibilità di acqua irrigua, si concentra in un vasto territorio rappresentato da una serie di altopiani ubicati alle falde del massiccio dell’Aspromonte, in parte comprese in territorio protetto, con altitudine variabile tra gli 850 e i 1150 metri s.l.m., contornati da boschi di conifere e latifoglie di rara bellezza paesaggistica, dove viene praticata un’antica ma importante orticoltura estiva di possibile ammodernamento. Tali altopiani sono denominati Piani d’Aspromonte e ricadono in gran parte nei comuni di Sinopoli, Sant’Eufemia d’Aspromonte e Scilla, ed in piccola parte in quelli di S. Roberto,  e Piani di Reggio Calabria.

Dal punto di vista della produzione orticola, molto interessante, è anche la fascia territoriale costiera  che va da Scilla a Bagnara Calabra fino a Sant’Eufemia d’Aspromonte. In particolare, in questo ultimo  comune è concentrata la maggiore produzione di ortaggi del comprensorio, il quale, con una superficie di circa 1.500 ettari interessati dall’orticoltura, presenta numerose peculiarità. Tra queste si annoverano le produzioni di patata, fagioli di vario tipo, zucchina, pomodoro, ed altri ortaggi estivi, delle quali alcune vengono considerate “caratteristiche” e che, se rilanciate opportunamente, potrebbero ottenere un marchio di qualità.

I prodotti della tradizionale orticoltura dell’area, che utilizza tecniche agronomiche a basso impatto ambientale, in molti casi, presentano particolari caratteristiche organolettiche. Risulta pertanto importante considerare la possibilità, tramite un percorso di opportuna valorizzazione, di attivare una serie di iniziative concrete che conducano ad un progetto integrato di sviluppo, orientato all’ottenimento di prodotti orticoli di qualità, all’incremento occupazionale ed al miglioramento delle condizioni socioeconomiche del tessuto rurale del comprensorio Aspromontano.

Lo sviluppo e il progresso dell’orticoltura di detto comprensorio, in prima istanza, non passa attraverso l’introduzione di nuove colture, bensì attraverso la valorizzazione e il potenziamento dell’esistente, considerato, anche, che nella realtà orticola del territorio è già presente una gamma di prodotti orticoli coltivati che soddisfano gran parte della domanda dei consumatori. L’azione, pertanto, va rivolta verso la tipicizzazione dei prodotti e delle aree di produzione e verso la qualificazione del personale tecnico.

2.4 - La Locride

L’orticoltura costituisce circa l’ 8 % della superficie destinata alle coltivazioni erbacee nella Locride e occupa mediamente 600 ha in coltura specializzata su un totale di 2150 aziende (dati ISTAT: V° Censimento Generale dell’Agricoltura Italiana anno 2000) a cui vanno aggiunti gli orti familiari particolarmente diffusi nel comprensorio, con produzioni però quasi sempre destinate all’autoconsumo. Non mancano tuttavia lungo la fascia litoranea, esempi di coltivazioni specializzate di pomodoro, zucchino, melanzana, piccoli frutti sia in pieno campo che in serra, e di cavolfiore, cavolo broccolo, finocchio, pisello e fava. 

I Comuni maggiormente interessati alla coltivazione di ortive da reddito sono: Africo, Platì, Ardore, Locri, Caulonia, Riace, Monasterace.

Dai dati su esposti si comprende come a fronte delle caratteristiche agroclimatiche tipiche della zona che fanno della Locride un ambiente particolarmente vocato alla produzione di ortaggi primaticci sia in serra che in pieno campo, l’area è sotto utilizzata rispetto alle potenzialità.

2.5 - Le Serre Vibonesi

Per le ortive nelle Serre vibonesi si deve rilevare la tendenza di buona parte della popolazione agricola dell'area ad operare le scelte produttive in funzione dei fabbisogni familiari, poiché queste colture interessano generalmente superfici ridottissime (fazzoletti di terra). Soltanto nei fondovalle Mesima e  Marepotamo esiste un'orticoltura realizzata su superfici maggiori (almeno un ettaro) e  durante tutto o gran parte dell'anno,  che riesce a trovare sbocchi mercantili anche fuori-regione. In questo ambito, si può dire che siano una ventina le aziende tecnicamente ed economicamente rilevanti, mentre quelle ufficialmente censite come tali risultano essere ben 1.600.

In ogni caso, la produzione derivante dalle mini coltivazioni riesce, anche se  saltuariamente, ad alimentare i mercati locali, frequentati, soprattutto nel periodo estivo, da turisti alla ricerca del prodotto genuino.

Per quanto attiene alle prospettive del comparto (che interessa circa il 4% della SAU = 500 ettari ca.), è auspicabile che, soprattutto nelle zone  pedemontane e montane, vi sia un ampliamento della superficie investita ad ortive ed, in particolare, una maggiore diffusione di quelle specie (lattuga, cicoria, carota, fagiolino, fragola, solanacee) che possono entrare come tardive sul mercato. Inoltre, le particolari condizioni ambientali di queste zone, permettono di realizzare delle produzioni biologiche, requisito che, malgrado tutto, ancora riesce ad essere qualificante. Sempre in relazione alle particolari condizioni pedoclimatiche, meriterebbe di essere sviluppata l'attività sementiera/vivaistica.

Non si dovrà, comunque, trascurare la produzione delle specie realizzata nei fondovalle, rappresentata principalmente da: fava, fagiolo, pomodoro, peperone, melanzana, broccoli, che, pur meglio introdotta sul mercato, necessita di assistenza tecnica per quanto concerne le scelte varietali e le modalità di commercializzazione. Riguardo al primo aspetto, accanto all'introduzione di nuove cultivar,  appare opportuno il recupero di alcuni ecotipi locali apprezzabili sia per i caratteri organolettici che per una particolare rusticità.   In merito al secondo aspetto, risulta sempre più impellente l'adozione di forme di aggregazione (quanto meno del prodotto) tali da garantire, costantemente nel tempo, rilevanti quantitativi che possano interessare anche i più importanti operatori nel comparto della distribuzione.

2.6 – Lo Ionio Catanzarese

Il territorio si presenta molto diversificato orograficamente con una prevalenza di collina e montagna ed esigue superfici pianeggianti, localizzate ai lati dei corsi d’acqua e lungo la fascia litoranea. L’orticotura presente in questo territorio è indirizzata soprattutto alla produzione di prodotto fresco, commercializzato a livello locale o per il consumo familiare, realizzato soprattutto in pieno campo; mentre esigue sono le superfici sotto serra, per lo più localizzate nelle zone litoranee, che consentono di svincolarsi dalla stagionalità delle produzioni. La coltivazione di specie la cui produzione è destinata all’industria è presente ma anch’essa su ridotte superfici e limitata al pomodoro.

L’orticolura intensiva è localizzata sulle superfici pianeggianti dei comuni di Sellia, Cropani, Botricello, Simeri Crichi, Belcastro, Marcellinara, Caraffa. Le coltivazioni sono soprattutto di  pomodoro da mensa; sono presenti anche zucchino, melanzana, cetrioli e peperone reggitano; presente è pure la coltivazione di cavolo,  cavolo broccolo e cavolo rapa a produzione invernale. Nelle zone di Botricello e Belcastro è praticata la coltivazione di finocchio su discrete superfici. Negli ultimi anni si sta diffondendo a Cropani e zone limitrofe la coltivazione della fragola. Nelle zone collinari e  piane dell’entroterra  è diffusa un’orticoltura familiare con la coltivazione delle specie tradizionali (pomodoro, melanzana, broccolo, cavoli vari, ecc); inoltre a Borgia è diffusa la coltura del fagiolo di Cortale. Infine, nelle zone montane l’orticoltura è  di tipo familiare, praticata in estate con le specie già citate e su piccole superfici. Fa Eccezione la coltura della patata che ricopre superfici di un certo interesse nel comune di Taverna.

La produzione orticola così ottenuta è destinata ai mercati locali mancando organismi quali associazioni o cooperative che consentirebbero la concentrazione dell’offerta.

Le colture orticole assumono particolare importanza anche in alcune zone della fascia costiera in un’area di circa 454 ha caratterizzata da una gestione familiare, soprattutto nei Comuni di Davoli, S. Sostene, Montepaone e Badolato, dove si trova una orticoltura da reddito sia in coltura protetta che da pieno campo, i cui prodotti  trovano sbocco soprattutto nei mercati locali.

Il comparto orticolo è presente anche nelle aree interne nei comuni di Chiaravalle, Girifalco, Petrizzi e Palermiti, i cui prodotti trovano sbocco commerciale sui mercati locali soprattutto nel periodo estivo in virtù del considerevole flusso turistico.

Le specie maggiormente coltivate sono: pomodoro da mensa, fagiolino, melanzana, cetriolo, zucchino e cavolo broccolo.

La commercializzazione può interessare sia la vendita direttamente in azienda a privati come viene adottato sopratutto da piccoli produttori che riescono a commercializzare così gran parte dei prodotti, che mediante il conferimento ai mercati generali o alla Grande Distribuzione Organizzata (G.D.O.).

2.7 - Il Crotonese

Il comparto orticolo nel Crotonese, pur occupando una superficie non molto estesa, è importante per il valore aggiunto delle produzioni. Le colture maggiormente praticate sono: pomodoro da mensa ed industria, finocchio, lattuga, anguria, cavolfiore, peperone. I  comuni orticoli più importanti sono: Crotone,  Isola Capo Rizzato, Cutro,  Rocca di Neto e Casabona.

Negli ultimi anni, alcune produzioni, segnatamente la barbabietola da zucchero e il pomodoro, hanno subito un brusco calo in seguito alla chiusura di alcune industrie agroalimentari come lo zuccherifìcio di Strongoli e il conservificio ESAC di Crotone, lasciando libere importanti superfici, che possono anche essere destinate all’orticoltura.

2.8 - Il territorio di Rossano e Basso Ionio Cosentino

Nel territorio di riferimento  non esiste un vero e proprio comparto orticolo specializzato e professionale. La frammentazione aziendale determina una situazione colturale a netta prevalenza agrumicola ed olivicola. Le aziende che producono ortaggi sono sopratutto a carattere  familiare con  una superficie complessiva netta di circa 100 ha (dati relativi all’ultimo censimento dell’agricoltura) che abbraccia 14 Comuni di cui 7 litoranei ( Calopezzati, Cariati, Crosia, Mandatoriccio, Pietrapaola, Rossano, Scala Coeli)  e 7 collinari (Bocchigliero, Caloveto, Campana, Cropalati, Longobucco , Paludi, Terravecchia). La natura dei suoli è molto eterogea: lungo la costa i terreni sono a tessitura grossolana del tipo sabbioso  o franco-sabbioso con drenaggio rapido, povero di  sostanza organica, con contenuto in scheletro superiore al 10%; lungo il versante collinare si passa da suoli con scheletro comune, tessitura media, a reazione neutra, scarsamente calacarei, con drenaggio buono e riserva idrica moderata, a suoli  a tessitura grossolana, alcalini, con riserva idrica bassa e con prevalenza di  macchia mediterranea  ( ARSSA Carta dei Suoli – Monografia Divulgativa)

2.9 – L’Alto Jonio Cosentino

Nell’Alto Jonio Cosentino le coltivazioni ortive hanno sempre rivestito una certa importanza economica. Le specie attualmente più diffuse nell’area sono melanzana da industria, finocchio, cavolfiore, cavolo broccolo, anguria, zucchino e melone. In alcuni areali dei Comuni di Amendolara, Roseto, Montegiordano e Rocca Imperiale è tradizionale la coltivazione precocissima in pieno campo di piselli e fave che sfruttano il particolare microclima. Nei Comuni di Cassano Jonio e Francavilla Marittima è da segnalare l’aumento negli ultimi decenni della coltivazione del peperoncino piccante.

Per quanto riguarda le colture protette c’è da evidenziare l’aumento delle colture in serra fredda (pomodoro da mensa, fagiolino, zucchino, melanzana) mentre esiste una sola grossa realtà di serricoltura ad alta tecnologia dove viene attuata la pratica del NFT. Quasi scomparsa è la coltivazione del pomodoro da industria.

Il comparto, oltre ad alcune problematiche di tipo climatico (aumento dei periodi siccitosi), fitosanitario (virosi del pomodoro), aumento e resistenza delle infestanti (orobanche nei campi di piselli e fave), impiego di eccessive dosi di azoto, risolvibili in parte con una buona formazione degli addetti, necessita soprattutto di una migliore rete commerciale.

Per le grandi aziende ortive della piana di Sibari e per alcune realtà del comune di Rocca Imperiale si è intrapreso un cammino teso a rendere competitive le produzioni anche al di fuori dei confini nazionali attraverso  la realizzazione delle filiere, l’attuazione di efficaci operazioni di marketing e istituzione del Consorzio Agroalimentare di Qualità di Sibari. Per le piccole aziende resiste un sistema di commercializzazione ormai superato, che si esplica attraversa la vendita diretta in azienda, oppure affidandosi a mediatori che canalizzano  il prodotto verso i mercati della Campania e della  Puglia.

2.10 - Il Pollino

L'area all’interno del Parco Nazionale del Pollino dove negli ultimi anni si è sviluppato il comparto orticolo è situata a nord della provincia di Cosenza, al confine con la Regione Basilicata e comprende tre comuni: Laino Castello, Mormanno e Laino Borgo. Questa possiamo definirla come area di nuova irrigazione poiché, oltre a quelle poche strutture irrigue tradizionali, è da circa 15 anni che sono in funzione ben 10 impianti irrigui realizzati dal Consorzio di Bonifica del Pollino. La superficie complessiva irrigabile di circa 2000 ettari.

La peculiarità di quest'area orticola è dovuta alla sua ubicazione all'interno del Parco Nazionale del Pollino noto per le bellezze  naturalistiche paesaggistiche ed  architettoniche. Tra queste ricordiamo:

- il fiume Lao, che si forma in prossimità del centro abitato di Laino Borgo dall'unione del fiume Battendiero che scende da Mormanno e del fiume Mercure che scende da Rotonda. E’ nota a tutti ormai l'importanza che ha assunto il fiume Lao anche a fini sportivi per le discese in canoa.

- la grotta del Romito, del Paleolitico, nel Comune di Papasidero.

Da ciò deriva la necessità di coniugare turismo, tutela e conservazione della natura e produzioni tipiche e eco-compatibili. Le potenzialità remunerative degli operatori del comparto orticolo in quest’area sono ottime come i seguenti  esempi dimostrano:

Fagiolo Borlotto Ceroso nano

produzione media:  10 t/ha

prezzo medio:  1,00 €/kg

PLV:  10.000,00 €/ha

Fagiolo Borlotto Ceroso rampicante

produzione media:  12 t/ha

prezzo medio:  1,00 €/kg

PLV:  12.000,00 €/ha

Zucchino

produzione media:  30 t/ha

prezzo medio:  0,60 €/kg

PLV:  18.000,00 €/ha

Fagiolo poverello bianco

produzione media:  1,8 t/ha

prezzo medio:  10,00 €/kg

PLV:  18.000,00 €/ha

2.11 – Il Medio e Alto Tirreno Cosentino

Le ortive, con una superficie di 280 ha e 1689 aziende, assumono il massimo dell’importanza nelle aree di San Lucido, Paola, Cetraro e Fuscaldo (87% della superficie totale). Da questi dati emerge che la superficie media destinata da ogni singola azienda è inferiore ad un ettaro. Notevole interesse riveste nell’area in esame la coltivazione del pomodoro di Belmonte. La varietà, del tipo Cuore di Bue, per la sua forma caratteristica, viene prodotta senza forzatura nel mese di settembre, in collina, e presenta le seguenti caratteristiche: buccia spessa e croccante di colore rosa, gusto dolce  e forma tipica che la differenziano  da quella prodotta nel periodo luglio-agosto nelle aree di pianura. Nel comprensorio di Belmonte Calabro la quantità di prodotto nel periodo di massima vendita (15 luglio - 15 agosto) si aggira sui 5-7 q/ha al giorno. La destinazione del prodotto riguarda il mercato locale nella fascia costiera del basso tirreno cosentino anche se piccole quantità raggiungono il mercato romano. Nei mesi di luglio-agosto si raggiungono prezzi che oscillano da 2 a 3 €/Kg.

3 - LO STATO DELL’ORTICOLTURA IN CALABRIA

In Calabria, la pur modesta presenza del settore orticolo, se da un lato ha contribuito alla qualificazione degli operatori e alla creazione di un mercato proteso verso il miglioramento della qualità del prodotto, creando dei punti d’eccellenza; dall’altro ha lasciato ampi margini di miglioramento poiché, in generale, vi sono problematiche comuni a tutto il comparto. La scelta colturali e varietale, in molti casi, non è fatta tenendo conto delle esigenze pedo-climatici e del comparto, ma in conformità alle tradizioni se non all’offerta dei vivaisti. Le coltivazioni sono realizzate spesso in modo tale da contrastare con le esigenze economiche a lungo termine pur di assecondare le richieste del mercato; le colture di conseguenza, ritornano per diversi cicli produttivi ad occupare gli stessi terreni. Ciò comporta numerosi inconvenienti,  tra i quali l’acutizzarsi di problemi fitopalogici a livello del terreno, complessivamente noti come stanchezza del terreno in grado di determinare riduzione consistente delle rese e della qualità, e a volte, la totale perdita della produzione. Il fenomeno è ancora più consistente in coltura protetta. Le fertilizzazioni sono spesso non gestite correttamente, poiché non si hanno precisi riferimenti analitici per conoscere la quantità di elementi nutritivi asportati dalla coltura durante il ciclo vegetativo. Ciò spesso si traduce in un’eccessiva concimazione, in particolare d’azoto,  riflettendosi negativamente sull’ambiente (lisciviazione dei nitrati) e sulla qualità della produzione (eccessivo rigoglio vegetativo, ritardo d’allegagione, perdita di precocità, maggior predisposizione alle malattie fungine, accumulo di nitrati nelle parti eduli, ecc. Negli ultimi si registrano forti aumenti delle  infezioni da virus in particolare sulle colture estive. In alcuni casi si sono avute perdite quasi totali delle produzioni, costringendo gli orticoltori a desistere dal coltivare alcune specie e varietà, ciò ha interessato in modo particolare la coltura del pomodoro da industria in pieno campo. Nel vivaismo ortivo si registra un aumento degli agenti responsabili di tracheomicosi e marciumi radicali. I problemi del comparto sono anche, nonostante esempi più che positivi, la reticenza all’associazionismo che risolverebbe i limiti delle piccole aziende. Dall’analisi del comparto orticolo calabrese emergono chiaramente  i punti di debolezze da correggere e quelli di forza da esaltare, così come vengono di seguito elencati, come premessa per le azioni da svolgere in questo programma di valorizzazione.

3.1 - Punti di debolezza

In generale, l’orticoltura calabrese, per la produzione di ortaggi allo stato fresco riflette le condizioni fondiarie, sociali e climatiche dei comprensori. Le produzioni vengono realizzate in aziende con superficie media ridotta e a gestione familiare che, nell’orticoltura intensiva, trova i mezzi ed i motivi per la propria esistenza. La commercializzazione dei prodotti è affidata a mediatori anche se si va acquisendo la consapevolezza che l’inconveniente della polverizzazione dell’offerta (scarso potere contrattuale) può essere superato attraverso l’associazionismo e la grande distribuzione. Purtroppo però, l’associazionismo stenta a decollare per la diffidenza e l’individualismo dei produttori, per difetti organizzativi, per difficoltà economiche, per incapacità imprenditoriale. Ciò si ripercuote negativamente sia sulla programmazione che è spesso inesistente che sulla qualità dei prodotti.

Spesso, le scelte colturali sono arbitrio dei singoli coltivatori o imposte dai produttori di piantine mentre la qualità dei prodotti risente non soltanto degli andamenti stagionali avversi ma pure di errori nell’agrotecnica, quali:

-         il mancato rispetto degli avvicendamenti colturali (spesso legato a motivi contingenti di convenienza economica);

-         ’impiego massivo di concimi azotati;

-         errori nella pratica irrigua (riferiti alle quantità, ai turni ed ai metodi);

-         eccessi nell’impiego di prodotti fitosanitari;

-         la confusione in tema di scelte varietali.

Il comparto orticolo calabrese è, quindi,  caratterizzato dai seguenti punti di debolezza:

1.                                          frammentazione della maglia poderale;

2.                                          carenza di organizzazione nella filiera produttiva;

3.                                          scarso interesse dei giovani al settore con progressivo invecchiamento degli addetti; questo comporta uno scarso interesse verso l'innovazione tecnologica;

4.                                          scarsa capacità di valorizzazione dei prodotti;

5.                                          elevata deperibilità dei prodotti che  accentua i problemi connessi con la disorganizzazione aziendale;

6.                                          scarsa predisposizione dei produttori all’intraprendenza di iniziative associazionistiche e cooperativistiche;

7.                                          ridotte dimensioni aziendali che si riflettono sulla polverizzazione dell’offerta che porta ad uno scarso potere contrattuale degli agricoltori per cui le produzioni necessariamente fanno riferimento ad un mercato locale;

8.                                          limitato assortimento varietale che nella quasi totalità dei casi non tiene conto delle esigenze del mercato; infatti i produttori acquistano quello che si trova nelle rivendite di prodotti agricoli, che si riforniscono da vivaisti locali i quali, a loro volta, decidono autonomamente le varietà da produrre; sovente poi il materiale non è certificato con conseguente comparsa di fitopatie;

9.                                          poco evoluta tecnica colturale. Abbraccia molti aspetti, tutti importanti che incidono sui risultati economici delle aziende e sulla qualità dei prodotti. Un problema è rappresentato dal mancato avvicendamento delle colture; infatti, il ripetersi per più anni della stessa coltura sullo stesso terreno causa una perdita di fertilità e acuisce i problemi fitosanitari (nematodi es. nel caso del pomodoro), cui si cerca di ovviare aumentando le concimazioni e i trattamenti fitosanitari. Concimazioni effettuate senza tenere conto delle dotazioni dei terreni e delle asportazioni delle colture, con eccessi di quelle azotate che si ripercuotono negativamente sulla serbevolezza dei prodotti e sulla maggiore incidenza di fitopatie. Trattamenti fitosanitari in eccesso effettuati con prodotti chimici di sintesi senza tenere conto di soglie di danno. Scarsa diffusione di pratiche di lotta integrata, salvo rare eccezioni. Risorse idriche gestite in maniera inadeguata.

3.1 - Punti di forza
Il comparto orticolo calabrese è caratterizzato dai seguenti punti di forza:

1.                                          vocazionalità del territorio in considerazione delle favorevoli condizioni pedoclimatiche, che  per le colture protette si traduce nel vantaggio di poter limitare i costi di riscaldamento e anticipare le produzioni con grandi riflessi sul reddito per unità di superficie considerato l’elevato valore delle colture in esame;

2.                                          possibilità di  recuperare la biodiversità autoctona ossia quel patrimonio genetico ereditato dalle precedenti generazioni di contadini;

3.                                          possibilità di recuperare le conoscenze storico-culturali, usi, costumi ricette e tradizioni legati al comparto orticolo dal dopoguerra ad oggi;

4.                                          la notevole eterogeneità pedo-climatica del territorio permette la identificazione di aree con microclimi validi  per la caratterizzazione qualitativa e per l'epoca di maturazione di specifici prodotti;

5.                                          la possibilità di ulteriore sviluppo delle superfici investite ad agricoltura eco-compatibile;

6.                                          la presenza di risorse idriche indispensabili per ampliare la superficie coltivabile;

7.                                          l'alta vocazionalità per coltivazioni primaticce o tardive;

8.                                          possibilità di incrementare la superficie coltivabile in aree di alta collina e di montagna e nelle aree protette;

9.                                          possibilità di allargamento dei calendari di raccolta con programmare di colture anticipate e tardive primizia e tardivo;

10.                                      buone prospettive di remunerabilità del prodotti tipico locale;

11.                                      vocazionalità agrituristica del territorio;

12.                                      diffidenza, da parte di alcuni dei più giovani operatori, ad usare agrofarmaci su prodotti agricoli per voglia di mangiare sano e pulito;

13.                                      diffidenza,  da parte di alcuni dei più giovani operatori, verso i suggerimenti dei rivenditori;

14.                                      basso rischio di investimento rispetto ad altre attività agricole che richiedono investimenti fissi e alte quote di ammortamento; questa caratteristica insieme al ciclo breve delle colture fanno si che le orticole rappresentano un ottima occasione per chi, tra i giovani, si insedia per la prima volta in agricoltura;

15.                                      fiducia nell'informazione fornita dal servizio pubblico divulgatore.

4 – OBIETTIVI DEL PROGETTO

Dall’analisi dell’orticoltura calabrese appare evidente l’estrema frammentazione del comparto sia nella fase  produttiva che in quella dell’offerta, che condiziona l’intera filiera con grave ripercussione sui prezzi alla produzione e al consumo. Pertanto, gli interventi ipotizzabili dovrebbero avere come obiettivo principale lo sviluppo di strategie miranti all’integrazione lungo tutta la filiera (produzione, commercializzazione, trasformazione) sulla base delle effettive richieste del mercato.

Le attività rivolte al segmento della produzione dovrebbero mirare, innanzitutto, ad informare gli imprenditori sulle caratteristiche qualitative che il prodotto merceologico deve avere per essere avviato alla commercializzazione, sia interna che estera, in modo da predisporre l’attività produttiva in tal senso. Dovrebbero, quindi, essere attivati interventi rivolti ai produttori e finalizzati a favorire la tipicizzazione dei prodotti orticoli locali e il miglioramento delle tecniche colturali ai fini della riduzione dell’impatto sull’ambiente e sulla salute dei consumatori.

Non è da trascurare, infine, l’operazione di post raccolta per i prodotti di IV gamma, affinché arrivino sul mercato nelle migliori condizioni fisiologiche. 

Pertanto, in tale scenario, il ruolo della Divulgazione e dell’Assistenza tecnica,  deve essere quello di promuovere l'introduzione, l’adozione di innovazioni delle tecniche colturali e di gestione aziendale, anche attraverso l’individuazione delle varie provvidenze legislative in materia di aiuti finanziari, allo scopo di produrre un valido incremento dei redditi in agricoltura facendo migliorare le condizioni di vita dell’imprenditore e della sua famiglia, sempre nell’ambito dello sviluppo eco-compatibile. Nell’attuazione del progetto  è opportuno rendere partecipi tutti gli altri soggetti istituzionali e non, interessati allo sviluppo e al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, tra questi: OO.PP. agricole, Distretti agroalimentari ove esistenti, Enti Parco, ecc.

Ne consegue che l’orticoltura necessita, oltre che di consulenza tecnica volta a razionalizzare e ottimizzare i processi produttivi, anche di azioni tendenti a:

-         Promuovere la realizzazione di associazioni per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti;

-         Diffondere le tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale;

-         Creare servizi per la valorizzazione e commercializzazione dei prodotto locali attraverso la creazione di marchi di qualità.

Le azioni da intraprendere sono:

-         incentivare il ricorso alle innovazioni tecnologiche, che vanno dalle macchine utilizzate per le operazioni colturali sino all'utilizzo di semi e piantine resistenti alle fitopatie, al fine di contenere i costi di produzione, migliorare la qualità dei prodotti e diminuire l'utilizzo di fitofarmaci e concimi chimici;

-         incrementare la superficie di colture protette (serre, tunnel) e, in alcuni casi, anche delle colture fuori suolo per ampliare l'offerta di prodotto;

-         incentivare l’organizzazione della filiera di prodotto con la creazione di centri di stoccaggio, lavorazione, trasformazione e confezionamento sia per il prodotto fresco che lavorato;

-         promuovere la creazione di Consorzi, Associazioni e Cooperative dei produttori che consentano di concentrare l’offerta, non solo ma che, prevendendo obblighi di conferimento e dando delle regole di coltivazione, consentano anche di ottenere una elevata qualità. Tale iniziativa, al fine di ridurre diffidenza verso l’associazionismo dei produttori, dovrebbe coinvolgere anche soggetti pubblici;

-         orientare per quanto rigurda la scelta varietale;

-         concimazione basata sull’analisi chimico fisica dei terreni che, adeguatamente interpretate, consentano la formulazione di piani di concimazione razionali basati sulle dotazioni e gli asporti delle diverse colture;

-         predisposizione di incontri tematici mensili preparativi per prevenire problemi di coltivazione, di tipo fitosanitario o altro, per le diverse colture in modo che i produttori non si trovino impreparati quando devono affrontarli;

-         razionalizazione delle operazioni colturali;

-         adozione di tecniche di produzione biologiche e comunque ispirate alla Condizionalità (Normativa Europea);

-         adozione di tecniche irrigue a basso consumo e della fertirrigazione;

-         aumento della sicurezza degli addetti, attraverso la formazione degli addetti ed il rinnovamento delle attrezzature;

-         diffusione delle nuove tecniche di lavorazioni del terreno meno dispendiose dal punto di vista energetico e meno impattanti dal punto di vista ambientale;

-         valutazione di adattabilità di nuove Cultivar;

-         definizione dei disciplinare di produzione per alcune colture che permettono di definire gli standard di prodotto e di processo a garanzia della qualità delle produzioni orticole di alcune aree con caratteristiche peculiari come il Pollino, l’Aspromonte, ecc., alla riduzione dell’impatto ambientale ed alla difesa della salute del consumatore;

-         costituzione di soggetti consortili per la raccolta, trasformazione,  commercializzazione e tutela dei prodotti orticoli al fine di concentrare la produzione e consentirne la commercializzazione secondo mirate politiche di marketing. Per esempio, la costituzione di un consorzio di produttori finalizzato alla valorizzazione delle produzioni caratteristiche aspromontane, nel territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte e dei comuni limitrofi, può consentire di far emergere le potenzialità occupazionali e socioeconomiche di un territorio ricco di risorse. Inoltre,  la costituzione del predetto soggetto consortile, oltre a permettere la realizzazione di strutture e impianti per la raccolta del prodotto, la cernita, la prima lavorazione ed il confezionamento, consentirebbe l’acquisto collettivo di macchine ed attrezzature agricole atte alla razionale coltivazione e produzione agricola;

-         Realizzazione del Piano di Marketing per la valorizzazione, promozione e commercializzazione dei prodotti orticoli. Si tratta di realizzare delle azioni di marketing dei prodotti attraverso pubblicazioni, partecipazione a fiere ed eventi promozionali, realizzazione di punti di promozione dei prodotti,  realizzazione di un sistema di commercio elettronico, ecc., per promuovere e valorizzare i prodotti orticoli tipici.

-         rafforzamento dell’attività di assistenza tecnica alla produzione e al marketing con un uso più razionale delle risorse, una maggiore tutela dell’ecosistema ed una riduzione tangibile dei costi di produzione;

-         promuovere scelte varietali che rispondono a esigenze di resistenza a fitopatie, di produttività, di precocità, esigenza di mercato, caratteristiche organolettiche ecc. Scelta del materiale di propagazione sia per la semina diretta che per il trapianto certificato dal punto di vista fitosanitaria e di corrispondenza varietale, secondo quanto previsto dalla normativa Europea;

-         coinvolgimento degli operatori e diffusione di tecniche ed informazioni (anche di carattere normativo e per l’accesso ai finanziamenti) tramite giornate dimostrative, seminari, convegni e distribuzione di materiale divulgativo: manuali, opuscoli, articoli; nonché mediante assistenza tecnica diretta, presso le aziende;

-         valorizzare le aree marginali con coltivazione alternative di essenze officinali (origano, menta e basilico soprattutto);

-         valorizzare specie spontanee come (borragine, lapristo, cicorie selvatiche, crescione, portulaca ecc.) da sempre utilizzate nelle ricette culinarie tradizionali locali e ancora sconosciute;

-         favorire l’impollinazione naturale con l’impiego di insetti pronubi;

-         realizzazione o adottare un software di gestione: per l’agroecosistema orto, tecniche di monitoraggio e campionamento, diagnosi e terapie, piani di concimazione e di fertirrigazione, gestione dei dati agro-feno-metereologici, disciplinari di produzione e gestione quaderno di campagna, marchi, certificazioni, rintracciabilità e tracciabilita di prodotti con coscienza dell’impatto di adozione che detti strumenti comportano nei tempi e  condizioni di reale fattività;

-         coinvolgere gli altrisoggetti Istituzionale e non ….Distretti Agroalimenteri, OO.PP., Enti Parco, ecc.

-         realizzare monografie  di specie e/o varietà e/o ecotipi locali.

-         valorizzazione e promozione delle produzione tipiche e di qualità;

-         diffusione delle tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale mediante:

o       rotazioni colturali;

o       disinfestazione del terreno con mezzi alternativi a quelli chimici: pratiche agronomiche(rotazioni colturali, ammendanti organici, coltivazioni fuori suolo), mezzi fisici (calore umido, solarizzazione), mezzi biologici.

o       pacciamature fotoselettive e biodegradabili, costituiscono una delle novità più interessanti del settore, le prime permettono, infatti, il passaggio selettivo delle onde luminose, ostacolando la trasmissione delle bande di minor importanza fotosintetica per le piante. Le seconde possono essere incorporate al terreno attraverso una semplice fresatura.

o       corretta fertilizzazione con la preventiva conoscenza delle caratteristiche del terreno evidenziabili da un’analisi di laboratorio.

5 - BENEFICIARI

Sono beneficiarie del progetto le aziende agricole a vocazione orticola della Regione Calabria.

Il numero delle aziende orticole che sarà coinvolto nel progetto sarà stabilito dal costituendo gruppo di coordinamento e, nella selezione, sarà determinante l’intervento delle OO.PP.AA..

6 - CONTATTI CON I CSD E DIVULGAZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA APPLICATA E SPERIMENTAZIONE

Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi elencati nel successivo capitolo, l’attuazione del presente progetto contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.

Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ARSSA nel campo dell’orticoltura.

I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per l’orticoltura i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende agricole.

I Centri Sperimentali Dimostrativi e le relative linee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto orticolo sono i seguenti:

CSD

Linee di Ricerca

S. Marco Argentano

Centro sementiero ortive

S. Pietro Lametino

Centro sementiero ortive

Molarotta

Centro sementiero ortive

Cropani

Centro sementiero ortive

Locri

Prove dimostrative orticoltura biologica

Mirto

Prove dimostrative orticoltura biologica

S. Pietro Lametino

Progetto Fragola

Molarotta

Progetto Fragola

Cropani

Progetto Fragola

S. Marco Argentano

Prove dimostrative su ortive

Cropani

Prove dimostrative su ortive

Molarotta

Prove dimostrative su ortive

7 – FASI DI ATTUAZIONE DEL PROGETTO

L’azione divulgativa sarà articolata in fasi.

Una fase farà ricorso ai mezzi di comunicazione di massa (Internet, TV, radio, giornali, riviste specializzate), per far conoscere l’idea progettuale, trasmettere conoscenze e formare un’opinione.

Un’ altra fase si baserà sui metodi di gruppo quali: lezioni, conferenze, convegni, discussioni, attività dimostrative, per creare una maggiore interazione fra l’emittente ed il ricevente.

Un ultima fase realizzerà incontri individuali, colloqui personali, visite in azienda per una più approfondita conoscenza del problema.

Le principali azioni previste sono così sintetizzabili:

1. visite aziendali

2. redazione di materiale divulgativo

Opuscoli divulgativi e altri strumenti sui seguenti principali argomenti specifici:

-         Concimazione della coltura ed importanza delle analisi del terreno;

-         Certificazioni di qualità (DOP, IGP, BIO, ecc);

-         Tracciabiltà dei prodotti;

-         Nuove tecniche di lavorazione del terreno;

-         Condizionalità e normative legislative;

-         Fertirrigazione;

-         Recupero e/o rilancio e/o valorizzazione di specie e/o Ecotipi e/o varietà;

-         Trattamento post raccolta dei prodotti di IV gamma;

-         Orticoltura a basso impatto ambientale, orticoltura nelle aree protette della Calabria.

 3. corsi di formazione per gli operatori del comparto

Principali argomenti specifici trattati:

-         tecniche innovative di coltivazione, in particolare la lavorazione del terreno;

-         Concimazione della coltura ed importanza delle analisi del terreno;

-         Certificazioni di qualità (DOP, IGP, BIO, ecc);

-         Tracciabiltà dei prodotti;

-         Nuove tecniche di lavorazione del terreno;

-         Condizionalità e normative legislative;

-         Fertirrigazione;

-         Recupero e/o rilancio e/o valorizzazione di specie e/o Ecotipi e/o varietà;

-         Trattamento post raccolta dei prodotti di IV gamma.

4. partecipazione a corsi  di aggiornamento

Principali argomenti specifici:

-         Orticoltura con Tecniche a Basso Impatto Ambientale;

-         Agricoltura Biologica;

-         Orticoltura nelle Aree Protette

-         Normativa di riferimento (DPR istitutive delle aree protete, normativa quadro nazionale e regionale, normativa della produzione con il metodo biologico, ecc.)

5. incontri sul territorio

Dove necessario saranno svolti  in collaborazione con esperti (Ricercatori del CRA MIPAF, del CNR, ecc.):

-         Incontri con enti locali (Comuni, Comunità Montane, Proloco, Distretti Agroalimentari, Enti Parco, Enti di Promozione Turistica, OO.PP., ecc.);

-         Incontri con associazioni di produttori ed organizzazioni professionali per il coinvolgimento nella realizzazione del progetto

-         Incontri con gli studenti delle ultime classi (4a – 5a) degli Istituti Superiori ad indirizzo Agrario su tematiche relative al comparto orticolo; in base alla disponibilità delle scuole ed in collaborazione con il gruppo di lavoro “Fattorie didattiche”

-         Incontri con gli studenti di ogni ordine  e grado sul tema Orticoltura-Ambiente-Salute” in collaborazione con il gruppo di lavoro “Fattorie didattiche”

6. diffusione delle informazioni a mezzo stampa, radio e tv

-         Articoli divulgativi su problematiche  varie del comparto;

-         Segnalazione di particolari prodotti orticoli tipici, da valorizzare, legati alle tradizioni antropologiche;

-         Realizzazione  di documentari naturalistici televisivi, finalizzati a  far conoscere il territorio ed i suoi prodotti.

7. manuale divulgativo per l’orticoltura calabrese

Elaborazione e stampa di un testo che comprenda la descrizione dettagliata del comparto orticolo in Calabria.

8. convegno finale

Presentazione risultati del progetto e relative pubblicazioni e stampe

8 – ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro  589.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

137.000

167.000

180.000

484.000

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

 

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

 

167.000

202.000

220.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

589.000

PROGETTO

ASSISTENZA TECNICA E DIVULGAZIONE

COMPARTO ZOOTECNICO

STRUTTURA DEL PROGETTO

Il Progetto di Assistenza Tecnica e Divulgazione al Comparto Zootecnico ha lo scopo di fornire un servizio di assistenza agli allevatori che operano in 4 campi peculiari della zootecnia calabrese:

-          allevamento del suino nero calabrese;

-          allevamento del bovino di razza podolica;

-          allevamento ovi-caprino di nicchia;

-          allevamenti minori, in particolare apicoltura.

Questi allevamenti, allo stato attuale, sono ritenuti strategici e di notevole importanza per il rilancio del comparto zootecnico regionale.

Per i primi due, gli interventi mirano essenzialmente a promuovere tecniche di allevamento razionali ed ecocompatibili, finalizzati al miglioramento delle produzioni in funzione delle esigenze di mercato e in adeguamento alle più recenti normative imposte dalla PAC.

Per quanto riguarda l’allevamernto ovi-caprino e l’apicoltura, gli interventi di assistenza tecnica sono essenzialmente rivolti al miglioramento delle condizioni sanitarie degli allevamenti, dalle quali non si può prescindere se si vogliono ottenere produzioni di qualità, commerciabili anche su mercati nazionali. Per l’apicoltura, in particolare, l’adozione di tecniche di allevamento rigorosamente impostate sul rispetto delle norme sanitarie servirebbe anche a scongiurare l’abbattimento numerico degli alveari osservato negli ultimi anni e dovuto a improvvise epidemie.

ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 984.500 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

279.750

282.750

287.000

849.500

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

 

40.000

45.000

50.000

135.000

TOTALE

 

319.750

327.750

337.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

984.500

CONTATTI CON I CSD E DIVULGAZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA APPLICATA E SPERIMENTAZIONE

Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi elencati nelle pagine successive, l’attuazione del presente progetto contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.

Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ARSSA nel campo della zootecnia.

I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per la zootecnia i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende zootecniche.

I Centri Sperimentali Dimostrativi che si occupano di sviluppare linee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto zootecnico sono i seguenti:

CSD

Linee di Ricerca

Molarotta

Centro Genetico Bovino Podolico

Acri

Centro Genetico Suino Nero

Val di Neto

Centro Genetico Ovi-Caprini

Sibari

Centro Genetico Equini

Molarotta

Centro Faunistico per l’Acquacoltura

Paola

Centro Faunistico per Lepri e Starne

Mirto

Microzootecnia: baco sa seta

Reggio C.

Microzootecnia: apicoltura

A) PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA  “SUINO NERO CALABRESE”

Nell’ottica della salvaguardia e della valorizzazione delle razze in pericolo di estinzione, l’ARSSA si è impegnata a reperire soggetti relitti del suino indigeno Calabrese a mantello nero e ad allevarli presso il Centro Sperimentale Dimostrativo di Acri (CS), avviando un programma di recupero, conservazione e promozione di questa razza/popolazione suina.

I programmi  sono improntati al perseguimento di una triplice finalità:

-          recuperare e preservare il suino nero dalla completa estinzione;

-          conservarne il germoplasma, sia ai fini di una possibile utilizzazione zootecnica in aree marginali o difficili, sia come banca genetica per il miglioramento qualitativo delle produzioni;

-          studiare la possibilità di includere (previa opportuna selezione di linee idonee) soggetti di tale razza locale nel programma genetico per la costituzione di una “linea ibrida Calabria”, allo scopo di introdurre nel patrimonio genetico dell’ibrido caratteri peculiari del suino calabrese (elevato grado di rusticità e resistenza alle avversità ambientali, capacità di valorizzazione dei terreni marginali e abbandonati, vigore sessuale del verro, istinto materno, precocità, qualità delle carni, ecc.).

Il recupero di alcuni di questi soggetti ha evitato, appena in tempo, la loro completa estinzione.

Il prosieguo dell’articolato programma impone, in primo luogo il trasferimento dei discendenti dei soggetti immessi in allevamento in aree boschive idonee, nelle quali promuovere allevamenti alternativi stazionali e bradi (Sila, Pollino, Catena Costiera, Serre, Aspromonte, ecc.).

In tali aree diventa possibile intraprendere interessanti studi sulle attitudini pascolative di questa vecchia razza, al fine di valorizzarne la funzione zootecnica nelle aree marginali e cioè nelle tipiche condizioni di allevamento semibrado. Si tratta di studi propedeutici, per altro, a una più completa conoscenza delle peculiarità attitudinali e produttive di tale ceppo etnico.

Inoltre, in tali aree è possibile allevare un più consistente numero di soggetti, allargandone la base genetica e consentendo di iniziare un organico programma di miglioramento.

Si aggiungerebbe, così, un altro tassello al mosaico delle opportunità fornite alle aziende zootecniche calabresi come ulteriore fonte di reddito, diversificando la propria attività e svincolandola dall’allevamento bovino, ovino e caprino in modo da poter sfruttare al meglio un territorio non sempre facile.

Il “modello” aziendale, costituito presso il C.S.D. di Acri,  si sta trasferendo anche in diverse aziende private, che si sono approvvigionate di riproduttori dallo stesso Centro di Acri.

1 - Introduzione

La conservazione della biodiversità, la cui importanza è stata universalmente riconosciuta a livello mondiale, rappresenta una delle attività per cui l’Agenzia è impegnata da tempo.

Un posto di rilievo lo occupa la conservazione della biodiversità attraverso il recupero e la conservazione genetica (germoplasma) di razze in pericolo di estinzione per la produzione di prodotti tipici di qualità.

La Calabria possiede un patrimonio zootecnico tradizionale di grande pregio. Purtroppo, spinte eccessivamente produttivistiche verso razze di importazione hanno costretto all’abbandono e alla quasi estinzione dei soggetti autoctoni.

L’interesse è attualmente rivolto al recupero e valorizzazione del Suino Nero calabrese.

2 - Obiettivi

-          Sensibilizzare  le aziende agricole all’introduzione dell’allevamento del Suino nero calabrese in terreni marginali e di difficile coltura.

-          Valorizzare i prodotti di trasformazione del suino nero calabrese attraverso una serie di iniziative di promozione che portino ad una maggiore consapevolezza della nostra cultura gastronomica sul territorio regionale.

-          Ampliare la base genetica attualmente esistente, sia per scongiurare il pericolo di estinzione, sia per attuare in futuro progetti di miglioramento genetico.

3 - Area interessata

Si prevede il coinvolgimento di tutto il territorio regionale per la raccolta ed elaborazione delle informazioni sulla realtà suinicola del territorio e per la divulgazione delle iniziative relative al programma di recupero del suino nero calabrese.

Nella fase operativa del programma saranno privilegiate le aree agricole marginali della media e alta collina, le quali rappresentano l’abitat ideale per la tipologia di allevamento che si vuole realizzare.

4 - Beneficiari

Le aziende operativamente coinvolte nel programma sono quelle che, avendo aderito ad una manifestazione d’interesse, si impegnano ad attuare l’iniziativa secondo le fasi descritte nei paragrafi successivi.

Le aziende da coinvolgere possono essere di due tipi:

-          aziende che possiedono già capi di suino nero calabrese e si occupano del loro allevamento. Esse, in base a stime recenti, sono circa 60, distribuite sull’intero territorio regionale.

-          aziende che non possiedono capi di suino nero, ma sono interessate al suo allevamento, possedendone i requisiti. Tali aziende potranno partecipare all’iniziativa mediante l’acquisto di un numero minimo di capi (5 scrofe + 1 verro).

Tutte le aziende coinvolte stipuleranno un protocollo d’intesa, dove saranno sanciti i criteri di allevamento.

Al fine di verificare e comparare criticamente i risultati di allevamento, è auspicabile il coinvolgimento del numero maggiore di aziende, tra quelle già dotate di capi e tra quelle che dovranno provvedere al loro acquisto.

Complessivamente, il programma potrà ritenersi valido se saranno coinvolte almeno 120 aziende su tutto il territorio regionale.

Tuttavia, le fasi divulgative potranno interessare anche un più ampio numero di aziende.

5 - Descrizione  dell’intervento

Il Programma di Assistenza “Suino Nero Calabrese” ha durata triennale.

E’ stato previsto di articolare il lavoro in quattro fasi, ognuna delle quali, organizzata secondo una logica ben precisa, di seguito sarà illustrata in dettaglio.

Tempisticamente, le attività previste in ogni fase si sovrappongono, almeno in parte, tra di loro.

5.1 – Fase1: organizzazione

La prima fase prevede:

-          Organizzazione di tre riunioni/anno. Le riunioni avranno anche carattere organizzativo e tecnico-formativo e saranno supportate da visite presso alcune realtà significative che già operano nel settore e presso il Centro Suini di Acri. Scopo principale è quello di redigere un protocollo di azioni per regolamentare l’allevamento, che costituirà parte integrante del protocollo d’intesa da stipulare con le aziende agricole che aderiranno al programma.

5.2 – Fase 2: selezione delle aziende ed avvio dell’attività

La seconda fase prevede:

-          Organizzazione e realizzazione, in collaborazione con le OO.PP.AA e le Associazioni Provinciali Allevatori, di 10 giornate divulgative preliminari rivolte agli allevatori. Durante gli incontri saranno illustrati i vantaggi dell'allevamento del suino nero calabrese. Tali incontri si concluderanno entro il primo anno di attività. Nel corso delle giornate divulgative, verrà promossa una manifestazione di interesse per valutare il numero di aziende interessato all’allevamento del suino nero calabrese e ad impegnarsi nell’attuazione dei programmi stabiliti.

-          Selezione, in base alle adesioni alla manifestazione d’interesse, di circa 60 aziende disponibili ad allevare suini nero adeguandosi al protocollo di allevamento. La selezione avverrà su base tecnico-attitudinale. Dette aziende, insieme a quelle che già allevano suino nero, portano il numero degli allevatori interessati a circa 120.

-          Realizzazione di 10 incontri con gli allevatori che sono stati coinvolti nel programma operativo, per la necessaria stipula dei protocoli d’intesa.

5.3 – Fase 3: assistenza tecnica e raccolta dei dati

La terza fase del programma rappresenta la parte operativa di assistenza tecnica vera e propria, durante la quale le aziende saranno assistite capillarmente e periodicamente.

Le aziende osserveranno un disciplinare al fine di omogenizzare le tecniche di allevamento.

Dalle stesse aziende si raccoglieranno i dati di produzione, i costi di gestione e tutte quelle notizie tecniche che, nella successiva fase di elaborazione, costituiranno un complesso bagaglio di conoscenze specialistiche indispensabili per il prosieguo dell’iniziativa.

Durante tale periodo i tecnici verificheranno lo stato d’attuazione del programma e gli eventuali aggiustamenti da apportare “in corso d’opera”.

E’ prevista, infine, la realizzazione di n° 10 visite guidate delle aziende coinvolte presso il Centro Suini ARSSA di Acri.

5.4 – Fase 4: elaborazione dei risultati e prodotti divulgativi

L’ultima fase prevede:

-          Organizzazione di manifestazioni ed iniziative di promozione rivolte ai consumatori per promuovere e valorizzare i prodotti del suino nero calabrese. Esse comprendono: realizzazione di seminari, partecipazione a trasmissioni televisive, organizzazione di  sagre, fiere, mostre e  produzione di materiale audio-visivo, sia tecnico che divulgativo-informativo.

-          Realizzazione di un manuale tecnico sull'allevamento del suino nero calabrese. Fonti bibliografiche: materiale già presente e in parte pubblicato dall’ARSSA; dati sperimentali acquisiti dal CSD di Acri; osservazioni dirette in aziende zootecniche.

-          Creazione di una pagina web che funga da portale del programma, fruibile sia da parte delle aziende, sia dai tecnici responsabili dell'iniziativa.

-          Realizzazione di prove di trasformazione delle carni suine in prodotti di salumeria tipici, con indicazioni tecniche stabilite da un apposito disciplinare che raccoglie l’esperienza del territorio in cui si opera.

-          Analisi dei costi di trasformazione della carne suina con valutazione delle rese e dei costi di produzione dei singoli prodotti trasformati.

B) PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA “BOVINO PODOLICO CALABRESE”

La Calabria possiede un patrimonio zootecnico tradizionale di grande pregio, sicuramente non in grado di competere produttivamente con le razze selezionate di importazione, ma che presenta una serie di vantaggi che vanno dalla rusticità alla resistenza alle malattie “ambientali”. Queste caratteristiche, se opportunamente esaltate con tecniche di allevamento più efficienti, possono condurre a risultati degni di interesse.

La razza bovina Podolica è presente da sempre negli ambienti più difficili della Calabria e dell’Italia meridionale.

Le caratteristiche di rusticità e di adattamento ad ambienti particolarmente difficili, tipiche di questi bovini, si esprimono sostanzialmente in una maggiore lunghezza fisiologica della vita media, in una più elevata capacità di utilizzazione di foraggi poveri e nella capacità di sopravvivere e produrre anche se soggetti a lunghe carenze nutrizionali specifiche.

L’allevamento estensivo della Podolica calabrese rappresenta una possibilità interessante per offrire al consumatore un prodotto di sicura qualità.

Tra l’altro, il ricorso all’eccessiva importazione di razze non autoctone ha causato il rischio di estinzione per la razza podolica, con possibile perdita non solo dell’identità culturale ma anche di secoli di auto-selezione attuata dagli operatori zootecnici.

A tal fine è disponibile presso il Centro Sperimentale di Molarotta un Centro per la Selezione della Linea Genetica Femminile di Podolica calabrese, che rappresenta un elemento fondamentale per la riuscita del progetto.

L’allevamento del bovino Podolico rappresenta un concreto esempio di zootecnia “etologica” condotta nel rispetto dell’ambiente e del benessere animale in linea con la nuova PAC.

1 - Introduzione

Il consumo di carne bovina si colloca al primo posto in Italia, nonostante le difficoltà del comparto zootecnico bovino da carne, dovute alle recenti emergenze sanitarie (es.:  mucca pazza) o alla costante “disinformazione” salutistica alimentare, che presenta la carne come l’origine di tutti i mali della società moderna occidentale. Orientarsi, quindi, verso la razza Podolica calabrese, che ha tutti i requisiti richiesti dal mercato del consumo della carne, rappresenta una scelta strategica per i produttori che si trovano costretti ad affrontare mercati sempre più competitivi.

Ecco perchè un Servizio di assistenza tecnica e divulgazione dovrebbe, sulla base delle esigenze del mercato, indirizzare gli allevatori ad investire su questa razza.

La valorizzazione della carne Podolica non può prescindere da una più razionale riorganizzazione della produzione e da una riproposizione commerciale del prodotto attraverso “un marchio di qualità”,  offrendo al consumatore un prodotto perfettamente identificato ed etichettato, ricordando che  il Reg. CEE n° 1760/2000 istituisce l’obbligo di una specifica etichettatura delle carni bovine ai fini della tracciabilità del prodotto e della trasparenza delle informazioni da fornire ai consumatori.

2 - Obiettivi

Il programma si pone i seguenti obiettivi:

-          Incrementare la diffusione della razza Podolica calabrese attraverso la promozione di nuovi allevamenti sul territorio regionale, privilegiando le aree agricole abbandonate o marginali.

-          Favorire una migliore conoscenza delle qualità nutrizionali del prodotto e valorizzarne i pregi attraverso azioni di divulgazione e promozione.

-          Fornire assistenza tecnica alle aziende coinvolte nel progetto, in tutte le fasi dell’allevamento, predisponendo determinati disciplinari che possano costituire una base per la costituzione di aziende certificate.

3 – Aree interessate

Il Programma Razza Podolica Calabrese si attua su tutto il territorio regionale, con particolare riferimento alle aree submontane e montane delle principali catene montuose (Pollino, Sila, Catena Costiera, Serre, Aspromonte)

4 - Beneficiari

Possono essere distinte due tipologie di beneficiari: il produttore, sia singolo che associato, e il consumatore.

Nel primo caso saranno interessate le aziende già dotate di allevamenti e che offrono i requisiti ideali secondo criteri che saranno definiti in un successivo protocollo.

Si prevede di coinvolgere nel primo triennio circa 200 aziende con 10-15 capi cadauna, al fine anche di avviare la linea femminile  alla riproduzione e selezione per il miglioramento genetico della razza.

Il consumatore non sarà il beneficiario indiretto del progetto, ma verrà investito da iniziative “educative” rivolte a favorire un consumo della carne  più consapevole. Tali iniziative faranno leva su strategie di marketing.

5 - Descrizione  dell’intervento

E’ stato previsto di articolare il lavoro in quattro fasi, ognuna delle quali, organizzata secondo una logica ben precisa, di seguito sarà illustrata in dettaglio.

Tempisticamente, le attività previste in ogni fase si sovrappongono, almeno in parte, tra di loro.

5.1 – Fase 1: organizzazione

La prima fase del Programma “Razza Podolica Calabrese” prevede l’organizzazione di attività propedeutiche al prosieguo del progetto.

Le attività da realizzare sono:

-          Formazione tecnica dei divulgatori, anche mediante visite guidate presso realtà operative già esistenti e presso il Centro Sperimentale Dimostrativo di Molarotta a Camigliatello Silano (CS), nel quale è in atto il recupero e la conservazione genetica del bovino di razza Podolica.

-          Valutazione delle risorse territoriali e dello stato attuale del settore.

-          Realizzazione di un disciplinare di allevamento; 

5.2 – Fase 2: selezione delle aziende ed avvio dell’attività

La seconda fase prevede:

-          Organizzazione di un Ciclo di Seminari per gli allevatori, in collaborazione con le organizzazioni professionali agricole e le associazioni di produttori, durante i quali saranno illustrati i contenuti del progetto e le iniziative da intraprendere. Tali seminari si terranno in aree omogenee che saranno determinate sulla base dell’uniformità sul territorio. Le aziende saranno informate dei requisiti richiesti, dei programmi di assistenza che saranno offerti a coloro i quali aderiranno all’iniziativa. Nel corso dei seminari, pertanto, sarà richiesta la manifestazione d’interesse.

-          Selezione delle aziende che hanno aderito in via prelminare all’iniziativa, secondo criteri di merito che saranno attentamente valutati. Saranno interessate, ovviamente, le aziende che già dispongono di capi per l’allevamento. Si auspica che le aziende selezionate siano circa 200. Esse saranno successivamente contattate per sottoscrivere un protocollo d’intesa che le impegna a partecipare al progetto per la durata di 3 anni rispettando le norme del disciplinare di allevamento stabilite.

5.3 – Fase 3: assistenza tecnica e raccolta dei dati

Le aziende selezionate saranno assistite dai divulgatori in tutte le fasi dell’allevamento

Nel contempo, saranno organizzati incontri di gruppo tra allevatori e tecnici durante la fase di allevamento, per evidenziare problematiche sorte e possibili interventi da adottare.

Durante l’assistenza tecnica, si procederà alla raccolta dei dati tecnico-economici relativi alla gestione aziendale, al fine di realizzare:

-          analisi dei costi di produzione;

-          valutazione dei risultati dell’allevamento;

-          valutazione dello stato di benessere degli animali.

5.4 – Fase 4: elaborazione dei risultati e prodotti divulgativi

I dati d’allevamento raccolti ed elaborati costituiranno la base per l’organizzazione dell’attività divulgativa sul territorio.

In particolare, si prevede di attuare: 

-          Organizzazione di manifestazioni ed iniziative rivolte ai consumatori per promuovere un maggior consumo di carne bovina di razza podolica. Esse comprendono la realizzazione di seminari, la partecipazione a trasmissioni televisive, l’organizzazione di  sagre, fiere, mostre.

-          Produzione di materiale audio-visivo, sia tecnico che divulgativo-informativo.

-          Realizzazione di un opuscolo divulgativo sulle caratteristicche tecniche della razza Podolica calabrese e sull’allevamento eco-compatibile.

C) PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA “OVI-CAPRINI CALABRESI”

1 - Introduzione

L'allevamento ovino e caprino presenta potenzialità notevoli. Pecore e capre, infatti, sono molto diffuse in Calabria, in quanto sono in grado di adattarsi alle diverse esigenze ambientali, sfruttando al meglio le risorse pascolive non sempre adeguate.

Il contesto socio-culturale in cui si inserisce l’allevamento ovi-caprino rappresenta un punto di debolezza, per la scarsa professionalità di chi vi opera e per la diffidenza verso ogni forma di innovazione.

Il ricambio generazionale è molto limitato e solo coloro i quali non riescono a trovare occupazione in altri settori finiscono per rassegnarsi, il più delle volte senza entusiasmo, ad un’attività vista come una  “condanna familiare”.

Tuttavia, l’allevamento ovi-caprino, se gestito con criteri di managerialità, può dare  risultati economici superiori ad altri settori zootecnici.

Quasi tutte le aziende ovi-caprine calabresi praticano la trasformazione del latte sul posto. Le carenze strutturali, la mancanza di minime norme igienico-sanitarie, l'assoluta ignoranza delle più elementari nozioni di microbiologia, fanno sì che, il più delle volte, i formaggi ottenuti pecchino di defetti che determinano la loro assoluta incommerciabilità. La tendenza a voler comunque piazzare il prodotto sul mercato, determina lo screditamento di tutto il settore e crea un'immagine poco edificante della categoria. Infatti, se non fosse per la ricotta fresca, che ancora spunta prezzi molto interessanti, tale settore sarebbe già scomparso da molto tempo.

Ecco perché è urgente intervenire nel miglioramento della trasformazione casearia con un programma di educazione sanitaria che rappresenta il primo passo per una crescita professionale degli allevatori e il primo gradino per lo sviluppo di una categoria.

2 - Obiettivi

a)      Miglioramento delle produzioni casearie ovi-caprine tipiche di ogni comprensorio, nel rispetto della tradizione, attraverso l’applicazione di norme igienico sanitarie  vigenti.

b)      Analisi dei costi di produzione e di trasformazione del latte, verificando i punti di forza e di debolezza di tale settore su cui poter intervenire in fase successiva;

c)      Valorizzazione dei prodotti di trasformazione attraverso il miglioramento delle tecniche di caseificazione e l'introduzione graduale di nuove tipologie di trasformazione.

3 - Aree interessate

E’ previsto il coinvolgimento dell’intero territorio regionale, con particolare riferimento ai comprensori tradizionalmente vocati all’allevamento ovi-caprino (Crotonese, Monte Poro, Zona Collinare tirrenica e ionica), nei quali è perseguibile un allevamento di nicchia.

4 - Beneficiari

Si prevede di coinvolgere nel programma il maggior numero possibile di aziende interessate all’allevamento ovi-caprino, distinte per comprensorio di appartenenza.

5 - Descrizione  dell’intervento

Il Programma di Assistenza “Ovi-Caprini Calabresi” ha durata triennale.

E’ stato previsto di articolare il lavoro in quattro fasi, ognuna delle quali, organizzata secondo una logica ben precisa, di seguito sarà illustrata in dettaglio.

Tempisticamente, le attività previste in ogni fase si sovrappongono, almeno in parte, tra di loro.

5.1 – Fase1: organizzazione

La prima fase del Programma “Ovi-Caprini Calabresi” prevede l’organizzazione di attività propedeutiche al prosieguo del progetto.

Le attività da realizzare sono:

-          Formazione tecnica dei divulgatori, anche mediante visite guidate presso realtà operative già esistenti e presso il Centro Sperimentale Dimostrativo di Molarotta a Camigliatello Silano (CS), nel quale è in atto il recupero e la conservazione genetica del bovino di razza Podolica.

-          Valutazione delle risorse territoriali e dello stato attuale del settore.

-          Realizzazione di un disciplinare di allevamento. 

5.2 – Fase 2: avvio dell’attività

La seconda fase del programma si articola come segue:

-          Organizzazione e realizzazione di 10 incontri di gruppo con gli allevatori. Nel corso degli incontri, saranno fornite le basi tecniche per una corretta caseificazione in azienda;

-          Realizzazione di 10 visite guidate presso aziende leader nel settore;

-          Realizzate di 20 prove di caseificazione nelle quali applicare corrette tecniche in funzione del miglioramento sanitario del prodotto finale

5.3 – Fase 3: assistenza tecnica e monitoraggio

La terza fase del programma si basa sul monitoraggio periodico delle aziende assistite e sulla raccolta dei dati tecnico economici relativi alla trasformazione casearia

Le aziende selezionate saranno assistite dai divulgatori, in tutte le fasi produttive.

La fase di diffuzione degli elaborati divulgativi sarà rivolta ad un numero molto più ampio di aziende, che saranno raggiunte in via indiretta, anche attraverso il servizio postale.

5.4 – Fase 4: elaborazione dei risultati e prodotti divulgativi

La quarta fase del programma prevede:

-          Realizzazione di un indagine sullo stato dell'allevamento ovi-caprino in Calabria;

-          Realizzazione di una guida tecnica, rivolta alle aziende non coinvolte nel programma, sulla base di quanto realizzato nelle aziende monitorate.

-          Realizzazione di un rapporto annuale sullo stato di avanzamento del progetto e sugli sviluppi positivi che questo ha avuto nell'economia del territorio, analizzando i costi di trasformazione e le spese sostenute per l'adeguamento alle normative.

-          Realizzazione di  iniziative di promozione e valorizzazione dei prodotti caseari, ovvero organizzazione di manifestazioni nelle quali coinvolgere i mezzi di comunicazione;

-          Realizzare delle “Guide del Gusto”  con percorsi che valorizzino i prodotti del territorio.

-          Realizzazione di un convegno finale a valenza regionale, nel quale saranno illustrati i risultati del progetto, gli obiettivi raggiunti e le eventuali nuove iniziative da intraprendere.

D) PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA “APICOLTURA CALABRESE”

1 - Introduzione

L'apicoltura ha sempre rappresentato una particolare attività zootecnica, per via delle caratteristiche peculiari del soggetto allevato, della tipologia di allevamento e dello stretto connubio  che si instaura con l'ambiente.

La Calabria presenta delle variabili pedo-climatiche particolari che la rendono idonea all'allevamento apistico, ma le notevoli potenzialità del territorio sono poco sfruttate: solo il 20% delle attuali fonti nettarifere viene  razionalmente utilizzato dagli apicoltori regionali.

Appare auspicabile, quindi, un maggiore sviluppo di questo importante comparto che, oltre a rappresentare una fonte occupazionale, è in grado di attivare una serie non indifferente di iniziative economiche attraverso un indotto che, allo stato attuale, è solo in fase embrionale.

Nonostante l'importante ruolo svolto dalle api nel delicato compito di impollinatori, oltre che di produttori di miele, si impone una revisione  critica di tutto il meccanismo burocratico che esiste a tutela della salute degli alveari, considerato che nulla è stato ancora fatto per scongiurare problematiche sanitarie capaci di condurre, in breve tempo, alla completa distruzione di intere colonie di api.

Non c'è apicoltore che non combatta quotidianamente con problemi sanitari. Ciò ha comportato un deperimento del patrimonio apistico regionale, scoraggiando l’avvio di nuove attività produttive.

E' quindi urgente e necessario coordinare le risorse umane che sul territorio già ampiamente operano, compiendo uno sforzo comune che veda impegnate quante più istituzioni possibili.

2 - Obiettivi

-          Operare nel prossimo triennio per un risanamento delle più importanti patologie apistiche.

-          Creare una rete di monitoraggio che allerti le istituzioni competenti inducendole a promuovere interventi tempestivi.

-          Mantenere alto il livello di professionalità, sia nei tecnici che negli apicoltori, attraverso la partecipazione costante a corsi di aggiornamento in materia sanitaria.

3 - Aree interessate

Si prevede il coinvolgimento di tutto il territorio regionale allo scopo di:

-          contribuire alla raccolta ed elaborazione delle informazioni sulla realtà apistica territoriale;

-          prestare assistenza tecnica alle aziende apistiche,

-          divulgare i risultati delle iniziative relative al programma.

4 - Beneficiari

L’iniziativa, è rivolta a tutte le aziende apistiche calabresi.

Il numero delle aziende che potranno essere inserite nel programma di monitoraggio del servizio di assistenza tecnica dipenderà dal contributo finanziario assegnato al presente progetto, ma si ritiene, in via preliminare, che il numero di aziende beneficiarie non potrà essere superiore alle 120 unità, ovvero 5 aziende per ogni CeDA.

5 - Descrizione dell’intervento

E’ stato previsto di articolare il lavoro in quattro fasi, ognuna delle quali, organizzata secondo una logica ben precisa, di seguito sarà illustrata in dettaglio.

Tempisticamente, le attività previste in ogni fase si sovrappongono, almeno in parte, tra di loro.

5.1 – Fase1: organizzazione

La prima fase del Programma “Apicoltura calabrese” prevede l’organizzazione di attività propedeutiche al prosieguo del progetto.

Le attività da realizzare sono:

-          organizzazione di riunioni a carattere tecnico-operativo, supportate da visite presso realtà significative che già operano nel settore apistico.

-          redazione un disciplinare di azioni per regolamentare l’allevamento apistico in funzione del risanamento sanitario. Detto disciplinare costituirà parte integrante del protocollo d’intesa da stipulare con le aziende che aderiranno al programma.

-          realizzazione di un corso di formazione con la collaborazione di esperti e docenti, rivoltoai divulgatori, ai veterinari responsabili delle ASL impegnati nel progetto e ai tecnici delle Associazioni  che operano nel comparto apistico.

5.2 – Fase 2: selezione delle aziende ed avvio dell’attività

La seconda fase del programma si articola come segue:

-          Organizzazione e realizzazione di 10 giornate divulgative preliminari rivolte agli apicoltori. Nel corso delle giornate divulgative, verrà promossa una manifestazione di interesse per valutare il numero di aziende da coinvolgere nel programma di monitoraggio e risanamento fitosanitario.

-          Selezione, in base alle adesioni alla manifestazione d’interesse, di circa 50 aziende apistiche.

-          Realizzazione di 5 incontri con gli apicoltori coinvolti nel programma operativo, per la necessaria stipula dei protocolli d’intesa.

5.3 – Fase 3: assistenza tecnica e monitoraggio

La terza fase del programma si articola come segue:

-          Organizzazione di 10 incontri di gruppo di natura tecnica con gli apicoltori singoli e associati. Tali incontri avranno lo scopo di fornire le basi per una migliore conoscenza delle patologie apistiche.

-          Monitoraggio periodico delle aziende assistite e raccolta dei dati tecnico economici relativi all'allevamento apistico.

-          Raccolta, nelle 50 aziende individuate quale elemento della rete di monitoraggio, di campioni di api e larve da sottoporre ad analisi.

Le aziende selezionate saranno assistite dai divulgatori, in tutte le fasi produttive.

 

5.4 – Fase 4: elaborazione dei risultati e prodotti divulgativi

La quarta fase del programma prevede:

-          Realizzazione di un indagine sullo stato dell'allevamento apistico in Calabria;

-          Realizzazione di una guida tecnica, rivolta alle aziende non coinvolte nel programma, sulla base di quanto realizzato nelle aziende monitorate.

-          Realizzazione di un rapporto annuale sullo stato di avanzamento del progetto e sugli sviluppi promossi sull'economia del territorio, analizzando i costi di trasformazione e le spese sostenute per l'adeguamento alle normative.

-          Realizzazione di un convegno finale a valenza regionale nel quale saranno illustrati i risultati del progetto, gli obiettivi raggiunti e le eventuali nuove iniziative da intraprendere.

PROGETTO

MULTIFUNZIONALITA’ DELL’AZIENDA AGRICOLA

Agriturismo – Fattorie Didattiche – Agricoltura  Sociale

PREMESSA

Con la parola multifunzionalità si intendono tutte le attivita’ poste in essere dall’agricoltore diverse da quelle tradizionali derivanti dalla coltivazione di piante da frutto, dalle colture erbacee e orticole e dall’allevamento degli animali domestici. Lo scopo primario è quello, in un momento di crisi del settore, di integrare il reddito dell’azienda agricola e di salvaguardare l’occupazione delle persone che lavorano in azienda attraverso lo sviluppo di nuove attività pur collegate all’attività principale dell’azienda stessa. Diverse sono le attività che possono rientrare nella multifunzionalità dell’azienda agricola tra le quali l’Agriturismo, il Bed& Breakfast, le Fattorie Didattiche, Aperte, del Gusto e Sociali, l’escursionismo, il cicloturismo e l’ippoturismo . Queste attività conferiscono all’agricoltura nuove funzioni, di tipo culturale, sociale, ricreativo e di conservazione del paesaggio e dell’ambiente, fortemente volute dall’Unione Europea. Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura ha trovato riscontro in Italia nell’emanazione del Decreto legislativo n.228,del 18 Maggio 2001 che all’artic.1 ha ridisegnato ex novo la figura dell’imprenditore agricolo e la configurazione giuridica e funzionale dell’azienda agricola ampliando, lo spettro delle attività che si possono definire agricole.

In riferimento a questi provvedimenti legislativi, di carattere nazionale, intendiamo sottolineare soprattutto il richiamo ad un ruolo polivalente dell’imprenditore agricolo.

Infatti,  (a proposito dell’Imprenditore agricolo) l’articolo 2135 del Codice Civile è sostituito dal seguente: E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività: coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività connesse. Si intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione, trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano a oggetto prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse dell’azienda, normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi comprese le attività di valorizzazione

del territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e di ospitalità come definite dalla legge L’art. 3 del Decreto legislativo 228/2001 ha ampliato, in particolare, il campo di azione dell’agriturismo: “ Rientrano fra le attività agrituristiche di cui alla Legge n.730/85, ancorché svolte all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, l’organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva, escursionistiche e di ippoturismo finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio, nonché la degustazione dei prodotti aziendali…”.

Gli interventi relativi allo sviluppo della Multifunzionalità che si intendono avviare sul territorio Regionale attraverso tale progetto sono i seguenti: Agriturismo, Fattorie Didattiche e Agricoltura Sociale.

Sottoprogetto Agriturismo e Turismo Rurale

Lo scenario

I territori rurali costituiscono gran parte della nostra Regione e rappresentano spazi di attività e di innovazione in cui è radicata la diversità culturale e gran parte del patrimonio naturale e storico.

Tenuto conto dell’importanza di questo patrimonio, che testimonia il codice genetico della nostra identità, preservare la vitalità dei territori rurali rappresenta una necessità fondamentale.

Per rurale si intende quindi, un sistema locale con base agricola caratterizzato da una elevata differenziazione intersettoriale. La ruralità perciò non deve essere intesa come un elemento di mancato sviluppo bensì come strumento atto ad una grande opportunità.

Le iniziative che mirano ad incentivare lo sviluppo rurale, volte al sostegno delle attività e dei mestieri in via di estinzione, i finanziamenti per il potenziamento dei rimboschimenti e gli interventi per l’agricoltura eco-compatibile, possono accrescere la loro efficacia se si riuscirà ad armonizzare fattori diversi quali l’economia territoriale, l’ambiente e il paesaggio e la cultura tradizionale, componendo in una unità organica elementi a prima vista eterogenei.

L’opportunità di introdurre la dimensione culturale nei progetti di sviluppo nasce dalla constatazione che uno sviluppo che preveda la sostenibilità come condizione qualificante non può prescindere dalla valorizzazione della cultura locale, perchè essa ne costituisce una componente importante e forse la sua stessa base.  A sua volta la cultura locale trova nella memoria storica del territorio uno degli aspetti fondanti.

Il mondo rurale è un mondo multifunzionale. La multifunzionalità dell’agricoltura si concretizza in un’attività che va oltre la produzione di beni agricoli e agro- alimentari e si collega a molteplici funzioni connesse all’attività agricola quali:

-         tutela ambientale;

-         recupero del patrimonio edilizio rurale locale;

-         conservazione e trasmissione di cultura locale e tradizionale;

-         riscoperta di antichi mestieri;

-         produzione di prodotti tipici e manifatture artigianali.

Non c’è, quindi un’agricoltura moderna senza multifunzionalità, concetto preso in considerazione dal legislatore nella predisposizione della Legge di Orientamento e Ammodernamento dell’Agricoltura; la quale mira a liberare il soggetto agricolo dai vincoli normativi tradizionali, non più compatibili con la realtà economico-sociale odierna, per metterlo in condizione di interagire con gli altri settori economici in modo da fronteggiare  la concorrenza internazionale.

La ruralità sta rappresentando e continuerà a rappresentare la principale area di espansione della domanda e quindi dell’offerta turistica, in considerazione del fatto che coste ed alta montagna sono già ai limiti dello sfruttamento ricettivo.

I fattori di attrazione turistica della ruralità sono particolarmente fragili, essendo legati:

-         alla presenza dell’agricoltura;

-         al paesaggio che l’agricoltura ha costruito nel tempo, zona per zona in funzione delle coltivazioni, delle tradizioni costruttive, delle caratteristiche territoriali e climatiche;

-         al patrimonio naturale,

-         alla cultura locale.

L’agriturismo, quindi, richiede agli operatori locali coinvolti una maggiore attenzione vero forme di gestione del territorio sostenibili, anche perché le risorse naturali e paesaggistiche rappresentano una importante occasione per promuovere lo sviluppo economico e qualificare il territorio.

L’agriturismo si pone quindi come una realtà efficace nel ridefinire l’azione della società locale nel suo produrre e strutturare il territorio perseguendo modelli di sviluppo ecocompatibili.

D’altra parte sono proprio la salubrità dell’ambiente e dei prodotti agroalimentari e la qualità e tipicità del paesaggio e dei luoghi in cui si svolge la vacanza a rendere peculiare e competitiva l’offerta agrituristica rispetto ad altre forme di turismo più tradizionali.

Anche se l’agriturismo si concentra in alcune zone e continua a caratterizzarsi con una offerta tradizionale (pernottamento e ristorazione), si sta assistendo ad una evoluzione del settore verso forme di ospitalità più qualificate e complesse, sensibili alle problematiche ambientali (ne sono un esempio le fattorie didattiche), alla qualità dell’ambiente e alla salubrità e tipicità dei prodotti agroalimentari somministrati e venduti ai fruitori dell’azienda, alle tradizioni culturali e gastronomiche locali.

Il rapporto che si instaura tra attività agricola e turistica introduce modi di impiego delle risorse del tutto nuovi rispetto a quelli della precedente organizzazione esclusivamente agricola dell’azienda.

All’agriturismo e al turismo rurale è assegnato un ruolo strategico nel favorire l’avvio e il consolidamento di processi di sviluppo delle aree rurali sostenibili, di carattere locale, basati sulle risorse endogene sia materiali (risorse ambientali, architettura, infrastrutture, monumenti, produzioni agroalimentari tipiche, ecc.) sia immateriali (cultura, professionalità, storia, tradizioni, ecc.).

In questa prospettiva lo sviluppo sostenibile viene identificato non solo con un’ottica ecocompatibile ma in relazione anche agli effetti sulla qualità della vita, del paesaggio, dei processi di autodeterminazione delle comunità locali.

Riferimenti legislativi

Il settore agrituristico è regolamentato dalla legge nazionale n° 96 del 20 febbraio 2006 che, in armonia con i programmi di sviluppo rurale dell'Unione europea, sostiene l'agricoltura anche mediante la promozione di forme idonee di turismo nelle campagne, volte a:

a) tutelare, qualificare e valorizzare le risorse specifiche di ciascun territorio;

b) favorire il mantenimento delle attività umane nelle aree rurali;

c) favorire la multifunzionalità in agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli;

d) favorire le iniziative a difesa del suolo, del territorio e dell'ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso l'incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita;

e) recuperare il patrimonio edilizio rurale tutelando le peculiarità paesaggistiche;

f) sostenere e incentivare le produzioni tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche;

g) promuovere la cultura rurale e l'educazione alimentare;

h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale.

La regione Calabria sta predisponendo una nuova normativa, che sostituisca la vecchia L.R. 22/88,  per uniformarsi ed adeguarsi ai principi fondamentali e alle disposizioni contenuti nella legge quadro.

L’Italia è l’unico Paese dell’UE (e del mondo) che ha una specifica normativa che disciplina l’agriturismo, inteso come ospitalità svolta dall’azienda agricola valorizzando in modo particolare le risorse legate all’attività agricola. Altrove questo particolare tipo di ospitalità viene compreso nel più generale settore del turismo rurale, del quale fanno parte anche i piccoli alberghi di campagna, le case private e i piccoli alberghi gestiti dai residenti, nei paesi.

L’agriturismo è una delle componenti del turismo rurale, non essendovi dubbio che esso rappresenti un servizio turistico realizzato nello spazio rurale, occorre anche precisare che, per la propria specifica collocazione all’interno dell’azienda agricola, e per la stretta connessione che l’accoglienza deve avere con l’attività agricola, l’agriturismo rappresenta la forma più forte ed incisiva di turismo rurale.

In tal senso, attualmente l’agriturismo rappresenta l’attività che meglio dimostra come l’azienda può rafforzare la propria offerta verso i consumatori finali per consentire loro di vivere il territorio rurale a contatto non solo della natura ma anche delle attività proprie del settore agricolo.

L’agriturismo sta rappresentando, infatti, una occasione per contribuire a mantenere il presidio umano nelle aree rurali e a diffondere in queste zone una maggiore consapevolezza delle opportunità di sviluppo offerte da un uso “sostenibile” delle risorse naturali.

Agriturismo in Calabria

La nascita dell’agriturismo calabrese si fa coincidere formalmente con il 1988, anno in cui è stata emanata la legge regionale sull’agriturismo (L.R. n°22/88 – Promozione e sviluppo dell’Agriturismo in Calabria) con notevole ritardo rispetto alle altre. In quasi 20 anni si è assistito ad una crescita costante del numero di aziende, ad un aumento del numero di visitatori ed ad un incremento del volume di affari complessivo, spesso grazie alla presenza di piccole aziende sparse a macchia di leopardo sul territorio che si differenziano per la qualità dei servizi offerti.

Gli iscritti all’ elenco regionale degli operatori agrituristici al 31 dicembre 2006 sono 1538.

La ripartizione degli iscritti per provincia è la seguente:

-         343 nella provincia di Catanzaro,

-         698 nella provincia di Cosenza,

-         236 nella provincia di Reggio Calabria,

-         136 nella provincia di Vibo Valentia,

-         123 nella provincia di Crotone.

L’elenco regionale degli operatori agrituristici non è mai stato revisionato, vi sono iscritti di vecchia data che di fatto non hanno mai avviato l’attività e che hanno perso interesse per il settore.

Il numero effettivo delle aziende operanti è ben lontano dal numero totale degli iscritti (sono solo 1/5 le aziende in attività!)

Le aziende agrituristiche con punto ristoro sono pari al 75% del totale. La ristorazione rappresenta l’aspetto più qualificante ma allo stesso tempo è l’attività che più facilmente può sconfinare nel settore commerciale. E’ necessario, quindi, un accurato controllo per verificare la prevalenza delle produzioni agricole aziendali, la possibilità di approvvigionamento di prodotti dalle aziende della zona.

Attivita’ Divulgativa

Tipologia degli interventi

Si prevede di attuare:

-         azioni di valorizzazione e promozione dell’agriturismo e del turismo rurale,

-         iniziative di carattere innovativo e immateriale.

Si tratta in generale di azioni di accompagnamento allo sviluppo che, da un lato agiscono su atteggiamenti, mentalità e culture che spesso più di altre variabili di carattere economico ostacolano lo sviluppo di un territorio e, dall’altro lato, aiutano a qualificare l’offerta locale.

Tra le azioni di accompagnamento ricordiamo:

-         creazione di sistemi di qualità;

-         azioni di sensibilizzazione, formazione e animazione;

-         realizzazione di servizi collettivi;

-         assistenza tecnica;

-         creazione di pacchetti integrati;

-         ecc.)

Più in particolare, a supporto delle future azioni di rilancio e consolidamento del settore potrebbero essere promossi e realizzati:

-         studi finalizzati ad aumentare il livello delle conoscenze e, soprattutto, a mettere a punto metodologie per favorire le azioni di formazione e di assistenza agli operatori agrituristici.

-         “Campagna di educazione alimentare collegata alle produzioni tipiche calabresi ed all’identità culturale delle aree rurali”. Finanziata tramite Programmi Interregionali “Comunicazione ed educazione alimentare” e “Promozione dei servizi orientati allo sviluppo rurale”.

               L’azione si pone l’obiettivo di identificare e selezionare i prodotti tipici presenti in alcune aree calabresi e le ricette tradizionali in base a dei requisiti: originarietà, genuinità, salutarità; far conoscere le aziende produttrici in base alla propria esperienza nel settore, all’attività di ricerca e promozione già svolta per la salvaguardia della tradizione alimentare calabrese; attivare azioni di educazione alimentare finalizzate agli aspetti salutistici e di promozione della tradizione alimentare locale. L’azione potrebbe coinvolgere numerose scuole.

-          “Attività di promozione collegata alle produzioni tipiche calabresi ed all’identità culturale delle aree rurali”, finalizzata alla valorizzazione e promozione delle produzioni agroalimentari tipiche calabresi mediante la definizione di metodologie per la promozione del territorio.

L’intervento, articolato con un approccio di sviluppo locale integrato, dovrà essere finalizzato ad identificare e qualificare l’offerta agroalimentare, e coinvolgere gli attori dello sviluppo e le popolazioni locali.

Non esistendo, al momento, una offerta organizzata e consolidata di prodotti e servizi tipici, e tanto meno qualificata, sono previste azioni di promozione vera e propria che seguono una fase preliminare di sensibilizzazione e di aggregazione dei soggetti produttori e di definizione di standard di qualità cui adeguare l’offerta.

Attivate le strategie di qualificazione dell’offerta, l’intervento dovrà definire una metodologia per strutturare servizi alle unità produttive locali con particolare riferimento all’export, servizi di consulenza, accesso alle reti telematiche, possibilità di utilizzare supporti informatici gestionali per specifiche esigenze; dovranno essere definite strategie di qualificazione dell’offerta in base al target definito, di promozione in loco e di promozione transgenerazionali.

 

Molti Enti ed Associazioni preposti allo svolgimento di attività in favore dello sviluppo rurale e dell’agriturismo spesso lavorano senza utilizzare i canali di collegamento che pur esistono per creare sinergie. Per questo il più delle volte si assiste a programmi similari che i diversi Enti attuano con scarso impatto.

I Consorzi agrituristici, l’Università, le Comunità montane, i GAL, le organizzazioni turistiche, le singole imprese, se avessero l’opportunità di coordinarsi valorizzando ciascuno le proprie competenze, potrebbero sicuramente assicurare la massa critica necessaria per attivare iniziative di successo.

Tale condizione si può realizzare solo a livello di territorio, con una azione di sostegno e di supporto svolta dall’ARSSA  in favore degli Enti locali e dei Consorzi del settore secondo strategie concordate con il Dipartimento Regionale all’Agricoltura e  che potrebbero riguardare:

1)      promozione e realizzazione di parchi rurali che organizzino un’offerta di prodotti e servizi di qualità ed entità tali da attirare un flusso turistico significativo nell’area e all’interno dei parchi regionali e siti bioitaly;

2)      promozione e realizzazione di un sistema di valorizzazione commerciale delle produzioni agricole tipiche che non hanno una dimensione adeguata per entrare in circuiti regionali e della GDO, anche attraverso la costituzione di uno specifico Consorzio di tutela regionale e il supporto di una rete di aziende agrituristiche organizzata per la commercializzazione  in loco e in collegamento con i parchi rurali;

3)      promozione e realizzazione di iniziative di tutela, conservazione e valorizzazione del patrimonio naturalistico, edilizio, forestale, storico e culturale mediante il recupero, la manutenzione, la gestione di servizi agro-ambientali e iniziative di turismo rurale.

Sottoprogetto Fattorie Didattiche

FATTORIE DIDATTICHE: DALLO SVILUPPO SPONTANEO AL SISTEMA DELLE COMPETENZE.

La nascita "dal basso", lo sviluppo e la qualificazione del fenomeno "Fattorie Didattiche" in Italia sono eventi di un processo del tutto inedito, affermatosi in un tempo relativamente breve e con una velocità riscontrata in pochi precedenti, almeno per quanto riguarda il mondo agricolo.

La ricerca di forme nuove di dialogo tra città e campagna, il bisogno di "rielaborare" le ragioni di fondo del contatto uomo ambiente, la tendenza ad approfondire tutto quanto attiene alla filiera alimentare, sono solo alcune delle motivazioni che hanno spinto aziende agricole, istituzioni provinciali, scuole, enti locali ad individuare spazi e tempi appropriati per realizzare e rendere produttivo tale "incontro".

Anche la formazione  ha giocato un ruolo importante, perché ha consentito alle aziende interessate di appropriarsi di contenuti e metodi, mirati alla definizione di progetti da offrire alle scuole e, nello stesso tempo, di incontrarsi e dialogare tra loro, fino a configurare la nascita di associazioni autonome di fattorie didattiche e di reti promozionali e "di progetto" tra gruppi di esse.

In pochi anni, dunque, mentre si passava dall'iniziativa sporadica di pochi volenterosi alla prassi ricorrente di utilizzare la fattoria come sede educativa  vera e propria, si è reso esplicito il bisogno di regolare gli accessi al sistema soprattutto in termini di carta della qualità per le fattorie didattiche.

Il crescente interesse degli ultimi anni verso il servizio di didattica in fattoria, la crescita  delle fattorie impegnate nei servizi didattici, la richiesta emergente da parte delle scuole, di gruppi "nuovi"( mondo dell’associazionismo culturale ed ambientale) e di singoli cittadini come potenziali utenti, nonché i risultati conseguiti  a livello nazionale sia sul piano numerico che qualitativo ,  rendono evidente il fenomeno delle crescita e dello sviluppo di un’agricoltura "di servizio" impostata sull’innovazione di "prodotto" e sulla maturazione di un rapporto sempre più proficuo tra scuola e mondo agricolo. |

Di qui la scelta operata dall’ARSSA di attivarsi per una progettazione regionale di sistema inerente gli interventi  da realizzare per il  decollo della strategia regionale di sviluppo e consolidamento delle fattorie didattiche

NORMATIVE GIURIDICHE

 In Italia, la realtà delle fattorie didattiche è in continua crescita,  così come il numero di insegnanti che utilizzano questo straordinario laboratorio naturale per la riuscita delle loro finalità didattiche.

Lo sviluppo di questo nuovo comparto ha evidenziato vuoti normativi nel quadro di riferimento e la mancanza di una disciplina organica e coerente. In Italia per molti anni, l’unico punto di riferimento è stato la Legge Nazionale 730/85, ed in particolare il comma c) dell’artic.2, con cui si esplicitava il rientro nell’agriturismo delle attività ricreative e culturali.

A livello di Comunità Europea l’art. 33 del regolamento Ce n.1257/99, a sostegno dello sviluppo rurale, ha incoraggiato lo sviluppo di attività didattiche all’interno delle aziende agricole. In Italia il primo intervento specifico è rappresentato dall’art. 123 della Legge n. 388/2000. Tale norma prevede che le attività di ricezione e di ospitalità, degustazione di prodotti aziendali ed organizzazione di attività ricreative, culturali e didattiche svolte da aziende agricole nell’ambito della diffusione di prodotti biologici o di qualità possono essere equiparate alle attività agrituristiche. Un importante passo in avanti è stato invece rappresentato dal decreto legislativo n.228/2001 che attribuisce ai servizi didattici la dignità di attività connessa. In esso, tra le attività connesse, sono previste le seguenti: commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o dall’allevamento di animali; fornitura di beni e servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature e risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata; ricezione e ospitalità dei consumatori volta a favorire la valorizzazione del patrimonio rurale e forestale. Inoltre esso riconduce all’esercizio di attività agrituristica quelle attività che hanno per scopo la degustazione di prodotti aziendali, l’organizzazione di attività ricreative, culturali, didattiche ed escursionistiche, finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del territorio. E’ quindi del tutto legittimo ricondurre le attività didattiche nell’alveo di un normale esercizio agrituristico anche se, con il Decreto legislativo 228/2001 e l’art.2 della Legge 24/12/2003 , n.350 (legge finanziaria 2004), l’attività didattica non è più una prerogativa esclusiva delle aziende agrituristiche ma può essere esercitata anche da una semplice azienda agricola.

IPOTESI CULTURALE

L’iniziativa “fattorie Didattiche” ha una forte valenza socio-culturale: essa si propone di realizzare una rete regionale di "promotori" del valore dell’educazione alimentare ed ambientale, a partire dai luoghi primari di produzione delle risorse base dell’alimentazione stessa , di creare un legame stabile tra aziende e territorio ponendo le fattorie come dei veri e propri centri territoriali di educazione a disposizione di scuole, cittadini  e gruppi d’interesse.

Le fattorie didattiche rispondono infatti ad un disegno culturale di interesse pubblico, che crea legami nel territorio tra sistemi produttivi sostenibili e giovani generazioni, che gratifica i produttori agricoli in quanto comunicatori di sé e del proprio ruolo e che permette ai ragazzi di acquisire conoscenze e di fare esperienze pratiche sul campo.

La fattoria, quindi come luogo primario ed emblematico per promuovere una corretta comunicazione dei criteri, dei valori, dei principi di una cultura alimentare incentrata sulla conoscenza delle modalità produttive, delle diversità e tipicità locali, del legame tra alimentazione e territorio, tra cultura dell’alimentazione e cultura del territorio e quindi luogo di identificazione con il territorio.

Queste aziende propongono ad insegnanti e studenti itinerari alla riscoperta dell’agricoltura e delle tradizioni culturali, storiche, ambientali, gastronomiche, con un approccio originale, concreto e diretto. Un’attività che nasce quindi da un progetto educativo dell’azienda in interazione con gli insegnanti, che richiede un costante presidio della qualità educativa da parte degli imprenditori coinvolti e un attento monitoraggio da parte degli enti promotori.

Le attività didattiche a sostegno dello sviluppo rurale, rendono infatti direttamente protagoniste le strutture agricole delle attività di educazione alimentare ed ambientale consentendo di determinare un’occasione di contatto diretto tra settore agricolo e scuola, di far conoscere il lavoro dell’agricoltore, “custode” delle ricchezze ambientali e culturali del territorio e della produzione di alimenti di qualità. La fattoria quindi, come importante risorsa di educazione “attiva” che permette di approfondire il legame che unisce il cibo, l’ambiente, la salute, di fornire informazioni sulle correlazioni tra tecniche produttive a ridotto impatto ambientale, qualità dei prodotti e consumi alimentari, di educare ai valori  e alla cultura del mondo rurale.

LA STRUTTURA PROGETTUALE

L’idea progettuale consiste nell’attivazione sul territorio Calabrese di una rete di aziende, scelte per rappresentatività rispetto alla realtà agricola regionale,  finalizzata a scopi didattici e a completo servizio del mondo scolastico  Calabrese. Le fattorie didattiche diventano dunque delle vere e proprie “aule verdi” ossia centri di educazione alimentare e ambientale, luoghi cioè da esplorare e vivere attraverso esperienze che stimolino la curiosità, la riflessione, lo spirito critico, per orientare e promuovere intelligenze attraverso laboratori didattici e attività pratiche ( preparazione del pane, del formaggio ecc.).

Per fornire questo servizio le aziende agricole dovranno essere opportunamente attrezzate per accogliere gli studenti e porli fisicamente nelle condizioni di sperimentare come si ottiene un alimento tipico, come vengono ottenuti i prodotti della terra, e come le diverse tecniche  agricole rispettano la cultura, l’ambiente e la storia del territorio rurale.

Le “fattorie didattiche”, così individuate , rappresenteranno un valido strumento per la conoscenza dell’ambiente rurale e del territorio Calabrese divenendo in tal modo  luogo d’incontro tra il mondo agricolo , giovani  generazioni e cittadini in generale.

Obiettivi:

ATTORI  PROTAGONISTI E DESTINATARI

“Fattorie Didattiche “ rappresenta un momento di incontro e di scambio reciproco tra due soggetti : l’agricoltore e il mondo agricolo da una parte, e scuole di ogni ordine e grado, insegnanti, ragazzi, genitori e gruppi organizzati dall’altra, con particolare riferimento ad Associazioni culturali, del tempo libero, del volontariato e sociali, al turismo, all’Università della terza età.

Per rendere più incisivo il progetto presso il mondo scolastico e garantire una sempre più qualificata attività si ritiene opportuno lavorare per un accordo di programma siglato da un protocollo d’intesa che coinvolga tutti i soggetti: Regione, Istituzioni Scolastiche, Province, Aziende.

Punti chiave dell’iniziativa sono da considerarsi :

1.      la formazione degli imprenditori e operatori agricoli;

2.      l’aggiornamento degli insegnanti;

3.      la promozione e la comunicazione dell’iniziativa.

Soggetti Coinvolti

“Fattorie Didattiche “ è un progetto che coinvolge il settore pubblico  e privato per superare la frammentarietà del rapporto tra settore agricolo, mondo scolastico e cittadini.

Soggetti privati: aziende agrituristiche , agricole  ed agroalimentari della Calabria, Organizzazioni Professionali Agricole, Associazioni , organismi di formazione professionale.

Soggetti Pubblici: Regione Calabria, Assessorati alla Cultura e alla Formazione, Assessorati alla Sanita’ ed all’ambiente, Amministrazioni provinciali, Direzione Scolastica Regionale,  Scuole di ogni ordine e grado della Regione.

STRUTTURA ORGANIZZATIVA

Il coordinamento Regionale del progetto è assegnato all’Assessorato all’Agricoltura.

Al fine di favorire un coordinamento tra le diverse azioni provinciali e  lo sviluppo della rete didattica si propone la costituzione di un Comitato Tecnico Regionale cui faranno parte i rappresentanti degli Assessorati Regionali coinvolti e delle Amministrazioni provinciali.

Il gruppo potrà lavorare per aree tematiche , in sottogruppi, interagire o avvalersi di competenze specifiche degli uffici Regionali o di strutture esterne o di esperti, nelle forme previste dalla legislazione  regionale vigente.

Gli impegni sono i seguenti:

-         dare comunicazione, in collaborazione con la DIREZIONE REGIONALE della Pubblica Istruzione,  agli uffici scolastici periferici, e, per loro tramite, alle singole istituzioni scolastiche, alle consulte degli studenti e alle associazioni studentesche della Regione Calabria, dei contenuti del progetto;

-         favorire le iniziative che verranno in seguito concordate, cui le scuole potranno partecipare sulla base di progetti educativi e didattici autonomamente deliberati, finalizzate a promuovere la diffusione e l'approfondimento della cultura del territorio legata alle attività agricole;

-         favorire l'organizzazione di iniziative ed eventi per le scuole, dedicate ai temi della conoscenza della agricoltura e del mondo rurale Calabrese;

-         promuovere la diffusione e l'approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado della cultura del territorio, tramite iniziative che valorizzino in particolare la conoscenza delle attività legate all'agricoltura e alle nuove potenzialità offerte dall'agriturismo, sia in termini di recupero delle opportunità occupazionali che di turismo;

-         organizzare la rete regionale "Fattorie Didattiche" dì imprese agricole che metteranno a disposizione delle scuole che lo richiederanno il saper fare e la maestria degli agricoltori nelle attività di coltivazione, allevamento, produzione e trasformazione dei loro prodotti tipici;   

-         svolgere programmi di formazione e aggiornamento rivolto agli agricoltori che già svolgono o intendono svolgere attività educative con le scuole;

-         predisporre materiale didattico atto a sviluppare negli alunni la conoscenza delle attività agricole e dei prodotti tipici del proprio territorio per rafforzare il senso dì appartenenza alla comunità locale;

-         concordare con le scuole "pacchetti dì supporto alla progettualità" delle stesse, nell'autonomia di ogni Istituto, che mirino a offrire "percorsi possibili" nella elaborazione dei piano dell'offerta formativa;

-         mettere a disposizione della realizzazione dei programmi  mezzi e strutture di propria proprietà distribuite sul territorio regionale (Centri Sperimentali Dimostrativi);

-         fornire assistenza tecnica per favorire l’adeguamento strutturale delle aziende che intendono svolgere attività educativa;

-         effettuare l’aggiornamento dei tecnici impegnati;

-         predisporre  progetti di valorizzazione dell’ambiente rurale, di educazione ambientale e alimentare rivolti alle scuole della regione;

-         predisporre iniziative divulgative, giornate di studio, manifestazioni, produzione di materiale didattico e divulgativo (Guida e mappa regionale delle fattorie didattiche);

-         curare l’organizzazione e la promozione dell’iniziativa , anche attraverso la realizzazione del materiale promozionale;

-         monitorare l’iniziativa.

CARATTERISTICHE DELLE AZIENDE

Criteri e monitoraggio

Si procederà all’interno di ogni singola provincia Calabrese alla selezione di

un numero di aziende agricole idonee alla partecipazione al progetto in esame.

I caratteri di idoneità delle aziende saranno determinati da:

-         rappresentatività dell’azienda rispetto alla realtà agricola territoriale;

-         completezza del ciclo produttivo aziendale;

-         buona capacità comunicativa degli addetti al ciclo produttivo;

-         strutture esterne ed interne idonee per l’accoglienza;

-         produzione a basso impatto anbientale (agricoltura integrata o biologica) o di prodotti tipici e tradizionali;

-         forte motivazione degli addetti.

Occorrerà verificare la rispondenza delle aziende ai requisiti previsti (da definire attraverso un’apposita  Delibera Regionale), ed effettuare il monitoraggio delle attività al fine di esaminare eventuali carenze o punti di debolezza del percorso educativo.

Si dovrà, quindi:

-         fornire alle aziende la scheda di verifica da distribuire agli insegnanti  in visita, la scheda di registrazione delle classi, la scheda di rilevamento da compilare a fine anno scolastico;

-         monitorare le attività attraverso la valutazione delle schede di verifica compilate dagli insegnanti, interviste telefoniche ad un campione di insegnanti, controlli diretti a campione durante le visite delle classi;

-         raccogliere le richieste di recessione da parte delle aziende o revocare l’accreditamento nel caso di gravi inadempienze riscontrate o segnalate dall’utenza per almeno due volte consecutive.

 Ogni provincia nel proprio territorio provvede a :

-         Raccogliere annualmente le richieste di accreditamento delle aziende agricole interessate all’iniziativa “Fattorie Didattiche” redatta e sottoscritta nell’apposita scheda “richiesta di Accreditamento”;

-         Stilare un elenco annuale delle Fattorie Didattiche accreditate e trasmetterlo alla Regione entro il 15 Giugno di ogni anno.

Le fattorie didattiche accreditate si impegnano a:

-         Rispettare i criteri definiti dalla Regione Calabria, attraverso la sottoscrizione della Carta della Qualità.

-         Avere conseguito la certificazione di competenza dello specifico corso di base.

-         Predisporre percorsi significativi differenziati in base alle fasce di utenza cui l’azienda si rivolge;

-         Concordare con la scuola l’obiettivo didattico da raggiungere;

-         utilizzare il logo identificativo Regionale Fattorie Didattiche nelle loro comunicazioni;

-         Fornire agli insegnanti le schede di verifica;

-         Tenere un registro delle classi in visita da consegnare a fine anno scolastico alla Provincia;

-         Sottoporsi al monitoraggio.

Al mondo Scolastico viene chiesto di:

-         Inserire i percorsi in fattoria nel programma scolastico in integrazione con il POF o il progetto di classe;

-         Preparare gli studenti alla visita in fattoria utilizzando il materiale messo a disposizione;

-         Documentare l’esperienza vissuta e la ricaduta dell’iniziativa anche attraverso la scheda di verifica.

Le attività didattiche in Fattoria presuppongono quindi:

-         La costruzione condivisa del progetto, il coinvolgimento attivo degli insegnanti e una stretta collaborazione tra fattorie didattiche e scuole per garantire continuità nel tempo ed efficacia dell’intervento;

-         l’elaborazione, da parte delle aziende, di percorsi significativi con un chiaro obiettivo didattico da raggiungere;

-         un approccio sistemico e interdisciplinare ;

-         metodologie interattive e coinvolgenti basate sull’esperienza diretta, attraverso laboratori attivi e sensoriali;

-         la diversificazione delle proposte in funzione dei livelli di età, dei programmi scolastici e dei progetti delle classi;

-         l’utilizzo di materiale didattico specifico per i vari percorsi;

-         La documentazione dell’esperienza e la valutazione della ricaduta.

AZIONE 1: CRESCITA E QUALIFICAZIONE DELLA RETE FATTORIE DIDATTICHE

FORMAZIONE

La  formazione degli operatori assume carattere preminente e strategico per la crescita e la qualificazione delle Fattorie Didattiche.

Le aziende aderenti al circuito delle fattorie didattiche devono seguire uno specifico percorso formativo finalizzato alla loro crescita professionale in relazione alla figura di operatori didattici in ambito rurale. La finalità è quella di fornire all’utenza scolastica un’offerta didattica valida e la necessaria professionalità e garanzia durante le visite in fattoria.

Aggiornamento degli insegnanti: Anche in questo caso sarà predisposto un corso specifico al fine di illustrare al corpo docente le caratteristiche del mondo agricolo Calabrese con riferimenti alle singole realtà provinciali;

L’Aggiornamento degli insegnanti sarà finalizzato a guidare gli allievi in percorsi di conoscenza,  propri dell’educazione ambientale ed alimentare (da attivarsi attraverso le istituzioni scolastiche competenti).

Il corso  per le aziende che aderiscono al progetto “Fattorie Didattiche” al fine di acquisire le conoscenze di base in materia di logistica, igiene, accoglienza e sicurezza dei locali e dei luoghi accessibili ai ragazzi e garantire, quindi lo svolgimento delle attività  e delle visite nel migliore dei modi , prevede quattro moduli didattici:

I modulo: PARTE GENERALE

Oltre alla presentazione generale del corso, vengono analizzati gli aspetti fondamentali

che caratterizzano questa attività:

- Fattoria didattica e multifunzionalità;

- Il rapporto tra scuola e fattoria;

- Attività pedagogica la scuola incontra la fattoria;

- La comunicazione in ambito scolastico;

- Didattica e metodologie di comunicazione per le diverse fasce di età: tecniche di

promozione e pubblicità per le fattorie didattiche, uso del marchio, ecc.;

- L'esperienza fattorie didattiche in altre regioni italiane e/ straniere

II modulo: ORGANIZZAZIONE DELL'AZIENDA PER LO SVOLGIMENTO DELL'ATTIVITA'

In questo modulo vengono analizzati e sviluppati tutti gli accorgimenti da mettere in atto per avviare in azienda agricola/agrituristica attività didattiche finalizzate al mondo della scuola:

-         Piano d'impresa per l'avvio di una fattoria didattica;

-         Aspetti amministrativi e fiscali nelle fattorie didattiche: apertura e gestione  amministrativa di una fattoria didattica, norme igienico sanitarie, ecc.

-         Sicurezza e prevenzione nelle fattorie didattiche: 626, sicurezza macchine, fabbricati e  strutture, antincendi, assicurazioni, ecc.

-         Il progetto aziendale: opere strutturali, infrastrutturali e servizi da realizzare per rendere l'azienda accogliente da un punto di vista didattico/educativo – come strutturare e gestire un laboratorio didattico/pedagogico, accessibilità a mezzi e  persone, ecc.

III modulo: LE FILIERE PRODUTTIVE DIDATTICHE

In questo modulo vengono trasmesse informazioni e sviluppate esperienze concrete finalizzate ad organizzare e rendere fruibile didatticamente i vari processi della produzione agricola al mondo della scuola.

IV modulo: STAGE

Nel modulo conclusivo, i partecipanti al corso hanno l’opportunità attraverso uno stage, di visitare esperienze significative di "fattorie didattiche" già operanti in Italia e in Francia.

SEMINARI DI AGGIORNAMENTO

Al corso di base dovranno seguire necessariamente dei Seminari di aggiornamento sui seguenti temi:

- I fondamenti della pedagogia attiva. La progettazione didattica. Quale approccio con le diverse scuole.

- L’importanza pedagogica del gioco.

- Metodologie didattiche per fasce di utenza.

- I laboratori del gusto e dei sensi in fattoria.

- I punti chiave nella costruzione del percorso didattico; la documentazione con Internet.

- Aspetti psicologici dell’accoglienza e della comunicazione.

- Il cibo nella costruzione attiva dell’identità personale.

- Lavorare in gruppo, lavorare in rete, comunicare e promuovere attività e valori della ruralità.

- Le produzioni ecocompatibili e di qualità. La sicurezza alimentare.

- L’agricoltura sostenibile:l’agricoltura biologica ed integrata, la salvaguardia del paesaggio rurale, della biodiversità, delle risorse naturali.

- La globalizzazione dei consumi, salvaguardia della tipicità delle produzioni, tradizioni rurali.

- La trasformazione dei prodotti aziendali.

- Norme fiscali per la vendita di prodotti dell’azienda e per l’attività didattica.

- Sicurezza nelle Fattorie Didattiche: prevenzione e rischi.HCCP.

- La cura del cliente e la qualità del servizio offerto.

- Rapporto ed interazione fattorie didattiche/ scuole/ gruppi d’interesse.

- Diversificazione dell’utenza : attività rivolte agli anziani; di educazione   all’ambiente e al consumo consapevole per i cittadini consumatori;attività volte  all’inserimento sociale.

MARCHIO E DISCIPLINARE DI QUALITA’ “Fattorie didattiche”

Il Marchio di qualità e il relativo disciplinare consentono la strutturazione di una rete permanente di aziende agricole capaci di offrire servizi didattici riconosciuti ed identificati.

Il disciplinare codifica i requisiti  base che l’azienda dovrà soddisfare per poter svolgere attività didattica e, particolare, ne garantira’ l’autenticità, la capacità professionale e la sicurezza.

E’ necessaria la rispondenza ai requisiti previsti alla Carta della Qualità aggiornata in base alle normative sulla Sicurezza e sull’igiene degli alimenti. Il rispetto delle norme igienico -sanitarie per laboratori manipolazione di  alimenti devono essre definite da un gruppo di lavoro interassessorile - agricoltura e sanità.

LA CARTA DELLA QUALITA’

Il forte interesse suscitato dall’iniziativa Fattorie Didattiche sia presso gli agricoltori, che presso le scuole, ha incrementato notevolmente il numero delle aziende coinvolte e le aspettative verso queste attività. Si pone l’esigenza, nell’ambito del coordinamento regionale, di definire criteri standardizzati per la selezione delle aziende e la verifica della validità didattica delle proposte. L’aspetto principale da considerare è che le visite delle scolaresche vengano svolte prioritariamente con un chiaro obiettivo didattico da raggiungere e valorizzate sia dagli agricoltori sia dagli insegnanti responsabili; le classi possono, inoltre utilizzare la fattoria per trascorrere giornate "en plein air" a contatto con la natura. Le aziende agricole ed agrituristiche aderenti al progetto ed inserite nella rete delle fattorie didattiche Calabresi devono rispondere ai requisiti di base sotto elencati e si impegnano a rispettare la carta della qualità.

Caratteristiche produttive

Adozione di sistemi di produzione biologica o integrata o di produzioni tipiche di qualità

Formazione degli agricoltori

Accoglienza

Didattica

Sicurezza

AZIONE 2: COMUNICAZIONE E PROMOZIONE DELLA RETE FATTORIE DIDATTICHE

AZIONE 3: SITO INTERNET: Fattorie Didattiche Calabria

Nell’ambito di questo progetto è prevista la realizzazione di un sito-web, con la finalità di predisporre uno strumento che sia di promozione, di informazione e di interattività, tra i soggetti responsabili del progetto, le aziende aderenti al circuito “Le fattorie Didattiche” ed i fruitori di questi servizi (mondo della scuola, famiglie, gruppi organizzati, cittadini, ecc.)

AZIONE 4: UNITA’ DIDATTICHE sulle filiere produttive

Per ogni filiera verrà proposta una ipotesi di modello didattico, con indicazione di specifici percorsi didattici  riferiti essenzialmente al mondo della scuola.

In linea generale , all’interno delle aziende saranno possibili i seguenti percorsi diversificati a seconda dell’ordinamento produttivo:

- Produzioni zootecniche

- produzioni vegetali

- percorsi agroambientali e culturali.

Le filiere interessate sono riconducibili all’indirizzo produttivo delle aziende aderenti.

Tuttavia , a titolo di esempio, si riportano le principali filiere che potranno essere attivate:

- Cereali,pane , prodotti da forno e pasta alimentare;

- Latte, formaggi e derivati;

- Carne;

- Olio;

- Vino;

- Frutta e trasformati;

- Ortaggi e trasformati;

- Apicoltura, miele, cera, propoli, pappa reale;

 - Piante officinali e trasformati;

-  biologico.

Sottoprogetto Agricoltura Sociale in Calabria

Introduzione

Nelle aree rurali sono in atto profondi cambiamenti e lo spazio rurale non si identifica più solo con l’agricoltura, ma diventa il luogo di molteplici attività produttive, di consumo e di servizio.

In tale contesto, uno sviluppo rurale sostenibile è possibile valorizzando anche le risorse proprie della ruralità, legate al capitale sociale e culturale, localizzate all’interno del territorio, in un percorso  che tenga insieme pubbliche amministrazioni, imprese e società civile e capace di generare complementarietà tra welfare rurale ed urbano.

Appare evidente, pertanto,  come la responsabilità sociale d’impresa, inserita in un contesto di agricoltura multifunzionale, possa  fornire nuovi presupposti per lo sviluppo locale e come il ruolo dell’agricoltura non possa essere limitato solo alla produzione beni primari.

Essa rappresenta, infatti, un sistema di attività strettamente collegate con lo sviluppo delle aree rurali e con la produzione di servizi per la società, in quanto oltre a svolgere il ruolo  di veicolo e tutrice della tradizione storica e culturale del territorio, di salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio, può avere anche una specifica funzione sociale.

Questa si esplica mediante l’attività didattica, terapeutico-riabilitativa, assistenziale e di inserimento nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati.

Nell’ambito dell’attività didattica rientrano tutte quelle iniziative che hanno come obiettivo l’avvicinamento dei bambini e dei ragazzi alle attività agricole ed alle modalità con cui vengono prodotti e trasformati gli alimenti: fattorie didattiche, laboratori ed aule di ecologia all’aperto, orti scolastici e percorsi dimostrativi della coltivazione di piante e di allevamenti.

La funzione terapeutico – riabilitativa e di inserimento nel mondo del lavoro è invece rivolta a diverse categorie di persone svantaggiate dal punto di vista fisico, psichico, mentale e lavorativo.

L’agricoltura ha, infatti, in tal senso, grandi potenzialità, sia per la semplicità e varietà delle mansioni, sia perché presuppone il contatto diretto con la natura e con organismi viventi (piante ed animali) con i quali, per queste persone, è più semplice relazionarsi.

Le attività agricole condotte a fine terapeutico e riabilitativo sono molteplici; sono, ad esempio, noti da tempo,  gli effetti benefici dell’ippoterapia, che si pratica sempre più spesso, in aziende nelle quali si allevano cavalli; negli ultimi anni è stato inoltre dimostrato, come anche l’apicoltura, la frutticoltura, il florovivaismo e l’allevamento di piccoli animali, abbiano grande efficacia nella cura e nella riabilitazione.

Per quanto riguarda l’attività assistenziale, essa si potrebbe attuare in vari modi, estendendosi dalla cura degli anziani, che potrebbero soggiornare periodicamente in aziende agricole preposte a tal fine, alla possibilità di ospitare persone in degenza post-ospedaliera, le quali stando in campagna piuttosto che in ospedale, avrebbero un processo di riabilitazione, senza dubbio migliore ed a costi più contenuti.

Sulla base di tali considerazioni, si sta diffondendo sempre di più l’idea di fattoria sociale, intesa come un’impresa economicamente e finanziariamente sostenibile, condotta in forma singola o variamente associata, che svolge l’attività produttiva agricola e zootecnica, proponendo i suoi prodotti sul mercato, in modo integrato con l’offerta di servizi culturali, formativi, assistenziali ed occupazionali a vantaggio di soggetti deboli (portatori di handicap, tossicodipendenti, detenuti, anziani, bambini ed adolescenti) e  valorizzando aree marginali (montagna e centri più isolati), in collaborazione con le istituzioni pubbliche e con il mondo del terzo settore.

Operare nell’ottica di un’agricoltura socialmente responsabile significa, quindi, dare  anche un valore etico a prodotti di qualità, in quanto ottenuti nel rispetto dell’ambiente e con criteri che tutelano il benessere e la salute dei consumatori.

La valorizzazione commerciale di tali produzioni può avvenire sia mediante la vendita diretta in azienda, sia mediante la vendita attraverso canali preferenziali, quali mense scolastiche, ospedali ecc., sia  rifornendo gruppi di acquisto solidale, sia mediante l’etichettatura etica.

Il progetto

Il  Paese europeo, in cui il fenomeno delle Fattorie sociali è maggiormente diffuso è l’Olanda, in cui operano circa 500 realtà (care-farm).  Attualmente, in Italia, le Regioni in cui si stanno sviluppando, con ottimi risultati,  tali esperienze sono soprattutto il Lazio e la Toscana.

Per questo motivo si reputa necessario procedere allo studio analitico del settore in ambito regionale, mancando allo stato dell’arte un robusto riferimento statistico che inquadri in maniera scientifica il fenomeno, comunque presente nelle nostre campagne ed ambiti rurali.

Il progetto “Agricoltura Sociale in Calabria: conoscenza, analisi del fenomeno e promozione delle attività sociali  in ambito rurale” ha, così, lo scopo di approfondire la conoscenza di questo particolare comparto dell’agricoltura regionale e di promuovere un insieme di pratiche ed esperienze che cominciano ad essere diffuse anche nelle campagne calabresi.

L’agricoltura sociale  potrebbe  rappresentare una grande opportunità di sviluppo economico, culturale e sociale ed, in tale ottica, il ruolo dei Servizi di Sviluppo Agricolo potrebbe essere determinante  attraverso la programmazione di attività divulgative inserite in contesti di servizi, non più e/o non solo diretti alla singola impresa ma, piuttosto, al territorio nel suo complesso, in sintonia con una nuova concezione di Sviluppo rurale.

Da questo punto di vista sembra opportuno assecondare un indirizzo presente nel Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale, al fine di attrezzare l’Agenzia ed, in definitiva, la Regione per offrire servizi reali alle imprese ed alle realtà territoriali in questo ambito.

Si propone, quindi, un percorso progettuale di conoscenza e approfondimento (all’interno del più generale programma di divulgazione “Agricoltura multifunzionale”) del fenomeno agricoltura sociale.

L’obiettivo è quello di fare tesoro delle esperienze e delle competenze acquisite nelle aziende e nelle realtà locali calabresi ed extra regionali, nelle quali l’agricoltura sociale viene già praticata.

Nel dispiegarsi della prima fase progettuale (la conoscenza e l’analisi) si avrà l’opportunità di riconoscere e confrontarsi con il patrimonio di competenze, di relazioni e di metodologie che  si sono cumulate, rispetto all’innovativo patrimonio di sapere che in Calabria ma soprattutto al di fuori di essa  si è sviluppato sul tema della socialità.

Mentre nella seconda fase, si tratterà di promuovere un più stretto legame tra le esperienze in atto sul tema della socialità nelle aree rurali e nelle aziende agricole, con il settore dei servizi alla persona, con l’obiettivo della creazione di un’adeguata rete di servizi essenziali per le popolazioni rurali.

L’articolazione del progetto prevede schematicamente le seguenti azioni:

1)      studio, analisi ed interpretazione della realtà dell’agricoltura sociale in Calabria;

2)      promozione e divulgazione della funzione sociale dell’agricoltura;

3)      attivazione di convenzioni e collaborazioni tra i soggetti proponenti e gli attori istituzionali e sociali calabresi (AA.SS.LL., OO.PP.AA., Associazioni e Soc. Copp. Sociali, Associazioni di volontariato, ONLUS).

DESCRIZIONE DELLE AZIONI PROGETTUALI

Studio, analisi ed interpretazione della realtà dell’agricoltura sociale in Calabria

La prima azione progettuale prevede l’attivazione di pratiche che permettano lo studio analitico del comparto su base regionale.

L’intento è quello di approfondire la conoscenza del particolare settore produttivo, attraverso il coinvolgimento di tutte le strutture dell’Agenzia dedicate sia alla ricerca, sia alla divulgazione agricola, per produrre un primo documento che racchiuda tutte le informazioni concernenti le esperienze di agricoltura sociale in Calabria oltre che nel resto d’Italia, da redigere  e pubblicare.

Per la redazione del documento ci si rivolgerà anche a risorse umane ed intellettuali esterne all’ambito dell’Agenzia, per confrontare i livelli di conoscenza ed  approfondimento della materia con esperti di livello nazionale.   

Il documento servirà da base conoscitiva e manualistica per le successive azioni del programma.

Promozione e divulgazione della funzione sociale dell’agricoltura

Nel corso del primo anno, ma in maggior misura nel secondo e nel terzo, si programmeranno azioni volte a mettere in rete le realtà censite con il lavoro di studio ed analisi effettuato, affinché possa nascere e/o consolidarsi un sistema di relazioni organizzative e funzionali  tra le imprese, società cooperative sociali, associazioni di volontariato, servizi sociali territoriali, Enti Locali che fossero impegnati in progetti di agricoltura sociale.

Il lavoro, vero e proprio impegno di animazione, consisterà in incontri, seminari, giornate di studio e confronto, organizzati presso le realtà produttive impegnate del comparto; in particolare gioverà molto, con ogni probabilità, la visita a consolidate esperienze fuori dalla Calabria e/o, se fosse utile e necessario, ad esperienze extra-nazionali.

L’Agenzia potrebbe avere la funzione di raccordo tra le esperienze, con carattere di consulenza e di promozione delle attività; allo scopo potrebbe essere  utile la redazione di  un periodico di informazione tecnico-legislativo sul tema.

Tutta l’attività prevista nel progetto metterà i tecnici in condizione di confrontarsi a livello tecnico, scientifico, relazionale con i diversi attori dell’Agricoltura sociale.

Tra questi possono essere annoverati, come s’è visto, le aziende sanitarie locali, le Associazioni di volontariato, le OO.PP.AA., le Coop. Sociali etc.

I livelli operativi, istituzionali di queste relazioni dovranno sicuramente essere regolati da protocolli  che chiariscano, oltre le  semplici ed ordinarie relazioni di assistenza e consulenza aziendale, i rapporti tra gli attuatori del progetto e i soggetti istituzionali esterni ad essi.

Si reputa, quindi necessario, definire, sulla  scorta della conoscenza tecnica e legislativa della complessa materia del benessere sociale (Welfare) diverse convenzioni che regolino bilateralmente od in materia più complessa i rapporti tra Enti.

ESIGENZE FINANZIARIE COMPLESSIVE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione dell’intero progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 614.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

185.000

159.000

165.000

509.000

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

 

215.000

194.000

205.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

614.000


PROGETTO DI COMUNICAZIONE E DIVULGAZIONE AGRICOLA

 

SERVIZIO DI ACCOMPAGNAMENTO ALLE NORMATIVE E AI FINANZIAMENTI

IN AGRICOLTURA

1 - Presupposti e descrizione del progetto

Al fine di comunicare in modo organico le normative e i finanziamenti in campo agricolo, occorre un approccio integrato che veda la sinergia tra le azioni di informazione, comunicazione, consulenza aziendale, formazione e ricerca.

La Riforma di medio termine della PAC ed il Regolamento sullo Sviluppo rurale per il periodo 2007-2013 ripropongono e valorizzano i Servizi di sviluppo quali strumenti per l’attuazione delle politiche agricole e rurali e per il miglioramento delle capacità professionali ed imprenditoriali degli operatori agricoli.

In materia di informazione, diffusione di conoscenze e formazione, l'evoluzione e la specializzazione dell'agricoltura e della silvicoltura richiedono un adeguato livello di informazione tecnica ed economica, comprendente conoscenze specialistiche nelle nuove tecnologie dell'informazione, nonché un'adeguata sensibilizzazione in materia di qualità dei prodotti, risultati della ricerca e gestione sostenibile delle risorse naturali, compresi i requisiti di condizionalità e le pratiche produttive compatibili con le esigenze di salvaguardia e valorizzazione del paesaggio e di protezione dell'ambiente.

È pertanto necessario estendere l'offerta di attività di informazione e di diffusione di conoscenze a tutti gli attori dello sviluppo rurale, da realizzare con strumenti specifici (notiziario multimediale, sito web, servizio sms, incontri e seminari regionali e locali, pubblicazioni a carattere divulgativo, ecc.) e in favore della società civile ed economica, per rendere più visibile la politica di sviluppo rurale e l’intera politica agricola.

Una corretta e puntuale informazione legislativa sulla politica agricola comunitaria, nazionale e regionale è essenziale per far conoscere agli attori economici operanti nel settore primario le possibili ricadute in termini di sviluppo del territorio e per il miglioramento dell’efficienza e della competitività dei servizi e delle infrastrutture.

Un utilizzo razionale e corretto dei fondi disponibili, che discende anche da un’informazione capillare e tempestiva, potrà consentire, attraverso la valorizzazione del territorio rurale e delle sue potenzialità, l’avvio di un processo di sviluppo per l’intero sistema produttivo agroalimentare regionale.

Il progetto si propone di “strutturare la comunicazione” sia all’interno dell’Agenzia, tra i tecnici che operano in linea diretta con le realtà agricole, sia all’esterno con la realizzazione di un circuito dinamico di diffusione delle informazioni.

Il ruolo della divulgazione attraverso l’utilizzazione dei canali della stampa e multimediali è fondamentale per rendere fruibili le conoscenze acquisite e per aumentare la visibilità esterna. Attraverso un intervento ragionato e sistematico nel campo della comunicazione, l’ARSSA può diventare un punto di riferimento centrale per i soggetti del mondo agricolo e rurale anche fuori della Calabria e valorizzare il patrimonio agroalimentare calabrese.

2 - Obiettivi

Il presente progetto interessa l’intero territorio regionale e si prefige il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

a)      promuovere, attraverso i giornali, le televisioni ed i new-media, la Politica Agricola comunitaria, nazionale e regionale (finanziamenti e vincoli);

b)      realizzare un periodico multimediale specializzato in agricoltura che operi da collegamento tra Ente pubblico e mondo agricolo al fine di consolidare il rapporto pubblico-operatore agricolo;

c)      attivare un servizio informativo “via SMS”;

d)      creare un gruppo di lavoro che si occupi della comunicazione;

e)      realizzare un servizio che sia di supporto legislativo a livello regionale;

f)        realizzare un sito WEB;

g)      fornire informazioni accessibili agli utenti con messaggi che siano direttamente fruibili senza filtri intermedi al fine di raggiungere il maggior numero di aziende e tecnici che operano nel settore agroalimentare;

h)      generare nell’opinione pubblica una corretta comprensione dei problemi del mondo agricolo e rurale e suggerire una comune responsabilità nei confronti dei problemi della qualità, della sicurezza alimentare, della sostenibilità;

i)        favorire lo sviluppo delle attività economiche nelle aree rurali e promuovere un’agricoltura sostenibile e multifunzionale.

3 - Contesto di riferimento

Negli ultimi anni le Istituzioni (Unione Europea, Stato, Regione) hanno dato particolare rilievo alle attività di comunicazione.

Il Consiglio europeo di Lisbona, nell’anno 2000 ha concordato un nuovo obiettivo strategico per l'UE, mirato a sostenere l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un'economia basata sulla conoscenza, ovvero:

“… diventare l'economia, basata sulla conoscenza, più competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione sociale”.

Tra le iniziative portate avanti dalla UE nel campo dell’informazione si ricordano il libro bianco su una politica europea di comunicazione del febbraio 2006 e l’invito a presentare proposte per il "sostegno a favore di azioni di informazione nel settore della politica agricola comune", relativi all'attuazione di programmi di attività annuali e di azioni d'informazione specifica iscritte nella linea di bilancio 5 agosto 2006 per il 2007 (Gazzetta Ufficiale U.E. serie C 236 del 30/9/2006).

Per quanto riguarda l’utilizzo dei fondi comunitari, il Regolamento (CE) n. 1159/2000 della Commissione, relativo alle azioni informative e pubblicitarie a cura degli Stati membri sugli interventi dei Fondi strutturali, sancisce il diritto dei cittadini europei all’informazione e alla trasparenza su tutte le fasi di realizzazione dei programmi d’intervento cofinanziati dai fondi. Tale diritto è sostenuto anche nel Regolamento CE n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006 (che abroga il Regolamento CE n. 1260/1999) il quale stabilisce con riguardo ai Programmi operativi 2007– 2013 (art. 69 “Informazione e pubblicità”) che lo Stato membro e l'Autorità di gestione dei programmi devono fornire informazioni circa i programmi cofinanziati e le operazioni e devono pubblicizzarli; inoltre l’articolo precisa che le informazioni sono destinate ai cittadini dell'Unione europea e ai beneficiari allo scopo di valorizzare il ruolo della Comunità e di garantire la trasparenza dell'intervento dei Fondi.

A livello nazionale e regionale si segnalano: il PICO (Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione del 2005 che è il Piano italiano in attuazione del rilancio della Strategia europea di Lisbona) ed il Piano strategico e d'azione per lo sviluppo della società dell'informazione in Calabria del marzo 2005.

5 - Personale coinvolto

Per l’attuazione del progetto dovranno essere istituite le seguenti unità operative, formate da personale afferente a varie strutture, che sarà individuato al momento opportuno:

 A) Gruppo Centrale di Coordinamento

B) Osservatorio Territoriale

C) Unità Operativa di Divulgazione

Il Gruppo Centrale di Coordinamento:

L’Osservatorio Territoriale:

·        analizza la situazione del territorio di propria competenza e comunica al Gruppo di Coordinamento idee ed ipotesi operative da poter attuare nel breve e nel medio periodo, anche rimodulando l’attività programmata dal Gruppo Centrale di Coordinamento;

·        recepisce i prodotti scaturenti dell’attività del Gruppo di Coordinamento e li utilizza in funzione delle specificità territoriali;

·        convoca riunioni periodiche con la frequenza necessaria a garantire la realizzazione delle iniziative nei tempi richiesti.

L’Unità Operativa di Divulgazione

6 - Beneficiari

Considerata l’importanza degli interventi e soprattutto il vasto campo delle attività programmate, inevitabilmente i gruppi ed i soggetti ai quali l’informazione è diretta risultano essere ampi e diversificati:

Þ         autorità pubbliche competenti: enti ed organismi pubblici che istituzionalmente accedono, per realizzare gli interventi, alle risorse dei Fondi strutturali;

Þ         potenziali beneficiari e destinatari finali degli interventi: imprenditori agricoli, Enti locali, etc.;

Þ         organizzazioni professionali e di categoria: OO.PP.AA ed altri enti ed organismi pubblici e privati a scala regionale e provinciale che raggruppano soggetti che svolgono o sono coinvolti a vario titolo in una o più attività inerenti i Fondi strutturali;

Þ         organismi per le pari opportunità: impegnati in tutte quelle attività volte a garantire pari opportunità ad uomini e donne;

Þ         opinione pubblica: tutta la popolazione regionale;

Þ         intermediari dell’informazione: mass media nazionali, regionali e locali.

7 - Attività previste

7.1 – Predisposizione del Piano di Comunicazione

Al fine valorizzare il ruolo dei Servizi di Sviluppo occorre un approccio integrato che veda la sinergia tra le seguenti azioni:

Per fare in modo che le informazioni utili arrivino più rapidamente agli interessati, rendendo più fluido e tempestivo il flusso di informazioni, è necessaria un'efficiente rete di raccolta, selezione, archiviazione e diffusione delle notizie.

Le azioni di comunicazione verranno programmate e gestite attraverso lo strumento del Piano di comunicazione.

L’elemento di innovazione del suddetto progetto è costituito dalla scelta strategica di utilizzare al meglio ed in modo integrato le opportunità offerte dalle tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione di un sistema informativo efficace ed efficiente che supporti i Soggetti coinvolti.

Sono previste diverse attività progettuali, tra cui: l’utilizzazione dei mezzi di comunicazione presenti sul territorio, la creazione di un periodico multimediale e di un servizio informativo “via SMS”. Si interverrà nel panorama della stampa con inserti speciali a carattere periodico, si attiverà una significativa presenza nel campo radiotelevisivo.

7.2 - Attività editoriale e multimediale

L’attività editoriale sarà utile in tutti quei casi in cui si rendano necessari studi, analisi ed approfondimenti tematici. Si prevede la realizzazione di una linea editoriale prettamente regionale in cui trattare specificatamente il ruolo di Comunità, Stato e Regione, gli aggiornamenti normativi, gli approfondimenti giuridici ed economici, riflessioni ed opinioni degli operatori del settore, analisi tematiche, interazione e confronti con altre iniziative, sintesi di studi, recensioni.

Tra gli strumenti utilizzabili si segnalano:

-        Servizio sms - news;

-        Newsletter - bollettino multimediale periodico;

-        Brochure specialistica - informazione ed approfondimenti;

-        Opuscoli informativi - piccole guide;

-        Riviste specializzate, giornali, radio, tv locali - articoli di approfondimento e studi;

-        Sito WEB;

-        Rete RISCA – implementazione.

7.3 - Newsletter

La Newsletter sarà articolata per sezioni (es. editoriale, interviste su temi specifici, progetti esemplari, bandi in scadenza, convegni, attività).

La newsletter, che costituirà il filo conduttore di tutto il Piano di Comunicazione, avrà una sua collocazione sul sito web e nella rete RISCA ma potrà essere distribuita anche in allegato ai quotidiani calabresi ed in forma elettronica attraverso l’invio per e-mail ai soggetti che ne faranno richiesta.

Il periodico avrà, inizialmente, una cadenza mensile e tratterà argomenti inerenti alle problematiche che investono direttamente il settore agricolo: legislazione, tecnica colturale, gestione economico-aziendale, attività svolte (incontri, sperimentazione, prove dimostrative, etc.), produzioni agroalimentari regionali (con particolare attenzione ai prodotti tipici calabresi), itinerari enogastronomici (strade del vino e dei sapori) ed altre notizie varie. In una prima fase il periodico sarà diffuso tramite Internet e, successivamente, a mezzo stampa.

7.4 - Attivazione servizio SMS

L’attivazione di un servizio SMS consentirà di fornire informazioni di primo livello e prevalentemente di carattere generale, cercando di orientare l’utenza che troverà informazioni più dettagliate sul sito Web.

L’attività progettuale, innovativa, si inserisce in un’attività globale di rilancio ed implementazione della comunicazione istituzionale dell’Agenzia.

Si tratta di un servizio informativo "via sms", attraverso il quale, sui telefonini degli utenti che si registreranno, arriveranno gratuitamente le news.

Le news tratteranno argomenti inerenti le problematiche che investono direttamente il settore agricolo: attività svolte (incontri, sperimentazione, prove dimostrative, etc.), possibilità di accesso a finanziamenti; legislazione, tecnica colturale, produzioni agroalimentari regionali ed altre notizie.

Dopo una fase di rodaggio si valuterà la possibilità di offrire il servizio a pagamento o di sponsorizzarlo e prevedere, quindi, l’invio di un numero limitato di SMS pubblicitari.

Il servizio eroga informazioni in formato SMS sulle attività portate avanti dagli enti preposti ai Servizi di Sviluppo Agricolo e sulle problematiche che investono direttamente il settore agricolo.

Le informazioni, inviate faranno capo al responsabile della Newsletter, che provvederà a smistarle in formato adatto al gestore dal servizio.

L’utente si registrerà al servizio (inviando un SMS ad un numero dedicato, o compilando un modulo elettronico on-line attraverso il sito WEB), specificando l’area di suo interesse (eventi – finanziamenti – varie – tutto). Con l'iscrizione il suo numero di cellulare è inserito in un database e da quel momento riceverà in automatico le informazioni. È inoltre prevista la possibilità di cancellarsi, sempre via sms, evitando di ricevere informazioni non richieste.

Attualmente, data la caratteristica degli sms, è possibile inviare solo messaggi brevi e concisi, preferibilmente entro i 160 caratteri o i 320 caratteri (se si divide il messaggio in due sms).

Gli SMS vengono venduti in pacchetti che variano da 1.000 SMS a più di 1.000.000 SMS. Più grande è il pacchetto, inferiore sarà il costo di ogni singolo sms. Non vi sono né costi di attivazione, né costi mensili. Il pacchetto di SMS dovrà essere consumato entro il dodicesimo mese alla data cui si riferisce l’acquisto. Il credito di SMS non consumato a termine contratto potrà essere rinnovato prolungando i termini dell’accordo di ulteriori 12 mesi.

È possibile la personalizzazione del messaggio includendo la personalizzazione del mittente/intestazione, inserendo il numero telefonico del mittente (es: 09846831) o una dicitura alfanumerica per max 11 caratteri alfanumerici e 16 caratteri numerici.

Esempio di sms: Finanziamenti per l’imprenditoria femminile. Aperto il 6° bando della legge n. 215/92 (GU 291/2005). La domanda va inoltrata entro il 17 marzo 2006. Rif. 001 sito web ARSSA.

Esempio modulo iscrizione

Nome*

 

Cognome*

 

Cellulare*

 

Sesso

 

Età

 

Professione

 

E-mail

 

Argomenti*

q Eventi

 

q Finanziamenti

 

q Varie

 

q Tutto

 

q Trattamento dati**

*Sono indicati con l'asterisco i campi obbligatori

**Ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs. 30.06.2003 n° 196 “ Codice in materia di protezione dei dati personali “, La informiamo che: L'indicazione dei dati personali richiesti è obbligatoria per accedere al servizio. I dati forniti saranno trattati nell'ambito dell'attività istituzionale dell'Agenzia esclusivamente a fini statistici e per scopi di ricerca interna. I dati potranno circolare all'interno dell'Agenzia, previa valutazione della compatibilità della richiesta con i fini istituzionali dell'Agenzia stessa, nella misura e secondo le modalità strettamente necessarie a soddisfare la richiesta. L’art. 7 del codice medesimo conferisce all'interessato l'esercizio di specifici diritti. Tali diritti potranno essere fatti valere nei confronti del Responsabile del trattamento dei dati personali individuato nel Responsabile del xxx – via y, n.z -  Cosenza". Previa lettura della presente informativa, lei autorizza l'ARSSA a utilizzare i suoi dati per offrirle le informazioni con le modalità sopra indicate. In qualsiasi momento e gratuitamente, ai sensi dell'art. 7, lei potrà verificare, correggere, far modificare o eliminare i suoi dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo a : xxxx.

Al termine dell’iscrizione si riceverà un messaggio SMS sul cellulare di conferma di avvenuta registrazione al servizio, che rimarrà attivo per un anno.

Si riporta una tabella orientativa dei costi

Quantità SMS

Costo a singolo SMS

Costo Totale senza IVA

Costo Totale con IVA

1.000

€ 0.085

€ 85,00

€ 102,00

2.000

€ 0.080

€ 160,00

€ 192,00

5.000

€ 0.070

€ 350,00

€ 420,00

10.000

€ 0.065

€ 650,00

€ 780,00

20.000

€ 0.059

€ 1.180,00

€ 1.416,00

50.000

€ 0.058

€ 2.900,00

€ 3.480,00

100.000

€ 0.057

€ 5.700,00

€ 6.840,00

200.000

€ 0,055

€ 11.000,00

€ 13.200,00

500.000

€ 0,054

€ 27.000,00

€ 32.400,00

1.000.000

€ 0,053

€ 53.000,00

€ 63.600,00

7.5 - Rete RISCA

Si collaborerà con la Rete di Collegamento interregionale denominata R.I.S.C.A. (Rete Informativa per i Servizi di Consulenza Aziendale), che sarà attivata a breve.

Si tratta di una rete di collegamento tipo Intranet/Extranet, con accesso limitato ad utenti autorizzati che possono reperire e condividere documenti e/o informazioni d’interesse comune.

7.6 - Comunicazione interna

Parallelamente alla diffusione all’esterno dell’Amministrazione di notizie riguardanti ad es., i Fondi strutturali, si considera utile predisporre dei modelli di comunicazione interna che permettano un coordinamento ed un’informazione operativa standardizzata (e-mail, rete RISCA, note divulgative).

7.7 - Organizzazione Self-Service Informativo

Tramite la creazione di postazioni ad hoc è possibile soddisfare automaticamente bisogni di orientamento o d’accesso ai servizi offerti.

A tal fine saranno messi in opera strumenti di facile consultazione per il pubblico.

7.8 - Servizio di sportello e rilascio di materiale informativo

Sul territorio regionale saranno individuati i presidi di maggior afflusso dell’utenza, alcuni già presenti come strutture regionali (eventualmente da potenziare). All’interno dell’amministrazione sarà organizzato uno sportello di help desk dove sarà possibile ottenere informazioni sulle opportunità, target previsto, informazioni di carattere economico finanziario ecc. Inoltre sarà possibile reperire materiale utile quale: vademecum, guide, brochure, formulari e modulistica per inoltrare le domande ed altro materiale informativo.

7.9 - Seminari e convegni

Si tratta di occasioni di incontro e tavole rotonde mirate, dove gli addetti ai lavori si ritrovano ad illustrare, discutere ed organizzare le attività. Gli incontri possono essere tra esponenti degli enti, delle amministrazioni, degli imprenditori agricoli, dei comitati per le pari opportunità, dei rappresentanti di categorie. Obiettivi principali degli incontri: migliorare ed accompagnare l’attuazione della programmazione ed informare gli imprenditori agricoli di bandi, scadenze e vincoli della Politica agricola comunitaria, nazionale e regionale.

7.10 - Produzione materiale informativo

Realizzazione di una guida ai servizi, brochure di presentazione, numeri utili, soggetti responsabili, attività svolte, opportunità offerte, vademecum.

7.11 - Conferenze stampa

In occasione della realizzazione dei vari step lavorativi attinenti l’utilizzo dei Fondi strutturali verranno presentati ai mass media i vari interventi affinché possano provvedere alla diffusione delle notizie.

7.12 - Comunicazioni tramite Internet

È importante l’uso di tale strumento di comunicazione in quanto permette la trasmissione di informazioni “in tempo reale”, raggiunge utenze di qualunque tipo, si rivolge a quantità enormi di attori, diffonde documenti, allegati, leggi, informazioni e soprattutto crea un rapporto diretto con il pubblico tramite l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica.

Sul sito si potrà recuperare tutto il materiale e le iniziative prodotte: informazioni su leggi e regolamenti, i bandi su programmi regionali, i regolamenti della UE, le attività degli Enti locali, i formulari e vademecum, indirizzi e numeri utili, modelli di domanda, strutture organizzative.

7.13 - Campagna pubblicitaria

Lo strumento delle campagne pubblicitarie verrà utilizzato periodicamente, prevalentemente in occasione di momenti particolari quali potrebbero essere le fasi iniziali dei lavori e di lancio della programmazione 2007-2013, periodi di presentazione delle domande, informazioni su numeri ed indirizzi utili, diffusione di risultati. Per la realizzazione della campagna pubblicitaria si farà ricorso, in relazione alle necessità a: pubblicità su giornali, televisioni e radio locali; cartellonistica; new media.

7.14 - Partecipazione ad eventi, fiere e mostre

E’ prevista la partecipazione ad eventi di vario tipo. Essi rappresentano un momento di formidabile opportunità per effettuare scambi culturali, fornire materiale informativo, instaurare contatti con le altre amministrazioni ed organizzazioni, raccogliere osservazioni, esporre e divulgare progetti e novità.

7.15 - Corsi di formazione

La realizzazione di corsi di formazione e aggiornamento sarà svolta in stretta connessione con i Servizi regionali competenti.

7.16 – Servizio Diretto alle aziende agricole

Al di là dei sistemi di comunicazione e diffusione delle informazioni elencati nei punti precedenti, il servizio prestato direttamente in azienda rappresenta un aspetto molto importante del progetto, in quanto prevede il contatto diretto con l’agricoltore.

La novità rispetto alle attività precedentemente elencate consiste nel coinvolgimento, all’interno del Gruppo Centrale di Coordinamento, dei coordinatori delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. (Agris-Coldiretti, ARGeSSA-CIA; Copagri-DAP, Confagri-DAP). Infatti, le aziende agricole a cui rivolgere il servizio saranno quelle che gli stessi coordinatori comunicheranno attraverso la predisposizione di elenchi formulati tenendo conto del pool aziendale realmente bisognoso del servizio di assistenza.

Il servizio diretto alle aziende agricole riguarderà i seguenti aspetti:

·        assistenza per l’osservazione e l’adeguamento alle normative comunitarie, nazionali e regionali.

·        divulgazione della possibilità di accesso a finanziamenti, siano essi comunitari, nazionali o regionali

·        assistenza finanziaria, ossia divulgazione degli aspetti normativi che ogni agricoltore deve osservare dal momento in cui risulta iscritto alla Camera di Commercio

·        possibilità di accesso a finanziamenti tramite banche ed istituti di credito.

Per quanto riguarda l’ultimo aspetto, va fatto rilevare che gli istituti di credito calabresi non offrono agli agricoltori finanziamenti degni di nota. Ciò è dovuto alla scarsa forza economica posseduta dall’agricoltura nella nostra regione.

L’agricoltore non è in grado di offrire garanzie ragionevoli alle banche e, pertanto, l’accesso ai finanziamenti diviene un fatto più personale che scontato.

Per ovviare a tale inconveniente, la Regione Calabria sta predisponendo, in collaborazione con l’INEA, un progetto di Ingegneria Finanziaria, che prevede, tra l’altro, l’istituzione di un fondo regionale di garanzia a beneficio degli agricoltori, per facilitare il loro accesso al credito agrario.

8 - ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 1.314.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

371.400

407.600

430.000

1.209.000

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

 

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

 

401.400

442.600

470.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

1.314.000

PROGETTO DI INFORMAZIONE E DIVULGAZIONE AGRICOLA

SERVIZIO DI CONSULENZA AZIENDALE E

RISPETTO DELLA CONDIZIONALITA’

1 - Presupposti e descrizione generale del progetto

Nel corso del 2005 il Consiglio europeo dei Ministri agricoli ha approvato due nuovi Regolamenti 1698/05 e 1290/05 (U.E.) che apportano sostanziali cambiamenti nelle modalità di programmazione ed attuazione della politica di sviluppo rurale.

La revisione della Politica Agricola Comune, ha riguardato sia gli obiettivi che gli strumenti di intervento ed ha affermato criteri e principi generali per la gestione delle aziende, anche ai fini dell’accesso agli aiuti comunitari.

In particolare cambia la posizione della singola azienda rispetto a quella che è stata definita la condizionalità, strumento attraverso il quale, tutti i pagamenti diretti saranno obbligatoriamente vincolati al rispetto, da parte degli agricoltori, di una serie di requisiti in materia ambientale, sanità pubblica, salute degli animali e delle piante, benessere degli animali e di “buone condizioni agronomiche e ambientali” (Reg. CE n. 1782/2003).

Le aziende agricole dovranno adeguarsi, progressivamente ed essere in linea con i suddetti requisiti di gestione, ritenuti ormai indispensabili a livello comunitario, ai fini della sostenibilità del sistema produttivo agricolo.

Per supportare tale processo di definitivo adeguamento delle imprese agricole, a quanto sancito dai regolamenti (Reg. CE n. 1782/03; Reg. CE n. 1783/03), viene promosso un Sistema di Consulenza Aziendale (SCA) prioritariamente finalizzato ad indirizzare ed accompagnare le aziende a ridefinire il proprio sistema produttivo alla luce delle nuove esigenze di mercato e della valorizzazione del proprio prodotto in termini qualitativi.

Escludendo le formule applicative che potranno essere individuate nell’immediato futuro, sia per ciò che riguarda l’applicazione pratica delle regole di “condizionalità” sia le modalità attuative del suddetto servizio di consulenza, emerge nella fase attuale l’esigenza di specifici strumenti di supporto a livello di informazione e divulgazione.

Si ritiene pertanto necessario, prevedere un’azione diffusa e generalizzata di sensibilizzazione degli imprenditori agricoli, per agevolare e accelerare i conseguenti percorsi di adeguamento, in tempo utile rispetto all’entrata in vigore definitiva delle nuove regole.

Altro aspetto da considerare è la conoscenza dei dati reali in merito alla effettiva situazione, a livello regionale, delle aziende agricole rispetto ai suddetti requisiti obbligatori. In attesa di possedere dati attendibili si può presumere che questo ulteriore processo di adeguamento coinvolgerà, alcune migliaia di aziende agricole.

Si tratta, quindi, di prevedere un intervento di informazione e divulgazione in grado di organizzare in maniera sistematica e funzionale le numerose norme e regole di riferimento unitamente alle informazioni e conoscenze acquisite in merito alla relativa adozione, tutto ciò allo scopo di poter fornire, a tutti gli operatori interessati, sia la situazione aggiornata e coordinata dei riferimenti normativi interessati, tale da assicurare un conseguente approccio, immediato e guidato, alle principali regole e prescrizioni, nonché gli elementi utili e necessari ai fini di una corretta e razionale implementazione, a livello aziendale, delle norme tecniche e delle pratiche più adeguate e consone alle singole situazioni.

Tale quadro d’insieme dovrà risultare elaborato in funzione di almeno due diversi livelli di utilizzo, che vedono protagonisti, da una parte i soggetti che traducono e divulgano l’informazione nei confronti dell’azienda e, dall’altra, l’azienda medesima ed il suo titolare (imprenditore).

Il primo livello coinvolge direttamente almeno due figure importanti del settore dei servizi per l’agricoltura, ovvero il consulente tecnico (divulgatore) ed il docente formatore, entrambi incaricati di veicolare i messaggi e le informazioni nei confronti delle aziende agricole e degli imprenditori.

Il secondo livello riguarda più direttamente le imprese agricole ed i relativi titolari.

2 - Premesse funzionali

Il servizio di consulenza aziendale può rivelarsi funzionale solo se, in fase preliminare, sono state eseguite attente valutazioni volte, prioritariamente, a definire:

» punti di forza e di criticità dell’attuale sistema di consulenza aziendale calabrese;

» ruolo, prospettive, criticità e potenzialità attribuite alla figura del “consulente aziendale” nella nuova programmazione nazionale e regionale per lo sviluppo rurale;

» contenuti della consulenza aziendale;

» criteri di scelta dei soggetti beneficiari della consulenza aziendale;

» soggetti preposti all’erogazione del servizio di consulenza.

Le sopra elencate tematiche sono attualmente oggetto di valutazione per la formulazione del PSR regionale, sebbene allo stato attuale, non sono stati ancora definiti compiutamente i contenuti e i beneficiari dei servizi di consulenza oggetto di sostegno né tanto meno sono state individuate le caratteristiche giuridiche e strutturali degli enti erogatori dei futuri servizi.

3 - Obiettivi

Il Servizio di Consulenza Aziendale, per come stabilito anche in fase di programmazione del PSR regionale, perseguirà principalmente i seguenti obiettivi:

1. favorire l’applicazione del regime di condizionalità, ossia dei Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) e delle Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali (BCAA) di cui al Reg. CE 1782/2003 – capitolo I, art. 4 e 5 ed Allegati III e IV, con particolare riguardo:

a. sanità pubblica, salute delle piante e degli animali;

b. protezione dell’ambiente;

c. benessere degli animali;

d. mantenimento dei terreni agricoli in buone condizioni agronomiche ed ambientali mediante le rotazioni colturali e le diverse pratiche agricole;

2. promuovere l’adeguamento delle aziende agricole al rispetto dei requisiti in materia di sicurezza sul lavoro (SL) prescritti dalla normativa comunitaria – meccanizzazione e sicurezza nelle aziende agricole e nei cantieri forestali;

3. promuovere la competitività delle aziende agricole e forestali, supportando gli imprenditori agricoli nella valutazione e nel miglioramento dei risultati produttivi e gestionali delle proprie aziende;

4. favorire la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli e della selvicoltura;

4 - Beneficiari

Con il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) il ricorso alla consulenza aziendale è previsto nell’ambito dell’ASSE I: “Miglioramento della Competitività del Settore Agricolo” che oltre ad avere come obiettivo prioritario la promozione della competitività del settore agricolo e forestale, accorda un sostegno agli imprenditori agricoli e forestali per far fronte alle spese di consulenza, nell’ottica di migliorare il rendimento globale dell’azienda.

Pertanto, le aziende che aderiscono al servizio di consulenza aziendale, avranno diritto al rimborso, erogato dalla Comunità Europea, pari all’80% dei costi del servizio fino ad un massimo di 1500 euro per azienda.

E’ evidente che il contributo per il servizio di consulenza aziendale non può interessare la totalità delle aziende agricole calabresi.

Il numero delle aziende che potranno beneficiare del servizio di consulenza, facendo ricorso al contributo comunitario, dipenderà dallo stanziamento assegnato alla Regione Calabria, ma si ritiene, in via preliminare, che il numero di aziende beneficiarie non potrà essere superiore alle 4.000 unità.

Ovviamente, per rientrare in questi termini numerici, è necessario stabilire dei criteri di selezione delle aziende agricole che faranno richiesta per usufruire del servizio di consulenza.

Prioritariamente, il Dipartimento Agricoltura ha ritenuto che potranno beneficiare del contributo, solo le aziende agricole a cui l’AGEA ha corrisposto un premio pari o superiore a euro 15.000 (regime di pagamento unico).

Dovrebbero essere escluse dal contributo anche le aziende di grandi dimensioni economiche, in quanto esse possono ricorrere con mezzi propri ai servizi di consulenza.

Per rendersi conto dell’esiguità del numero di beneficiari interessati al contributo comunitario, basti pensare che in Calabria sono state censite circa 196.000 aziende.

5 - Gruppo di lavoro

In considerazione delle diverse competenze coinvolte nell’ambito del progetto e fermo restando la conseguente esigenza di promuovere tutte le collaborazioni ed i collegamenti necessari nell’ambito dell’organizzazione regionale, viene prevista l’attivazione di un apposito Gruppo di Lavoro (GdL), al fine garantire un’adeguata supervisione tecnico-operativa delle azioni progettuali;

In particolare nelle more dell’assegnazione del servizio di Consulenza Aziendale ai Servizi di Sviluppo Agricolo, il gruppo di lavoro dovrà provvedere all’analisi e valutazione del processo di erogazione del servizio stesso e modulare una serie di azioni sul territorio funzionali al raggiungimento degli obiettivi previsti.

È inoltre competenza specifica del Gruppo di lavoro, la definizione della struttura e della composizione dei materiali divulgativi, anche per quanto riguarda il relativo indice-sommario, i contenuti, i testi e la documentazione illustrativa e di supporto, nonché le caratteristiche tecnico-esecutive delle pubblicazioni, compresa l’approvazione della versione definitiva del Manuale e delle Schede aziendali.

I lavori e le proposte del Gruppo sono oggetto di apposita registrazione documentale, tramite verbali delle singole sedute.

6 – Sommario delle iniziative previste

In risposta alle esigenze di informazione, divulgazione e di supporto al processo informativo attraverso il Servizio di Consulenza Aziendale, evidenziate nell’ambito del paragrafo 1, viene prevista la realizzazione di n. 7 iniziative considerate fondamentali e prioritarie ai fini della progressiva e corretta applicazione delle pratiche e delle condizioni di gestione in oggetto, così articolate:

Iniziativa 1 – Attivazione del Servizio di Consulenza Aziendale

Erogazione di un Servizio di Consulenza Aziendale rivolto sia ad un contingente di aziende agricole, selezionate dal Dipartimento Agricoltura con criteri da esso definiti, sia ad aziende agricole e forestali che ne ravvisino la necessità, pur non rientrando tra i criteri stabiliti dal Dipartimento. È possibile ipotizzare un’erogazione del servizio di consulenza aziendale diversificata e modulata secondo le seguenti tipologie:

a. servizio di consulenza aziendale “a pagamento”, rivolto alle aziende agricole selezionate dal Dipartimento Agricoltura, fra quelle che presenteranno domanda per beneficiare del contributo comunitario. Le aziende che hanno ricevuto pagamenti diretti superiori ai 15.000 euro all’anno potrebbero essere individuate tra quelle che hanno, per così dire, acquisito il diritto di accedere in via prioritaria al servizio di consulenza aziendale.

b. servizio di consulenza aziendale “a costo ridotto” rivolto alle aziende agricole che, presentando i requisiti richiesti dalla regione e pur avendo fatto richiesta di contributo per l’erogazione del servizio, sono state escluse per limiti di stanziamento regionale. Dette aziende potrebbero ottenere il servizio di consulenza limitandosi a pagare, orientativamente solo il 20% della spesa complessiva prevista.

c. servizio di consulenza “gratuito”. Attraverso tale servizio sarà possibile garantire un “minimo” di consulenza aziendale, ad esempio solo per l’applicazione del regime di condizionalità. Il servizio sarà erogato, sempre previa richiesta, a tutte le aziende che non rientrano nelle prime due categorie.

Iniziativa 2 – Predisposizione di un Web-Vademecum

Messa a punto e predisposizione di uno specifico “Web-Vademecum” delle norme e regole di riferimento, ovvero di un quadro organico e coordinato relativo alle norme richiamate ai fini dei criteri e delle condizioni di gestione obbligatori, nonché delle buone condizioni agronomiche e ambientali, finalizzato a facilitare e semplificare l’accesso alle principali disposizioni e la diffusione delle conoscenze in materia, da parte degli operatori agricoli.

Iniziativa 3 - Predisposizione di un Manuale Tecnico

Progettazione e realizzazione di un apposito “Manuale Tecnico” con particolare riferimento alla normativa recepita dalla Regione Calabria, per sostenere e facilitare l’applicazione ed il rispetto dei requisiti e criteri di gestione obbligatori dell’azienda agricola in materia di ambiente, sanità pubblica, salute degli animali e delle piante e benessere degli animali e di “buone condizioni agronomiche e ambientali”, ovvero di una guida tecnico-pratica relativa alle regole, condizioni e consigli per l’applicazione ed il rispetto delle suddette norme e pratiche, elaborate anche sulla base dei risultati delle attività di ricerca e sperimentazione disponibili in materia.

Iniziativa 4 – Schede di valutazione aziendale

Progettazione e messa a punto di appositi profili di analisi e valutazione della situazione aziendale, anche in forma di scheda aziendale/check-list, da utilizzare in fase applicativa, ai fini della implementazione a livello aziendale delle regole/pratiche riportate nel Vademecum. Sono previsti:

a. questionario/scheda di “check-up aziendale”, ai fini della verifica e valutazione iniziale della effettiva situazione dell’azienda agricola rispetto ai requisiti e criteri di gestione obbligatori;

b. scheda aziendale di “gestione delle criticità”, da utilizzare ai fini della individuazione e realizzazione delle principali operazioni di adeguamento dell’azienda agricola ai suddetti requisiti e criteri di gestione obbligatori

c. questionario/scheda aziendale di “check-out”, da utilizzare in fase di collaudo/verifica del raggiungimento delle condizioni previste.

Iniziativa 5 – Percorso informativo-formativo

Realizzazione di un percorso informativo-formativo, di analisi e approfondimento tecnico-pratico, sulla base di un ciclo di seminari/workshop tecnico-applicativi, finalizzato alla verifica pratica delle principali problematiche connesse con l’applicazione delle condizioni e delle pratiche in oggetto e all’individuazione delle migliori soluzioni tecnico-applicative, nonché alla contestuale predisposizione degli strumenti di cui ai precedenti punti 2-3. Gli incontri tecnici, programmati secondo un apposito calendario di lavoro, sono rivolti prioritariamente ai componenti del gruppo di Lavoro istituito nell’ambito del presente progetto, ai referenti regionali e funzionari pubblici interessati e competenti in materia, ai tecnici/operatori agricoli particolarmente esperti in materia.

Iniziativa 6 – Organizzazione di un convegno

Realizzazione di un convegno di presentazione generale dei risultati del progetto, con particolare riferimento ai principali prodotti, quali il Vademecum e il Manuale ed agli ulteriori strumenti previsti dal presente intervento.

Iniziativa 7 – Informazione ed aggiornamento

Progettazione di uno specifico programma di informazione e aggiornamento, formulato secondo criteri funzionali alle esigenze di diffusione delle problematiche affrontate dal progetto e, comunque improntato sull’efficacia e l’innovazione della proposta formativa, che preveda l’impiego prioritario di procedure interattive e di strumenti telematici. Considerata la durata del presente progetto, la successiva attivazione dell’azione formativa dovrà essere prevista nell’ambito della programmazione annuale. Il programma è rivolto ai tecnici agricoli divulgatori, per rendere direttamente disponibili e fruibili, ai fini dell’applicazione operativa, gli strumenti di cui alle iniziative 2-4, costantemente integrati e aggiornati.

8 - Analisi dettagliata delle attività

8.1 – Servizio di Consulenza Aziendale

Allo stato attuale, il servizio di consulenza aziendale è su base volontaria e lo sarà fino al 2010, anno in cui la Commissione Europea definirà le nuove regole e potrà decidere se renderla obbligatoria. Lo Stato membro disporrà della facoltà di stabilire se dare priorità ai produttori che ricevono pagamenti diretti superiori ai 15.000 euro all’anno; ciò non esclude che gli agricoltori che percepiscono importi inferiori non debbano aderire al sistema di consulenza aziendale, per migliorare il proprio status ed adeguarsi alle nuove esigenze di mercato.

Per tutti, permane l’obbligo del rispetto del regime di condizionalità.

Gli Stati membri avrebbero dovuto realizzare il servizio di consulenza aziendale entro il 2007.

Tipologie di servizio

L’avvio del Servizio di Consulenza Aziendale “a pagamento”, alle aziende che ne hanno fatto richiesta e beneficiano del contributo comunitario, è facilitato in virtù del fatto che l’elenco delle aziende sarà predisposto in sede regionale.

Il GdL prevede di effettuare i seguenti interventi:

  1. prendere atto dell’elenco di beneficiari predisposto dalla Regione Calabria;
  2. ripartire le aziende per ambiti territoriali di competenza (ambiti territoriali dei Ce.S.A.);
  3. definire il ruolo e i compiti del consulente aziendale;
  4. stabilire, in base alla normativa regionale (PSR) e di concerto con le OO.PP.AA., in che misura gli Enti erogatori parteciperanno al servizio di consulenza, per garantire la ripartizione dei contributi.
  5. stabilire l’impegno dei divulgatori agricoli per l’erogazione del servizio (si veda oltre).

Per l’avvio del Servizio di Consulenza Aziendale “a costo ridotto” si dovrà, prioritariamente, acquisire l’elenco delle aziende agricole che, avendo fatto richiesta di beneficiare dei contributi ed essendo state escluse per limiti nello stanziamento dei fondi regionali, potrebbero ugualmente usufruire del servizio di consulenza versando solo una quota ridotta, ma interamente a carico dell’azienda. Tale quota potrebbe essere pari, al 20% della spesa complessiva (es.: max 300 euro per azienda assistita). Per le fasi successive, si procederà come per il servizio a pagamento.

Il Servizio di Consulenza Aziendale “gratuito” potrà essere erogato alle aziende agricole e forestali che non possono essere incluse negli elenchi regionali perché prive dei requisiti stabiliti dal Dipartimento Agricoltura per accedere al contributo comunitario. A tali aziende, tuttavia, deve essere garantito un minimo di consulenza, considerato che l’applicazione del regime di condizionalità è obbligatorio per tutte le aziende che hanno fatto domanda per la corresponsione del premio alla produzione.

Anche in questo caso sarà indispensabile stabilire, per ogni Ce.S.A., il numero e la tipologia delle aziende agricole e forestali che fruiranno di tale opportunità. I criteri da adottare a tal uopo scaturiranno da valutazioni che il GdL fisserà in fase operativa.

Indicativamente i criteri di scelta delle aziende agricole potrebbero essere i seguenti:

  1. aziende agricole regolarmente iscritte alle camere di commercio.
  2. tipologia di conduzione: vengono selezionati esclusivamente gli imprenditori agricoli a titolo principale con un’attenzione nei confronti dell’imprenditoria femminile (legge 215/92);
  3. età dei conduttori: si pensa di dare priorità ai giovani imprenditori al fine di favorire il ricambio generazionale;
  4. caratteristiche del territorio: si potrebbe immaginare di dare la priorità alle aziende inserite o limitrofe ad aree protette, SIC e ZPS. Le aziende situate nelle aree svantaggiate possono essere selezionate se la consulenza garantisce la loro crescita economica e si rivela vantaggiosa per lo sviluppo rurale e la tutela del territorio;
  5. reddito aziendale: selezionando le aziende con determinate dimensioni economiche, in termini di superficie/capi allevati o di fatturato. In linea di massima, è possibile escludere le aziende dimensione economica troppo bassa, in quanto le stesse non saranno in grado di garantire la loro permanenza sul mercato,

Personale preposto al servizio di consulenza aziendale

Il contingente di tecnici da impegnare sul territorio al fine di garantire operativamente l’efficienza del servizio di consulenza aziendale, dipendrà dal numero di aziende che avranno fatto richiesta di consulenza

8.2 – Pubblicazioni tecniche

Web-Vademecum

Viene prevista la predisposizione di un “Vademecum” sulle principali norme e regole riguardanti i CGO e le BCAA. Il vademecum risulta finalizzato alla raccolta completa ed aggiornata delle norme in materia di ambiente, sanità pubblica, salute degli animali e delle piante e benessere degli animali, con particolare riferimento alle disposizioni previste dal Reg. CE n. 1782/03 e dai seguenti Documenti prodotti dalla Regione Calabria in collaborazione con L’ARSSA:  “Programma di azioni da adottare nelle zone vulnerabili da nitrati di origini agricole” (BURC n. 13 del 15/07/2006); Regolamento regionale recante: “Designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e relativo programma di azione” (BURC 26/05/2006 supplemento straordinario n. 5 al n.  9 del 16/05/2006.

Il Vademecum è concepito come uno strumento prioritariamente rivolto a fornire, a tutti gli operatori interessati, la situazione completa, aggiornata e coordinata dei riferimenti normativi assicurando un conseguente approccio, immediato e guidato, alle principali regole e prescrizioni.

Esso è rivolto principalmente al livello intermedio del target-obiettivo del presente progetto, ovvero all’ampia categoria dei “tecnici”, entro la quale, possono essere collocati, i divulgatori agricoli, i docenti formatori, i liberi professionisti e gli altri operatori addetti a favorire la diffusione delle informazioni, per promuovere l’accrescimento culturale e professionale degli imprenditori e facilitare l’espressione e l’applicazione delle relative conoscenze e competenze.

Si dovrà privilegiare l’impiego e l’ausilio dello strumento informatico e prevedere quindi la produzione del Vademecum in formato Web, ai fini del conseguente accesso e consultazione tramite Internet, secondo un modello che faciliti la visione d’insieme delle norme ed il collegamento e la correlazione tra le medesime.

Manuale Tecnico

La progettazione e realizzazione del “Manuale Tecnico” per l’applicazione ed il rispetto dei requisiti e criteri di gestione obbligatori dell’azienda agricola in materia di ambiente, sanità pubblica, salute degli animali e delle piante e benessere degli animali e di “buone condizioni agronomiche e ambientali”, risponde invece all’esigenza di poter disporre di una guida tecnica, anche su supporto cartaceo, in grado di illustrare e descrivere sia le principali regole e condizioni, sia i suggerimenti ed i consigli per l’applicazione ed il rispetto delle norme in questione, facendo riferimento anche ai risultati delle attività di ricerca e sperimentazione disponibili in materia.

Si prevede di pubblicare una serie di quaderni divulgativi, (fino ad un massimo di 4) eventualmente articolati per ambito di interesse e di intervento, anche in riferimento alle principali aree interessate, ovvero ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle piante, buone condizioni agronomiche e ambientali, senza pregiudicare tuttavia la visione generale e globale delle problematiche e la complessiva complementarietà degli indirizzi e delle direttive fornite e delle conseguenti operazioni indicate.

Le caratteristiche della/e pubblicazione/i potranno essere compiutamente definite, anche in seguito alla emanazione delle ulteriori disposizioni e precisazioni previste a livello comunitario, nazionale e  regionale, nell’ambito delle attività previste dall’apposito Gruppo di Lavoro.

Fermo restando le suddette indicazioni in merito alle caratteristiche del Manuale, vengono proposti, ai fini operativi e di indirizzo, i seguenti elementi indicativi, anche in relazione alla relativa spesa ammissibile :

-  Formato del Manuale Tecnico: tipo quaderno divulgativo;

- Numero pubblicazioni: max n. 4 quaderni;

-  Pagine : totale n. 400 pagine, n. 100/quaderno;

-  Copertina: su cartoncino patinato;

-  Pagine interne provviste di foto, tabelle, grafici ed eventuali disegni illustrativi;

-  Loghi: U.E., Regione Calabria, ARSSA - Calabria,  da apporre sulla copertina esterna;

-  copie: n. previsto 5.000.

8. 3 - Schede aziendali

L’iniziativa riguarda la progettazione e messa a punto di appositi profili/percorsi di analisi e valutazione della situazione aziendale, anche in forma di scheda aziendale e/o check-list, da utilizzare in fase applicativa, ai fini dell’adozione, a livello aziendale, delle regole e delle pratiche previste dal Manuale.

In particolare, vengono previste le seguenti schede:

-          un questionario/scheda di “check-up aziendale”, ai fini della verifica e valutazione iniziale della effettiva situazione dell’azienda agricola rispetto ai requisiti e criteri di gestione obbligatori;

-          una scheda aziendale di “gestione delle criticità”, da utilizzare ai fini della individuazione e realizzazione delle principali operazioni di adeguamento dell’azienda agricola ai suddetti requisiti e criteri di gestione obbligatori;

-          un questionario/scheda aziendale di “check-out”, da utilizzare in fase di collaudo/verifica del raggiungimento delle condizioni previste.

L’attività riguarda soprattutto la progettazione e la definizione delle schede, che devono

risultare efficaci e funzionali agli obiettivi individuati, anche sulla base di un necessario

confronto con i potenziali utilizzatori, con particolare riguardo alle figure intermediarie nei confronti delle imprese, ovvero ai tecnici/divulgatori/formatori ed agli operatori di settore. Per quanto riguarda invece le caratteristiche tecniche delle schede, considerata la specifica finalità, di tipo prettamente operativo, ritenuto di poter prevedere la produzione di stampati piuttosto semplici ed economici, vengono previsti i seguenti elementi indicativi, fermo restando che i relativi standard tecnico-esecutivi definitivi saranno successivamente individuati a livello di Gruppo di lavoro:

-          Formato: A4;

-          n. pagine: fino ad un massimo di n. 8/scheda; 

-          pagine interne: da stampare tutte in bianco e nero;

-           logo: Regione Calabria, logo ARSSA da apporre su ogni pagina;

-           copie: previsto un numero massimo di 2.000/scheda;

-           ulteriori elaborazioni: previsto l’impiego informatizzato, anche ai fini della diffusione tramite Internet .

8.4 - Seminari tecnici, convegno, formazione

L’attività informativo-formativa rappresenta il supporto fondamentale dell’intervento, di informazione e divulgazione agricola del progetto poiché è mirata, nella fase iniziale a creare le condizioni per la messa a punto di indirizzi applicativi chiari e funzionali, mediante un percorso guidato di approfondimento e analisi tecnico-operativa delle problematiche affrontate, e successivamente a favorire la divulgazione e la conoscenza di tali indirizzi, ai fini della conseguente applicazione, a livello aziendale.

L’aggiornamento e la formazione del gruppo di lavoro rappresenta una fase importante per garantire il corretto prosieguo della programmazione degli interventi di consulenza aziendale sul territorio.

Non è esclusa la partecipazione del gruppo a programmi di auto-aggiornamento su piattaforma e-learning.

Seminari e workshop

Si prevede la realizzazione di un ciclo di seminari e workshop tecnico/applicativi, finalizzati alla verifica delle principali problematiche connesse con l’applicazione delle condizioni e delle pratiche in questione, nonché all’individuazione delle migliori soluzioni tecnico-applicative, ai fini della predisposizione del manuale e delle schede aziendali.

E’ previsto che ciascun incontro risulti particolarmente mirato alla soluzione di specifici quesiti, per risultare effettivamente funzionale alle esigenze conoscitive e di approfondimento evidenziate nella fase di predisposizione del Manuale e delle Schede aziendali e atto a produrre risultati pratici e soluzioni immediatamente utilizzabili .

La realizzazione dei seminari viene programmata sulla base di:

-          un calendario di lavori, che potrà risultare aggiornato e dettagliato anche in fase esecutiva, per tener conto delle effettive esigenze rilevate;

-          apposite schede guida (check-list) in grado di evidenziare e sviluppare, in maniera anche dettagliata, i principali quesiti e le problematiche da risolvere;

-          un rapporto di sintesi finale atto a verificare e documentare le risposte ottenute, a conclusione di ciascun incontro.

Principali peculiarità dei seminari:

  1. Numero incontri: n. previsto : 6; n. max. 8;
  2. Tipologia di Partecipanti: componenti Gruppo di lavoro, referenti regionali e altri funzionari pubblici coinvolti, tecnici/operatori di settore rappresentativi di specifiche realtà/esigenze (Organizzazioni professionali, Centri di consulenza…);
  3.  Partecipanti n.: considerata la particolare funzione delle iniziative, viene previsto un numero indicativo di 30 persone; la partecipazione avviene su invito;
  4.  Durata : ciascun incontro potrà prevedere una durata di 4-8 ore;
  5.  Docenti: potranno prevedere l’intervento di esperti della Commissione Europea, del MIPAF e delle Regioni, oltre che di docenti, consulenti ed esperti in materia, individuati con specifico riferimento alle specifiche esigenze conoscitive dei singoli incontri, anche ai fini dell’analisi e verifica di eventuali esperienze in atto;

Convegno

Consiste nell’organizzazione e realizzazione di un convegno, a valenza regionale/nazionale, di presentazione dei risultati complessivamente realizzati nell’ambito del Progetto, con particolare riferimento ai principali prodotti ottenuti, quali il Vademecum, il Manuale e le Schede aziendali, oltre che agli ulteriori strumenti previsti dal presente intervento. La relativa organizzazione dovrà quindi risultare coordinata con i tempi esecutivi delle suddette iniziative, prevedendo la realizzazione dell’evento a conclusione di tutte le attività previste.

Sede: Reggio Calabria- Sala Nicholas Green - Consiglio Regionale;

Informazione e aggiornamento

Allo scopo di assicurare l’immediata divulgazione e diffusione dei risultati del progetto, sia per quanto riguarda le problematiche affrontate sia per le soluzioni proposte, con particolare riferimento agli strumenti e prodotti realizzati, ai fini della effettiva utilizzazione sul territorio, viene prevista la progettazione di uno specifico programma di informazione e aggiornamento, a carattere tecnico-applicativo, in grado di rendere direttamente disponibili e fruibili i principali strumenti attivati, anche in forma aggiornata ed integrata.

Il programma rappresenta quindi la conclusione del progetto, ed è rivolto agli operatori del settore ovvero i tecnici che operano in agricoltura (divulgatori, liberi professionisti) e gli altri operatori addetti a favorire la diffusione delle informazioni (docenti formatori) per promuovere l’accrescimento culturale e professionale degli imprenditori e facilitare l’espressione e l’applicazione delle relative conoscenze e competenze.

Per la particolare capillarità e la distribuzione territoriale dell’utenza, la progettazione dell’intervento formativo deve risultare improntata sull’efficacia e l’innovazione della proposta formativa, prevedendo l’impiego prioritario di metodi, procedure e strumenti telematici ed interattivi, tali, comunque, da coniugare le esigenze di diffusione dei risultati del progetto con le necessità di efficiente impiego delle risorse pubbliche, fermo restando la qualità dell’offerta formativa.

9- ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 505.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

130.000

105.000

135.000

370.000

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

 

40.000

45.000

50.000

135.000

TOTALE

 

170.000

150.000

185.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

505.000

PROGETTO

VALUTAZIONE DELLA QUALITA’ DEI SERVIZI

OFFERTI IN AGRICOLTURA

1 - Descrizione sintetica del progetto

1.1 - Introduzione

Il progetto “Valutazione della Qualità dei Servizi Offerti dalla Divulgazione Agricola in Agricoltura” si propone di sviluppare di un modo nuovo di offrire servizi in agricoltura:

-          attraverso la valorizzazione di tutte le risorse professionali;

-          attraverso il perseguire con la massima efficacia ed efficienza gli obiettivi che  sono propri degli Enti preposti all’erogazione dei Servizi di Sviluppo Agricolo;

-          attraverso lo sviluppo coerente dei programmi, tradotti in azione e in risultati chiaramente identificabili e valutabili.

Muovendosi in questa logica, il progetto si caratterizza come proposta di un metodo e di un percorso di ricerca-azione, che si sviluppa attraverso tre fasi che richiedereranno, per l’attuazione, un periodo di tre anni.

Il raggiungimento di ciascuno step costituisce la condizione necessaria per un rinnovato modo di intendere lo sviluppo in agricoltura nel territorio calabrese.

Prima fase. La cultura della Qualità.

Il progetto prevede, in un primo momento, la diffusione di una nuova metodologia di lavoro, diffondendo e facendo acquisire al personale dei vari uffici la cultura della progettualità, vale a dire l’importanza di utilizzare strumenti e metodi che permettono di elaborare, gestire e controllare dei micro/macro-progetti.

Tale approccio favorisce l’assunzione di precise responsabilità da parte di tutti gli operatori e la condivisione del lavoro e degli obiettivi.

Seconda fase. Dall’analisi al progetto di miglioramento.

Attraverso un lavoro di analisi, si individuano le specifiche finalità di ogni singolo ufficio e si progettano interventi volti a migliorare gli aspetti di non-qualità, elaborando procedure per attuare, monitorare e valutare.

Terza fase. Il sistema Qualità

L’ultima fase del percorso mette in condizione di individuare i servizi fondamentali e di identificare i processi attraverso cui realizzare tali servizi in una logica di sistema.

La definizione di standard qualitativi consente, inoltre, di verificare, valutare e migliorare i risultati raggiunti.

Inoltre, se le sopra richiamate fasi saranno realizzate al meglio, si potrà redigere il Manuale della Qualità e Valutazione e, quindi, proporsi per la certificazione della qualità del servizio erogato.

1.2 - Aspetti innovativi e finalità del progetto

L’aspetto innovativo che emerge dal progetto ha contenuti che interessano i seguenti ambiti:

In particolare il progetto:

In tal senso, l’indagine progettuale si propone diverse finalità:

2 - Contesto di riferimento

2.1 - Punti di forza ed opportunità del contesto in relazione al progetto

L’esigenza fortemente sentita di promuovere questo tipo di percorso progettuale è sicuramente il primo punto di forza, in quanto il desiderio di ampliare il campo della conoscenza sulla cultura della qualità e di promuovere degli studi per un avanzamento disciplinare nelle tematiche della valutazione, può divenire un utile strumento per un piano globale di sviluppo e miglioramento delle attività svolte sul territorio.

Inoltre, la crescente diffusione di iniziative analoghe sul territorio nazionale, correlate a conseguenti meccanismi di erogazione delle risorse previste dalle nuove normative nazionali ed europee, ha già predisposto ad una capacità di ascolto e di proposizione per l’attuazione in partenariato di varie attività.

3.2 - Punti di debolezza del contesto in relazione al progetto

La configurazione territoriale della Calabria e la conseguente carenza di dotazioni infrastrutturali e di servizi, legata a ritardi ormai cronici di questo territorio, non è particolarmente di aiuto ad una diffusione immediata e  capillare delle attività previste dal progetto.

Va poi sottolineato che il contesto regionale presenta ancora inadeguate capacità propositive per far interagire l’Ente pubblico ed il tessuto lavorativo ed imprenditoriale, il che implica una minore attenzione, rispetto ad altre aree nazionali, alla cultura della qualità, del miglioramento e dell’intrapresa.

4 - Obiettivi del progetto

4.1 - Obiettivi generali

Il Progetto “Valutazione della Qualità dei Servizi Offerti in Agricoltura”, muovendo da un approccio organizzativo sistematico per processi, offre competenze, metodi, modelli, tecniche e strumenti per avviare iniziative ed azioni intese ad interpretare, in maniera adeguata, i bisogni dell’utenza e i ritmi di una società complessa e competitiva, attivando servizi qualitativamente opportuni.

 Oggetto di valutazione saranno:

·        L’offerta  dei servizi e la loro qualità.

·        La qualità organizzativa dei vari uffici degli Enti preposti alla divulgazione agricola.

·        L’orientamento alla qualità dei progetti proposti ed attuati.

·        Le risorse umane e finanziarie.

·        La formazione permanente continua (life long learning) degli operatori del settore.

Lavorare secondo i requisiti ed i metodi di un sistema di gestione della qualità significa:

Pertanto, gli intervanti saranno finalizzati a:

Fondamentale nella gestione di un tale sistema si rivela la valutazione che permette di formalizzare “chi fa” – “che cosa” – “quando”, cioè di stabilire le responsabilità per ogni attività e la conformità del processo ai requisiti fissati che caratterizzano l’offerta di ogni ufficio. Ciò permetterà di confrontarsi con una dimensione non solo locale ma anche nazionale.

Infine, avviare un sistema di valutazione della qualità permetterà eventualmente agli Enti interessati di poter chiedere la Certificazione di Qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001/2000.

4.2 - Obiettivi specifici

Il Progetto si pone come percorso di ricerca per uno sviluppo organizzativo ed operativo degli Uffici, favorendo il raggiungimento degli obiettivi specifici di competenza di ciascuno di essi, così da pervenire al raggiungimento di elevati livelli professionali.

Si individuano come obiettivi specifici i seguenti:

·        Diffondere la cultura della qualità.

·        Promuovere il miglioramento della qualità incentivando i livelli di eccellenza dell’offerta dei servizi.

·        Migliorare la qualificazione del personale .

·        Direzionare le risorse economiche.

·        Promuovere e sostenere l’innovazione anche tramite l’informatizzazione dei servizi e dell’amministrazione.

·        Aumentare la capacità di programmazione, di valutazione e di controllo.

·        Promuovere lo sviluppo di modelli organizzativi in rete, intesi a rendere più efficienti i protocolli di comunicazione tra i vari soggetti istituzionali.

·        Fornire agli uffici la metodologia e gli strumenti per collaborare efficacemente con i diversi soggetti presenti sul territorio quali le istituzioni, le autonomie locali, le aziende e le organizzazioni del lavoro.

·        Facilitare l’accesso ai sistemi di accreditamento e certificazione.

4.3 - Risultati attesi

Le anali svolte nell’ambito di questo progetto tenderanno ad individuare metodologie per lo studio ed il monitoraggio della qualità dell’offerta dei servizi erogati, al fine di poter utilizzare i dati ottenuti a livello decisionale per calibrare le eventuali ed opportune azioni di miglioramento.

I prodotti che si intendono realizzare sono:

·        Un sistema prototipale di indicatori per la valutazione della qualità.

·        Un database per l’archiviazione, l’elaborazione ed utilizzazione dei dati.

·        Manuali specifici sulla metodologia utilizzata.

·        Attività di diffusione tramite una pubblicazione, dibattiti e realizzazione di uno specifico link, all’interno del sito WEB della Regione, sul quale riportare il risultato delle esperienze condotte.

5 - Articolazione del progetto

Utilizzando processi già ampiamente sperimentati sono individuati per la valutazione cinque aspetti:

1.      il sistema organizzativo

2.      le esigenze e gli obiettivi

3.      le risorse

4.      il processo formativo continuo

5.      i risultati, le analisi ed il miglioramento

che seguono il seguente schema (PI = Parti Interessate):

Esigenze ed obiettivi

 

 

 

 

 

PI

 

 

 

 

 

PI

 
esigenze

 

Risorse

 

Risultati, analisi e miglioramento

 

Sistema

organizzativo

 

Processo

formativo

 
risultati

In particolare, il Monitoraggio e la Valutazione dei Servizi Offerti  si occuperà:

·        della definizione, valorizzazione e diffusione del progetto;

·        dell’analisi iniziale di contesto e della rilevazione dei fabbisogni;

·        della capacità di assicurare il sostegno necessario per attivare, perseguire e completare l’esperienza;

·        dell’individuazione degli indicatori di dotazione, realizzazione e risultato;

·        della creazione di strumenti idonei al monitoraggio permanente delle attività gestionali e formative;

·        dell’ottemperanza del cronoprogramma economico-finanziario;

·        dell’analisi dei dati sulla qualità erogata e sulla qualità percepita;

·        della formalizzazione delle azioni correttive e delle azioni di miglioramento;

·        della diffusione finale dei risultati di progetto;

·        della eventuale diffusione degli indicatori e delle matrici di progetto verso altri soggetti istituzionali nazionali.

6 - ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 233.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

40.000

43.000

45.000

128.000

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

 

70.000

78.000

85.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

233.000

 

PROGETTO

 PRODUZIONE SISTEMI DIVULGATIVI AVANZATI

1 – Introduzione

Il Centro Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati ha sede a Villa Margherita – Cutro ( KR ).

Esso si propone di attuare le linee di programmazione per il settore della comunicazione in agricoltura,  offrendo, agli addetti ai lavori, uno strumento valido di consultazione, dal quale può trasparire la reale situazione agricola della regione.

La fascia d’utenza potrà coinvolgere Comuni, Enti, Comunità Montane, Consorzi, Scuole, Università, Osservatori, Cooperative, Associazioni di Produttori, Associazioni di Categoria, Assessorati della Regione Calabria.

2 – Obiettivi

Gli obiettivi che il Centro si prefigge sono i seguenti:

-         Intervenire in tutti i settori della comunicazione: stampa, informatica, video, fotografia ed audiovisivi, attraverso i mezzi in dotazione presso il Centro Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati di Villa Margherita ( KR );

-         Produrre mezzi multimediali, audiovisivi, diapositive, di valido ausilio ai divulgatori ed agli agricoltori, inerenti le principali tematiche dell’attività agricola: difesa fitosanitaria, irrigazione, concimazione, ecc.

-         Produrre documentari su colture tipiche ed attività agricole calabresi;

-         Offrire un servizio efficiente ed a basso costo che permetta ad agricoltori ed Enti di usufruire dei dati a disposizione sull’agicoltura;

-         Rendere chiare e fruibili le più recenti normative della PAC all’utenza.

3 – Descrizione attività

I suddetti obiettivi saranno realizzati mediante i seguenti progetti:

-         Realizzazione di video-opuscoli divulgativi-cd rom multimediali – audiovisivi dell’agricoltura calabrese.

L’obiettivo  è quello di attuare le linee di programmazione per il settore della comunicazione in agricoltura,  intervenendo in tutti i settori della comunicazione, attraverso i mezzi in dotazione presso il Centro Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati.

In particolare, si procederà alla produzione di prodotti multimediali su varie tematiche: agriturismo, Vini di Calabria ( DOC, IGT e IGP ), cipolla rossa di Troppa,  olio di Calabria,

ortaggi ( finocchio, broccolo calabrese, peperoncino, asparago ), funghi, fruttiferi minori, frutti di bosco ( more, lamponi ), baco da seta, liquirizia, percorsi naturalistici, parchi naturali, gastronomia, usi e costumi, antichi mestieri, tradizioni, montagna, fiumi e mare.

-         Individuazione e costituzione archivio storico.

L’obiettivo è quello di far rivivere, mediante la raccolta storica di documenti, atti e fotografie, parte della storia della nostra Regione.

Il progetto sarà realizzato con l’acquisizione, la classificazione, l’archiviazione e la gestione di tutto il materiale occorrente per l’attivazione di un museo fotografico e documentale, presso il Centro Produzione Sistemi Avanzati di Villa Margherita – Cutro.

-         Realizzazione di un giornale di divulgazione agricola “DIAPASON”.

L’obiettivo è la divulgazione delle informazioni inerenti il comparto agricolo, al fine di approfondire la conoscenza di tutti gli aspetti e delle problematiche del settore.

L’intervento si esplicherà mediante la raccolta e la divulgazione ( con la stampa settimanale del giornale ) di tutte le informazioni tecniche ed agricole ( notizie relative a prodotti, tecniche di coltivazione, legislazione, bollettini fitopatologici, dati agrometereologici, podologici ed ambientali, convegnistica ), provenienti dalle 24 aree di divulgazione agricola della Calabria, in modo che esse siano a conoscenza di tutti i Divulgatori agricoli e dei Dirigenti dell’ARSSA.

-         Seconda fase Progetto – “Agriturismo è…….parlare con la gente”  (un viaggio nella cultura locale)

L’obiettivo è quello di mettere a disposizione dell’utenza interessata, attraverso la rete internet, tutte le informazioni assunte con la prima fase del Progetto, negli anni 1997-2000, consistenti in oltre 100 cassette video in altissima definizione ( formato betacam ), per un totale di 3000 ore di filmati video e circa 10000 fotografie e diapositive, sulle tematiche del settore agrituristico, affrontate nella prima parte del progetto e riguardanti: le aziende agrituristiche, gli antichi poderi calabresi, le immagini storiche dell’agricoltura del passato, i costumi tradizionali, i piatti tipici calabresi, le feste tradizionali e gli antichi mestieri.

Ciò sarà realizzato, mediante l’installazione di tali dati su un server ( manifram ), presso la struttura del Centro  Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati di Villa Margherita, e mediante la predisposizione  di un collegamento internet ADSL, di un collegamento con un campione di aziende agrituristiche al fine della usufruibilità della banca dati e di password di accesso al sistema, da parte delle aziende.

-         Valorizzazione e Pubblicizzazione del Parco di Villa Margherita.

L’obiettivo che il progetto si prefigge è quello di valorizzare e pubblicizzare il parco di Villa Margherita; tale obiettivo si raggiungerà attraverso varie fasi.

La prima fase prevede il censimento, il riconoscimento e la valutazione delle specie botaniche presenti nel parco.

La seconda fase prevede l’introduzione, in apposite aree e recinti, di animali tipici della fauna autoctona calabrese (daini, cinghiali, lepri pecore, suini ecc. ), che verranno immessi in itinerari didattici per le scuole della Provincia di Crotone.

La terza fase prevede, invece, la formazione di personale attualmente disoccupato, al fine di fornire consulenza e guidare gli eventuali visitatori del parco.

La quarta fase prevede il coinvolgimento delle strutture già esistenti a Villa Margherita: Centro  Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati e Centro Agrometereologia, al fine di illustrare alle scolaresche, le attività che in essa si svolgono.

La quinta fase prevede, inoltre, di realizzare presso la sala convegni di Villa Margherita, mediante l’utilizzo di apposite attrezzature, una visione in multivision ( realtà virtuale ) del mondo botanico e faunistico.

4 - ESIGENZE FINANZIARIE

Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 457.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:

Descrizione della spesa

Soggetto interessato

Anno 2008

Anno 2009

Anno

2010

Triennio

Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne.

ARSSA

116.000

116.000

120.000

352.000

Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA.

 

Agris-Coldiretti

ARGeSSA-CIA

Copagri-DAP

Confagri-DAP

 

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

 

146.000

151.000

160.000

 

TOTALE TRIENNALE

 

 

 

 

457.000


PROGRAMMA OPERATIVO DI DIVULGAZIONE AGRICOLA

TRIENNIO 2008-2010

QUADRO  RIEPILOGATIVO

ESIGENZE FINANZIARIE

ARSSA

Attività

2008

2009

2010

triennio

Assistenza tecn. e divulg.comparto agrumicolo

305.800

311.800

320.000

937.600

Assistenza tecn. e divulg.comparto olivicolo

202.500

203.000

210.000

615.500

Assistenza tecn. e divulg.comparto frutticolo

82.000

91.000

95.000

268.000

Assistenza tecn. e divulg.comparto orticolo

137.000

167.000

180.000

484.000

Assistenza tecn. e divulg.comparto zootecnico

279.750

282.750

287.000

849.500

Multifunzionalità dell’azienda agricola

185.000

159.000

165.000

509.000

Accompagnamento normative e finanziamenti

371.400

407.600

430.000

1.209.000

Consulenza aziendale e rispetto condizionalità

130.000

105.000

135.000

370.000

Valutazione qualità dei servizi offerti in agricolt.

40.000

43.000

45.000

128.000

Attività del Centro Sistemi Divulgativi Avanzati

116.000

116.000

120.000

352.000

TOTALE

1.849.450

1.886.150

1.987.000

5.722.600

QUADRO  RIEPILOGATIVO

ESIGENZE FINANZIARIE

OO.PP.AA.

Attività

2008

2009

2010

triennio

Assistenza tecn. e divulg.comparto agrumicolo

30.000

35.000

40.000

105.000

Assistenza tecn. e divulg.comparto olivicolo

30.000

35.000

40.000

105.000

Assistenza tecn. e divulg.comparto frutticolo

30.000

35.000

40.000

105.000

Assistenza tecn. e divulg.comparto orticolo

30.000

35.000

40.000

105.000

Assistenza tecn. e divulg.comparto zootecnico

40.000

45.000

50.000

135.000

Multifunzionalità dell’azienda agricola

30.000

35.000

40.000

105.000

Accompagnamento normative e finanziamenti

30.000

35.000

40.000

105.000

Consulenza aziendale e rispetto condizionalità

40.000

45.000

50.000

135.000

Valutazione qualità dei servizi offerti in agricolt.

30.000

35.000

40.000

105.000

Attività del Centro Sistemi Divulgativi Avanzati

30.000

35.000

40.000

105.000

TOTALE

320.000

370.000

420.000

1.110.000

TOTALE GENERALE

Soggetto interessato

2008

2009

2010

triennio

ARSSA

1.849.450

1.886.150

1.987.000

5.722.600

OO.PP.AA.

320.000

370.000

420.000

1.110.000

TOTALE TRIENNIO

 

 

 

6.832.600

PROGRAMMA OPERATIVO DEI

SERVIZI TECNICI DI SUPPORTO

I Servizi Tecnici di Supporto sono diretti a realizzare un sistema informativo integrato a livello nazionale, regionale e locale.

La loro attivazione eleva la qualità della consulenza e dell'assistenza tecnica e permette di organizzare al meglio i flussi di informazione a tutti i livelli nonché di costituire il sistema dei Servizi di Sviluppo Agricolo in Calabria.

Tanto in coerenza con il Reg. Cee n.270/79, laddove considera “ che la divulgazione non può essere considerata unicamente come a se stante, ma deve inserirsi in programmi e misure di armonico sviluppo dell’agricoltura nel cui ambito la divulgazione, la ricerca sperimentale e la qualificazione professionale degli agricoltori siano strettamente connesse”.

 Tutto ciò anche in adempimento al disposto della L.R. n.19/99 ed ai contenuti del P.N.S.S.A. -  Compito dei Servizi Tecnici di Supporto, recita la succitata legge regionale, è, fra l'altro, quello "… di supportare l'attività divulgativa dei Ce.S.A., dei Ce.D.A. e delle U.D.A. fornendo servizi ed elaborazioni specialistiche quali strumenti di base per la divulgazione agricola" e " … di fornire gli strumenti e le informazioni di base necessari per la pianificazione degli interventi in agricoltura ai fini della programmazione regionale, per i Piani di Sviluppo di scala Provinciale e sub-provinciale nonché per l'attività di altri enti strumentali".

"I servizi tecnici di supporto-afferma il P.N.S.S.A.-hanno per oggetto la produzione e/o il trattamento, generalmente mediante il ricorso a tecnologie avanzate, di dati analitici che, contribuendo all'ampliamento del quadro conoscitivo di riferimento, rendono possibile una maggiore razionalità nelle scelte dell'imprenditore".

Trattasi, in buona sostanza, di servizi altamente specialistici che consentono di produrre, acquisire, organizzare, distribuire informazioni e, per loro natura, hanno carattere orizzontale, interessando più filiere produttive.

L’attività è pertanto finalizzata ad erogare servizi o funzioni tesi a soddisfare la domanda dell'utenza interna ed esterna.

I Servizi Tecnici di Supporto richiamati nella L.R. 19/99 e contemplati dal punto di vista organizzativo dalle Deliberazioni del CdA dell'ARSSA 33/C/2006 sono:

-         agropedologia;

-         agrometeorologia;

-         SITAC (Servizio Informativo Territoriale Calabria);

-         Marketing

-         Formazione Professionale e del Personale

E’ da evidenziare che per il carattere intersettoriale  dell’attività svolta, per l’elevata specializzazione delle apparecchiature e del personale impiegato, il Settore è per lo più impegnato in progetti di ampio respiro a valenza pluriennale, comportanti studi ed elaborazioni di dati a supporto della Divulgazione Agricola, della Sperimentazione e/o della Programmazione.

Conseguentemente, sono continui i rapporti con le OO.PP.AA., con le associazioni di categoria e con i diversi soggetti istituzionali, quali: Regione Calabria, in primo luogo, Università, Istituti di Ricerca del MiPAF, C.N.R., INEA, Province, Comuni, GAL, Comunità Montane ed Ordini Professionali.

Il Settore sarà impegnato, oltre che nell'attività propria di coordinamento, anche nella gestione di alcuni progetti di rilevanza internazionale:

-         Euromedsys II, nell'ambito del Programma INTERREG III B MEDOC;

-         AGRIMEDSYS e DESERTRURAL,  nell'ambito delle iniziative promosse dal Ministero degli Esteri e finanziati dal CIPE, in fase di valutazione da parte del Ministero Esteri;

-         Biotecnologie e Ricerca Scientifica, nell'ambito delle attività previste dal Progetto ITENET's, PON ATAS QCS - Obiettivo 1 - 2000 - 2006

SERVIZIO AGROPEDOLOGIA

Il Servizio cura il rilevamento, l’interpretazione e la divulgazione delle informazioni sui suoli. Elabora le carte pedologiche e la cartografia derivata al fine di consentire una corretta pianificazione territoriale e di fornire elementi di conoscenza necessari per la gestione sostenibile della risorsa suolo, per la scelta delle colture e per la qualificazione delle produzioni agricole.

Il Servizio sarà impegnato nell’attuazione dei seguenti progetti:

1)                  Programma Interregionale Agricoltura – Qualità, Misura 5 “Interventi nel settore pedologico” (DM 52775 del 20.11.1998 e DM 55657 del 01.12.1999);

2)                  Programma Interregionale Agricoltura –Qualità Misura 2 “Monitoraggio Direttiva Nitrati”

3)                  Zonazione viticola delle aree DOC della Calabria;

4)                  Caratterizzazione pedologica dei Centri Sperimentali Dimostrativi dell’Agenzia;

5)                  Razionalizzazione delle concimazioni;

6)                  Progetto “Innovazioni per il raggiungimento della qualità globale in agrumicoltura, in collaborazione con ISSDS, Istituto di Agrumicoltura di Acireale, Università di Zurigo;

7)                  Progetto”storage di CO2 nei suoli forestali calabresi e protocollo di Kyoto”, ricerca condotta in collaborazione con il Politecnico di Milano.

8)                  Approfondimento Tematico: I suoli salini della Piana di Sibari

Programma Interregionale Agricoltura – Qualità, Misura 5 ”Realizzazione della carta dei suoli in scala 1:250.000” (DM 52775 del 20.11.1998 e DM 55657 del 01.12.1999).

Il progetto nasce a livello nazionale con l’obiettivo prioritario di disporre di un primo inventario dei principali tipi di suolo e della loro distribuzione spaziale. La carta dei suoli in scala 1:250.000 rappresenta un prezioso quadro d’insieme per finalità di programmazione a livello provinciale e regionale e per il corretto recepimento delle linee di Politica Agricola Comunitaria.

Nel corso del triennio verrà completata la seconda fase del progetto con la pubblicazione della cartografia tematica derivata dalla carta dei suoli in scala 1:250.000 (DM 52775 del 20.11.1998) già prodotta. Nel complesso tale cartografia costituisce un fondamentale supporto per l’applicazione della Nuova PAC (Reg.1782/03) sia in riferimento ai criteri di gestione obbligatoria, sia alla buona conduzione agricola ed ambientale, che sono alla base del regime di condizionalità.

Coerentemente con quanto realizzato nella prima fase di attività (DM 52775 del 20.11.1998), si renderà necessario proseguire nell’indirizzo dell’acquisizione di informazioni pedologiche di maggiore dettaglio in aree di particolare interesse agroambientale.

Nei programmi di attività pedologica che l’Agenzia sta conducendo ormai da anni, i rilevamenti di semidettaglio rappresentano la direttrice principale. Alla cartografia pedologica che ne deriva si attribuisce una valenza rilevante in termini di supporto alle scelte nel settore primario. La disponibilità di informazioni di base circa le caratteristiche fisico - chimiche dei suoli e la loro distribuzione nello spazio consente di ottimizzare gli interventi di assistenza tecnica alle aziende e di impostare i programmi di divulgazione agricola. La scelta delle colture, dei portinnesti, la predisposizione dei piani di fertilizzazione, l’uso corretto della risorsa acqua, le tecniche di lavorazione, la difesa dall’erosione possono essere effettuate sulla base delle indicazioni che provengono dallo studio dei suoli, mettendone in risalto i limiti e le potenzialità.

La cartografia pedologica al semidettaglio pone le basi, inoltre, per ulteriori elaborazioni finalizzate alla valutazione dell’attitudine alle diverse colture o ad usi specifici.

La conoscenza dei suoli al semidettaglio ha raggiunto, alla fine della prima fase di attività del progetto Agricoltura - Qualità, una estensione di circa 165.000 ha corrispondenti ad un grado di copertura su scala regionale pari al 15% dell’intero territorio.

Rapportando tali superfici alle aree che sulla base delle attuali conoscenze possono essere definite “aree di maggiore interesse agroambientale” ne risulta un grado di copertura pari a circa il 29%.

L’obiettivo prioritario della seconda fase di attività può essere indirizzato al rilevamento in scala 1:50.000 di parte delle Provincie pedologiche indicate nella carta dei suoli della Calabria con i numeri 1, 3, 4, 6, 9, 13 per una superficie complessiva di non meno di 100.000 ha. In tali comprensori ricadono infatti aree ad agricoltura intensiva, dove l’ottimizzazione delle tecniche agronomiche costituisce la base di un processo indirizzato al perseguimento della “qualità totale” e aree agricole fortemente vulnerabili a causa dei processi erosivi. Sia nel primo che nel secondo caso, la conoscenza dei suoli contribuirà alla definizione di modelli produttivi sostenibili dal punto di vista ambientale.

Comprensorio

Province pedologiche

Ettari da rilevare

·      Piana di Sibari

1

30.000

·      Piana di Gioia Tauro

3

25.000

·      Versante ionico del Crotonese

4 - 6

15.000

·      Medio versante ionico (Cz)

4 - 6

10.000

·      Basso versante ionico

4 - 6

10.000

·      Altopiano della Sila

13

10.000

·      TOTALE

 

100.000

Approfondimenti tematici che verranno affrontati durante la seconda fase.

a) Carta regionale del rischio di erosione

Gran parte del territorio della regione Calabria è fortemente interessato, al pari di molte altre regioni del bacino del Mediterraneo, al fenomeno della desertificazione.

Il termine desertificazione indica la diminuzione o la scomparsa della capacità produttiva delle terre coltivate. Al vertice di Rio de Janeiro, nel 1992, 110 Governi, tra cui l’Italia, hanno firmato la Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione con l’impegno di adottare misure efficaci ad ogni livello per l’avvio di processi di sviluppo sostenibile nelle zone colpite.

A conferma della sensibilità del nostro Paese verso la tematica è stato istituito (G.U. n° 43 del 21.02.1997) il Comitato Nazionale per la lotta alla desertificazione che ha provveduto ad elaborare il Programma Nazionale per la lotta alla desertificazione (G.U. n° 37 del 15.02.2000).

Sulla base di tale programma il Comitato Nazionale per la lotta alla desertificazione promuove e coordina:

-        il supporto necessario alle Regioni ed alle Autorità di Bacino, per l’individuazione delle “aree vulnerabili alla desertificazione”, in base a quanto previsto dall’art. n° 20 commi 2 e 3 del decreto legislativo 152/99;

-        l’adozione di standard e metodologie più idonee alla conoscenza, prevenzione ed alla mitigazione dei fenomeni di desertificazione nelle “aree vulnerabili”;

-        la raccolta dei dati sui suoli in forma omogenea su tutto il territorio nazionale sulla base delle attività dell’Osservatorio Nazionale Pedologico, dei Servizi pedologici Regionali o altri uffici con compiti analoghi, in stretto rapporto operativo con l’Ufficio Europeo del Suolo.

-        Rimane, comunque, alla Regione ed alle Autorità di Bacino, il compito di provvedere alla individuazione delle aree vulnerabili alla desertificazione ed alla definizione di misure ed interventi da attuare nelle suddette aree.

L’OCSE definisce soglia per la desertificazione un contenuto in sostanza organica dell’1% e propone, quale indicatore per la definizione della qualità dell’ambiente, proprio il contenuto in sostanza organica dei suoli.

In Calabria, le trasformazioni socio economiche avvenute nella seconda metà di questo secolo, hanno incentivato il ricorso al modellamento delle pendici, alla meccanizzazione spinta e al radicale cambiamento delle destinazioni d’uso: dal pascolo alla cerealicoltura effettuata secondo criteri di coltivazione che lasciano la superficie priva di copertura vegetale proprio nel periodo in cui si verificano le precipitazioni massime. In un clima marcatamente mediterraneo e con tipologie pedologiche vulnerabili, sono stati innescati gravi fenomeni di dissesto con erosione idrica accelerata e soliflussione.

Indagini pedologiche mirate, condotte dall’ARSSA, hanno evidenziato, tra l’altro, valori medi di sostanza organica dello 0.7% nell’epipedon dei suoli più esposti ai fenomeni erosivi (condizione particolarmente grave se si considera che si tratta di suoli messi a coltura solo da pochi decenni), contro l’1.6% che invece si rinviene, negli stessi ambienti, in suoli più conservati. Tali differenze si riflettono in modo evidente sulle colture con difformità vegetazionali diventate ormai tipiche del paesaggio. Non sono rari i casi in cui i suoli, ormai privi di capacità produttiva ed interessati da gravi fenomeni di dissesto vengono riabbandonati.

Ai danni diretti al settore agricolo (perdita di capacità produttiva) sono da aggiungere gli elevati costi economici e sociali legati alle frequenti alluvioni, rispetto alle quali, l’erosione dei suoli contribuisce in maniera rilevante.

Già durante la prima fase di realizzazione del Programma Interregionale Agricoltura - Qualità, misura 5, è stato posto l’obiettivo di un approfondimento tematico sulla valutazione del rischio di erosione. A tale proposito è stata stipulata una convenzione di collaborazione scientifica con il CNR-IRPI con l’intento di validare, in un’area rappresentativa del versante ionico (Bacino Assi-Guardavalle), alcuni modelli di valutazione di tale rischio.

Durante la seconda fase di attività, sulla base dell’esperienza metodologica acquisita nell’area campione, è stato applicato il modello di valutazione del rischio di erosione potenziale ed attuale, a tutto il territorio regionale. Si provvederà ad ulteriori elaborazioni dei risultati ottenuti e alla integrazione degli stessi con altre basi informative, derivanti da altri comparti ambientali. Inoltre si provvederà ad implementare il sistema di valutazione con i dati derivanti dai rilevamenti al semidettaglio in corso di realizzazione nell’ambito dell’attività del Servizio (Programma Agricoltura-Qualità Misura 5, Agricoltura-Qualità Misura 2 e Programma Zonazione Viticola).

La cartografia tematica prodotta attraverso l’individuazione di comprensori a maggior vulnerabilità, fornirà alle diverse Istituzioni preposte alla pianificazione del territorio (Regione, Autorità di Bacino, Provincia), gli strumenti necessari per l’adempimento dei compiti derivanti dal quadro normativo vigente (D.L. 152/99, Deliberazione CIPE 299/99, L 183/99). In particolare consentirà di intraprendere misure finalizzate a:

-        applicare modelli previsionali sia qualitativi che quantitativi dei rischi ambientali;

-        definire e validare sistemi colturali alternativi di gestione del suolo finalizzati all’uso sostenibile di tale risorsa naturale;

-        valutare la compatibilità ambientale di interventi strutturali e di modifiche del territorio.

b) Valutazione della vulnerabilità dei corpi idrici.

Le politiche agroambientali europee e nazionali (Direttiva nitrati 91/676, Reg. 1257/99, Legge 183/89, D.L.vo 152/99 e 258/2000) favoriscono strategie che integrino problematiche ambientali e gestione delle risorse naturali, acqua e suolo in primo luogo.

Il legislatore ha evidenziato come, alla base di qualsiasi piano di tutela e delle relative misure di intervento, debba porsi la conoscenza puntuale dei fattori di rischio.

L’individuazione delle zone vulnerabili, che compete alle Regioni, deve essere effettuata tenendo conto sia delle fonti di inquinamento, che dei fattori ambientali che possono concorrere a determinare uno stato di contaminazione. Tali fattori dipendono:

-        dalla vulnerabilità intrinseca degli acquiferi (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche ed idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi);

-        dalla capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell’inquinante (caratteristiche tessiturali, contenuto in sostanza organica ed altri fattori relativi alla sua composizione e reattività chimico - biologica);

-        dalle condizioni climatiche ed idrogeologiche;

-        dal tipo di ordinamento colturale e dalle relative pratiche agronomiche.

La delineazione delle aree vulnerabili consentirà l’adozione di programmi di intervento che tengano conto dei dati scientifici e tecnici disponibili. In primo luogo consentirà l’applicazione delle norme contenute nel Codice di Buona Pratica Agricola (D.M. 19.04.99).

Coerentemente con quanto sopra accennato, nell’ambito del Programma Interregionale Agricoltura - Qualità, misura 5, si è provveduto ad elaborare la carta delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola in scala 1:250.000. Questo documento costituisce l’indagine preliminare di riconoscimento, prevista dal comma 2 parte AII dell’allegato 7 del succitato D.L. 152 e consentirà l’individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti. Costituirà, inoltre, la base per successivi approfondimenti alla scala del semidettaglio.

Sul piano metodologico, per le finalità di cui sopra, la carta dei suoli in scala 1:250.000 rappresenta lo strumento di base da interfacciare, attraverso l’uso di un GIS (Geographic Information System) agli altri strati informativi. La fattiva collaborazione con il Servizio Agrometeorologico e con il SITAC risulterà, in questa fase, fondamentale.

Esistono attualmente dei modelli di valutazione del rischio di inquinamento degli acquiferi che meritano di essere validati ed eventualmente applicati nelle specifiche condizioni ambientali del nostro territorio (Sintacs, CNR-GNDCI).

A tale proposito appare di assoluto interesse il Sistema di Supporto alle Decisioni sviluppato in ambiente GIS, denominato SuSAP, messo a punto dall’Ente Regionale di Sviluppo Agricolo della Lombardia. Il sistema permette l’individuazione sia delle aree vulnerabili a rischio di inquinamento da fitofarmaci, sia di strategie di trattamento fitosanitario che salvaguardino l’ambiente e gli ecosistemi. La valutazione viene effettuata sulla base dell’elaborazione combinata di informazioni derivanti da diverse banche dati (suolo, clima, colture, fitofarmaci).

Già durante la messa a punto del modello SuSAP, l’ARSSA ha manifestato particolare attenzione al tema partecipando attivamente al “Gruppo di Interesse” interregionale, appositamente costituito, con il dott. Paone Raffaele, Divulgatore Agricolo Specializzato in Pedologia e Conservazione del Suolo. Un rapporto di collaborazione su questo tema potrebbe risultare particolarmente utile.

c) Carta dei fabbisogni irrigui

Il settore agricolo richiede un forte impiego d’acqua. Su scala mondiale l’agricoltura usa circa il 65% di tutta l’acqua sottratta ai fiumi, laghi e falde acquifere per le attività umane, contro il 25% destinato all’industria ed il 10% alle abitazioni.

E’ evidente che qualsiasi intervento indirizzato alla razionalizzazione delle tecniche irrigue può consentire, oltre al contenimento dei costi di produzione, un notevole risparmio di acqua.

In ambiente ad elevata xericità, quale risulta essere gran parte del territorio regionale, lo studio dei fabbisogni irrigui delle principali colture nei diversi contesti ambientali (suolo, clima) assume importanza strategica per la programmazione delle destinazioni d’uso, per la pianificazione dell’uso della risorsa acqua e per la progettazione degli impianti irrigui.

L’approfondimento tematico potrà essere realizzato con l’ausilio di uno specifico modello di calcolo messo a punto dai Servizi Agropedologico ed Agrometeorologico dell’ARSSA. Tale modello per la definizione del Deficit Agricolo utilizza, per ciò che riguarda l’evapotraspirazione e la pioggia utile, dati meteorologici medi calcolati su base decadale considerando l’ultimo ventennio, mentre utilizza i dati pedologici per la definizione della Riserva Facilmente Utilizzabile.

La base dati pedologica in scala 1:250.000 consentirà l’elaborazione di carte tematiche che evidenziano, per le principali colture e/o per gruppi di colture, i fabbisogni irrigui opportunamente classati. Nel corso del 2003 è già stato validato il modello di calcolo dei fabbisogni irrigui, messo a punto dal Servizio Agropedologia, in due comprensori di significativo interesse (Gioia Tauro, Piana del Neto). I risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Estimo e territorio” (Edagricole) n° 4 del 2003.

d) Carta di attitudine dei suoli allo spargimento delle acque di vegetazione

Le problematiche legate allo smaltimento delle acque di vegetazione reflue dei frantoi oleari sono state, negli ultimi decenni, particolarmente sentite nelle regioni come la nostra, nelle quali il comparto olivicolo e quello oleario sono comparti trainanti.

Aspetti di carattere ambientale ed un quadro normativo in evoluzione continua, hanno spinto diverse Istituzioni scientifiche ad approfondire le conoscenze ed a proporre soluzioni tecnologiche adeguate. Com’è noto, le acque di vegetazione, pur essendo costituite da acqua e da sostanze organiche naturali, presentano un basso indice di biodegradabilità. Il rapporto BOD/COD (Biochemical Oxigen Demand/Chemical Oxigen Demand) varia fra il 20 ed il 40% quindi inferiore alla soglia del 45% posta dal legislatore (319/76 - Legge Merli) per considerare un refluo biodegradabile. Ciò è dovuto alla presenza di sostanze biotossiche e fitotossiche che inibiscono la flora batterica.

Le soluzioni finora proposte per affrontare il problema dello smaltimento delle acque reflue si sono rivelate o ecologicamente incompatibili o eccessivamente costose. Lo spandimento sul suolo rimane una alternativa tecnicamente, economicamente ed ambientalmente percorribile. Tuttavia va evidenziato che la capacità del suolo a contenere, se non addirittura ad eliminare, gli effetti negativi legati allo spargimento delle acque di vegetazione, quindi la sua attitudine a ricevere le stesse, varia spazialmente al variare delle tipologie pedologiche.

E’ evidente, quindi, l’utilità di stabilire attraverso la valutazione di alcuni parametri pedologici la capacità di autodepurazione dei diversi suoli. In particolare, in prima approssimazione, possono essere ritenuti discriminanti i seguenti parametri pedologici: tessitura e struttura dei diversi orizzonti, drenaggio e profondità della falda, velocità di infiltrazione, calcare attivo e pendenza.

Sulla base di tali qualità e caratteri dei suoli è possibile elaborare una carta tematica che evidenzia aree omogenee per classe di attitudine allo spargimento delle acque di vegetazione.

Tale strumento potrebbe risultare particolarmente interessante in una regione come la nostra a grande variabilità pedoambientale. Non è difficile, infatti, passare a distanza ravvicinata da suoli calcarei a suoli non calcarei, da tipologie ben drenate ad altre idromorfe, da reazione alcalina ad acida, ecc.

Sulla base dei parametri prima indicati, sono state elaborate in prima approssimazione, carte tematiche per alcuni comprensori di rilevante interesse olivicolo (Gioia Tauro, Lamezia Terme, Valle del Crati, Cirò).

In una fase successiva si renderà necessario procedere, con la collaborazione di qualificate Istituzioni scientifiche, ad approfondimenti sperimentali nei suoli appartenenti a diverse classi di attitudine allo spargimento delle acque di vegetazione, allo scopo di validare ed eventualmente integrare e completare il lavoro svolto in via preliminare.

- Programma Interregionale Agricoltura – Qualità, misura 2 – “Monitoraggio della Direttiva Nitrati”

Il corretto recepimento degli indirizzi di Politica Comunitaria in materia di agroambiente, nonché la corretta gestione dei fondi destinati allo sviluppo rurale, devono basarsi sull’adozione di strategie di protezione e miglioramento dell’ambiente, in modo particolare sull’applicazione della Direttiva nitrati (91/676/CEE). Quest’ultima, recepita in Italia con D.L. 152/99 e successive integrazioni, si pone l’obiettivo di:

-                     ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola;

-                     prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo.

Sulla base di detta legislazione le Regioni devono individuare sul proprio territorio le “zone vulnerabili”, da intendersi come aree che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque gia inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali scarichi. All’interno di tali aree, le Regioni definiscono e rendono obbligatori i programmi d’azione che comprendono le misure vincolanti descritte nel Codice di Buona Pratica Agricola (D.M. 102 del 4.5.99). Al fine di stabilire un generale livello di protezione delle acque, il Codice di Buona Pratica Agricola, che le Regioni sono chiamate ad integrare sulla base delle esigenze locali, è di raccomandata applicazione anche al di fuori delle zone vulnerabili. Sul piano metodologico, l’individuazione delle zone vulnerabili deve basarsi sulle caratteristiche fisiche ed ambientali delle acque e dei terreni che determinano il comportamento dei nitrati nel sistema acqua/suolo. L’allegato 7 al D.L. 152 evidenzia l’opportunità di procedere ad un’indagine preliminare di riconoscimento da realizzare in scala 1:250.000, suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni tra cui, in primo luogo, i dati provenienti dalla prevista attività di monitoraggio. Si evidenzia, tra l’altro, che la corretta applicazione della Direttiva Nitrati costituisce uno dei criteri di gestione obbligatori previsti dal Reg 1782 relativamente all’applicazione del regime di condizionalità.

Stato di attuazione della Direttiva Nitrati in Calabria.

Sulla base della cartografia pedologica disponibile è stata elaborata la “Carta della vulnerabilità da nitrati di origine agricola in scala 1:250.000” (ARSSA 2002). Tale strumento, già divulgato presso gli operatori locali, rappresenta l’indagine preliminare prevista dalla normativa in materia e pone le basi per gli aggiornamenti successivi in scala di semidettaglio (1:50.000). La delimitazione delle aree vulnerabili ha consentito la definizione del Programma d’Azione finalizzato alla protezione delle acque. Detto Programma, attualmente in fase di ufficializzazione, è coerente con il Codice di Buona Pratica Agricola e, oltre a regolamentare l’impiego in agricoltura di effluenti di allevamento, fissa restrizioni all’uso di azoto e raccomanda, anche al di fuori delle aree vulnerabili, la razionalizzazione delle concimazioni attraverso uno specifico modello di calcolo delle unità fertilizzanti (Unifert 1.2 – ARSSA 2000).

Per le aree di cui si dispone di cartografia pedologica al semidettaglio si sta procedendo alla delimitazione delle zone vulnerabili con maggiore dettaglio rispetto alla cartografia già disponibile. Per tali approfondimenti si utilizza la metodologia SINTACS messa a punto da GNDCI – CNR.. Specificatamente tali approfondimenti riguardano: la Piana di Lamezia, Gioia Tauro, Piani d’Aspromonte, Monte Poro, Valle Crati, Cirò, S Anna, Foce Neto, Savuto, Donnici, Verbicaro, Piana di Cammarata.

Al fine di disporre di adeguati strumenti di conoscenza del territorio, nel corso del triennio sarà attivato un progetto il cui obiettivo fondamentale è rappresentato dal completamento delle carte dei suoli in scala 1:50.000 di tutte le aree di interesse agricolo della Regione. Considerando che 220.000 ha sono già stati rilevati e che per ulteriori 100.000 ha circa sono in corso programmi di rilevamento, è opportuno proseguire l’attività per ulteriori 100.000 ha circa nelle seguenti Provincie pedologiche: Piana di Sibari, Pianura costiera e fascia litorale del versante ionico, Ambiente collinare del versante ionico, Ambiente collinare del versante tirrenico, Altopiano della Sila.

La cartografia pedologica al semidettaglio, via via prodotta, costituirà la base per elaborazioni tematiche relative alla capacità protettiva del suoli nei confronti degli inquinanti, alla capacità d’uso dei suoli, alla attitudine a specifiche destinazioni, al rischio di erosione, ai fabbisogni irrigui. Tali elaborazioni si avvarranno di quanto già realizzato a scala di riconoscimento nell’ambito del Programma Agricoltura – Qualità, misura 5 – interventi nel settore pedologico.

Il progetto consentirà di acquisire, inoltre, conoscenze scientifiche relative alla dinamica dell’azoto nel suolo, attraverso lo studio ed il monitoraggio di alcune Sottounità Tipologiche di suolo di particolare importanza in ambito regionale.

Le conoscenze acquisite nell’ambito del progetto consentiranno in primo luogo di limitare i danni di degrado delle risorse naturali attraverso l’ottimizzazione delle agrotecniche .

In particolare gli approfondimenti sul comportamento dell’azoto nei diversi sistemi pedologici permetterà di definire con oculatezza gli apporti di fertilizzanti ed eventualmente ricalibrare il “Programma d’azione” obbligatorio per le aree vulnerabili.

Programma zonazione viticola

Nell’ambito del programma di attività pedologica è stata data priorità al comparto viticolo, non solo per l’importanza che assume nello scenario dell’agricoltura calabrese, ma anche perché in tale comparto le relazioni esistenti tra l’ambiente fisico e le caratteristiche qualitative dei prodotti (uva, vino) costituiscono un dato acquisito e riconosciuto dal consumatore.

Cogliendo le indicazioni della Legge 164/92 sulla denominazione d’Origine dei vini, si intende finalizzare i rilevamenti pedologici alla “zonazione” vitivinicola. La legge suddetta consente la qualificazione e la tipicizzazione del prodotto attraverso l’individuazione, all’interno dei comprensori DOC , DOCG, di “sottozone” e “microzone” aventi specifiche caratteristiche ambientali che si riflettono sulla qualità dei vini (art. 2, 4, 6). Tali sottozone e microzone, che possono essere rivendicate in etichetta, devono essere opportunamente delimitate su carta topografica con criteri scientifici e non amministrativi o politici come, purtroppo, in passato è spesso successo per le delimitazioni delle DOC.

La “zonazione” costituisce lo strumento tecnico in grado di delimitare le zone viticole a maggiore attitudine e di escludere quelle non vocate sulla base della individuazione di ecosistemi omogenei caratterizzati da un particolare suolo, da un particolare clima e da circostanziate interazioni tra vitigno ed ambiente.

A tutt’oggi è stato rilevato il comprensorio di produzione del vino Cirò che rappresenta la principale area viticola calabrese. Il rilevamento pedologico ha riguardato circa 20.000 ha ed ha consentito di delineare otto “sottozone”, all’interno delle quali è stata verificata la risposta adattativa del vitigno Gaglioppo attraverso valutazioni quali-quantitative sul vino ottenuto per microvinificazione.

I primi risultati sono stati pubblicati su una qualificata rivista scientifica di interresse nazionale (Vignevini n°6, 2000). Il lavoro sta riscontrando il consenso degli operatori locali singoli ed associati nonché delle Istituzioni locali. Nel corso del mese di luglio è stata presentata la monografia divulgativa dell’intero progetto, in un convegno che ha visto la partecipazione di varie Istituzioni regionali (Assessorato Agricoltura, Comuni, interessati, Camera di Commercio, Organizzazioni agricole). A corredo della monografia sono state elaborate la carta dei suoli, la carta delle sottozone, la carta dell’uso reale del suolo, della capacità d’uso, del rischio di erosione. Sono state inoltre elaborate, per ogni sottozona, delle schede divulgative sulle caratteristiche dei suoli e dei vini e indicazioni sulla gestione agronomica (concimazioni, irrigazioni, portinnesti, lavorazioni).

L’esperienza metodologica acquisita ed i risultati ottenuti nell’ambito del progetto zonazione del Cirò hanno creato le condizioni, anche in termini di nuove risorse finanziarie, per proseguire con la zonazione di altre aree DOC. Nello specifico sono stati avviati i lavori di zonazione viticola dei comprensori di produzione DOC di Lamezia, Donnici, Savuto, Greco di Bianco e Verbicaro, per complessivi 40.000 ha. A tutt’oggi è stata conclusa la realizzazione della prima fase di attività con la realizzazione della carta dei suoli.

Schema riassuntivo dello stato dell’arte del programma di zonazione viticola dei comprensori DOC della Calabria.

 

I  Fase

II Fase

Comprensorio DOC

Rilevamento dei suoli ed elaborazione carta pedologica

Valutazione qualitativa ed elaborazione della carta delle sottozone

Cirò

Completata in tutto il comprensorio

Completata

Melissa

Completata in tutto il comprensorio

Completata

S. Anna

Da progettare

Da progettare

Lamezia

Completata in tutto il comprensorio

Avviata la fase sperimentale

Greco di Bianco

Completata in tutto il comprensorio

Completata

Savuto

Completata in tutto il comprensorio

Avviata la fase sperimentale

Donnici

Completata in tutto il comprensorio

Realizzato il primo anno di sperimentazione

Verbicaro

Completata in tutto il comprensorio

Da avviare la fase sperimentale

Pollino

Da progettare

Da progettare

S. Vito di Luzzi

Da progettare

Da progettare

Scavigna

Completata in tutto il comprensorio

Da avviare la fase sperimentale

Bivongi

Da progettare

Da progettare

Caratterizzazione pedologica dei Centri Sperimentali Dimostrativi ARSSA

Le carte dei suoli alla scala di “dettaglio” (>1:10.000) consentono di interpretare la variabilità dei suoli a livello aziendale e rivestono importanza strategica nel caso di aziende destinate alla sperimentazione. Consentono, infatti, di:

-                                     Orientare l’impostazione dei programmi sperimentali in funzione della variabilità del fattore produttivo “suolo”;

-                                     Disporre di elementi di conoscenza e dei criteri utili per una corretta interpretazione dei risultati delle prove;

-                                     Trasferire con coerenza scientifica i risultati stessi sul territorio;

-                                     Mettere a punto modelli di gestione e tecniche colturali con valenza sia produttiva che conservativa, differenziati per singole tipologie pedologiche (strategia di gestione dell’agroecosistema);

-                                     Le carte dei suoli di dettaglio consentono, inoltre, di impartire consigli utili sulle migliori tecniche applicabili alla coltura in riferimento agli avvicendamenti colturali, orientare le lavorazioni del terreni (tipo, frequenza e profondità); razionalizzare l’utilizzo dei fertilizzanti organici e dei prodotti di sintesi per ridurre il rischio di inquinamento dei suoli e delle acque e mantenere elevato il livello di fertilità fisica e chimica; intervenire nell’economia dell’acqua (drenaggio, irrigazione) per migliorare la fertilità idraulica ed adeguare gli interventi irrigui all’andamento termopluviometrico oltre che alla capacità di ritenzione idrica dei suoli; consigliare forme di allevamento alternative nelle condizioni dove sono presenti evidenti limitazioni;

Esiste attualmente una grave carenza di conoscenze pedologiche nella gran parte delle aziende sperimentali, non solo a livello regionale. Da un’indagine condotta dal Servizio Agropedologia dell’ARSSA, considerando alcune riviste scientifiche dl settore, di larga diffusione e di interesse nazionale, è emerso che oltre l’80% dei lavori pubblicati fa riferimento a sperimentazioni condotte su suoli caratterizzati in modo assolutamente generico. Si fa riferimento spesso alla tessitura, (prevalgono i suoli di “medio impasto” o nella migliore delle ipotesi “franchi”) ed a questa è spesso associata l’analisi chimica dell’orizzonte superficiale.

In pochissimi casi viene presa in considerazione l’organizzazione degli orizzonti del suolo, come se la presenza di un orizzonte idromorfo o eccessivamente drenato, di un accumulo di carbonati o di sali solubili, di un orizzonte fortemente contrastante dal punto di vista tessiturale non fossero influenti sui risultati di un determinata prova sperimentale e soprattutto sulla loro trasferibilità sul territorio.

Obiettivo principale è di ottenere la carta dei suoli alla scala 1:5.000 delle aziende sperimentali dell’ ARSSA, che nell’ambito del territorio regionale, sono distribuite all’interno dei comprensori maggiormente rappresentativi della realtà agricola calabrese. Di seguito viene riportata l’estensione e l’indirizzo produttivo.

Centri Sperimentali Dimostrativi

ha

Indirizzo produttivo

CDS-Sibari

206

Cerealicolo

CDS-San Marco Argentano

184

Viticolo-frutticolo-cerealicolo

CDS-Val di Neto

61

Zootecnico

CDS-Gioia Tauro

17

Olivicolo-agrumicolo

CDS-Locri

10

Agrumicolo

Le aziende sperimentali dimostrative di Mirto Crosia e Molarotta non vengono considerate in quanto sono già state rilevate al dettaglio e dispongono di carte dei suoli.

Razionalizzazione delle concimazioni

Il Servizio Agropedologia, nel corso degli ultimi anni, ha avviato un progetto finalizzato alla razionalizzazione delle concimazioni. L’iniziativa si proponeva: a) di definire un modello di calcolo delle dosi di nutrienti da distribuire con le concimazioni sulla base di dati pedologici e colturali; b) di definire i criteri di scelta dei concimi e dell’epoca di distribuzione; c) di validare il modello attraverso prove sperimentali.

Il progetto è stato in parte già realizzato ed attualmente sta proseguendo con la validazione del modello di calcolo delle unità fertilizzanti, nelle diverse situazioni pedoambientali della regione e su diverse colture. I dati finora acquisiti confermano che il modello elaborato rappresenta un utile strumento a supporto della razionalizzazione delle tecniche di concimazione.

Nel triennio 2008-2010 il servizio Agropedologia fornirà il supporto organizzativo e tecnico alle strutture interessate alla validazione del modello di calcolo ed inoltre collaborerà al completamento dell’intero progetto con riferimento particolare a quanto previsto dalla fase “b” e dalla fase “c”, prima citate. Si tratta, in pratica, di definire i criteri di scelta dei concimi e dell’epoca di distribuzione in funzione dei cicli colturali.

Sulla tematica sarà necessario far convergere più professionalità attingendo alla esperienza maturata nell’ambito della Divulgazione Polivalente.

Innovazioni per il raggiungimento della qualità globale in agrumicoltura

Sottoprogetto: valutazione dell’effetto del suolo e del clima sulla qualità degli agrumi.

Soggetti coinvolti nel sottoprogetto: Istituto Sperimentale Agrumicoltura di Acireale; Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo; ARSSA; Università di Zurigo.

Area di Intervento: Piana di Sibari.

Il sottoprogetto si articola:

-               delineazione dell’areale di maggiore interesse agrumicolo (Clementine comune) nell’ambito del comprensorio agrumicolo calabrese;

-               definizione, attraverso un approfondimento di tipo pedoambientale (fotointerpretazione, studio geomorfologico, prime indagini sulle caratteristiche pedologiche), delle sottozone uniformi all’interno delle quali la risposta adattativa del Clementine comune dovrebbe essere univoca; a tale riguardo un significativo apporto potrà derivare dalla Carta pedologica in scala 1:250.000 realizzata dall’ARSSA;

-               individuazione in ciascuna sottozona delle parcelle sperimentali rappresentative;

-               standardizzazione delle tecniche agronomiche tenendo conto delle tradizioni del comprensorio (concimazioni, irrigazioni, gestione del suolo, etc);

-               elaborazione della carta pedologica di semidettaglio e realizzazione della cartografia tematica attitudinale.

Obiettivi del sottoprogetto:

-               individuazione delle correlazioni tra pedoambiente e aspetti quali-quantitativi delle produzioni al fine della tipicizzazione e del miglioramento delle produzioni stesse;

-               ottimizzazione delle tecniche agronomiche attraverso scelte diversificate sulla base delle specificità ambientali.

Storage di CO2 nei suoli forestali calabresi e protocollo di Kyoto

L’obiettivo del lavoro può essere identificato nella valutazione dell’effetto dei rimboschimenti sull’evoluzione dei suoli, in diverse situazioni pedoambientali.

In Calabria a partire dagli anni ‘50 sono stati rimboschiti circa 153.000 ha, gran parte dei quali ricade in aree acclivi o molto acclivi della pre-Sila, delle Serre e dell’Aspromonte. Tali aree risultano potenzialmente ad alto rischio erosivo, tuttavia l’azione protettiva della copertura vegetale ha determinato un nuovo equilibrio tra pedogenesi e morfogenesi. Dai suoli fortemente degradati dalla forte pressione antropica (pascolo eccessivo, legnatico, coltivazione di segale, etc) della prima metà del secolo scorso, si è passati a suoli moderatamente profondi, ricchi di sostanza organica (da Lithic Xerorthent a Typic Dystrudept).

Cosa ha significato ciò in termini di tutela ambientale e regimazione delle acque superficiali è stato oggetto di interesse di diverse Istituzioni ed autori, ma cosa ha significato in termini di incremento della sostanza organica e storage di CO2 potrebbe essere estremamente interessante ed originale, soprattutto in riferimento agli impegni derivanti dal protocollo di Kyoto.

In sintesi si prevede di:

-         individuare un’area campione (7-8mila ha) rappresentativa (almeno per substrato e fascia altimetrica) della fascia pre-montana calabrese (quella maggiormente interessata da rimboschimenti). La carta delle soil-subregion potrebbe guidarci in tale scelta;

-         individuare, all’interno di tale area, alcuni siti possibilmente in più situazioni pedoambientali, in cui descrivere e campionare i profili di suolo sotto bosco ed aree equivalenti per fattori pedogenetici, ma non interessate dalla copertura arborea. Quest’ultima area dovrebbe rappresentare ciò che si avrebbe, in maniera generalizzata, in assenza di rimboschimenti;

-         interpretare i dati rilevati e quelli analizzati al fine di quantificare l’incremento di sostanza organica legato all’azione di recupero dei versanti realizzata nell’ultimo cinquantennio;

-                                     estendere, per comparazione, a tutto il territorio regionale, quanto acquisito nell’area campione partendo dalle informazioni contenute nella carta pedologica della Calabria e dalle informazioni sulle superfici interessate dai rimboschimenti.

Indicazioni significative potrebbero derivare dalla descrizione di tre-quattro profili sotto bosco ed altrettanti in equivalenti aree degradate.

Approfondimento Tematico: I suoli salini della Piana di Sibari

Si  prevede una collaborazione con la Facoltà di Scienze Ambientali di Caserta per un approfondimento tematico sulla salinità dei suoli della piana di Sibari. Il problema, particolarmente sentito nell’area, merita un approfondimento con l’intento di stabilire la reale estensione delle microaree interessate dal fenomeno e l’intensità dello stesso. La tematica acquista particolare valore considerando i contenuti della Comunicazione 179/2002 con la quale la Commissione Europea ha delineato le “minacce” di degrado dei suoli a livello Comunitario. La salinizzazione, rappresenta una delle preoccupazioni principali per il degrado dei suoli, specie in alcuni particolari contesti pedologici.

SERVIZIO AGROMETEOROLOGIA

Il Servizio Agrometeorologia, in attuazione della Delibera n. 32/C del 28/03/2006, ha sede direzionale presso il Centro ARSSA  di “Villa Margherita” nel Comune di Cutro (KR) e comprende altre sedi operative presso i Centri ARSSA di Cosenza, Locri (RC) e Mirto Crosia (CS).

I compiti del Servizio consistono nello studio agroclimatico del territorio regionale, individuazione di microclimi particolari e vocazionalità di talune aree omogenee per la produzione di prodotti tipici, studio dei cambiamenti climatici ed erogazione di servizi reali alle imprese agricole attraverso la redazione di bollettini settimanali di produzione integrata, nonché previsioni meteo ed emissione di comunicati  di difesa, divulgati attraverso i normali mezzi di comunicazione  compreso il proprio sito www.arssacalabria-agrometeo.it. 

Fornisce inoltre prodotti a supporto della ricerca, sperimentazione, divulgazione, assistenza tecnica e alle imprese agricole al fine di favorire lo sviluppo ecosostenibile dell’agricoltura locale, la difesa degli ecosistemi agro-forestali e il razionale uso delle risorse, in particolare quelle idriche

Per il raggiungimento di tali obiettivi il Servizio si avvale di tecnici esperti appositamente formati. Opera in stretta sinergia con gli altri servizi tecnici di supporto dell’ARSSA e altre strutture della Regione Calabria, collabora con le altre regioni nell’ambito del Servizio Agrometeorologico Nazionale coordinato dall’Ufficio Centrale di Ecologia Agraria di Roma.

Attualmente il Servizio gestisce una rete di n.26 stazioni agrometeorologiche elettroniche dislocate su tutto il territorio regionale ma la maggior parte di esse sono concentrate nell’”area pilota”, estesa da Crotone a Lamezia, oggetto d’intervento del progetto POM 1.3.1 – 01/D/97.

Dette stazioni, per ciò che concerne la configurazione e le caratteristiche dei siti, sono in linea di massima conformi alle norme dettate dal WTO (Organizzazione Mondiale della Meteorologia).

I dati delle stazioni vengono acquisiti automaticamente presso la sala operativa di Villa Margherita e prima di essere archiviati nella banca dati sono sottoposti a processi di validazione ed opportune elaborazioni.

Il Servizio, inoltre, provvede alle rilevazioni agrofenologiche presso 88 aziende campione, avvalendosi a tempo parziale di n. 23 divulgatori dell’Agenzia operanti presso n.13 Centri di Divulgazione Agricola. 

Riepilogo Attività

Le attività svolte sono quelle di:

-                     acquisizione, validazione ed archiviazione dei dati agrometeorologici ed agrofenologici;

-                     manutenzione delle stazioni;

-                     fornitura dei dati grezzi ed elaborati;

-                     elaborazione dei dati e diffusione di informazioni attraverso bollettini settimanali pubblicati sul sito internet e giornali;

-                     collaborazione con l’UCEA nell’interscambio di dati e prodotti agrometeorologici.

Principali problematiche

Il numero delle stazioni sono insufficienti per coprire soddisfacentemente tutto il territorio regionale.

La manutenzione delle stazioni è affidata prevalentemente ad un solo operatore e occorre completare la formazione degli altri due manutentori già individuati. Inoltre è necessario adeguare  ed attrezzare al meglio il laboratorio riparazioni ed i magazzini ricambi.

La validazione dei dati è eseguita manualmente e l’archiviazione è effettuata con un Data Base di prestazioni limitate.

Le previsioni del comportamento delle colture sono eseguite solo a stima degli esperti senza ausilio di validi modelli matematici convenientemente tarati per i siti di interesse agricolo della Regione.

Obiettivi

Le finalità del programma sono:

-                     estendere la diffusione delle informazioni agrometeorologiche in modo omogeneo su tutto il

territorio regionale;

-                     migliorare la qualità di dette informazioni;

-                     ampliare la gamma dei servizi prodotti;

-                     raggiungere il maggior numero possibile di utenti.

-                     fornire un supporto agli Enti preposti alla programmazione degli interventi sul territorio;

-                     avviare  processi volti alla caratterizzazione e certificazione dei prodotti;

-                     avviare collaborazioni con Enti di Ricerca e Sperimentazione per approfondire tematiche specifiche.

Per perseguire dette finalità il Servizio ha redatto il progetto “Rete Agrometeorologica Regionale” (che fa parte integrante del presente programma) il quale prevede il raggiungimento dei seguenti obiettivi:

1 – Completamento della rete di stazioni agrometeo e integrazione con le altre reti presenti sul

territorio.

SITAC

Il Servizio SITAC rappresenta la fase di aggregazione e sistematizzazione dei dati e delle informazioni raccolte dai Servizi Tecnici di Supporto e dalle altre strutture dell’Agenzia;

                  gestisce una complessa struttura informatica mirante alla costituzione e governo di un sistema informativo territoriale, cioè di una banca dati di informazioni correlate tra loro sia in termini logico-relazionali che topologico-posizionali;

                  effettua modellazioni sulle banche dati territoriali così costituite allo scopo di elaborare informazioni cartografiche derivate (ad esempio carte di rischio, di attitudine, ecc.);

                  collabora con le altre strutture dell’Agenzia allo scopo di fornire ad esse non solamente le informazioni loro occorrenti e disponibili ma anche di definire logiche congiunte di utilizzazione di tali informazioni;

                  sviluppa procedure informatiche di elaborazione dei dati sulla base di modelli teorici allo scopo di fornire agli utenti delle banche dati supporti alle attività decisionali;

                  collabora con la Regione Calabria, con altri enti subregionali, province e comuni per fornire, su richiesta, dati ed elaborazioni utili alle attività d’istituto di tali Enti;

                  collabora con Università della Regione Calabria, sia con l’effettuazione di lezioni, stage e visite guidate, sia, sulla base di accordi programmatici, nell’accettare e formare giovani tirocinanti. Fornisce, su richiesta delle Università, cartografie ed informazioni elaborate dalle proprie banche dati a supporto di progetti di ricerca;

                  partecipa a progetti comunitari, nazionali e regionali, sia in qualità di proponente sia in quanto soggetto invitato a far parte di gruppi di lavoro;

                  partecipa, con i propri componenti, a manifestazioni nazionali e regionali del settore illustrando i risultati raggiunti, gli studi e le pubblicazioni realizzati;

                  fornisce dati ed elaborazioni al sito web dell’Agenzia allo scopo di consentire la massima diffusione ai lavori svolti dall’ARSSA nel settore della conoscenza territoriale;

                  collabora con Istituti scolastici della Regione per organizzazione di visite guidate e brevi seminari sul tema dei sistemi informativi territoriali, della gestione del territorio e della protezione dell’ambiente.

Le attività sopra descritte rappresentano, con la sola eccezione dei progetti, attività correnti d’Istituto ed, in quanto tali, esse verranno proseguite per tutto il 2008-2010.

Per quanto riguarda invece i progetti, che dipendono in misura rilevante dalla capacità e dalla possibilità di attivare flussi finanziari sulla struttura, essi possono essere suddivisi in tre categorie:

                  i progetti già assentiti, per i quali vi è certezza di finanziamento, attivati od in corso di attivazione o i progetti che vengono attivati con il solo ricorso a risorse interne;

                  i progetti esterni, ai quali il SITAC viene invitato a collaborare da parte di Enti pubblici, Università ed Enti di ricerca, per i quali è in corso un’intensa attività di relazione, con la partecipazione ad incontri tecnici in diverse sedi nazionali (es. prosecuzione del progetto SIGRIA con Istituto Nazionale di Economia Agraria);

                  programmi e progetti che si intende sviluppare nel momento in cui le condizioni tecnico-economiche siano tali da consentire l’acquisizione delle risorse necessarie al loro svolgimento.

I compiti di natura istituzionale sono stati elencati nell’introduzione di questo documento. Essi rappresentano gli obiettivi operativi della struttura nelle attività correnti e, nel loro ambito, si sviluppa una consistente parte dell’attività ordinaria del Servizio.

L’analisi dei fabbisogni che nel corso delle attività si sono evidenziati ha messo poi alla luce un’ulteriore serie di problematiche riguardanti la regione Calabria, la cui soluzione può rappresentare obiettivi di più lungo respiro che la struttura può raggiungere a fronte dell’attivazione di opportune risorse.

Tali obiettivi riguardano problematiche di diversa natura, in particolare:

                    la regione Calabria non dispone di una cartografia regionale di uso del suolo. La cartografia utilizzata correntemente deriva dal progetto CORINE LAND COVER, sviluppato alla fine degli anni 80, con tecnologie oggi molto superate ed il cui contenuto informativo è comunque superato dalle normali dinamiche ambientali ed agrarie. Il progetto Corine prevedeva inoltre un livello di approfondimento certamente poco adeguato alle esigenze di conoscenza che oggi si evidenziano sulla regione, sia per attività di pianificazione territoriale che per le altre attività di gestione e governo del territorio;

                    l’alta valenza ambientale-paesaggistica del territorio regionale necessita inoltre di un livello di conoscenza più elevato per le aree di pregio ambientale (parchi nazionali e regionali, corridoi ecologici, siti SIC (siti interesse comunitario)) per i quali è necessario attivare un livello di rilievo di maggiore dettaglio che preveda conoscenze sugli ecosistemi, sulla presenza di specie protette animali e vegetali, sulla presenza di associazioni di particolare pregio, ecc.). Tale conoscenza è essenziale per lo sviluppo dei piani di gestione di tali aree (piani dei parchi, linee di tutela ambientale, ecc.);

                    la gestione del patrimonio dell’ARSSA deve essere razionalizzata, con una conoscenza maggiore delle proprietà immobiliari dell’agenzia e, per esse, delle eventuali attività di abusivismo, di esproprio, di gestioni improprie che dovessero riguardarle. Tale attività è necessaria a fini di tutela e salvaguardia di tale patrimonio ed anche al fine di un’opportuna attivazione di risorse finanziarie da esso scaturenti (ad esempio piani di assestamento per la gestione delle colture boschive);

                    il livello di assistenza fornito all’agricoltura dal sistema della divulgazione agricola può essere migliorato e potenziato mettendo a disposizione degli operatori una serie di strumenti di supporto alle decisioni che, utilizzando le banche dati geografiche prodotte dai servizi tecnici di supporto, consenta l’elaborazione di modelli matematici per la gestione di piani di concimazione, di calcolo di fabbisogno irriguo, ecc. Per far ciò è necessario sviluppare un opportuno software che faciliti il divulgatore nell’uso di tali banche dati;

                    a fronte di una consistente domanda di tecnici specializzati nel settore dei Sistemi Informativi territoriali l’offerta di professionalità specifiche è molto bassa nella regione. E’ evidente che esiste un enorme fabbisogno formativo in questo ambito specifico che deve essere soddisfatto per consentire a tutti gli enti territoriali (Regione, enti subregionali, province, comuni) di accedere a strumenti di gestione del territorio maggiormente sofisticati ed, in alcuni casi, prescritti dalle leggi vigenti.

Per attivare la soluzione delle problematiche sopra esposte si sono predisposti una serie di progetti a valenza pluriennale che soddisfano i seguenti obiettivi:

                    costruire una banca dati in scala adeguata dell’uso reale del suolo del territorio della regione Calabria;

                    costruire una banca dati in scala adeguata del rilievo dell’uso reale del suolo con metodo fitosociologico delle aree protette della regione Calabria ed un sistema di banche dati riguardanti la fauna, l’habitat, il livello di naturalità, la presenza di specie rosse, ecc. dello stesso territorio;

                    aggiornare la conoscenza del patrimonio immobiliare dell’ARSSA, con il ricorso a strumenti cartografici ed informatici;

                    sviluppare un programma di supporto alle decisioni che faciliti l’accesso alle banche dati territoriali gestite dal SITAC agli operatori agricoli dell’Agenzia ed ai tecnici regionali.

                    Proporre il finanziamento di piani di formazione nel settore dei GIS.

1.      I progetti predisposti dal SITAC

1.1.                         Progetto Phytos.I.S. (Phytosociological Information System)

Al fine di supportare la corretta programmazione di interventi volti alla conservazione dell’ambiente, l’ARSSA ha avviato una serie di indagini floristiche e vegetazionali su aree di interesse naturalistico, monitorando, ad oggi, una superficie complessiva di 11.000 ettari.

Il progetto Phytos.I.S., attuato con la collaborazione del Dipartimento STAFA dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, si prefigge di creare un “sistema informativo fitosociologico”, mediante la caratterizzazione della vegetazione delle aree a particolare valenza ambientale della Regione Calabria.

Il Progetto Phytos.I.S. viene attuato dal Settore Programmazione e Divulgazione dell’ARSSA, dove opera il Dr Maiorca Giovanni, esperto fitosociologo, che possiede la necessaria competenza per acquisire ed elaborare i dati sulla struttura della vegetazione.

Il SITAC viene coinvolto per l’elaborazione finale della cartografia della vegetazione, fermo restando che la stesura dei testi e la responsabilità tecnico-scientifica del progetto resta al settore Programmazione e Divulgazione.

Per il triennio 2008-10 sarà completata la Carta della Vegetazione Reale del Bosco di Rudina (Ferruzzano, RC); continueranno i rilievi per la realizzazione della Carta della vegetazione Reale della Diga di Tarsia e della Carta della Vegetazione Reale dei “Laghi” della Catena Costiera.

Nell’anno 2008 è pure prevista la pubblicazione dei dati relativi alla flora e alla vegetazione della Riserva Naturale Foce del Fiume Crati.

1.2.                        Software Si.Su.Da.

Il Servizio SITAC ha realizzato il software S.I.Su.D.A. (Sistema Informativo di Supporto alle Decisioni in Agricoltura) attualmente in fase di verifica (beta test) presso lo stesso Servizio. Questo software ha l’obiettivo di fornire sistematicamente alle strutture operanti sul territorio le informazioni territoriali relative all’area di loro pertinenza allo scopo di consentire loro un più mirato intervento di assistenza tecnica e di divulgazione agricola e di recuperare il patrimonio di informazioni legate all’azione delle strutture operanti sul territorio (analisi chimiche dei terreni, osservazioni fenologiche, fitosanitarie, visite aziendali, ecc.) attivando flussi telematici miranti alla raccolta ordinata delle stesse ed alla loro organizzazione in banche dati geografiche centrali (SITAC) e in strutture specializzate tematiche (agropedologia, agrometeorologia, ecc.). Inoltre il programma implementa dei modelli decisionali per il calcolo del fabbisogno irriguo o per il calcolo delle unità fertilizzanti.

Per il prossimo periodo si prevede di installare e testare il sistema su tutti i CeSa ed i CeDa dell’Arssa per verificare la funzionalità in campo e formare opportunamente i divulgatori agricoli e altri utilizzatori allo scopo di garantire loro la conoscenza delle tecniche di consultazione delle banche dati geografiche loro fornite e delle metodologie di rilievo del territorio, di introduzione dei dati e di invio degli stessi ai sistemi di calcolo centrali.

Si prevede inoltre di proporre alla regione Calabria sulla misura 3.16 A2 del POR l’attivazione di un progetto finalizzato che consenta di riprogettare il programma per un utilizzo su internet allo scopo di metterlo a disposizione dei tecnici agricoli regionali, che potranno utilizzare così le banche dati del Servizio ed i modelli direttamente on-line.

1.3.                        Inventario patrimonio Arssa

Per il prossimo periodo si prevede di continuare il progetto di ricognizione sistematica dei beni immobili urbani, rurali dell’ARSSA.

Tale progetto è stato predisposto dal settore patrimonio dell’Agenzia che ha richiesto ed ottenuto la collaborazione fattiva del servizio SITAC cui è stato demandato il compito di realizzare la cartografia tematica catastale georeferenziata, sulla quale individuare le particelle catastali che ancora oggi risultano di proprietà dell’ARSSA e che devono essere riscattate finanziariamente dagli assegnatari aventi diritto imprenditori agricoli.

L’esecuzione del progetto prevede l’utilizzazione di strumenti GIS avanzati per conversione di coordinate tra diversi sistema cartografici, riposizionamento del catastale sull’ortofoto per compensazione degli errori e distorsione matematica della mappa catastale per adattarla al nuovo sistema proiettivo.

Il volume di dati da trattare è molto elevato stante la scala di dettaglio alla quale si opera (1:2.000 o 1:4.000). Complessivamente dovranno essere elaborate oltre 1.000 mappe catastali, per ciascuna delle quali dovrà essere prodotto l’elaborato cartografico di sovrapposizione all’ortofoto, sia in formato cartaceo che digitale. Il progetto, finanziato con risorse interne, è in corso di svolgimento.

1.4.                        Servizi

Il SITAC proseguirà nel triennio l’azione sinergica corrente con gli altri Servizi Tecnici di Supporto per la predisposizione di elaborati di sostegno alle attività di rilievo, di elaborazione di cartografie intermedie e finali e di realizzazione delle banche dati.

Il Servizio fornirà inoltre supporto alle altre strutture dell’Agenzia che ne facciano richiesta nella produzione di cartografie per pubblicazioni, poster e manifesti per mostre e fiere e quanto altro richiesto.

Inoltre il Servizio assisterà le facoltà universitarie, con opportuni protocolli d’intesa, fornendo ad esse dati e supporto per ricerche, studi, laboratori ambientali e tesi di laurea.

Si proseguirà, inoltre, l’attività di formazione di tirocinanti per conto dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, sulla base della convenzione stipulata con la medesima Università.

1.5.                        Partecipazione progetto SIGRIA INEA

L’INEA ha attivato la seconda fase di un progetto che riguarda l’ottimizzazione dell’uso della risorsa idrica nell’ambito dei consorzi di bonifica di tutte le regioni obiettivo I. L’ARSSA con il servizio SITAC ha partecipato alla prima fase del progetto implementando la banca dati del progetto per la Calabria.

Sono in corso contatti per attivare la partecipazione dell’ARSSA anche alla seconda fase delle attività. Allo stato non è possibile quantificare quali saranno i ruoli da svolgere e le risorse che potranno essere messe a disposizione dell’Agenzia. Nel caso si trovasse un accordo è presumibile che tale collaborazione venga attivata a partire dagli ultimi mesi del corrente anno.

1.6.                        Collaborazione Polo Regionale Soprassuoli Boschivi

Il Polo Regionale Soprassuoli Boschivi predispone piani di assestamento, di utilizzazione e di manutenzione per il buon governo delle aree boscate di proprietà dell’ARSSA. Il servizio SITAC collabora alla predisposizione di tali progetti fornendo cartografie catastali georeferenziata e proiettate sulle ortofoto digitali a colori, calcoli di superfici e individuazione delle vie d’accesso (viabilità, piste forestali, ecc.) per ottimizzare gli interventi.

L’attività viene sviluppata utilizzando risorse interne ed ha carattere di continuità, per cui se ne prevede la prosecuzione nel triennio in esame. 

SERVIZIO FORMAZIONE PROFESSIONALE

L’A.R.S.S.A. Calabria, soggetto preposto allo sviluppo del mondo agricolo calabrese, attraverso l’erogazione di servizi alle aziende mira ad attivare processi di ammodernamento e di potenziamento del tessuto produttivo concorrendo così allo sviluppo del territorio.

In applicazione della legislazione in vigore che disciplina i Servizi di Sviluppo Agricoli in Calabria, : la .L.R. 19/99, l’ARSSA, individuando nella formazione degli operatori agricoli un importante segmento degli stessi SSA svolge la propria attività istituzionale puntando ad un miglioramento continuo del profilo culturale e tecnico-professionale dei soggetti direttamente interessati dai processi di sviluppo.

Attualmente, l’importanza della formazione professionale, è altresì, ribadita a diversi livelli; in ambito sia europeo che nazionale è al centro dell’attenzione delle politiche dei diversi governi, che, nell’intento di individuare forme di sviluppo sostenibili, sempre più, elaborano strategie basate essenzialmente sulla valorizzazione del capitale umano.

Le persone con il proprio bagaglio di conoscenze, assumono quindi una rilevanza particolare perché sono considerate l’elemento su cui puntare per realizzare una crescita economica sostenibile basata non solo sull’aumento della competitività, ma anche sul miglioramento dell'occupabilità, puntando al contempo al raggiungimento di una maggiore integrazione sociale.

In tale contesto si è andato affermando il concetto di lifelong learning che riferendosi alla formazione permanente, esprime la necessità ovvero l’opportunità per le persone, di avviare percorsi di apprendimento in diversi ambiti e per tutto l’arco della vita, provvedendo così ad arricchire il proprio bagaglio delle conoscenze ed il proprio livello di competenze.

L’acquisizione di maggiori conoscenze e competenze quindi utili ad approcciarsi al contesto lavorativo, e non solo, con nuovi saperi e con un saper fare ed un saper essere continuamente rinnovato ed arricchito, permette alle persone di meglio adeguarsi ai cambiamenti, che in un contesto sociale ed economico possono intervenire.

Un’istituzione preposta allo sviluppo del territorio, quale è l’A.R.S.S.A, che disponga di strumenti idonei per l’attuazione d’azioni formative, deve perseguire l’obiettivo di individuare percorsi di crescita delle conoscenze mirati ad accompagnare gli attori del contesto durante i loro processi decisionali, fornendo il supporto giusto per adeguarsi al cambiamento.

Aggiornamento professionale del personale dipendente

Introduzione

La formazione costituisce un diritto dovere per il personale, indipendentemente dalla qualifica di appartenenza e nel pieno rispetto delle pari opportunità.

L’attività di formazione è finalizzata a garantire che ciascun dipendente acquisisca le specifiche attitudini culturali e professionali necessarie all’assolvimento delle funzioni e dei compiti attribuitigli nell’ambito della struttura cui è assegnato ed a fronteggiare gli eventuali processi di riordinamento istituzionale e di ristrutturazione organizzativa.

La formazione del personale deve costituire sempre di più attività ordinaria e il ruolo della formazione non deve essere limitato ad interventi straordinari per supportare le strategie di cambiamento intrinseche all’organizzazione, ma va inteso quale strumento essenziale per un adeguamento costante della professionalità del personale all’evoluzione dello stato dell’arte di ogni figura professionale, in stretta correlazione con le mutazioni in atto nel comparto agricolo, a cui si rapporta l’azione dell’Agenzia.

Accrescere in modo mirato le conoscenze, le capacità operative e le abilità relazionali del personale rappresenta ormai una necessità di fondamentale importanza, se si vuole migliorare le prestazioni ed aumentare il grado di soddisfazione degli utenti.

Lo sforzo che l’Agenzia deve compiere è quello di adottare tutte le strategie necessarie per far crescere il livello di coinvolgimento e di motivazione del personale.

La pianificazione dell’azione formativa

L’attuale C.d.A., con deliberazione n° 32/C del 28/3/06 ha ridefinito la struttura organizzativa dell’Agenzia, dando vita ad una struttura di divulgazione basata su di una rete di “Aziende” - Centri Sperimentali Dimostrativi (C.S.D.) che acquisisce i risultati della sperimentazione, studi ed indagini in campo tecnico scientifico, per poi veicolarli attraverso le iniziative divulgative più adeguate: convegni, seminari, corsi di formazione, attraverso i Centri di divulgazione agricola (Ce.D.A.).

Inoltre, per meglio rispondere alle esigenze degli utenti il C.d.A. dell’Agenzia, ha provveduto in maniera puntuale, nella citata ristrutturazione, a dotare i 10 Centri di Sviluppo Agricolo (Ce.S.A.) distribuiti sul territorio Regionale, di nuovi Uffici con caratteristiche specifiche, che mirano a colmare il gap esistente in relazione all’offerta di servizi.

L’ambizioso progetto che quest’Amministrazione si è dato, impone standard d'efficienza, d'efficacia e di qualità sempre maggiori. Ciò si rende possibile sviluppando competenze adeguate a compiti sempre nuovi e sempre più complessi.

In attesa di meglio definire le disponibilità finanziarie, sia per ciò che concerne il budget assegnato al Servizio Formazione, sia in riferimento all’intercettazione di eventuali flussi finanziari che potrebbero derivare da fonti esterne alternative, si è proceduto ad attivare alcuni importanti contatti che nell’immediato, quindi per la restante parte dell’annualità in corso, potrebbero offrire possibilità per la creazione di percorsi formativi per il personale interno.

Nello specifico ci si riferisce a due Enti: La Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione ed il Centro Regionale per la Formazione Professionale Ex-Iniasa con sede in Reggio Calabria.

Dai contatti intercorsi, è ragionevole ritenere che, nell’immediato futuro, inserendosi nella già programmata attività della SSPA sia possibile attraverso sollecite e specifiche convenzioni, far fronte ad una parte di esigenze formative del personale.con modesti impegni di spesa o addirittura a titolo gratuito.

Nel caso del CRFP Ex-INIASA di Reggio Calabria, invece, è stata garantita la piena disponibilità di strutture e percorsi formativi relativamente ad alcuni ambiti (es. informatica ed inglese).

Altra ipotesi di collaborazione consisterà nell’attivazione di iniziative congiuntamente agli atenei calabresi finalizzata all’istituzione di percorsi di alta formazione quali master di 1° e di 2° livello destinati l’uno ai divulgatori diplomati e l’altro a divulgatori laureati

La metodologia

L’intervento formativo si articolerà in più momenti: l’analisi del fabbisogno formativo, la programmazione degli interventi e l’attuazione delle azioni formative.

Analisi del fabbisogno formativo

L’analisi del fabbisogno formativo si basa essenzialmente sulla rilevazione di dati ed informazioni presso i soggetti che a diverso titolo possono essere interessati dalle azioni formative.

In questa fase saranno coinvolti dirigenti e funzionari che collaboreranno nella raccolta dei dati necessari a tracciare le linee programmatiche nell’ambito della formazione e aggiornamento del personale.

Progettazione degli interventi formativi

Dall’elaborazione delle informazioni rilevate nel corso dell’attività di audit si procederà alla progettazione degli interventi formativi necessari per l’adeguamento delle competenze del personale dipendente.

Le azioni di miglioramento che saranno progettate costituiranno la risposta al fabbisogno formativo evidenziato; attraverso la valutazione del profilo tecnico-professionale ideale richiesto per lo svolgimento di una determinata mansione o ruolo, si procederà quindi a migliorare l’area dei diversi saperi.

Attuazione delle azioni formative

Gli interventi formativi progettati saranno attuati secondo una programmazione che annualmente sarà prodotta. Tutto ciò sarà fatto secondo un ordine ben preciso attenendosi ad un calendario che sarà prodotto tenendo conto delle priorità nonché della definizione degli obiettivi che si intendono raggiungere. Tutto ciò utilizzando criteri che saranno individuati nella fase di progettazione di dettaglio.

Formazione ed aggiornamento professionale diretto agli operatori Agricoli e Forestali.

Introduzione

Le numerose novità intervenute negli ultimi anni in ambito, agricolo, alimentare e più in generale in ambito rurale dovute: all’introduzione di nuove norme nel panorama legislativo europeo e nazionale e all’affermarsi di nuovi orientamenti delle politiche per lo sviluppo del settore, stanno determinando una serie i cambiamenti non solo nell’ordinaria gestione dell’azienda agricola, ma anche e soprattutto per ciò che concerne nuove opportunità di crescita economica basate su nuove forme di sviluppo a cui i territori rurali possono oggi approcciarsi.

Tutto ciò ha fatto nascere all’interno del contesto di riferimento la necessità di disporre di nuove conoscenze, competenze ed abilità tali da permettere ad ogni soggetto coinvolto di affrontare con cognizione e maggiore consapevolezza le scelte da effettuare.

In tale contesto l’A.R.S.S.A. nell’adempiere a ciò che la legge prevede, periodicamente effettua una pianificazione di servizi formativi da erogare al territorio e programma una serie d’azioni mirate ad affrontare le principali tematiche che più possono incidere nello sviluppo del contesto di riferimento.

Il presente piano, si propone di intervenire in alcune aree in cui maggiormente gli effetti del cambiamento in atto sono evidenti.

La nuova PAC con le novità introdotte, genera già essa stessa, un apprezzabile fabbisogno formativo necessario ad orientare gli operatori nella complessa applicazione delle nuove norme. Al contempo l’azione formativa si rivela assai utile per ciò riguarda le opportunità che la stessa Politica Agricola permette di cogliere. Così l’eco-condizionalità, la sicurezza alimentare, la qualità, la tutela dell’ambiente, il benessere degli animali, l’agriturismo rurale ed altro ancora diventano i principali ambiti entro cui progettare azioni di sviluppo.

Un’area in cui i fabbisogni formativi si renderanno evidenti nell’immediato futuro, riguarda la programmazione delle nuove politiche di sviluppo; in fase di conclusione il periodo 2000-2006, gli stati dell’Unione Europea stanno, infatti, definendo, i nuovi strumenti a servizio dello sviluppo del mondo rurale per il 2007-2013.

Non meno attenzione, infine, sarà riservata all’area tecnica in cui le tematiche riguardanti gli aspetti legati alle tecniche di coltivazione (agronomiche, difesa, ecc) saranno affrontate tentando di risolvere le specifiche problematiche che sul territorio regionale saranno rilevate dalla presenza dei Divulgatori.

Negli ambiti appena descritti l’ARSSA, si occuperà, attuando la programmazione prevista dal presente piano, di accompagnare gli agricoltori, ovvero gli operatori del mondo rurale in quel processo di crescita funzionale al cambiamento in atto.

La metodologia

Anche nel caso della formazione rivolta all’esterno agli operatori agricoli, l’intervento formativo si articolerà in più momenti: l’analisi del fabbisogno formativo, la programmazione degli interventi e l’attuazione delle azioni formative.

Analisi del fabbisogno formativo

L’analisi del fabbisogno formativo si basa essenzialmente sull’elaborazione di dati ed informazioni rilevate dal contesto sociale, politico ed economico attraverso attività di ricerca, analisi e studio, nonché rilevate direttamente dai soggetti che normalmente svolgono la propria attività lavorativa a contatto con i potenziali destinatari delle azioni formative: i divulgatori.

Per la rilevazione dei suddetti fabbisogni, il Servizio Formazione si avvarrà della collaborazione di una rete di divulgatori, una unità operativa  per ogni CeSA, con il compito di interfacciarsi da un lato con i CeDA di riferimento e dall’altro con il Servizio al fine di costituire un tramite attraverso cui raccogliere le principali esigenze degli operatori in termini di saperi ed agire secondo efficacia ed efficienza.

Progettazione degli interventi formativi

Compatibilmente con la disponibilità di risorse finanziarie si attuerà una progettazione di interventi per lo più nell’area tecnica, con l’intento di trasferire ai beneficiari una serie di risposte alle più importanti problematiche. Uno degli obiettivi principali sarà quello di operare un trasferimento di informazioni dalla ricerca al mondo della produzione, puntando alla diffusione delle innovazioni, mentre una particolare attenzione sarà rivolta alla gestione aziendale, ambito in cui, per l’assunzione di decisioni razionali, viene richiesto un alto livello di professionalità.

Attuazione delle azioni formative

Gli interventi formativi, progettati saranno attuati secondo una programmazione che annualmente sarà prodotta e verificata in base alle disponibilità finanziarie.

Organizzazione Territoriale del Servizio Formazione

            L’organizzazione territoriale del servizio distribuita sul territorio è strategica. Ha lo scopo di costituire presidi organici al Servizio in modo da permetterne da un lato la corretta lettura del fabbisogno e dell’altro coinvolgere maggiormente il personale oggetto di continui e diretti feedback circa la qualità delle prestazioni del servizio.

Per tanto,  si ritiene opportuno proporre la seguente organizzazione territoriale:

SERVIZIO  Formazione Professionale e del Personale                        Sede    Lamezia Terme

Ufficio Analisi e Progettazione del Fabbisogno Formativo                    Sede    Reggio Calabria

Ufficio Aggiornamento del personale                                       Sede    Cosenza

Ufficio Aggiornamento e Formazione L.R. 19/99                                 Sede    Cosenza

- N° 1  Unità operativa territoriale                                                      Sede    Ogni CeSA

SERVIZIO MARKETING

Con la realizzazione del servizio Marketing l’ARSSA definisce la propria organizzazione interna, dando piena attuazione alle prescrizioni contenute nella legislazione regionale.

Comma 1 - Art. 7- Legge Regionale n°19/1999

Disciplina dei servizi di sviluppo agricolo nella Regione Calabria

Servizi tecnici di supporto
1.____Le attività tecniche di supporto concernano la pedologia, la meteorologia, l'agrometeorologia, la cartografia, il sistema informativo territoriale ed il marketing. Dette attività sono svolte, con competenza sull'intero territorio regionale, dall'A.R.S.S.A. avvalendosi anche dei Divulgatori agricoli espressamente formati ai sensi del Reg. C.E.E. 2052/88.

PREMESSA

L’istituzione di un Servizio Marketing nella nuova strutturazione dell’ARSSA può essere un momento importante per addivenire a svolgere compiutamente quel ruolo sociale, di propulsore dello sviluppo agricolo, che è tra le ragioni di fondo di esistenza dell’Agenzia stessa. Dunque una scelta importante ed impegnativa che da il senso della volontà di recuperare atavici ritardi, rispetto ai territori concorrenti e che mira a “Volare Alto”, per giungere all’obbiettivo di qualificare e promuovere la fruibilità del territorio e valorizzarne produzioni agricole ed agroalimentari.

            L’obiettivo è quello di promuovere ed incentivare attività ed iniziative che per tutta una serie di ragioni (questioni di budget, problemi organizzativi etc) sono di fatto precluse alle singole aziende, specie se di limitate dimensioni  economiche.

            Le attività di cui trattasi sono tutte indirizzate alla  “produzione di valore” attraverso  un sistema organizzato che conferisce “valore aggiunto” ai prodotti ed al territorio e che porta alla definizione e qualificazione del “prodotto ARSSA”, inteso come un insieme di servizi concreti che incidono sulla realtà sociale ed economica del comparto agricolo e della regione in generale.

Pianificazione delle attività

            Preliminarmente alla trattazione in merito alla pianificazione delle attività concrete è bene chiarire un aspetto di fondo relativo alla scelta dei tempi e delle metodologie. Si tratta di scegliere un percorso tra le due alternative di seguito schematicamente riportate:

·                    Politica dei due tempi - Avviare una approfondita fase di studio onde pervenire ad un’analitica definizione dei punti di forza e di debolezza nonché delle opportunità e delle minacce che si rilevano nei singoli ambiti di intervento ed in base ai risultati procedere poi alla definizione di strategie generali e specifiche, mirate allo sfruttamento ottimale delle risorse disponibili e successivamente realizzare gli interventi concreti.

·                    Politica di risultato – Procedere da subito, sulla base degli elementi conoscitivi disponibili e/o tempestivamente reperibili, all’elaborazione di strategie generali ed in base ad esse dare subito avvio ad attività concrete ed in un secondo momento definire linee d’intervento inerenti le singole articolazioni del sistema agricolo regionale, da intendersi come arricchimento in itinere di un percorso generale già programmato.

L’esperienza  ci insegna che nella prima opzione è insita una alta rischiosità di insuccesso, connessa ad una serie di variabili indipendenti dalla volontà dei soggetti promotori (tempi lunghi, risultati incerti e lontani, evoluzioni del quadro politico e sociale di riferimento etc) e che, soprattutto in Calabria, hanno visto l’affievolirsi ed in qualche caso il naufragio, di lodevoli iniziative nel settore (Gal, Politiche di filiera, Politiche comprensoriali etc).

La seconda opzione, pur difettando di specificità settoriale, ha il pregio dell’immediata concretezza e di assegnare da subito ruoli e funzioni ai soggetti coinvolti, si da creare le condizioni per un sinergismo operativo di fondamentale importanza per la riuscita del progetto. Inoltre, la circostanza che in altre realtà regionali si sia già in una fase avanzata, del percorso inerente il marketing territoriale e delle produzioni, rende possibile delle politiche di “Benchmarking”- fare tesoro delle esperienze altrui per evitare di ripeterne gli errori e per migliorare la qualità del proprio prodotto – in grado di limitare al massimo la rischiosità di insuccesso. (Campania, Toscana, Emilia Romagna, Veneto).

Organizzazione Territoriale del Servizio Marketing;

            L’organizzazione territoriale del servizio deve essere atta a garantire un’efficiente comunicazione bidirezionale con il territorio, in modo da permetterne da un lato la corretta lettura delle specificità ambientali e produttive e dell’altro un’efficiente e tempestiva ricaduta regionale delle iniziative poste in essere dal servizio. In rapporto anche alla immediata disponibilità di strutture che possano ospitare il servizio e le sue articolazioni territoriali si ritiene opportuno proporre la seguente organizzazione territoriale:

Sede SERVIZIO  Marketing  di Reggio Calabria

Sede Ufficio M. Territoriale di Cosenza

Sede Ufficio M. Valorizzazione prod. Agricole ed agroalimentari di Reggio Calabria

-n° 1  Uffici    Territoriali provincia di Cosenza

- n° 1 Ufficio   Territoriale provincia di Catanzaro

- n° 1 Ufficio   Territoriale provincia di Vibo Valentia

- n° 1 Ufficio   Territoriale provincia di Crotone

- n° 1 Ufficio   Territoriale di Palmi

            Maggiori dettagli potranno essere definiti una volta che si avrà contezza delle risorse umane, materiali e finanziarie che saranno attribuite al servizio.

Valorizzazione produzioni agricole ed agroalimentari

            I prodotti agricoli ed agroindustriali, alla stregua di tutti gli altri prodotti commerciali hanno un valore complessivo schematicamente ascrivibile a due entità principali corrispondenti al valore del prodotto materiale – ossia il valore del bene fisico – ed al un valore del prodotto immateriale, costituito dal maggiore apprezzamento derivante dagli elementi comunicazionali (tipicità, tradizione, garanzie, fiducia..) ad esso associati. Nelle realtà più evolute ed in alcuni particolari prodotti (es. il vino) la seconda componente del valore è di gran lunga superiore alla prima, mentre negli ambiti meno sviluppati il valore materiale del prodotto grezzo giunge ad essere l’entità unica che costituisce il valore del prodotto (es. prodotti senza identificazione destinati all’industria e/o alla commercializzazione all’ingrosso).

            Il nostro progetto di valorizzazione mira ad incidere sia su un incremento di valore riferito al bene materiale, indirizzando le imprese verso produzioni che siano più rispondenti alle nuove esigenze dei mercati e del commercio (trade) – es. stabilizzazione delle caratteristiche, continuità di approvvigionamento, accesso alle economie di scala etc - e realizzando un più efficiente trasferimento delle soluzioni innovative  messe a punto dalla ricerca e dalla sperimentazione.

La componente più importante del progetto riguarda però l’incremento del valore inerente alla componente immateriale del bene e ciò attraverso interventi finalizzati a creare fiducia nei consumatori, stabilire regole di produzione e vigilare sulla loro osservanza, dare tracciabilità al prodotto finito, fare emergere dall’anonimato e valorizzare produzioni di qualità riconducibili alla tradizione ed alla cultura dei diversi comprensori agricoli della regione. In buona sostanza ci si propone la promozione di  una rinnovata immagine, dinamica e moderna, del comparto agricolo regionale.

Le tappe più importanti del progetto sono così schematizzabili:

A)          Definizione e registrazione di un marchio ai sensi dell’Art. 2570 C.C. nel rispetto delle indicazioni comunitarie.

Istituzione di un marchio collettivo (marchio ombrello) volto ad identificare le produzioni regionali che danno solide garanzie di qualità e che vengono realizzate nel rispetto dell’ambiente.

La definizione del marchio e la sua denominazione, vanno orientati alla comunicazione di un messaggio che collega proficuamente il senso della storia e delle tradizioni, con la volontà di un radicale rinnovamento d’immagine dei prodotti calabresi. Un rinnovamento profondo che assume i colori e le forme di un’attività di servizio moderna, che sappia interpretare il presente e proiettarsi nel futuro e nella competizione globale. La definizione del marchio e la denominazione potrebbero essere effettuati attraverso un concorso per idee all’interno del personale dell’Agenzia,  allo scopo di aumentare il coinvolgimento del personale nel progetto specifico e negli indirizzi dell’Ente.

L’istituzione di un marchio collettivo ha precisi riferimenti normativi sia a livello nazionale che, soprattutto a livello comunitario:

Art. 2570 Marchi collettivi
I soggetti che svolgono la funzione di garantire l’origine, la natura o la qualità di determinati prodotti o servizi possono ottenere la registrazione di marchi collettivi per concederne l’uso, secondo le norme dei rispettivi regolamenti, a produttori o commercianti.

A livello comunitario và considerato  l’orientamento univoco di Bruxelles è quello di sancire “L’illegittimità, per contrasto con le regole del commercio tra gli stati membri, di qualsiasi norma nazionale che, al di fuori delle tassative ipotesi previste da regolamento 2081/92, introduca segni identificati della sola origine territoriale, prescindenti da una documentata rilevabilità di precipue qualità o caratteristiche del prodotto, inteso nella sua materialità.”

 La Commissione, insomma ha a chiare lettere negato all’origine territoriale dei prodotti una valenza specifica, in quanto tale connotazione non è di per se spendibile nel senso della “qualità”

L’avvio del progetto è essere definito nel rispetto delle norme nazionali e degli orientamenti comunitari e sarà corroborato dal coinvolgimento delle rappresentanze istituzionali in generale, con specifica attenzione alle istituzioni di riferimento (CEE,  Regione, Ministero).

B) Individuazione dei settori d’intervento

I settori d’intervento potrebbero essere articolati in vario modo, uno schema potrebbe essere il seguente:

1.                  az. Agricole e/o agrituristiche

2.                  impresa di trasformazione e/o confezionamento

3.                  vendita al dettaglio (franchising, corner, semplice concessione)

4.                  ristorazione

C) Elaborazione dei disciplinari di produzione

Contemperare la coerenza di fondo con l’obbiettivo di promuovere e valorizzare le produzioni di qualità con l’esigenza di riuscire a raggiungere una “Massa Critica” di prodotto tale da giustificare la valenza commerciale della sua promozione.

Si potrebbe partire dalla “produzione integrata”, imperniata sul corretto e professionale uso dei fattori di produzione in base alla effettiva situazione aziendale, per come accertata da tecnici del settore (anche dai divulgatori agricoli) sulla scorta di elementi certi di riferimento (analisi del terreno per i piani di concimazione, tenuta del quaderno di campagna, difesa correlata all’andamento climatico etc etc).

Per ciascun disciplinare andranno definiti i principi generali, riferiti a categorie omogenee di prodotti, le responsabilità di approvazione, le modalità di revisione periodica e di revisione straordinaria, andranno altresì definite le schede  specifiche con le prescrizioni inerenti alle singole produzioni.

Per l’elaborazione dei disciplinari di produzione è fondamentale il pieno coinvolgimento delle strutture dell’ARSSA che operano nel campo della ricerca, della sperimentazione e soprattutto, della divulgazione agricola.

L’approvazione dei disciplinari prevede il coinvolgimento delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni dei produttori, delle rappresentanze delle Coop., Enti ed Istituzioni scientifiche

D) Istituzione di un albo regionale delle imprese aderenti al marchio, suddiviso in sezioni (az. Agricole e/o agrituristiche, impresa di trasformazione e/o confezionamento, vendita al dettaglio, ristorazione) con annesso regolamento per valutare le domande d’iscrizione e definire le condizioni di funzionalità.

E) Definizione di un regolamento d’uso del marchio

In esso verranno precisati la titolarità (l’ARSSA o la Regione?), l’uso, gli estremi della registrazione, la descrizione, le finalità, i requisiti, il periodo di concessione, le modalità e la documentazione da allegare alla domanda di concessione, il responsabile tenuto a firmare il decreto che ne autorizza l’uso o che ne revoca la concessione, le verifiche ispettive, le modalità d’uso, le modalità di rinnovo e di subentro, le azioni di tutela del marchio etc.

F) Definizione di un sistema di controlli

I controlli necessari a verificare il rispetto dei disciplinari di produzione e delle prescrizioni d’uso del marchio sono effettuati da organismi di certificazione rispondenti alla norma UNI EN ISO 45011 “Requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazioni di prodotto”.

La prima visita di controllo serve ai fini della “dichiarazione di conformità all’uso del marchio” –previa definizione del periodo transitorio- le altre visite avranno cadenza mai superiore all’anno e serviranno ad accertare l’effettivo rispetto delle prescrizioni.

In caso di difformità e/o inadempienze riscontrate nel corso delle ispezioni, lo stesso l’organismo di controllo stabilirà l’azione correttiva, ovvero la sospensione e, in casi gravi, la revoca della concessione d’uso del marchio.(meglio delegare ad un organismo accreditato al SINCERT)

G) Lancio del marchio ed interventi volti a sostenerne ed accrescerne la notorietà

Promuovere e sostenere la notorietà del marchio attraverso una serie di iniziative dirette ed indirette (convegni, eventi, seminari didattici nelle scuole medie e superiori, comunicazioni indirizzate al “target” degli imprenditori interessati al progetto, valorizzare la “vetrina autostradale” e le opportunità derivanti dai flussi turistici che interessano la regione). In questa fase vanno rafforzati i legami con le istituzioni di riferimento e soprattutto con quelle che operano direttamente sul territorio (Provincie, Comunità Montane, Comuni, Assessorato alla Pubblica Istruzione)

H) Realizzazione di un sito Web intestato esclusivamente al marchio ed inteso come punto di snodo delle comunicazioni tra la gestione e l’utilizzo dello stesso, tra le varie imprese che vi sono iscritte e tra queste e gli operatori che forniscono assistenza tecnica. Un sito che sia al tempo stesso funzionale e commerciale (E-Commerce), che serva da esposizione dei prodotti e riporti gli elenchi delle aziende iscritte alle diverse sezioni dell’albo, i particolari produttivi e distributivi delle stesse e le informazioni utili a favorire il contatto con il pubblico di riferimento.

            Un sito che serva anche come mezzo di divulgazione agricola per specifiche materie (informazione legislativa, opportunità comunitarie, regolamentazioni commerciali etc etc) e serva altresì a dare informazione promozionale ai prodotti ed all’articolazione dei punti  vendita.

Marketing territoriale

            Negli attuali contesti economici, la competitività delle imprese è direttamente collegata e dipendente dalla più generale competitività dei sistemi sociali e territoriali nei quali esse operano e producono. Pertanto imprese e territorio possono “coevolvere” nella ricerca di vantaggi competitivi, essendo gli uni reciprocamente risorse critiche per la competitività degli altri. Per tutte, valga la considerazione che FIDUCIA e CONOSCENZA sono oggi considerati come “infrastrutture relazionali” e rappresentanti la sintesi delle risorse immateriali del terzo millennio – si pensi alle industrie olearie calabresi che imbottigliano in altre regioni proprio per attingere alla fiducia ed alla conoscenza che quei territori hanno e soprattutto, comunicano.

            Il marketing territoriale è solitamente suddiviso in due grosse branche, il M. Territoriale Esterno ed il M. Territoriale Interno.

            Il primo è volto all’attrazione verso l’esterno del territorio, soprattutto verso gli investitori e gli imprenditori ma anche e più in generale verso il variegato mondo dei fruitori. Gli interventi di  su questo tipo di marketing sono spesso effettuati con politiche  di costo (finanziamenti, defiscalizzazione, disponibilità di manodopera, infrastrutture) e politiche di servizio (efficacia ed efficienza dell’apparato burocratico –sportello unico-,  creazione di distretti specialistici, economie esterne etc). 

            Il M. Territoriale Interno è invece volto  alla soddisfazione degli utenti residenti nel territorio,  tipo “Customer Satisfaction”. Generare, mantenere ed incrementare la soddisfazione dei cittadini, con un corretto rapporto qualità/prezzo per i servizi offerti dal territorio di riferimento, rispetto ai territori in competizione.

Premesso quanto sopra ed in considerazione della specificità delle competenze ARSSA, si propone un intervento incentrato sul circolo virtuoso Soddisfazione – Attrazione – Incremento  Valore del Territorio. Si tratta di un meccanismo semplice basato sulla considerazione che l’attrattività esterna è anche funzione della soddisfazione interna ed entrambe concorrono alla valorizzazione del territorio. L’attivazione concreta dell’intervento proposto  si incardina su cinque tappe fondamentali per come di seguito specificate:

1)      Definizione della domanda

Si tratta  di procedere all’identificazione dei bisogni e dei benefici ricercati dai residenti e di rilevare il grado di soddisfazione nei confronti del territorio;

2)      Definizione dell’offerta

E’ l’inventario delle risorse antropiche e naturali, dei servizi e delle infrastrutture disponibili sul territorio;

3)      Quantificazione del Gap tra domanda e offerta

Si tratta di quantificare la distanza tra le esigenze espresse dalla domanda e la disponibilità individuata nell’offerta;

4)      Identificazione degli obiettivi

Individuazione degli obiettivi di marketing territoriale e definizione di un piano di intervento;

5)      Definizione degli interventi atti a conseguire gli obiettivi

Realizzazione del piano d’intervento elaborato.

            E’ del tutto ovvio che la realizzazione di quanto esposto necessiti del coinvolgimento complessivo delle diverse strutture dell’ARSSA, chiamate ad operare con un rinnovato spirito costruttivo ed efficentista, nel superiore interesse del conseguimento degli obiettivi dati.

Motivazione dipendenti ARSSA;

Un problema particolarmente delicato ed importante riguarda la comunicazione interna tra l’Agenzia ed il personale, troppo spesso “generalizzato” in compiti indefiniti, deresponsabilizzato individualmente e dunque demotivato al lavoro produttivo. La ristrutturazione in atto può rappresentare una valida occasione per invertire la tendenza e procedere all’attribuzione di compiti specifici, nell’ambito delle articolazioni dei vari servizi.

            Sarebbe bene corroborare il senso di appartenenza alla struttura con  iniziative di vario genere: carta intestata individuale, timbro personale, periodici resoconti inerenti l’attività svolta e confronto con i colleghi,

            Curare le relazioni interne alle strutture, gratificare il personale attraverso responsabilizzazioni individuali ed incentivi di risultato e soprattutto attraverso una decorosa rappresentazione esterna del ruolo dell’Agenzia e delle sue articolazioni strutturali, è un passo fondamentale  per ri-costruire un clima nuovo in cui ciascuno sia invogliato a dare il meglio di se per il pieno ed efficiente funzionamento del meccanismo complessivo.

Organizzazione dei rapporti esterni (istituzioni, associazioni, extra regione, internazionali);

Concordare con le altre istituzioni che operano sul territorio, con finalità convergenti a quelle dell’ARSSA, linee di attività  coerenti che pertanto abbiano un effetto sinergico (Co-Marketing) nella promozione di una rinnovata  identità produttiva. Si pensi alla promozione effettuata dalla Regione, dalle Province, dalle Comunità Montane, dai Gruppi di Azione Locale, dai PIT, dai PIAR e dai singoli comuni e financo dalle Pro-loco. Convergenze e sinergie per la realizzazione del progetto sono da ricercarsi anche con altri soggetti la cui attività ha una rilevante ricaduta sociale, si pensi al mondo della cooperazione, alle associazioni di produttori etc.

Avviare canali di comunicazione diretta con le regioni che affrontano le stesse problematiche ed intraprendere rapporti con le istituzioni extraregionali che operano nel settore, in modo da permettere il pieno e tempestivo utilizzo delle risorse e delle opportunità che si rendessero disponibili (Ministero, Istituto per il Commercio con l’Estero, Comunità Economica Europea)

CONCLUSIONI

L’impegno che ci si assume è quello di avviare un complesso processo di riqualificazione dell’immagine ARSSA e di ridefinizione dei rapporti con il proprio personale, con l’utenza e con le istituzioni di riferimento, di promozione dei prodotti agricoli ed agroalimentari della regione e di valorizzazione del territorio.

L’intento è quello di incrementare la redditività del settore primario, di rendere visibili le imprese e le loro produzioni di pregio, agevolare l’incontro diretto produttore-consumatore realizzando la cosiddetta “Filiera Corta”, di promuovere tecniche di produzione che siano sempre più rispettose dell’ambiente e della salute dei consumatori.

Trattasi di un processo di importanza strategica per il ruolo e l’importanza del settore primario e per dare piena funzione agli enti che vi operano. I tempi di avvio e di piena realizzazione del progetto, sono una variabile dipendente dalle risorse umane, materiali e finanziarie che vi si potranno investire e dai tempi tecnici necessari per la fase di avvio (disciplinari, raccolta delle manifestazione d’interesse, realizzazione produzioni rispondenti alle caratteristiche qualitative richieste).

Il nostro impegno è totale ed immediato, affrontiamo l’impresa con la palpitazione derivante dalla ferma volontà di ripagare positivamente l’investimento in fiducia di cui siamo stati gratificati ed al tempo stesso l’affrontiamo con l’entusiasmo di chi ci ha sempre creduto in questo tipo di interventi e che oggi ha l’opportunità di operare sul terreno della progettazione e della realizzazione concreta. 

PROGRAMMA OPERATIVO DEI SERVIZI TECNICI DI SUPPORTO

TRIENNIO 2008-2010

QUADRO RIEPILOGATIVO

delle

ESIGENZE FINANZIARIE

Descrizione

Anno 2008

Anno 2009

Anno 2010

Triennio

Agropedologia

50.000

50.000

50.000

150.000

Agrometeorologia

148.400

148.400

148.400

445.200

SITAC

50.000

50.000

50.000

150.000

Formazione Professionale

120.000

120.000

120.000

360.000

Marketing

50.000

50.000

50.000

150.000

TOTALE

418.400

418.400

418.400

1.255.200

PROGRAMMA OPERATIVO DI

RICERCA APPLICATA E SPERIMENTAZIONE

PREMESSA SULLE LINEE DI RICERCA DELL’ARSSA

Nei programmi di rilancio socio-economico e produttivo della nostra Regione gli investimenti in ricerca e in sviluppo in agricoltura giocano un ruolo strategico e sono una leva importante per creare competitività e innovazione.

La Regione ha individuato l’ARSSA, Agenzia Regionale per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura, quale soggetto attuatore degli obiettivi e delle azioni prioritarie di ricerca individuate.

L’Agenzia per l’attuazione delle azioni di ricerca applicata e sperimentazione si avvale di strutture quali i Centri Sperimentali Dimostrativi (CSD) e delle strutture trasversali che operano nello Sviluppo Rurale e nell’Assistenza tecnica e Divulgazione

I CSD, sulla base delle linee d'intervento predisposte dalle strutture tecniche ed approvate dagli Organi Istituzionali dell'Agenzia, programmano ed attuano le attività di ricerca applicata e sperimentazione in ottemperanza con quanto previsto dalla L.R. 15/93 istitutiva dell'ARSSA.

In sintesi, i CSD rappresentano un anello di collegamento con le attività di ricerca, sperimentazione e di qualificazione professionale per favorire l'adozione degli orientamenti di carattere applicativo emersi nella fase della ricerca pura, condotta da Istituti di Ricerca ed Università. In altri termini, i CSD attuano, in protocolli sperimentali e di orientamento dimostrativi, l'attività di ricerca applicata.

I CSD, inoltre, producono materiale di alto pregio genetico (sementi, piantine, animali, ecc.), per costituire campi e nuclei di allevamento, di orientamento dimostrativo in altri ambienti del territorio calabrese, per essere sempre più vicini agli agricoltori "utenti" dell'ARSSA.

Alcuni centri (es.: Acri, Molarotta, San Marco Argentano, Sibari, Mirto, Locri e Lamezia) garantiscono la conservazione genetica (germoplasma) di materiale autoctono, che può anche essere utilizzato come materiale di base per attività di miglioramento genetico; permettono, in maniera adeguata alle esigenze territoriali, la qualificazione professionale ad operatori agricoli, maestranze, tecnici, agricoltori, nonché il tirocinio a giovani laureati in agraria ed altre discipline connesse allo sviluppo agricolo ed alla salvaguardia ambientale. Forniscono altresì servizi specialistici con le proprie strutture tecnico - scientifiche (laboratori, stazioni agrometeorologiche, prototipi di macchine agricole, ecc.), attività queste funzionali ai percorsi di sicurezza e tracciabilità dei prodotti agricoli, agroalimentari e agroindustriali.   

Nel 2006 con appositi provvedimenti, l’Agenzia ha iniziato un percorso di riqualificazione dei CSD   articolandoli  in funzione delle tematiche espresse dalla rete della Ricerca Interregionale insediata c/o il MIPAA e riconosciute dalla Conferenza Stato-Regioni.

Tale struttura permette un’ interfeccia coerente e funzionale tra le altre regioni e la struttura centrale del Ministero.

Inoltre, in questi ultimi anni, l’Agenzia ha approntato dei modelli operativi incentrati sulle linee guida dello sviluppo rurale, arricchendo alcuni CSD di vere e proprie azioni multifunzionali quali la tutela della biodiversità, attività didattiche, formative e di consulenza, finanziate queste attraverso i programmi INTERREG, i programmi Interregionali “Misura 4” e  “Contenitore Sviluppo Rurale” ed  azioni specifiche con i Programmi Leader.

Questo patrimonio permette di individuare un percorso che nel periodo 2007-2013 vedrà realizzare un passaggio tecnico-culturale che prefigura una evoluzione dei CSD attuali da centri di competenza tematici a veri e propri Centri di Servizio alle Filiere.

Questo permette, inoltre, all’Agenzia di strutturarsi adeguatamente e partecipare alla rete Interregionale per la Ricerca A.F.A.P., strumento di consultazione e consulenza specialistica sulle tematiche di Filiera al servizio delle strutture decisionali del Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria.

 Sotto questa ottica, tutti i CSD idonei si costituiranno come  1° elemento infrastrutturale nella realtà rurale, quali "Centri di Eccellenza" e/o “Centri di Competenza” in grado di garantire: 

-          servizi di orientamento nei vari settori dell'agricoltura, pilotando, per l'appunto, gli imprenditori verso scelte agro-economiche da condurre con successo nelle varie filiere produttive ed assicurando qualità e tutela ambientale;

-          servizi multifunzionali rivolti al territorio  quali biotecnologie, bioenergia, tutela della biodiversità, agricoltura sociale, ecc.

Schema di azione di un Centro di Eccellenza/Competenza che evidenzia le connessioni operative.

L’azione  innovativa che verrà portata avanti dal Centro porterà sicuramente a instaurare collaborazioni con tutti i partner  locali che operano direttamente o indirettamente nel territorio per lo sviluppo dell’agricoltura: Università, Istituti di Ricerca (CRA, CNR) OO.PP.AA, Provincia, Comuni, Comunità Montane, Gal, Scuole ecc.

Pertanto, tali infrastrutture si auspica possono essere portate a valore, rappresentando di fattoun coinvolgimento istituzionale del Dipartimento Agricoltura nei partenariati interdisciplinari (Ricerca, Ambiente, Attività Produttive etc.) che si realizzeranno per la Progettazione Regionale (ATS, APQ, PSR etc.).

INTRODUZIONE

L’Agenzia, in ottemperanza con quanto previsto dalla L.R. 15/93 e della L. R. 19/1999 sui Servizi di Sviluppo Agricolo, esplica attività sperimentale e dimostrativa su tutto il territorio regionale per mezzo dei Centri Sperimentali Dimostrativi (CSD). Tutte le attività vengono svolte  in coerenza con il piano triennale della Ricerca sul Sistema Agricolo ( PNRSA ) Regionale e Nazionale e sulla base delle linee d'intervento predisposte dalle strutture tecniche ed approvate dagli Organi Istituzionali dell'Agenzia.

In relazione all'attività di ricerca applicata, di sperimentazione, di collaudo, di orientamento tecnico-varietale e in funzione delle prove dimostrative condotte dall'ARSSA presso i propri CSD, potranno essere di volta in volta attivate collaborazioni scientifiche con diverse istituzioni preposte alla ricerca.

In sintesi, i CSD rappresentano un anello di collegamento con le attività di ricerca, sperimentazione e di qualificazione professionale per favorire l'adozione degli orientamenti di carattere applicativo emersi nella fase della ricerca pura, condotta da Istituti di Ricerca ed Università. In altri termini, i CSD attuano, in campi sperimentali e di orientamento dimostrativi, l'attività di ricerca applicata.

I CSD, inoltre, producono materiale di alto pregio genetico (sementi, piantine, animali, ecc.), per costituire campi di allevamento, di orientamento dimostrativo in altri ambienti del territorio calabrese, per essere sempre più vicini agli agricoltori "utenti" dell'ARSSA.

Alcuni centri (es.: Molarotta, Sibari, Mirto) garantiscono la conservazione genetica (germoplasma) di materiale autoctono di cui si rischia l'estinzione, che può anche essere utilizzato come materiale di base per attività di miglioramento genetico; permettono, in maniera adeguata alle esigenze territoriali, la qualificazione professionale ad operatori agricoli, maestranze, tecnici, agricoltori, nonché il tirocinio a giovani laureati in agraria ed altre discipline connesse allo sviluppo agricolo ed alla salvaguardia ambientale; forniscono servizi con le proprie strutture tecnico - scientifiche (laboratori, stazioni agrometeorologiche, prototipi di macchine agricole, ecc.).

I CSD, oltre all’attività primaria di sperimentazione e collaudo, svolgono un ruolo di salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio rurale contribuendo alla conservazione di un ricco patrimonio agricolo e forestale in coerenza con gli indirizzi della nuova PAC.

Ciascun Centro svolge attività ordinaria e di sperimentazione-collaudo, prevalentemente nell’ambito di un determinato comparto produttivo, che generalmente caratterizza l’area in cui lo stesso è situato.

I Centri Sperimentali Dimostrativi dell'ARSSA sono strutture preposte alla realizzazione di attività di sperimentazione in campo, finalizzata alla costituzione di "modelli" aziendali nei diversi settori produttivi tipici dell'agricoltura calabrese (olivicolo, agrumicolo, vitivinicolo, frutticolo, orticolo e zootecnico). In altre parole, i Centri possono essere considerati come vere e proprie "aziende tipo", i cui modelli gestionali e colturali adottati, in quanto sperimentati e di sicuro successo, devono poi essere trasferiti agli operatori agricoli attraverso il Servizio di Divulgazione.

Sotto questa ottica, tutti i CSD assumono una funzione di orientamento nei vari settori dell'agricoltura, supportando gli agricoltori nella scelta delle attività da poter condurre con successo nelle varie realtà agricole calabresi.

Per il corretto funzionamento dei CSD  è necessario "gestire", "innovare" e "potenziare" i campi dimostrativi realizzati nei principali comparti produttivi dell'agricoltura calabrese, non solo per gli aspetti agronomici, ma anche per quelli agroindustriali, di controllo e certificazione dei prodotti ottenuti. 

I C.S.D. E I LABORATORI A SUPPORTO

Nei Centri Sperimentali Dimostrativi (C.S.D.), affianco alle attività a valenza prevalentemente sperimentale ed afferente a progetti finalizzati, si conduce una importante attività legata alla gestione ordinaria del patrimonio dei Centri stessi.

Bisogna infatti considerare tutte le attività necessarie al mantenimento ed alla conservazione delle strutture produttive, delle macchine e delle attrezzature, nonché quelle attività produttive volte all’ottenimento di materiali reimpiegati nel ciclo produttivo (foraggi per il bestiame dell’Agenzia, sementi, foglie di gelso ecc.) che servono ad assicurare un buon livello di auto approvvigionamento.

In ogni caso tutte le attività di tipo produttivo e di pieno campo, hanno sempre una valenza dimostrativa, in quanto rappresentative di un modello produttivo ottimale, proponibile agli imprenditori e quindi reiterabile sul territorio.

Da non sottovalutare, inoltre, il ruolo di salvaguardia del paesaggio rurale nonché in coerenza con le direttive comunitarie previste dalla convenzione europea del Paesaggio e dell’Ambiente, svolto dai Centri e di esempio di applicazione delle norme previste dalla nuova PAC in materia di condizionalità (cross compliance) e di Buone Pratiche Agricole.

La superficie complessiva dei CSD ammonta a oltre 700 ettari, per come riportato nella tabella allegata n. 1 e sui quali vengono svolte le seguenti attività colturali:

-            Frutticoltura

-            Viticoltura

-            Olivicoltura

-            Agrumicoltura

-            Boschi e pascoli;

-            Gelsibachicoltura

-            Ortofloricoltura

-            Cerealicoltura

-            foraggicoltura

Il patrimonio zootecnico comprende le seguenti specie di interesse produttivo:

-            Bovini

-            Equini

-            Ovocaprini

-            Suini

-            Api e Bachi

-            Fauna selvatica

1 - CSD Molarotta di Camigliatello Silano (CS)

Il Centro si estende su una superficie di 227 Ha ed è situato a 1200 m s.l.m.; ha impostato un'attività sperimentale, dimostrativa e di collaudo. 

Il CSD svolge attività per i seguenti comparti:

-         Sementiero, per la produzione della patata da seme, per la valorizzazione delle risorse ambientali e del territorio (salubrità dell’aria, risorse idriche, riduzione delle fitopatie);

-         Zootecnico-foraggero e lattiero - caseario, per recupero, conservazione genetica, riproduzione, selezione e miglioramento della tecnica di allevamento del Bovino Podolico Calabrese, dell'ovino Gentile di Puglia ambientato in Sila, della capra autoctona calabrese e della trota indigena silana. Miglioramento della produzione dei foraggi e di altri alimenti  nonché del latte e dei formaggi con interventi nelle operazioni di coltivazione, mungitura, lavorazione, stagionatura; 

2 - CSD Casello San Marco (CS)

Il Centro è ubicato in agro di San Marco Argentano e Casello di Tarsia. Si estende su una superficie di 184 Ha. La zona in cui ricade presenta problemi di organizzazione aziendale e di riconversione irrigua nelle aree vallive, mentre nelle aree collinari circostanti, ai problemi di carattere generale legati alla ristrutturazione aziendale si uniscono quelli specifici dell'utilizzazione dei terreni asciutti.

Il CSD svolge attività nei seguenti settori:

-         Settore vitivinicolo: campo catalogo e di conservazione genetica dei vitigni calabresi; moltiplicazione e tecniche di coltivazione più rispettose dell'ecosistema. Gestione di una cantina di microvinificazioni, con annessa enoteca.

-         Settore ortofrutticolo da mensa e da industria: miglioramento della tecnica di coltivazione, raccolta, selezione.

-         Settore cerealicolo

3 - CSD Aziende Sibaritide - Cassano Jonio (CS)

Il Centro è costituito da tre corpi aziendali: Stompi (Ha 68), campo Irriguo (Ha 20), Gadella (Ha 118). Sta portando avanti temi che interessano tutto il comprensorio di Sibari la cui agricoltura, oltre a problemi relativi alla ristrutturazione, alla riorganizzazione aziendale ed alla riconversione colturale di vaste zone irrigue, è alle prese con problemi specifici legati alla salinità della falda freatica.

Il CSD esplica attività nei seguenti settori:

-         Settore agrumicolo: scelta nuove linee di clementine ed arance allo scopo di allungare il periodo di raccolta.

-         Allevamento equino attraverso il recupero, la conservazione genetica, la selezione e la riproduzione del cavallo salernitano – Calabrese, con relative produzioni foraggere per l’alimentazione.

-         Settore orticolo (melone, peperone e peperoncino)

4 - CSD Mirto - Crosia (CS)

Il Centro si estende su una superficie di 50 Ha. L'attività principale è quella di promuovere e stimolare la gelsibachicoltura nelle zone collinari. Inoltre, sta portando avanti iniziative nel settore dell'agrumicoltura e olivicoltura, ma anche dell'orticoltura. Il Centro dovrà inoltre rappresentare il punto di riferimento per quanto concerne il campo dell'innovazione tecnologica e della meccanizzazione agricola per le principali colture tipiche calabresi.

Il CSD svolge attività connesse ai seguenti settori:

-         Gelsibachicolo - sericolo, attraverso il miglioramento della tecnica di coltivazione del gelso, in relazione alla multifunzionalità ( biomassa, frutto e fibra) si occuperà anche della gestione di una "filanda".

-         Olivicolo: campo catalogo, conservazione genetica, miglioramento della tecnica di coltivazione. Gestione di un frantoio per microoleificazioni, con annessa sala di assaggio (Panel Test).

-         Orticolo ( Progetto MIPAF )

-         Centro Pilota nel settore della meccanizzazione agricola: taratura e certificazione ambientale di macchine irroratrici, per impianti irrigui idonei al controllo della quantità e della qualità delle acque utilizzate, con particolare riferimento a quelle destinate alle coltivazioni biologiche.

5 - CSD Suinicolo di Acri (CS)

Il Centro si pone non come struttura comprensoriale, ma come supporto, in sede regionale, alle attività del settore suinicolo, con problematiche che vanno dalla produzione (compresa quella relativa alla costituzione del suino ibrido calabrese), alla trasformazione, quale l'attività sperimentale relativa alla tipicizzazione della salumeria calabrese.

Il CSD svolge attività nel comparto zootecnico con l’allevamento del suino Nero Calabrese: recupero, conservazione genetica, selezione, riproduzione e tecnica di allevamento.

6 - CSD Val di Neto (KR)

Il Centro si estende su una superficie di Ha 62, ed è ubicato nel comprensorio della Valle del Neto, la cui agricoltura vive un momento di transizione molto importante, legato alla riconversione colturale in seguito all’irrigazione di vari comprensori.

Le attività svolte nel CSD interessano i seguenti settori:

-         Settore zootecnico bovino tecniche di allevamento, selezione e riproduzione;

-         Settore frutticolo, olivicolo e viticolo, finalizzato  al confronto varietale, e a tutte le tecniche colturali, nonché alla difesa fitosanitaria  rispettosa dell'ecosistema.

-         Colture industriali per produzioni innovative.

7 - CSD Cropani Marina (CZ)

Il Centro si estende su una superficie di Ha 1.68.10. Persegue soprattutto lo scopo di diffondere le coltivazioni floricole ed orticole in serra.

Il CSD svolge le seguenti attività:

-         Settore orticolo (pomodoro, peperone, cetriolo, zucchine, cipolla,fagiolino,fragola, lattughe) campi catalogo, confronto varietale tecniche di coltivazione rispettose dell'ecosistema.

-         Settore floricolo (gerbera e bulbacee da fiore) confronto e valutazione varietale ed applicazione di tecniche innovative biologiche integrate.

8 - CSD Lamezia Terme (CZ)

Il Centro si estende su una superficie di Ha 4,5 ed è ubicato in agro di S. Pietro Lametino.

Il CSD esplica attività nei seguenti settori:

-         Settore piante officinali e medicinali: campo catalogo, tecniche di coltivazione "biologica", raccolta, essicazione e trasformazione dei prodotti ottenuti.

-         Settore frutticolo (agrumi, pesco, nettarine, percoco, albicocco, pero, ciliegio, ficodindia ) campo catalogo; tecniche di coltivazione rispettose dell'ambiente; raccolta, selezione.

9 - CSD Gioia Tauro (RC)

Il Centro, costituito dalla ex Casmez, è pervenuto all'ARSSA nel 1988 dal Consorzio di Bonifica di Rosarno. Si estende su una superficie di 17 Ha. Attualmente ha attivato temi di ricerca connessi alle problematiche del territorio, anche con l'obiettivo di individuare colture alternative all'agrumeto.

Il CSD è specializzato nei seguenti settori di attività:

-         Olivicolo: costituzione di campi catalogo, conservazione del germoplasma, moltiplicazione, tecniche di coltivazione rispettose dell'ambiente.

-         Frutticolo, (fico d’india – noce ) con tecniche colturali rispettose dell’ecosistema.

10 - CSD della Locride (RC)

Il Centro si estende su una superficie di Ha 10, ed è stato acquistato nel 1993. Svolge attività di ricerca applicata principalmente nel campo dell'agrumicoltura, in collaborazione con l'Istituto Sperimentale per l'Agrumicoltura di Acireale (CT).

Il CSD esplica attività nei seguenti ambiti produttivi:

-         Settore agrumicolo e viticolo: campi catalogo e di conservazione genetica (germoplasma); tecniche di coltivazione rispettose dell'ecosistema, raccolta, selezione.

-         Settore piante officinali ( gelsomino ) recupero e conservazione germoplasma.

11 - CSD Area Grecanica e Area dello Stretto (RC)

Il CSD esplica le attività connesse ai seguenti settori:

-         Agrumicolo (bergamotto) – nutrizione delle piante.

-         Frutticoltura esotica (Anona) e nespolo.

12 - CSD Boschi e Pascoli

Il Centro è ubicato a San Giovanni in Fiore.

Il CSD svolge attività di gestione e valorizzazione delle risorse boschive e pascolive delle aree interne con particolare riferimento al patrimonio ARSSA.

13 – CSD Serre Vibonesi

Il Centro svolge attività nel settore Frutticolo: campo catalogo, recupero e conservazione genetica di ecotipi  locali.

14 – CSD Montebeltrano – Paterno Calabro (CS)

Il centro è ubicato in località Montebeltrano del comune di Paterno e svolge attività di selezione e miglioramento genetico su leguminose da granella (cece e fava).

15 - CSD Medio (Paola) e Alto (Diamante) Tirreno Cosentino

Il CSD svolge attività nei seguenti settori:

-         Vitivinicolo, in collegamento con il CSD Casello S. Marco.

-         Frutticolo (cedro, frutti del sottobosco, fico, albicocco).

-         Zootecnico ed agrifaunistico.

PROGETTO

FILIERA FRUTTICOLTURA

SCHEDA DI RICERCA

 

 

 

PROGETTO: Ammodernamento del comparto frutticolo calabrese

 

 

 

TITOLO DELLA RICERCA: “Innovazione tecnologica per l’igiene, la sicurezza alimentare e la competitività delle produzioni Frutticole calabresi (Valorizzazione)

 

COSTO DELLA RICERCA (CR):

 

 

 

DURATA PREVISTA DELLA RICERCA: 3 anni              ANNO DI INIZIO  2008

RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA: Dott. Agr. Fausto Zicca

ISTITUZIONE DI APPARTENENZA: ARSSA-Calabria 

Centro Sperimentale Dimostrativo di Casello

Indirizzo: c.da Casello, S. Marco Argentano (CS)

Tel/Fax: 0984.518065  E.mail: arssacsdcasello@virgilio.it

 

PARTECIPANTI ALLA  RICERCA (responsabile incluso)                                    

 

COGNOME E NOME

QUALIFICA

IMPEGNO MESI/ANNO

 

Dott. Agr. Fausto Zicca

Direttore CSD di S. Marco A.

 

 

Dott. Fabio Petrillo

DAP Ce.D.A. n. 7

 

 

Dott.   Luigia Iuliano

Direttore - CSD – Lamezia

 

 

Dott.  P. Audino

DAP Ce.D.A. n. 21

 

 

Dott.  Domenico  Turiano

CSD dello Stretto

 

 

Dott. Antonio Scalise

DAP - Ce.D.A. n. 12

 

 

PA Francesco Scicchitano

DAP Ce.D.A. n. 8

 

 

Dott. A. Cannizzaro

DAP - Ce.D.A. n. 17

 

 

Dott. P.H. Spirlì

DAP - Ce.D.A. n. 17

 

 

Dott. Tommaso Scalzi

DAP - Ce.D.A. n. 12

 

 

Dott. Tafuro

CSD dello Stretto

 

 

Dott. Maria Retta

CSD dello Stretto

 

 

Dott. Maria Rumo

CSD dello Stretto

 

STATO DELLE CONOSCENZE SUGLI ARGOMENTI DELLA RICERCA

La Frutticoltura in Calabria

La frutticoltura più consistente sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, si concentra soprattutto nelle aree di pianura. Nella piana di Sibari e nelle zone limitrofe della media valle del Crati è particolarmente diffuso il pesco. Il fico, coltura tradizionale calabrese, è concentrato nel Vallo di Cosenza e nella Media Valle Crati. La fascia litorale del Medio Ionio Catanzarese si contraddistingue anch’essa per la diffusione di una interessante peschicoltura. Qui si può osservare una gamma abbastanza ampia, anche se prevalgono le varietà precoci, visto la vocazionalità pedoclimatica della zona. In quest’area si trovano impianti sparsi di albicocco, mandorlo e susino. Nella piana di S. Eufemia sono diffusi maggiormente impianti di pesco, percoche e nettarine e, su superfici minori, albicocco, ciliegio, pero, melo, fragola e kiwi. Nella piana di Rosarno il comparto frutticolo è rappresentato in larga parte dalla coltivazione del kiwi, e in piccola parte da altri fruttiferi. Nelle rimanenti aree pianeggianti la frutticoltura riveste un ruolo marginale: actinidia e pesco (basso tirreno reggino), anona, mandorlo, nespolo del Giappone e avocado (Villa S. Giovanni, Reggio C., Melito P.S. e Palizzi), fico, pesco, albicocco, pero, nespolo del Giappone, avocado (Costa Ionica Locride). Tuttavia, anche alle altitudini più elevate di collina e di montagna è possibile attuare una frutticoltura di qualità, che potrebbe conquistare una certa rilevanza nel comparto frutticolo calabrese, se opportunamente rivalutata da un’idonea politica d’intervento. In particolare, il ciliegio, il castagno, le pomacee, la fragola ed i piccoli frutti negli ambienti collinari e montani possono rappresentare un notevole valore aggiunto ed un’integrazione del reddito delle piccole e medie aziende agricole.

Criticità del comparto

Fatte salve lodevoli e significative eccezioni, la frutticoltura calabra non sembra godere oggi di particolari vantaggi rispetto alle altre aree concorrenti, sia in termini di costi di produzione che di qualità. Tuttavia possibili fonti di vantaggio competitivo risiedono nella possibilità di miglioramento delle tecniche di produzione e commercializzazione attualmente impiegate nel sistema ortofrutticolo locale. In particolare la scarsa concentrazione del prodotto da commercializzare, i canali distributivi spesso inadeguati e la scarsa valorizzazione delle produzioni locali rendono poco competitivo il prodotto sui mercati nazionale ed internazionale. Attualmente la maggior parte del prodotto è collocata in ambito locale, soprattutto sui mercati all'ingrosso spesso poco efficienti e poco organizzati, ciò ha determinato un'espansione delle produzioni poco specializzate e poco selezionate, consentendo la sopravvivenza di un tessuto di piccole imprese che si sono adagiate sulla scarsa qualificazione della domanda locale, lasciando così spazio ad un inefficiente sistema distributivo di assorbire ogni eventuale vantaggio commerciale. Anche le produzioni tipiche interessano esclusivamente il consumo locale in quanto mancano di una più razionale organizzazione commerciale e di un'attività promozionale. L'associazionismo, che in qualche modo avrebbe dovuto superare la sudditanza economica ed organizzativa della piccola impresa, non è stato capace di invertire questa tendenza sia per la limitata numerosità degli esempi realizzati sia per la limitazione del loro intervento alla fase di vendita vera e propria, trascurando la fornitura di servizi organizzativi, tecnici e di marketing necessari ad un'offerta qualificata.

Proposte d’intervento

E' dunque necessario una inversione di tendenza orientata ad accrescere la remuneratività e la competitività dei prodotti offerti. Questi obiettivi possono realizzarsi solo con un miglioramento della qualità dei prodotti e dei servizi lungo tutta la filiera, esaltando le potenzialità della produzione locale e migliorando la rispondenza della stessa alle richieste di mercato. Miglioramento che non deve riguardare soltanto quello intrinseco di prodotto ma anche la qualità dei servizi aggiuntivi di carattere commerciale e tecnologico in generale. A tal fine è necessario da un lato, adottare le tecniche più adeguate ad un miglioramento qualitativo della produzione agricola, dall'altro, promuovere un rapporto più stretto con il commercio e la trasformazione in modo da garantire produzioni rispondenti alle esigenze della domanda finale.

RIASSUNTO DEI CONTENUTI DELLA SCHEDA DI RICERCA

Il progetto di ricerca, è stato formulato tenendo conto delle mutate esigenze del mercato e mira a rimuovere le criticità “tecniche” emerse nel segmento “produzione agricola” della Filiera Frutticola regionale.

OBIETTIVO:

Incremento della qualità “globale” delle  produzioni frutticole calabresi

AZIONI

Miglioramento genetico e vivaismo

Ricerca e collaudo di nuove selezioni di fruttiferi e portinnesti

-  verifica dell’adattabilità di nuovo materiale genetico mai valutato in Calabria e individuazione di genotipi rispondenti alle esigenze di mercato e adatti alle specifiche condizioni ambientali; In particolare saranno valutati i seguenti parametri: resistenza a malattie e a fattori abiotici (gelate, ecc.), produttività, qualità organolettiche, tenuta dei frutti sulla pianta, resistenza alle manipolazioni, shelf life (tenuta alla maturazione su scaffale)

La verifica dell’adattabilità di questo materiale, agli ambienti meridionali, potrà portare all’individuazione dei genotipi pienamente adatti alle specifiche condizioni ambientali, contribuendo alla qualificazione di una frutticoltura calabrese orientata verso un basso impatto ambientale. Le particolari condizioni pedoclimatiche  di alcuni areali frutticoli regionali, consentono di ottenere produzioni precoci e tardive e di raggiungere eccellenti requisiti qualitativi. In particolare, l’elevata radiazione luminosa, le temperature miti alla fine dell’inverno e in autunno, la minore piovosità nel periodo di maturazione della maggior parte delle specie da frutto, sono fattori che predispongono ad ottenere produzioni di alto pregio con elevato tenore zuccherino, anche nei periodi estremi del calendario produttivo.

- completamento dell’attività per la definizione di liste di orientamento varietale dei fruttiferi e dei portinnesti (progetto MIPAF/Regioni), attraverso una maggiore concertazione con il mondo produttivo, e valutazione dell’adattabilità delle migliori selezioni

Programma di individuazione, raccolta, recupero, caratterizzazione, conservazione e valorizzazione di germoplasma frutticolo autoctono

1a fase: individuazione, recupero, raccolta, caratterizzazione genetica, peculiarità più salienti per consumo fresco e per usi particolari;

2a fase: costituzione ex novo e/o implementazione di campi germoplasma e di moltiplicazione in sanità di fruttiferi ritenuti di maggiore interesse

L’attività rientra nell’ambito di un quadro più ampio sulla salvaguardia della biodiversità vegetale tipica della Regione Calabria. Sul tema si richiamano atre attività analoghe realizzate dai divulgatori agricoli dell’ARSSA sull’intero territorio regionale. la valorizzazione di varietà autoctone tradizionali può contribuire a rilanciare o ad affermare una frutticoltura meridionale particolarmente legata al territorio. Il recupero e la valorizzazione di vecchie varietà sono infatti fondamentali per la conservazione di un patrimonio genetico locale che altrimenti rischia di scomparire. Rappresentano, inoltre, un’opportunità per recuperare valori di una civiltà rurale legata ad antiche tradizioni e per preservare prodotti che, nella loro diversità, hanno come loro caratteristica la qualità, la genuinità e l’adattabilità.

Post-raccolta

Validazione (collaudo) e trasferimento dei risultati conseguiti dal Progetto Interregionale “Sviluppo di metodi innovativi di gestione dei frutti nella fase di post-raccolta”.

Il Progetto”Frutticoltura post-raccolta” individua interventi volti ad incrementare la qualità della produzione frutticola nazionale ed è stato definito nelle sue linee generali da un comitato costituito tra diverse regioni, tra cui la Calabria. 

Azioni del progetto:

A) Definizione degli indici di raccolta dei frutti in funzione della qualità al consumo e delle modalità di

conservazione e commercializzazione, utilizzando parametri uniformi per aree territoriali (macro aree

omogenee). Definizione di aspetti relativi alla calibratura e selezione dei frutti. Messa a punto e verifica

applicativa di tecniche e strumenti per definire tempi e modi ottimali di raccolta e per la valutazione della

qualità dei frutti su tutta la filiera

B) Approfondimento delle conoscenze sui principali patogeni e fisiopatie per mettere a punto metodi di

diagnosi e previsione delle infezioni latenti su frutta ed uva da tavola al momento della raccolta. Ricerca,

sperimentazione e messa a punto di strategie di controllo delle avversità di diversa origine fisiologica o

patologica con tecniche di protezione integrata che non influiscano sulle caratteristiche qualitative ed

igienico-sanitarie dei prodotti

C) Definizione di un protocollo per la valutazione simulata della shelf-life per le diverse specie per

prevedere il decorso della qualità durante l’intero periodo della distribuzione commerciale. Studio sulle

tecniche di conservazione più appropriate per rallentare i processi biochimici di invecchiamento e

degradazione del frutto

D) Confezionamento e packaging: attraverso verifiche applicative di nuove tecniche di confezionamento

per la grande distribuzione con materiali speciali ed atmosfere modificate

E) Tracciabilità e logistica: per l’ottimizzazione degli aspetti legati al trasporto, alla gestione degli

imballaggi ed alla logistica fino alla gestione del prodotto sul punto vendita. Studio e messa a punto di

sistemi di conservazione innovativi funzionali allo sviluppo della tracciabilità

F) Trasporto: verifiche della temperatura e dell’umidità durante il trasporto attraverso micro rilevatori su

tutta la filiera ed ottimizzazione, attraverso la messa a punto di specifici sistemi informatici, della fruibilità

dei dati in “tempo reale”

Buone pratiche agricole

Programma di studio finalizzato alla applicazione di tecniche colturali e forme di allevamento in grado di assicurare i massimi livelli di sosteniblità

Sul versante delle tecniche colturali saranno attenzionate le seguenti problematiche:

-Gestione del suolo

-Scelta delle varietà e della forma di allevamento

-Fertilizzazione

-Difesa fitosanitaria e diserbo

-Irrigazione

-Raccolta

-Potatura

OBIETTIVI SPECIFICI INTERMEDI E FINALI DA CONSEGUIRE

Il progetto si pone come obiettivi specifici: l’individuazione di nuovi genotipi  rispondenti alle esigenze di mercato e adatti alle specifiche condizioni ambientali calabresi; il recupero e la valorizzazione di varietà autoctone tradizionali per rilanciare una frutticoltura di qualità particolarmente legata al territorio; l’applicazione di sistemi innovativi della gestione dei frutti nella fase di post-raccolta; la riduzione dei costi di produzione e la messa a punto di pratiche colturali ecocompatibili. Il Progetto, mira alla realizzazione di un sistema integrato e sinergico tra i Centri Sperimentali Dimostrativi impegnati nell’attività di sperimentazione e ricerca, il cui obiettivo finale è l’incremento della qualità “globale” delle  produzioni frutticole calabresi.

RISULTATI ATTESI PER SINGOLO ANNO DI STUDIO

Primo anno

-primi risultati sull’adattabilità di nuovo materiale genetico mai valutato in Calabria e individuazione di genotipi  rispondenti alle esigenze di mercato e adatti alle specifiche condizioni ambientali

- primi risultati quali-quantitativi delle diverse selezioni poste a confronto con i diversi portinnesti

costituzione di nuovi campi di orientamento varietale e portinnesti

- individuazione, raccolta, recupero e caratterizzazione di germoplasma frutticolo autoctono

- realizzazione e implementazione di campi germoplasma e di moltiplicazione in sanità di fruttiferi ritenuti di maggiore interesse

- collaudo e applicazione dei primi risultati conseguiti dal Progetto Interregionale “Sviluppo di metodi innovativi di gestione dei frutti nella fase di post-raccolta”

- realizzazione di campi “pilota” per il collaudo di tecniche colturali e forme di allevamento in grado di assicurare i massimi livelli di sostenibilità

Secondo anno

Elaborazione dati e continuazione prove intraprese

Terzo anno

Elaborazione e divulgazione di risultati

COLLABORAZIONI ESTERNE

a) Istituto Sperimentale per la Frutticoltura - ROMA

b) Università degli Studi di Napoli – Facoltà di Agraria

c) Universita degli Studi  Mediterranea Facoltà di Agraria  Reggio Calabria

d) Centro Ricerche Produzioni Vegetali (CRPV) - Forlì

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 389.300

ANNO 2009: € 395.700        TRIENNIO: € 1.185.000

ANNO 2010: € 400.000

PROGETTO

FILIERA BIOMASSE

SCHEDA DI RICERCA

Titolo del progettoII

MULUFUNZIONALITA'    DELLE    BIOMASSE    VEGETALI    DA FILIERE ARBOREE ED ERBACEE

 

Titolo della ricercaIII

 

 

IMPLEMENTAZIONE DI MODELLI AZIENDALI PER LA PRODUZIONE DI BIOMASSE AGRO-FORESTALI     PER     USI     ENERGETICI,    ZOOTECNICO-MANGIMISTICI     E MULTIFUNZIONALI (NO-FOOD)

Durata prevista della ricerca:

      3 anni                                                                                  

 

 

 

Resp.le scientifico

UU.OO. partecipantiIV

Dr. Roberto BONOFIGLIO

Centro Sperimentale Dimostrativo “Val di Neto”

Indirizzo: C/da Fondo Barco 88821 Rocca di Neto (KR)

Tel +390962.84055/FAX +390962+39096280478  

Tel. +39 0962.84055/ Fax +39 0962.80478    cell. +39 333 7456547

E-mail: r.bonofiglio@libero.it

Partecipanti:

Dr Giuseppe STEFANIZZI;  Responsabile Tecnico vivaio “Val di Neto” e CeDA n. 10 ;

Dr Antonio SQUILLACE;    Divulgatore CeDA n. 10 “valle del-Alto Marchesato”- Rocca di

Neto (KR);

Dr Berardino PAGLIA;        Divulgatore CeDA n. 10 “valle del-Alto Marchesato”- CROTONE;

P.Agr. Salvatore MACCHIONE    Divulgatore CeDA n. 10 “valle del-Alto Marchesato”- Rocca

                                                        di Neto (KR);

Dr Tommaso GENTILE;     Divulgatore CeDA n. 6    CSD “MIRTO” ;

Dr Gaetano RISOLI;            Divulgatore CeDA n. 3;   CSD “Sibari” ;

Dr Annalisa VALENTINO; Divulgatore CeDA n. 4;   CSD “S. Marco Arg.” ;

Dr Roberto POZZOLI;         Divulgatore CeDA n. 4;   CSD “S. Marco Arg.” ;

Dr Francesco OLIVA;          Divulgatore CeDA n. 2;   CSD “Mirto -Crosìa.” ;

 

Finanziamento

richiesto dalle UU.OO. anno 2008

 

 

EURO  € 316.500

Finanziamento  richiesto alle UU.OO. TOTALE

 

 

EURO  € 1.085.000

ATTIVITÀ' DI RICERCA IN CUI E' IMPEGNATA ISTITUZIONALMENTE LA U.O. PROPONENTE INERENTE LA TEMATICA PROPOSTA

L'attività del CSD- Val di Neto” si articola generalmente su tematiche di salvaguardia ambientale in aree di interesse agricolo. Il Centro è stato ed è impegnato in ricerche e prove dimostrative con vari Istituzioni di ricerca.

Progetto Finalizzato “colture arboree fuori foresta”: condotto in collaborazione  con le OO.PP.AA. della provincia di Crotone, sono in corso prove di produttività su una specie vegetale di origine Australiana “Paulownia”. E’ stata adottata una densità di investimento di circa 1600 piante ad ettaro per impianti dedicati al taglio a turno breve “Short – rotation” , mentre per coltura dedicata alla produzione di legno nobile è stato adottato un sesto di metri 5x5 con piante disposte a quinquonce sia nel primo che nel secondo caso;

Inoltre, in collaborazione con società private del settore “Allasia Plant” sono in corso prove di confronto di produttività di diverse specie di essenze vegetali quali: Robinia, Pioppo, salice, eucalitto, e prove di densità di investimento;

Presso il CSD di Mirto, vengono invece portate avanti le seguenti altre attività:

Progetto Finalizzato "gelsibachicoltura" con la sez. di Padova dell' ISZA di Firenze, attivando prove di utilizzo multiplo del Gelso (seta, frutta, fibra cellulosica, foglia da foraggio, compostaggio dei residui dell'allevamento del baco) nonché ha avviato la riproduzione di piante di Gelso nero presenti negli antichi areali della sericoltura calabrese.

Progetto Finalizzato "RISELVITALIA" con gli Istituti del CRA: Istituto Sperimentale per la Pioppicoltura e l'Istituto Sperimentale per lo studio e la difesa del suolo, Unità di Ricerca Forestale di Roma, è stato realizzato un impianto sperimentale da biomassa impiegando le seguenti specie: eucalitto, pioppo e gelso.

 Obiettivi del progetto:

a)              incrementare la produzione di biomassa legnosa delle specie a rapido accrescimento;

b)      preparazione di materiale divulgativo sulla selvicoltura industriale e forestazione produttiva; e)  realizzazione di una specifica azione di divulgazione e di informazione sulle problematiche forestali e sui finanziamenti regionali, nazionali e comunitari;

d)             trasferimento dei risultati sperimentali e della ricerca agli utenti pubblici e privati;

possibilità dell'attivazione di filiere tecnologiche (energetiche e agroambientali).

Descrizione della ricerca:

Azione 1. (biomasse arboree)

L'imprenditore agricolo che pensi oggi alle coltivazioni per uso energetico, zootecnico-mangimistico o ornamentale con specie arboree (pioppo, salice, robinia, eucalitto, gelso) come ad una scelta possibile per la propria azienda deve fare i conti la carenza di informazioni attendibili su aspetti critici della filiera.

Si rischia di sottovalutare i problemi colturali che si presenteranno, (in particolare quelli legati alla difesa dai parassiti), di esagerare le stime delle produzioni possibili, di trascurare gli aspetti di organizzazione e integrazione di una filiera che ancora deve nascere.

Le numerose lacune di informazione su aspetti cruciali per questo tipo di coltivazioni andrebbero colmate per consentire agli agricoltori investimenti ponderati e all'Amministrazione pubblica l'adozione di interventi tecnicamente corretti e coerenti con le politiche perseguite. Le produzioni ottenute in altre realtà nazionali, possono essere prese in considerazione come orientative ma verificate in loco. Un aumento della produttività è possibile sia migliorando il modello colturale, riducendo i costi, sia per via genetica impiegando le cloni/varietà più produttive

Biomasse lignocellulosiche per uso energetico.

Si tratta di una coltura tipica dell'arboricoltura da legno, basata sulla coltivazione con metodi agronomici di varietà selezionate di piante arboree (pioppo, salice, eucalitto, robinia, paulownia ed altre) su terreni agricoli per la produzione di legname da usare per la produzione di energia calorifica e/o elettrica. Usare biomasse legnose al posto del petrolio è incentivato dalle politiche ambientali della UE (protocollo di Kyoto) in quanto concorrono al contenimento dell' "effetto serra". La CO2 che si immette nell'atmosfera bruciando legno è la stessa che gli alberi le avevano sottratto crescendo. Produrre biomassa lignocellulosica con colture dedicate permette di dare una alternativa colturale agli imprenditori agricoli e di ridurre il prelievo dai boschi cedui di origine naturale avviandoli ad una gestione conservativa più efficiente per quanto riguarda la carboritenzione (carbon sink), la conservazione della biodiversità e la protezione del suolo, l'aumento di valore per gli aspetti turistico-ricreativi e paesaggistici.

Le piantagioni da biomassa permettono anche, nel caso della robinia e dell'eucalitto di ottenere come produzione secondaria miele di ottima qualità. Biomassa per uso zootecnico-mangimistico

Specie arboree come il gelso e la robinia vengono da tempo impiegate per uso zootecnico. Le foglie hanno un elevatissimo contenuto proteico e possono essere consumate direttamente allo stato fresco (pascolamento) o secco (mangimi). Inoltre queste piante arboree sono in grado di garantire produzioni anche nei periodi siccitosi, quando le specie erbacee arrestano la loro crescita per carenza idrica.

Oltre alla parte fogliare per uso zootecnico si potrebbe utilizzare anche la parte lignocellulosica per usi energetici.

Biomasse per uso ornamentale.

Generalmente si tratta della coltivazione di varietà di eucalitto le cui fronde recise annualmente vengono impiegate nella preparazione di composizioni fiorali. Questa produzione si è sviluppata in alcune realtà territoriali (Liguria, Toscana, Lazio, Sardegna) con un certo successo per i favorevoli sbocchi di mercato sia in Italia che nel nord Europa (Germania). La coltura è adatta anche per la costituzione di barriere tampone produttive e per perimetrare le coltivazioni biologiche.

Azione 2. (Biomasse erbacee)

La Commissione Europea ha adottato il "Biomass Action Pian" (7 Decembre 2005) che ha come obiettivo la riduzione delle importazioni di petrolio dell' 8%, di prevenire le emissioni di gas serra di 209 millioni di tonnellate di CO2 equivalenti per anno e creare un incremento di 300000 nuovi posti di lavoro. Inoltre obiettivo principale di questo Piano è quello del doppio uso delle fonti bio­energetiche (legno, rifiuti, colture) al 2010. Attualmente la EU utilizza circa il 4% dell'energia necessaria da biomasse. Il Piano prevede 31 misure per promuovere le biomasse per il riscaldamento, il condizionamento, la produzione di elettricità e il trasporto (Jbiofuels).

Le azioni principali proposte includono:

         nuove leggi europee per l'uso di energia rinnovabile, includendo le biomasse per il riscaldamento ed il raffreddamento (2006);

         una possibile revisione delle direttive sul biocarburante (2006) che dovrebbe fissare i targets nazionali per la quota di biodiesel e dovrebbe obbligare I fornitori di carburante ad utilizzare il biocarburente;

         piani d'azione nazionali degli Stati Membri sulle biomasse;

         sviluppo di un'industria leader "Biofuel technology platform";

         ricerca per il biocarburante di seconda generazione.

La Commissione prevede di conseguire diversi benefici ottenibili dal doppio uso delle biomasse: •Lo share di carburante fossile nel mix energetico della EU dovrebbe decrescere da 80% a 75%, determinando così una riduzione nelle importazioni di petrolio grezzo dell'8% con prevedibili ripercussioni sul prezzo dello stesso.

•L'emissione di gas serra dovrebbe attestarsi a meno di 209 milioni di tonnellate di C02-equi vai enti per anno;

250.000 a 300.000 posti di lavoro potrebbero essere creati nel settore agricolo e forestale.

Limiti e perplessità sull'utilizzazione di biomasse a scopo energetico

L'uso di più energia da biomassse pone diverse sfide, ma incontra un numero notevole di sostanziali ostacoli:

1.    Socio-ecenomici:

1.1.       l'energia da biomasse è ancora, in generale, molto più costosa rispetto al corrente prezzo del combustuibile fossile; più ricerche tecnologiche e sviluppo saranno necessarie per massimizzare gli output energetici e l'efficienza delle tecnologie delle biomasse;

1.2.       le produzioni agricole per biomassa avranno bisogno di più superfici, ciò dovrebbe entrare in competizione con le superfici investite a produzioni alimentari e potrebbe cadere nelle critiche riguardanti l'incremento della fame nel mondo;

2.   Ambientali:

2.1.  Quale sarà l'impatto su larga scala della produzione di bio-energia sulla biodiversità, sul suolo, sull'uso della risorsa acqua e sui rifornimenti?

2.2.  Cosa succederà se per l'uso di bio-carbùranti nei Paesi industrializzati dovrebbe portare ad una distruzione di foreste tropicali in Paesi quali il Brasile?

2.3.  Sebbene gli studi scientifici indicano che l'uso delle biomasse e "carbon neutral", non tutto il mondo scientifico è d'accordo. Alcuni studi mostrano anche che la conversione di ecosistemi naturali a piantagioni bio-energetiche potrebbe risultare in una maggiore emissione di carbonio dal suolo a causa di un accelerazione del decadimento di sostanza organica.

3.   Pubblica accettabilità:

3.1.         Come indica il report della Commissione esiste una riluttanza da parte dei maggiori fornitori di energia e carburanti e da parte dei produttori di auto e riscaldamento.

3.2.         C'è una perdita di consapevolezza da parte dei consumatori.

Obiettivi

Si ritiene opportuno attivare un progetto misto (sperimentale-dimostrativo) per valutare le reali

potenzialità di queste colture sul territorio calabrese.

Per ciascuna tipologia di coltura il progetto dovrebbe riguardare:

la sperimentazione di specie, varietà, cloni e modelli colturali;

-         le produzioni ottenibili con il materiale vegetale ed i diversi modelli colturali;

-         le caratteristiche qualitative della biomassa prodotta, anche  in funzione dei suoi possibili impieghi;

-         l'analisi della redditività delle coltivazioni per individuare e verificare eventuali soluzioni aziendali alternative alle coltivazioni erbacee intensive e/o al set-aside;

l'individuazione di un modello colturale sostenibile, adatto alle aree marginali;

-     un monitoraggio sugli effetti ambientali della coltivazione usando parametri biologici;
un'analisi dell'intera filiera in termini economici ed energetici.

Risultati attesi

-         Determinazione della/e specie più idonee agli ambienti testati;

-         Determinazione del clone/provenienza con le migliori performance produttive;

-         Determinazione del modello di coltivazione più adatto e compatibile per le diverse condizioni

pedoclimatiche ed ambientali; Stesura di un disciplinare di produzione sostenibile per i diversi modelli colturali;

-    Verifica complessiva della filiera energetica e convenienza relativa dei modelli individuati.

LE U.O.. CHE VERRANNO UTILIZZATI PER LA RICERCA PROPOSTA.

Il Centri Sperimentali Dimostrativi impegnati nel progetto sono quelli di “Val di Neto”, “Sibari”, “Mirto Crosìa” e “San Marco Argentano”. Essi sono particolarmente attrezzati per la realizzazione di prove e campi sperimentali/dimostrativi, in quanto l'intera superficie è suddivisa in campi, parcelle e parcelloni sistemati e forniti autonomamente di punti acqua. La strutture sono dotate di capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale. Inoltre, detti Centri sono in collegamento il Servizio Agropedologico e con laboratori di analisi del terreno per la caratterizzazione dei suoli dove verrà condotta la ricerca.

Il parco macchine delle aziende è abbastanza fornito e permette la coltivazione e la conduzione delle prove in autonomia e senza ricorrere a contoterzismi. Altre attrezzature però devono essere acquisite sia per la specializzazione delle stesse che per ammodernare le tecnologie disponibili. Si fa presente che l'U.O. ARSSA hanno la possibilità di affiancare sul territorio Servizi tecnici di supporto (Agropedologia, Agrometeorologia e SITAC Sistema Iinformativo Territoriale Agricolo - Calabria) e propri laboratori per le prime analisi ed eventuali preparazioni dei campioni di prodotto o loro parti.

Collaborazioni esterne e supervisione scientifica

1.       UNIVERSITÀ' MEDITERRANEA DI REGGIO CALABRIA - FACOLTÀ' DI AGRARIA

2.      UNIVERSITÀ' DI FIRENZE - FACOLTÀ'DI AGRARIA

3.      CRA - MIPAF    ISTITUTO SPERIMENTALE PER LA PIOPPICOLTURA - ROMA

4.      CRA-MIPAF    ISTITUTO SPERIMENTALE PER LA SELVICOLTURA-COSENZA

5.      STAZIONE SPERIMENTALE DELLA SETA - MILANO

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 316.500

ANNO 2009: € 368.500        TRIENNIO: € 1.085.000

ANNO 2010: € 400.000

PROGETTO

FILIERA PIANTE OFFICINALI

SCHEDA DI PROGETTO

 

1. Tematica  e Filiera

Piante officinali

2. Titolo

Nuovi usi e tecniche di trasformazione delle piante officianali

3. Acronimo

nutto

4. Tipo di progetto

x

Ricerca

x

Sviluppo

x

Dimostrativo

 

Misto

5. Durata (mesi)

36

 

 

6. Finanziamento

complessivo richiesto (€)

598.000 (3 anni)

7.  Coordinatore di progetto

Nome e Cognome

Luigia Angela Iuliano

Istituzione di appartenenza

Indirizzo, telefono, e-mail

Agenzia Regionale per i servizi e lo sviluppo in agricoltura della regione Calabria (ARSSA)

 

 

Partecipanti alla Ricerca

Nome e cognome

Dott.ssa Pia Rispoli

Divulgatore ARSSA

 

Dott.ssa Maria Grotteria

                      

 

p.a. Altobella Sigilli

                      

 

p.a. Domenico Pascali

                      

8. Descrizione del progetto

a)      Sintesi del progetto

 Dagli anni 80 in poi si è diffusa la moda del naturale, supportata dalla concezione che il farmaco di sintesi ha degli effetti secondari negativi, mentre il prodotto naturale, anche se forse meno efficace, non farebbe male. Con l’aiuto dei media si è creato un grosso interesse attorno alle piante officinali da parte dei consumatori, questo ha fatto crescere negli anni il consumo dei prodotti a base di erbe, sono, parallelamente aumentati i canali di vendita (farmacie, erboristerie, grande distribuzione, porta a porta), per soddisfare le richieste di mercato. La nuova legislazione del settore ha imposto maggiori garanzie per i consumatori finali, con maggiori chiarezze sulle etichette relativamente alle composizioni dei vari prodotti. La produzione officinali si vende solo se appositamente certificata, sulle composizioni dei principi attivi e sulle garanzie igieniche del prodotto. Anche le pratiche agricole sono andate nella direzione di una maggiore compatibilità con l’ambiente, molte piante di quelle che appartengono al gruppo delle officinali sono interessanti dal punto di vista del rinettamento del terreno, o come antiparassitari. La regione Calabria per le condizioni geografiche e climatiche gode di una grande ricchezza di piante spontanee che possono essere utilizzate come medicinali, tutto ciò confermato dai progetti e dalle ricerche che dal 1996 al 2002 l’ARSSA a condotto con altri enti di ricerca. Pertanto le attività in progetto riguarderanno le seguenti linee tematiche: le piante aromatiche, medicinali e biocidi, tecniche di coltivazione e individuazione di nuove specie; piante tintorie Integratori alimentari tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie; piante da cosmesi, Piante da profumo tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie; campo catalogo e percorsi didattici; gelsomino; laboratorio tecnologie di trasformazione delle piante officinali. Si lavorerà ai fini della valutazione qualitativa e quantitativa dei principi attivi contenuti dalle piante, saranno effettuati dei raffronti tra il prodotto spontaneo nelle diversi fasi fenologiche e su quello presente nei campi dei vari Centri sperimentali coinvolti. Sarà valutata la tossicità di alcuni composti ai fini alimentari, cosmetici e medicinali. Per le piante biocidi saranno effettuate prove di efficacia in campo, utilizzando prodotto fresco, congelato ed essiccato. Contemporaneamente saranno indagate altre specie  provenienti da prelievi della flora spontanea calabrese, nonché le tecniche di coltivazione. Il laboratorio di trasformazione del csd di Lamezia supporterà le linee di ricerca ai fini della trasformazione e l’individuazione di nuovi usi, pertanto sarà allestito con le attrezzature necessarie come: un estrattore, per la produzione di essenze con qualsiasi tipo di solvente, un turboemulsionatore per la produzione di creme di base con uso di mucillagini ed essenze vegetali, un frullatore ad immersione, una centrifuga, un trituratore, relativamente alle valutazioni quali-quantitative sarà effettuata una convenzione con la stazione delle essenze di Reggio Calabria,  il laboratorio di trasformazione regolarmente autorizzato dal Ministero della Sanità potrebbe svolgere lavoro di produzione contoterzi. Parallelamente sarà avviata l’attività didattica per l’aggiornamento degli agricoltori che vogliono andare verso la multifunzionalità e l’aggiornamento dei docenti  ai fini della diffusione della cultura del corretto uso delle piante officinali.

b)      Inquadramento del progetto negli obiettivi della programmazione del settore

Le attività in programma si inquadrano nella strategia generale di diversificazione delle produzioni e nello specifico nelle colture no-food. Individuazione di usi innovativi nelle coltivazioni tradizionali delle  officinali, favorire uno sviluppo ecosostenibile del settore promuovere ricadute positive su tutto  il sistema economico locale dei territori interessati. Si inquadra all’interno della pac come colture alternative a quelle eccedentarie e nei processi di valorizzazione dei territori andando verso le produzioni integrate in filiere corte e artigianali.

c)      Stato dell'arte generale sull’argomento del progetto 

La regione Calabria rimane la prima regione d’Italia in quanto a superficie investita a piante officinali, per questo motivo già da tempo  l’ARSSA  svolge attività di assistenza tecnica alle aziende e  progetti nel settore, fin dal 1996 prima con il  POM (Programma Operativo Monofondo) reg. CEE n. 2081/92 mis. 1.3.1 n. 5/D 6/D, poi con il POM  A 34 – Valorizzazione dei prodotti trasformati delle piante officinali dell’Italia Meridionale e Insulare. I progetti sono stati svolti in collaborazione con l’Università degli Studi di Reggio Calabria, Facoltà di Agraria, Università degli studi della Magna Grecia di Catanzaro, Facoltà di Farmacia e la Stazione delle essenze agrumarie di Reggio Calabria; hanno messo  in rilievo la necessità di organizzare una filiera delle piante officinali in Calabria, poiché settore produttivo in espansione e che offre, buone possibilità di diversificazione delle produzioni aumentando ed integrando il reddito aziendale. I risultati di entrambi i progetti sono stati utilizzati dall’Agenzia per la stesura del progetto integrato di filiera delle piante officinali che è stato redatto dai divulgatori agricoli in sinergia con il Consorzio dei produttori calabresi di piante officinali e loro derivati, costituitosi nell’ottobre 2000 grazie all’ARSSA che mise a disposizione parte dei fondi del pom A34 per il pagamento delle spese notarili. Il PIF delle officinali è stato finanziato dalla regione Calabria per un importo di circa 19.450.000 €, le aziende coinvolte sono 154 con due grosse realtà di trasformazione, l’area di interesse del pif è l’intero territorio regionale. Nel corso di questi ultimi tre anni l’ARSSA ha promosso la procedura della DOP della Liquirizia di Calabria, ha proceduto alla delimitazione delle aree di produzione. In collaborazione con l’Università di Bari, Facoltà di Agraria, il CSD di San Pietro Lametino ha lavorato sulla caratterizzazione del germoplasma dell’origano calabrese, in collaborazione con L’ISAFA di Trento è stata testata la camomilla calabrese al fine di verificare la presenza di camazulene. In questi anni sono stati istituiti dei campi catalogo e delle parcelle di coltivazione, sia presso i CSD di Lamezia, Mirto, Molarotta, Locri, sia presso aziende private come sul Monte Poro e nell’area della Locride.

d)      Obiettivi generali e specifici (intermedi e finali)

Gli obiettivi generali del programma consistono nell’introdurre nuove tecniche di prodotto e di processo, riorientare e riconvertire la produzione secondo le esigenze del mercato e secondo le esigenze territoriale. Indurre sistemi e tecniche di controllo della qualità. Migliorare i processi di trasformazione, aumentare l’offerta dei prodotti assicurare i vantaggi per i produttori di base, migliorare la qualità dei prodotti agricoli trasformati, creare nuovi sbocchi per la produzione agricola, favorire l’innovazione. Introdurre sistemi e tecniche per il controllo della qualità. Erogazione di servizi alle aziende agricole e ai consorzi per le certificazioni Dop. Aumentare la competitività e la produttività delle imprese agricole attraverso l’individuazione di nuovi usi delle attuali coltivazioni, uno sviluppo sostenibile ed ecocompatibile, migliorare e riconvertire la produzione, migliorare la qualità dei prodotti agricoli di base e trasformati.

Obiettivi specifici:

- per la linea di ricerca piante medicinali, biocide e aroamatiche  gli obiettivi consistono nell’individuazione di piante a più  elevato tenore di principio attivo, individuazione di specie condimentarie e aromatiche più pregiate dal punto di vista organolettico.

- per le piante tintorie e integratori alimentari gli obiettivi consistono nell’individuazione di piante a più elevato contenuto di pigmenti e nell’individuazione di processi di colorazione del filato innovativi e a basso impatto ambientale, per gli integratori alimentari gli obiettivi consistono nell’individuazione del maggior numero possibile di antiossidanti con l’individuazione delle specie più pregiate dal punto di visto del benessere della persona.

- per le piante da cosmesi gli obiettivi consistono nell’individuazione di piante utilizzate nella formulazione dei cosmetici, individuazione di piante utilizzate nella formulazione dei profumi;  individuazione di specie vegetali di largo consumo per la produzione di gomme, mucillagini e sostenze gelificanti.

9. Piano di attività

Descrizione delle attività previste suddivise per linee di ricerca o attività

Piante aromatiche, medicinali e biocide tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie. Le piante officinali in Calabria hanno da sempre avuto un utilizzo diffusissimo. Tuttavia le caratteristiche morfologiche del territorio (montuosità) hanno determinato caratteristiche peculiari nelle diverse zone del territorio relativamente alle piante utilizzate ed ai procedimenti d’uso. Proprio per questo molti aspetti restano da approfondire ulteriormente. Inoltre, la grande variabilità qualitativa e quantitativa dei diversi componenti un fitocomplesso, che dipendono da numerosi fattori quali, la variabilità specifica, le caratteristiche pedo-climatiche dei terreni di crescita dello spontaneo e/o di quelli di coltivazione, presenza di specie caratterizzate dalla presenza di varianti del chemiotipo morfologicamente geneticamente indistinguibili, variabilità dei componenti nelle diverse parti della pianta, variabilità durante il ciclo vegetativo (tempo balsamico) sono i presupposti che rendono necessario l’approfondimento delle conoscenze delle specie officinali, ed in particolare quelle autoctone della Calabria.

Piante Biocide

- valutazione quantitativa del contenuto di glusodinolati-mirosinati, verranno effettuati per singole specie in: Nasturtium officinale, Erucastrum virgatum, Sinapsi alba, Sinapsi pubescens, Isatis tinctoria, prelievi di prodotto spontaneo nelle diverse fasi fenologiche ed analizzate in laboratorio;

- prove di coltivazione ed utilizzo poer sovescio, sia presso il Centro sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme che presso aziende private, Si valuterà il livello dei patogeni terricoli prima e dopo il sovescio. Le prove di efficacia in campo utilizzerà prodotti freschi, congelati ed essiccati.

Piante Medicinali

- valutazione del contenuto dei principi attivi in : Hypericum perforatum, Cynara cardunculus, Cuscus aculeatus, Rosa canica, Juniperus communis;

- prelievi di prodotti per singole specie, sia dallo spontaneo che dal coltivato nelle diverse fasi fenologiche da analizzare in laboratorio;

- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme che presso aziende private per saggiare le caratteristiche delle piante coltivate in diversi microclimi e le piante verranno analizzate.

Piante Aromatiche

valutazione del contenuto dei principi attivi in : Pimpinella sspp., Foeniculum sspp., Melissa sspp., Origanum ss.pp., Rosmarinus ss.pp., Eruca ss..pp., Sinapsi ss.pp., Salvia ss.pp., Thymus sspp.

- prelievi di prodotti per singole specie, sia dallo spontaneo che dal coltivato nelle diverse fasi fenologiche da analizzare in laboratorio;

- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme che presso aziende private per saggiare le caratteristiche delle piante coltivate in diversi microclimi e le piante verranno analizzate.

- valutazione della resistenza alla conservazione per prodotti di quarta gamma in specie autoctone spontanee e coltivate, valutazione sensoriale delle produzioni attraverso la preparazione di standard di valutazione e di panel di assaggiatori per la valutazione organolettica.

Piante tintorie, integratori alimentari, tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie

Piante tintorie

- valutazione del contenuto dei principi attivi in: Isatis tintoria, Carthamus tinctorius, Rubia tinctorum, Resedea Luteolo, Anthemis tincotira, Genista tintoria, Noce comunis, Guado, Indigofera, Opunzia ficus indica.

- prelievi di prodotti per singole specie, sia dallo spontaneo che dal coltivato nelle diverse fasi fenologiche da analizzare in laboratorio;

- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme, costituzione di un campo catalogo presso il CSD delle Serre, che presso aziende private per saggiare le caratteristiche delle piante coltivate in diversi microclimi e le piante verranno analizzate.

- prove di colorazione, tradizionale, e individuazione di nuovi procedimenti  sui diversi tipi di filato.

Piante per integratori alimentari

- valutazione quantitativa del contenuto dei principi attivi (antiossidanti)  in: Origano sspp, rosmarino sspp, zafferano sspp, basilico sspp, cipolla sspp, peperoncino sspp. 

- prelievi di prodotti per singole specie, sia dallo spontaneo che dal coltivato nelle diverse fasi fenologiche da analizzare in laboratorio;

- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme, costituzione di un campo catalogo presso il CSD delle Serre, che presso aziende private per saggiare le caratteristiche delle piante coltivate in diversi microclimi e le piante verranno analizzate.

- prove di colorazione, tradizionale, e individuazione di nuovi procedimenti  sui diversi tipi di filato.

Piante da cosmesi, Piante da profumo tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie

Le piante officinali in Calabria hanno da sempre avuto un utilizzo diffusissimo. Tuttavia le caratteristiche morfologiche del territorio (montuosità) hanno determinato caratteristiche peculiari nelle diverse zone del territorio relativamente alle piante utilizzate ed ai procedimenti d’uso. Proprio per questo molti aspetti restano da approfondire ulteriormente. Inoltre, la grande variabilità qualitativa e quantitativa dei diversi componenti un fitocomplesso, che dipendono da numerosi fattori quali:

- variabilità specifica;

- caratteristiche pedo-climatiche dei terreni di crescita dello spontaneo e/o di quelli di coltivazione;

- presenza di specie caratterizzate dalla presenza di varianti del chemiotipo morfologicamente e geneticamente  indistinguibili;

-variabilità dovuta ai processi di lavorazione che subiscono dopo la raccolta;

- variabilità dei componenti nelle diverse parti della pianta;

- variabilità durante il ciclo vegetativo (tempo balsamico);

sono i presupposti che rendono necessario l’approfondimento delle specie officinali, ed in particolare quelle autoctone della Calabria. Il settore cosmetico è sicuramente destinato a stimolare sia la ricerca che l’applicazione di sostanze che sono utilizzate per sostituire composti di origine animale nelle formulazioni dei cosmetici. L’opportunità potrebbe essere rappresentata dalla rivalutazione di piante tipiche dell’agricoltura calabrese, per le quali esiste già una presenza produttiva, quali l’olivo e gli agrumi, andando così ad offrire a queste specie nuovi filoni di produzione e reddito.

PIANTE PER USO COSMETICO e PROFUMIERO:

olivo, alloro, agrumi (limone, arancia, mandarino, bergamotto), lavanda, elicriso, calendula, ginestra, gelsomino, menta, aloe, assenzio, pelargonium, timo, peonie, caprifoglio, salvia, garofano. Verranno individuate piante cosmetiche e da profumo; per le singole specie verranno effettuate delle prove di  tecniche di coltivazione,  valutati i costituenti  chimici degli olii essenziali e analizzati i componenti tossici attraverso specifiche analisi chimiche con spettrografo o cromatografo; valutazione qualitativa dei sottoprodotti terpenici e di altri miscugli di sostanze odorifere; valutazione delle acque distillate aromatiche e soluzioni acquose di olii essenziali. Per l’alloro sarà messa a punto la tecnica di estrazione sia dell’olio essenziale dalle foglie e dal fusto sia l’estrazione dell’olio dalle bacche.

PIANTE PER LA PRODUZIONE DI GOMME, MUCILLAGINI E SOSTANZA GELIFICANTI:

individuazione di specie per la produzione di gomme, mucillagini e sostanze gelificanti; valutazione del contenuto di mucillagini e di altre sostanze secondarie nelle specie individuate.

Campi catalogo e percorsi didattici

Le sempre maggiori richieste di attività didattica che pervengono ai csd ci ha spinto a programmare la costituzione di campi cataloghi destinati alla fruizione didattica sia per le scuole sia per gli operatori. I campi serviranno ai fini del riconoscimento botanico delle specie officinali, pertanto porzioni di piante, fiori e altro potranno essere prelevate per esercitare i sensi dei visitatori, inoltre i campi saranno affiancati da tre laboratori didattici: il laboratorio del profumo (costruzione di un profumo), il laboratorio dei colori (uso di polveri vegetali nella pittura), il laboratorio dei saponi e delle creme cosmetiche (con possibilità di fare un sapone o una crema ad uso cosmetico) laboratorio di tintura (colorazione con le piante dei filati naturali). Lo scopo dei laboratori è quello di far scoprire gli usi diretti delle piante officinali. I campi e i laboratori costituiranno un pacchetto didattico che potrà essere fruito direttamente nei csd di Lamezia Terme e di Mirto o attraverso appositi kit potrà essere fruito direttamente a Scuola. Tale attività sarà svolta sia a livello delle scuole di ogni ordine e grado, sia agli operatori agricoli per formarli alla predisposizione di nuove attività didattiche in azienda, inoltre periodicamente saranno proposti dei seminari di aggiornamento per insegnanti e imprenditori agricoli. Tutto il lavoro didattico sarà supportato dalla preparazione di appositi quaderni e kit.

Gelsomino

- valutazione del contenuto dei principi attivi e dell’essenza in: gelsomino ss.pp.

- prelievi di prodotti per singole varietà sia nelle diverse fasi di fioritura da analizzare in laboratorio;

- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme, e presso il CSD di Locri.

- individuazione del processo di produzione dell’essenza dalla concreta, con indicazioni sui macchinari più adeguati e meno costosi di dimensioni medio piccole per realtà artigianali.

Istituzione di un nucleo di moltiplicazione delle piante officinali presenti nei vari campi catalogo

Il csd di Lamezia e quello delle Serre, avranno un centro di moltiplicazione delle piante officinali, finalizzate al ripristino delle fallanze nei vari campi e alla produzione delle piante necessarie per effettuare le prove.

Laboratorio tecnologie di trasformazione delle piante officinali

Attualmente presso il csd di Lamezia esiste un laboratorio di trasformazione delle piante officinali, ma le attrezzature in dotazione sono solo un torchietto, un percolatore, un estrattore in corrente di vapore dalla capacità di 60 l. L’attività di ricerca prevista prevede che il laboratorio del csd di Lamezia diventi il supporto a tutte le linee di ricerca che si percorreranno, il laboratorio dovrà essere in grado di produrre gli estratti che poi saranno mandati presso le Università e la stazione delle essenze per le analisi, inoltre il laboratorio dovrà avere tutta l’attrezzatura necessaria per la produzione di cosmesi, (saponi, creme, lozioni, profumi etc.), tinture madri, tisane, olii essenziali etc. Il laboratorio affinché possa lavorare anche per l’esterno ai fini di piccole produzioni conto terzi, ha necessità delle relative autorizzazioni igienico sanitari e ministeriali. Pertanto si procederà alla messa in regola del laboratorio di trasformazione del CSD di Lamezia anche da questo punto di vista con i relativi lavori di adeguamento strutturale.

Descrizione delle modalità di monitoraggio  al progetto e verifica dei risultati

Il monitoraggio interno e la verifica dei risultati riguarderà l’identificazione di principi attivi e la possibilità del loro utilizzo nella trasformazione, la resa, e l’individuazione di processi di trasformazione per dare indicazioni a laboratori medio-pioccoli di carattere artigianale. Il numero degli incontri con gli operatori agricoli, con gli insegnanti e con gli studenti.

Risultati attesi suddivisi per linea di ricerca 

Individuazione di nuovi prodotti. Nuovi usi, nuove procedure di trasformazione, individuazione di specie ricche in principi attivi. Lavoro contoterzi per piccole quantità per il laboratorio di trasformazione.

 10. Articolazione temporale delle attività del  progetto con esplicitazione dei risultati intermedi previsti

Il progetto si articolerà in tre anni tutte le fasi sotto elencate verranno attivate contemporaneamente

- Individuazione delle specie nei diversi ambienti calabresi;

- prelievo dei campioni nelle diverse fasi fenologiche,

- individuazione delle aziende private in cui effettuare prove di coltivazione;

- prove di coltivazione e prelievi nelle diverse fasi fenologiche;

- analisi di laboratorio per la valutazione quali-quantitativa dei principi attivi

- Individuazione delle specie nei diversi ambienti Calabresi;

- prove di coltivazione e prelievi nelle diverse fasi fenologiche;

- prove di laboratorio per la valutazione quali quantitativa dei principi attivi.

- Costituzione del campo catalogo del csd di Lamezia Terme per i percorsi didattici

- Costituzione del campo catalogo del csd di Mirto per i percorsi didattici

- Allestimento dei laboratori didattici del csd di  Lamezia e di Mirto

- Predisposizione di quaderni didattici

- Predisposizione di Kit didattici

- costituzione campo di coltivazione del Gelsomino al csd di Lamezia

- costituzione campo di coltivazione del Gelsomino al csd di  Locri

- valutazione dei campioni di concreta

- prove di estrazione dell’essenza dalla concreta

11. Elenco delle Unità Operative (UO) partecipanti e di eventuali collaborazioni  esterne

Si stipuleranno convenzioni con L’università della Magna Grecia di Catanzaro, Università degli studi di Reggio Calabria Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Bari Facoltà di Agraria, Facoltà di Farmacia, la stazione delle essenze agrumarie di Reggio Calabria, per le analisi chimiche e per il supporto scientifico. CSD di Lamezia Terme, CSD delle Serre, CSD di Locri, CSD di Mirto.

12. Ostacoli prevedibili ed azioni correttive

Si prevede di riuscire a diffondere l’uso di fumigazioni naturali a basso impatto ambientale.

Possibilità di individuare specie ad elevato contenuto di principi attivi desiderati, da utlizzare nell’industria farmaceutica ed  alimentare.

13. Risultati attesi suddivisi per ogni linea di ricerca

- Valorizzazione di specie autoctone;

- Diffusione di tecniche colturali a basso impatto ambientale.

- Si prevede di riuscire a diffondere l’utilizzo di alcune piante tipiche del territorio Calabrese come agrumi e olivo in cosmetica;

-Possibilità di individuare specie ad elevato contenuto dei principi attivi desiderati da utilizzare nell’industria profumiera;

- possibilità di lavorare i prodotti di ginestra, gelsomino e bergamotto.

14.  Ricadute e benefici 

a.                  Benefici scientifici

- Valorizzazione di specie autoctone;

- diffusione di tecniche colturali a basso impatto ambientale.

15. Piano di sfruttamento dei risultati

-         Pubblicazioni scientifiche, tecniche e divulgative

-         Convegni

-         Materiali didattici e Corsi di formazione

-         Brevetti

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 231.000

ANNO 2009: € 167.000        TRIENNIO: € 598.000

ANNO 2010: € 200.000

PROGETTO

FILIERA ORTICOLA

FRAGOLA

SCHEDA DI PROGETTO

1. Titolo

Fragola Calabria

2. Acronimo

fracal

3. Tipo di progetto

 

Ricerca

 

Sviluppo

 

Dimostrativo

X

Misto

4. Durata (mesi)

36 mesi

 

 

5. Finanziamento complessivo richiesto (€)

EURO 217.500

6. Coordinatore di progetto

Nome e Cognome

Maurizio FUNARO

Istituzione di appartenenza

 

Indirizzo, telefono, e-mail

A.R.S.S.A. – Regione Calabria

 

A.R.S.S.A. – Centro Sperimentale-Dimostrativo-S.S. 106, km 107,100 – 88050 CROPANI M. (CZ)

Tel e fax 0961/961269e-mail arssacropani@tiscali.it

7. Sintesi del progetto

Descrizione del progetto

Il comparto fragola in Calabria è piuttosto vivace e in continua evoluzione. Nel triennio 2004-2006, le superfici sono passate da 216 a 254 ettari (+ 14%) collocando la Calabria al 6° posto in Italia tra le Regioni produttrici di fragola. La coltura è presente quasi esclusivamente nella Piana di Lamezia T. (CZ).

Le produzioni calabresi si sono affermate a livello nazionale per l’elevata qualità e il sistema fragola garantisce redditività ai produttori, occupazione per molta manodopera stagionale e alimenta un importante indotto rappresentato dall’entità dei mezzi tecnici impiegati per la coltivazione e dal considerevole flusso commerciale di esportazione (nord Italia, estero) ad esso connesso.

Da oltre dieci anni l’A.R.S.S.A. - Regione Calabria è fattivamente impegnata nel comparto:

- dal 1995 è una delle Unità Operative nell’ambito del Progetto del Mi.P.A.F. “Liste di Orientamento Varietale” – Fragola e, unitamente alle principali Regioni italiane produttrici di fragola, ogni anno, costituisce e gestisce campi sperimentali-dimostrativi, finalizzati alla verifica della validità di varietà e nuove selezioni di fragola prodotte dai vari Istituti di ricerca pubblici e privati, nazionali ed esteri, nonché di tecniche colturali innovative;

- a partire dal 1994 l’Agenzia ha promosso l’introduzione e diffusione di tecniche innovative di “produzione integrata”, finalizzate all’ottenimento di un prodotto di alta qualità, contribuendo all’istituzione e registrazione (nel 2001) del marchio “Fragole di Lamezia”, regolato da un “Disciplinare di Produzione” e utilizzato in fase di commercializzazione.

- dal 2004, infine, l’A.R.S.S.A. conduce sull’Altopiano della Sila prove sperimentali di produzione vivaistica di piante di alta qualità.

Il Progetto ha una durata triennale (2007-2009) e si articola nelle seguente tre linee di attività:

A. Produzione vivaistica di piante di alta qualità’;

B. Miglioramento genetico;

C. Campi tecnologico – varietali.

Ciascuno dei tre punti (A, B, C), si caratterizza per poter essere sviluppato singolarmente e al tempo stesso è strettamente connesso e complementare agli altri.

A. Produzione vivaistica di piante di qualità

            Si vuole consolidare l’attività sperimentale, già avviata, di produzione vivaistica di piante di fragola sul territorio calabrese, dimostrando che è possibile ottenere in Calabria piante di fragola di alta qualità. Ciò al fine di innescare un processo di autonomia, anche parziale, di produzione di piante, finora inesistente per la fragolicoltura meridionale, che è totalmente dipendente dalle aziende vivaistiche del Nord Italia ed estere ed evitare tutti gli inconvenienti connessi con l’impiego di piante prodotte in altri ambienti (in alcuni casi ad oltre 1000 km di distanza), che quasi mai presentano garanzie di puntualità di consegna, continuità di risultati produttivi, esenzione da problemi fitopatologici, ecc. L’attività vivaistica verrà sviluppata in aree svantaggiate di montagna, sicuramente vocate alla moltiplicazione delle piante di fragola, come quelle dell’altopiano silano.

            Le azioni progettuali dovranno essere orientate a favorire il coinvolgimento di soggetti privati e degli stessi produttori di fragola calabresi nella costituzione di una attività produttiva finalizzata alla produzione commerciale di piante di fragola sul territorio calabrese.

I potenziali sbocchi commerciali di una attività vivaistica su fragola in Sila sono rilevanti (nella sola Calabria si commercializzano ogni anno circa 15 milioni di piante all’anno) e riguardano anche le altre Regioni dell’Italia meridionale.

            E’ prevista la produzione di due tipi di pianta: piante fresche “a radice nuda” e piante fresche “cime radicate”. Infatti, in Calabria la fragolicoltura è ormai da tempo quasi tutta basata sull’impiego di piante fresche “a radice nuda”, che, rispetto alle piante frigoconservate, consentono di posticipare la piantagione di circa un mese, di anticipare il calendario di raccolta e di raggiungere un alto livello qualitativo dei frutti per un lungo periodo di tempo.

Inoltre, da qualche anno si registra un costante aumento di interesse anche per le piante fresche “cime radicate”, prodotte in 25-30 giorni attraverso la radicazione, su substrato di torba e in condizioni controllate, di “cime” di stolone prelevate nei vivai e provviste di abbozzi radicali.

B. Miglioramento genetico

            Si intende intraprendere un’attività di miglioramento genetico direttamente sul territorio calabrese, come si fa in altre Regioni italiane, e non limitarsi a verificare l’adattamento di varietà prodotte in altre parti d’Italia e del mondo (negli ultimi anni si sono affermate in Calabria varietà di origine spagnola o californiana).

Poter disporre di varietà selezionate nello stesso ambienti di coltivazione costituisce un’ulteriore garanzia per i produttori e un importante salto di qualità per la coltura in Calabria.

C. Campi tecnologico-varietali

            Occorre estendere l’attività di sperimentazione e valutazione varietale che l’A.R.S.S.A. conduce su fragola da oltre 10 anni nella Piana di Lamezia T. (CZ) nell’ambito del Progetto del Mi.P.A.F. “Liste di Orientamento Varietale” – Fragola, in altri ambienti come quelli di alta collina e di montagna, al fine di promuovere la coltura in aree completamente diverse per ciclo colturale, epoche di raccolta e caratteristiche qualitative del prodotto, rispetto agli ambienti tradizionali di pianura, soddisfacendo esigenze che in tal senso giungono sempre più numerose dal mondo agricolo.

            Inoltre, viene previsto un campo sperimentale allo scopo di favorire lo sviluppo di soluzioni colturali tecnologicamente avanzate e innovative e, tra queste, si individua la coltivazione della fragola “fuori suolo”. Tale sistema di coltivazione, da un lato offre l’opportunità di ampliare il calendario di raccolta e di ottenere produzioni significative in periodi dell’anno di scarsa presenza sul mercato del prodotto fragola (autunno e inizio inverno) e dall’altro di ovviare, svincolando la coltura dal suolo vero e proprio, ai problemi legati alla disinfezione del terreno con prodotti chimici largamente in uso in fragolicoltura e ai problemi di adattabilità della coltura stessa alle caratteristiche podologiche dei terreni, che spesso ne limitano la possibilità di diffusione.

Piano di attività di massima

A) Produzione vivaistica di piante di qualità

Una preliminare azione sperimentale condotta nell’ultimo triennio dall’A.R.S.S.A. presso il Centro Sperimentale Dimostrativo “Molarotta” di Camigliatello Silano (CS), in collaborazione con l’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura – Sezione di Forlì, ha già evidenziato la possibilità di ottenere in Sila piante fresche di alta qualità. Le piante messe a dimora in campo, nei campi di valutazione varietale e presso aziende private, in tutte le Regioni meridionali, a confronto con piante tradizionali provenienti da altri ambienti, (Valle Padana, Polonia e Spagna) hanno evidenziando un interessante comportamento vegeto-produttivo  e numerosi vantaggi.

L’attività vivaistica prevede il coinvolgimento dei Centri Sperimentali-Dimostrativi dell’A.R.S.S.A. di Camigliatello Silano (CS) e di Cropani M. (CZ) e di alcune aziende private. I C.S.D. A.R.S.S.A. avranno funzione propulsiva di indirizzo tecnico-scientifico per il trasferimento dell’innovazione nei riguardi delle aziende private che dovranno assumere le competenze per avviare una concreta attività vivaistica commerciale.

I vivai in montagna, realizzati presso il Vivaio A.R.S.S.A. di Camigliatello Silano (CS) e in almeno un’aziende privata dello stesso territorio, saranno finalizzati alla produzione di piante “a radice nuda” e di cime di stoloni non ancora radicati per la produzione di piante "cime radicate".

Verranno costituiti complessivamente 5.000 mq di vivaio in cui è prevista la messa a dimora, previo autorizzazione da parte dei costitutori, di piante madri (sesto m. 0,80x1) di varietà (già brevettate) che attualmente meglio si adattano agli ambienti di coltura calabresi, nonché di piante dei migliori nuovi genotipi selezionati nell’ambito di ricerche di miglioramento genetico nazionali, preventivamente valutate nei campi varietali realizzati nel Sud Italia (Progetto Mi.P.A.F. “Liste varietali”).

La gestione del vivaio, da impiantare a fine marzo - inizio aprile, consiste, oltre che nelle operazioni di preparazione del terreno, in interventi di concimazione, difesa fitosanitaria (anche con il ricorso a tecniche biologiche), irrigazione a pioggia, eliminazione meccanica e manuale delle infestanti. La raccolta delle cime di stolone per la produzione di “cime radicate” avverrà a fine agosto o nella prima decade di settembre, in modo da mettere le nuove piante in campo entro la fine di settembre. A partire da fine settembre, dagli stessi vivai, saranno estirpati gli stoloni radicati e ottenute le piante fresche a radice nuda, pronte per essere messe a dimora immediatamente in campo.

Si ipotizza per 5.000 mq di vivaio una produzione complessiva di 20 piante/mq., pari a 100.000 piante, di cui il 10% (10.000) “cime radicate” e le restanti (90.000) “a radice nuda.

La tecnica di produzione di piante fresche “cime radicate” verrà sviluppata presso il C.S.D A.R.S.S.A. di Cropani M. (CZ), situato sulla fascia Ionica catanzarese e dotato di strutture adatte a realizzare la radicazione in ambiente protetto delle cime di stolone prelevate dai vivai di montagna.

Una parte delle piante prodotte verrà avviata alla fase di valutazione nei campi di orientamento varietale ubicati nelle Regioni del Sud Italia, dove il comportamento vegeto-produttivo e qualitativo delle piante prodotte in Sila continuerà ad essere confrontato con il materiale vegetale proveniente da vivai del Nord Italia ed esteri (Spagna, Polonia).

Le altre piante potranno essere commercializzate presso le aziende che ne faranno richiesta e il ricavato potrà rappresentare fonte di autofinanziamento per la continuazione e lo sviluppo del Progetto.

B) Miglioramento genetico

Si prevede la costituzione di un campo per la valutazione di nuovi incroci, in cui individuare e selezionare genotipi adatti alla Calabria e più in generale agli ambienti con caratteristiche simili (le altre Regioni dell’Italia meridionale).

Il campo, della superficie di 1.000 mq., realizzato in coltura protetta, in cui verranno osservati circa 3.000 semenzali, deve essere gestito come un normale fragoleto: messa a dimora delle piante in ottobre, in file singole pacciamate con film plastico nero e dotate di ali gocciolanti disposte sotto la pacciamatura, espianto a fine maggio.

E’ opportuno realizzare il campo di miglioramento genetico presso il C.S.D. A.R.S.S.A. di Lamezia T., dato che il Centro sorge nell’area dove si concentra quasi tutta la produzione di fragola calabrese, dotando il Centro stesso di una struttura protetta idonea (serra tunnel).

Per il supporto scientifico sono necessarie le competenze dell’Istituto Sperimentale Frutticoltura di Forlì, con cui esistono, da circa dieci anni, consolidati rapporti di collaborazione, che svolgerà l’attività di laboratorio di costituzione dei nuovi incroci e fornirà il necessario supporto scientifico nel processo di individuazione dei genotipi idonei alla costituzione di nuove varietà pienamente adatte agli ambienti calabresi, con periodici sopraluoghi.

C) Campi tecnologico-varietali

Il principale campo sperimentale di valutazione varietale continuerà ad essere realizzato ogni anno nella Piana di Lamezia T. (CZ). Esso normalmente è finanziato con fondi MiPAF - Regione Calabria nell’ambito del Progetto “Liste di orientamento varietale”- Fragola.

Tuttavia, per perseguire l’obiettivo di valorizzazione della coltura anche in altri ambienti delle Calabria diversi da quelli di pianura, è prevista l’estensione dell’attività di sperimentazione e valutazione tecnico-varietale nel C.S.D. A.R.S.S.A. Molarotta di Camigliatello Silano (CS) per l’area silana e presso il C.S.D. A.R.S.S.A. di Paola (CS) per la medio-alta collina del Tirreno cosentino. Le prove saranno attuate su unità di superficie minime di 1.000 mq, in campo aperto e comprenderanno anche la “fragolina di bosco”.

L’avvio della sperimentazione della coltura di fragola “fuori suolo” sarà condotta presso il C.S.D. A.R.S.S.A. di Cropani M. (CZ), già specializzato nella coltura della fragola e più in generale in colture protette, dotando il Centro di una serra di 500 mq automatizzata, dotata di un sistema di dosaggio del fertilizzante, un dispositivo di pompaggio, filtraggio e di erogazione e controllo della soluzione nutritiva, dei turni irrigui, oltre che di sistemi automatici di arieggiamento e umidificazione dell’ambiente di coltura.

Descrizione sintetica delle unità operative (comprese eventuali figure di consulenti e beneficiari di commesse esterne) e criteri di scelta dei proponenti

Per la realizzazione del progetto sono necessarie le competenze di alcune strutture dell’A.R.S.S.A. che assumeranno funzione di guida per l’attuazione delle tre linee di attività in cui il progetto si articola.

- nel Vivaio Sperimentale A.R.S.S.A. “Molarotta” di Camigliatello Silano (CS), (struttura accreditata presso la Regione Calabria alla produzione e commercio di piante) e nel Centro Sperimentale–Dimostrativo A.R.S.S.A. di Cropani M. (CZ), che dispone di strutture protette idonee alla propagazione delle piante, si attuerà l’attività di sperimentazione che riguarda gli aspetti vivaistici;

- nel Centro Sperimentale–Dimostrativo A.R.S.S.A. di Lamezia T. (CZ), che è situato nell’area maggiormente interessata alla coltura della fragola, verrà sviluppata l’attività di miglioramento genetico;

- al Servizio di Divulgazione Agricola dell’A.R.S.S.A. verrà affidata la gestione dei campi sperimentali tecnologico-varietali (rilievi tecnici, determinazioni analitiche, elaborazione dei risultati, ecc.), il collaudo in campo delle innovazioni tecniche presso le aziende private singole e associate e la diffusione dei risultati conseguiti sul territorio.

Per la consulenza scientifica si farà riferimento al C.R.A. – Istituto Sperimentale per la Frutticoltura, sezione di Forlì, che è altamente specializzato in studi varietali e di miglioramento genetico della fragola, con cui da circa 10 anni esistono rapporti consolidati di collaborazione nell’ambito dell’attuazione del Progetto MiPAF “Liste di Orientamento Varietale “ – Fragola e con cui di recente è stata stipulata apposita Convenzione per l’attività di sperimentazione vivaistica in atto sull’Altopiano Silano.

Obiettivi generali

L’obiettivo generale del Progetto è di rinnovare la fragolicoltura calabrese rendendola competitiva nel panorama nazionale ed anche rispetto agli altri Paesi del bacino del mediterraneo.

In particolare si ritiene strategico l’avvio sul territorio calabrese dell’attività di miglioramento genetico, finalizzato alla costituzione di nuove varietà pienamente adatte all’ambiente e caratterizzate da elevate caratteristiche qualitative dei frutti. Questa azione deve prevedere un forte coinvolgimento degli stessi produttori, che dovranno essere chiamati a fornire un contributo concreto e diretto nei processi di scelta e individuazione dei potenziali nuovi genotipi interessanti. In prospettiva questa attività potrebbe essere svolta dall’A.R.S.S.A. con gli stessi produttori singoli e associati, costituendo forme di gestione miste dell’attività. I partners potrebbero godere di un successivo ritorno economico a seguito del brevetto di nuove varietà (royalty) ed i produttori disporre di varietà selezionate nello stesso ambiente di coltivazione.

Altrettanto importante è l’obiettivo della messa a punto della tecnica vivaistica per la produzione di piante fresche “a radice nuda” e “cime radicate” negli ambienti di montagna della Sila, che costituisce l’avvio di un processo di autonomia e autoproduzione di piante, di immediata applicabilità, anch’esso finora mai realizzato e del tutto innovativo per la fragolicoltura calabrese, che è, come detto, totalmente dipendente dalle aziende vivaistiche del Nord Italia ed estere.

I campi tecnologici varietali si innestano perfettamente in questo progetto di rinnovamento del comparto fragola calabrese, poiché rappresentano i siti in cui è possibile collaudare in prima battuta le innovazioni prodotte nell’ambito delle linee di attività descritte sopra, migliorare la tecnica di coltivazione e favorire l’espansione della coltura in aree diverse della Regione.

Risultati previsti

La possibilità di disporre in futuro di un valido e innovativo sistema produttivo di fragole basato sull’impiego di piante prodotte negli ambienti meridionali, comporterà notevoli benefici in termini economici a favore dei produttori, delle aziende vivaistiche interessate e del livello di occupazione in generale. Inoltre la possibilità della fragolicoltura meridionale di affrancarsi dalla dipendenza da vivaisti esteri consentirà una riduzione del costo unitario delle piante, con riflessi positivi sul costo di produzione, oltre che evitare tutti i rischi connessi all’impiego di piante prodotte in altri ambienti che quasi mai non garantiscono continuità di risultati. Questi benefici aumenteranno la competitività delle fragole prodotte in Calabria sui mercati italiani ed esteri, soprattutto rispetto a quelle spagnole. I benefici potranno aumentare ulteriormente se si organizzerà una valida organizzazione vivaistica locale con vantaggi sulle spese di trasporto, oggi piuttosto alte in quanto le piante sono prodotte ad oltre 1000 km di distanza (Spagna, Polonia).

Anche il poter disporre di varietà selezionate negli stessi ambienti meridionali di coltivazione è una ulteriore garanzia per i produttori e porterà indubbi vantaggi commerciali soprattutto se con l’introduzione di opportune strategie di marketing e di metodologie di tracciabilità e rintracciabilità si punterà a caratterizzare e rendere riconoscibile sul mercato il prodotto calabrese.

Piano di valorizzazione dei risultati

La diffusione dei risultati sarà curata in modo particolare dall’A.R.S.S.A. e sarà finalizzata ad informare costantemente gli operatori tecnici del settore e i produttori, utenti finali dei risultati di questo Progetto. I risultati del Progetto saranno pubblicati su riviste scientifiche nazionali.

Saranno organizzati incontri tecnici-divulgativi. I vivai sperimentali e i campi di miglioramento genetico e di valutazione varietale saranno aperti a tecnici e produttori, per veicolare rapidamente i risultati del Progetto, ma anche per coinvolgere direttamente gli operatori del settore nelle scelte da effettuare.

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 72.500

ANNO 2009: € 72.500                     TRIENNIO: € 217.500

ANNO 2010: € 72.500

PROGETTO

FILIERA ORTICOLA

PATATA

SCHEDA  DI  PROGETTO

1. Tematica  e Filiera

SEME, PATATA

2. Titolo

Moltiplicazione di tubero seme per una produzione continua di patata fresca di qualità

Sistemi ecompatibili di produzione

3. Acronimo

sila

4. Tipo di progetto

 

Ricerca

 

Sviluppo

 

Dimostrativo

 

Misto

5. Durata (mesi)

36

 

 

6. Finanziamento

complessivo richiesto (€)

590.400

7.  Coordinatore di progetto

Nome e Cognome

De Marco Giuseppe

Istituzione di appartenenza

Indirizzo, telefono, e-mail

ARSSA – Centro Sperimentale Dimostrativo Molarotta c/da Molarotta 87052 Camigliatello Silano (CS) 0984.578051  gdemarc@tiscali.it

Sintesi del progetto

Il progetto si prefigge di validare  la produzione di patata da  seme di  alta qualità (prebase e base), nonchè  valorizzare  il germoplasma locale e le varietà di patata fuori brevetto.

Con l’attuazione del progetto si potrà ottenere il ciclo completo di produzione di tuberi seme, partendo da varietà locali e/o selezioni, curando la conservazione in purezza genetica e sanitaria e, realizzando, l’attività di collaudo delle varietà, previa verifica di impatto ambientale.

Gli obiettivi fissati potranno essere raggiunti attraverso l’azione congiunta dell’ARSSA, del Cisa Mario Neri di Imola, del DISAT Firenze (Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale dell’Università di Firenze), del Consorzio Patata Silana e del BIOMAA di Reggio Calabria ( Dipartimento di Biotecnologie per il monitoraggio agroalimentare ed ambientale dell’Università di Reggio Calabria), che costituiscono il partenariato del progetto. 

Fino ad oggi in Italia si è pensato solamente ad effettuare attività di miglioramento genetico, che non ha mai trovato uno sbocco produttivo e commerciale, in quanto è mancata la filiera completa della produzione del seme.

Pertanto le nuove varietà prodotte, attraverso la ricerca, sono sempre rimaste appannaggio delle solite ditte sementiere, non c’è quindi stato un vero ritorno economico verso il produttore ed il territorio.

Si potrà creare un Partenariato contrattuale che sia in grado di sviluppare una linea di produzione di patata da seme di alta qualità (prebase e base), da proporre ai Paesi del bacino del Mediterraneo.

Questo Parteniariato contrattuale si potrà essere anche misto pubblico/privato, una sorta di OP sementi che avrà il compito di costituire una società di commercializzazione della patata da seme con lo scopo di penetrare i mercati nazionali ed esteri.

Inquadramento del progetto negli obiettivi della programmazione del settore

Su una stima complessiva del prezzo di acquisto da parte degli agricoltori delle sementi utilizzate in Italia di 800 milioni di euro, il comparto della patata da semina contribuisce per circa 70 milioni di euro. Le varietà commercializzate sono circa un centinaio, di cui circa 30 coprono il 90% del mercato. Per quanto riguarda la selezione conservatrice di tali varietà, nel 95 % dei casi questa si realizza in altri paesi comunitari. A livello nazionale, l’attività di miglioramento genetico su tale specie è esercitata da poche istituzioni pubbliche e private; il numero di varietà presentate per l’iscrizione al registro nazionale che viene sottoposto alle prescritte prove biennali per accertare le caratteristiche descrittive, agronomiche e di qualità è di circa una decina ogni anno. Al 30 giugno 2002 le varietà iscritte al catalogo nazionale erano 112, di cui 10 selezionate e conservate in Italia. L’adesione alla U.E. di altri paesi tra i quali Romania, Polonia e Bulgaria, in cui la patata ha lunga e consolidata tradizione, aumenterà i fattori competitivi sotto il profilo quantitativo, sia nel settore del la patata da consumo sia in quella da seme. Puntare sulla qualità del prodotto e sul calendario di produzione sarà un fattore ancora più decisivo per il successo della coltura in Italia. In questi ultimi anni, con l’avvio dei Green Corridor si aprono buone prospettive  per lo  sviluppo della patata da seme. Se si prendono in considerazione i paesi produttori di patate che si affacciano sul mediterraneo, si può notare come esista un mercato potenzialmente interessante. L’area coltivata è circa di 945.716 ettari, con la netta prevalenza della Turchia, della Francia, della Spagna. Non meno importanti per la rilevanza della patata precoce sono: Egitto, Algeria, Marocco e Tunisia. Di secondaria importanza, ma di rilievo nell’esportazione di patate fresche verso il continente europeo sono da citare: Israele, Cipro, Siria e Libano. Da considerare inoltre che Cipro e Malta sono entrate a far parte della UE dal 1 maggio del 2004.

Superficie, produzione e fabbisogno in tubero seme nel mediterraneo

La produzione di patate totale, nell’aria ampia del mediterraneo, ammonta a circa 24 milioni di tonnellate, con un fabbisogno di tubero di oltre 2 milioni di tonnellate. Da questo ultimo dato si può capire come il Bacino del Mediterraneo possa costituire un mercato importante di seme di categoria base e prebase, data la pressoché assenza di strutture e di expertise specifiche in questo particolare settore del comparto patata.

Stato dell'arte generale sull’argomento del progetto  

La coltivazione della patata in Italia ha interessato nel 2002 circa 80.000 ettari per una produzione di circa 2.000.000 milioni di tonnellate. In questo ambito, la patata comune ha interessato 55.700 ettari (per una produzione di 1,4 milioni di tonnellate) e quella primaticcia  24.400 ettari (per un corrispettivo di 0,6 milioni di tonnellate prodotte).La coltivazione della patata è diffusa su tutto il territorio con concentrazione diversa secondo le due tipologie. La patata primaticcia si realizza per il 90% in Campania, Puglia e Sicilia, mentre le principali regioni per la produzione di patata comune sono la Campania, l’Emilia Romagna, l’Abruzzo, il Lazio, il Veneto ed il Piemonte. Il fabbisogno teorico di sementi nel 2005 può essere calcolato in circa 150.000 tonnellate. Annualmente circa 100.000 tonnellate di tuberi di patata da seme provengono da altri paesi comunitari, mentre l’importazione da paesi terzi è praticamente inesistente a livello commerciale per le restrizioni di natura fitosanitaria imposte a livello comunitario.La produzione di patata da seme in Italia viene realizzata essenzialmente in Val Pusteria (Bolzano), sull’Altopiano Silano, nelle Valli Giudicarie (Trento) e in taluni areali dell’Appennino Emiliano e della provincia di Padova.. La produzione nazionale ha  subito nell’arco di 4-5 anni una drastica riduzione, passando da 710 ettari nel 1998 (con esclusione della Provincia di Bolzano) a 284 ettari nel 2002, cui è corrisposta una diminuzione del quantitativo certificato da 9000 tonnellate nel 1998/99 a 3000 tonnellate nel 2001-2002. Nella sola provincia di Bolzano la superficie destinata alla moltiplicazione di patata da seme è di circa 160 ettari con una produzione di circa 3600 tonnellate. La produzione nazionale di tuberi di patata da seme dipende in gran parte dall’introduzione di patate da seme di categoria “base” o “certificata” da altri paesi comunitari, considerato che la produzione nazionale di classi riproducibili è quasi inesistente o limitata a poche varietà di scarsa diffusione. Normalmente vengono moltiplicate patate di provenienza olandese ma anche francesi, tedesche, austriache, scozzesi e in minor misura di altri Paesi comunitari. Le aziende agricole interessate alla moltiplicazione dei tuberi-seme sono state circa cento nel 2002, distribuite su nove province. Nella provincia di Bolzano le aziende moltiplicatrici sono circa cinquanta. La selezione dei tuberi è stata invece realizzata da sedici ditte, di cui due in provincia di Bolzano. Nel settore dell’agricoltura biologica, da quanto riportato nell’apposita banca dati ENSE, il fabbisogno di tuberi-seme nella campagna 2001/2002 sarebbe stato pari a circa 6300 tonnellate (almeno in funzione delle richieste di deroga per l’uso di sementi convenzionali). Per quanto non vi siano dati relativi ai quantitativi disponibili, l’offerta ha riguardato circa 40 varietà, quasi esclusivamente provenienti da altri paesi comunitari. La produzione nazionale di tuberi-seme in agricoltura biologica ha invece interessato circa 10 ettari pari al 3.6 % della superficie complessiva destinata a seme, cui si aggiunge un ettaro in provincia di Bolzano.

In Calabria, grazie alle particolari condizioni climatiche e ambientali, è possibile praticare, accanto alle coltivazioni tipiche mediterranee, un’attività di moltiplicazione sementiera a garanzia dell’adattabilità del materiale vegetale e della qualità dei prodotti. In particolare il territorio Calabrese vanta una sua riconosciuta vocazionalità per la produzione di tubero seme di patata. Questa produzione si concentra sull’Altopiano Silano che già negli anni ‘50 è stato riconosciuto dal Maf come territorio particolarmente idoneo a questo tipo di produzione e quindi autorizzato come Ce.Mo.Pa (Centro di moltiplicazione di patata da seme).

La Calabria rispecchia la situazione nazionale, si registra una sempre maggiore attenzione degli imprenditori locali verso la produzione del tubero seme, proprio per l’incrementata richiesta degli ecotipi locali e delle nuove varietà selezionate in loco per soddisfare le esigenze della valorizzazione e la destagionalizzazione della coltura (anticipata e bisestile).

Schema rappresentativo dell’albero degli obiettivi

Obiettivi generali e specifici 

L’obiettivo generale del progetto è la produzione di patata da  seme di  alta qualità (TC, S, SE, E) da utilizzare per successive moltiplicazioni in altre aree del mediterraneo, compresi territori delle Regioni Sicilia e Puglia per migliorare le produzioni extrastagionali, attraverso azioni di tipicizzazione del prodotto e di marketing.

Con l’attuazione del progetto si potrà ottenere il ciclo completo di produzione di tuberi seme, partendo da varietà locali e/o selezioni, curando la conservazione in purezza genetica e sanitaria e, realizzando, l’attività di collaudo delle varietà, previa verifica di impatto ambientale.

Gli obiettivi fissati saranno raggiunti attraverso l’azione congiunta da, ARSSA,  DISAT Firenze (Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale dell’Università di Firenze), società Med Seeds SpA, Associazioni dei Produttori di Patata, e del BIOMAA di Reggio Calabria ( Dipartimento di Biotecnologie per il monitoraggio agroalimentare ed ambientale dell’Università di Reggio Calabria), che costituiscono il partenariato del progetto. 

 L’ARSSA assumerà le funzioni di capofila.

Gli obiettivi specifici si configurano sostanzialmente su due punti:

1)      Incremento e diversificazione della produzione di tubero seme attraverso la definizione e la realizzazione di un sistema interregionale di moltiplicazione per l’area mediterranea;

2)      Disporre di un prodotto fresco di patata di elevata qualità per un periodo di tempo più ampio di quello attuale.

Piano di attività

-         Descrizione delle attività previste suddivise per linee di ricerca o attività

-         Articolazione temporale delle attività del progetto con esplicitazione dei risultati intermedi previsti

-         Elenco delle Unità Operative (UO) partecipanti e di eventuali collaborazioni esterne

-         Descrizione dei ruoli e delle modalità di interazione delle U.O partecipanti e  di eventual collaborazioni

-         Descrizione delle modalità di monitoraggio interno del progetto e verifica dei risultati

-         Ostacoli prevedibili ed azioni correttive

-         Risultati attesi suddivisi per ogni linea di ricerca

Per il raggiungimento degli obiettivi sopra ricordati il progetto si articola in tre componenti principali:

A - Strutturale;

B - Attività produttiva, di ricerca e di sperimentazione;

C - Attivita di sviluppo agro-commerciale del tubero seme nel WWW;A - Strutturale

Questa parte è relativa al potenziamento e alla riorganizzazione di strutture idonee alle attività di laboratorio per la produzione di piantine in vitro, per il risanamento del materiale, per la caratterizzazione dell'ideotipo, per la selezione di genotipi nonché per la produzione e moltiplicazione in serra e sotto screen-house di tubero seme di classe TC, "Superiore" e Super Élite (SE). Presso il CSD di Molarotta esiste già una struttura idonea adibita a laboratorio. Risulta necessario potenziare le attrezzature, in particolare gli ambienti climatizzati per la crescita e la subcoltura in vitro delle piantine. Va inoltre previsto l’acquisto di celle per la conservazione dei tuberi. Mentre per la produzione di minituberi possono essere utilizzate le strutture serricole del CSD di S. Marco Argentano. Infine è importante disporre di locali (capannoni e celle) per un totale di circa 800-1000 m² per la conservazione dei tuberi prodotti. Per questa componente potrebbero, in una prima fase, essere utilizzate strutture delle Associazioni dei Produttori

B - Attività produttiva, di ricerca e di sperimentazione

L'attività da mettere in atto è principalmente finalizzata agli aspetti produttivi. Il programma si articola nelle seguenti linee principali: valutazione del comportamento produttivo di nuove varietà commerciali; moltiplicazione massiva di tubero seme, e assistenza tecnica.

B1 - Valutazione del comportamento produttivo di nuove varietà 

Il settore pataticolo è caratterizzato da una continua evoluzione del panorama varietale disponibile. Tale materiale, nella maggior parte dei casi è di provenienza straniera, e non sempre adattabile alle condizioni delle aree di coltivazione della patata in Calabria e nell’area del mediterraneo. Pertanto è prevista una attività di verifica dell’adattabilità ambientale e della qualità delle produzioni delle nuove introduzioni genetiche. Queste prove verranno condotte, in una prima fase sull'Altipiano Silano in condizioni diverse di suolo, adottando uno schema sperimentale di tipo fattoriale (ambiente x varietà x anno) con quattro replicazioni.

Si prevede inoltre di poter effettuare, per alcune varietà, delle prove agronomiche, relative all'interazione varietà x ambiente, nelle aree di maggior diffusione del tubero seme prodotto in Sila in collaborazioni con organizzazioni delle Regioni Sicilia e Puglia.

Una linea di lavoro importante è lo studio e il monitoraggio della presenza di patogeni a tolleranza zero in conformità alle Direttive della U.E. (2000/29 e 66/403 del Consiglio) allo scopo di richiedere la Zona Protetta alla U.E.

B2 – Metodologia e Modello per la moltiplicazione massiva di tubero seme

Sotto il profilo tecnico lo schema, ormai convalidato anche in Calabria con personale e strutture dell’ARSSA, da seguire si colloca a differenti livelli (fig. 2), che sinteticamente corrispondono a:

·        Produzione di Piante Madri (PM) – ottenute a partire da colture meristematiche, in seguito a risanamento dei cloni o varietà, e da successive sub-colture di talee nodali (TN) fino ad avere materiale sufficiente per la produzione massiva programmata. A titolo d’esempio per produrre 10.000 minituberi (MT) occorrono circa 2.700 vitropiantine;

·        Produzione di minituberi (MT-CT) – prodotti preferibilmente sotto serra in bancali con substrato torboso o sotto screen-house. A titolo d’esempio per produrre 10.000 MT occorrono circa 55-60 m2. di bancale. La tecnica da impiegare risulta già ampiamente verificata, anche nelle strutture dell’ARSSA di Molarotta e di S. Marco Argentano, e la produzione per m2 dipende dalla tecnica e dal genotipo;

·        Produzione di tubero seme “SE” ed “E” – prodotto in ambienti idonei alla moltiplicazione in sanità e presso Strutture Produttive competenti ed equipaggiate da infrastrutture per la lavorazione e per la conservazione del tubero seme. Già nel corso del biennio 2005/06 è in atto una intensa attività di moltiplicazione di tubero seme;

·        Produzione di prima moltiplicazione di classe “A” – questa linea potrà essere attivata presso Cooperative di produttori con riconosciute capacità tecniche e in ambito di sistemi colturali appropriati (rotazioni minimo quadriennali) e in differenti ambienti allo scopo di produrre tubero seme idoneo alle differenti tipologie di coltivazioni della patata nell’area del mediterraneo.

·        Conservazione del tubero seme – questo aspetto verrà attivato presso Cooperative di produttori e monitorato lo stato sanitario e fisiologico del materiale.

B3 -  Azioni specifiche da realizzare

B3.1.  Moltiplicazione di tubero seme di materiale genetico in selezione, di  varietà storiche e locali

 

Alla luce dei risultati ottenuti nel 2006 l’attività sarà svolta su quattro differenti tipologie di genotipi:

1.      materiale genetico selezionato ed in fase di validazione nel territorio silano – MN475, 2-1433R14, 2-1433R16, 2-1589S2. Si tratta di materiale che ha dimostrato di ben adattarsi alle condizioni silane fornendo rese unitarie di oltre 70 ton/ha;

2.      varietà di gestione esclusiva della Med Seeds SpA sia di origine nazionale (Silvy, Daytona, Zagara, Antea e Rubino) che di origine estera, iscritte al Registro Nazionale e a quello Europeo;

3.      varietà storiche – Nicola, Spunta, Tonda di Berlino, Majestic, Kennebec, Sieglinde e Mona Lisa; in particolare le prime due varietà hanno mostrato una grande abilità a produrre minituberi (da 5 a 10 tuberi per pianta), che significa riduzione dei costi;

4.      varietà locale – Viola Calabrese.

La tecnica di produzione sarà mirata alla garanzia genetica e sanitaria del materiale e all’osservanza delle normative nazionali e comunitarie vigenti (Angelini e Lovatti, 1999a e 1999b). Il programma operativo da mettere in atto prevede:  produzione di tubero seme prebase in “nicchia”, oppure sotto screen house, assieme alla valutazione dell’uniformità genetica e sanitaria, presso produttori di tubero seme. Qualora dai controlli dovessero emergere malattie il materiale sarà sottoposto a risanamento o verrà ripreso materiale sano dalle collezioni esistenti presso il DISAT.

Questa azione si articola in cinque fasi.

Fase 1 – Ottenimento di vitropiantine

A partire da piante madri, attraverso successive subcolture di talee nodali, saranno prodotte dal DISAT un primo nucleo di piante madri (circa 200) per ciascuna varietà, queste saranno trasferite al laboratorio ARSSA del CSD di Molarotta per essere sottoposte a subculture. Le vitropiantie saranno trasferite in serra entro il mese di settembre di ciascun anno per produrre tubero seme TC. Il protocollo, le varietà da moltiplicare ogni anno e il numero di piante necessario sarà definito entro il mese di gennaio 2007 in ambito del Comitato Tecnico Scientifico del progetto.

Il DISAT di Firenze oltre alla produzione delle piante madri potrà dare la sua assistenza e consulenza per le attività di laboratorio e di campo.

Fase 2 – Produzione di tubero seme TC OGM free

Operativamente riguarda il trasferimento sotto serra delle vitropiantine ottenute nella fase 1. Il trasferimento verrà effettuato in fitocelle o in vaso su un substrato di torba più sabbia secondo un protocollo già collaudato. L’attività avrà inizio a partire dal mese di settembre e terminerà a dicembre/gennaio con la raccolta dei MT. Il numero di minituberi necessario, per ogni ciclo e per ogni anno, sarà stabilito in ambito del CTS del progetto.

Fase 3 – Produzione di tubero seme “S” OGM free

Il tubero seme TC ottenuto con la fase 2 sarà moltiplicato in parte sotto screen-house e in parte in pieno campo in ambiente protetto (nicchie) applicando le tecniche agronomiche convalidate nell’ambito delle attività del Centro Pilota Moltiplicazione del Tubero Seme della Regione Calabria.

La messa a dimora dei tuberi sarà fatta in primavera sia sotto tunnel che in pieno campo e la raccolta entro il mese di settembre.

Gli Organismi coinvolti nella realizzazione di questa azione sono prevalentemente ARSSA, DiSAT, Consorzio Patata Silana, Associazione dei Produttori, Consorzio Mario Neri.

Fase 4 – Produzione di tubero seme SE OGM free

Il materiale ottenuto con le attività della fase 3, dopo i controlli fitosanitari, sarà moltiplicato in aree idonee da organizzazioni private, sotto il controllo delle Associazioni dei produttori e con l’assistenza e la consulenza tecnica di personale specializzato afferente a strutture che partecipano al progetto.

Fase 5 – Produzione di tubero seme E e certificato

Questa fase potrà essere sviluppata in differenti aree anche di altre Regioni, con le quali sarà stipulato un accordo di partenariato e formulato un progetto ad hoc. Le azioni di questa fase saranno orientate all’individuazione anche delle epoche più opportune di semina per ottenere tubero seme idoneo a garantire una produzione di prodotto fresco nei periodi attualmente scoperti. Anche su questo materiale verranno eseguiti i relativi controlli fitosanitari, fisiologici e agronomici.

B3.2 - Moltiplicazione di semente OGM Free e  biologica per la produzione patata silana IGP

L’azione sarà condotta su materiale già provato e selezionato ((Bamberger Hornchen, Blauer Schwede , Hermanns Blaue, Higland Burgundy Red, Odenwalder Blaue, Ramos, Shetland Black, Skerry Blue, Viola Calabrese e Desirée) nell’ambito del primo progetto e si articola nelle seguenti attività:

B3.3 - Prove dimostrative di tecnica colturale per la patata da seme OGM free

Saranno organizzati campi dimostrativi e divulgativi presso il CSD di Molarotta per guidare gli agricoltori nel trasferimento delle innovazioni dei processi produttivi. Questi consistono nella verifica di nuovi materiali genetici, nell’affinamento della tecnica colturale in relazione ai sistemi colturali (Biologico, integrato e convenzionale), nell’orientare la produzione verso la richiesta del consumatore, nel garantire il consumatore sulla sicurezza del prodotto silano, ecc. Questa attività riguarda inoltre la verifica del materiale silano in altre regioni italiane e del mediterraneo. Aspetto quest’ ultimo da sviluppare nel quadro di collaborazioni tra istituzioni pubbliche e Organizzazioni di Categoria delle differenti Regioni interessate.

I piani operativi di questa azione vengono stabiliti annualmente in ambito del CTS e la responsabilità operativa sarà dell’ARSSA che si avvale della collaborazione del DISAT di Firenze.

B3.4 -  Costituzione di una OP patata da seme

Si tratta di costituire, in base alle Leggi attualmente in vigore, una Organizzazione dei Produttori di Patate da Seme in Italia, che possa coinvolgere le poche strutture rimaste sul territorio nazionale, con la loro base associativa, e cioè: Consorzio Patata Silana, COPAG Coop di Lomaso (TN), Cooperativa Produttori Sementi della Val Pusteria di Brunico (BZ), in modo che possa diventare il punto di riferimento, tecnico-politico-organizzativo, a livello nazionale. L’OP ha lo scopo di favorire la richiesta di programmi operativi nazionali e di essere di rappresentanza nel mondo sementiero, attraverso l’unica Associazione nazionale dei produttori di seme (COAMS).

B3.5 - Certificazione di qualità del processo di produzione del tubero seme TC, S, SE, E)

Introduzione di un sistema di certificazione volontario della qualità della produzione prebase e base, sia in produzione convenzionale (o integrata) che biologica, di tutto il sistema dal laboratorio in vitro, passando dalla serra, screen-house, campo, controlli sanitari, conservazione refrigerata, lavorazione del prodotto, etc.

In contemporanea viene associato al sistema di certificazione anche un sistema di tracciabilità on-line.

L’attività è da affidare ad un Ente di Certificazione riconosciuto.

B3.6 - Certificazione sanitaria e qualitativa dei tuberi seme

Questa attività rappresenta un supporto indispensabile alla produzione di tubero seme, non solo per quanto riguarda la loro qualità ma anche per il marketing e per migliorare l’accettazione da parte dei consumatori-clienti

Lo stato fitosanitario delle patate italiane deve essere conforme alle Direttive CEE (2000/29 del Consigli; 66/403 del Consiglio) e alle norme nazionali (Legge 25 7117 1971 n° 1096; DPR 8-10-1973 n° 1065, DPR 8-8-1994 n°576), dove sono distinti patogeni a tolleranza zero e patogeni di qualità (Allegato 1). D’altra parte  le caratteristiche qualitative del prodotto devono essere conformi alle norme del prodotto devono essere conformi alle norme CEE/ONU (FFV-31) ultima revisione 1997 (AGRI/WP1/EUR.STAN.30).

È fondamentale che si crei una struttura, che possa garantire i controlli previsti dalla legislazione vigente:

1.      Protocolli di campionamento per materiale genetico.

2.      Protocolli di campionamento per i nematodi a tolleranza zero.

3.      Protocolli per il rilevamento e l’identificazione degli organismi nocivi di qualità (virus,   batteri, attinomiceti, funghi).

4.      Protocolli per il rilevamento  e l’identificazione degli organismi nocivi a tolleranza zero (viroidi, virus, fitoplasmi, batteri, funghi).

Oltre ai protocolli che devono essere implementati in uno standard di certificazione di tutta l’attività in essere, è necessario completare l’opera di acquisto delle attrezzature mancanti alla completa funzionalità del laboratorio, nonché della piena operatività come presenza di risorse umane durante il periodo di punta del servizio di analisi.

E’ inoltre necessario introdurre almeno uno standard di analisi per il PsTVD e per fitoplasmi.

C - Attività di sviluppo agro-commerciale del tubero seme on line e tracciabilità del prodotto.

Tale attività è finalizzata a realizzare un ampio network di impresa per attuare le attivita di ricerca e sviluppo del commercio elettronico, utilizzando cioè delle tecnologie avanzate  della Telematica interattiva, quali la costruzione di un portale specifico (portale verticale o “pataticoltura – Vortal “), per stabilire relazioni internazionali più opportune, per attuare la commercializzazione il marketing e la logistica dei trasporti del prodotto del tubero seme e più in generale della pataticoltura con particolare riferimento a tutta l’area euro-mediterranea. Le differenti fasi da sviluppare sono così identificate:

C1 - studio del mercato della filiera del tubero seme e della patata;

C2 - studio della produzione del tubero seme e del tubero da consumo in relazione ai servizi di informazione e commercializzazione;

C3 – studio dei sistemi di certificazione dei Paesi dell’U.E. e dei Paesi terzi interessanti per un’attività di esportazione e implementazioni delle metodiche analitiche richieste;

C4 - studio tecnologico della realizzazione del PORTALE specifico del tubero seme e della  patata da immettere nel WWW;

C5 - analisi delle  esigenze e competenze necessarie per l’aggiornamento permanente del Vortale del nerwork di impresa della pataticoltura;

C6 - studio delle strategie di lancio del newwork di aziende dedite alla produzione del tuberoseme e della patata da consumo sia fresco che industriale sulla base di una indagine della potenzialità produttiva e delle prospettive di mercato.

Sarà inoltre definito un sistema di tracciabilità lungo la filiera in grado di identificare tutti i passaggi dal campo ai punti di vendita.


Ricadute e benefici 

Benefici scientifici

La costituzione di varietà italiane, competitive con le varietà commerciali più diffuse,  rappresenta un grande successo per la nostra ricerca e per il sistema patata in Italia, che può  contare su cultivar selezionate per le produzioni nazionali tipiche. Tuttavia a livello nazionale non esiste a tutt’oggi un organismo in grado di valorizzare tali nuovi genotipi la cui potenzialità produttiva e le cui caratteristiche organolettiche sono state evidenziate durante lo svolgimento del progetto Miglioramento Genetico della patata. A partire dal 1987 nell’ambito di progetti nazionali (MIPAF) e regionali, strutture di ricerca, quali il DISAT di Firenze, hanno messo a punti metodi e tecnologie per ottimizzare la filiera della moltiplicazione del tubero seme, adottando tecniche rapide ed innovative. Il DISAT in collaborazione con il CSD di Molarotta (Calabria) ha collaudato il modello realizzando un piano operativo che è attualmente in atto nel territorio calabrese. La realizzazione del progetto permetterà di mettere in pratica tutto il lavoro di ricerca svolto su patata negli ultimi venti anni.

Benefici economici

Le condizioni ambientali delle regioni meridionali italiane consentono la coltivazione della patata praticamente durante tutto l’anno. Tali condizioni rappresentano una peculiarità del bacino del Mediterraneo.

Attualmente l’offerta di prodotto fresco di patata nelle regioni del sud Italia proviene principalmente alle produzioni di patata novella e patata bisestile, mentre durante la restante parte dell’anno la domanda è soddisfatta dal prodotto proveniente dal nord Italia e da altri paesi europei ed extra-europei. L’ampliamento della stagione produttiva comporterebbe non solo una maggiore disponibilità di prodotto fresco ma anche una maggiore flessibilità del mercato con indubbi vantaggi per i produttori, le industrie di trasformazione e i consumatori.

La possibilità di avere sul mercato prodotto fresco durante tutto l’anno offre importanti vantaggi legati alla maggiore qualità organolettica e nutrizionale del prodotto fresco rispetto a quello conservato: il prodotto fresco risulta infatti più ricco in vitamina C, ha una quantità di zuccheri semplici più bassa, risulta più fragrante ed più adatto all’uso culinario. Altro aspetto di particolare interesse legato alla qualità alimentare è che il consumo del prodotto fresco consente di non ricorrere all’impiego di antigermoglianti, di cui è stato ampiamente dimostrato l’effetto antinutrizionale.

Altro importante vantaggio è relativo alla possibilità di alimentare il circuito dei prodotti trasformati di 3°, 4°, 5° gamma favorendo lo sviluppo delle industrie di trasformazione locali.

Impatto sociale, Impatto ambientale

Le ricadute saranno di tipo socioeconomico, ambientale e produttivo. La valorizzazione di nuove e vecchie varietà e la razionalizzazione, in particolare, del sistema di produzione del tubero seme, in un ambiente particolarmente vocato, dove lo stesso registra oggi qualche problema  non potrà che avere ripercussioni positive sulla qualità del prodotto e sul contenimento dei costi di produzione. I risultati del progetto avranno un input importante in tutta l'area mediterranea interessata alla produzione di patata precoce creando condizioni di ottimale integrazione tra aree di montagna e litoranee (produzione di seme in montagna e colture precoci nelle zone litoranee). Una tale integrazione avrà un riflesso positivo sull'incremento del reddito del settore produzione patate precoci da esportazione. Altrettanto importanti sono le ricadute relative alla comprensione dell'impatto dell'attività agricola sull'ambiente, sull'ottimizzazione degli interventi agronomici e sulla conservazione e salvaguardia del territorio di aree fragili di montagna. I riflessi sociali di una tale operazione sono legati alla creazioni di professionalità.

Piano di sfruttamento dei risultati

-  Pubblicazioni scientifiche, tecniche e divulgative

-  Convegni

-  Materiali didattici e Corsi di formazione

-  Brevetti

 

Questa attività sarà da ricercarsi presso Organismi Pubblici (Università, Istituti di ricerca e ARSSA) con i quali verranno stipulate apposite convenzioni o contratti indicando i programmi e i relativi costi.

Per l'esecuzione del progetto sono necessarie oltre alle strutture idonee, il materiale di consumo che comprende: i prodotti chimici per il laboratorio oltre a quelli per la protezione delle piante, la vetreria e tutto quanto serve per le attività di campagna e sotto serra. Si prevede inoltre l'impiego di personale con diversa qualifica professionale quali:

·  n° 2 laureati per un totale di 72 M/U/A (mesi/uomo/anno);

·  n° 4 tecnici per un totale di 144 M/U/A;

·  n° 5 operai per un totale di 180 M/U/A.

Il Progetto prevede una fase iniziale della durata di 3 anni e il piano di realizzazione del progetto è il seguente:

primo anno – valutazione del comportamento produttivo di nuove varietà di patata, risanamento del materiale vegetale, produzione di piante madri e di minituberi, avvio delle attività per la definizione del sistema di produzione biologico e integrato di tubero seme, partendo da risultati scaturiti dalle attività del biennio 2005/06.

 secondo anno – valutazione del comportamento produttivo di nuove varietà, moltiplicazione tubero seme di differenti categorie, utilizzando i lotti prodotti nel biennio sopra ricordato. Distrubuzione di tubero seme agli agricoltori. Valutazione delle performance del tubero seme moltiplicato in Sula in altre aree della Calabria, della Sicilia e della Puglia.

Creazione e gestione di una banca dati nella quale siano forniti servizi di consulenza a favore e realizzazione di una DEMO del PORTALE di commercializzazione e servizi di informazione sul tuberoseme e la  patata;

terzo anno – continuazione delle attività di moltiplicazione massiva di minituberi, definizione del sistema di produzione integrato e biologico. Attività di Markrting.

Alla fine di ogni annualità si presenteranno i risultati mediante un convegno da tenersi in Camigliatello Silano. Alla fine delle tre annualità si presenteranno i dati in un convegno finale a partecipazione internazionale, preceduto da una conferenza stampa con tutte le testate giornalistiche di indirizzo agricolo.

La divulgazione sarà curata dal Servizio Divulgazione dell’ARSSA, anche tramite opuscoli divulgativi e supporti informatici.

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 196.800

ANNO 2009: € 196.800        TRIENNIO: € 590.400

ANNO 2010: € 196.800

PROGETTO

FILIERA VITIVINICOLA

SCHEDA DI RICERCA

 

 PROGETTO: Riqualificazione e valorizzazione della vitivinicoltura calabrese

 

 

 

TITOLO DELLA RICERCA:

 

COSTO DELLA RICERCA (CR):

 

 

 

DURATA PREVISTA DELLA RICERCA: 3 anni             

RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA: Dott. Agr. Maurizio Falbo

 

ISTITUZIONE DI APPARTENENZA: ARSSA-Calabria 

Centro Sperimentale Dimostrativo di Montebeltrano 

Indirizzo: c.da Montebeltrano, Paterno Calabro  (CS)

Tel 334.1883166  Fax 0983.683296      E.mail: falbomaurizio@libero.it

 

PARTECIPANTI ALLA  RICERCA (responsabile incluso)                                    

 

COGNOME E NOME

QUALIFICA

IMPEGNO MESI/ANNO

 

Dott. Agr. Zicca Fausto

Direttore CSD di S.Marco A.

 

 

Dott.Agr. De Marco Giuseppe

Direttore  C.S.D. Molarotta

 

 

Dott.   Oppedisano Roberto

Direttore CSD di Locri

 

 

Dott.ssa Luigia A. Iuliano

Direttore - CSD – Lamezia

 

 

Dott.  Bonofiglio Roberto

Direttore - CSD  Val di Neto

 

Sintesi del progetto

Il mercato attuale del vino mostra di orientarsi, con crescente interesse, verso quelle produzioni fortemente ancorate al territorio e caratterizzate da una propria identità organolettica. Queste potenzialità di mercato possono essere colte attraverso lo sfruttamento della diversità genetica offerta dal patrimonio ampelografico autoctono di cui ogni territorio dispone.  La Regione Calabria è caratterizzata da una notevole eterogeneità territoriale e da un innumerevole presenza di biotipi locali adattati ai diversi ambienti nel corso dei secoli. Se da un lato detta diversità rappresenta una potenzialità, dall’altro si ravvisa la necessità di chiarirne l’identità genetica e di individuarne gli elementi caratteristici sfruttabili commercialmente. Le attività in progetto sono mirate all’accertamento ampelografico dei vitigni non ancora iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite ed alla selezione clonale della varietà autoctone già riconosciute. Sulle selezioni così ottenute si avvierà il processo di risanamento virologico e fitosanitario, finalizzando il tutto alla prospettiva di istituire, presso le sedi ARSSA, un nucleo di premoltiplicazione del materiale viticolo regionale.

Parallelamente a questo filone di attività si dovrà avviare lo studio delle attitudini enologiche degli stessi vitigni al fine di individuare le pratiche enologiche e le tecnologie di cantina capaci di esaltare le qualità organolettiche dei vini calabresi e di caratterizzarli ulteriormente.

Inquadramento del progetto negli obiettivi della programmazione del settore

Le attività in programma si inquadrano nella strategia generale di valorizzare i prodotti tipici e tradizionali capaci di favorire uno sviluppo ecosostenibile del settore primario con ricadute positive su tutto il sistema economico locale dei territori interessati. Più in particolare l’OCM vino ha come obiettivo prioritario la riqualificazione delle produzioni enologiche e il contenimento naturale delle eccedenze evitando il ricorso alla distillazione obbligatoria.

Stato dell'arte generale sull’argomento del progetto

In passato l’ARSSA ha svolto attività di ricerca, sulle tematiche in oggetto, in collaborazione con l’ISV di Conegliano (S.O.P. di Thuri) e l’ISE di Asti (S.O.P. di Barletta) realizzando un campo catalogo di raccolta del germoplasma viticolo regionale, presso il Centro Sperimentale Dimostrativo di Casello di Tarsia, sul quale sono state eseguite osservazioni e rilevazioni sulle fasi fenologiche caratterizzanti i diversi ecotipi raccolti. Detto lavoro ha portato alla identificazione e descrizione di alcuni vitigni autoctoni a bacca bianca (giusta pubblicazione “Antichi vitigni bianchi calabresi” edita da Regione Calabria) lasciando in sospeso lo studio relativo ai vitigni a bacca rossa.

Attualmente sono in corso iniziative analoghe portate avanti dalla Provincia di Reggio C. con la collaborazione scientifica dell’Università di Reggio C.; presso l’azienda Librandi con la collaborazione scientifica dell’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige; e presso il Consorzio dei Vini della Calabria Citra, in provincia di Cosenza, con la collaborazione scientifica dell’Università di Milano.

Anche le attività in campo enologico, condotte in passato dall’ARSSA con la collaborazione dell’ISE Sezione Operativa di Barletta, sono state prevalentemente finalizzate alla definizione e caratterizzazione dei vitigni autoctoni.

Obiettivi generali e specifici

Obiettivo del presente lavoro è quello di accertare l’identità genetica dei vitigni autoctoni più diffusi in Calabria e che caratterizzano le produzioni enologiche regionali a  DOC e a IGT.

Più in particolare lo studio e la descrizione della caratteristiche fenologiche e produttive, oltre che sensoriali dei vini che se ne ottengono dovrà essere finalizzato all’iscrizione di detti vitigni nel registro nazionale delle varietà di vite ed alla pubblicazione delle schede descrittive.  Di tali vitigni, inoltre, occorrerà definire le attitudini enologiche e le tecniche di vinificazione in grado di valorizzarne le potenzialità produttive.

Piano di attività

Accertamento ampelografico e selezione clonale

Il lavoro di accertamento dovrà riguardare i biotipi presenti nei campi catalogo impiantati presso alcuni CSD dell’ARSSA, in particolare:

CSD Caselle di Tarsia, campo di raccolta del germoplasma di circa 40 biotipi dell’intera regione (Ha 1,50);

CSD Locri, campo di raccolta del germoplasma di circa 40 biotipi della provincia di Reggio C. (Ha 0,20);

CSD Val di Neto, campo di raccolta del germoplasma di 5 biotipi del Crotonese (Ha 0,30);

CSD Lamezia Terme, campo di raccolta del germoplasma di 5 biotipi dell’area lamettina (Ha 0,20);

CSD Montebeltrano, campo di raccolta del germoplasma di 10 biotipi delle aree di Donnici e Savuto (Ha 0,20).

L’attività prevede, per ciascun biotipo presente nei campi, l’osservazione, secondo la metodologia ufficiale OIV, delle caratteristiche fillometriche e morfologiche in ciascuna fase fenologica.

Tali rilievi, finalizzati alla verifica dei caratteri discriminanti, saranno supportati da ulteriori analisi di laboratorio (isoenzimi, DNA, Polifenoli,ecc.) che consentiranno, in un biennio di osservazioni, di chiarire l’identità genetica dei diversi biotipi e la iscrizione al registro nazionale delle varietà degli eventuali vitigni unici scaturiti dagli studi.

Parallelamente agli studi di accertamento, negli stessi campi catalogo, e sui vitigni già definiti (Gaglioppo, Magliocco, Greco nero, ecc.) si avvieranno i lavori di risanamento sanitario e selezione clonale.

Nello specifico, l’attività di risanamento sarà svolta con il supporto del CSD “Molarotta” dotato di un laboratorio in grado di effettuare i tests virologici (Elisa test) e delle strutture necessarie ad effettuare lo screen house (da potenziare).

Istituzione nucleo di premoltiplicazione

L’istituzione del nucleo di premoltiplicazione assume una priorità strategica per la qualificazione del sistema vivaistico regionale con evidenti ricadute positive sull’intera filiera vitivinicola calabrese.

Attualmente, infatti, i vivaisti che producono barbatelle innestate delle varietà calabresi non riescono a garantire i minimi standard di purezza varietale né tantomeno i requisiti sanitari relativamente a virosi e malattie del legno.

Si intende quindi colmare questa grave lacuna con l’istituzione presso il CSD di Montebeltrano di un nucleo di premoltiplicazione del materiale viticolo regionale scaturito dalle attività di selezione e risanamento in modo da garantire il mantenimento in purezza delle piante madri selezionate da cui i vivaisti si potranno approvvigionare per poter qualificare e certificare le proprie produzioni.

Studio di adattamento di vitigni a maturazione precoce in ambiente di montagna (Sila).

Nonostante l’ambiente diversificato offerto dalle condizioni orografiche e climatiche della Calabria e la grande variabilità genetica, presente nei vigneti regionali, consentano una produzione variegata di tipologie enologiche, l’attuale produzione di vini calabresi è rappresentata quasi esclusivamente da vini rossi. Tale carenza limita l’assortimento delle aziende vinicole locali con conseguente penalizzazione della competitività delle stesse sul mercato.

L’ambiente Silano può essere assimilato ai climi freschi del nord Italia dove la viticoltura è diffusa e produce vini bianchi di grande finezza e complessità aromatica grazie all’andamento climatico fresco durante la fase di maturazione e per le escursioni termiche che favoriscono la maturazione e la conservazione delle componenti aromatiche nelle uve.

Tali condizioni climatiche favoriscono, inoltre, il mantenimento nelle uve di elevati valori della componente acida condizione necessaria per l’ottenimento di vini idonei alla produzione di basi spumante.

Altro punto di forza potrà essere rappresentato dal fattore novità di vini prodotti in alta quota, nota positiva in un momento in cui il consumatore è alla ricerca di novità e diversità.

La vocazione turistica della Sila, inoltre, consentirebbe una più veloce ed efficace diffusione del prodotto.

Verifica attitudini enologiche

Tale linea di studio prevede la microvinificazione dei biotipi e vitigni maggiormente presenti nelle aree a DOC della regione, con l’obiettivo di valutarne le attitudini alla produzione di vini di qualità; l’attività sarà volta, altresì, alla individuazione delle più adeguate tecniche di vinificazione capaci di evidenziare i caratteri organolettici delle varietà autoctone calabresi. In tale contesto si valuteranno i risultati enologici conseguiti con l’utilizzo di diversi ceppi di lieviti autoctoni. Saranno, quindi, vinificate in piccolo le uve provenienti dai campi catalogo comparando processi produttivi e obiettivi enologici diversificati. Ciò sarà possibile utilizzando la cantina di microvinificazione ed il laboratorio microbiologico presente presso il CSD Casello di S.Marco A., opportunamente potenziata.

Caratterizzazione chimica e organolettica

I vini sperimentali ottenuti dalle microvinificazioni  saranno oggetto di analisi chimiche ed organolettiche per la individuazione dei composti caratterizzanti le singole accessioni e varietà e per favorire la definizione delle più appropriate metodologie di vinificazione ed affinamento degli stessi.

Le analisi chimiche saranno condotte presso i laboratori e la cantina di microvinificazione di Casello di Tarsia.

Anche le valutazioni organolettiche potranno essere condotte presso le sale panel dell’ARSSA e con il personale specializzato già in organico all’Agenzia.

Articolazione temporale delle attività del  progetto con esplicitazione dei risultati intermedi previsti

I e II anno - In via prioritaria è necessario attivare lo studio dei biotipi finalizzato all’accertamento ampelografico dei biotipi non ancora descritti. Contemporaneamente sarà possibile avviare le attività di selezione clonale e risanamento per le varietà già identificate presenti nei campi catalogo. Tale attività sarà estesa anche ai biotipi che si descriveranno in attuazione del presente progetto.

- La linea di ricerca e sperimentazione sugli aspetti enologici (microvinificazioni) potrà partire  da subito per le varietà più rappresentative e diffuse nelle aree a DOC regionali

II e III anno - L’istituzione del nucleo di premoltiplicazione rappresenta l’obiettivo più ambizioso ma di fondamentale importanza e che darebbe senso al lavoro intrapreso, potrà essere realizzato solo dopo aver accertato la presenza di cloni ed il loro risanamento.

I, II e III anno - Lo studio sull’adattamento della viticoltura in ambiente silano è di fatto già avviato e potrà essere sviluppato ulteriormente solo con il supporto delle istituzioni scientifiche.

Elenco delle Unità Operative (UO) partecipanti e di eventuali collaborazioni  esterne

Descrizione dei ruoli e delle modalità di interazione delle U.O. partecipanti e di eventuali collaborazioni esterne.

Il programma di ricerca sarà articolato in diverse unità operative ARSSA (una per ciascuna attività descritta) e vedrà la partecipazione di più partner scientifici (ISV di Bari, ISE Sop di Barletta, Università di Reggio C.).

L’unità operativa più complessa, che curerà la misura 11.5.1, sarà articolata su 5 CSD per come su indicato e sarà supportata dall’ISV, dall’Università di Reggio C. e dal laboratorio ARSSA di Molarotta per i test virologici.

Il C.S.D. Montebeltrano si candida ad ospitare il nucleo di premoltiplicazione del materiale viticolo (misura 11.5.2). Tale scelta discende dalla particolare idoneità della struttura, caratterizzata dalla assenza attuale di vigneti, da una sufficiente distanza da altri vigneti e da un microclima ottimale.

Presso il CSD Molarotta sono già in atto le attività di cui alla misura 11.5.3, si intende utilizzare le esperienze maturate e di arricchire il programma di ricerca secondo quanto su esposto

Dotazione di laboratori, attrezzature, campi sperimentali, serre. di cui è dotata l’arssa e che verranno utilizzati per la ricerca proposta.

I Centri Sperimentali interessati ad attività nel settore vitivinicolo sono:

S. Marco Argentano; Val di Neto; Locri; Lamezia T.; Molarotta.

            Il CSD di S. Marco è quello in cui si conduce il 90% dell’attività dell’ARSSA nel comparto specifico. Nel centro sono presenti, oltre a vigneti adibiti alla produzione convenzionale ed estesi per circa 12 ettari, due campi sperimentali-dimostrativi. Uno di essi è stato costituito con fondi Mipaf ed è finalizzato all’orientamento varietale ed alla valutazione dell’adattamento dei vitigni più coltivati, sia autoctoni che nazionali ed internazionali, nelle diverse regioni d’Italia. Su questo campo, di circa 2,5 ettari, completato ormai il programma Ministeriale è possibile e opportuno avviare una serie di prove sperimentali mirate alla gestione colturale del vigneto (es. prove di inerbimento, potatura verde, diradamento dei grappoli, prove di meccanizzazione ecc.). L’altro vigneto sperimentale è rappresentato da una raccolta di germoplasma autoctono calabrese (campo catalogo), di circa 2 ettari, che ha ormai raggiunto un’età avanzata ed andrebbe reimpiantato, recuperando il materiale originario, ed eventualmente ampliato con altri vitigni calabresi rinvenuti nelle diverse aree di coltivazione. Nel Centro inoltre è presente un laboratorio microbiologico, a supporto dell’attività di monitoraggio e selezione dei lieviti autoctoni, e la cantina attrezzata per le microvinificazioni dove è possibile condurre fino a circa trenta vinificazioni diverse. La struttura deve comunque essere potenziata con almeno un'altra cella frigorifera e ulteriori serbatoi condizionati. Nella cantina è anche presente un laboratorio per le analisi di routine in fase di vinificazione.

            Presso il CSD di Locri è presente una collezione di antichi vitigni della provincia di Reggio C. con circa 40 accessioni diverse (circa 15 ceppi per varietà)  su una superficie di 1.500 mq.  Su tale campo sono in corso lavori di accertamento ampelografico con la collaborazione dell’Università di Reggio C.

            A Val di Neto è presente un campo di orientamento tecnico-produttivo, di circa 0,3 ettari, con varietà autoctone, allevate con differenti forme di allevamento, accanto ad alcune varietà internazionali.

Nel CSD di Lamezia Terme è presente un campo catalogo con le varietà autoctone del DOC Lamezia.

            Nel CSD di Molarotta si sta conducendo una prova di adattamento all’ambiente montano silano di alcune varietà di vitigni utilizzati in areali viticoli particolarmente freddi. Lo scopo è quello di offrire ai produttori regionali una possibilità in più per differenziare, ed eventualmente migliorare le loro produzioni enologiche. Si pensi alla possibilità di produrre vini spumante, vini bianchi molto fruttati e con buon contenuto di acidità fissa, e vini molto particolari come l’icewine (vino di ghiaccio) prodotto nelle valli del Reno. Lo stesso Centro è dotato di laboratorio virologico attrezzato per l’Elisa test e di strutture per lo screen house. Quest’ultime andrebbero potenziate.

             In aggiunta a tali impianti già presenti si prevede di realizzare un campo catalogo e dimostrativo con le varietà autoctone delle DOC Donnici e Savuto presso il CSD Montebeltrano.

            L’ARSSA è inoltre dotata di un gruppo panel di tecnici esperti  degustatori, da coinvolgere per le valutazioni organolettiche.

Descrizione delle modalità di monitoraggio interno del progetto e verifica dei risultati

Il monitoraggio interno e la verifica dei risultati non potrà prescindere dal numero dei vitigni descritti come pure dal numero delle prove di microvinificazione e delle valutazioni organolettiche ed analitiche effettuate.

Risultati attesi suddivisi per linea di ricerca

Ci si attende, in primis, la definizione delle varietà di vite maggiormente diffuse in regione. In parallelo a questa attività, e per quei vitigni già riconosciuti, i lavori di selezione clonale e risanamento fitosanitario dovranno consentire l’istituzione di un nucleo di premoltiplicazione del materiale viticolo che raccolga tutti i cloni ottenuti dalle attività in progetto.

Per quanto attiene le attività di ricerca in campo enologico ci si attende, per ciascun vitigno oggetto di studio, la definizione delle attitudini enologiche e la messa a punto delle tecniche più idonee al raggiungimento degli obiettivi enologici perseguiti dai produttori.

Dalla linea di ricerca sulla viticoltura di montagna dovrà scaturire una serie di informazioni di tipo tecnico da diffondere e divulgare presso le imprese vitivinicole.

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 259.600

ANNO 2009: € 259.600        TRIENNIO: € 778.800

ANNO 2010: € 259.600

PROGETTO

FILIERA VIVAISTICA FORESTALE

SCHEDA  DI  PROGETTO

1. Tematica  e Filiera

Progetto finalizzato

2. Titolo

Rinaturalizzazione di siti degradati

3. Acronimo

Ri-Natural

4. Tipo di progetto

 

 

 

 

 

 

 

Misto

5. Durata (mesi)

36

 

 

6. Finanziamento

complessivo richiesto (€)

75.000

7.  Coordinatore di progetto

Nome e Cognome

Esmeralda CANNISTRA’

Istituzione di appartenenza

Indirizzo, telefono, e-mail

ARSSA-Resp. Uff. Progettazione del Paesaggio-Via degli Arconti, 2 Reggio Calabria tel. 09653224210

Sintesi del progetto

Scopo del progetto è la redazione di un modello applicativo di recupero di siti degradati, utilizzando tecologie di fitorimediazione ed ingegneria naturalistica, applicabile alle diverse esigenze territoriali, climatiche , geopedologiche ed ororgrafiche che caratterizzano la Regione e che direttamente o indirettamente determinano differenti scelte di metodi e tipologie di intervento. L’argomento necessitando di competenze multidisciplinari (agronomiche, chimiche, tecnologiche, ingegneristiche) richiede al suo interno una azione sinergica di diverse professionalità capaci di favorire un’adeguata interazione fra ricerca, divulgazione e mercato al fine di produrre dati scientifici fruibili poi a diversi livelli.

La costituzione di questi impianti pilota rappresenta il prodotto principale del programma, ha lo scopo di fornire modelli d’innovazione tecnologica, nel settore forestale e delle bonifiche ambientali, tramite un’ampia divulgazione delle attività effettuate e dei risultati ottenuti.Gli elementi raccolti permetteranno al coordinatore, anche tramite le varie associazioni di categoria, di proporre all’Amministrazione Regionale nuovi modelli e strumenti per incentivare la realizzazione di servizi per l’innovazione tecnologica di settore.

Inquadramento del progetto negli obiettivi della programmazione del settore

Per quanto attiene i riferimenti normativi relativi il recupero ambientale, la bonifica , la produzione di biomasse sono contenute nel:

D.Lgs. n. 22 del 05/02/1997 ed in particolare  nell’ art. 17 “Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati da rifiuti”.

DM del 25/10/1999 n. 471 “Recante i criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati…”

DLgs del 03/04/2006 n.152 “Norme in materia ambientale” ed in particolare la parte quarta “Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”

POR 2000/2006 Misura ambientali, Misure forestali e PSR

POR 2007/2013 ASSE III

Il Piano regionale delle Bonifiche, rappresenta la conseguenza o il complemento nelle precedenti attività legislative e d’intervento che riporta: “il piano Regionale di Bonifica e ripristini ambientale delle aree inquinate della Calabria, prende l’avvio dalla delibera di giunta n° 4640 del 2 Ottobre 1998, con la quale la Regione Calabria ha chiesto al Presidente del Consiglio dei Ministri la dichiarazione dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento delle acque reflue ed in quello dei rifiuti speciali, pericolosi e sanitari. Il Piano delle Bonifiche si prefigge di intervenire sui problemi lasciati irrisolti dalla legge 441/87 ”Piano Regionale di gestione di bonifica delle aree inquinate…..”, è complementare al “piano degli interventi, di emergenza nel settore degli RSU”. Interviene nelle problematiche relative alla dismissione delle discariche, in breve, il Piano Regionale di Bonifica e Ripristino Ambientale ha come obiettivo il risanamento di tutti i siti potenzialmente inquinati censiti in Calabria. Le misure forestali avviate a seguito dell’approvazione di Agenda 2000, sono diversamente definite nei documenti di programmazione basate sulla predisposizione di PSR e, nelle Regioni obiettivo 1, dei POR. In tali Regioni, i PSR contengono le sole misure d’imboschimento, le altre sono state incluse nei POR, quindi negoziate, approvate ed avviate in tempi diversi. L’insieme delle misure forestali di Agenda 2000, può essere ricondotto agli articoli dal 29 al 32 del Reg.1257/99 (capo VIII° Selvicoltura) e a parte all’articolo 33 dello stesso regolamento(“promozione ed adeguamento dello sviluppo delle zone rurali”) in particolare il trattino 11° su “Tutela dell’ambiente in relazione all’Agricoltura, alla Selvicoltura, alla conservazione delle riosorse naturali, ed al benessere degli animali”. Le misure forestali a partire dal PSR e dai POR sono state divise in tre principali categorie: le misure d’imboschimento, le altre misure forestali e le misure più generali di tutela dell’ambiente

Stato dell'arte generale sull’argomento del progetto 

Le naturali condizioni orografiche dei nostri territori, caratterizzate dall’acclività dei versanti e dalle particolari peculiarità degli alvei fluviali, hanno subito, con il passare degli anni, un lento ed incessante processo degenerativo dovuto, sostanzialmente, ad un insieme di fattori  antropici e non. Lo spopolamento progressivo delle zone pedemontane, l’aumento della pressione antropica in siti d’interesse agricolo e paesaggistico e nelle zone spondali dei torrenti, sono alcuni degli elementi che hanno determinato, nel corso di alcuni decenni, aumento dei processi di erosione, aumento del numero di frane e smottamenti di terreno e, nelle zone fluviali, fenomeni di esondazione, in concomitanza di eventi meteorici eccezionali. A tutto ciò va aggiunto uno fra i maggiori problemi dei paesi industrializzati: l’inquinamento.

Negli ultimi decenni lo smaltimento incontrollato di residui di attività industriali, agricole ed urbane ha dato origine a siti contaminati, degradati ed inquinati, nella fattispecie suolo, sottosuolo, acque superficiali ed acque sotterranee contaminati da metalli pesanti, percolati, idrocarburi, prodotti radioattivi, etc.; residui che, presenti a livelli elevati di concentrazione, costituiscono un serio pericolo per la salute pubblica e dell’ambiente.

 In Calabria sono stati individuati tre siti di importanza fondamentale e sui quali sarebbe auspicabile intervenire: la zona di Saline joniche ex liquichimica nella provincia di Reggio Calabria; l’ex SIR a Lamezia Terme in provincia di Catanzaro e zona Pertuso provincia di Crotone.

Da alcuni anni si sta affermando una nuova filosofia di azione che tende al recupero di ambienti naturali rari o degradati, alla creazione di nuovi habitat ecologici ed all'applicazione di nuove tecniche e metodi a basso impatto ambientale quali, ad esempio, la fitorimediazione che mira a decontaminare e stabilizzare le sostanze inquinanti presenti e l’ingegneria naturalistica che si basa essenzialmente sulla ricostituzione di nuove unità ecosistemiche in grado di autosostenersi mediante processi naturali con positive ripercussioni sulle caratteristiche geopedologiche, idrogeologiche, idrauliche, vegetazionali e paesaggistiche del territorio oggetto di progettazione.

Il decreto legislativo n. 22/1997 con il successivo  471/99 prima ed il n.152/06 poi ha dotato l’Italia di una nuova legge organica sui rifiuti che recepisce le direttive europee e dovrebbe consentire al nostro Paese di mettersi al passo con i Paesi del nord Europa, per quanto attiene la minore produzione dei rifiuti, la raccolta differenziata ed il loro riciclaggio. Tali decreti intervengono nel recupero ambientale e paesaggistico della discarica stessa, contenendo le norme tecniche inerenti la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, in quanto parte integrante dei piani di gestione dei rifiuti.

Obiettivi generali e specifici

L’obiettivo principale è quello di costituire un protocollo per il trasferimento tecnologico nell’ambito della rinaturalizzazione dei siti degradati, tutto ciò per dare risposte più sostenibili sia economicamente che ambientalmente al recupero di dette aree. L’urgenza di intervenire su vaste porzioni di territorio dettata da valutazioni di ordine ambientale e legislativo, è spesso rallentata dal costo elevatissimo delle tecniche di decontaminazione attualmente disponibili. Tali tecniche, di tipo meccanico o chimico-fisico, oltre che estremamente onerose, presentano paradossalmente un alto impatto ambientale (rimuovendo l’attività biotica del suolo) ed un efficacia talvolta discutibile.

L’utilizzo di tecniche quali la fitorimediazione e l’ingegneria naturalistica, permettono di raggiungere gli obiettivi di bonifica a costi decisamente inferiori di quelli con tecnologie chimico-fisiche, con bassi impatti ambientali e maggior rispetto , anche visivamente , per l’ambiente.

La fitorimediazione, ossia l’impiego di piante per la decontaminazione dei suoli, acqua ed atmosfera, rappresenta una tecnica nuova ed affidabile, economica ed ecologica e con il solo apparente svantaggio di tempi un po’ più lunghi per la bonifica; inoltre valorizza esteticamente il paesaggio e crea un ecosistema capace di promuovere la biodiversità. Questa metodologia si avvale della capacità naturale di alcune specie, di iperaccumulare sostanze nocive presenti nei suoli, acque di superficie ed atmosfera. Le piante allevate secondo le razionali tecniche agricole, si comportano come delle pompe naturali, l’apparato fogliare traspira l’acqua proveniente dal suolo (rimuovendo, fissando, stabilizzando) anche metalli pesanti e quant’ altro presente nel suolo  e che la specie in questione è in grado di sopportare e “fagocitare”. La specie vegetale può agire direttamente sull’agente inquinante, immagazzinandolo e trasportandolo nell’intera pianta, radici, fusto e foglie; indirettamente invece si assiste ad un’azione simultanea dell’apparato radicale e dei microrganismi del suolo, microrganismi che si trovano a contatto con l’apparato radicale della pianta che ottimizzano l’interazione con l’agente inquinante e che aumentano la capacità delle stessa pianta di allontanarlo.

L’IN è una disciplina tecnica che utilizza le piante, vive o parti di esse, nella realizzazione d’interventi particolarmente efficaci per la sistemazione dei corsi d’acqua, delle loro sponde e dei versanti, limitando l’azione erosiva degli agenti meteorici, di scarpate e superfici degradate da fattori naturali (dissesti idrogeologico) o antropici (cave, discariche, opere infrastrutturali).

Tali tecniche sono caratterizzate da un basso impatto ambientale e si basano essenzialmente sulle caratteristiche bio-tecniche di alcune specie vegetali, caratteristiche sintetizzabili principalmente nella capacità di sviluppo di un considerevole apparato radicale e nell’elevata capacità di propagazione vegetativa.L’impiego delle tecniche di IN è esteso su più fronti; in relazione all’affermarsi degli standards ambientali derivanti dalla diffusione delle procedure di VIA a tutti i livelli amministrativi e progettuali. Si possono quindi delineare ulteriormente tre settori spesso presenti contemporaneamente durante la fase operativa:

* la rinaturalizzazione, ovvero la costituzione in biotipi o ecosistemi paraturali;

* l’ingegneria naturalistica in senso stretto;

* i provvedimenti per la fauna ed in particolare quelli per garantire la continuità degli habitat.

Le principali funzioni dell’ingegneria naturalistica possono essere così sintetizzate:

funzione ecologica, di creazione e/o ricostruzione di ambienti paranaturali o naturaliformi. Non si tratta  di un semplice intervento di rinverdimento e di piantagione ma di un innesco di processi ecosistemici e di diminuizione del deficit di trasformazione.

Funzione tecnica di copertura e consolidamento del terreno, di riduzione dell’erosione spondale, di protezione dall’erosione mediante sistemazione idrogeologica e di miglioramento del drenaggio, di protezione dall’inquinamento acustico.

Funzione estetico-paesaggistica di ricucitura del paesaggio percepito mediante l’inserimento di opere e costruzioni.

Funzione socio-economica relativa al beneficio sociale indotto, alla gestione economica delle risorse naturali ed al risparmio ottenibile rispetto alle tecniche tradizionali sui costi di costruzione e di manutenzione di alcune opere.

La realizzazione di Ri-Natural avrà quindi i seguenti obiettivi:

Accrescere la qualità dell’ambiente locale.

Aumentare la quota di aree naturali ed il tasso di biodiversità.

Conservare e qualificare i beni paesistici e naturalistici esistenti.

Conservare la morfologia e proprietà del terreno.

Recuperare ambientalmente le discariche esaurite.

Recuperare e conservare le tradizioni ed il patrimonio storico culturale ed ambientale.

Recuperare le aree industriali /dimesse) ed i siti contaminati.

Ripristinare le aree agricole in disuso.

Tutelare la biodiversità, la qualità delle acque, del suolo e dell’atmosfera.

Utilizzare materiali e tecnologie eco-bio-compatibili.

Identificare e caratterizzare casi-studio pilota che saranno progettati ed implementati in un fase successiva.

Produrre, al termine del programma un modello di politica per il trasferimento tecnologico da proporre e che comprenda l’implementazione di progetti pilota, la realizzazione di servizi innovativi ed azioni di formazione.

Il raggiungimento di tali obiettivi richiederà la realizzazione di una serie di prodotti ed azioni intermedi, il cui monitoraggio fornirà degli indicatori dello stato di avanzamento dei lavori quali:

pagine web,

incontri divulgativi,

seminari

quaderni informativi,

corsi di formazione,

workshop su risultati ed aspettative

Piano di attività

Il progetto Ri-Natural prevede i seguenti moduli di lavoro:

1.Acquisizione dati  

raccolta dati,

dati bibliografici,

letteratura

Pagine web

Organizzazione sopralluoghi

Prelievi

2.Indagine conoscitiva del territorio

Mappatura siti identificati

Conoscenza dettagliata della storia passata dell’area da trattare e le varie attività che si sono succedute su di essa

Identificazione del problema

Destinazione urbanistica

Selezione ed isolamento del sito modello su cui intervenire

3.Monitoraggio siti selezionati

Caratterizzazione del sito

dati analitici del suolo e delle acque (sondaggi geologici, analisi chimiche ecc.)

dati climatico- vegetazionali

identificazione delle tecnologie da utilizzare

4.Valutazioni delle metodologie da applicare

studi preliminari e decisioni

valutazioni di esperienze ed informazioni sulle tecnologie scelte

identificazione delle essenze vegetali potenzialmente utilizzabili

conduzione di prove di laboratorio ed in campo

corsi di formazione

revisione e cambiamento della scelta di tecnologia

revisione della scelta delle piante

5.Progettazione

Progetto esecutivo (opere ed impianti da realizzare)

-relazione generale;

-relazioni specialistiche;

-elaborati grafici con elencazione descrittiva degli impianti;

-calcoli esecutivi di strutture ed impianti;

-piano di manutenzione( manuale di manutenzione)

-cronoprogramma;

-elenco dei prezzi unitari;

-computo metrico estimativo definitivo e quadro economico

Impianto del sistema

- riferimenti della caratterizzazione del sito

 * Pedologici

 * Climatici

 * Agroambientali

- Attività vivaistica

- Messa in opera

Utilizzo

-ambientale-produttivo

-energetico,

-agroindustriale

Valutazioni ed eventuali modifiche

Valutazione della multifunzionalità del sistema reale

6. Monitoraggio degli impianti pilota

Monitoraggio dei siti oggetto do intervento

Raggiungimento degli obiettivi

Definizione dei criteri per il successo.

7. Unità Operative (UO) partecipanti e di eventuali collaborazioni  esterne

Le UO partecipanti alle attività progettuali sono:

ARSSA- Settore Ricerca Applicata e Sperimentazione- Servizio Filiera Vivaistica- Ufficio Progettazione del Paesaggio.

Coordina tecnicamente l’intero programma. Definisce le metodologie di azione del progetto e coordina i vari partner provvedendo alle opportune nomine e deleghe di programma. Redige i rapporti tecnici intermedi previsti dal progetto  ed il materiale finale di divulgazione dei risultati. Sulla base delle proprie conoscenze tecniche individua, a seconda delle caratteristiche del sito identificato, le metodologie scelte relative al ripristino ambientale, definendo le modalità operative di cantiere previste per l’implementazione del progetto pilota. Identifica le specie e varietà di piante, di interesse paesaggistico-forestale, idonee alla diminuizione del tasso di inquinamento, al recupero paesaggistico, alla sistemazione idraulico-forestale, allo sfruttamento economico come biomassa. Individua sistemi di coltivazione, in pieno campo, che ne favoriscono l’attecchimento. Partecipa alla diffusione delle informazioni quale responsabile della realizzazione della brochure informativa..

Settore Servizi Tecnici di Supporto- Servizio SITAC Ufficio Cartografia, -Servizio Agropedologia Ufficio Applicazioni Agroambientali, -Servizio Agrometereologia Ufficio Rilevazione dati, -Servizio Formazione Professionale Ufficio Aggiornamento e formazione del personale.

Realizza pagine web per lo sviluppo del progetto e la sua divulgazione. Fornisce il supporto cartografico per l’individuazione dei siti. Responsabile della divulgazione dei risultati attraverso seminari intermedi e workshop finale. Responsabile delle pubblicazioni informative del progetto e della realizzazione di un quaderno informativo. Raccolta delle informazioni delle metodologie adottate e modalità di applicazione nella bonifica e recupero dei siti. Favorisce la diffusione del trasferimento tecnologico acquisito dal programma, sia tra partner partecipanti  che verso l’esterno. Formazione del personale interno ed esterno all’ARSSA, organizzazione di corsi per tecnici ed operai nel settore del recupero ambientale e del biorisanamento.

Settore Programmazione e Divulgazione – Servizio Sviluppo Rurale – Ufficio Monitoraggio e Valutazione servizi offerti. Redige dei questionari (ex-ante, in itinere, ex-post) sul piano di lavoro secondo i moduli descritti, al fine di monitorare e valutare la coerenza tra gli obiettivi preposti ed i risultati attesi. In conclusione, nel workshop finale, sarà fornita un’indagine di customer satisfaction ai potenziali utenti interessati al programma.

Centro Produzione Multimediale -Partecipa alle attività di divulgazione dei risultati, allestimento e sviluppo di servizi telematici, dei seminari intermedi e workshop finale.

Vivai.- Concedono, in base alla propria disponibilità, le specie vegetali necessarie agli impianti. 

Laboratori.- Forniscono, in base ai propri settori di intervento, le analisi chimico-biologiche su terreni, vegetazione, acque.

Centri Sperimentali Dimostrativi  Supporto tecnico-dimostrativo riferito a metodologie e specie vegetali utili  ai fini del recupero ambientale.

Centri di Divulgazione Agricola.- Raccolgono informazioni necessarie alla ricostruzione dello stato del sito, acquisizioni storiche sulle attività produttive e non che si sono succedute su di esso, realtà territoriale in atto, valutazioni sul potenziale utilizzo futuro

Collaborazioni esterne:

Istituto Sperimentale per la Pioppicoltura

Istituto Sperimentale per la Selvicoltura

Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree

Ente Nazionale Energia Alternativa

Centro Nazionale Ricerche

Università Mediterranea di Reggio Calabria – Fornisce il supporto scientifico, analisi di laboratorio e strumentazione necessari al completamento del programma.

Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro – Garantisce il supporto scientifico, analisi di laboratorio e strumentazione necessari al raggiungimento degli obiettivi.

8. Metodologie di lavoro e sfruttamento dei risultati

Il progetto vede impegnate numerose figure professionali con competenze specifiche in vari settori; la cooperazione tra i diversi partner si rende necessaria per ben definire le linee programmatiche del progetto e garantire un approccio integrato alle problematiche emergenti ed agli obiettivi prefissati. Il trasferimento di tutte le informazioni necessarie è un obiettivo e va perseguito tramite incontri periodici  (trimestrali) tra le varie UO che serviranno a:

- coordinare le attività definite dai moduli di lavoro,

- a realizzare i prodotti intermedi, 

- a pianificare e predisporre i prodotti finali. 

Gli incontri informativi (seminari) dovranno essere programmati ed organizzati in modo da poter garantire un assidua  partecipazione dei potenziali soggetti fruitori del progetto, diffondere in tali occasioni,  brochure informativa, quaderni divulgativi, pagine web e al termine del programma organizzare il workshop per la divulgazione completa dei risultati ottenuti.

9. Ricadute e benefici

La collaborazione sinergica tra le varie professionalità operanti nel progetto Ri-Natural permette di ottenere una strategia di azioni mirate nel settore del recupero ambientale e del biorisanamento. Lo sviluppo di tale programma permetterà di dare risposte su problematiche emergenti di rilevanza nazionale di sviluppo eco-sostenibile. La messa a punto di una strategia interventistica in tale campo , permetterà nel corso degli anni, notevoli ricadute in termini economici,  tramite la nascita di  aziende operanti nel settore (trasferimento di know-how , aumento occupazionale, crescita del tessuto produttivo), socio-ambientali  per la rivalutazione paesaggistica ed ambientale del sito considerato, il miglioramento della qualità della vita della popolazione residente in salute e sicurezza. La realizzazione del progetto determinerà la creazione di banche dati utili all’informazione, documentazione e assistenza ad imprese, Enti, Istituti interessati; la redazione di protocolli di interventi di salvaguardia e recupero ambientale.

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 25.000

ANNO 2009: € 25.000                     TRIENNIO: € 75.000

ANNO 2010: € 25.000

PROGETTO

FILIERA CEREALICOLA

SCHEDA DI RICERCA

 

 PROGETTO: “SISTEMI CEREALICOLO ZOOTECNICI PER LA QUALITA’ DELLE PRODUZIONI E ECOCONDIZIONALITA’ DEL SISTEMA COLTURALE”

 

TITOLO DELLA RICERCA: ITINERARI TECNICI E BCAA (Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali) DELLE FILIERE CEREALICOLO-FORAGGERE

 

COSTO DELLA RICERCA (CR): 928.400,00

 

 

 

DURATA PREVISTA DELLA RICERCA: 3 anni             

RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA: Dott. Agr. Giuseppe Salandria

 

ISTITUZIONE DI APPARTENENZA: ARSSA-Calabria 

  Centro Sperimentale Dimostrativo della Sibaritide 

Indirizzo: Via Nazionale SS 106   87070  Sibari  (CS)

Tel 0981 74037 Fax 0981 750736      E.mail arssa.cesa2@Libero.it

 

PARTECIPANTI ALLA  RICERCA (responsabile incluso)                                    

 

COGNOME E NOME

QUALIFICA

IMPEGNO MESI/ANNO

 

Dott.Agr. Giuseppe Salandria

Direttore  C.S.D. Sibari

 

 

Dott. Domenico Adduci

Div.Agricolo Polivalente

 

 

 

 

 

 

P.A. Attilio Scaglione

Agente tecnico – C.S.D. S. Marco

 

 

Dott. Agr. Fusaro

Div. Agricolo Polivalente

 

 

Dott. Agr. Saverio Filippelli

Div. Agricolo Polivalente

 

 

P.Ag. Vincenzo Granieri

Agente tecnico C.S.D. Mirto

 

 

Dott. Scicchitano

Div. Agricolo Polivalente

 

 

Dott. S. Curcio

Div. Agricolo Polivalente

 

RIASSUNTO DEI CONTENUTI DELLA SCHEDA DI RICERCA 

La ricerca dovrà suddividersi in 4 linee d’azione: frumento (duro e tenero); foraggere; riso; altri cereali. In linea di massima verterà sul comportamento agronomico-produttivo e, soprattutto, sulle caratteristiche merceologiche e qualitative. Naturalmente si terrà conto dei Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) e delle norme delle “Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali” (BCAA). Per il frumento duro si privilegeranno le varietà in linea con le determinazioni comunitarie (Reg. 2237/03) per il conferimento dei premi di qualità sulla base di parametri qualitativi e merceologici ben definiti (tenore proteico, qualità del glutine, colore, peso ettolitrico). Per i frumenti teneri si terrà conto della classificazione qualitativa determinata mediante l’ISQ e, naturalmente si privilegeranno le varietà che interessano ai trasformatori locali che, da indagini, preferiscono le classi FP ed FF. Per le foraggere il discorso qualitativo è ancora più accentuato tenuto conto delle emergenze sanitarie che stanno flagellando tutta la zootecnia europea (micotossine, in particolare aflatossine). Andranno testate mediche con diverso livello di saponina; i livelli di ADF e ADL su quante piu foraggere possibile; sanità nella conservazione dei loietti diploidi e tetraploidi; colture proteaginose succedanee alla soia e colture da insilato (triticale, loiessa, avena, ecc.) succedanei al mais (per non incorrere in rischi OGM). Sicuramente, per un discorso di produzioni di alta qualità andranno testate il più elevato numero possibile di specie per quando riguarda sia la produzione di proteine grezze che di unità foraggere. Per il riso andranno testate varietà di tipo Japonica che possano sostituire le Indica localmente coltivate; inoltre andranno testate varietà molto richieste dal mercato che attualmente non sono coltivate per disconoscenza delle cure agronomiche richieste. Per gli altri cereali andrà valutato il comportamento di specie, molto richieste dal mercato (catalogati come cereali minori), che potranno entrare nella rotazione colturale in sostituzione di altre colture; ci si riferisce al cosiddetto “funcional food (farro, all’orzo da perlare, al grano duro da cuscus, ecc.

STATO DELLE CONOSCENZE  SULL'ARGOMENTO DELLA RICERCA

oppure

SITUAZIONE E PROBLEMATICHE DELLE SINGOLE CULTIVAR STUDIATE

Frumento duro e tenero

La necessità delle prove sui frumenti derivano dal fatto che i trasformatori locali preferiscono ricorrere a prodotti di importazione perché quelli coltivati in zona non sono hanno i requisiti richiesti dal mercato e, di conseguenza, molto spesso i frumenti locali sono svenduti a intermediari pugliesi. Quindi, in poche parole bisognerebbe riacquistare la fiducia dei trasformatori attraverso prodotti qualificate programmando la produzione in funzione delle esigenze del mercato e delle industrie di trasformazione, garantendo prodotto con pregevoli caratteristiche qualitative e sanitarie e, soprattutto, in stocks omogenei.

Foraggere

Si vogliono rimarcare i problemi di carattere igienico sanitario sottolineando che, per la quasi totalità, derivano dall’alimentazione del bestiame. Foraggi qualitativamente scadenti minano la garanzia di qualità all’interno della filiera agroalimentare che, oggi più che mai rappresenta un duplice obiettivo di valorizzazione delle produzioni e di tutela del consumatore.

Riso

La coltivazione del riso in Calabria è concentrato totalmente nella Piana di Sibari (comuni di Cassano allo Ionio e Corigliano Calabro) e si estende su una superficie che varia da 550 a 600 ettari. L’impianto delle risaie in questa zona si sposa perfettamente con l’equilibrio podologico locale, perché permetterebbero di tenere sotto controllo le risalienze saline di vaste aree della Piana. Nei soli comuni di Corigliano, Cassano e Villapiana sono stimati in oltre 4.000 gli ettari interessati dalle risalienze saline (“salmastro”) che troverebbero notevole giovamento dalla coltivazione di questo cereale. L’ARSSA, negli anni passati ha già fatto qualche prova sperimentale sul riso; queste andrebbero riproposte alla luce delle nuove esigenze di mercato ed alla luce dei nuovi utilizzi che si sono aperti. Viene sfruttato il contenuto in gamma-orizanolo (con forte azione antiradicalica) e di vitamina antiossidanti (“A” ed “E”) del riso per la produzione, attraverso l’amido, di prodotti cosmetici e farmaceutici.

Altri cereali

La promozione della coltivazione dei cereali, cosiddetti minori, può offrire alle aziende una valida alternativa di reddito con la coltivazione di prodotti che, inizialmente di nicchia, stanno conquistando fette considerevoli di mercato.

OBIETTIVI SPECIFICI INTERMEDI E FINALI DA CONSEGUIRE

L’obiettivo principale che si vuole raggiungere è quello di rivitalizzare comparti (cerealicolo e zootecnico), da sempre strategici, per l’agricoltura calabrese che negli ultimi anni stanno vivendo crisi profondissime dovute al mancato adeguamento delle aziende alle nuove strategie di mercato. Bisogna dimostrare, con prove concrete che queste filiere vanno, sempre più, verso una logica di qualità delle produzioni anche, spesso, a scapito della quantità. Questo per evitare che, con la fine degli aiuti comunitari per questi comparti (2013), si rischi veramente di trovarsi al collasso per non aver saputo adeguare le scelte di coltivazione agli andamenti di mercato.

RISULTATI ATTESI PER SINGOLO ANNO DI STUDIO

I risultati attesi per ogni anno di prova vertono sul:

·        riscontro vegeto-produttivo del materiale vegetale messo in prova;

·        valutazione dei parametri qualitativi e merceologici;

·        risposte quali-quantitative a varie prove colturali (periodi di semina, concimazioni, diserbi, modalità e densità di semina, ecc.) atti ad implementare i valori merceologici;

·        aspetti sanitari nella conservazione dei foraggi;

·        produzione di proteine grezze e unità foraggere per ettaro;

·        valutazione delle varie tecniche di fienagione;

·        possibilità di utilizzazione multifunzionale (biomasse, biodiesel, ecc.) delle specie oggetto di prova.

Dotazione di laboratori, attrezzature, campi sperimentali, serre. di cui è dotata la I.A. che verranno utilizzati per la ricerca proposta.

Il Centro Sperimentale Dimostrativo della Sibaritide è dotato di laboratorio per la determinazione di analisi delle acque e del terreno e per l’analisi tecnologica dei cereali e precisamente, per lo specifico, detiene la seguente attrezzatura: frigotermostato, molino a palla e cyclotec, determinatore di azoto e proteine, mulinetti per alveografi, alveografo di Chopin, glutamatic, farinigrafo, pulitore sementi, colorimetro, decorticatore, setacciatore, agitatore, bilance analitiche. Inoltre è dotato di capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale. Il parco macchine dell’azienda è abbastanza fornito e permette la coltivazione e la conduzione di buona parte delle prove in autonomia e senza ricorrere a contoterzismi tranne per alcune macchine specifiche per la fienagione e per la preparazione e conduzione delle risaie..

CONDIZIONALITA’

La condizionalità è una delle novità più importanti introdotte dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) approvata nel 2003.

Con questo nome sono raggruppate una serie di normative alle quali ogni agricoltore, che vuole beneficiare degli aiuti comunitari, deve attenersi a partire dal gennaio 2005 (pena una riduzione più o meno drastica dei pagamenti diretti cui ciascun agricoltore ha diritto)

Tali normative sono inerenti: la corretta gestione agronomica dei terreni, la salute pubblica, la salvaguardia dell’ambiente, il benessere degli animali.

Nell’ambito di questo progetto, la Divulgazione in concerto con i vari CAA, deve rappresentare una guida ed uno strumento che permetta agli agricoltori di rendere operative la totalità delle norme che sono raggruppate sotto il nome di “condizionalità”.

Per tutti i “Criteri di Gestione Obbligatori” e le norme delle “Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali” andrebbero spiegate non solo le modalità di applicazione ma anche i principii che hanno ispirato i legislatori nell’emanazione di questa normativa; così facendo si potrà far intendere la “condizionalità” non come una serie di vincoli all’attività agricola ma come la possibilità di realizzare quel modello di agricoltura multifunzionale (più rispettosa dell’ambiente) da tempo auspicata.

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 261.800

ANNO 2009: € 265.100        TRIENNIO: € 796.900

ANNO 2010: € 270.000


PROGETTO

FILIERA ZOOTECNICA

SCHEDA  DI  PROGETTO

1. Tematica  e Filiera

Valorizzazione produzioni zootecniche regionali

2. Titolo

Conservazione e valorizzazione della biodiversità per la produzione di prodotti tipici di alta qualità

3. Acronimo

PROMOVAZOO

4. Tipo di progetto

 

Ricerca

 

Sviluppo

 

Dimostrativo

X

Misto

5. Durata (mesi)

36

 

 

6. Finanziamento

complessivo richiesto (€)

Euro 3.141.100

7. Coordinatore di progetto

Nome e Cognome

Francesco Monaco

Istituzione di appartenenza

Indirizzo, telefono, e-mail

Agenzia Regionale per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura (ARSSA) – Viale Trieste, 95 – 87100 Cosenza – Calabria – tel. 0984/6831 – arssacsdacri@libero.it

8. Descrizione del progetto

Sintesi del progetto

CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ PER LA PRODUZIONE DI PRODOTTI TIPICI DI ALTA QUALITÀ

La conservazione e la valorizzazione della biodiversità, per la produzione di prodotti tipici di alta qualità rappresenta per l’Agenzia Regionale, il principale obiettivo da perseguire in sintonia con l’attuale Politica Agricola Comunitaria che tende a collocare le produzioni in base alla naturale vocazione degli areali ed è sempre più pressante ed esigente in tema di protezione dell'ambiente, di salvaguardia della salute umana, di benessere degli animali, di valorizzazione delle risorse naturali e di tipizzazione delle produzioni, nel rispetto delle tradizioni locali e delle professionalità acquisite negli anni.

In tale ottica vengono programmate le attività dei Centri Sperimentali Dimostrativi, infatti da anni sono impegnati in attività di recupero, conservazione Genetica (Germoplasma) e valorizzazione di razze autoctone, in pericolo di estinzione, per la produzione di prodotti  tipici di alta qualità e l’utilizzo di vaste aree .

La Calabria possiede un patrimonio zootecnico tradizionale di grande pregio, purtroppo spinte eccessivamente produttivistiche verso razze di importazione hanno costretto all’abbandono, e alla quasi estinzione.

L’interesse è attualmente rivolto al recupero, moltiplicazione, diffusione e valorizzazione del suino Calabrese, della razza Bovina Podolica ceppo Calabrese, della razza Ovina Gentile di Puglia ceppo Calabrese, della Capra Nera Rustica Calabrese, della trota Fario indigena Silana, della razza equina Salernitana Ceppo Calabrese, trota Fario indigena silvana ma anche della gelsi-bachicoltura e dell’apicoltura.

I programmi dell’ARSSA sono improntati al perseguimento di una triplice finalità: recuperare e preservare tali entità dalla completa estinzione; conservarne il germoplasma sia ai fini di una possibile utilizzazione zootecnica in aree marginali o difficili, sia come banca genetica per il miglioramento qualitativo delle produzioni; studiare la possibilità di includere (previa opportuna selezione di linee idonee) soggetti di tali razze locali in programmi di miglioramento genetico per la costituzione di una linea ibrida Calabria, allo scopo di introdurre nel patrimonio genetico dell’ibrido caratteri peculiari delle razze autoctone calabresi (elevato grado di rusticità e resistenza alle avversità ambientali, capacità di valorizzare le risorse pascolative locali, istinto materno, precocità, qualità delle carni, ecc.).

Il programma impone, l’allevamento in aree idonee, in cui diventa possibile intraprendere interessanti studi sulle attitudini pasculative di queste vecchie razze al fine di valorizzarne la funzione zootecnica nelle aree marginali e cioè nelle tipiche condizioni di allevamento semibrado, propedeutici per altro a una più completa conoscenza delle peculiarità attitudinali e produttive di tali ceppi etnici.

L’allevamento di un certo numero di soggetti potrà fungere anche da banca genica sia ai fini del miglioramento qualitativo delle produzioni, sia come semplice fonte di variabilità genetica da mettere a disposizione di genetisti e

selezionatori.

Ennesimo tassello per dare alle aziende zootecniche calabresi una ulteriore fonte di reddito, diversificando la propria attività e svincolandola dall’allevamento delle razze cosiddette “moderne”, eccessivamente ingentilite per le quali necessitano sia investimenti iniziali che di gestione notevoli.

Queste razze autoctone, sono presenti da sempre negli ambienti più difficili della Calabria, così come di gran parte dell’Italia meridionale.

Le caratteristiche di rusticità e adattamento ad ambienti particolarmente difficili tipiche di questi animali si esprimono sostanzialmente in una maggiore capacità di controllo omeostatico in condizioni ambientali di grande variabilità, in una maggiore lunghezza fisiologica della vita media, in una più elevata capacità di utilizzazione di alimenti poveri, nella capacità di sopravvivere anche a lunghe carenze nutrizionali specifiche.

Queste caratteristiche, inoltre, rendono questi animali particolarmente adatti per un allevamento non solo con finalità economiche e produttive, ma anche di salvaguardia ambientale. La loro presenza costituisce il presupposto per la conservazione, la salvaguardia e la valorizzazione ecosostenibile di tante aree del Mezzogiorno.

Lo sviluppo ambientale sostenibile da una parte e la produzione di prodotti alimentari, carni e latte, miele, lana, ecc. di qualità superiori dall’altra, inducono sempre più gli esperti al recupero, alla conservazione e valorizzazione del loro germoplasma.

Attraverso l’allevamento di tali animali, si possono diversificare le produzioni per l’ottenimento di prodotti con specifiche caratteristiche nutrizionali in funzione delle categorie dei consumatori ai quali sono destinati.

Il ricorso alle razze autoctone e ad un tipo di allevamento semibrado, produce un basso impatto ambientale e permette di ottenere prodotti di alta qualità nel rispetto, non solo del benessere degli animali che vengono sottratti al carcere a vita, ma anche della salute di chi alleva e di chi consuma.

Il suddetto progetto, si concretizza attraverso il potenziamento di alcuni centri sperimentali e dimostrativi per la conservazione e valorizzazione del germoplasma autoctono.

Inquadramento del progetto negli obiettivi della programmazione del settore

I Centri Sperimentali Dimostrativi (CSD), programmano ed attuano le attività in ottemperanza con quanto previsto dal Piano Triennale della Ricerca sul Sistema Agricolo ( PTRSA ) Regionale e Nazionale.

La conservazione e valorizzazione della biodoversità, attraverso la conservazione e valorizzazione delle razze autoctone rappresenta l’attività più importante a supporto della filiera zootecnica affinché possa recuperare le proprie identità e specificità allo scopo di produrre alimenti tipici di alta qualità, unici sia per caratteristiche intrinseche che estrinseche.

Sotto questa ottica, tutti i CSD rappresentano i "Centri Pilota" di orientamento nei vari settori dell'agricoltura, pilotando, per l'appunto, gli agricoltori e gli allevatori verso la scelta delle attività da poter condurre con successo nelle varie realtà agricole calabresi.

Stato dell'arte generale sull’argomento del progetto

Allo stato attuale, le principali razze autoctone quali: Suino TGA Calabrese, Podolica ceppo Calabrese, Ovina Gentile di Puglia ceppo Calabrese, Capra Nera Rustica Calabrese, trota Fario indigena Silana, razza equina Salernitana Ceppo Calabrese vengono ospitate presso alcuni Centri Sperimentali regionali i quali provvedono oltre alla loro conservazione, anche alla moltiplicazione e alla diffusione sul territorio.

Le suddette razze autoctone, sono state e sono oggetto di studio al fine di valorizzare al meglio le loro specificità genetiche che bene si prestano per tipologie di allevamento a basso impatto ambientale e per la produzione di prodotti tipici di alta qualità.

Obiettivi generali e specifici (intermedi e finali)

Obiettivo generale

Negli ultimi tempi è aumentata la sensibilità dei consumatori verso le produzioni della “propria terra d’origine” pertanto l’allevamento delle Razze autoctone sia per la produzione di carne fresca che di prodotti trasformati, rappresentano una ulteriore possibilità di produrre reddito. Le regioni meridionali italiane vantano una specifica vocazionalità per la produzione di prodotti tipici di alta qualità, tra questi spiccano salumi e formaggi. Pertanto tra gli obbiettivi generali, si evidenziano:

1)      La valorizzazione delle razze autoctone

2)      La produzione di quantità sufficienti di prodotto fresco e trasformato di alta qualità e con continuità, in modo da garantire il mercato sia per il consumo diretto che per quello della trasformazione.

Obiettivi specifici:

1.                               Riduzione dei costi di impianto e di gestione dell’allevamento.

2.                               Sfruttamento dell’enorme potenziale produttivo delle aree marginali e soprattutto boschive dei comprensori collinari e montani e assicurare la presenza dell’uomo in zone ad alto rischio ambientale.

3.                               Accesso ai benefici previsti dai regolamenti comunitari per quanto attiene l’agricoltura e la zootecnia eco-compatibile.

4.                               Compatibilità con la normativa che regola le attività plausibili nei parchi. La Legge Quadro sulle aree protette, la N° 394 del 6/12/91 all’Art. 12 comma 2.

5.                               Tipizzare le produzioni e quindi avere la possibilità di istituire dei marchi di qualità, sia per le carni che per i prodotti trasformati.

Incremento e diversificazione della produzione di carne fresca e prodotti trasformati attraverso la definizione e la realizzazione di un sistema interregionale di commercializzazione e valorizzazione soprattutto per raggiungere i calabresi nel mondo.

Piano di attività

La Calabria è costituita da una superficie territoriale di ha 1.508.032 suddivisi in ha 630.802 di montagna, ha 741.856 di collina e ha 135.374 di pianura. Dunque il 91% circa è costituito da zone collinari e montuose.

Su questa superficie insistono 211.723 aziende circa  che utilizzano una SAU di ha 663.418. Quindi la SAU disponibile per azienda è di ha 3,13. Infatti circa la metà delle aziende possiede una SAU inferiore ad ha 1. E’ da evidenziare in ogni caso che alla SAU disponibile mediamente si affiancano altri 4,5 Ha tra bosco ed incolti (superfici difficilmente meccanizzabili quindi non utilizzate).Dall’analisi di tale realtà e nell’intento di ottimizzare le capacità produttive, anche delle aziende di modica estensione, si propongono dei modelli di allevamento semi brado, en plain air, attraverso i quali sfruttare le terre marginali e boscate, di difficile meccanizzazione e nello stesso tempo, si assicura la presenza dell’uomo in aeree altrimenti abbandonate, proteggendo così l’ambiente da pericolosi fenomeni di degrado

Descrizione delle attività previste suddivise per linee di ricerca o attività

-         Individuazione delle aree di allevamento

-         Collaudo delle innovazioni tecnologiche offerte dalle industrie del settore zootecnico con lo scopo di verificarne la funzionalità, efficienza ed efficacia negli allevamenti suinicola calabresi.

-         Acquisto di soggetti Autoctoni da utilizzare, dopo le dovute verifiche sanitarie, per il rinsanguamento dei gruppi originari al fine di evitare eventuali danni dovuti alla consanguineità.

-         Realizzazione di stazioni di monta per il prelievo del seme.

-         Potenziamento del laboratorio per il prelievo, la conservazione e la diffusione del seme.

-         Realizzazione di un piccolo laboratorio per la rilevazione, post mortem, dei parametri produttivi e per effettuare eventuali prove di trasformazione delle carni per la tipizzazione dei prodotti regionali;

-         Costituzione, a scopo dimostrativo e per la valorizzazione del nostro patrimonio boschivo, di alcuni nuclei di allevamento estensivo "semi-brado" compatibile con le esigenze di protezione dell'ambiente  utilizzando soggetti autoctoni per la rilevazione in vita e dei parametri riproduttivi e produttivi;

-         Prove di alimentazione, su soggetti in purezza, a base di granelle e/o altro coltivate sul territorio calabrese, assumendo in vita i relativi parametri di accrescimento;

-         Realizzare un modello di tracciabilità

-         Caratterizzazione genetica delle razze autoctone calabresi;

-         Introduzione di queste razze in programmi di miglioramento genetico per l'esaltazione e valorizzazione  delle principali caratteristiche di rusticità e qualità delle carni;

-         Valorizzazione della resistenza a stress biotici ed abiotici del materiale genetico prodotto. Miglioramento della produzione dei foraggi e di altri alimenti, nonché del latte e dei formaggi con interventi nelle operazioni di coltivazione, allevamento, mungitura, lavorazione, stagionatura;

-         Tipizzazione dei prodotti e avvio di iniziative di marketing e commercializzazione su caciocavallo silano, scamorza, burrini, mozzarelle "podoliche", nonché scamorzoni, mozzarelle e stracciatelle di bufala, yogurt con frutti "biologici" del sottobosco /fragole, lamponi, more, ribes), ecc.;

-         Attività nel settore del miglioramento zootecnico – sanitario e della conservazione genetica di seme di razze autoctone in via di estinzione, da impiegare per la F.A. e T.E. per la successiva diffusione dei migliori soggetti.

-         Centro Genetico Linea Femminile Bovino Podolico.

-         Laboratorio lattiero caseario per prove di caseificazione per la produzione di prodotti tipici di alta qualità.

-         Formazione, attraverso corsi teorico-pratici di giovani maestranze (allevatori), interessati al comparto zootecnico;

-         Divulgazione dei risultati raggiunti attraverso incontri presso i CSD, comunicazioni a convegni, pubblicazione su riviste scientifiche e divulgative.

 

Articolazione temporale delle attività del progetto con esplicitazione dei risultati intermedi previsti

Attività

Descrizione attività

Anno

 

 

1

Individuazione delle aree di allevamento

x

 

 

2

Collaudo delle innovazioni tecnologiche offerte dalle industrie del settore zootecnico con lo scopo di verificarne la funzionalità, efficienza ed efficacia negli allevamenti suinicola calabresi.

 

 

x

 

 

x

 

 

x

3

Acquisto di soggetti Autoctoni da utilizzare, dopo le dovute verifiche sanitarie, per il rinsanguamento dei gruppi originari al fine di evitare eventuali danni dovuti alla consanguineità.

 

 

x

 

 

x

 

 

x

4

Realizzazione di stazioni di monta per il prelievo del seme.

x

 

 

5

Potenziamento del laboratorio per il prelievo, la conservazione e la diffusione del seme.

x

x

 

6

Realizzazione di un piccolo laboratorio per la rilevazione, post mortem, dei parametri produttivi e per effettuare eventuali prove di trasformazione delle carni per la tipizzazione dei prodotti regionali;

 

 

 

 

 

x

 

 

 

7

Costituzione, a scopo dimostrativo e per la valorizzazione del nostro patrimonio boschivo, di alcuni nuclei di allevamento estensivo "semi-brado" compatibile con le esigenze di protezione dell'ambiente  utilizzando soggetti autoctoni per la rilevazione in vita e dei parametri riproduttivi e produttivi;

 

 

 

 

 

 

 

x

 

 

 

x

8

Prove di alimentazione, su soggetti in purezza, a base di granelle e/o altro coltivate sul territorio calabrese, assumendo in vita i relativi parametri di accrescimento;

 

x

 

x

 

x

9

Realizzare un modello di tracciabilità

 

x

x

1

Caratterizzazione genetica delle razze autoctone calabresi;

 

x

 

11

Introduzione di queste razze in programmi di miglioramento genetico per l'esaltazione e valorizzazione  delle principali caratteristiche di rusticità e qualità delle carni;

 

 

 

x

 

x

12

Formazione, attraverso corsi teorico-pratici di giovani maestranze (allevatori), interessati al comparto zootecnico;

 

x

 

x

 

x

13

Divulgazione dei risultati raggiunti attraverso incontri presso i CSD, comunicazioni a convegni, pubblicazione su riviste scientifiche e divulgative.

 

x

 

x

 

x

Elenco delle Unità Operative (UO) partecipanti e di eventuali collaborazioni  esterne

1)      Centro Sperimentale Dimostrativo di Acri: Salvaguardia e Valorizzazione del Suino TGA Nero Calabrese

2)      Centro Sperimentale Dimostrativo di Molarotta: Salvaguardia e Valorizzazione bovino Podolico – Centro per la selezione e la moltiplicazione in linea femminile della razza Podolica

3)      Centro Sperimentale Dimostrativo della Sibaritide: Salvaguardia e Valorizzazione del cavallo Salernitano ceppo Calabrese; Salvaguardia e Valorizzazione dell’asina per la produzione del latte

4)      Centro Sperimentale Dimostrativo di Val di Neto: Salvaguardia e Valorizzazione delle razze ovi-caprine Gentile di Puglia ceppo Calabrese – Capra Nera Rustica Calabrese

5)      Centro Sperimentale Dimostrativo di Mirto: Salvaguardia e Valorizzazione del Baco da seta e dell’Apis Mellifera

6)      Centro Sperimentale Dimostrativo di Paola: Salvaguardia e Valorizzazione della selvaggina da ripopolamento

7)      Centro Sperimentale Dimostrativo di Montebeltrano: Salvaguardia e Valorizzazione della selvaggina da ripopolamento

Descrizione dei ruoli e delle modalità di interazione delle U.O. partecipanti e di eventuali collaborazioni esterne

Ogni singola U.O. sarà impegnata nella realizzazione di progetti specifici .

Le eventuali collaborazioni esterne previste, saranno sempre a supporto di singoli progetti pertanto le modalità di interazione e il relativo diagramma sarà riportato nel progetto specifico.

Descrizione delle modalità di monitoraggio interno del progetto e verifica dei risultati

Verrà costituito un comitato tecnico-scientifico che provvederà, al monitoraggio dello stato di attuazione dei singoli progetti, il quale provvederà preventivamente alla predisposizione della modulistica necessaria per la valutazione ed il monitoraggio.

Il trasferimento delle informazioni necessarie avviene attraverso incontri periodici tra le varie componenti del progetto.

I controlli e le verifiche saranno effettuate in funzione dei cicli e/o fasi di ogni singola attività.

Ostacoli prevedibili ed azioni correttive

1) Il punto di debolezza principale del sistema agro-alimentare calabrese è dato dalla frammentazione eccessiva della base produttiva, che da origine ad un’altra serie di problemi che ostacolano lo sviluppo, soprattutto scarsità di risorse finanziarie da destinare agli investimenti, difficoltà di accesso al credito, impossibilità di sfruttare economie di scala. Le produzioni quantitativamente limitate ostacolano anche il rapporto con intermediari e GDO, che richiede grosse quantità, omogenee e stabili nel tempo. Altro punto debole è dovuto alle scarse competenze manageriali possedute dai titolari dell’azienda, che spesso hanno anche un’età avanzata e mentalità poco incline all’innovazione, nonostante gli incentivi per il cambiamento contenuti nelle politiche di sviluppo rurale della UE e italiane.

2) Mancanza di un programma organico nazionale di coordinamento tecnico-scientifico e professionale nel settore delle produzioni tipiche da razze autoctone. Tutto ciò penalizza fortemente il confronto e il trasferimento delle innovazioni create dai vari soggetti che hanno lavorato e lavorano in questo settore. Questa carenza potrebbe essere colmata da iniziative interregionali su obiettivi comuni e su strategie di sviluppo del settore concertate.

3) Scarsa organizzazione nel territorio di un sistema di assistenza specifica e di controllo sanitario.

4) Mancanza di un marketing appropriato: La mancanza del marketing di settore è consequenziale al disinteresse finora dimostrato dai consumatori. I risultati delle attività svolte hanno dimostrato che le performance delle razze autoctone calabresi allevate in semilibertà danno risultati ottimi. Pertanto sarebbe necessario implementare una sorte di marketing di campo, ovvero testare nelle aree vocate il comportamento delle razze autoctone calabresi. Questa ipotesi di marketing andrebbe affiancata con altre iniziative a supporto dei vari comparti produttivi, dalla tipologia di allevamento, trasformazione e commercializzazione anche attraverso la rete e il mercato on line.

5) Scarso collegamento trai singoli  produttori etra essi e i  trasformatori: Nell’ottica di una riduzione dei costi in tutta la filiera, è auspicabile promuovere collegamenti diretti in modo organico e non casuale tra i singoli produttori e tra loro e le imprese di trasformazione.

6) Costi di produzione elevati: Oggi i costi di produzione incidono fortemente sul prezzo finale del prodotto finito, sia fresco che trasformato, a carico dell’allevatore. Questo sia per il costo maggiore delle materie prime convenzionali, che degli altri mezzi di produzione dovuti soprattutto alla posizione geografica ed orografica delle aziende. Questo aggiore costo di produzione potrebbe venire compensato da adeguate politiche di marketing volte ad evidenziare la tipicità della filiera sia in termini di prodotto finito che delle varie materie prime impiegate nell’alimentazione degli animali. Dovrebbero essere utilizzate materie prime, soprattutto fonte di proteine, alternative alla soia, quindi altre leguminose, coltivate in loco.

Opportunità a favore delle razze autoctone

Allo scopo di definire una corretta strategia volta al miglioramento e all’allargamento delle produzioni autoctone  allevate in semi-brado, nelle regioni del Sud Italia in generale e in Calabria in particolare occorre riflettere sulle principali motivazioni alla luce dei punti di forza. Tra questi si ricordano:

2.      Che sono attività produttive a basso impatto ambientale e che si adattano egregiamente  sia in ambienti marginali o boschivi, ove è difficile se non impossibile realizzare strutture fisse; sia in ambienti agricoli a produzione intensiva dove l’inserimento degli allevamenti nella rotazione agraria, può ritenersi  coltivazione biennale miglioratrice.

3.      Che le condizioni ambientali nonché l’enorme professionalità acquisita negli anni consentono, di produrre quasi tutto l’anno sia carne fresca che prodotti trasformati. Tali condizioni rappresentano una peculiarità soprattutto dell’alta collina e della montagna calabrese.

4.      La disponibilità limitata di prodotto tipico locale: Attualmente l’offerta sia di carne fresca che di prodotti trasformati di alta qualità proviene da altre regioni d’Italia ed anche estere pertanto lo spazio di mercato esiste è va solo stimolato.

La disponibilità di materiale genetico idoneo all’ambiente Calabrese: La presenza in regione di diverse razze autoctone, consente di valorizzare al meglio gli areali altrimenti di difficile utilizzazione per le caratteristiche orografiche e vegetazionali.

Risultati attesi suddivisi per ogni linea di ricerca

Il prodotto finito, sia esso carne, latte, ecc. fresco che prodotto trasformato, deve soddisfare quanto previsto dai disciplinari di produzione in modo da garantire oltre alle specifiche caratteristiche intrinseche anche quelle estrinseche, cioè di appartenenza territoriale.

In accordo con le autorità locali e sulla base dei consorzi già esistenti a livello regionale, sarà valutata la possibilità di costituire un network tra gli attori coinvolti nell’intera filiera produttiva. Tale network rappresenterà il punto nodale dei processi di autocontrollo, di garanzia e diffusione degli strumenti impiegati e di sviluppo di azioni di marketing incentrato sulla qualità e riconoscibilità dei prodotti. Esso costituirà un valido strumento di concertazione e promozione in grado di garantire la sostenibilità, l’ampliamento ed il rafforzamento dell’intero settore.

A fronte di una crescente domanda di maggiore garanzia sulla qualità dei prodotti e per garantire un adeguato sistema di certificazione della produzione, il modello di tracciabilità interesserà l’intera filiera produttiva e distributiva interessando i seguenti livelli:

Produttori:

-   produttore, zona di provenienza, razza, periodo di allevamento, quantità prodotta, trasporto, formazione di lotti omogenei, trasformazione;

Trasporto:

-   data, mezzo e modalità di trasporto, quantità;

Industrie di trasformazione:

-   data di arrivo, trasformazione o confezione, trattamenti, modalità di confezionamento, modalità di conservazione, ecc.;

Distribuzione e commercializzazione:

-   data di arrivo del prodotto, provenienza, confezioni fresco e trasformato, modalità di conservazione, ecc.

Consumatore:

-    modalità di accesso alle informazioni.

Le modalità di rilevazione impiegate saranno diverse (codice a barre, tramite portale Web, tramite PC portatile, ecc.).

Tutti gli operatori appartenenti alla filiera (allevatori, trasformatori, confezionatori, distributori, ecc.) parteciperanno attivamente nella fase di progettazione e di implementazione, in modo da adeguare gli strumenti al contesto locale facilitandone così l’appropriazione.

Vedasi sintesi dei vari progetti

Ricadute e benefici

Benefici scientifici

Conservazione di una genetica antica, da utilizzare, eventualmente, per il rinsanguamento delle razze moderne, selezionate, eccessivamente ingentilite e non più idonee ad essere allevate in alcuni ambienti e non più idonei a valorizzare alcune tipologie di alimenti.

Possibilità di valutare, oggi, il potenziale riproduttivo e produttivo di queste razze antiche, alla luce delle attuali esigenze di tutti i soggetti della filiera.

Benefici economici

Nei Paesi sviluppati l’alimentazione ha perso, in parte, il suo significato originario di soddisfacimento del bisogno primario di mangiare, per assumere significati accessori più complessi che riguardano la sfera psicologica: soddisfazione del gusto, occasione di  socializzazione, rispetto della tradizione e del territorio, occasione per fare turismo,  salvaguardia ambientale, tutela della salute in senso lato, motivi di carattere etico. In un simile contesto si inseriscono a pieno titolo le specialità gastronomiche calabresi, le cui  indiscutibili caratteristiche qualitative sono riconosciute e tutelate dall’Unione Europea  attraverso i marchi DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica di Provenienza) e STG1 (Specialità Tradizionale Garantita), a cui si affiancano le produzioni biologiche (Reg. CEE n. 2092/1991 e successive modifiche ed integrazioni). I prodotti calabresi riconosciuti dai marchi europei di qualità ad oggi sono 11 tra DOP ed IGP, ai quali vanno ad aggiungersi i vini che, nelle categorie DOC  e IGT, riguardano 25 denominazioni calabresi, ed i 211 prodotti riconosciuti tradizionali Questi prodotti rappresentano il principale punto di forza del “made in Calabria.

Con la tipizzazione delle produzioni si avrà inoltre la possibilità di istituire un Marchio di Qualità aggiuntivo alle DOP già esistenti che, oltre a rassicurare il consumatore sulle caratteristiche organolettiche, nutrizionali e sulla sanità dei prodotti, garantisca agli allevatori di dette aree collinari e montane una ulteriore possibilità di incrementare il proprio reddito.

Strategie da seguire per i prodotti trasformati ottenuti dalle razze autoctone:si possono riassumere nei seguenti punti:

Rivolgersi al mercato interno, inserendosi nel circuito della ristorazione e  dell’agriturismo basti pensare che in Calabria sono presenti circa  400 agriturismi dislocati sull’intero territorio regionale;

Prevedere una distribuzione del prodotto tramite canali alternativi, tentando di accorciare la filiera per spuntare condizioni di prezzo più vantaggiose, con la vendita diretta in azienda o in mercati riservati ai produttori.

Quest’ultimi, noti come farmer’s market e molto diffusi negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna, sono piccoli mercati costituiti esclusivamente dai produttori che, periodicamente, pongono in vendita direttamente i loro prodotti al consumatore finale. In questo modo si accorcia la filiera con vantaggio reciproco per produttori e consumatori. Si stima che si possano raggiungere in questo modo percentuali di vendita pari al 10 – 15 % della produzione. Una soluzione del genere è praticabile tranquillamente anche in Italia, visto che il D.Lgs. n. 228/2001 “Legge di Orientamento” prevede la possibilità per i produttori agricoli di vendere direttamente al dettaglio su tutto il territorio nazionale i prodotti provenienti prevalentemente dalle loro aziende.

Altro sistema per accorciare la filiera è vendere direttamente ai consumatori, come attualmente sperimentato in una iniziativa congiunta tra alcuni comuni italiani e l’AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) chiamata “Sportello Bio” per l’acquisto dai produttori di prodotti biologici . L’ordine avviene per telefono o via e-mail, si formano gruppi di acquisto in funzione della zona di residenza e la consegna è effettuata dai produttori in un punto del quartiere. Secondo AIAB circa 3000 cittadini aderiscono quotidianamente a questa iniziativa.

Sottoscrivere un protocollo d’intenti finalizzato alla valorizzazione delle produzioni tipiche calabresi, attraverso la loro utilizzazione negli esercizi commerciali e turistici che vogliono aderire all’iniziativa, all’interno di un sistema di rete con produttori di prodotti tipici qualificati.

Sia i produttori che gli esercizi commerciali e turistici devono sottoscrivere l’impegno a rispettare un disciplinare di produzione di qualità e norme comportamentali.

La Regione, assume nei confronti di tali strutture l’impegno di promuoverne ed incentivarne l’attività con azioni di marketing territoriale.

Questa iniziativa consente di mettere in relazione, lungo percorsi e itinerari turistici integrati, aziende di ristorazione, agriturismi e turismo rurale, artigianato locale e gastronomia tipica, produttori e trasformatori di produzioni tipiche Calabresi. In particolare persegue, tra gli altri, l’obiettivo di offrire nei punti chiave dell’offerta turistica territoriale le produzioni delle razze autoctone allevate in Calabria (carni e salumi, prodotti lattiero-caseari, miele e derivati delle produzioni delle api, ecc.) e le altre produzioni tipiche (tipizzazione della gastronomia).

In tal modo si potranno creare le migliori condizioni per una fruizione integrata e di qualità del territorio, attraverso l’integrazione delle filiere produttive offrendo nuovi sbocchi commerciali alle produzioni tipiche che interpretano ed esaltano le qualità del produzioni calabresi.

Esse rappresentano un prezioso patrimonio legato alla cultura della Calabria la cui valorizzazione potrà determinare una ricaduta in termini di valore aggiunto per tutti i soggetti che operano nell’ambito delle filiere produttive e commerciali delle stesse produzioni tipiche e tradizionali con positivi riflessi sull’economia e sull’occupazione dell’intera area.

Tutti i soggetti, pubblici e privati, che aderiscono alla rete delle, si impegnano a rispettare ed attuare il DISCIPLINARE DI QUALITA' di qualità territoriale" adottato dai soggetti aderenti.

Tutti i soggetti che aderiscono al progetto, con la sottoscrizione del disciplinare, si impegnano a soddisfare gli standard richiesti ed accettano di sottoporsi a controlli di verifica da parte di addetti appositamente nominati nonché alla diffusione ai propri clienti di un questionario di “soddisfazione del cliente” predisposto dagli Enti promotori.

La strategia per la commercializzazione del prodotto deve basarsi in primo luogo sul mantenimento delle identità e delle caratteristiche qualitative del prodotto, perché il venire meno della specificità, cioè la caratteristica distintiva rispetto alle produzioni di massa farebbe perdere loro ogni vantaggio competitivo. La qualità da sola non basta, bisogna fare conoscere i prodotti e comunicare costantemente al consumatore il valore aggiunto insito in questi: per questo motivo è opportuno organizzare iniziative a livello locale, come ad esempio fiere, sagre, strade del gusto, oppure all’estero, in collaborazione con l’ICE.

 Impatto sociale

L’affermarsi dell’allevamento delle razze autoctone allo stato semibrado, implicherebbe  sicuramente un aumento della ricaduta occupazionale. La continua richiesta da parte del consumatore finale di alimenti di qualità di origine certa, potrebbe creare a seguito di mirate campagne di promozione, dei remunerativi ed interessanti segmenti di mercato. Da non sottovalutare inoltre la possibilità di sfruttare e rendere competitive quelle vaste aree marginali di collina e di montagna che sempre più versano in stato d’abbandono e degrado. Inoltre l’attuale legislazione in materia di multifunzionalità renderebbe molto appetibile anche per i giovani un sistema di allevamento meno sacrificato dal punto di vista della presenza in azienda rispetto a quello tradizionale e la possibilità di garantirsi introiti integrativi derivanti da altre attività svolgibili in ambito rurale.

L’allevamento delle razze autoctone e la trasformazione  delle materie prime, offre la possibilità di distinguersi con livelli superiori di qualità e da la possibilità di confronto con competitori che sono enormemente più grandi e dispongono di risorse maggiori e di costi di produzione enormemente più bassi La strategia di differenziazione si fonda sulla capacità dell’impresa di offrire prodotti con caratteristiche uniche o almeno fortemente distintive. L’approccio si rivolge a consumatori sensibili all’aspetto qualitativo del prodotto e disponibili a pagare un prezzo maggiore (premium price) per ottenere beni con caratteristiche superiori. Le maggiori difficoltà nell’utilizzo di questo approccio consistono nell’attività di ricerca e sviluppo necessaria per ottenere il livello qualitativo necessario, nel processo di comunicazione della differenza qualitativa ai consumatori.

Impatto ambientale

L’allevamento di razze locali, permettono la conservazione di una cultura del territorio basata sul concetto di qualità sotto gli aspetti più diversi  (legame alle proprie origini, senso di appartenenza,  maggior rispetto dell’ambiente, salvaguardia delle caratteristiche organolettiche del prodotto, maggiore resistenza di piante e animali alle malattie).

Partendo da questi presupposti, il futuro dell’attività agricola, all’interno della UE e quindi anche in Calabria, riguarderà sempre di più la qualità del prodotto attraverso una pratica agricola “eco-compatibile” che unitamente alla qualità della produzione sappia salvaguardare l’ambiente,  la qualità della vita di  produttori e  consumatori.

Patner coinvolti

Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia, Università della Calabria, Università di Reggio Calabria, Associazioni degli Allevatori e dei Trasformatori, Regione Toscana, Regione Sicilia, Regione Campania, Regione Basilicata, Regione Sicilia, Regione Sardegna, Aziende private, Associazioni professionali e di categoria, Cooperative, piccole e medie imprese di trasformazione agroalimentare, Università dell’Extremadura – Facoltà di Medicina Veterinaria (Spagna).

9. Piano di sfruttamento dei risultati

1.      Pubblicazioni scientifiche, tecniche e divulgative

2.      Verranno realizzate almeno una pubblicazione, per ogni razza autoctona e per ogni tipologia di attività, contenete i dati scientifici ottenuti. Inoltre verranno realizzati diversi opuscoli divulgativi per il trasferimento dei risultati agli utenti finali.

3.      13.2 Convegni

4.      Verranno organizzati almeno un convegno per ogni progetto di ricerca, sperimentazione e collaudo, sia a carattere regionale che nazionale ed eventualmente anche internazionale.

5.      13.3 Materiali didattici e Corsi di formazione

6.      Sarà necessario acquisire tutto il materiale didattico utile per la realizzazione dei vari progetti e verranno organizzati alcuni corsi di formazione sia per tecnici che per operatori privati (allevatori, trasformatori, confezionatori, marketing)

7.      13.4 Brevetti

8.      Se durante le diverse attività previste dovesse essere necessario brevettare un’attrezzatura o altro, saranno attivate le procedure necessaria per richiederne il brevetto.

9.      14. Eventuali altre fonti di finanziamento

10.  POR Calabria 2007-2013

11.  Ministeriali

12.  Progetti internazionali

13.  Progetti interregionali

14.     Altri enti pubblici e privati

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 1.110.200

ANNO 2009: € 1.030.900                TRIENNIO: € 3.141.100

ANNO 2010: € 1.000.000

PROGETTO

FILIERA AGRUMICOLA

SCHEDA DI RICERCA

 

 PROGETTO: Ammodernamento del comparto agrumicolo calabrese

 

TITOLO DELLA RICERCA: “Innovazione tecnologica per l’igiene, la sicurezza alimentare e la competitività delle produzioni agrumicole calabresi (Certificazione e valorizzazione)

 

COSTO DELLA RICERCA (CR):

 

 

 

DURATA PREVISTA DELLA RICERCA: 3 anni             

RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA: Dott. Agr. Di Leo Antonio

 

ISTITUZIONE DI APPARTENENZA: ARSSA-Calabria 

Centro Sperimentale Dimostrativo di Mirto 

Indirizzo: c.da Pantano Martucci, Mirto Crosia  (CS)

 

Tel 0983. 42235  Fax 0983.480832      E.mail: adli@tiscali.it

 

PARTECIPANTI ALLA  RICERCA (responsabile incluso)                                    

 

COGNOME E NOME

QUALIFICA

IMPEGNO MESI/ANNO

 

Dott. Agr. Antonio Di Leo

Direttore CSD di Mirto

 

 

Dott.Agr. Giuseppe Salandria

Direttore  C.S.D. Sibari

 

 

Dott.   Saverio  Filippelli

DAP - CSD di Mirto

 

 

P.A. Pasquale Danilo Fiore

DAP - Ce.D.A. n° 6 – Rossano

 

 

Dott.  Francesco  Nocera

DAP Ce.D.A. n° 5

 

 

P.A Vincenzo  Granieri

CSD Mirto

 

 

Dott.  Domenico  Turiano

CSD – Area dello Stretto

 

 

Dott. Giuseppe  Bertolami

 

CSD – Lamezia

 

 

Dott. Gianfranco Spagnolo

 

DAP - Ce.D.A. n° 12)

 

 

Dott. Alessandro. Cuteri 

 

DAP - Ce.D.A. n° 21

 

 

A . Lentini

 

DAP - Ce.D.A. n° 20

 

 

Dott.ssa Luigia A. Iuliano

Direttore - CSD – Lamezia

 

 

Dott. Cilona Vincenzo

Direttore - CSD – Gioia Tauro

 

 

Dott. Domenico Lanza

DAP - Ce.D.A. n° 3 – Sibari

 

 

Dott. Bertolami Giuseppe

CSD - Lamezia

 

 

Dott. Luciano Perri

Ce.D.A. n° 10 - Crotone

 

STATO DELLE CONOSCENZE  SUGLI  ARGOMENTI DELLA RICERCA

  Il comparto agrumicolo è uno dei  più importanti dell’agricoltura calabrese, con una superficie di circa 40.000 ettari e 31.000 aziende interessate. Si tratta di un settore che anche se caratterizzato da produzioni di eccellenza (Clementine della Piana di Sibari) e da prodotti esclusivi (Cedro e Bergamotto),   nonostante gli interventi previsti nella programmazione degli ultimi anni (2000-2006), sembra essere poco dinamico e innovativo con perdita di quote di mercato a favore di Pesi europei e extra-europei. Risulta pertanto indispensabile intervenire  in tutte le fasi della filiera, dalla produzione  alla   distribuzione commerciale. La globalizzazione dei mercati che consente la disponibilità di agrumi freschi tutto l’anno, impone alla ricerca l’individuazione di nuove cultivars di agrumi che consentano un periodo più lungo di commercializzazione da un lato, e nuovi sistemi di conservazione del prodotto che garantiscano nel tempo, la preservazione delle caratteristiche qualitative dello stesso. Altro aspetto fondamentale, e l’utilizzo quasi esclusivo del portinnesto Arancio Amaro per la realizzazione delle piantine di agrume e degli impianti presenti sul territorio regionale, portinnesto estremamente sensibile alla Tristezza degli agrumi (virosi già segnalata   in Calabria, Sicilia e Puglia) e che potrebbe ulteriormente aggravare la crisi del comparto.  Pertanto il progetto punta alla predisposizione di azioni   finalizzate a verificare:

 -  Frigo - conservazione in atmosfera controllata di diverse cultivars di clementine provenienti sia da coltivazioni biologiche che integrate, a partire dal Clementine Comune. Ciò consentirebbe di attenuare gli effetti della  concentrazione dell’offerta in un breve periodo dovuta all’epoca di maturazione delle Clementine con sicuri benefici sulla commercializzazione.

 - Ricerca e  collaudo di nuove selezioni di agrumi: L’introduzione di nuove varietà richiede la verifica del loro adattamento all’ambiente pedoclimatico, che  insieme al portinnesto, può esercitare una notevole influenza sulle caratteristiche qualitative  e sull’epoca di maturazione dei frutti. In passato l’introduzione di nuove varietà (Mapo, Rubino, Marisol, ecc.) di agrumi ritenute idonee  sulla base di comportamenti valutati solo in alcune aree ha comportato gravi danni agli agrumicoltori  dovuta ad una risposta vegeto-produttiva differente di quella osservata.

- Messa a punto di nuove tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale: Buona parte della  produzione agrumicola adotta sistemi di produzione a basso impatto ambientale (produzione integrata  e biologica)  dovuta ad un crescente riconoscimento dal mercato. In particolare saranno predisposte prove per il l controllo dei parassiti chiave (Ceratitis capitata e Aonidiella aurantii)

- Riduzione dei costi di produzione: I costi produzione sono di circa il 10% in più rispetto alla Spagna (principale concorrente commerciale) e di circa il 70% in più rispetto ai nuovi Paesi emergenti (Argentina). I costi di produzione più elevati, dipendono in parte dal costo elevato dei fertilizzanti e degli agrofarmaci , 40-50% in più rispetto agli altri Paesi Europei, in parte da problemi strutturali legati alle dimensioni aziendali e alla commercializzazione del prodotto effettuata da una miriade di strutture di commercializzazione che nel 98% dei casi si occupano di commercializzare solo prodotti agrumicoli con costi di ammortamento e di gestione delle strutture per la lavorazione del prodotto limitato a 2-3 mesi l’anno.  

- Realizzazione di un campo di portinnesti tolleranti alla Tristezza degli agrumi, al fine di fornire semi  ai vivaisti interessati o produrre piantine.

RIASSUNTO DEI CONTENUTI DELLA SCHEDA DI RICERCA 

Il progetto si propone di sviluppare  nelle diverse aree tematiche le seguenti linee di ricerca e sperimentazione:

  - Miglioramento genetico e vivaismo-

- Il collaudo e la verifica dell’adattamento all’ambiente pedoclimatico nelle diverse aree di nuove selezioni di Clementine, arance  e ibridi triploidi ;

 - Studio delle interazioni varietà-portinnesto di clementine con epoca differente dal Clementine Comune;

- Costituzione campo germoplasma e di moltiplicazione in sanità del Cedro;

- Realizzazione di un campo pilota di nuove selezioni di portinnesti resistenti alla Tristezza per la produzione di semi e/o piantine;

- Realizzazione di una banca del germoplasma agrumicolo.

   - Post-Raccolta -

– Verificare la possibilità di frigoconservare in atmosfera controllata, per un periodo di 8 (otto) settimane le clementine, al fine di allungare il periodo di commercializzazione delle stesse;

- La verifica dell’efficacia di alcune tecniche alternative a basso impatto ambientale (impiegate da sole o in combinazione tra loro)  contro “ WATER SPOT” su Clementine;

     - Tecniche colturali -

- Verifica dell’efficacia dei fertilizzanti e dei Principi attivi  ammessi in coltivazione biologica e nel controllo dei principali parassiti;

- Ridurre l’impatto sull’ambiente degli agrofarmaci, mediante la giusta regolazione delle irroratrici in funzione dei parassiti da controllare;

- Riduzione dell’impatto sull’ambiente dei fertilizzanti azotati (NITRATI);

- Razionalizzazione delle tecniche colturali e delle forme di allevamento del Cedro;

- Influenza dei parametri nutrizionali e climatici sulla qualità dell’essenza di bergamotto;

-  Definizione dei Coefficienti colturali Kc specifici per le Clementine nell’area della Sibaritide;

- Potatura meccanica degli agrumi;

- Ridurre i costi di produzione attraverso la gestione razionale dei diversi fattori della produzione;

- Controllo della mosca della frutta (Ceratitis capitata) con metodi alternativi a basso impatto ambientale.

OBIETTII SPECIFICI INTERMEDI E FINALI DA CONSEGUIRE

Il Progetto si pone come obiettivi specifici il miglioramento della qualità degli agrumi, incremento delle produzioni a basso impatto ambientale,  la riduzione dei costi di produzione,  l’allungamento del calendario di raccolta e  la costituzione di una attività vivaistica finalizzata alla produzione di semi di portinnesti tolleranti alla Tristeza. Inoltre,  si propone,  come obiettivo finale la creazione di un sistema integrato e sinergico tra  i Centri Sperimentali Dimostrativi impegnati nell’attività di sperimentazione e ricerca nel comparto agrumicolo, attraverso una azione combinata delle iniziative specifiche da intraprendere nelle diverse aree tematiche.

RISULTATI ATTESI PER SINGOLO ANNO DI STUDIO

I risultati attesi per ogni anno di prova vertono sul:

Primo anno

·                    Riscontro vegeto-produttivo delle diverse selezioni clementine poste in prova;

·                    Risposte quali-quantitative  delle diverse selezioni poste  a confronto con i diversi i portinnesti.

·                    Prime risultati della  di frigo - consevazione in atmosfera controllata delle clementine.

·                    Prime valutazioni degli ibridi triploidi

·                    Primi risultati prova controllo Ceratitis capitata

·                    Realizzazione e conduzione campo portinnesto tolleranti alla Tristezza;

·                    Predisposizione e primi risultati prova mobilità dell’azoto nel terreno;

·                    Primi risultati prova tecniche colturali Bergamotto;

·                    Primi risultati prova bergamotto;

·                    Realizzazione nuovi campi di orientamento varietale.

Secondo  anno

Elaborazione dati e continuazione prove intraprese

Terzo anno

Elaborazione e divulgazione dei risultati

DOTAZIONE DI LABORATORI, ATTREZZATURE, CAMPI SPERIMENTALI, SERRE. DI CUI È DOTATA LA I.A. CHE VERRANNO UTILIZZATI PER LA RICERCA PROPOSTA.

CSD –  Mirto

Il Centro Sperimentale Dimostrativo è particolarmente attrezzato per la realizzazione di prove e campi sperimentali dimostrativi, in quanto l’intera superficie agrumetata (SAU 6 ettari circa) è suddivisa in campi, parcelle e parcelloni sistemati e forniti autonomamente di punti acqua, inoltre sulla quasi totalità dell’area si può praticare la fertirrigazione. La struttura è dotata di capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale. Il parco macchine dell’azienda è abbastanza fornito e permette la coltivazione e la conduzione delle prove in autonomia e senza ricorrere a contoterzismi. Altre infrastrutture utilizzabili possono essere le celle frigorifere e la camera di incubazione gelsibachicola, che viene utilizzata come una vera camera a temperatura, umidità e luce controllata, laboratorio per le analisi qualitative dei frutti di agrumi, Sala panel (riconosciuta dal MiPAF), un banco prova mobile  per la verifica funzionale e la regolazione  (taratura) delle macchine irroratrici in uso.

CSD –  Sibaritide

- Campo oreientamento varietale di nuove selezioni   (SAU circa 1 ettaro)

- Capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale.

- Laboratorio per le analisi chimico fisiche del terreno e dell’acqua per uso irriguo.

CSD –  Locri

- Superficie agrumetata  8,50  ettari  circa

- Capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale.

- Laboratorio per le analisi chimico fisiche del terreno e dell’acqua per uso irriguo.

- Banco prova fisso per la verifica funzionale e la regolazione (taratura) delle macchine irroratrici.

CSD - Gioia Tauro

- Superficie agrumetata ettari 3,3 circa

- Banco prova  fisso per la verifica funzionale e la regolazione (taratura) delle macchine irroratrici.

CSD – Lamezia

- Campo liste varietale  (SAU circa 2,5 ettari)

- Banco prova mobile  per la verifica funzionale e la regolazione  (taratura) delle macchine  irroratrici in uso.

CSD – “Area dello Stretto” Reggio Calabria

 Azienda convenzionata con ARSSA CSD (ha 1.3) per prove sperimentali e dimostrative inerenti la nutrizione minerale ed organica su bergamotto cv. Fantastico.

CSD – Val di Neto

- Campo orientamento varietale agrumi (1,5 ha);

- Capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale.

COLLABORAZIONI ESTERNE

a) CRA – Istituto sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale ;

b) Universita degli Studi  Mediterranea Facoltà di Agraria  Reggio Calabria - Dip. STAFA,

     Sez. Meccanica;

c) Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di agraria;

d) Universita degli Studi  Mediterranea Facoltà di Agraria  Reggio Calabria -  Dip.  Gestione

      Sistemi agricoli e Forestali.

COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:

ANNO 2008: € 269.000

ANNO 2009: € 271.000        TRIENNIO: € 820.000

ANNO 2010: € 280.000


PROGRAMMA OPERATIVO DI RICERCA APPLICATA E

SPERIMENTAZIONE

Triennio 2008-2010

QUADRO RIEPILOGATIVO

delle

ESIGENZE FINANZIARIE

Attività

2008

2009

2010

Triennio

Filiera Frutticola

389.300

395.700

400.000

1.185.000

Filiera Biomasse

316.500

368.500

400.000

1.085.000

Filiera Piante Officinali

231.000

167.000

200.000

598.000

Filiera Orticola (fragola)

72.500

72.500

72.500

217.500

Filiera Orticola (patata)

196.800

196.800

196.800

590.400

Filiera Vitivinicola

259.600

259.600

259.600

778.800

Filiera Vivaistica Forestale

25.000

25.000

25.000

75.000

Filiera Cerealicola

261.800

265.100

270.000

796.900

Filiera Zootecnica

1.110.200

1.030.900

1.000.000

3.141.100

Filiera Agrumicola

269.000

271.700

280.000

820.000

TOTALE

3.131.700

3.052.800

3.103.900

9.288.400

 

PIANO DEI SERVIZI DI SVILUPPO AGRICOLO

TRIENNIO 2008-2010

QUADRO FINANZIARIO

GENERALE RIEPILOGATIVO

 

Descrizione

Soggetto

Attuatore

Anno 2008

Anno 2009

Anno 2010

Triennio

Programma Operativo Divulgazione Agricola

ARSSA

1.849.450

1.886.150

1.987.000

5.722.600

OO.PP.AA.

320.000

370.000

420.000

1.110.000

 

Programma Operativo

Servizi Tecnici Supporto

 

ARSSA

418.400

418.400

418.400

1.255.200

 

Programma Operativo

Ricerca Applicata e Sperimentazione

 

CSD ARSSA

3.131.700

3.052.800

3.103.900

9.288.400

TOTALE

5.719.550

5.727.350

5.929.300

17.376.200