51.
PRESIDENZA DEL PRESIDENTE GIUSEPPE BOVA
E DEL VICEPRESIDENTE ANTONIO BORRELLO
Indice
Presidenza del Presidente Giuseppe Bova
La seduta inizia alle 17,02
PRESIDENTE
La seduta è aperta, si dia lettura del verbale della seduta precedente.
Egidio CHIARELLA, Segretario Questore f.f.
Legge il verbale della seduta precedente.
(E’ approvato)
PRESIDENTE
Legge le comunicazioni.
(Sono riportate in allegato)
Egidio CHIARELLA, Segretario Questore f.f.
Legge le interrogazioni presentate alla Presidenza.
(Sono riportate in allegato)
Il primo punto all’ordine del giorno recita “Proposta di legge n. 305/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: <<Norme in materia di autorizzazione, accreditamento, accordi contrattuali e controlli delle strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private>>”.
L’onorevole Giamborino, relatore,
ha facoltà di svolgere la relazione.
Signor Presidente, onorevoli colleghi,
come non mai basterebbe affermare che il testo di legge che oggi è al vaglio
dell’Aula si commenta da solo. La portata storica dello stesso è tanta da
essere definito dai più un avvenimento per la nostra Regione. Insomma, in una
sola parola potremmo dire che finalmente si mette fine ad un incomprensibile
vuoto amministrativo-legislativo.
Tutto il Paese si era dotato di
questo regolamento ma solo noi no, e solo Dio sa quanto in Calabria abbia
influito negativamente per tutto quello che da sempre gira all’interno e
all’intorno della sanità calabrese.
Signor Presidente, io non farò una
relazione ed un approfondimento tecnico anche perché il progetto di legge è
stato abbondantemente discusso in terza Commissione. C’è stato un contributo,
che voglio sottolineare, fattivo anche da parte dei colleghi onorevoli della
opposizione. Ci sono state proposte e la Commissione ha trovato la capacità di
audire tutti i soggetti che ne avevano diritto.
Insomma, alla fine possiamo
affermare nei confronti dei calabresi che oggi la Calabria ha messo un
punto assai importante in direzione della stessa sanità.
Se tutto questo dovessimo metterlo in direzione del
fatto che anche il Piano sanitario cammina spedito e, convinto, con una volontà
politica anche questa unanime, possiamo ben dire che si sta operando nella
maniera migliore.
Ho la necessità di ringraziare il Governo regionale
nella persona dell’assessore Spaziante, che è stato colui che ha voluto con
forza questo testo di legge accorgendosi, probabilmente, che non si poteva fare
sicuramente a meno di tali regole.
Presidente, leggerei all’Aula solo in linea di principio
il primo articolo, cioè la finalità che si propone la legge.
“La Regione Calabria garantisce la tutela della salute
assicurando la disponibilità di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie
improntate all’efficacia della cura, alla sicurezza dei percorsi clinici
assistenziali ed al miglioramento continuo della qualità delle strutture
sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private ottenute per mezzo degli istituti
e l’autorizzazione”.
Insomma, da questo momento tutti gli imprenditori
calabresi che operano nella sanità, e impropriamente, a mio avviso, in questa
materia si parla di strutture private. Tutti sappiamo invece che le strutture
private sanitarie lavorano solo ed esclusivamente con denaro pubblico. Ecco
perché il nostro ritardo è quasi per alcuni aspetti ingiustificabile.
Abbiamo le idee chiare per quella che dovrà essere la
sanità del futuro. Anche sull’onda della tristezza che ha colpito la Calabria
attraverso episodi che, auspichiamo, non si possano e non si debbano verificare
mai più. I famosi episodi di mala sanità.
Immaginiamo quindi una sanità, anche quella privata, che
possa essere assolutamente sussidiaria e complementare a quella pubblica e non
assolutamente alternativa. Capiamo la competizione perché questo è anche lo
spirito ma, ripeto, sussidiaria e complementare.
O almeno questo è quello che io intendo dopo essermi
soffermato con tutti i colleghi e non solo con la maggior parte della opinione
pubblica calabrese con la quale abbiamo avuto la possibilità di confrontarci.
Abbiamo attraverso il testo della legge assolutamente
bene individuato l’articolo 2 e le definizioni di cosa valgono e come dobbiamo
andare avanti.
Si è normata con l’articolo 3, la parte riguardante le
autorizzazioni sanitarie, cioè come dovranno essere per il futuro concesse e
regolate. Abbiamo normato con l’articolo 4 gli aspetti che riguardano il
personale, cioè si è messo un punto definitivo anche nella direzione di tutti i
calabresi che lavorano all’interno delle strutture private.
L’articolo 5 invece norma la cessione alla decadenza
dell’autorizzazione dell’esercizio. Sembrano tutte cose superficiali mentre
invece sono di incidenza profonda e di forte interesse anche dal punto di vista
economico, tant’è che all’articolo 6 bene ha fatto l’assessore Spaziante a
prevedere, naturalmente, le sanzioni.
Poi ancora all’articolo 7 come deve avvenire
l’accreditamento. Insomma tutto è normato. Non ci sarà la possibilità – come è
successo in passato – di navigare a vista, con metodi che hanno prodotto guasti
e poca efficacia, assolutamente una efficienza incomprensibile. Ha prodotto,
insomma, quello che non volevamo.
Poi Commissioni aziendali per autorizzazioni agli
accreditamenti, ancora accordi e contratti.
Voglio dire che è un testo di legge davvero completo
anche sulla base di elementi scaturiti dell’esperienza delle altre Regioni del
nostro Paese. Abbiamo immaginato che ci debba essere anche una vigilanza ed un
controllo continuo e costante ed anche laddove ce ne fossero le necessità, le
possibilità di abrogazione.
Naturalmente, ripeto, il testo dal punto di vista
tecnico sarà approfondito anche in Aula perché abbiamo una serie di emendamenti
nonostante il lavoro assai raffinato fatto in aula Commissione.
Ripeto che ho necessità - i colleghi sanno che non sono
avvezzo al plagio politico -, lo devo, di ringraziare l’assessore Spaziante per
la capacità questa volta non solo tecnica ma per la capacità di ascolto, di
capire le ragioni che la politica portava sul tavolo e di porre in essere anche
in questa direzione aggiustamenti in corsa e quant’altro.
Ritengo, però, col permesso politico del Governo della
Regione Calabria che la Commissione ha fatto un buon lavoro. Il testo – lo
dichiara lo stesso assessore Spaziante – è stato assai migliorato; assai di più
questo vestito calza addosso ai bisogni dei calabresi.
Ricordo solo per un attimo a me stesso che non è
disgiunta questa iniziativa dal nuovo Piano sanitario. Il diritto alla salute è
sancito dalla nostra Costituzione e ad oggi questo è stato poco garantito ai
calabresi.
Concludo, signor Presidente, per lasciare spazio al
dibattito dell’Aula e per ascoltare, soprattutto laddove ce ne fosse la
possibilità, ulteriori proposte per poter migliorare questo testo.
Io voglio tranquillizzare anche l’opinione pubblica
calabrese, signor Presidente. Ci eravamo dati dei tempi, ci eravamo impegnati
dal punto di vista politico attraverso la Conferenza dei capigruppo. Voglio
dire che oggi la Commissione, signor Presidente del Consiglio, onorevole Bova,
si presenta in Aula avendo mantenuto il proprio impegno istituzionale con i
tempi e quant’altro. Vuol dire che questo Consiglio davvero sta prendendo il
ritmo della corsa che i calabresi si aspettavano se è vero che questo è il
disegno di legge più importante, probabilmente, della intera legislatura.
Ma vi è la volontà di andare oltre e di correre verso il
Piano sanitario, di realizzare questo strumento che pone davvero un argine e
nel contempo rilancia la sanità calabrese. Probabilmente non ce la faremo prima
della parentesi estiva, per una voglia di voler ascoltare tutto e tutti, per
mettere in essere una democrazia partecipata e condivisa.
Il Consiglio regionale della Calabria non vuol fare
colpi di mano e quindi sul nuovo Piano sanitario continuerà dalla prossima
settimana le audizioni, sentirà le forze sociali, tutti i soggetti e tutti
coloro che ne avranno diritto. Poi riprenderà speditamente per tentare davvero
di dare il progetto di legge più importante, probabilmente della intera
legislatura.
Questo è segnato anche non solo dalla centralità
dell’uomo e quindi del diritto alla salute, ma se questo non dovesse bastare
tutti sanno che il 65 per cento delle risorse regionali vengono spese nel
tentativo di garantire e tutelare la salute dei nostri concittadini. Non siamo
soddisfatti ad oggi di quello che siamo riusciti a fornire forse per colpe non
solo nostre, ma intendiamo proiettarci nel futuro, alimentare la speranza ed
abbiamo la sensibilità di prendere impegno con i calabresi dicendo che in
questa direzione ci sentiamo fortemente impegnati e determinati. Vedremo.
I fatti si sostituiranno alle parole e parleranno per
questo Consiglio nei confronti del quale io, per quanto mi riguarda,
incomincio, signor Presidente, a vedere che i cittadini offrono un afflato
diverso, una attenzione maggiore, l’occasione buona per cogliere la sua
iniziativa e quella dei capigruppo di dare un’attenzione particolare ai 500
giovani calabresi, che è davvero un fatto eccezionale che è salito alla ribalta
del Paese. Sono questi i fatti che vogliamo, signor Presidente. Anche di questo
ringrazio l’intero Consiglio e lei che con forza ha creduto nella meritocrazia.
Forse, concludo, abbiamo trovato il merito per
misurarla. Se la useremo in futuro anche in direzione della sanità calabrese
con rigore, onestà e forza contro ogni potere che non ha legittimazione ad
usufruire del denaro pubblico allora, signor Presidente, avremo fatto in parte
il nostro dovere.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’assessore Spaziante sulla discussione generale. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, lo ha detto già
l’onorevole Giamborino, Presidente della terza Commissione, abbiamo al nostro
esame, all’esame del Consiglio un provvedimento che ha una significativa
importanza. Non già perché questo provvedimento apra oggi una nuova fase,
perché in realtà quello che abbiamo oggi sotto gli occhi non è un panorama di
sole macerie, di sola inefficienza e di solo carattere fallimentare ma è un
sistema che funziona. Non funziona nel migliore dei modi possibili, e questa
proposta di legge mira ad elevare il livello di qualità complessivo dei nostri
livelli di assistenza forniti dalla popolazione.
Mira ad introdurre dei concetti
che forse nella legislazione
precedente non c’erano. Per esempio, il
riconoscimento formale della progressività delle politiche di accreditamento. Siamo stati abituati a concepire gli accreditamenti
come un riconoscimento definitivo ed assoluto mentre, invece, i ritmi ed i
livelli di evoluzione non solo tecnologica ma anche scientifica e tecnica
inducono a considerare a distanza di tempo ravvicinato i fondamenti delle
nostre politiche di accreditamento.
Senza che da questo derivi un vincolo, certe volte posto
in maniera assiomatica, pregiudiziale di modificare le realtà ospedaliere entro
un periodo, un termine che non sia stato adeguatamente considerato.
Quindi progressività delle politiche di accreditamento.
La seconda cosa, anche se di questo si parla, siamo
rimasti una delle poche Regioni che non ha introdotto e non ha praticato
l’obbligo della contrattualizzazione da parte delle aziende sanitarie
provinciali anche nei confronti del sistema ospedaliero pubblico.
Creiamo con questa proposta di legge una uniformità
progressiva certa, perché partiamo da una situazione di squilibrio che
progressivamente saneremo, ma fin da oggi parte una politica che non fa
distinzione sulla natura giuridica del soggetto.
E’ ovvio che sarà necessario del tempo per adeguare
anche le strutture pubbliche ai requisiti dell’accreditamento cui saranno
assoggettate.
Irrobustisce questa proposta di legge anche la qualità
dei controlli ampliando e modificando in parte la legislazione preesistente.
Credo che su questi tre grandi obiettivi qualificanti,
in Commissione salute sia stato fatto un ottimo lavoro, nel senso che si è
evitato da una parte di assumere una deriva eccessivamente fiscale e quasi
penalizzante, quasi auto-penalizzante. Avremmo potuto anche cedere alla facile
tentazione di essere al di là di quello che era necessario, utile e
conveniente, fin troppo scrupolosi e rigorosi.
E’ giusto mantenere un atteggiamento di rigore, non
sarebbe stato giusto un rigore privo di giustificazione. Il testo uscito dalla
Commissione rispetta questa esigenza di equilibrio tra rigore ed operatività.
Migliora anche per altre parte importanti e riequilibra,
un po’ l’indicazione di fondo, l’impostazione su un aspetto che a me sembra
molto importante, quello di correlare tutte le progressioni delle politiche di
accreditamento alle indicazioni, agli orientamenti ed alle decisioni della
programmazione sanitaria regionale.
Anche questo è un arricchimento qualitativo importante.
Il testo che è uscito dalla Commissione, rispecchiando queste esigenze e
sviluppando quello che era il senso della impostazione iniziale, mi sembra
raggiunga un livello di qualità considerevole.
Ovviamente, anche come Giunta regionale, così come
abbiamo fatto in Commissione, anche in Aula in occasione di questa riunione del
Consiglio manterremo la stessa apertura che non è indiscriminata ed indistinta
ma è una apertura a tutte le proposte e a tutti i suggerimenti di ulteriore
miglioramento di questo testo.
Ci riserveremo di intervenire su tutti gli emendamenti
ulteriori. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Nucera. Ne ha facoltà.
Brevissimamente, Presidente, non per un intervento di routine ma per mitigare un po’ i toni trionfalistici con cui è stato proposto questo progetto di legge che, ad onor del vero, è stato un progetto dal parto molto travagliato.
Dal parto, da quella che era l’impostazione che la Giunta aveva dato alla Commissione e quindi oggi per il Consiglio e rispetto ai temi che effettivamente questo progetto di legge aveva posto sul tappeto.
Intanto registriamo una cosa. E’ un progetto
di legge che arriva tardi rispetto alle tante e tante numerose proteste
che abbiamo dovuto registrare nel corso di questi anni da parte delle strutture
ambulatoriali private, da parte dei professionisti, da parte di tanti soggetti
attori e protagonisti di una sanità diversa
rispetto a quella del pubblico. Arriva tardi anche rispetto alle tante
disfunzioni che noi abbiamo registrato nel contesto generale del dibattito
sulla sanità, soprattutto sulle strutture
pubbliche, laddove la mano di un attento controllo avrebbe potuto evitare tanti
e tanti spiacevoli episodi che abbiamo registrato, incidenti sicuramente, nella
nostra regione.
Arriva tardi perché nel tempo si è
dipinta una sanità che ha colpito non solo ciò che erano le strutture e gli
strumenti che hanno portato alla operatività di un sistema
sanitario regionale, ma ha mortificato la
dignità di tanti professionisti che, difatti, a causa di carenze e di ritardi,
disfunzioni e via dicendo hanno visto mortificare la propria identità di
professionisti sanitari, di medici specialisti, di tanto personale non medico
che opera all’interno delle strutture pubbliche.
Arriva tardi perché più che mai
tardi è in viaggio questo Piano sanitario regionale che ormai sembra sempre più la Fata Morgana - visto che
siamo in riva allo Stretto – di cui tutti parliamo ma difficilmente ne vediamo
gli effetti.
Arriva tardi anche perché obiettivamente rispetto a quelli che erano i presupposti con cui noi ci
siamo avvicinati, appropinquati al dibattito complessivo di questo strumento, è
stato completamente modificato e rivisto in sede di discussione e di verifica
in seno alla Commissione.
Diceva l’assessore nel suo
intervento: rigore ed operatività; rigore ed opportunità vera di azione.
Voglio cogliere pienamente questi
due messaggi e questi due segnali che non siano solo dichiarazioni di principio
ma che siano elemento concreto e fattivo di un indirizzo che forse, su questa
strada, possiamo recuperare una credibilità che ormai è persa, assessore.
Avrei voluto incastonare questo
progetto di legge di oggi all’interno del quadro complessivo del sistema
sanitario regionale in virtù di quella norma che ancora non c’è, di questa
legge che non riusciamo a vedere.
L’abbiamo voluta estrapolare, abbiamo condiviso questa
idea di estrapolarla per cercare di porre un rimedio pur piccolo, un tampone ai
tanti ritardi che proprio in questo settore della sanità il Governo regionale
ha potuto ed ha dovuto registrare.
Mi auguro che i controlli a cui lei si richiamava,
assessore, siano effettivi e reali, perché è lì il nocciolo della questione.
Noi possiamo fare le leggi più belle e più perfette, più idonee e più capaci di
questo mondo, ma se poi non mettiamo gli strumenti per renderle operative,
tutto ciò che si è fatto e tutto ciò che è maturato rimane lettera morta, una
incompiuta, un qualcosa che non serve a nessuno e che non dà garanzia a
nessuno.
Anzi, invece di creare una via, un’autostrada al sistema
della risposta sanitaria ai bisogni dei cittadini abbiamo creato, invece, una
ulteriore pietra di inciampo perché abbiamo confuso leggi su leggi e accoppiato
leggi con leggi.
La vera garanzia che noi vogliamo oggi, assessore, da questa legge e che è la scommessa che in
fondo ci ha tenuti vicini in questi giorni ed in queste ore nel dibattere in
Commissione…, devo dare atto che lei è stato di una disponibilità unica ma
anche di una intelligenza – mi permetta l’espressione – unica nel saper
recepire tutti i segnali e tutti gli emendamenti così come erano stati
formulati.
Certo qualcosa di più si poteva fare e qualcosa di
meglio si poteva fare. Noi abbiamo un dialogo sospeso anche per quanto riguarda
alcuni passaggi importanti che la legge non prevede. Mi riferisco, soprattutto,
ai trasferimenti o al cambio di titolarità fra le strutture soprattutto quelle
private e mi riferisco ad un pregresso dove sono state violate leggi e sono
state violate leggi che noi non riusciamo più a recuperare nel contesto
complessivo di un lavoro svolto anche in condizioni di difficoltà.
Mi auguro che tutto questo possa avvenire, signor
Presidente.
Allora il dibattito di oggi io non lo riempio di euforia ma dico che è un passaggio che stiamo cercando di costruire tutti quanti assieme con tante criticità che ancora all’interno del sistema si trovano.
Qui vedo che ci sono molti emendamenti. In corso d’opera probabilmente gli emendamenti serviranno, nella discussione generale che andremo a fare, ad arricchire questo confronto, se è possibile anche migliorando il testo.
Chiudo, Presidente, perché
credo sia finito il tempo a mia disposizione. Chiudo nel ribadire la necessità
di una attenta e coinvolgente e responsabile azione
di presenza sul progetto nel suo complesso.
Non siamo negli ottimismi e nelle
euforie che ho sentito in qualche intervento che mi ha preceduto. Siamo in una
condizione di stallo che cerchiamo di seguire adeguatamente e siamo in una
condizione in cui ci sarà la verifica di ulteriori emendamenti che sono stati
presentati, dopo il lungo dibattito, abbiamo fatto tre riunioni di Commissione
per licenziare questo progetto, e non è stato sufficiente - considerato che qui
abbiamo ancora un centinaio di emendamenti da discutere – a dipanare alcuni
aspetti.
Che il dibattito che proseguirà
oggi nella giornata in quest’Aula possa servire a dare un provvedimento
compiuto. Vediamo quel che accadrà e dopo ci regoleremo anche rispetto a quella
che sarà la determinazione sul piano della condivisione o meno del progetto e
in che termini.
PRESIDENTE
Antonio BORRELLO
Signor Presidente, onorevoli
colleghi, faccio un intervento che in qualche maniera tenta di ricondurre in un
ambito maggiormente realistico il problema di cui ci stiamo occupando.
Non vorrei che qualcuno possa
immaginare che con questo progetto di legge noi risolviamo i problemi della
sanità. Certamente, però, rimuoviamo sicuramente questo: un equivoco che sin
qui è risieduto nell’ambito sanitario regionale nel quale ci stanno tutti. Ci stanno
i dipartimenti, le aziende e ci
stanno anche i privati.
Qual è stato l’equivoco signor Presidente? La
presunzione che l’accreditamento coincidesse con l’obbligo delle prestazioni da
erogare a carico del Sistema sanitario regionale. In Calabria è successo questo
e stranamente perché poi le norme nazionali sono alla base di questo nostro
provvedimento. e sicuramente non si legge questo in queste note, invece
paradossalmente dobbiamo dire che da noi purtroppo queste cose succedono spesso
non solo in ambito sanitario ma anche in tantissimi altri settori.
Cioè una sorta di ricerca dell’equivoco e non aiutano né
le norme che vengono proposte né gli approfondimenti successivi a dare risposte
concrete alle questioni vere di cui di volta in volta ci occupiamo.
Si è sempre pensato, dicevo, che automaticamente
all’accreditamento dovessero corrispondere i contratti per l’attivazione della
erogazione dei servizi. Purtroppo non è stato mai così. Oggi finalmente con
questa legge cerchiamo di “porre rimedio” seppure con notevole ritardo – lo
diceva anche il relatore nel suo intervento –, che però non è da ricondursi ad
un anno, a due, o a tre o a sei mesi o a 18 mesi, ma sono ritardi decennali che
la Calabria registra su questo versante.
Voglio ricordare soprattutto a me stesso prima e agli
altri colleghi dopo che questa dinamica di articolazione di norme doveva
appartenere a questa Regione – così come è appartenuta alle altre Regioni
italiane – da molto tempo fa.
Ma non c’è mai da meravigliarsi se la cosa prima o poi
avviene. Quello, però, che ha maggiormente forse aiutato di più l’equivoco di
cui parlavo prima è che si è sempre ritenuto che il sistema pubblico rispetto
al meccanismo dell’accreditamento dovesse, in qualche maniera, rimanere
estraneo.
Anche qui ci siamo sempre sbagliati, abbiamo sempre
pensato e ritenuto in maniera errata quale dovesse essere il vero problema
dell’accreditamento perché sia il pubblico che il privato sono deputati e
chiamati a dare le medesime risposte sul piano del possesso dei requisiti per
poter erogare prestazioni, siano esse di natura acuta ma anche di altro genere.
Oggi, finalmente, mettiamo mano a questo particolare
problema ed io qui, Presidente, voglio per un attimo soffermarmi – ma davvero
per pochi secondi – sul fatto che tutto questo, già dalla proposta che ci
perveniva dalla Giunta regionale rispetto a quella che è venuta fuori dalla
discussione in Commissione, ha dimostrato come effettivamente fosse stato
necessario approfondire in tempi un poco più dilazionati rispetto a quelli che
inizialmente ci venivano prefigurati. Cioè un provvedimento da approvare nel
giro di 24-48 ore perché c’era l’urgenza di approvarlo.
Invece, le discussioni in Commissione ma anche gli
stessi emendamenti hanno rilevato una sorta di non sufficiente impostazione
legislativa che ci veniva dalla Giunta regionale.
Il lavoro che è stato fatto in Commissione in qualche
maniera ha provveduto a porre mano a quelle deficienze che secondo i
consiglieri si potevano intravedere.
La cosa però non è completa – egregio signor Presidente
- sul piano di una articolazione ancora più complessivamente protesa a
realizzare obiettivi, non dico di certezza ma quasi molto vicini o molto
prossimi alla certezza.
Qui mi soffermo e chiudo, Presidente, su un particolare
aspetto sul quale chiedo anche l’attenzione dell’assessore.
Vede, oggi in Aula sono stati presentati tantissimi
emendamenti. Io vorrei, Presidente, che su questi emendamenti non si operasse
in termini pregiudiziali rispetto ad una sorta di iattura secondo la quale potrebbero apparire come l’ingerenza del consigliere
sulle norme.
Io credo che, invece, un consigliere che si propone in
termini di emendamenti ha necessità a suo giudizio – certo da condividere da
parte degli altri – di valutare particolari tematiche che probabilmente, anzi
sicuramente nelle norme non ci sono.
Io vorrei una maggiore disponibilità culturale da parte
sia del relatore che della stessa Giunta regionale che è chiamata ad esprimere
il proprio parere, perché sugli emendamenti presentati – salvo che non siano
tendenti e finalizzati a colpire obiettivi ben individuabili e che comunque non
appartengono alla generalità dei problemi – ci fosse una maggiore attenzione
prima di pronunciare un sì o un no, qualche volta in maniera anche
pregiudiziale. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Pacenza. Ne ha
facoltà.
Signor Presidente, io intendo dire
il mio pensiero perché questo disegno di
legge senza enfatizzazione ma anche
con la verità dovuta possa essere valutato dall’Aula prima e poi dai calabresi
per quello che è.
Qualcuno faceva riferimento a ritardi, ma per chi ha
avuto modo di lavorare su questo argomento sia negli anni passati che nello
specifico, questo disegno di legge trova fondamento sul piano della
legislazione nazionale nella cosiddetta riforma Bindi del 1992.
Quindi, quando si dice che negli anni c’è stata una
lacuna seria, si dice il vero.
Penso che dobbiamo anche farci una domanda perché negli
anni questa materia si è scelto di non regolarla. Perché non è stato un
incidente di percorso. Si è scelto, per esempio, di attivare le cosiddette
procedure provvisorie.
Ci sono attività autorizzate, accreditate, accordi che
per decenni hanno utilizzato l’istituto della provvisorietà. Questo ha prodotto
di fatto un contesto assai delicato, complicato che ha generato , per esempio -
un dato cui noi non possiamo più sfuggire – una quantità di offerta che
sistematicamente si è duplicata.
Cioè nel momento in cui il sistema è stato privo di
qualsiasi regola, lasciatemelo dire, per esempio, nella passata legislatura
sono state accreditate ed autorizzate per legge alcune attività, nel senso che
sono state individuate alcune attività, e la legge ha prodotto la sanatoria non
la procedura amministrativa per come deve essere.
Questo a testimonianza del fatto che negli anni - nel
sistema che qualcuno definisce delle tre grandi A: l’autorizzazione,
l’accreditamento, l’accordo – nello specifico si sono determinati sicuramente
abusi, fatti amministrativi non sempre legittimi e di fatto si è dato un colpo
serio all’equilibrio del sistema.
Noi oggi discutiamo anche per mantenere fede, ed io da
questo punto di vista devo dar atto all’assessore Spaziante, anche ad un
impegno legislativo. La legge finanziaria 2008 approvata qualche mese addietro
impegnava la Giunta regionale e poi il Consiglio ad approvare la legge sul
riordino per quanto riguarda autorizzazioni, accreditamenti e requisiti –
requisiti, una parolina magica – entro il 30 luglio di quest’anno.
L’impegno si mantiene e questo è un fatto importante
perché l’autorevolezza di un consesso è anche la forza di un procedimento
quando è in grado di garantire anche certezze rispetto agli impegni che si
assume.
Però, guardate, non possiamo sfuggire, basta guardare i
grandi giornali di oggi. Non so chi ha avuto modo di guardare la pagina del “Sole 24 ore”. Ieri – e continuerà
domani – nella conferenza Stato-Regioni in materia di finanza sanitaria si è
aperto uno scontro assai delicato con l’orientamento del Governo che non è
un’altra cosa rispetto a noi, guardate. Perché se dovesse passare quella
impostazione per un sistema sanitario fragile, confuso, spesse volte sprecone e
non all’altezza per come è il sistema sanitario calabrese, capite che sarebbe
ancora più complicato.
Quindi mettere in moto un processo di riordino e farlo
anche prima del Piano sanitario penso che sia utile, sia stato giusto ed è
utile dare una risposta di certezza.
Per chi ha avuto modo nelle settimane passate di leggere
la relazione di indagine, la cosiddetta relazione Serra-Riccio, avrà potuto
trovare proprio in questo riferimento la preoccupazione maggiore. Cioè avere un
comparto in cui non ci sono regole certe di riferimento diventa impossibile un
processo di riforma e un processo di riordino.
Oggi si mette un punto fermo, si danno certezze ai
livelli di responsabilità che stanno nella Giunta, nel dipartimento, nelle
aziende sanitarie. Ma se mi si permette, bisogna anche affermare rigore e
certezza dentro i soggetti erogatori dei servizi.
C’è stata una discussione in Commissione anche molto
intensa e molto franca e molto leale di come la Regione da una parte affermi
rigore e responsabilità e dall’altra parte essa stessa sia portatrice di rigore
e di responsabilità, sapendo che noi rispetto a questo comparto, al sistema sanitario
calabrese abbiamo l’obbligo e il dovere non solo di intervenire per stare nel
comparto col bisturi ma intervenire avendo una bussola di riferimento.
Anche qui – lo faceva per ultimo il collega Borrello –
non c’è una visione di esclusività del sistema. Mi riferisco al dato della
compresenza tra il sistema pubblico ed il sistema accreditato. Io preferisco
chiamarlo sistema accreditato non sistema privato, perché per quella che è la
fragilità del nostro sistema regionale non c’è di fatto un sistema squisitamente
privato.
Non è un caso, per tornare alle tre grandi A, che appena
dopo l’autorizzazione, che è uno strumento obbligatorio per un soggetto che si
pone sul mercato e che pone la disponibilità ad offrire un servizio, altra cosa
è l’istituto dell’accreditamento perché io accredito quel servizio se ho
bisogno di quel servizio.
Questo deve significare una pianificazione per vedere se
io quel servizio ce l’ho già dentro l’offerta sanitaria.
Dicevo che non c’è una visione monopolistica del
sistema. Però negli anni in questa Regione è accaduto l’esatto contrario: di
fatto si è indebolita l’offerta pubblica del sistema ed a volte volutamente, a
volte magari inconsapevolmente si è fatta crescere l’altra gamba del sistema.
Credo che questo sia un interrogativo a cui noi non
possiamo più sfuggire.
Per quanto mi riguarda la differenza deve essere la
qualità.
Noi dobbiamo innestare una sana competizione sulla
qualità della offerta sanitaria e dobbiamo in questa direzione sostenere la
qualità e disincentivare, invece, chi non fa qualità, chi tenta di stare sul
mercato meramente in termini assistenziali.
Questo, guardate, riguarda entrambe le gambe del
sistema. Io non accetto una rappresentazione in cui si possa dire che tutto il
pubblico è sprecone e non è in condizione di offrire nulla, come non condivido
l’altra rappresentazione che il sistema accreditato è tutto un sistema fatto di
non efficienza e non utilità.
In questo c’è il ruolo strategico della programmazione
che negli anni è stato la grande assente del sistema sanitario calabrese. Anche
la discussione che si è avviata sul Piano sanitario regionale( e, ripeto, sono
d’accordo che noi approviamo prima questa legge e poi continuiamo il lavoro sul
Piano sanitario 9, deve convenire che questo importante strumento non può
essere un piano di enunciati ma deve prevedere vincoli e certezze che non
possono essere lasciati nel dubbio e nella ambiguità.
Non ultima, per esempio, ritorna la discussione sui
posti letto. Basta guardare anche l’annunciato di queste ore del Governo. Noi
abbiamo qui una visione ancora ancorata
al pregresso - chi non ricorda la nottata di approvazione dell’ultimo
Piano sanitario quando le tabelle erano in grande movimento negli ultimi minuti
e nelle ultime ore! -, cioè, una visione strategica ancorata anziché ad
obiettivi certi di salute, spesse volte riferita ad un sistema che guarda
indietro.
Bello questo punto che mettiamo in campo stasera. Anche
io voglio sottolineare la disponibilità reciproca che c’è stata, nessuna
enfatizzazione, ma quanto meno ci diamo una norma, una regola, un punto di
riferimento che può valere per noi e al di là di noi ed in questa direzione io
penso che dobbiamo continuare.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Stancato. Ne ha
facoltà.
Signor Presidente, signori
consiglieri, l’argomento che oggi viene alla trattazione in quest’Aula è un
argomento molto delicato e importante, un argomento che certamente ha suscitato
molta attenzione ed ha polarizzato degli interessi che comunque in Calabria ci
sono.
E’ inutile nasconderselo ma nel
mondo, nel pianeta sanità ci sono tanti e tanti interessi e quando si decide di
far chiarezza e di dare finalmente una svolta, certamente ci sono delle
sottolineature, delle piccole pressioni, dei suggerimenti che vengono per
cercare, comunque, di attutire il nuovo che avanza.
Onestamente, la proposta di legge
che l’amico assessore Spaziante ha portato alla Giunta prima, alla Commissione
poi ed oggi al Consiglio annovera in sé degli elementi di novità che è inutile
nascondere ci sono.
Uno degli elementi più importanti
di questo progetto di legge in un mondo così delicato – come dicevamo – della
sanità è che certamente si fa ordine in una giungla di disposizioni, di leggi e
di articoli, per cui molte volte colui il quale doveva essere interessato a
delle procedure nell’ambito della realizzazione di fatti societari o quanto
meno alla realizzazione di fatti importanti nel mondo della sanità, doveva
muoversi tenendo conto di quell’articolo di quella legge o di quell’altro articolo
di quell’altra legge, lasciando molta discrezionalità al personale, alla
dirigenza, alla discrezionalità di un
mondo che molto spesso non è amico dell’utente.
Di questo, caro Presidente, ci
dobbiamo far carico perché la vera rivoluzione che questa maggioranza e che
questa legislatura deve fare è nei confronti della burocrazia regionale.
Perché se noi avremo la capacità di intaccare questo settore della vita
regionale probabilmente avremo già risolto una buona metà dei problemi della
Calabria.
In effetti, amici miei, questo è
un tasto molto delicato su cui molte amministrazioni sono cadute ed io sono
convinto che la Giunta, la capacità e la forza di Loiero unite al decisionismo
dell’amico Bova possano incidere su questo che è un terreno molto pericoloso e su
cui è necessario agire per avere la possibilità di cambiare le cose come
vogliamo cambiarle oggi con questa legge che viene alla nostra attenzione.
Dicevo che non è soltanto questo
l’elemento di novità del riordino delle leggi che in questo settore erano tante
e tali che veramente c’era da perdere la testa.
C’è un altro fatto importante che
non sarà certamente sfuggito all’attenzione di voi consiglieri. Cioè, per la
prima volta in Calabria succede che il pubblico accredita se stesso. Cioè noi
diamo con questa legge la potestà ai direttori generali di intervenire sulle
strutture pubbliche per dire se quelle strutture pubbliche sono adeguate ai
bisogni ed alle esigenze della salute e del cittadino.
Questo è un fatto molto
importante. Fino ad oggi non si è mai verificata una cosa di questo genere e
noi con questa legge per la prima volta diamo veramente la possibilità di
incidere, di rendere competitivo il sistema pubblico rispetto a quello privato.
E’ chiaro, io personalmente non sono assolutamente contro il sistema privato nella
sanità, anzi è un fatto che certamente esalta la contrapposizione e la qualità perché lì proprio nell’antagonismo tra pubblico e privato si riesce a cogliere quanto di
meglio ci possa essere in questo settore.
Però è chiaro che noi dobbiamo
fare i conti anche con quelle che sono le nostre finanze, le nostre capacità di
intervento e demandiamo con questa legge ad una programmazione più complessiva che deve essere fatta nel Piano sanitario
regionale che noi stiamo redigendo perché deve
avere una visione di insieme.
Allora tutto quello che si chiama accreditamento verrà definito nel Piano sanitario regionale che è uno strumento importantissimo per la nostra Regione,
in cui un buon 60 per cento o forse anche
il 70 per cento della nostra economia si muove
intorno alla sanità.
Allora un Piano
sanitario ha le necessità di andare a
verificare come stanno le cose e a cercare di cambiarle.
Forse e senza forse, non siamo
partiti col piede giusto con questo Piano sanitario regionale. Ma oggi nel momento in cui si stanno facendo delle
consultazioni popolari, si intervistano i territori e si chiede qual è la
domanda di salute effettiva che c’è tra la gente e con la gente, vediamo
veramente di riuscire ad avere un quadro preciso di tutto quello che può essere
il fabbisogno che riguarda questo pianeta sanità.
So che il lavoro che sta facendo
la Commissione con il Presidente Giamborino
è un lavoro certosino, difficile ma puntuale. Sta verificando territorio per
territorio quali sono le necessità, le esigenze, veramente cosa occorre a
quella domanda di salute in quel determinato territorio.
E noi anche con questa legge che
ci stiamo predisponendo ad approvare questa sera, vogliamo in qualche modo
spianare la strada a quello che dovrà essere il nuovo Piano sanitario
regionale, che non può certamente appartenere
ad una maggioranza ma deve essere il Piano sanitario del Consiglio regionale nella sua globalità perché la salute non appartiene né a destra né a sinistra. La
salute è un dovere da parte delle istituzioni da salvaguardare, sono convinto
che questo Consiglio regionale è nelle condizioni, nelle capacità di poter
svolgere questo ruolo fino in fondo.
Guardate, leggendo questa
legge ed intervenendo più volte in Commissione, forse qualche volta da medico
l’ho giudicata un pochino restrittiva rispetto a quelle che possono essere le
attese dei colleghi.; però alla fine mi sono convinto che comunque uno
strumento che faccia ordine, che porti un momento di razionalizzazione in
questo mondo della sanità era necessario ed era giusto intervenire così come si
è intervenuto.
Certo forse ancora oggi,
stasera, avremo la possibilità di migliorare ancora questa legge con altri
emendamenti, che i colleghi ed io stesso abbiamo presentato perché nulla è
perfetto e tutto è perfettibile.
Ma sono convinto che alla
fine quello che il Consiglio licenzierà questa sera sarà una delle poche leggi
che possono veramente dire di aver posto un baluardo, una pietra miliare nel
percorso della sanità calabrese. Questo sarà certo poi completato nel momento
in cui andremo alla definizione complessiva del Piano sanitario regionale.
Ci siamo dati un traguardo
ambizioso, quello del 30 luglio per l’approvazione del piano. Ritengo,
personalmente, che probabilmente non ce la faremo per la complessità della
materia, per le attese che ci sono su questo settore, che ci sono per questo
Piano.
Ma anche se dovessimo perdere
qualche giorno in più per quanto riguarda lo studio del Piano sanitario
regionale e quindi il licenziamento da parte del Consiglio di questo importante
strumento, sono convinto – conoscendo le qualità degli amici che risiedono in
questi banchi – che certamente saranno dei giorni spesi bene nell’interesse
delle popolazioni calabresi e soprattutto nell’interesse della salute dei
cittadini. Salute che è uno dei beni primari che l’uomo deve tutelare e noi
come legislatori abbiamo il dovere di portare avanti questa tutela in termini,
soprattutto di qualità, di professionalità e di dare risposte precise e
conseguenti a tutte le persone, alle genti della nostra Calabria che si
aspettano da questo Piano sanitario una risposta che possa invertire il trend
che fino ad oggi c’è stato nella nostra Calabria.
Un trend che
certamente non ci ha visto brillare, ma noi ci auguriamo dal momento in cui
licenzieremo questo Piano improntato ad una grande collaborazione e qualità di
poter veramente dire che la Calabria, probabilmente, brillerà per una luce
propria per quanto riguarda la sanità. Vi ringrazio, Presidente.
PRESIDENTE
Grazie, onorevole Stancato.
Per un medico che termina il suo intervento, ce n’è un altro che l’inizia.
Ha chiesto di parlare
l’onorevole Aiello. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente. Io ad onor del vero avevo in mente di non parlare questa sera per un motivo molto semplice, non è un atto di supponenza, ma avevo deciso di non parlare perché non ritengo questa norma che stiamo per approvare meritoria di tanta enfasi, Presidente Giamborino.
Ritengo ciò non perché non si sia lavorato
alacremente con grande sforzo da parte della maggioranza e della
opposizione. Amo ricordare che molte volte il numero legale è stato mantenuto
per la presenza della opposizione in Commissione e quindi col nostro contributo
si è arrivati ad approvare in Commissione questa norma.
Adesso mi rendo conto che è ancora
assoggettata a più di 100 emendamenti e quindi verrebbe da immaginare che quel
che è stato fatto non è servito a nulla o quasi perché deve essere di nuovo
corretto e speriamo in meglio e lo vedremo poi nel corso della discussione
degli emendamenti.
Ma dopo tutte le sviolinate del
collega Stancato, non potevo non intervenire. Tra l’altro un’ottima legge, ma
senza dubbio è una legge. Chi dice che è arrivata tardi, chi dice che è
arrivata finalmente, ma è una legge che comunque cerca di riordinare un sistema
che effettivamente era un po’ in disordine; il provvedimento, poi, tenta – lo dico dal punto di
vista squisitamente
tecnico – di equiparare il sistema pubblico a quello accreditato, all’ex
privato. Tenta di migliorare la risposta di qualità nel campo delle prestazioni
erogate e di ridare fiducia alle richieste del cittadino calabrese.
Ma consentitemi – questo è sotto
gli occhi di tutti – questa non è una legge che dà queste risposte,
assolutamente no, collega Pacenza, i problemi della sanità calabrese sono ben altri ed è sotto gli occhi di tutti. Ti ho
ascoltato quando facevi riferimento al decreto Bindi – e scusa, passami la
correzione – che è del ’96 e non del ’92 ma questo è un semplice lapsus.
Voglio però dire che i problemi
gravissimi della sanità calabrese,
amici carissimi, rimangono.
Ma, scusatemi, non vedo interventi
strutturali. Tutti ci rifacciamo a questo benedetto Piano: quando lo approveremo, quando si discuterà , quando
lo tratteremo non ho capito. Ma se è giusto, il tempo necessario ci vuole, e il Piano lo discuteremo fra due anni,
possibile che questa amministrazione non riesce a dare interventi strutturali
che consentano di contenere questa benedetta spesa? E’ possibile? E’ possibile
che il soddisfacimento della qualità della prestazione
richiesta non lo si può dare perché c’è una spesa abnorme e non si riesce a
compensare la spesa con la qualità delle prestazioni? E’ possibile tutto questo
ancora oggi in Calabria?
E’ possibile che non riusciamo a
chiederci perché questo succede e perché non si riesce ad attenuare questa
curva esponenziale che va sempre in alto, Presidente, sempre più in alto? Sono
dati inconfutabili che io ho e credo li abbia pure l’assessore, e se volete ve
ne faccio copie.
Cioè noi abbiamo, amici carissimi,
una proiezione, e parlo di proiezione del primo trimestre 2008, Sergio, di
spesa sanitaria che è già oltre il 2007 ma talmente oltre, amici carissimi che
quasi rasenta un preventivo sbilanciamento di circa 200 milioni di
euro per il 2008.
Che cosa sta facendo questa
amministrazione per attenuare questa situazione?
(Interruzione)
Benissimo. Io ne ho copia. Avevo
chiesto questo all’amico assessore Spaziante, col quale mi complimento per la
grande pazienza e per il grande senso dell’ascolto che ha – bisogna dargliene
atto –, poi contano i risultati. I cittadini aspettano risposte in termini di
qualità, il sistema aspetta la qualità anche come condizione per poter dare la
possibilità a chi lavora all’interno del sistema di avere più tranquillità.
Vedete, allora risulta quasi
inconcepibile che da un grafico che viene fuori del Ministero della sanità –
non mi invento niente – noi abbiamo una crescita esponenziale assurda per
prestazioni di Drg. Ma abbiamo questa crescita esponenziale, di più, per quanto
riguarda le prestazioni che sono quelle determinate per funzioni.
Presidente Giamborino, questa è una notizia importante e io la prego di
prenderne atto come Presidente della Commissione sanità perché credo che debba
essere oggetto di ragionamento.
Ebbene, guardate, nel 2003 avevamo
238 milioni di euro solo per quanto riguarda
la spesa funzione. Nel 2004, avevamo 375 milioni di euro; nel 2005 erano 468 milioni di euro; nel 2006 erano 516
milioni di euro e nel 2007 sono 531 milioni di euro solo per funzioni,
Presidente.
Significa che il sistema pubblico ha assorbito delle
risorse per prestazioni non tariffate, Presidente. Quindi per prestazioni, come
per esempio il pronto soccorso o la rianimazione, che essendo non tariffate
comunque costano al sistema e costano non in termini di prestazioni ma anche di
funzioni.
La domanda che ci dobbiamo porre è: rispetto a questa
quantità enorme di denaro pubblico, invece di contenerla e quindi di creare
azioni o sub-stati ideali affinché queste somme vengano attenuate e possano
essere reinvestite per migliorare il sistema, il sistema invece li elargisce a
pié di lista perché deve tamponare che cosa, Presidente Bova? Deve tamponare il
disavanzo che il sistema pubblico contribuisce ad accentuare.
Allora se questa norma noi la innestiamo in questo
contesto – questa norma sull’accreditamento - è giusta, e se servirà a questo è
corretta. Però ci sono dati inconfutabili, ci sono dati di cui bisogna tener
conto, di cui non si può non tenerne conto.
Prendiamo, per esempio, la spesa farmaceutica. Noi
facciamo la legge per l’accreditamento. Benissimo.
Ancora oggi noi non abbiamo nessuna norma che possa
permettere a questo Consiglio o alla Commissione o alla Giunta stessa di
attenuare questa benedetta spesa farmaceutica che poi è – come si dice, usando
un eufemismo – il fiore all’occhiello di questo enorme disavanzo o la madre di
tutti i disavanzi.
Ebbene cosa fa questa amministrazione? Nulla, non ha
fatto nulla fino ad oggi, Presidente, assolutamente nulla. Anche qui i dati
sono inconfutabili e la spesa farmaceutica aumenta da 314, a 336, 376, 393, 423
milioni di euro di spesa farmaceutica, assessore Spaziante, nel 2007.
Questi sono i dati e sfido chiunque a smentirmeli,
Presidente Bova. Questi sono i dati.
Allora c’è questa situazione quasi incontrollabile e che
rischia, veramente di andare fuori controllo. Ancora oggi ho letto che sono
stati versati fiumi di inchiostro: il prefetto Tizio, il Presidente della
Commissione Caio, enfasi su questa legge per l’accreditamento. Finalmente, ma
finalmente che cosa?
Amici carissimi siamo seri, siamo pragmatici una volta
per tutte! Finalmente che cosa? Stiamo cercando di fare una buona legge che
però servirà ad attenuare un problema ma non a gestire veramente quello che è
il vero grande problema della sanità calabrese. Questo squilibrio enorme che
non consente, ad oggi, di riequilibrare il meccanismo pur dinamico tra
l’andamento della spesa, ripeto, e la richiesta di qualità di prestazioni
sanitarie da parte del cittadino.
Questa è una domanda, un quesito che voglio lanciare al
Consiglio regionale ed alla Giunta. Quando la Giunta regionale ci dimostrerà –
Presidente Bova – invece di creare
decreti nella qualità di commissario ad
acta senza delibere di Giunta per un fantomatico ripiano, e creare voci
fantasmagoriche, ecc.…
Che cosa è successo? Per organizzare il ripiano della
sanità nel 2007 qual è stato l’architrave, l’ingegno, il coupe de theatre? Bene, c’è stato un decreto che ha sottratto –
Presidente Bova, è bene che lei nella sua qualità sappia queste cose – fondi
Irpef al 2008 sospendendo la legge 9 che era stata fatta per riversare 20
milioni di euro sul 2007 scoprendo di fatti il 2008.
Allora qual è il rischio amici cari? Che ci ritroveremo
nel 2009 a ridiscutere il disavanzo aumentato per quanto riguarda il 2008
perché saremo senza fondi a disposizione per il ripiano.
Questo è il grande coupe
de theatre che è stato fatto. Non solo. Poi leggo altre spese, Presidente.
Cioè questi 63 milioni di euro di accantonamento di somme relative a maggiori
iscrizioni. Non si sa cosa siano, Presidente Giamborino, e non ci capisco
niente. La mia grande ignoranza mi blocca, amico Pacenza. Non ci capisco
niente, invito tutti a leggere questo decreto di ripiano della spesa sanitaria.
Il risultato qual è? Che tutto avanza, la spesa
farmaceutica aumenta del 4,5 per cento. Vi dico le proiezioni dei primi tre
mesi.
Finisco, Presidente Bova. C’è il problema della
ospedalizzazione. Ebbene, amici carissimi: nel 2008 la Calabria avrà un grande
primato – meno male che abbiamo un primato – che è quello del tasso di
ospedalizzazione. Significa che la Calabria ha un tasso di ospedalizzazione che
sfiorerà i 230 per mille, Michele. Primo ed assoluto in Italia, speriamo di
ricevere i complimenti da tutte le parti e da altre Regioni.
Questo significa che un cittadino calabrese rispetto ad
un cittadino lombardo costerà al sistema 1.780 euro a persona. Allora che
succede? Il cittadino lombardo che ha garantita una qualità di prestazione di
un certo livello costa 1.520 mentre il cittadino calabrese che invece ad oggi
ha garantita una prestazione di qualità di basso livello, costerà 1.780 euro.
Questa è la realtà della sanità calabrese. Grazie.
PRESIDENTE
Grazie all’onorevole Aiello, io non debbo commentare gli
interventi. Come ha visto è giusto intervenire e lei ha fatto il suo intervento
in maniera chiara. Poi siccome non c’è due senza tre, medici non nel merito
degli interventi, la parola all’onorevole Pasquale Tripodi.
Signor Presidente, dopo l’accorato
intervento di Pietro Aiello vorrei continuare un po’ a fare una analisi
sicuramente al di sopra delle parti.
Intanto voglio fare una premessa.
Ho preso atto in questi giorni in cui abbiamo discusso in Commissione e ci
siamo confrontati con i colleghi anche della capacità che ha avuto il
Presidente Giamborino non solo di guidare i lavori
ma anche di darci l’opportunità di confrontarci con l’assessore Spaziante sui
problemi della sanità.
Io – lo dico a priori e senza perder tempo su queste cose – prendo atto del
risultato che abbiamo conseguito, non mi dichiaro affatto soddisfatto di questo
provvedimento ma lo considero solo come un inizio, una prima pietra per fare un
ragionamento più articolato ed ampio sulla sanità calabrese.
Ora a prescindere dalla nostra
posizione o da quella che abbiamo preso in Commissione, mi limiterò, e ci sono
i colleghi che sono stati con me in Giunta, a riportare quello che nelle
svariate sedute di Giunta ebbi a dire quando abbiamo parlato sulla sanità e
soprattutto anche su questi problemi.
Quindi niente di nuovo per alcuni
colleghi, ma è bene che alcune cose vengano ribadite oggi da quei banchi prima
e da questi banchi ora.
Vedete, quando parliamo di sistema
della sanità calabrese, a
prescindere dalle discrasie che ci sono dal punto di vista economico dobbiamo dirci le cose come stanno con molta
onestà mentale. Noi possiamo far qualsiasi provvedimento ma se a questo non ne
saranno accompagnati altri – come dicevi tu, collega Aiello – in cui si
interviene sulla radice del male della sanità, sicuramente non usciremo da
questa situazione stagnante.
Col sistema accreditato ci
possiamo anche confrontare dal punto di vista non solo della qualità del servizio ma anche della qualità delle
prestazioni, del volume della prestazione che andiamo a contrattare.
Ricordo a me stesso che non c’era
nemmeno bisogno di far questa legge. Sarebbe bastato applicare in modo adeguato
la “502” o l’articolo septe-quinques della “502” già a priori quando i nostri direttori
generali succedutisi nel tempo – non è questione di uomini ma di funzioni –
prima di andare a consentire che alcune prestazioni potessero continuare dopo
lo sforamento del budget, questo non lo facessero. Già previsto nella
“502”, ma la questione è un’altra.
La questione
è che questo provvedimento che va a normare, di fatto, sia l’accreditamento che l’autorizzazione se non è
condiviso da una strategia politica e non solo dalla Giunta ma anche e
soprattutto da questo Consiglio regionale, noi non ne usciamo. Non l’ha fatto
la Giunta precedente e non lo farà nemmeno questa Giunta.
Dobbiamo
avere il coraggio di dirci le cose come stanno. Senza tagli strutturali nella Regione
Calabria soprattutto sul
sistema ospedaliero – per dirci le cose come stanno, in modo franco – noi non
usciremo.
Non è
pensabile che questa legge va a normare di fatto – questo lo dico come medico
ora, non nelle mie funzioni ma nella mia qualità –, ma noi andiamo ad avere
decine di ospedali ai quali non riusciamo a dare delle risposte adeguate. Dove,
se andiamo ad analizzare i ricoveri, ve ne sono più del 30 per cento impropri. Dove non ci sono i
controlli di qualità, né i controlli sulla spesa farmaceutica che dovevano fare sia di primo che
di secondo livello all’interno del sistema ospedaliero come sanità.
Allora
questo non ce lo possiamo più permettere e se questo è il primo mattone,
speriamo che ne vengano altri. Ma il problema, come dicevo prima, è anche
politico ed è di questo Consiglio regionale. Ecco perché io ed altri colleghi
probabilmente vogliamo sovraccaricare la Commissione di questo Consiglio per
chiedere di verificare i regolamenti che sono frutti di programmazione, non per altro.
Allora
vogliamo capire e lo dico scevro dal rapporto che posso avere con l’assessore
Spaziante. Se ci fosse l’assessore Spaziante da qui a 50 anni in questa Regione
Calabria, credetemi io mi fiderei. Non so poi la sanità da chi e come sarà
gestita, ma ritengo che questo Consiglio regionale sulla programmazione
debba dire la sua, non possa dire la sua, ma debba dire la sua.
Debba assumersi la responsabilità non solo dei tagli
strutturali ma anche di una impostazione nuova della sanità. Perché quei dati
che ha detto il collega Aiello sono veri e sono esponenziali, significa che
tendono alla crescita continua e se non poniamo un rimedio alla base, noi
possiamo fare quante leggi vogliamo, possiamo fare quanti rimedi vogliamo ma
non ne usciremo.
Sapete qual è la prova di questo ragionamento? Se voi
prendete questo provvedimento, alla fine le leggi che sono abrogate parlano
tutte quasi di accreditamento e di autorizzazione. Partono dal 1984. Noi
abbiamo abrogato tutte le leggi di sinistra, fatte da Giunte di amministrazione
di sinistra e di destra che su questo problema non hanno inciso, non hanno
avuto la capacità di porre un punto fermo. Il punto fermo non lo porremo solo
sull’accreditamento e l’autorizzazione, quello è il meno.
Lo porremo quando avremo delle strutture che sono tali,
quando avremo la capacità di specializzare e far adeguare il sistema sia
pubblico che privato a degli standard di qualità che sono, per lo meno, a
livelli italiani per non parlare poi del livello europeo della sanità.
Non ci possiamo permettere il lusso in questa Regione di
avere poi delle relazioni, dopo quella
di Serra, che non va sicuramente a parlar solo del sistema di accreditamento ma
di una carenza del sistema in toto
della gestione della sanità.
Allora su questo è il confronto che si deve fare in
quest’Aula. E quando noi diciamo ai colleghi consiglieri regionali che
l’assunzione di responsabilità della politica è anche di controllo su queste
cose, dobbiamo avere anche una capacità di metterci in discussione noi stessi
rispetto al sistema sanità con quel che ne consegue per i cittadini.
Ma non possiamo immaginare che per mantenere gli
ospedali aumentiamo i ricoveri che sono quelli impropri. Non possiamo
immaginare, vedete - dico una cosa e mi dispiace da un punto di vista
professionale perché siamo medici -, ma il sistema da mettere sotto accusa è
anche il nostro che è il sistema del medico. Perché se la spesa farmaceutica
aumenta lo fa per un certo sistema.
Se i ricoveri impropri vengono fatti perché alcuni
nostri colleghi operano in un certo modo, questo è bene dirselo in modo molto
chiaro. Dobbiamo agire su due fronti: quello della coscienza e quello della
opportunità legislativa che noi abbiamo in questo consesso.
Sicuramente il Piano sanitario regionale non può essere
un Piano che possa essere affrontato con frettolosità e con una incapacità
nostra di dar risposte seppur radicali e seppur non condivise dai nostri
concittadini.
Diciamoci queste cose, diciamocele oggi in tempi non
sospetti perché noi abbiamo il dovere di dare una risposta sanitaria alle
nostre genti. Poi c’è un altro problema che Pietro Aiello e gli altri colleghi
hanno già trattato probabilmente con la veemenza che è dovuta. Qui noi non
possiamo non pensare che il sistema – spero che ascolti l’assessore Spaziante –
del dipartimento alla sanità non va rimodulato anche dal punto di vista non
solo della operosità ma anche delle funzioni.
Non possiamo pensare che il dipartimento della sanità
che fino ad ora è gestito in un certo modo continuando in questo tipo di
gestione possa concorrere a risolvere i problemi.
Allora anche qui va fatta una puntualizzazione perché il
dipartimento alla sanità deve coadiuvare i processi che vengono dalle Asl ma
sicuramente non può essere il dipartimento che rallenta alcuni processi e che
poi non agevola alcuni processi nella sua immediatezza.
Perché per dirci una volta per tutte le cose come
stanno, i controlli che dovevano essere fatti in sanità, checché ne dicesse
l’allora assessore Doris Lo Moro, dove sono? Sono stati fatti? Vincenzo, io in
una riunione di Giunta ho avuto una discussione con l’allora assessore Lo Moro
su queste cose.
Allora i processi di verifica e di controlli li vogliamo
fare o no in questa Regione? Quello è lo strumento che ci consente di arginare
il sistema nelle sue devianze non solo economiche ma anche di conduzione di una
professionalità anche territoriale dei colleghi.
Anche lì ci dobbiamo confrontare con molto coraggio e
non possiamo essere contenti di questo provvedimento se non è seguito da atti
che sono utili, necessari e soprattutto che abbiano la capacità di incidere non
tanto sulla spesa quanto sulla qualità della sanità che andiamo ad offrire.
Qui noi non ne usciamo tenendo presente un’altra cosa.
Vedete, io in questi mesi ho sentito delle cose che mi hanno mortificato –
parlo come medico – quando anche i mass-media nazionali definivano la classe
medica calabrese inadeguata a dare risposte sanitarie.
Qui dobbiamo fare un nostro ragionamento all’interno del
sistema sanitario calabrese. Ritengo che le professionalità che abbiamo in
questa Calabria siano tali da non farci sentire secondi a nessuno. Però ritengo
che l’adeguatezza delle strutture pubbliche non possa essere lasciata in questo
modo.
Ritengo che dobbiamo mettere le strutture pubbliche
nelle condizioni non solo di poter operare ma di essere messe nelle condizioni
di offrire quella qualità che adesso non c’è.
Ben vengano i quattro nuovi ospedali che stiamo facendo
ma per gli altri che vogliono fare, una parte sono convinto che nella
discussione generale saranno destinate ad altre cose, ma di quelle che
rimangono vogliamo trovare le risorse per adeguarle o l’adeguamento lo deve
fare solo la sanità accreditata? E quella pubblica? Per poi sentirci dire dai
telegiornali nazionali che viviamo in ospedali da terzo mondo, dove ci fanno
vedere – caso mai – gli scantinati ed i muri che si sbriciolano magari per
l’incuria del tempo.
Questa è un’altra domanda ed un altro interrogativo che
ci dobbiamo porre e se riusciamo ad abbassare anche del 10 per cento la spesa
farmaceutica non avremo problemi ad adeguare le nostre strutture sanitarie.
La sfida è là che la dobbiamo fare e per questo io
ritorno sempre sull’assunzione di responsabilità della politica, perché noi non
possiamo lasciare per alcuni versi abbandonato a se stesso l’assessorato alla
sanità e come Consiglio non seguire quel che l’assessorato alla sanità poi fa.
Abbiamo il dovere di poterlo e di doverlo fare. Solo
così possiamo coadiuvare un sistema che di fatto vede questo Consiglio ed i
consiglieri estranei a quella che è la programmazione della sanità.
Sulla programmazione della sanità abbiamo il dovere
ognuno di noi di dire come la pensiamo in modo schietto ed aperto, anche
facendo pagare lacrime e sangue ai nostri concittadini per riformare il
sistema. Perché nessuno può pensare che può avere l’ospedale sotto casa o
nessuno può pensare poi di morire per una appendicite.
Non è più il tempo di ragionare su queste cose ed allora
su questo io considero questo primo passo che abbiamo fatto, stasera ne
discutiamo, come il primo mattone che dobbiamo mettere sulla sanità.
Sicuramente non penso e sono convinto in piena
coscienza, che questa possa essere una soluzione che possa sanare il problema
ma è l’inizio di un ragionamento che, sicuramente, se va nella direzione di far
tutti gli atti che in qualche caso già abbiamo discusso anche in Commissione ma
già dalla discussione stanno emergendo, rispetto che anche al sistema nuovo, al
sistema sanitario che vogliamo disegnare nel nuovo Piano sanitario regionale,
nel nuovo Psr, probabilmente avremo la capacità al di là di chi sieda da questi
o da quei banchi di dare una risposta concreta alla Calabria su una esigenza di
primaria importanza come quella della salute.
PRESIDENTE
Grazie, onorevole Tripodi. Come dire, un ciclo
momentaneamente si conclude e ne comincia un altro con l’onorevole Serra.
Signor Presidente, onorevoli
colleghi, intervengo innanzitutto per un plauso all’assessore Spaziante,
perché, anche per la mia breve esperienza in questo Consiglio regionale, non
pensavo che in sede di discussione e di approvazione del bilancio ed ancora, su
una serie di discussioni e di proroghe che c’erano state su questa norma in
materia di autorizzazione e di accreditamento l’assessore mantenesse gli
impegni.
Ebbene, a quella data di approvazione del bilancio disse
che entro la fine di luglio avrebbe portato il provvedimento in seno a questa
Assemblea, che sicuramente è deputata non solo alla più ampia discussione ma a
licenziare un testo che ha visto un lavoro molto importante e proficuo del
Presidente, che saluto e ringrazio, onorevole Giamborino, in una serie di
audizioni che per la prima volta ha posto la Commissione e le varie
organizzazioni sindacali e tutte le associazioni ad un confronto sereno,
serrato, proficuo e sicuramente anche i lavori della Commissione in un certo
clima di serenità perché all’esterno ho avuto modo anche di parlare e di
incontrare una serie di addetti ai lavori. Quindi con tutti quelli che sono gli
operatori che agiscono all’interno di queste strutture e c’è un clima nuovo, si
respira un’aria diversa su quello che è il problema della sanità in Calabria.
Per ben due anni per quel che mi risulta e che
sicuramente è notorio a tutti, ci sono state lunghe discussioni. Spesso si è
evitato il confronto, ci si trovati di fronte ad un muro. Ebbene, oggi
registriamo un dato nuovo, un fatto nuovo perché in democrazia la cosa più
importante è il confronto.
Recepisco ed anche spesso annoto quello che è il ruolo
di una minoranza. Ho seguito anche i vari interventi, fra l’altro sono addetti
ai lavori, di consiglieri regionali che sono dei medici. Sicuramente non posso
confrontarmi con la loro esperienza e conoscenza anche dei dati, ma anche dalla
minoranza viene sicuramente un plauso; c’è, comunque, una preoccupazione per
quello che sarà successivamente un atto che è il Piano sanitario regionale e
che ci porterà ad un confronto più serrato e più importante.
I numeri in negativo, le discrasie che qualcuno fa
rilevare, preoccupano, sicuramente preoccupano il Presidente di questo
Consiglio, il Presidente della Commissione e anche noi tutti, perché non
possiamo permetterci il lusso, come diceva anche il collega Pasquale Tripodi,
di non valutare attentamente queste cose.
Però sicuramente è importante questo passaggio che pone
fine alle tante discussioni che ci sono state Oggi ci apprestiamo a licenziare
una proposta di legge fatta di 12 articoli che ripercorrono un po’ quella che è
la storia di queste strutture e che ci ha visti impegnati in quello che è un
discorso per quanto riguarda l’adeguamento dei requisiti, anche delle stesse
tariffe, per quanto riguarda il discorso sulla mancanza di un controllo spesso
anche all’interno delle stesse strutture.
Mi auguro che questa legge possa essere approvata a
breve, pur nella convinzione che gli emendamenti proposti servano anche a noi
ad affrontare una discussione più ampia ed approfondita in seno all’assemblea
su questa importante materia. Sicuramente il discorso è che si apre una nuova
stagione.
Io voglio completare questo mio intervento anche se
breve ma sentito fortemente, dicendo che si viene a porre fine a quella che è
una discussione che languiva in tutti questi anni per quanto riguarda le
strutture sanitarie private e pubbliche, anche per quello che andremo a breve a
porre e che è il Piano sanitario.
Mi auguro che la proposta di Piano sanitario possa
camminare di pari passo per come si è verificato con questa in esame, e che
entrambe possano dare alla Calabria una riorganizzazione nuova per quella che è
la sanità e che va a porre fine a tutta quella serie di fatti negativi
verificatisi, che hanno posto la Calabria all’attenzione nazionale.
Concludo augurandomi che questa Assemblea licenzi questo
testo anche se emendato, anche se discusso, per porre fine definitivamente a
questa materia che ci ha visti impegnati e che ci vedrà ancora, sicuramente
impegnati per quanto riguarda la sanità nel rispetto delle regole che questo
Consiglio licenzierà. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Battaglia. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente, sono
d’accordo con l’onorevole Aiello quando dice che non
bisogna enfatizzare più del dovuto questa legge ma questo non significa che non
bisogna apprezzarla a prescindere dal ritardo o meno rispetto all’approvazione
ed alla fretta per rispettare alcune scadenze.
Certamente è una legge che non
risolve né può risolvere i problemi della sanità, ma è una legge che dà delle
regole, che stabilisce delle procedure, che delinea un quadro di riferimento,
un quadro che potrebbe anche essere migliorato in Aula, perché in un settore
delicato come la sanità, avere delle procedure e delle regole certe costituisce
è il presupposto della qualità della stessa sanità ma soprattutto della qualità
dell’amministrazione.
Noi spesso abbiamo avuto una
amministrazione della sanità non in linea con le esigenze del cittadino ma in
linea con esigenze particolari. Da questo punto di vista, ritengo che ci sia stato nel corso di tutti questi anni,
degli ultimi 15 anni almeno, una responsabilità della politica tutta, a
prescindere dalla maggioranza o dalla minoranza del momento, che ha visto la
sanità come una prateria nella quale scorrazzare, quanto meno per essere buono,
per motivi clientelari.
La legge che andiamo ad approvare
e che, tra l’altro, in Commissione ha anche avuto un contributo, al di là del numero legale – come diceva l’onorevole
Aiello – fattivo di proposte e di emendamenti che sono stati approvati, da
parte della minoranza.
Possiamo, quindi, dire che è stata
una legge licenziata alla unanimità dalla Commissione, e di questo va anche
dato atto alla minoranza, che tra l’altro oltre che all’apporto qualitativo,
importante che ha dato, ha anche assicurato con la sua presenza il mantenimento
del numero legale in quella sede.
(Interruzione)
Aggiungevo qualcosa in più
rispetto a quello che tu hai detto, perché è la verità.
Questo è il primo passo, un
pezzetto di norme che, come si diceva prima, vanno a sostituire e ad eliminare
una serie di normative che nel passato sono state prodotte da quest’Aula e che
probabilmente non hanno funzionato.
Il tentativo è di far funzionare
tutti, badando bene, caro assessore, che però le norme che vengono approvate
debbono trovare poi una corretta applicazione, non solo per la forma ma anche
per lo spirito della legge, perché molte volte o quasi sempre, le norme non
trovano una applicazione e non producono effetti in quanto vengono affidate
alla gestione di soggetti che non hanno la capacità o la voglia di renderle
operative.
Da questo punto di vista ritengo che noi facciamo un passo in avanti e
probabilmente nel prossimo mese se si vuol rispettare la scadenza o comunque
entro settembre approvando il Piano sanitario daremo un ulteriore contributo. Un contributo che sarà
positivo se avremo la capacità tutti insieme, proprio perché la sanità è un
aspetto vitale per la vita della Calabria, di mettere da parte gli interessi
generali, ma che comunque sono sempre particolari, perché riconducibili ad
interventi tendenti a tutelare alcuni settori; ecco se avremo tutti insieme,
maggioranza e minoranza questa capacità di mettere da parte ogni pezzo di
rappresentanza che la sanità ha in questo Consiglio sarà allora possibile
andare a fare una riforma vera, capace di incidere profondamente nel tessuto di questa società. Una riforma che deve
essere, anche quella, molto chiara per evitare che dentro la sanità continuino
ad esserci azioni non in linea con le finalità della sanità stessa.
Concludo dicendo che uno dei
problemi che spesso abbiamo avuto è che all’interno della sanità si sono
prodotti una serie di fenomeni tendenti a tutelare professionalità
o interessi particolari a scapito degli
interesse generale. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Censore. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, mi associo a
quanto già detto dai numerosi colleghi che sono intervenuti. Mi associo al
plauso che hanno espresso all’assessore Spaziante per l’impegno che sta
portando avanti a favore della Calabria e della sanità di questa regione.
Ho avuto modo di parlare più volte
con l’assessore Spaziante, di andare a trovarlo in assessorato. Tanti dicono è un tecnico, non è un politico. E’ una
persona che lavora, che fa bene il suo mestiere e che dedica tanto tempo alla
nostra sanità, alla tutela della salute che veramente non si trova in una
situazione molto positiva.
I traguardi da raggiungere sono
tanti e ci sono anni di ritardi, ci sono anni di cattiva spesa, di mala gestione,
di scelte improvvide fatte in periodi in cui per dare un segnale ai territori
si costruiva un ospedale in ogni paesino, in ogni municipalità. I costi sono
lievitati, è cresciuta anche la spesa a favore di una sanità privata che ha
erogato solo alcuni tipi di prestazioni, non certo prestazioni di eccellenza,
spesso prestazioni che riguardano la cura dei portatori di handicap,
l’assistenza agli anziani nelle case di riposo,cioè poche eccellenze.
Sono fra coloro che pensa che in
una regione debba coesistere la sanità pubblica e la sanità privata. Perché
questo non crea dualismo ma anche concorrenza positiva. Ma è giusto che in una
regione il pubblico abbia il suo spazio, offra delle prestazioni di qualità e
guardi al futuro affinché queste prestazioni migliorino.
Ma per arrivare al punto che
stiamo discutendo, mi sono associato alle congratulazioni fatte all’assessore Spaziante, ma devo complimentarmi
anche col Presidente della terza Commissione, onorevole Giamborino, che ha
portato avanti i lavori con diligenza.
Io stesso pur non facendo parte
della Commissione l’altra sera ho partecipato fino a tarda serata alla
discussione, ai lavori attraverso i quali abbiamo licenziato questo
provvedimento.
Sinceramente ho visto una nuova
fase, una partecipazione – come diceva qualcuno – da parte della minoranza, da
parte della maggioranza, attraverso emendamenti per dare un contributo
costruttivo alla stesura definitiva del testo in discussione.
In questi interventi ho notato da
parte di tutti i colleghi una volontà positiva per licenziare un testo che
desse un segnale importante alla tutela della salute dei calabresi.
Ma non una tutela della salute intesa in un senso molto limitato e ristretto ma
una tutela della salute che guarda anche alle regole.
Quando si parla di carenze che ci sono in Calabria si
pensa subito alla mancanza di strutture, di tecnologie, che certamente
esistono, però, va pure aggiunto che una buona sanità si fa anche con delle
regole, con delle norme, con misure di un certo rigore.
Allora la legge che noi licenzieremo oggi va nella
direzione di un miglioramento della qualità delle prestazioni delle strutture
pubbliche e di quelle private, va nella direzione di comminare sanzioni laddove
non si rispettano le regole.
Ricordo che c’è stata una discussione su un articolo
laddove si discuteva dei lavoratori del comparto sanitario privato che a volte
non sono pagati a fine mese, sono pagati in ritardo perché c’è una burocrazia
che magari sta in capo allo Stato che non eroga le dovute risorse alla Regione.
E così la Regione a sua volta è nella impossibilità di erogare le risorse
necessarie alle strutture e quindi i lavoratori sono costretti a vivere questo
forte disagio.
Ma si è parlato anche della giusta applicazione dei
contratti per i lavoratori all’interno di questo comparto delle strutture
private, perché in alcune di esse si verificano situazioni abnormi, e cioè
lavoratori che magari vengono pagati con contratti diversi rispetto al profilo
col quale sono stati assunti.
Quindi c’è stato un contributo importante al fine di
regolamentare anche questo aspetto. Chiaramente poi il Piano sanitario definirà
il programma regionale degli accrediti.
Ho visto che continuano le audizioni. Ce n’è una in
Commissione sanità prevista per mercoledì, cioè c’è tutto un lavoro preliminare
per poter licenziare definitivamente un Piano sanitario che guardi ad una
Calabria moderna, ad una Calabria con una sanità dove ci siano meno migrazioni
sanitarie e dove tante patologie potranno in futuro essere curate qua.
Quindi diciamo che è un testo di legge importante che
recepisce una indicazione della Finanziaria e che contribuisce davvero non solo
a migliorare la qualità ma a garantire anche servizi sanitari più sicuri.
In Calabria - e vengo da una provincia in cui ci sono
state delle situazioni tragiche – tante volte non si ha la sicurezza quando si
va presso un presidio ospedaliero.
Ecco, allora che attraverso queste norme e queste
regolamentazioni, attraverso questi controlli previsti si andrà ad incidere su
un malcostume esistente, si andrà a regolamentare gangli vitali della sanità
calabrese e, quindi, per questo penso ci sia stato un consenso unanime, una
forte responsabilità da parte della maggioranza che ha dato un contributo
positivo alla stesura del testo e garantito il numero legale in Commissione
laddove poi alla fine, a tarda serata, è stato licenziato il documento alla
unanimità.
La norma è molto rigorosa anche per quanto riguarda la
decadenza dalle autorizzazioni, perché prevede la presenza di soggetti che
attuano la vigilanza ed il controllo.
Penso che attraverso questa legge possiamo dire di aver
scritto una pagina importante della sanità calabrese. Penso che così faremo
anche per quanto riguarda il Piano sanitario, perché c’è bisogno di una sanità
disegnata e spalmata su tutto il territorio calabrese, nel senso cioè di
distribuire razionalmente le “specialistiche”, nel senso di avere il coraggio
non di chiudere gli ospedali, non voglio usare questa parola, perché penso che
i servizi vadano portati ai cittadini non tolti, ma nell’ambito di una
razionalizzazione.
Chiudo con queste parole ringraziando nuovamente
l’assessore Spaziante ed il collega Giamborino. Penso che questo sia già un
giorno diverso. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Trematerra. Ne ha
facoltà.
Signor Presidente, non vi nascondo che questo dibattito di oggi me lo aspettavo perché devo riconoscere all’intero Consiglio regionale la serietà con la quale sta discutendo di sanità e la serietà sta anche nella corresponsabilizzazione che sia la maggioranza che la minoranza hanno avuto nella approvazione di un provvedimento che è arrivato in Commissione neanche 15 giorni fa.
Non vi nascondo però che questo tipo di discorso, questo impianto, questa legge, avremmo dovuto discuterla a luglio sì ma di 3 anni fa. Oggi stiamo iniziando, ritengo, un atto propedeutico a quello che dovrà essere il nuovo assetto sanitario.
E’ vero: la sanità non appartiene a nessun colore politico, non è né di destra né di sinistra. Questo ragionamento lo condividiamo e lo abbiamo fatto nostro anche nei mesi e negli anni passati.
Abbiamo detto ed abbiamo dato come partito, come Udc da
subito la nostra disponibilità a parlare di sanità.
Da subito ci siamo resi promotori anche di iniziative che tendevano a portare
in discussione quello che era un sistema sanitario che, come tutti sappiamo, è
un sistema sanitario che ancora oggi è nel caos.
Ho registrato tutti gli interventi
che si sono via via susseguiti. C’è stata una analisi che purtroppo è
impietosa. E’ la realtà delle cose: è verissimo che c’è una spesa farmaceutica che continua a galoppare, è verissimo che c’è un altissimo
tasso di ospedalizzazione, ma a queste criticità
una classe politica deve saper rispondere e lo deve saper fare con obiettività
e serietà, altrimenti si continuerà a fare demagogia che non va certo negli interessi del nostro popolo calabrese.
Quando si parla di ospedalizzazione dobbiamo chiederci il perché questo si verifica. Ma si
verifica perché i nostri sanitari sono incapaci di dare prestazioni adeguate o
perché purtroppo per mantenere alcuni ospedali si è costretti ad aumentare
l’indice di permanenza dei pazienti? Tutto questo cosa causa poi?
Causa una spesa sanitaria eccessiva, una spesa sanitaria che sfiora il 65 per
cento dell’intero bilancio regionale ed allora la politica deve assumersi fino
in fondo le proprie responsabilità e deve dire chiaramente alla Calabria che
c’è una classe politica che deve organizzare un Sistema sanitario regionale che
sia al passo con i tempi.
Sentivo poco fa l’amico onorevole Censore che diceva che
nel tempo si sono costruiti ospedali.
E’ vero, negli anni ’60 era una necessità avere dei
presidi ospedalieri sotto casa. C’era una società calabrese che non è quella di
oggi. La mobilità era più difficile ed era molto più complicato poter
raggiungere un ospedale che distava 50-70 chilometri dalla propria abitazione.
Oggi è cambiato il sistema infrastrutturale, anche se
ancora carente come quello calabrese. Oggi sono cambiate anche le tecniche
sanitarie per cui si tende sempre meno ad ospedalizzare i pazienti ed oggi
bisogna avere il coraggio di fare delle scelte che sono di prospettiva.
Non dobbiamo esclusivamente puntare a quelli che sono i
cosiddetti centri di eccellenza che ci vogliono in Calabria dove dobbiamo,
però, avere un servizio sanitario che sia quanto meno normale.
Oggi anche grazie alla responsabilità della opposizione
siamo qui per approvare un testo che sicuramente poteva essere ancora
migliorato e che sicuramente abbiamo cercato di migliorare attraverso una serie
di emendamenti, alcuni dei quali sono stati accolti e altri no.
Questo a testimonianza che quando si lavora
nell’interesse della Calabria si riescono ad ottenere importanti traguardi.
Guardate, io che sono un sanitario – ci sono stati una
sfilza di colleghi medici e colleghi consiglieri che hanno parlato prima di me
– sentivo poco fa l’intervento che ha fatto l’onorevole Aiello. C’era molta
passione in quell’intervento ma quella passione veniva fuori da una necessità,
da una considerazione che un sistema non va bene e va sicuramente cambiato e
riformato.
E la disponibilità che abbiamo dato già ieri la diamo
oggi e la daremo domani, è che su un Piano sanitario ci deve essere la massima
compartecipazione anche con i territori. Bisogna spiegare ai nostri calabresi
che siamo capaci come classe politica di elaborare un progetto nuovo ed
innovativo che dia sicurezza e tranquillità a tutta la nostra gente.
E’ inutile parlare di cose di cui abbiamo tante volte
detto e scritto. Quella relazione della Commissione Serra-Riccio è devastante
per il quadro che dipinge. Però oggi con questo provvedimento ritengo che possa
iniziare qualcos’altro.
Dico questo perché quando sentiamo dire che le ispezioni
dei Nas hanno rilevato in 37 casi su 39 delle palesi irregolarità o strutturali
nei nostri ospedali e parliamo di ospedali pubblici nonché anche di privati,
ritengo che una nuova organizzazione dell’accreditamento farà sicuramente in
modo che sia il pubblico che il privato possano concorrere liberamente per
cercare di dare quella sanità che purtroppo ancora oggi da noi manca.
Questo era il mio contributo, il contributo di un
partito che sui temi della sanità si è sempre speso senza demagogia ma nello
spirito di costruire una nuova fase, una nuova sanità che possa essere una
soddisfazione per tutti i nostri cittadini che spesso sono costretti ad andare
fuori. Succede spesso, ed i dati – è inutile ripeterlo – li conosciamo bene, ci
auguriamo che meno cittadini possano aver bisogno delle cure sanitarie, ma se ciò
dovesse accadere che possano essere curati e bene nella nostra terra. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Amendola. Ne ha
facoltà.
Grazie Presidente, mi associo anche a questa discussione che è stata avviata questa sera su un provvedimento importante. Io ho sentito parlare anche qui, anche nell’ultimo intervento, dei ritardi rispetto alla istituzione di una legge di questo tipo. Voglio dire che sicuramente ci saranno dei ritardi ma dei ritardi non solo di questo Governo regionale ma anche di quello precedente, se è vero come ho sentito poc’anzi che già tre anni fa avremmo dovuto discutere su questo provvedimento.
Ma per il fatto stesso che si parli di ritardi, credo che era un fatto di necessità farlo, discutere questo provvedimento.
D’altronde, credo che ci sia stata anche molta determinazione da parte dell’assessore regionale, da parte del Governo regionale, se è vero, come è vero che abbiamo interrotto la discussione sul Piano sanitario regionale sul quale erano state già avviate delle audizioni che riprenderemo in settimana prossima.
Quindi era un fatto di necessità. Era necessario discutere
sul sistema degli accreditamenti. D’altra parte, io ricordo già nella passata legislatura
quante discussioni, quante volte abbiamo denunciato gli interessi che c’erano
anche all’interno del Consiglio regionale stesso rispetto a tutta la vicenda
degli accreditamenti.
Aver discusso oggi o aver riportato un provvedimento di
legge in quest’Aula, che in qualche modo definirei un provvedimento di
riordino, significa che finalmente si incomincia a parlare di regole certe
rispetto a tutto il sistema degli accreditamenti.
Vedete, noi non stiamo discutendo stasera del Piano
sanitario regionale ma ritengo che stiamo discutendo di una parte essenziale di
quel Piano regionale. Condivido anche non l’enfasi della maggioranza perché io
non ho riscontrato anche negli interventi della maggioranza chissà quale
enfasi, ma certo il fatto che si arrivi ad una legge di questo tipo in qualche
modo appassiona tutti perché incominciamo a mettere delle regole certe.
Si va verso il superamento di procedure che venivano
ritenute provvisorie o a discrezione molte volte. Quindi ragioniamo oggi di una
legge che dovrà contribuire a migliorare la sanità calabrese. Non stiamo
discutendo un Piano ma stiamo discutendo una parte importante ed essenziale che
riguarda il comparto sanitario.
Io ho riscontrato – lo voglio dire con estrema
franchezza – anche un clima di grande positività non solo negli interventi di
questa sera ma soprattutto nella stessa Commissione da parte della opposizione,
disponibile a discutere. Anche nella calendarizzazione dei lavori mi pare ci
sia stata una grande disponibilità affinché questo provvedimento giungesse oggi
in Aula.
Non ho nemmeno avuto modo di riscontrare nelle
discussioni che abbiamo fatto in Commissione una sorta di appartenenza a questo
o a quello schieramento, si è cercato di affrontare i problemi dando una grande
disponibilità di partecipazione alla stesura del testo normativo.
Ricordo nelle giornate in cui abbiamo ascoltato le
audizioni che c’è stata da parte di tutti una disponibilità anche ad accogliere
le critiche che venivano fatte a tutto campo da parte delle associazioni di
categoria. Osservazioni che, ritengo siano state molto probabilmente raccolte in toto negli stessi emendamenti, oltre
60, che la Commissione ha discusso.
Certo il fatto stesso che anche oggi ci ritroviamo tanti
emendamenti è testimonianza che tutto è perfettibile e che, anche una legge
alla quale si è partecipato in modo unitario è sempre soggetta a modifiche, ad
essere rivista e migliorata.
Ecco, io anche nella discussione di oggi non volevo
intervenire ma poi ho fatto una considerazione: se la premessa della
discussione sul Piano sanitario è quella alla quale stiamo assistendo oggi cioè
di una discussione anche appassionata, se vogliamo, ma concreta nel merito, io
credo che alla fine anche il Piano sanitario possa essere l’occasione per un
confronto sereno e serio affinché in Calabria vengano affrontati quei nodi che
sono stati anche denunciati questa sera ma che denunciamo da anni. Parlo della
questione della spesa farmaceutica, ma possiamo mettere anche la questione del
sistema della spesa della migrazione che esiste in questa regione e che ha un
costo per le casse regionali nel settore della sanità.
Se il clima è questo e se abbiamo la disponibilità come
l’abbiamo avuta in questa occasione con grande pazienza da parte dell’assessore
alla sanità, credo che effettivamente non dico che risolveremo il problema
della sanità in Calabria nei prossimi mesi ma molto probabilmente avremo la
opportunità di porre le premesse affinché anche in questa Regione si incominci
a parlare di buona sanità e anche a porre le premesse affinché la stessa
Regione assicuri quei servizi che fino ad oggi non è riuscita a dare.
Ecco, sul problema della salute – termino – ritengo che
il confronto, la disponibilità tra di noi, anche tra maggioranza e opposizione
per ricercare le migliori soluzioni, possano per davvero essere di aiuto non solo
alla sanità ma a tutti i calabresi, direi.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Amato. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, onorevoli
colleghi, credo che parlare di sanità sia una delle questioni più complesse e
più delicate.
Non c’è dubbio che nell’affrontare
il problema della sanità, dello stato in cui versa – specie nel Mezzogiorno ed
in Calabria in particolare - la salute dei cittadini, bisogna avere, secondo
me, grande senso di responsabilità.
Devo dire la verità: la maggior
parte degli interventi che si sono succeduti in quest’Aula hanno dimostrato
anche nel giudizio che abbiamo via via dato sul provvedimento che è in
discussione in questo Consiglio regionale, stanno a dimostrare che quello che
stavo dicendo prima è vero perché ci troviamo di fronte ad una questione molto
complessa.
Dobbiamo affrontare aspetti che
riguardano la salute dei cittadini nel momento in cui hanno maggiore bisogno e
necessità di avere strutture efficienti ed efficaci che siano in grado di dare
delle risposte.
Devo dire la verità e lo dico per
mia esperienza personale. Per molti anni ho avuto l’incarico, il ruolo di
Presidente del Comitato di gestione dell’Usl, quindi conosco questi aspetti che
stiamo discutendo oggi.
Mi riferisco, a dir la verità, a
20 anni fa e questi aspetti sia di carattere finanziario che organizzativo che
in ordine alle risposte che eravamo in grado di dare ai cittadini sono sempre
gli stessi. Per cui io non mi posso
scandalizzare quando ascolto, quando ho dovuto approvare nella precedente
riunione del Consiglio regionale in sede di bilancio un disavanzo di 126
milioni di euro.
Non mi scandalizzo di ciò, come
fanno alcuni colleghi consiglieri, come se fossero delle verginelle che per la
prima volta ascoltano o sentono parlare di sanità, come se non avessero avuto
in questo periodo, come me – mi assumo fino in fondo la responsabilità – anche
ruoli importanti della sanità nella nostra Regione.
Quando mai sul problema della
spesa farmaceutica la Calabria è stata
considerata uno dei punti di riferimento in positivo, in rapporto alle altre
Regioni? Io ricordo - e lo dico da 20 anni a questa parte con grande senso di
responsabilità – che questa Regione e alcune province in particolare sono state
uno degli aspetti negativi della spesa farmaceutica. Non siamo mai riusciti da 20 anni a questa parte a
contenere questa spesa, ma non me la sento io di dare responsabilità, può darsi
pure che ce ne siano e lo dirò poi, perché la responsabilità appartiene a
tutti, me l’assume anch’io in particolare, e, pertanto, non può essere un
problema di responsabilità per la gestione di questa ultima Giunta e di questi
ultimi 10 anni.
C’è un problema grave e profondo
che attanaglia la nostra sanità in Calabria e quindi non si può sventolare in
Consiglio regionale la sorpresa che siamo la prima Regione o che non riusciamo
a mettere un freno alla spesa farmaceutica.
E’ da anni – ricordo – che non
riusciamo a pagare i farmacisti, e si occupavano i Comitati di gestione, si
occupavano gli ospedali. Quindi è un problema che riguarda la nostra Regione e
da sempre, così come quell’altro problema che abbiamo sentito addebitare,
probabilmente a questa Giunta a questi ultimi due anni: le migrazioni per
salute.
Probabilmente qualcuno voleva far
passare che i viaggi della speranza, che le migrazioni dei nostri ammalati
appartenessero a questi due o tre ultimi anni, a questa gestione che non è
stata in grado, di affrontare il problema, che ha aumentato le spese. Non è
così e non si affronta in questo modo un problema così serio.
Lo stato degli ospedali e delle
cliniche private. Sappiamo tutti in quale stato sono gli ospedali e come in
molti di questi alcuni reparti sono stati chiusi per carenze organiche o perché
hanno avuto forse responsabilità anche in alcuni interventi drammatici in cui è
dovuta intervenire la magistratura.
Abbiamo visto anche delle cliniche
private chiuse dall’autorità giudiziaria. Ci sono problemi che si trascinano da
anni per cui è necessario grande senso di responsabilità nell’affrontare i
tanti problemi della sanità
Ci sono cliniche private che non
sono in grado, non sono nelle condizioni di adeguarsi ai bisogni della domanda
pur facendo grandi sforzi, tant’è che abbiamo dovuto rinnovare più di una volta
la data del loro adeguamento, essendo
strutture molto vecchie, ma non solo quelle delle cliniche private anche quelle
degli ospedali.
Ho ascoltato l’assessore Spaziante
con attenzione durante la discussione dell’approvazione del bilancio. Ebbene,
quando ci viene a dire che i dati dal 2001 al 2006 non sono regolari o certi, è
evidente che il Governo ha delle perplessità e dei problemi sui dati che sono
stati inviati dal 2001 al 2006 e che non c’è certezza, c’è qualche problema
nella organizzazione della sanità che non va bene e che riguarda tutte le
amministrazioni che si sono succedute e certo anche quella, probabilmente,
degli ultimi tre anni.
Quindi se è stato nominato dal
Governo, da questo Governo un advisor
che possa venire sul posto per accertare e guardare le carte, possa rendersi
conto di come stanno i nostri conti che non sono certi, ritengo sia inutile
portare conti parziali che riguardano un certo periodo.
E sappiamo anche – non voglio
aprire polemiche perché non è il caso - che dobbiamo affrontare tutti insieme
il problema della sanità con senso di responsabilità, e che è inutile venire in
Aula ed assumere atteggiamenti di scontro che non servono e non ci portano da
nessuna parte, perché tanto e tale è il problema grave che dobbiamo affrontare.
Devo dire la verità ma non per
accattivarmi simpatie, ma lo devo dire con grande rispetto: c’è l’assessore
Spaziante che sta facendo un grande sforzo sotto questo aspetto e probabilmente
più sotto l’aspetto economico-finanziario della sanità, per la sua cultura, per
la sua tradizione e per la sua esperienza.
Siamo fiduciosi, perché sta
facendo uno sforzo non indifferente. Io vado molto spesso al dipartimento della
sanità e lo vedo sempre con i numeri, con i direttori generali che fanno
relazioni sul tipo di spesa perché è da qui che bisogna partire per controllare
la spesa non degli ultimi due anni ma degli ultimi 15-20 anni perché travolgerà
i conti.
Noi nell’ultimo bilancio di previsione abbiamo impegnato
fino al 2012 o al 2020 l’Irpef, l’abbiamo dovuta recuperare e riproporla, così
come avevamo fatto un primo atto nei confronti dei cittadini, ma chissà dove
andremo a finire in questo senso.
Si sta facendo uno sforzo per
sanare questa situazione, per accertare i deficit e noi siamo fiduciosi perché
questo ruolo l’assessore Spaziante lo sta svolgendo con grande senso di
responsabilità.
Ma non basta l’assessore Spaziante
– lo dico con serietà –, non è possibile affidare a lui, non possiamo pensare
che l’assessore Spaziante possa risolvere il problema della sanità,
dell’aspetto finanziario, dei viaggi della speranza o dello stato degli
ospedali, delle cliniche private e in due anni possa avviare una svolta così
come stiamo iniziando ad avviare con la discussione del provvedimento di oggi,
un discorso serio che parta dai numeri. Che vuol capire il perché abbiamo una
spesa eccessiva e non riusciamo a dare delle risposte, dei servizi seri ai
cittadini. Questo è il nostro problema e non riusciamo a farlo da anni, da
quando io personalmente ero responsabile anche sotto l’aspetto dell’intervento
della salute pubblica e lo dico con molta responsabilità.
Allora tutti insieme dobbiamo fare uno sforzo, il
Consiglio regionale, i direttori generali e le organizzazioni sanitarie.
Dobbiamo fare uno sforzo se vogliamo superare questa fase di grande crisi che
attraversa il Mezzogiorno e la nostra regione in particolare.
Voglio dare atto all’assessore Spaziante, alla Giunta,
anche perché è un provvedimento che riguarda la Giunta, la maggioranza, ma che
riguarda l’intero Consiglio, dello sforzo che c’è stato all’interno della
Commissione presieduta dall’onorevole Giamborino.
Se riusciamo a coniugare questo aspetto finanziario con
l’aspetto dei servizi con una regolamentazione…, oggi dobbiamo salutare questo
provvedimento che mi sembra rivoluzionario. Non dobbiamo sottovalutarlo.
Io non ho partecipato alla riunione della Commissione ma
ho voluto leggere, mi sono voluto interessare
di cosa prevede questo regolamento, cosa prevedono queste norme per
l’accreditamento.
Vedete, che cos’è l’autorizzazione? L’autorizzazione è
la verifica del possesso dei requisiti che consente l’esercizio dell’attività
sanitaria non solo alle strutture private – quindi non è un provvedimento delle
strutture private – ma riguarda anche le strutture pubbliche ed i
professionisti.
Sono cioè 20 ipotesi di intervento dell’accreditamento,
cioè tutta una serie di cose che fino ad oggi non abbiamo regolamentato, non
siamo stati seri, non abbiamo controllato con molta serietà.
Riguarda i complessi termali, i centri estetici, gli
studi medici e persino i servizi di ambulanza. Finalmente riusciamo a mettere
ordine su una partita così complessa e delicata. Due sole cose volevo dire che
mi hanno colpito di questa legge in particolare.
La questione del personale. Noi abbiamo fatto delle
verifiche, facevamo delle verifiche. Specie nelle cliniche private, dobbiamo
dirlo con molta onestà, non sempre si eseguivano le disposizioni che davamo,
cioè quanti medici, quanti infermieri, quanto personale parasanitario. Non era
così, eppure nei controlli davamo dei tempi perché potessero adeguarsi alle
disposizioni di legge.
Ma chi è stato nella sanità sa che non sempre si faceva
questo sforzo in questa direzione. Quindi questo regolamento per quanto
riguarda il personale stabilisce che deve essere in possesso dei requisiti e il
datore di lavoro deve rispettare i contratti collettivi, riqualificare il
personale, stabilire la sicurezza. Ci sono tutte una serie di adempimenti che
devono inorgoglire questo Consiglio regionale che approva un provvedimento
finalmente di questo tipo.
Poi c’è tutta una partita che riguarda la cessazione, la
decadenza, le sanzioni in ordine alle strutture pubbliche dei professionisti e
delle cliniche private.
Certo, non sarà più possibile, questo è un limite, una ristrettezza, questo è un limite ed io devo dare atto a questa Giunta che si dà questo limite e che stabilisce questa ristrettezza. Non è pensabile e non è possibile che ci siano autorizzazioni all’infinito senza un progetto, senza un programma e quindi il numero delle autorizzazioni; gli obiettivi ed i progetti saranno stabiliti nel Piano sanitario regionale e devono essere rinnovati ogni tre anni. Perché – mi convince il rinnovo dei tre anni – non si vogliono creare problemi alle strutture pubblico-private o ai professionisti, ma ha un senso questa scelta, perché c’è una evoluzione nella sanità tecnologica e di normative e, quindi le autorizzazioni non possono essere superiori a tre anni. Alla scadenza, allora, bisogna rifare la domanda e ci vuole una nuova autorizzazione.
Allora io sono d’accordo con tutti i colleghi di maggioranza e di opposizione che hanno espresso parere favorevole e lo si può esaltare ancora di più questo voto se veramente riusciamo, assessore Spaziante, in questa partita che non è stata semplice, quella della vigilanza e del controllo. Credo che faremmo un’opera meritoria ed eviteremmo quello che è successo in quest’ultimo periodo: vedere nelle cliniche private quello sfacelo che c’era al loro interno.
Certo, responsabilità ne abbiamo anche noi che non abbiamo provveduto nel tempo alla verifica e al controllo di quello che succedeva nelle cliniche private, ma questo è un altro aspetto. Io sono favorevole all’approvazione di questo provvedimento, perché se attuiamo seriamente la verifica ed il controllo faremo un’opera meritoria ed eviteremo quelle brutture che sono state un disastro anche di carattere nazionale nei confronti della Calabria. Pertanto, credo che questo provvedimento debba essere approvato. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Magarò. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, ritengo che
quella di questa sera sia una seduta importante e straordinaria così come
importanti e straordinarie sono state le ultime sedute di questo Consiglio che
ha intensificato i suoi lavori, che ha prodotto risultati positivi e che ha
affrontato questioni che da tempo meritavano la nostra attenzione.
Questa sera il Consiglio discute di una questione che sta molto a cuore ai cittadini della nostra regione che considerano la sanità la prima questione da affrontare. I cittadini calabresi considerano la salute la vera emergenza della nostra regione. Una recente statistica pubblicata dall’Istat dimostra che la salute è al primo posto, addirittura prima del lavoro. I calabresi chiedono, dunque, una sanità efficiente e che sia in grado di curare i calabresi della nostra regione.
Questa è la sfida che noi dobbiamo affrontare col Piano sanitario e ritengo che questa è la sfida che iniziamo ad affrontare stasera con l’approvazione di questa proposta di legge.
La domanda è molto semplice. E’ possibile curare i nostri concittadini nella nostra regione? Ritengo che sia
possibile invertire la tendenza.
E’ possibile curare i nostri
concittadini nella nostra regione se mettiamo in atto una serie di politiche
riformatrici efficienti e di qualità. Le politiche contano nella nostra Regione
e nel Paese ma contano soprattutto le politiche sanitarie che un Governo,
un’Assemblea legislativa è in grado di porre all’attenzione della nostra
regione attraverso provvedimenti, proposte legislative che vanno nella
direzione di una inversione di marcia.
Penso che le politiche contino e
soprattutto contino le politiche sanitarie.
Questo Consiglio ben diretto dal
nostro Presidente ha posto questa questione nell’agenda politica del Consiglio,
nell’agenda politica di questa Assemblea.
Se mettiamo nell’agenda politica di governo la questione della salute e se a
questa questione saremo in grado di dare risposte che puntino all’efficienza,
ritengo che i cittadini calabresi, avranno fiducia nella politica, e di conseguenza
si potrà recuperare quella disaffezione che purtroppo è molto diffusa nella
nostra regione.
Ma per far sì che i nostri
concittadini si possano curare nella nostra regione penso ci sia bisogno di
investire su una parola: “la qualità”. La nostra regione ha bisogno di qualità
soprattutto della sanità così come ha bisogno di qualità in tutti gli altri
settori. Abbiamo bisogno di qualità nella scuola, nella pubblica
amministrazione, nelle professioni e abbiamo bisogno di politiche di qualità,
ma soprattutto abbiamo bisogno di politiche di qualità nella sanità.
La qualità deve essere la bussola che deve orientare la
nostra azione legislativa. Le politiche sanitarie contano se hanno la qualità
al centro della loro iniziativa, al centro delle proposte che mettiamo in
campo. Puntare sulla qualità vuol dire essere severi, ma anche puntare sulla
efficienza, ridurre gli sprechi e quelle aree di sperperi che purtroppo ci sono
e da tanto tempo in questo comparto, nella nostra sanità.
Puntare sulla qualità vuol dire riorganizzare
complessivamente il comparto, il settore, vuol dire soprattutto valorizzare i
meriti, le competenze, le professionalità.
E le professionalità, i meriti, le competenze in questa
nostra regione ci sono e sono tanti. Purtroppo da una politica che non riesce a
percepire questo concetto non vengono valorizzati, non emergono perché la
gestione della sanità nella nostra Regione ha puntato nel corso di questi
ultimi 15 anni sulla quantità, sulla gestione della sanità. La politica è
entrata a gamba tesa nella gestione della sanità.
Io ritengo che invece la politica non debba entrare a
gamba tesa nella gestione della sanità ma deve essere in grado di programmare e
di indirizzare, di verificare se la qualità è il dato che emerge nelle nostre
strutture.
I cittadini calabresi, ritengo, non sono soddisfatti di
come va la sanità nella nostra regione e non lo sono per una serie di motivi,
per una serie di questioni che riguardano le professionalità e le competenze,
per questioni che riguardano i tempi di attuazione delle loro prestazioni, non
sono soddisfatti delle strutture alberghiere e non sono soddisfatti perché,
ritengono, di non cogliere nei nostri servizi quella qualità necessaria: corre
voce che molte volte si entra nei nostri e purtroppo si esce non più vivi
oppure menomati o in condizioni difficili.
Se questo è il quadro ritengo che la politica debba
mettere una marcia in più, deve operare scelte severe, deve puntare sulla
efficienza, sulla qualità, sui meriti e sulle professionalità e deve essere
anche in grado di puntare sulla efficienza e sulla riduzione degli sperperi e
soprattutto valorizzare qualità e competenze.
Vedete, io ritengo che i cittadini non abbiano più la
cultura di chi pensa che comunque bisogna avere un servizio sotto casa. Questa
fase, questa cultura penso che ce la siamo lasciati alle spalle.
Purtroppo, molte volte, sono i sindaci o gli
amministratori dei territori che non percepiscono queste cose, a differenza,
credo, dei cittadini, e cioè che è meglio avere sotto casa un ospedale, una
struttura sanitaria che non funziona, che è inefficiente e che non è in grado
di dare risposte di qualità o averne uno a 30-40 chilometri che invece
funziona, è efficiente ed in grado di dare risposte.
Come cittadino io ritengo e credo che anche molti calabresi
pensano che sia meglio avere a disposizione strutture efficienti anche distanti
dalla propria abitazione, è finita la fase in cui doveva esserci un mattatoio,
un campo sportivo, un servizio sanitario in tutti i comuni della nostra
regione, è venuto il momento di concentrare le risorse, di puntare sulla
qualità, di valorizzare quelle strutture che sono in grado di dare servizi
efficienti.
Un’altra cosa - consentitemi - che penso che i cittadini
calabresi chiedano, è quella di premiare nella nostra regione le cose che
funzionano. Purtroppo nella nostra regione non vengono a volte premiate le cose
positive, quelle che funzionano, vengono invece incoraggiati i comportamenti
non virtuosi e le cose negative.
Faccio un esempio molto semplice. Se un direttore della
nostra azienda sanitaria o di un nostro ospedale riesce a migliorare la qualità
delle prestazioni, riesce a ridurre, per esempio, le liste di attesa penso che
questa struttura, questo dirigente debba essere premiato con più attenzione e
con più risorse rispetto a quel direttore generale che - per esempio – non
chiude i bilanci in attivo, in positivo che non dà risposte ai bisogni dei
cittadini.
Allora ritengo che le politiche siano importanti ma
soprattutto dopo le politiche sia importante affrontare la questione delle
regole.
Noi stasera in questo provvedimento iniziamo anche ad
individuare alcune regole che sono importanti ma, ritengo, non esaustive delle
questioni.
Per esempio, mi sarei aspettato e penso che sarebbe
giusto capire che venisse fornita la cifra che indica l’ammontare del
fabbisogno dei calabresi, per quanto riguarda le strutture accreditate. Quante
strutture accreditate abbiamo, quanti posti letto abbiamo, come sono collocati
questi posti letto nella nostra regione, nei nostri territori.
Penso che a partire dal fabbisogno, e leggo che la
Giunta entro tre mesi dovrà legiferare in questa direzione, un quadro di
riferimento vada fatto, cercando di capire se quello attuale è sufficiente,
adeguato, è alto, è basso e soprattutto se il fabbisogno nei prossimi anni
diminuirà o aumenterà.
Certamente crescendo l’età anagrafica, probabilmente
crescerà nei prossimi anni. Ma puntare sul fabbisogno, capire che domanda e che
esigenza c’è nella nostra regione è una questione altrettanto importante che va
affrontata, ritengo, col Piano sanitario.
Così come penso che una Regione che vuole puntare sulla
qualità debba porsi anche un’altra questione che riguarda gli accreditamenti e
gli eventuali conflitti di interesse che pur ci possono essere in questo comparto,
in questo settore.
Attorno alla sanità finora, purtroppo, non si è puntato
sulla qualità ma sulla gestione, sul far cassa, sul far soldi ed abbiamo molte
volte avuto imprenditori che erano più preoccupati a far business che a
garantire questioni di qualità.
Ritengo, però, che in questa norma, in questa legge
siano previsti quei controlli che devono essere severi, cioè in grado di
scoprire le cose che non funzionano, perché i controlli finora, purtroppo, non
hanno mai fotografato la realtà della situazione.
Non so se i controlli è bene farli azienda per azienda
oppure, forse più intelligente trovare un nucleo di valutazione e di controllo
su base, a livello regionale – come abbiamo fatto per la Stazione unica
appaltante - che possa girare per le nostre province e per i nostri comuni per
verificare questa cosa.
Sarebbe interessante anche qui capire un’altra questione
che riguarda le residenze sociali e per anziani. Quante finora nella nostra
regione ne sono state realizzate e parlo di quelle pubbliche. Perché insistono
sul territorio calabrese una serie di strutture sanitarie finanziate dalla
nostra Regione attraverso la finanziaria ed il ministero, che ancora non sono
adeguate, non hanno avviato la loro attività e non sono efficienti.
Ritengo che allora queste questioni debbano essere poste
alla nostra attenzione. Stasera facciamo un primo importante passo in questa
direzione però questo primo passo non basta. Non bastano le regole, serve
soprattutto puntare sulle politiche.
E sulle politiche credo che anche nelle strutture
sanitarie private la qualità debba entrarci, attraverso la presenza di
personale qualificato, con personale che abbia quelle competenze e quelle
capacità maturate non solamente sul campo ma anche attraverso una formazione.
Ho iniziato ponendo una domanda e vorrei dare una
risposta a questo mio intervento. Ritengo che sia possibile cambiare ed
invertire certe tendenze. E’ possibile soprattutto se scommettiamo sulla
qualità, se saremo fortemente severi e se saremo in grado di eliminare gli
sprechi.
Perché purtroppo di dati non sono dalla nostra parte. I
dati ci dicono che la spesa aumenta ed i servizi diminuiscono di qualità.
La spesa aumenta ed i cittadini non sono soddisfatti di
questo servizio. La politica, le politiche hanno questo compito quello di
migliorare la qualità dei servizi, delle prestazioni, di far stare contenti e
soddisfatti i nostri cittadini e diminuire i costi.
E’ possibile diminuire i costi ed aumentare la qualità
dei nostri servizi? E’ questa la scommessa sulla quale ritengo l’assessore
Spaziante stia lavorando e su questa strada va incoraggiato, sostenuto ed
apprezzato con una politica severa che affronti questa fase difficile per
pensare ad uno sviluppo nei prossimi mesi e nei prossimi anni.
E’ questa la sfida che noi abbiamo davanti. Vogliamo un
servizio più efficiente in qualità e in prestazioni e vogliamo che i costi
siano minori per poter affrontare le varie emergenze che ci sono in questo
settore.
Questo è un primo tentativo di riordino di regole che
sono fondamentalmente importanti ma questo non basta. Io mi auguro che nei
prossimi mesi affronteremo fortemente le altre questioni e metteremo nella
nostra agenda politica la riforma sanitaria che penso sia uno dei punti che
qualificherà l’azione di governo e anche l’azione del nostro Consiglio. Grazie.
PRESIDENTE
Legge un seguito di comunicazioni.
(E’
riportato in allegato)
Ha chiesto di parlare l’onorevole Abramo. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, parlo con lei visto
e considerato che in Aula non è presente nessuno dei capigruppo.
PRESIDENTE
I colleghi sono pregati di
prendere posto e di rientrare in Aula. Chiedo scusa.
Presidente, ruberò pochissimi minuti perché dopo il bellissimo intervento di Pietro Aiello, credo che molti di noi, almeno della minoranza, avrebbero potuto fare a meno di intervenire.
Ma visto e considerato che sono intervenuti molti consiglieri della maggioranza, e non riesco a capire il perché, Presidente – dal momento che la pratica che è stata approvata in Commissione riguarda la maggioranza - ci siano tutti questi interventi da parte di molti consiglieri che sono sicuramente positivi, ma sono forse troppi.
Vorrei fare allora una domanda molto semplice e non voglio entrare nel merito di quanto è stato già detto perché sarebbe una ripetizione.
Vorrei capire, visto e considerato che da molti consiglieri della maggioranza è stato detto in quest’Aula
che la sanità si trova al punto in cui si trova, il perché, dopo tre anni e
mezzo, onorevole Pacenza, non riuscite a portare un Piano
sanitario quando, soprattutto, avevate detto
che Doris Lo Moro – uno dei migliori assessori di questa Giunta regionale –
aveva predisposto un Piano dal quale avrebbe tolto l’uovo di Colombo, perché
tutte le cose negative che oggi avete elencato erano state previste li. Quindi
avremmo raddrizzato la sanità nella nostra regione.
Allora molto semplicemente tutte
queste lamentele che vengono ogni volta, una opposizione su questo fatto dello
sforamento nella sanità …, che poi non è vero neanche quello che ha detto il
collega Amato perché negli anni precedenti non tutte le amministrazioni hanno
sforato nel campo della sanità.
Io vorrei capire come rispondete
ai cittadini calabresi che vi hanno eletti. Perché vorremmo capire
fino a quando il Consiglio regionale riuscirà a reggere questo sforamento,
rispetto ad una formula federale che in questo momento sta per essere discussa
al Governo e molto probabilmente dovremmo pagare i debiti da soli.
Vorrei capire che nesso riuscite a dare in questo
momento al Piano sanitario e alla programmazione del bilancio regionale.
Un bilancio regionale, una Regione che non riesce programmare, è dal mese di giugno, dal 19
giugno che il direttore generale, ingegner Salvatore Orlando, scrive ai
dipartimenti - ci dovremmo vergognare – e chiede una riunione, ricordando che
ammontano a 430 milioni di euro le risorse ripartite dal Cipe con delibera
numero 35 del 2005 e numero 3 del 2006 non ancora programmate, perché è
arrivata una circolare da parte del Ministero che per l’anno 2009, nella
prossima finanziaria è prevista la cancellazione di questi fondi.
Dovremmo vergognarci quando lo stesso Orlando dice che
con delibera Cipe numero 166 del 2007 relativamente all’ “assegnazione del
fondo per le aree sotto utilizzate nell’interno del programma unitario
2007-2013” sono stati stanziati 1.813 milioni di euro, mentre ancora non
riuscite a programmare quelli degli anni 2005-2006.
Siamo una regione dove si soffre – lo avete detto voi
della maggioranza –, ma il Governo regionale non risponde neanche alle
interrogazioni dei consiglieri regionali, risponde ad un soggetto privato sulla
stampa. Il Presidente della Giunta, non risponde su una denunzia fatta da un
consigliere regionale sulla vicenda di un mutuo, un prestito da una banca
irlandese ad una società della Regione senza che questa ne sappia assolutamente
niente, ed a tassi variabili e senza aver programmato neanche opere o
investimenti in quella società.
Non rispondete neanche su quello che avete promesso alla
stampa e ai calabresi, che avreste dismesso l’Afor e l’Arssa e che ancora sono
ferme, ancora le commissioni per le dismissioni sono completamente ferme.
Poi gli invasi che non vengono controllati. Abbiamo un
accordo. Abbiamo venduto i nostri invasi a Endesa che deve garantire 80 milioni
di metri cubi d’acqua e quest’anno – lo dicono tutti i Tg nazionali – è stato
l’anno più piovoso negli ultimi 200 anni.
Andate a vedere gli invasi e controllate se è garantito il minimo dell’acqua che dovrà prevedere gli irrigamenti nella stagione estiva! Andate a controllare, perché c’è un menefreghismo da parte di questa Regione, non dei singoli assessori ma in primis del Presidente che non si interessa, non partecipa e non risponde sulla stampa.
Noi vogliamo sapere:
la Stazione appaltante che fine ha fatto? La Cittadella ci comunicano che è
ferma perché sono stati cambiati i progetti e occorrono altri 15 milioni di
euro.
Ma allora cos’è partito da questo Consiglio regionale?
Che cos’è partito? Ma quale ragionamento vogliamo fare se siamo una Regione
nella quale non riusciamo a programmare neanche i fondi dell’Apq dove sono
previsti i tagli fra qualche mese, fra qualche giorno perché la finanziaria del
2009 è già in discussione.
Poi invece partecipiamo alle riunioni e ci viene
comunicato dal Presidente se siamo d’accordo sulla discussione su come cambiare
lo Statuto della Regione Calabria. Ma perché, pensate che in questo momento il
problema dei calabresi sia lo Statuto o come intervenire sullo Statuto? Come ammodernare
la macchina amministrativa attraverso lo Statuto o sia qualcos’altro?
Allora vorremmo capire: vi abbiamo dato disponibilità,
vi abbiamo detto che saremmo stati con voi se aveste portato un bilancio
strutturalmente capace di poter fare sviluppo sul territorio nei prossimi anni
e non l’avete fatto, perché ci avete presentato l’elenchino della spesa, un
normale bilancio che non prevede negli anni futuri se non un ricarico da parte
di mutui concessi alla Regione per prestiti, pagamenti, debiti ecc..
Vi abbiamo detto che saremmo intervenuti con voi per
approvare un Piano sanitario che desse le risposte che voi state dicendo non
riusciamo a dare come Consiglio regionale, ma quanto tempo occorre? Tre anni e
mezzo sono passati e non abbiamo uno stralcio di Piano sanitario.Rimane un anno
e mezzo: ma chi volete prendere in giro che in un anno e mezzo si approva un
Piano sanitario e lo si applica?
Verrà un nuovo Consiglio regionale e deciderà di fare
altre cose, non fate più in tempo ed allora abbiate il coraggio di dirlo senza
venire oggi a portare queste cose che, seppur positive sicuramente non
risolvono il problema della sanità, abbiate il coraggio di dirlo perché qui –
ve lo abbiamo detto – spesso non si tratta dei problemi, e volevamo in questo
momento particolare discutere tra maggioranza e opposizione, volevamo fare
qualcosa di diverso per la Calabria. Perché avevate vinto con una percentuale
altissima e dovevate dare risposte e noi vi abbiamo teso la mano nonostante
abbiamo preso una grossa batosta.
Però voi state dando la risposta ai cittadini, pagherete
rispetto a quello che voi state facendo perché la botta ve la daranno i
cittadini calabresi se continuerete in questa maniera e la daranno forse anche
a tutta la politica, perché non riusciamo oggi ad esprimere assolutamente
niente in questo Consiglio regionale.
Il mio voleva essere solo un intervento chiarificatorio,
perché io sono stanco, siamo stanchi, di sentire dalla maggioranza vicende e
lamentele come quelle sulla sanità, senza portare uno stralcio di Piano, senza
aver avuto ancora in Commissione assolutamente niente.
E poi, dateci risposte, rispondete a questa vicenda
dell’Apq , io consegno alla stampa questa lettera sul finanziamento dell’Apq,
perché se andate nelle sottovoci riguarda: difesa del suolo, bonifica sui siti
inquisiti, politiche giovanili, turismo sostenibile, sistema delle
infrastrutture di trasporto…
(Interruzione)
Inquinanti, chiedo scusa.
Sono tutte materie di cui molte volte avete discusso in
quest’Aula e sulle quali volevate dare risposte. Ma dov’è la risposta?
L’aspettiamo e vogliamo la risposta su questo, vogliamo le risposte alle
interrogazioni che facciamo come consiglieri regionali.
Io non accetterò più una risposta da un privato in
questa Regione che non può consentirgli di rispondere a livello istituzionale.
Non sono sicuramente Dio ma sono un consigliere regionale, rappresento
l’Istituzione e su queste problematiche voglio risposte da parte
dell’Istituzione. Non voglio più che mi risponda il soggetto privato, voglio
che mi risponda la Regione.
Che sia il Presidente, ma lui non si occupa di queste
cose, che sia l’assessore o il Presidente del Consiglio o che sia un
dipartimento ma la risposta la voglio dall’Ente.
Su questi ragionamenti dico che aspettiamo ancora una
volta chiarimenti, risposte, nonostante la fiducia nell’assessore Spaziante che
è un tecnico e tutti lo diciamo. Molti della maggioranza, magari per favori,
passano dall’assessore per dire come hanno fatto bello l’intervento. Io non
passo dall’assessore per dire come ho fatto bello l’intervento.
Io mi aspetto dall’assessore, che conosco come uomo
preparato, con grande dignità, che venga in Consiglio regionale e ci dica “sono
impossibilitato a portare un Piano sanitario perché non mi viene concesso di
poterlo portare”. Oppure deve dire, se non è lui capace di non portare questo
Piano.
Io non lo credo conoscendo l’assessore, credo che ci sia
un blocco voluto, proprio. E’ voluto il fatto che non si voglia mettere mano
alla sanità perché quando un Consiglio regionale alla unanimità si esprime, con
tutte le discrasie che ci sono in questo comparto, non vedo quale motivo ci sia
perché questo Piano non debba venire in quest’Aula.
PRESIDENTE
Grazie, onorevole Abramo, prima di dare la parola
all’onorevole Nicolò, certo lei Dio non è, ma come Abramo è uno dei più antichi
ed autorevoli nostri progenitori. Di Abramo mica ce ne sono tanti nella Bibbia,
lo ricorderà? Lei l’ha detto…
Ha chiesto di parlare l’onorevole Nicolò. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, la ringrazio
per la parola concessami. Onorevoli colleghi presenti ed assenti… mi auguro che
gli assenti siano presenti col cuore anche se non lo sono fisicamente oggi in
Aula e che col cuore attenzionino i problemi del nostro territorio, le esigenze
dei nostri concittadini.
Oggi approda in Aula un
provvedimento importante, riguardo una materia altrettanto delicata per la
quale spesso si è parlato, spesso ci si è confrontati, spesso si è dibattuto e
per la quale vi sono dei ritardi nelle risposte da parte di questo Governo
regionale.
Io non voglio far demagogia o strumentalizzare, dopo l’intervento esaustivo
dell’onorevole Aiello che ha parlato a nome del gruppo e l’onorevole componente
della Commissione ha seguito con attenzione ed ha dato un apporto importante alla
stesura della legge. Una legge che è stata il frutto di un lavoro svolto tra
maggioranza ed opposizione sia pure nella distinzione dei ruoli. Io ritengo
questo un momento alto del Consiglio perché oggi si caratterizza quanto meno
per serietà politica.
Dopo l’intervento dell’onorevole
Abramo, capisco il fervore perché tanti sono i ritardi oltre le inadempienze
rispetto agli obiettivi programmatici che questo Governo aveva fissato,
propagandato in campagna elettorale nelle scorse consultazioni.
Ma mi limito solo ad affrontare
questo segmento di una materia delicata per la quale occorre un dibattito e per
lo stesso spero, auspico che questo Consiglio, la Commissione lo acceleri.
Vedete: il problema sanità non è
solo un problema regionale, un problema
nazionale. Però è pur vero che se ritardi ci sono, è perché i problemi sono
atavici e riguardano anche il passato.
Noi dobbiamo fare autocritica se
siamo seri, perché, voglio ricordarlo, avevamo difficoltà ad interloquire con
l’assessore Luzzo che apparteneva all’allora maggioranza, caro collega Aiello.
Lo dico perché ero coordinatore provinciale ed assieme agli altri coordinatori provinciali dell’allora maggioranza ed avevamo questa difficoltà.
Quindi è un fatto di uomini e di
sensibilità. E noi vogliamo che trionfi questo aspetto e queste componenti per
poter dare risposte ai calabresi senza campanilismi, e senza far prevalere
aspetti politici di parte.
Certo il sistema sanità è caotico e va riordinato. Si è
detto della spesa farmaceutica alta, del tasso di ospedalizzazione elevato, i
centri di eccellenza li vogliamo tutti, ma è pur vero che dobbiamo normalizzare
e riordinare il sistema. Per far questo occorre il contributo di tutti come c’è
stato in Commissione per riordinare questo testo, questo provvedimento che
riguarda gli accreditamenti.
Se questo testo oggi sarà approvato, mi consenta il
capogruppo Gentile – mi ha già delegato - di esprimere a nome del gruppo il
voto favorevole, perché sono state recepite, come diceva l’onorevole Aiello, le
istanze della opposizione attraverso gli emendamenti proposti. Perché si è
lavorato assieme – diciamolo una volta tanto – con serietà.
Credo che questo sia il momento per inaugurare una nuova
stagione, per poter dare segnali forti ed essere da esempio alle nuove generazioni
sul modo come si dovrebbe fare
politica. Grazie.
Presidenza del Vicepresidente Antonio Borrello
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Talarico. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, grazie, solo
poche riflessioni rispetto a questo provvedimento che seppure in tempi brevi è
stato adeguatamente approfondito in
Commissione e sono stati accolti una serie di miglioramenti che sono arrivati
da più parti politiche. Quindi oggi arriva all’esame dell’Aula complessivamente con una visione collaborativa da parte di tutti i colleghi
consiglieri regionali.
Intanto per dire che è un fatto
importante che, finalmente, all’interno della nostra Regione si regolarizza
l’accreditamento e l’autorizzazione.
Vedete, noi abbiamo passato
diversi anni qui in Consiglio regionale ed anche negli anni passati
sostanzialmente anche questi provvedimenti di autorizzazione e di accreditamento spesso e volentieri sfuggivano ad una previsione
legislativa regionale che poi doveva essere applicata dai direttori generali.
Siamo arrivati ad un impianto
legislativo che dà questa opportunità e regolarizza tutto quanto: ritengo che
anche dalla minoranza – sotto questo aspetto – debba essere dato atto di aver
approvato questo provvedimento. Lo dico al relatore, all’onorevole Giamborino,
e lo dico all’assessore Spaziante perché, soprattutto quando si è alla
opposizione e soprattutto quando si parla di sanità che è un settore che non ha
colore politico, non c’è maggioranza o minoranza, tutti devono contribuire a
migliorare quella che è la sanità calabrese
con considerazioni anche dello stato in cui essa si trova, io ritengo che debba
essere espressa positività anche dai banchi della minoranza.
Così come dai banchi della
minoranza noi da più tempo – lo voglio sollecitare ancora una volta – abbiamo
chiesto, come Udc innanzitutto, di approvare al più presto e rapidamente il Piano
sanitario.
So che il Presidente Giamborino ha
già iniziato le audizioni, ci sono stati dei passi avanti rispetto a questa
questione ma ritengo sia fondamentale oggi all’interno della nostra
Regione, alla luce dello stato della sanità calabrese approvarlo rapidamente
facendo tutte le audizioni. Questo è un momento anche importante di confronto
con la società calabrese e con coloro che vivono quotidianamente le questioni
sanitarie.
Il nostro auspicio è quello di approvarlo rapidamente,
perché è fondamentale un atto di programmazione sulla quale poi si debba basare
l’azione dei direttori generali.
Allora quest’atto di programmazione è fondamentale.
Vedete, noi abbiamo assistito qui in quest’Aula, e l’abbiamo votato, ad un
provvedimento di ripianamento del debito elevatissimo: 116 milioni di euro nel
2007, è un provvedimento molto cospicuo ed importante. Quindi i 3 mila miliardi
di vecchie lire arrivati dallo Stato per la gestione della sanità calabrese non
sono bastati per riuscire a coprire questo deficit.
Anche rispetto a quel provvedimento dello scorso anno
della riduzione dell’addizionale regionale, votato alla unanimità, su proposta
dell’onorevole Borrello, allora, si è dovuti tornare indietro rispetto a questa
problematica perché non c’erano i fondi necessari per poter coprire quel
deficit.
Siamo arrivati al 30 di giugno, a metà anno e non ci
sono provvedimenti che vanno nella direzione della riduzione della spesa.
Siamo preoccupati prima di tutto come calabresi, laddove
ci troviamo una spesa farmaceutica abbondantemente al di sopra del 13 per
cento. Abbiamo l’addizione regionale più alta - l’1,4 - d’Italia ed abbiamo il
bollo auto più alto e grava tutto sui cittadini calabresi.
Quindi quei fondi a disposizione del nostro bilancio, il
65 per cento non ci basta per coprire una sanità che non è adeguata. Lo diciamo
tutti, lo dicono i calabresi ed anche da interventi della maggioranza è stato
evidenziato molto chiaramente quel che si è verificato.
In questi tre anni non si è fatto molto. Questo è il
primo provvedimento – se non ricordo male – di politica e di programmazione
sanitaria.
In questi tre anni si è parlato molto, si è discusso
molto, si è fatta molta demagogia anche su temi fondamentali ma assolutamente
non c’è stato un provvedimento rispetto alle questioni trattate. Quel
provvedimento che è stato assunto al Consiglio regionale, l’abolizione di un
euro a ricetta che,non provvedendo poi di fatto alla copertura della spesa
farmaceutica,ha fatto impennare ed aumentare ancor di più il disavanzo senza
produrre assolutamente nessun dato positivo per la nostra Regione.
Così anche quel provvedimento approvato dal Consiglio
regionale, il maxiemendamento sulla riduzione delle Asl, è stato un altro
aspetto negativo che non ha inciso – questo ce lo hanno detto anche i direttori
generali quando sono venuti in audizione in Commissione – né sulla spesa né sui
miglioramenti dei servizi: si è fatta una abrogazione di aziende sanitarie
senza produrre alcun risultato positivo.
Allora questi atti, certamente, non vanno nella
direzione di un miglioramento complessivo della sanità, perché oggi in Calabria
– purtroppo – questo ce lo dobbiamo dire chiaramente, c’è una grande migrazione
sanitaria anche per le patologie più semplici, dove basta un semplice
intervento, e non parlo per le grandi patologie dove naturalmente ci vuole una
grande professionalità.
Questo ci deve ancora di più preoccupare, ci deve dare
quel senso di responsabilità istituzionale,che ci deve portare al più presto ad
attuare una pianificazione della sanità calabrese attraverso una rivisitazione
dei posti letto e degli ospedali, rispetto ad una rivisitazione dei punti di
eccellenza che devono essere programmati su tutto il territorio regionale in
maniera positiva, organica, che ci
possa portare realmente al miglioramento dei nostri servizi sanitari.
Attraverso una rete che vada nella direzione di migliorare i servizi, di aiutare
le professionalità, perché ci sono tantissimi professionisti di alto livello in
Calabria che spesso e volentieri si trovano ad operare in una condizione di
difficoltà, cioè avere il personale a disposizione, avere delle attrezzature
adeguate alle nuove tecniche sanitarie.
Questo ci deve indurre tutti, sempre di più, ad un
impegno corale in modo che il Consiglio regionale possa approvare un Piano
sanitario che porti ad un miglioramento complessivo del comparto.
Ritengo che quella relazione Serra-Riccio sulla sanità,
che ha descritto in Calabria una situazione difficile, ci debba fare riflettere
e ancora di più spingerci verso un’azione positiva senza andare a difendere
cattedrali nel deserto o motivazioni che hanno ben poco di sanitario che vanno
nella direzione di privilegiare solo delle azioni di campanilismo.
Dobbiamo avere una sanità migliore. Ritengo che i
cittadini calabresi non siano soddisfatti di quello che hanno di fronte, non
siano soddisfatti di quella sanità che noi diamo, che diamo a loro
disposizione, ritengo che su temi così importanti e delicati non ci possa
essere una divisione di questo Consiglio regionale.
Per quanto riguarda l’Udc,su questi temi ci sarà una
forte collaborazione per un miglioramento complessivo di questi servizi
sanitari, per accelerare il più possibile l’atto di programmazione fondamentale
che è il Piano sanitario. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, grazie per
avermi dato la parola.
Cercherò di essere lapidario
perché mi pare che al fine di esplicitare e motivare il testo di legge in
oggetto sia stato già detto a sufficienza,
anzi ritengo ci sia ben poco da aggiungere.
Già la relazione del Presidente Giamborino è stata capace di illustrare le ragioni di una scelta
politica ed amministrativa che l’amministrazione regionale e la maggioranza di
quest’Aula hanno inteso fare.
Quello che si sta compiendo è il
primo passo per andare verso un’azione di riordino e di razionalizzazione. Un processo di riordino e di razionalizzazione
che viene consacrato e suggellato non da atti frammentari e parziali ma da un
indirizzo organico legislativo.
Infatti, questa stesura non solo si presenta come il
primo testo organico per regolamentare la materia degli accreditamenti
dell’autorizzazione e dei controlli, ma si potrebbe interpretare come una sorta
di mini Testo unico rispetto alla molteplicità di norme che di volta in volta
erano state anche approvate e legiferate da quest’Aula a seconda dei momenti e
a seconda dei casi.
La ragione trae spunto dal fatto che proprio in
quest’Aula al momento dell’approvazione della legge finanziaria si è avuta una
discussione sulla organizzazione e sul riconoscimento sia del sistema dei
requisiti che dell’ordine tariffario. Ed attraverso una specifica norma
legislativa si è voluto assumere un impegno in quella legge fissato anche con
la scadenza dei termini temporali per pervenire a questo provvedimento
organico.
Vi è da dire che i termini che erano stati prefissati
nella legge ci richiamavano alla scadenza del 31 luglio di quest’anno. Noi
siamo in grado ed in condizioni di approvare questa legge su proposta di
iniziativa della Giunta regionale alla data odierna, il che forse, nella
vicenda storico-legislativa-amministrativa della nostra Regione ci pone in
condizione di poter dire che per la prima volta, vengono non solo rispettati ma
addirittura anticipati i tempi di scadenza.
Quindi tempi anticipati nella attività amministrativa,
nell’espletamento dei doveri amministrativi e dei compiti legislativi.
In merito, a parte gli articoli ed i commi che prevedono
la classificazione delle definizioni dei punti oggetto della materia, io penso
che, rispetto alle regole che normano i procedimenti autorizzativi e di
accreditamento ed anche ai controlli facciamo un grande balzo, un grande passo
in avanti perché non ci affidiamo a norme transitorie o di indirizzo generale
ma attraverso uno strumento legislativo viene organizzato un vero e proprio
sistema, fino al punto di prevedere anche norme sanzionatorie che potrebbero
essere applicate sulla base delle condizioni determinate dall’attività dei
controlli.
Naturalmente vi è da dire che questa legge se non è
accompagnata da un’attività di programmazione efficace rischia sostanzialmente
di essere parzialmente applicata.
Quindi la seconda ragione per la quale stiamo in questi
tempi, e vedo effetti assai positivi di ogni provvedimento, sta nel fatto che
l’approvazione e quindi anche la relazione di questo testo si correla
direttamente all’attività avviata per pervenire all’approvazione del nuovo Piano
sanitario.
La mia opinione - poi discuteremo nella sede propria a
cominciare dalla Commissione consiliare – è che il testo del Piano sanitario,
che è all’esame della Commissione, che è stato approvato nel mese di novembre
dalla Giunta regionale, anche alla luce di questa legge, richiede norme più
stringenti e specifiche, che siano più vincolanti per quanto riguarda
l’attività di programmazione.
I controlli si esercitano se sono fissate in maniera
chiara e precisa le condizioni dei requisiti. Ed anche la programmazione ha un
effetto se collocata in un quadro certo delle compatibilità finanziarie e
soprattutto in un quadro certo delle attività che la Regione va ad indicare
come definite per quanto riguarda l’organizzazione delle varie branche del
sistema e del servizio sanitario regionale.
Se ci sono dati incerti senza tetti e senza regole non
c’è dubbio che anche una legge di questo tipo rischierebbe di essere
evanescente e di non trovare applicazione.
Non mi soffermerei più di tanto, inoltre, perché poi è
in quella sede che dobbiamo rinviare la discussione sulla sanità.
Il collega Pietro Aiello col quale stiamo interloquendo
e lavorando in Commissione assieme al collega Galati, al di là del tono o dello
spirito proprio di una collocazione istituzionale di opposizione, ha posto
questioni che non vanno sottovalutate.
Troveremo il modo nella fase di stesura del nuovo Piano
sanitario regionale di dare risposta a molte di quelle criticità, a molti di
quei problemi che sono stati annunciati, sapendo che però oggi, forse,
interessa poco, quasi a nessuno andare alla fonte, andare a leggere la genesi
di quelle criticità perché a mio avviso la risultante di una difficoltà…, la
parola “difficoltà” forse è un eufemismo, che stiamo registrando e siamo al
punto più alto di una manifestazione di criticità nella gestione del Servizio
sanitario regionale, a mio avviso trova radici nel tempo attraverso una prassi
ed una consuetudine che si è esercitata nell’attività gestionale che non ha mai
avuto, anche dal punto di vista legislativo, anche dal punto di vista della
responsabilità di programmazione, un intervento di contrasto.
Vedete, io penso che il problema forse – non vorrei
essere equivocato a questo proposito – è l’opposto di quanto comunemente e
volgarmente si va sostenendo da più parti in Italia ed ancora più in Calabria.
E’ ricorrente, è diventato ormai senso comune il fatto
che la sanità è malmessa, è stata inguaiata dalla politica e dalle
responsabilità della politica. Detto così, potrebbe non fare una piega il ragionamento.
Ma cerchiamo di leggere dentro il problema.
Non è stata inguaiata – uso, non a caso, questo termine
un po’ forte – da un eccesso di assunzione di responsabilità su principi e su
parametri di programmazione da parte della politica. E’ stata inguaiata dalla
politica perché in questi anni abbiamo avuto una politica o, di volta in volta,
settori anche ampi della politica che hanno ceduto ai portatori di interessi
particolari e persino affaristici che nel campo della sanità si andavano
esprimendo, fino al punto di sacrificare e di considerare pura merce di scambio
il diritto alla cura ed alla salute.
Noi invece dobbiamo fare in modo che la politica e
quindi la sede istituzionale si riapproprino di una funzione nobile attraverso
una assunzione di responsabilità, che si esprime attraverso una programmazione
intelligente, moderna ed efficace nonché attraverso una gestione coerente.
Non c’è dubbio che attraverso quel processo e quel
meccanismo di cedimento della politica a quegli interessi particolari via via
nel tempo si sono formate delle sedimentazioni che, per esempio, hanno portato
ad essere il dipartimento dell’assessorato regionale il punto più alto, il
ganglio fondamentale dell’incontro, del coacervo di queste domande ed offerte
distorte che andavano a pesare sul servizio sanitario pubblico e quindi anche
necessariamente sui costi.
Solo così potremmo noi in qualche modo invertire la
tendenza sapendo che una programmazione efficace si potrà ottenere se parte da
un esame e da una valutazione di quella che è la vera domanda epidemiologica,
la vera domanda sanitaria.
Quindi un Servizio sanitario regionale organizzato sulla
base del bisogno e non indotto dalla offerta soprattutto quando l’offerta è
determinata da spinte spontanee, da spinte lobbistiche, da spinte che
sostanzialmente nulla hanno a che fare con una visione organica e feconda.
Noi dobbiamo per queste vie lavorare ad un Servizio
sanitario che possa essere davvero definito organico, complementare ed
integrato. Questo non riguarda solo il problema attinente alla relazione tra
pubblico e privato o sostanzialmente tra servizi di prevenzione, cura ed
assistenza sul territorio e ospedalizzazione. E’ un problema che si pone a
monte per dare una giusta corrispondenza nei servizi che si vanno a programmare
e nella loro quantità, qualità ed appropriatezza rispetto alla domanda propria
del vero bisogno sociale. Quindi mettere al centro per queste vie il diritto
alla salute del cittadino.
In questo senso, perché ho voluto fare questa
riflessione e chiedo scusa, questo testo di legge alcuni primi passi comincia a
muoverli per quanto riguarda la materia degli accreditamenti.
E’ vero che lo prevede la legge nazionale 502 ma
dobbiamo convenire sul fatto che per la prima volta ci troviamo in presenza di
un provvedimento legislativo regionale che recepisce la norma secondo la quale
ad essere accreditata e quindi sottoposta alla verifica del possesso dei
requisiti non è soltanto la parte privata ma è anche la parte pubblica. A mio
avviso con un’azione di riordino anche delle competenze a cui dobbiamo
provvedere, finalizzata a determinare condizioni di maggior favore verso una
ottimizzazione ed una organizzazione del servizio pubblico.
Cioè le stesse aziende ospedaliere e le stesse aziende
sanitarie provinciali non possono lavorare separate e distinte. Persino la
programmazione finanziaria richiederebbe momenti di unicità sulla base degli
accordi contratti e delle compatibilità del quadro programmatorio che noi
dobbiamo sancire.
Ciò non lo dico a conferma della giustezza del processo
di accorpamento che è stato avviato, ma lo dico perché questa mi pare essere
una via ineludibile. Sotto questo aspetto mi sento di condividere questo
provvedimento e apprezzo il lavoro che è stato svolto dall’assessore Spaziante
e dall’impegno che attraverso lui la Giunta oggi è in grado di mantenere
rispetto a quei termini fissati dalla legge del 31 luglio.
Sotto questo aspetto l’impegno a seguire i lavori
dell’esame dell’articolato che dovremo avviare da qui a poco secondo un’ottica
che è di potenziamento e rafforzamento dell’impianto della legge e non di
ristrutturazione.
Penso che anche tra gli emendamenti che sono stati
presentati – tra l’altro mi riservo per alcuni di essi di valutare e di
anticipare proposte sub-emendative che vanno in questa direzione – noi dobbiamo
non depotenziare il testo che è uscito dalla Commissione ma, semmai, in questa
direzione dobbiamo rafforzarlo.
Le condizioni ci sono anche grazie all’impegno della
opposizione.
Non è da sottovalutare - il richiamo lo voglio fare
all’attenzione dell’Aula e a quello dei banchi del governo - il fatto, mi pare
sia stato così, che questo provvedimento di legge, questo disegno di legge in
Commissione è stato licenziato con il voto unanime di tutti i commissari di
tutte le rappresentanze politiche.
Io penso che questo livello di responsabilità e di
impegno dobbiamo tenerlo anche nella votazione finale stasera in quest’Aula per
poter dire che finalmente troviamo un punto di incontro alto che non è né
inciucio né degenerazione.
Sapendo che poi se la legge viene applicata e se a
seguire ci sarà il Piano sanitario, forse per la prima volta potremmo dire che
abbiamo messo un buon mattone per costruire una buona casa, non quella
dell’istituto della casa della salute che prevede il Piano sanitario ma la casa
della sanità calabrese intesa come Servizio sanitario regionale.
Presidenza del Presidente Giuseppe Bova
Con l’intervento dell’onorevole Adamo si conclude la
discussione. Vi sono stati tantissimi interventi. Ma prima di passare alla
disamina del testo, alla discussione ed all’approvazione consentitemi, cari
colleghi, di introdurre un elemento.
Abbiamo poco fa attraverso un’agenzia saputo una cosa
che è giusto sottolineare all’Aula.
Un giovane militare italiano Domenico Currao, originario
di Vibo Valentia, è morto all’ospedale militare Celio di Roma.
Era un paracadutista di 24 anni che si è ammalato di
tumore alle ossa forse a causa di contaminazione da uranio impoverito. Negli
ultimi anni era stato nel 2003 in Kossovo, nel 2005 in Sudan e fino al giugno
2007 in Libano.
Noi pensiamo che è nostro dovere ricordarlo. Siamo
orgogliosi delle missioni di pace che il nostro Paese sta effettuando
all’estero. Ma noi che siamo un’Assemblea regionale, certo, non ci scambiamo
con le funzioni del Parlamento della Repubblica, né con le funzioni dei
ministri degli Esteri e della Difesa. Ma anche attraverso questo noi onoriamo
un giovanissimo calabrese morto anzitempo e dobbiamo avvertire tutta la nostra
responsabilità, perché le missioni di pace sono giuste, e far in modo che
nessuno, né i cittadini di quei Paesi né i militari che esercitano una funzione
di dissuasione abbiano a morire in questo modo.
Ora ci alziamo e ricordiamo Domenico Currao con un
minuto di raccoglimento.
(I
Consiglieri in piedi osservano
un minuto di silenzio)
Stasera anche noi lo possiamo dire: “viva l’Italia”.
Passiamo all’esame di merito della
proposta.
All’articolo 1 è stato presentato
emendamento protocollo 4109 a firma dei consiglieri Lucà e Serra che così
recita: “La Regione Calabria garantisce la tutela della salute assicurando la
disponibilità di prestazioni sanitarie e socio-sanitarie improntate
all’efficacia delle cure, alla sicurezza dei percorsi clinico-assistenziali ed
al miglioramento continuo della qualità delle strutture sanitarie e
socio-sanitarie pubbliche e private ottenute per mezzo degli istituti
dell’autorizzazione dell’accreditamento, degli accordi dei contratti, attraverso anche sistematiche procedure
di controllo e vigilanza.
A seconda della tipologia delle
strutture, la competenza relativa ai suddetti istituti spetterà:
a) al dipartimento regionale della
salute per le strutture sanitarie;
b) al dipartimento
regionale delle politiche sociali per quanto concerne le strutture
socio-sanitarie-sociali”.
Per l’illustrazione ha facoltà di
parlare l’onorevole Serra.
Mi rimetto al testo presentato.
PRESIDENTE
Parere del relatore?
(Interruzione)
Ha chiesto di parlare l’onorevole Pacenza, prima del relatore. Ne ha facoltà.
Presidente, io esprimo
perplessità sull’emendamento perché di fatto in questo modo andremmo a separare
l’attività socio-sanitaria che per questioni
organizzative nostre in ordine dipartimentale, può stare così o diversamente,
certamente penso che prima o poi ci dovremmo anche porre il problema della
unificazione ma nessuno mi convincerà mai che ci possono essere politiche
distinte se non addirittura separate tra le attività sanitarie e quelle socio-sanitarie.
Noi discutiamo dentro un assetto
organizzativo, l’organizzazione è altra cosa, ma le competenze legislative e
quindi anche di conseguenza amministrative per quanto mi riguarda non possono
che stare in capo al dipartimento socio-sanitario, non spezzettando a seconda
della organizzazione meramente operativa che rappresentiamo.
Se si dovesse insistere su questa impostazione, anticipo
un voto di astensione.
PRESIDENTE
Parere del relatore?
Favorevole.
PRESIDENTE
Prego, onorevole Adamo.
Per esigenze di organizzazione dell’ordine dei lavori, chiederei se è possibile prima della votazione del
punto, una sospensione di soli 5 minuti, per un raccordo con le diverse
espressioni istituzionali ai fini di avere un orientamento.
Perché il punto non è ordinario o
burocratico e riguarda solo questo articolo, ma ce lo ritroveremo più avanti e
diventa un punto caratterizzante della legge e alla fine si esprimerà una
contraddizione politica: E, avendo appreso la posizione dell’onorevole Pacenza,
deve essere nostra cura prevenirla.
Sarebbe opportuno, se possiamo,
sospendere 5 minuti, il tempo di fare una brevissima riunione al banco
attraverso il relatore, i presentatori degli emendamenti, l’assessore e
l’onorevole Pacenza,.
PRESIDENTE
Vi sono osservazioni alla
proposta?
(Interruzione)
Il relatore e la Giunta sono
d’accordo. Se nessuno interviene io pongo in votazione la richiesta di
sospensione di cinque minuti in Aula, se ho capito bene per un coordinamento
rafforzato ex ante del testo.
(Il Consiglio approva)
La seduta sospesa
alle 20,30 è ripresa alle 20,45
PRESIDENTE
Sono conclusi i cinque minuti di valutazione. La parola all’assessore Spaziante.
Grazie, Presidente.
L’intervento dell’onorevole Pacenza e le preoccupazioni
che hanno animato il suo intervento sul primo degli emendamenti in discussione,
ma il primo anche di una serie di emendamenti che hanno un filo comune, un
denominatore comune e riguarda il rapporto tra quello che è sanitario in senso
stretto e quello che viene definito correntemente il fenomeno socio-sanitario,
fanno riferimento ad un problema che non ha trovato a tutt’oggi una soluzione
valida a nessun livello di governo ed è un problema che a fatica, sia al
Governo centrale sia anche nella configurazione che di questo assetto
organizzativo hanno dato molto Regioni, laddove pure si è arrivati ad una
soluzione, questa stessa soluzione ha creato poi dei problemi in sede
attuativa.
Quindi questo è un problema reale e quindi l’emendamento
pone esattamente questo problema nei termini in cui oggi si presenta e non solo
nella nostra Regione.
A conclusione della breve pausa e sulla base dei
colloqui che ci sono stati, che si sono svolti, la condivisione unanime si è
indirizzata verso una formula che porti a rafforzare il dispositivo del comma 5
dell’articolo 3, in cui si faceva il rinvio, proprio nel tentativo di trovare
una soluzione per cui non ci fossero due competenze, ma ci fosse una gestione
integrata ed unitaria come deve essere. Era quella di rinviare ad un protocollo
operativo, che poi in Commissione è diventato di carattere generale, da
assumere da parte della Giunta regionale.
Potremmo – la soluzione delineata è in questa direzione
– pensare ad una soluzione finale in cui si rafforzi per un verso il
dispositivo del comma 5 dell’articolo 3 e per un altro verso – sulla base di
questo rafforzamento del dispositivo - proporre ai presentatori degli
emendamenti di ritirarli.
Questo consentirebbe di avere una riflessione ed anche
una articolazione di tutto l’assetto organizzativo conseguente in maniera più
articolata e meglio ponderata. Grazie.
PRESIDENTE
Allora riprendiamo da capo. Se ho capito bene l’emendamento Serra…
Presidente, lo ritiro con la raccomandazione che se ne tenga conto nel regolamento.
PRESIDENTE
Allora l’emendamento è ritirato. Non vi sono altri emendamenti all’articolo 1 pertanto lo pongo in votazione.
(E’ approvato)
All’articolo 2 è stato presentato emendamento sempre a firma Lucà e Serra protocollo 4109/2. E’ ritirato.
Sempre all’articolo 2 è stato presentato un altro emendamento protocollo numero 4067, a firma del consigliere Tripodi Pasquale che così recita: “All’articolo 2 – definizioni – all’ultimo comma dopo la parola <<delibera>> aggiungere le seguenti <<previo parere della Commissione regionale competente>>”.
Prego, onorevole Tripodi.
Presidente, grazie, questo emendamento va nella direzione della disquisizione che abbiamo fatto in premessa.
Cioè, un regolamento della Giunta regionale non è un regolamento fine a se stesso ma va a normare non solo criteri e anche norme di approvazione di quelle che sono le caratteristiche di strutture e quant’altro che hanno la capacità di essere inserite in un contesto, ma va anche a programmare una serie di atti, con un regolamento, che poi di fatto debbono vedere la politica attore e protagonista di questi processi, anche.
Non è pensabile che il Consiglio regionale, nella sua emanazione della Commissione competente possa rimanere fuori da questo tipo di programmazione e di impostazione. Per questo io ho presentato questo emendamento affinché ci sia una assunzione di responsabilità e, come diceva l’onorevole Adamo prima, che la politica abbia un sussulto anche ai fini di una propria caratterizzazione di essere “nobile” rispetto agli impegni da assumere nei confronti della Calabria, su un comparto sul quale tutti abbiamo convenuto che è il primo passo di un percorso che ci dovrebbe vedere tutti quanti impegnati a dare delle risposte che abbiano un carattere anche e soprattutto di certezza nei contenuti.
PRESIDENTE
Mi pare che l’emendamento successivo di Borrello, protocollo 4069, sia simile anche se posto in diversi punti e che così recita: “All’articolo 2, comma 2, dopo le parole <<Giunta regionale>> si aggiungono le parole <<previo parere della Commissione permanente competente>>”.
(Interruzione)
E’ quasi lo stesso e quindi intendiamo l’emendamento Tripodi Pasquale-Borrello come unico
emendamento.
Non so se lei vuole
aggiungere qualcosa. Allora su questo parere del relatore?
Contrario.
PRESIDENTE
Parere della Giunta?
In questo specifico emendamento si parla di un problema che riguarda la classificazione dei laboratori. A me non sembra che questo sia un tema di alta programmazione e di indirizzo politico-strategico ma rientra in una normale dimensione gestionale dei problemi.
Se togliessimo anche all’organo esecutivo di classificare laboratori, che è un problema tecnico applicativo di assoluta ordinarietà, penso che arriveremmo ad un rovesciamento complessivo del sistema.
Quindi sulla base di questa considerazione esprimo parere contrario su questi emendamenti.
PRESIDENTE
I colleghi che hanno presentato l’emendamento…
(Interruzione)
(Interruzione)
Di votare? Allora se dobbiamo votare, Presidente, io le chiedo non solo l’appello nominale ma anche la verifica del numero legale.
PRESIDENTE
Prima si passa alla verifica del numero legale e poi alla votazione
(Interruzione)
Siccome siamo…
(Interruzione)
La proposta è subordinata poi a quella… sono concessi cinque minuti di sospensione.
PRESIDENTE
Siamo pronti a riprendere la seduta? Si deve avanzare qualche proposta risolutoria del punto? Mi pare ci fosse un sub-emendamento.
La discussione come lei sa, Presidente, si è concentrata considerando il volume degli emendamenti ripartiti secondo due profili. Uno quello procedimentale e l’altro quello di merito.
Si conviene, sotto il profilo procedimentale,
soprattutto per quanto riguarda le relazioni
dei poteri tra la Giunta e il Consiglio, proprio ai fini
di fare una buona legge che non sia, però, troppo appesantita e di fatto, quindi,
poi inapplicabile, considerando la necessità di non avere atteggiamenti o norme ostruttive ed ostruzionistiche, di andare ad un esame positivo delle proposte, anche se
con modifiche che danno il senso di questa leggerezza, di questa
fluidificazione e di questa semplificazione del procedimento, e
all’accoglimento di alcuni emendamenti.
Sotto il profilo di merito rimane
una discussione da fare in Aula, nessuna responsabilità. Francamente che ci
possa essere un punto in Aula che vede posizioni diverse sul merito, qualifica
per quella che è la discussione. Ognuno si assume la responsabilità anche nel
caso dovessimo interrompere l’esame della legge.
Invece sotto il profilo procedimentale mi sembra una
drammatizzazione eccessiva. Cioè sacrificare l’approvazione di una legge ad un
dissenso di tipo procedimentale, francamente ci sembra davvero esagerato.
Per cui si è convenuto di intesa anche con il
rappresentante del Governo, l’assessore al ramo, che a mo’ d’esempio su questo
emendamento che è stato firmato e che di fatto viene unificato sia dal collega
Tripodi che dal collega Borrello, l’orientamento è quello di spostare più in
avanti la discussione che già in Commissione c’è stata. Alcuni di questi
emendamenti erano stati ritirati per cui sono stati ripresentati in Aula.
Altri che si presentavano sotto altre forme e su altri
articoli addirittura sono stati bocciati. Andare più avanti che significa?
Significa che si assume il principio: la Giunta che trasmette alla Commissione
per il parere, però si deve dare una disponibilità di volontà da parte
dell’Aula, di questa volontà che non è quella di allungare i tempi o di creare
ostruzione, ma di specificare con norma apposita facendo l’eccezione alla norma
generale che, ricordo, sempre ha detto il collega Galati, il tempo entro il
quale deve essere espresso il parere e si conviene che questo tempo possa
essere con una modifica riferito a <<15 giorni dalla data di
ricezione>>.
Io penso che su questa base possiamo esser d’accordo ed
andare avanti. Poi se nascono dissensi sul merito, sulle politiche di merito lì
non c’è bisogno di sospensione, si discute e si affronta il tema, ma non siamo
a questo punto. Per cui su questa base la Giunta si dichiara disponibile. Poi
parlerà l’assessore che dirà la sua, ma le espressioni istituzionali che hanno
valutato la sospensione erano quelle di andare verso l’accoglimento e quindi
verso un orientamento positivo con quella modifica al sub-emendamento che
indica espressamente i termini.
Del resto non è la prima volta che l’Assemblea legislativa
prevede tempi specifici che derogano dai tempi generalmente indicati.
PRESIDENTE
Quello per ultimo illustrato dall’onorevole Adamo è un
sub-emendamento in Aula che richiede poi un coordinamento formale. I 15 giorni
sono poi dalla assegnazione alla Commissione, cioè sono veri e nessuno può
cambiarli…
Presidente, le chiedo perdono, su questo vorrei sentire l’opinione del Governo regionale.
PRESIDENTE
Va bene, l’aveva anticipato l’onorevole Adamo ma lei chiede un pronunciamento formale.
La parola all’assessore Spaziante.
Sono d’accordo con quanto prospettato dal consigliere Adamo.
PRESIDENTE
Va bene questa impostazione? Va bene anche per l’onorevole Borrello. Votiamo il sub-emendamento dei 15 giorni.
(E’ approvato)
Pongo in votazione l’emendamento Tripodi, Borrello unificato per come emendato.
(E’ approvato)
Pongo in votazione l’articolo 2 della legge per come emendato.
(E’ approvato)
All’articolo 3 è
stato presentato emendamento protocollo 4109 a firma dei consiglieri Serra e
Lucà, ma è ritirato.
Sempre all’articolo
3 è stato presentato emendamento protocollo 4058 a firma del consigliere
Stancato che così recita: “All’articolo 3 aggiungere le parole <<con
l’uso di radiazioni ionizzanti>>”.
Prego, onorevole Stancato.
Chiaramente questo emendamento fa parte della premessa,
quello che abbiamo detto in apertura dei lavori della
discussione generale, del mio ragionamento che è stato fatto.
Cioè quando noi parliamo qui di
“strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni specialistiche
in regime ambulatoriale di diagnostica per immagine”, ho detto nel mio intervento che questa era una legge che spazzava
via dubbi, incertezze ed interpretazioni che a volte vengono lasciate alla
diligenza, alla burocrazia. Questo spazio io lo voglio rivendicare al Consiglio
regionale, cioè che non ci siano incertezze nel momento in cui si legge –
scusate la cacofonia – questa legge.
Per cui siccome ci sono sia quelli
che usano le radiazioni ionizzanti sia quelli che non usano le radiazioni
ionizzanti… Per parlar chiaro e per rendere più esplicito il discorso: ci sono
gli ecografisti ed i radiologi allora per i radiologi ha un senso chiedere
l’autorizzazione ma non ha un senso per gli ecografisti perché non fanno uso di
radiazioni ionizzanti.
Siccome poi la burocrazia va
cercando il pelo nell’uovo e siccome l’intento di questo Consiglio regionale è
quello di dar chiarezza e nessuna possibilità a false interpretazioni, mi sono
permesso di presentare un emendamento che chiarisce la questione nei suoi
termini specifici.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.
Su questo punto che ha sollevato l’emendamento del collega Stancato
si è avuta già una discussione in Commissione.
Probabilmente il fatto che sia stato ripresentato,
immagino, sia dovuto al fatto che la norma e quindi il testo che è stato
approvato dalla Commissione all’articolo 3, comma 3, punto b) sarà sfuggito,
considerati i tempi accelerati dei lavori a cui sono stati sottoposti gli
uffici, che è stata proposta una formulazione che non risolve il problema
quando la Commissione ha deciso altro. C’è un problema di coordinamento
formale.
Prima di dire le correzioni che
vanno fatte, perché la Commissione le aveva approvate, voglio rendere informata
l’Aula di quello che è stato il tipo di discussione.
Quando il collega Stancato fa la
differenza tra il radiologo e l’ecografista, fa una differenza giusta. Ma è un
caso, un esempio, che mette in evidenza qual è la diversità tra un’attività e
l’altra rispetto al rischio cui è sottoposto il paziente.
Noi, in Commissione – alla
discussione ha partecipato anche il collega Stancato – questo problema lo si
era affrontato attraverso una specificazione e quindi un indirizzo generale e
non specifico.
Come? Se voi fate caso al comma 2
per quelli soggetti ad autorizzazione al punto r) si scrive testualmente “gli
studi medici, odontoiatrici e delle professioni sanitarie” - quindi tutte le
professioni sanitarie – “ove attrezzate per erogare prestazioni di chirurgia
ambulatoriale ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che comportino
rischio per la sicurezza e la salute del paziente”.
Cioè in questo caso potrebbe
rientrare la radiologia, il radiologo.
Per evitare invece quel che diceva
il collega Stancato, al punto b) del comma 3 si riporta la formulazione opposta
nel senso che qui, come viene scritto, si intendeva tutti i casi che non
rientrano nel rischio. E viene scritto “gli studi medici” – secondo me è
sbagliato, poi dico la formulazione precisa – “ed odontoiatrici e delle altre
professioni sanitarie e quelli che non sono attrezzati ad erogare prestazioni
di chirurgia ambulatoriale ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che
comportino rischio per la sicurezza e la salute del paziente”.
Per come è formulato l’articolo, questo punto b), ha in effetti ragione Stancato e quindi va corretto.
Se invece si riporta correttamente come sta sottolineando il
collega Aiello, mi par di capire, e cioè si scrive testualmente “gli studi medici, odontoiatrici e delle altre professioni
sanitarie e quelli che non sono attrezzate ad erogare prestazioni di chirurgia
ambulatoriale ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che non” – ci manca
il <<non>> - “comportino rischio per la sicurezza e la salute del
paziente”.
Cioè prevediamo il caso
dell’ecografista. Se manca questo, non è poi nella sua formulazione originaria,
va messa anche quella “virgola” e quella “e” congiunzione, è chiaro che l’emendamento di Stancato ha una sua attualità.
Se invece si riporta correttamente il testo approvato poi dalla Commissione. noi il problema
lo risolviamo e non c’è bisogno che siamo noi a fare la classificazione di
quelle che sono le attività e le prestazioni che comportano un rischio e quelle
che non comportano un rischio.
Per cui se questo è vero e si
assume la mia precisazione ai fini del coordinamento formale – mi segue,
dottore? – penso che l’emendamento del
collega Stancato non avendo più ragione d’essere possa essere ritirato. Se
invece permane il testo così com’è per quanto parziale perché ha fatto un
esempio di una casistica comunque settorializzata, ha ragione Stancato.
Va da sé che questa discussione
che di fatto diviene verbale e di accompagnamento all’approvazione della legge, alla luce anche delle cose
che stiamo dicendo, può essere riferimento anche interpretativo per gli uffici
– chiamiamoli così – ove mai dovessero crearsi delle interpretazioni distorte.
Il punto è questo ed io lo voglio
dire, badate, anche a chiarimento di quanto è successo prima, onorevole
Presidente Bova. Noi stiamo approvando questa legge, non voglio dare un
giudizio di criminalizzazione
generalizzata perché abbiamo dirigenti e funzionari e lavoratori dipendenti
della Regione bravi e dirigenti leali verso le leggi e la Istituzione come in
tutto il mondo ed abbiamo anche quelli che non sono bravi.
Però aleggia su questa nostra
discussione un pregiudizio, una forte diffidenza verso gli uffici della Regione
perché probabilmente scontiamo il fatto che si moltiplica la conoscenza di
esperienza e di casi che anche in presenza di leggi, basta a volte una virgola
che salta, vengono date interpretazioni che non sono quelle che erano negli
intendimenti del legislatore.
Ecco perché c’è stata questa
discussione e c’è questo tipo di sottigliezza a cui in questo momento andiamo
ricorrendo.
Allora, la mia proposta formale è:
correggere il comma b) con le parole “che non comportino” e poi in sede di
coordinamento formale quella virgola dopo le parole “studi medici” ed abrogare
“ed” per mettere la “e” congiunzione seguita dalle parole “delle altre
professioni”, e quindi conseguentemente l’invito al ritiro dell’emendamento da
parte del collega Stancato.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Stancato. Ne ha facoltà.
Grazie Presidente, il chiarimento fatto dall’onorevole Adamo è esaustivo di tutto il discorso, con la raccomandazione – accompagnata dall’approvazione della legge – che gli uffici tengano conto, come diceva il collega Adamo, di questa discussione perché non vorrei trovarmi domani nella necessità di dover andare a prendere i verbali per spiegare magari all’impiegato dell’assessorato che l’ecografia non è a radiazione ionizzante. Grazie.
PRESIDENTE
Allora coordiniamo formalmente. E’ registrata la proposta di sub-emendamento dell’onorevole Adamo rispetto al testo. E’ registrata la fortissima raccomandazione registrata dall’onorevole Stancato quindi su questa base e con questo coordinamento e con questa correzione l’onorevole Stancato ritira l’emendamento.
Presidente, chiedo scusa, volevo solo ascoltare l’emendamento corretto, se per favore può essere riletto. Grazie.
Leggo per come dovrebbe essere scritto ed approvato.
Il comma b), testualmente dovrebbe essere votato e
scritto così: “Gli studi medici, odontoiatrici e delle altre professioni sanitarie”…
(Interruzione)
Cosa? Non ho capito. Debbo citare
qual è il comma?
PRESIDENTE
Articolo 3, comma 2, lettera b)
quello che cominciava con “le strutture sanitarie…”.
Allora ricomincio da capo ai fini della registrazione.
All’articolo 3, comma 3, lettera b) il testo è il seguente: “gli studi medici,
odontoiatrici e delle altre professioni sanitarie e
quelli che non sono attrezzati ad erogare prestazioni di chirurgia
ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e terapeutiche che non comportano
un rischio per la sicurezza e la salute del paziente.”.
Perfetto…
PRESIDENTE
Torniamo da capo così l’onorevole Aiello è soddisfatto, Stancato l’aveva ritirato e quindi su questa base andiamo avanti.
C’è un successivo emendamento che è ritirato, il numero 4107.
Poi c’è l’emendamento a firma dell’onorevole Trematerra
protocollo 4128 che così recita: “Art. 3, comma 2, dopo la parola “continuativo”
si aggiungono le parole “ambulatoriale e domiciliare”.
Presidente, questo è un sub-emendamento se non vado errato...
PRESIDENTE
Quello scritto a mano….
E’ un sub-emendamento all’emendamento dell’onorevole Battaglia…
PRESIDENTE
E’ il 4128… possibile che non lo abbiano i relatori?
E’ un sub-emendamento protocollo 4128, all’emendamento 4078 del collega Battaglia per cui penso che prima vada discusso l’emendamento del collega Battaglia.
PRESIDENTE
Allora l’emendamento protocollo 4078 del consigliere Battaglia così recita: “Art. 3, comma 2, si aggiunge lettera u) <<i centri e presidi ambulatoriali di riabilitazione ed i presidi di riabilitazione estensiva extraospedaliera a ciclo diurno e continuativo>>”.
Diciamo che è un’aggiunta e non c’è necessità di illustrarlo.
A questo punto discutiamo di tutti e due quindi anche quello successivo a firma Battaglia.
La parola all’assessore.
Se invece teniamo per intero l’emendamento Battaglia, c’è forse bisogno di fare una ulteriore specificazione.
Quindi la scelta è tra mettere “i centri e presidi ambulatoriali di riabilitazione.” Oppure “i centri e presidi ambulatoriali di riabilitazione ed i presidi di riabilitazione estensiva extraospedaliera a ciclo diurno e continuativo ambulatoriale e domiciliare”.
La seconda formulazione è più analitica, la prima è più generale ma comprende tutte le specificazioni, è un problema solo formale e non sostanziale.
Mi pare sia un problema formale…
Si può scegliere l’una e l’altra strada…
Demetrio BATTAGLIA
Forse è più completo – se non ho capito male quanto diceva l’assessore - il mio emendamento.
A cui si aggiunge quello Trematerra…
Presidente, se c’è il parere
favorevole del relatore e della Giunta si possono accogliere sia l’emendamento che il sub-emendamento.
PRESIDENTE
Allora pongo in votazione per
primo il sub-emendamento Trematerra.
(E’ approvato)
Pongo in votazione l’emendamento Battaglia per come modificato.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 1
dell’articolo 3.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 2
dell’articolo 3.
(E’ approvato)
Sempre all’articolo 3, comma 3 è stato presentato emendamento protocollo 4131 a firma del consigliere La Rupa che così recita: “E’ autorizzato il completamento dei procedimenti amministrativi per l’autorizzazione al funzionamento o all’accreditamento, per le strutture delle aziende sanitarie realizzate con i fondi di cui all’ex art. 20 della legge n. 67 dell’11 marzo 1988, già affidate con gare ad evidenza pubblica e per le strutture per le quali alla data della pubblicazione della presente legge, siano state già investite le Commissioni delle aziende sanitarie competenti per territorio per la verifica dei requisiti (legge regionale n. 11 del 19 marzo 2004) laddove dalle istruttorie compiute risulti positivamente riscontrato il possesso dei requisiti nel rispetto delle compatibilità finanziarie”.
Prego, onorevole La Rupa.
Presidente, la legge regionale numero 11 del
19 marzo 2004,, che è la legge che ha approvato il Piano sanitario vigente,
prevede che le domande di autorizzazione, dopo che sono stati autorizzati gli accreditamenti,
devono essere presentate al dipartimento sanità su apposito modulo e che il
competente settore del dipartimento sanità per l’istruttoria si avvale delle
Commissioni dell’azienda.
Tutto questo procedimento deve concludersi entro il
tempo massimo di 120 giorni al quale termine va sommato quello di 90 giorni per
le verifiche ed i controlli tecnici effettuati dall’azienda sanitaria per un
complessivo di 210 giorni.
Questo dice la legge vigente sulla base della quale le
strutture pubbliche e private hanno presentato istanza di autorizzazione al
funzionamento e che sono state già visitate dalle rispettive Commissioni
dell’azienda sanitaria competente che hanno sicuramente acquisito il diritto a
veder concluso l’iter procedimentale e amministrativo che nessuna legge
potrebbe scalfire.
Così come nei capitolati di gara e nei contratti di
appalto delle gare pubbliche esperite dalle aziende sanitarie per l’affidamento
delle strutture ex articolo 20 è prevista esplicitamente l’autorizzazione
all’accreditamento delle stesse.
Io cosa dico? Ci sono casi in cui il dipartimento della
sanità regionale ha fatto superare i 210 giorni previsti per legge senza determinarsi
o che le Commissioni delle aziende sanitarie hanno previsto delle prescrizioni
strutturali o tecnologiche a cui il privato si è dovuto adeguare.
Cosa succederà in questi casi se la legge attuale andrà
in vigore da qui a 7-8-15 giorni e questi privati che aspettano da circa 2 anni
con un iter già avviato e con decine di migliaia di euro spesi si vedono negato
il diritto di accesso all’autorizzazione? Cosa c’entrano queste strutture con
quello che stiamo approvando noi questa sera?
Dico nel mio emendamento, quindi, che “è autorizzato il completamento dei procedimenti amministrativi per
l’autorizzazione al funzionamento o all’accreditamento, per le strutture delle aziende
sanitarie realizzate con i fondi di cui all’ex art. 20” - questo è quel che ho
detto poco fa.
Cioè, qui sono state fatte delle gare da parte della
Regione. Io questo emendamento lo propongo per evitare alla Regione di andare
incontro al pagamento di decine di miliardi di danni ai privati. Questo
riguarda l’articolo 20 – “e della legge n. 67 dell’11 marzo 1988, già affidate
con gare ad evidenza pubblica e per le strutture per le quali alla data della
pubblicazione della presente legge, siano state già investite le Commissioni
delle aziende sanitarie competenti per territorio per la verifica dei requisiti
(legge regionale n. 11 del 19 marzo 2004) laddove dalle istruttorie compiute
risulti positivamente riscontrato il possesso dei requisiti nel rispetto delle
compatibilità finanziarie”.
Cioè quelle strutture che comunque hanno i requisiti che
oggi questa stessa legge prevede, non devono iniziare daccapo.
Non può un imprenditore dopo che ha speso due anni di
tempo ed investito decine di milioni di euro, domani con l’entrata in vigore di
questa legge ripresentare una domanda e seguire di nuovo le pene dell’inferno.
Che cosa significa? Questo si chiede con questo
emendamento e chiedo che venga messo in votazione per appello nominale.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.
Signor Presidente, penso che dalla relazione illustrativa dell’emendamento fattaci dal collega La Rupa è chiaro il problema che si intende affrontare e quindi la norma, il fine, lo scopo della norma che attraverso questo emendamento ci vengono proposti.
L’onorevole La Rupa si riferisce espressamente alla definizione e regolamentazione del procedimento amministrativo soprattutto rispetto al tempo dell’avvio del procedimento amministrativo e della sua durata.
Non solo. La Rupa ci ha citato la legge che riguarda il procedimento amministrativo, come tutti sappiamo, ma in riferimento anche se in maniera generica, al fatto che nonostante questi tempi sul procedimento amministrativo possiamo avere casi o realtà secondo le quali c’è una tribolazione, addirittura, di due anni sempre per quel problema di cui parlavamo prima rispetto alla comunicazione ed alla responsabilità soggettiva degli uffici.
La preoccupazione dell’onorevole La Rupa è quella di non
lasciare un vuoto oggetto ad interpretazione soggettive per quanto riguarda la
trattazione del procedimento amministrativo.
Se questo è vero, va da sé che l’emendamento La Rupa non
è riferito ai requisiti. Cioè La Rupa non sta proponendo di approvare una
deroga riferita all’autorizzazione o all’accreditamento per quanto riguarda i
requisiti come se, appunto, per questi procedimenti non dovesse valere la legge
che stiamo approvando.
Mi sta commentando ad alta voce il collega La Rupa,
assolutamente no. Mi sta dando ragione La Rupa in tutto questo. Penso quindi
che questo emendamento si possa accogliere, solo però che sia per il fatto che
l’emendamento La Rupa fa riferimento all’autorizzazione e all’accreditamento e
noi stiamo trattando l’articolo della autorizzazione…, mentre più avanti
l’articolo 7 riguarda l’accreditamento e per rendere chiaro quello di cui ha
parlato La Rupaio farei un sub-emendamento che rafforza il ragionamento che ha fatto La Rupa.
Quindi cancellare il “punto” finale ed aggiungere “e di
quanto disposto al comma 9 dell’art. 7 della presente legge”, questo per far
riferimento all’accreditamento e tutelare quella parte che dicevamo sia io che
La Rupa affinché non ci siano equivoche interpretazioni.
Allora con questa aggiunta che mi sembra rafforzativa
del ragionamento che ha fatto La Rupa che chiarisce bene i termini, penso che
noi possiamo avere con una sola norma, normato sia il momento
dell’autorizzazione che quello dell’accreditamento.
(Interruzione)
Se leggi il comma 9, vedi che è in contrapposizione perché deve sub-emendare… , perché alla fine si dice “fermo restando che il termine per il possesso dei requisiti minimi da parte delle strutture private accreditate è fissato alla data di approvazione della presente legge”…
Ma vale per quelle già accreditate. Noi stiamo parlando di procedimenti, nel tuo emendamento collega La Rupa, che ancora debbono ottenere l’autorizzazione e l’accreditamento e che non debbono essere azzerati.
La parte che hai detto tu si riferiva a quelle già accreditate….
Credo si possa emendare con quello che dici tu aggiunge al mio sub-emendamento soltanto quella frase che dice che “comunque rispettando i requisiti della nuova proposta di legge”.
(Interruzione)
Allora aggiungiamo questa frase al mio emendamento alla fine dove noi diciamo “il possesso dei requisiti”…
Tu lo dici in maniera ruspante, io l’ho detto col gergo…
Nicola, “…laddove dalle istruttorie compiute risulti
positivamente riscontrato il possesso dei requisiti” ed addirittura io aggiungo
– ma nemmeno io a dir la verità ma chi ne capisce più di me – “nel rispetto
delle compatibilità finanziarie”.
Allora abbiamo aggiunto anche la parte finanziaria. Con
questo emendamento credo sia tutelata la Regione non l’imprenditore.
PRESIDENTE
Colleghi, non facciamo confusione.
Comunque, Presidente si può fare anche un coordinamento formale con l’assessore e il direttore, con l’onorevole Adamo…
PRESIDENTE
Facciamo tutto con calma per capire cosa andiamo a coordinare.
Lei voleva dire la stessa cosa dell’onorevole Adamo, onorevole Censore, per rafforzarla? Prego, ha la parola.
Presidente, forse come diceva lei era superfluo intervenire, ma lo faccio per rafforzare una idea, una volontà ed il merito dell’emendamento proposto dal collega La Rupa, perché chiaramente questo emendamento che accompagna in una fase transitoria la legge, per i provvedimenti amministrativi in itinere mira a completare quelle procedure già iniziate, fermo restando che non si incide sul possesso dei requisiti per quanto riguarda l’autorizzazione.
Penso sia meritevole di approvazione anche con le osservazioni che ne espongono il fine fatte dal collega Adamo ad adiuvandum. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Aiello. Ne ha facoltà.
Volevo solo dire, onorevole La Rupa, che il sub-emendamento La Rupa, così definito, non cambia nulla nel merito della questione perché si riferisce soprattutto al completamento di iter amministrativi che comunque rimarrebbero monchi, Presidente, e quindi creerebbero confusione anche nella applicazione della norma legislativa che stiamo cercando di approvare.
Sostanzialmente siamo favorevoli a questo sub-emendamento così come viene impostato dall’onorevole La Rupa, soprattutto quando alla fine dice di aggiungere “nel rispetto della compatibilità finanziaria” che non è altro che, intanto, il rispetto dell’iter amministrativo, e anche non utilizzo dei requisiti strutturali che comunque devono essere mantenuti fermi dal punto di vista dell’autorizzazione.
PRESIDENTE
Grazie, onorevole Aiello.
Eravamo rimasti allora ad un intreccio di sub-emendamenti, onorevole Adamo, tra quello che diceva lei e quanto diceva l’onorevole La Rupa come sub-emendamento al suo emendamento.
…è riferito a me, cioè proprio perché non ci siano equivoci penso che io e il collega La Rupa stiamo proponendo la stessa cosa con una differenza, però, La Rupa la esplicita mentre io la rinvio al comma 9 dell’articolo 7.
Questo perché? Perché siccome l’emendamento La Rupa parla
pure di accreditamento ci rinvia direttamente al capitolo degli accreditamenti
e quindi rendiamo compiuto l’emendamento non soltanto a questo articolo 3 per
la parte dell’autorizzazione ma anche dell’accreditamento. Ma soprattutto è la
stessa cosa quel che diciamo noi due perché le ultime due righe del comma 9
dell’articolo 7 fanno riferimento alle strutture già accreditate, al possesso
dei requisiti delle strutture accreditate e non rientrano nei casi di cui parla
La Rupa.
Penso quindi che la mia formulazione, non la sostanza
che è uguale, ci fa fare un testo più coerente e pulito dal punto di vista
della forma non della sostanza. Ma se questa è condizione per votare in maniera
convinta e condivisa, si può assegnare all’assessore Spaziante e al dirigente
del dipartimento per valutare anche quanto dice La Rupa, sapendo che questa
legge, in ogni caso, non fissa requisiti. La legge dice che si fa il
Regolamento in 30 giorni per fare i requisiti e lo dice il comma 9, quindi è
più pulita e lineare, meno interpretabile il mio emendamento, è più a tutela del
significato che vuoi dire tu, secondo me e lo dico al microfono assumendomene
la responsabilità.
Quindi proporrei al collega La Rupa di accogliere le
parole “e di quanto disposto al comma 9 dell’articolo 7”.
Quindi è chiuso il ragionamento.
(Interruzione)
Ripeto “e di quanto disposto al comma 9 dell’articolo 7”
del successivo articolo 7” e non abbiamo quindi più necessità a quell’articolo
di ricorrere sullo stesso argomento trattato da La Rupa perché altrimenti ne
dovremmo far due: autorizzazioni e accreditamenti.
Va bene, Presidente.
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’emendamento protocollo 4131 a firma dell’onorevole La
Rupa.
(E’ approvato)
Poi sempre
all’articolo 3 è stato presentato al comma 3 un sub-emendamento aggiuntivo
protocollo 4062 a firma del consigliere La Rupa che così recita: “Il dirigente
generale del dipartimento regionale tutela
della salute e politiche sanitarie è autorizzato a
completare i procedimenti amministrativi per l’autorizzazione al funzionamento
o all’accreditamento per le strutture delle aziende
sanitarie realizzate con i fondi di cui all’ex art. 20 della legge n. 67
dell’11 marzo 1988 già affidate con gare ad evidenza pubblica, e per le
strutture per le quali alla data della pubblicazione della presente legge, il
dirigente del settore ha già investito le Commissioni delle aziende sanitarie
competenti per territorio per la verifica dei requisiti (L.R. n. 11 del 19
marzo 2004)”.
(Interruzione)
Va bene, onorevole La Rupa, è quello, lo abbiamo votato.
Allora a questo punto così modificato votiamo il comma 3 dell’articolo 3.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 4 dell’articolo 3.
(E’ approvato)
All’articolo 3, comma 5 è stato presentato emendamento protocollo 4070 a firma del consigliere Borrello che così recita: “All’articolo 3, comma 5 dopo le parole <<Giunta regionale>> si aggiungono le parole <<e, previo parere della Commissione permanente competente>>”.
Lo vuole illustrare onorevole Borrello?
Presidente, vale la filosofia che abbiamo dettato prima, tant’è che chiede il rinvio alla Commissione per i 15 giorni…
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’emendamento 4070.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 5 dell’articolo 3.
(Interruzione)
Presidente, chiedo scusa, è stato approvato l’emendamento Borrello?
PRESIDENTE
Sì, con un sub-emendamento che prevede sempre un tempo di 15 giorni…
Va bene, grazie.
PRESIDENTE
Vi sono altri emendamenti all’articolo 3 che però sono decaduti.
Pongo, pertanto, in votazione l’articolo 3 nel suo complesso per come emendato.
(E’ approvato)
All’articolo 4, comma 1, è stato proposto emendamento protocollo 4109 a firma dei consiglieri Lucà e Serra che però è ritirato.
Sempre all’articolo 4, comma 1, è stato proposto emendamento protocollo 4056 a firma Stancato che così recita: “Alla fine aggiungere <<in coerenza con i pagamenti delle Asp>>”.
Prego, onorevole Stancato, ha facoltà di intervenire.
Presidente, su questa cosa
abbiamo discusso molto in sede di Commissione.
In effetti abbiamo dato in questo comma dei correttivi, delle interpretazioni
che usualmente non ci sono mai state nella legislazione della Regione Calabria,
perché abbiamo avuto come punto di riferimento il fatto di proteggere gli
operatori, in maniera tale da garantire a questi stessi operatori una
tranquillità dal punto di vista economico-finanziario nel momento in cui
prestano la loro opera.
Poi però non vorremmo cadere nell’esatto opposto perché
se in effetti noi andiamo a sospendere l’autorizzazione nel momento in cui non
si dovesse verificare l’erogazione degli stipendi, questa sospensione viene a
determinarsi perché mancano i pagamenti delle Asp al datore di lavoro. In
questo caso, chiaramente, faremmo un danno ai lavoratori perché li metteremmo
fuori dal circuito lavorativo.
A mio parere sarebbe opportuno che alla fine del comma si aggiungesse “in coerenza con i pagamenti delle Asp” così salvaguardiamo tutti.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Battaglia. Ne ha facoltà.
Ora già nel testo c’è un riferimento alla necessità che la
Regione e le Asp rispettino gli obblighi e gli adempimenti economici. Spingere
il testo oltre, mi fa pensare che invece di apportare un beneficio rischieremmo
di incrociare i pagamenti delle Asp con i pagamenti dei lavoratori e giustificare – di fatto – il mancato pagamento ai
lavoratori degli stipendi.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Galati. Ne ha facoltà.
Su questo emendamento, Presidente, in Commissione abbiamo discusso per circa 2 ore e siamo arrivati alla determinazione, alla unanimità, di stabilire quello che è nel testo del disegno di legge. Ora si torna sopra un’altra volta per difendere ad oltranza quelle che sono le richieste delle case di cura private.
Credo che così come è stato riportato il testo nel disegno di legge e concordato
anche con l’onorevole La Rupa, si possa andare
avanti…, anzi siamo andati oltre - onorevole Adamo,
lei lo sa benissimo – a quello che io avevo chiesto con l’emendamento. Credo che possa
restare così perché non si può ad un certo momento vanificare quello che noi
abbiamo detto subordinando il pagamento ai lavoratori
se c’è stato il pagamento da parte della Regione nei confronti delle strutture
private.
Questo non è assolutamente
possibile.
Presidenza del Vicepresidente Antonio Borrello
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole La Rupa. Ne ha facoltà.
Presidente, in parte sono d’accordo col collega Galati quando dice che su questo punto abbiamo discusso due ore e mezza con l’approvazione di un testo passato poi alla unanimità. Però non è stato trascritto secondo la volontà dei consiglieri di maggioranza e di opposizione che hanno votato alla unanimità. C’è un errore di battitura e mi spiego.
Dopo la parola “resta” innanzitutto va tolto il punto e va messa la virgola perché diversamente sono due cose distinte e separate.
Quindi dopo le parole “dell’importo contrattuale” si deve mettere la virgola al posto del punto e si deve sostituire la parola “resta” con “fatto” perché resta non significa nulla, non è un italiano perfetto.
Quindi lì va inserito “fatto salvo il rispetto dei termini ecc..” e va messa la virgola.
Su questo c’è proprio un mio sub-emendamento protocollo
4130 presentato regolarmente nel blocco che così recita: “All’articolo 4, comma
1, dopo le parole <<dell’importo contrattuale>> mettere una virgola al posto del punto e sostituire la parola
<<resta>> con la parola <<fatto>>.
Questo emendamento è a conoscenza sia del relatore, che
dell’assessore, che della Presidenza. Noi avevamo concordato questa dicitura
esatta, possiamo sbobinare quello che abbiamo detto, ma la dicitura è scritta
male qua.
Sono d’accordo con quello che dice l’onorevole
La Rupa, ritiro il mio emendamento se viene integrato quello dell’amico La
Rupa.
Guardate, vi ricordo un particolare. Addirittura l’onorevole Adamo, grande mediatore, si era inventato il “punto e virgola”. Capito, Galati? Ti ricordi che ha fatto?
Onorevole Aiello, ricorda che il consigliere Adamo per mediare si era addirittura inventato il “punto e virgola”?
PRESIDENTE
Non colloquiamo, però, tra singoli consiglieri perché altrimenti…
La parola al relatore, andiamo con ordine.
Chiedo scusa, per quanto risulta al Presidente della Commissione, in questo caso anche relatore, il refuso di cui parla l’onorevole La Rupa ci risulta per intero. La conclusione semplicissima è che il parere del relatore è positivo per il sub-emendamento e quindi per la correzione perché questo è.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Adamo. Ne ha facoltà.
Intervengo solo per lealtà istituzionale perché - poi si può fare
un riscontro – in effetti è così. Come ha detto il relatore e come ricordavano
i colleghi Stancato e La Rupa.
Per amore di precisione debbo dire che su questo punto
c’è stata una lunga discussione ed alla fine poi si è votato in questo caso non
alla unanimità ma a maggioranza di tutti tranne il parere contrario di Galati
che si è opposto – lo ricordava La Rupa – persino al “punto e virgola” perché
Galati sosteneva il punto invece alla fine poi la votazione fu fatta sulla
“virgola” con il “fatto salvo”.
PRESIDENTE
Mi pare di aver capito…
Presidente, su questo punto dobbiamo fare chiarezza…
PRESIDENTE
Le chiedo scusa, onorevole Galati…
Francesco GALATI
Posso parlare?
PRESIDENTE
Un attimo solo, onorevole Galati, dopo aver precisato questo. Sugli emendamenti c’è la discussione generale e poi c’è la votazione, non è che si possono fare repliche sulla discussione. Non so se rendo l’idea.
(Interruzione)
Io parlo per il prosieguo della discussione, in questo momento ha chiesto di parlare e ne ha facoltà. Ma per il futuro, se presiedo io non è possibile fare così. Grazie.
Presidente, se vengono
dette cose diverse da quello che è stato registrato in Commissione,
io lo devo dire. Anche se viene dopo, che dico “no, ha ragione La Rupa?”Nel
modo più assoluto. L’unica cose dove ha ragione La
Rupa è questa: invece del “punto” c’era il “punto e virgola”. L’altro lo
possiamo andare a sbobinare e vedere come è stato approvato in Commissione.
E’ vero che il Consiglio è sovrano
ma l’unica cosa è il “punto e virgola”.
(Interruzione)
No, non è questo, vuole altro.
Presidente, io ho presentato…
PRESIDENTE
Chiedo scusa, perdonatemi colleghi, cortesemente, onorevole La Rupa, la prego. Ha finito il suo intervento, onorevole Galati?
Ho finito dicendo che è possibile approvare l’emendamento nel senso che dopo “l’importo contrattuale” vada messo un “punto e virgola” anziché un “punto”.
PRESIDENTE
Allora abbiamo capito. Ci sono altri interventi? Prego, onorevole Stancato.
Presidente, io mi rendo conto che la questione è, invero, molto delicata perché bisogna trovare un punto di equilibrio in maniera tale da non danneggiare né l’una né l’altra parte perché onestamente è difficile.
Ritengo che la soluzione migliore in questo momento sia quella di affidarci ad un coordinamento formale che trovi la giusta misura per dare la possibilità di avere un testo che possa garantire tutti.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Pasquale Tripodi. Ne ha facoltà.
Se ho capito bene, Presidente, il consigliere Stancato è disposto a ritirare l’emendamento se al posto del “punto e virgola” restano le parole “salvo ecc.”. Ritengo che su questa impostazione possiamo essere perfettamente d’accordo.
Allora, Presidente, se l’onorevole Stancato ritira l’emendamento, siamo d’accordo se al posto del “punto” venga inserito il “punto e virgola”. Ok? Va bene.
Come viene, scusa?
Lo leggo tutto per evitare che ci siano confusioni.
“La mancata o non corretta applicazione dei contratti di categoria comporta la sospensione dei contratti di cui all’articolo 9 della presente legge per non oltre due mesi. La mancata corresponsione nei modi e nei termini di legge degli stipendi al personale in servizio comporta l’applicazione di sanzione pecuniaria correlata al tempo dell’inadempienza fino ad un massimo di due dodicesimi dell’importo contrattuale” virgola “, resta salvo il rispetto dei termini contrattuali tra l’utenza sanitaria e gli utenti privati”. Va bene così?
(Interruzione)
“Fatto salvo”? non ci sono problemi.
Presidenza del Presidente Giuseppe Bova
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Adamo. Ne ha facoltà.
Intervengo, Presidente, perché non ho nulla da obiettare anzi sono d’accordo con la proposta che vede l’intesa sia di La Rupa che di Tripodi e quindi va bene.
Intervengo, però, per fare un commento su questo articolo perché questo è uno dei punti più qualificanti della legge. Vorrei che il collega Tripodi ascoltasse.
Questo è un articolo messo a tutela dei diritti dei lavoratori dipendenti e consta di due parti: il rispetto
dei contratti e poi – il comma specifico che stiamo discutendo – la
corresponsione degli stipendi.
Sul rispetto dei contratti non ci
sono le clausole potenzialmente di dissolvenza, è secco.
Sulla corresponsione degli stipendi, questa discussione
sulla virgola non è stata accademica. E’ significativa con l’aggiunta che fa il
collega La Rupa, perché si cerca di avere una norma che tuteli i lavoratori
innanzitutto ma anche che possa evitare interpretazioni distorte a svantaggio
delle aziende in alcuni specifici casi.
Succede che il Governo trasferisce le risorse con
ritardo. Succede che ritardo viene ancora accumulato da parte della Giunta
regionale e poi altro ritardo si accumula presso le aziende.
Può succedere – come è successo in alcuni momenti – che
per la corresponsione di risorse finanziarie dovute sulla base degli accordi
contratti, perché in questa legge si parla di accordi contratti, si accumula la
mancata corresponsione delle risorse alle aziende per otto-dieci mesi o un
anno.
E’ chiaro che in quel caso ci può essere anche una
particolare condizione dell’azienda che sostanzialmente, pur avendo maturato e che
poi incassa con interessi legali , non è in grado di sopportare il peso ecc.
Quindi si vuole evitare di applicare il sistema
sanzionatorio.
Siccome prevediamo anche le sanzioni, quindi la
sospensione, la decadenza e tutte le cose che abbiamo detto, si vuole evitare
di cadere in un eccesso.
Allora mettendo la virgola adesso, a mio avviso- comprendo la battaglia che ha fatto Galati e
che va apprezzata-, non si sta depotenziando la norma – questo deve essere
chiaro – , ma si evita un eccesso che potrebbe mettere in difficoltà sia i
lavoratori che le aziende per responsabilità di altri che sono della Regione,
del Governo e delle aziende sanitarie, solo per questo.
Quindi la “virgola” tutela la norma, il significato e lo scopo della norma. Non è una virgola beffa, ecco è questo il punto.
Chiedo di parlare, Presidente perché avverto l’esigenza di un chiarimento per la discussione che c’è stata su un punto, anche perché questa proposta non faceva parte della proposta presentata dalla Giunta regionale. Si tratta quindi di una innovazione che viene proposta in sede di Commissione e di Consiglio, ovviamente legittima.
Personalmente avverto l’esigenza di chiarezza sul
punto anche perché si è introdotto – ne parlava adesso l’onorevole
Adamo – un elemento molto serio nella discussione nel tentativo di
costruire una sorta di rapporto tra le competenze ed i contratti di lavoro spettanti, i diritti del personale e dei lavoratori delle strutture private, con il collegamento
sui trasferimenti delle competenze da parte delle Asp e quindi dalla Regione.
Allora da questo punto di vista c’è un elemento che
nella discussione si era introdotto. Mi sembra sia stato chiarito. C’è un punto
che mi sembra ancora necessario dirimere definitivamente perché avverto la
necessità di dire con chiarezza che una cosa sono i contratti, l’attuazione dei
contratti, dei diritti dei lavoratori: medici, paramedici, personale che opera
e lavora nelle cliniche e nelle strutture accreditate private, altra cosa sono
le competenze che trasferiscono gli enti pubblici, l’Asp e la Regione.
Non c’è alcuna possibilità di determinare un
collegamento perché questo metterebbe sotto gioco e sotto ricatto e renderebbe
complementari i diritti, di carattere universale tra l’altro. Né credo
qualsiasi norma di legge regionale potrebbe determinare un elemento di questa
natura.
Vorrei essere tranquillo, caro Presidente, su questo
punto perché nel momento in cui si vota un emendamento di questa natura, mi
deve essere data la massima garanzia che c’è una separazione netta, non c’è
nessun rapporto, nessun legame tra questi due elementi.
Comunque la struttura, il responsabile, chi ha la
titolarità ha il dovere di garantire gli emolumenti, l’attuazione del contratto
a prescindere da tutto il resto.
Siccome ad un certo punto si è detto mettiamo “fermo
restando”, facciamo così, vorrei capire questo “fermo restando”, questa
incidentale cosa rappresenta e come dobbiamo interpretarla per essere nella
massima chiarezza ed onestà perché se c’è qualsiasi ombra di collegamento o di
legami, io voto contro e lo dico per la chiarezza con l’Aula.
Chiedo scusa al collega Tripodi, nella mia responsabilità dichiaro a quest’Aula che l’andamento dei lavori-non su questo punto, sta diventando un’abitudine generale- richiede e comporta una responsabilità da parte di tutti i banchi, da parte della opposizione, da parte della maggioranza e anche dalla parte dei banchi del Governo perché altrimenti non ci siamo più, cari colleghi.
Il testo è chiaro, basta leggerlo. C’è stato un commento fatto non a caso dopo che si stava votando per introdurre da parte della Giunta questo dubbio, mette in discussione la validità dell’articolo.
Abbiamo detto che si tratta non di dissolvere la norma o di
depotenziarla, ma di non cadere nell’eccesso che per ritardi e responsabilità del Governo,
delle Regioni che paga con discrezionalità dei dirigenti e dei dirigenti
delle Asl e anche delle aziende sanitarie ci troviamo in condizioni che non solo
non si rispetta il contratto ma poi attraverso il contenzioso – ancor più
quando non si fanno gli accordi, i contratti all’inizio dell’anno – si finisce
per pagare all’azienda tre volte in più di quel che merita e si mette il
lavoratore in condizione di fare la fame.
Se vogliamo difendere il lavoratore, dobbiamo difendere
l’una e l’altra cosa e la norma è chiara. Basta leggerla senza bisogno di
introdurre altri elementi perché qui non ci si divide tra chi difende i
lavoratori e l’azienda.
Questa norma è stata proposta per difendere i lavoratori
e l’hanno proposta questi banchi, non il Governo. Perché non è arrivata dal
Governo questa norma.
Siamo d’accordo, andiamo a votare.
Con questo non c’è bisogno, in quest’Aula capiamo da sempre
che le prerogative dei lavoratori sono fondamentali
così come lavoratori che dipendono dalle aziende… le aziende o sono sane e
hanno rispettato i loro requisiti o altrimenti non siamo in grado di
resuscitare i morti.
Quindi manteniamo un equilibrio, è normale. Ho capito
che si tenta di fare in modo che ciascuno faccia nei tempi giusti il proprio
dovere a partire dalle funzioni che noi rappresentiamo perché anche lì c’è un
punto.
Chiarito questo non credo che dobbiamo… l’interpretazione
autentica è evidente. E’ evidente che si vogliono introdurre norme non solo
trasparenti ma chiare in tutti i passaggi.
A questo punto mi pare che il sub-emendamento così come
proposto ed emendato lo possiamo votare…
Quale sub-emendamento, Presidente? L’ha ritirato il subemendamento l’onorevole Stancato.
(Interruzione)
PRESIDENTE
La Rupa…
La Rupa, quello del “punto e virgola”?
PRESIDENTE
Sì, quello, di quello parlavamo, dell’emendamento 4130.
Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 4.
(E’ approvato)
Al comma 2 dell’articolo 4 è stato presentato emendamento protocollo 4125 a firma Adamo che così recita: “Prima delle parole <<per le sole strutture…>> inserire <<al fine del mantenimento dei requisiti>>. Successivamente dopo le parole <<su una sola area disciplina>> aggiungere <<equipollenti e affini>>”.
L’emendamento si illustra da sé.
Chiedo scusa, ma tutte queste cose le ho apprese in Commissione.
Su questo punto precisiamo che l’emendamento è stato fatto per evitare che si scambi il significato della norma. Noi non diamo, riconosciamo titoli di specialistica, che riconoscono ben altri istituti, ma c’è l’analogia con la legge nazionale per quanto riguarda il settore pubblico e anche il settore privato. Va bene quindi per come è stato formulato.
Solo che probabilmente ai fini di evitare di incappare in qualche situazione di interpretazione, in sede di coordinamento formale laddove si dice “su una sola area/disciplina” bisogna aggiungere “equipollenti o affini” perché altrimenti la norma potrebbe non essere risolutoria del problema.
Posso, Presidente? Onorevole Adamo, abbiamo discusso in Commissione su questo comma. Lei stesso ha fatto pubblica ammenda che la opposizione in sede di discussione di bilancio aveva già proposto questo emendamento, respinto dalla maggioranza e lei in modo molto sincero ne ha preso atto – noi abbiamo apprezzato – però adesso non capisco il problema di “equipollenze ed affinità”.
Mi spiego meglio. Questi sanitari
che sarebbero stati in servizio per più di cinque anni nelle strutture,
comunque assumono una esperienza e quindi una specializzazione, chiamiamola così.
L’equipollenza e l’affinità si
riferisce al lavoro svolto o alla specializzazione che vanno a ricoprire poi?
Non lo capisco.
(Interruzione)
Ma per sommare i cinque anni…
(Interruzione)
Va bene, grazie.
PRESIDENTE
Aiello ha capito e condivide pure
a questo punto.
Prego, onorevole Tripodi.
Bisogna specificare qua. All’interno della stessa area funzionale parliamo…
(Interruzione)
Non parliamo di disciplina ma di area funzionale, Pietro, poi si potrebbe intendere una diversificazione di quella che è anche l’attività all’interno del…
Se questi che hanno lavorato più di cinque anni non li aiutiamo, li danneggiamo…
Assolutamente, è per aiutarli che dobbiamo fare questa specificazione.
PRESIDENTE
A questo punto i parerei del relatore della Giunta sono favorevoli.
Pertanto pongo in votazione l’emendamento 4125.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 4 per come emendato.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 3 dell’articolo 4.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 4 dell’articolo 4.
(E’ approvato)
Pongo in votazione l’articolo 4 per come emendato.
(E’ approvato)
E’ stato presentato emendamento 4 bis, 4 ter, 4 quater e 4 quinquies, protocollo 4071 a firma del consigliere Borrello che così recita: “Dopo l’articolo 4 si aggiungono i seguenti articoli:
4 bis – Organizzazione. “Le strutture sanitarie private che erogano prestazioni con oneri a carico del Servizio sanitario regionale rispettano il modello organizzativo-funzionale in riferimento alle figure individuate ai successivi articoli 4 ter, 4 quater e 4 quinquies”.
4 ter – Legale rappresentante della struttura “1. Il legale
rappresentante della struttura è tenuto a comunicare tempestivamente al
dipartimento regionale della salute:
a) le variazioni del direttore
sanitario di cui al successivo articolo 4 ter;
b) il nominativo del medico che
sostituisce il direttore sanitario in caso di assenza o impedimento;
c) le sostituzioni e/o le
integrazioni del personale medico e non, operante nella struttura,;
d) le sostituzioni e/o
integrazioni delle attrezzature sanitarie;
e) tutte le variazioni e
trasformazioni intervenute nella natura giuridica e nella composizione della
società titolare della struttura, ivi compreso il cambio di titolarità della
struttura;
f) la temporanea sostituzione di una o più attività per
periodi superiori ad un mese e fino ad un anno prorogabile per motivate
esigenze, per un ulteriore anno;
g) la ripresa dell’attività sospesa ai sensi della
lettera f);
h) la definitiva cessazione dell’attività.
2. E’ inoltre tenuto a:
a) verificare l’assenza di incompatibilità ai sensi
della normativa vigente;
b) assicurare la presenza del direttore sanitario e del
restante personale medico e non, previsti dalla presente legge;
c) garantire, tramite il direttore sanitario,
l’attuazione degli adempimenti di cui all’articolo 4 quater”.
4 quater – Direttore sanitario. Requisiti e compiti “1.
Ogni struttura sanitaria deve avere un direttore sanitario.
2. Il direttore sanitario deve essere in possesso della
specializzazione in una delle discipline dell’area di sanità pubblica o in una
disciplina equipollente o deve aver svolto per almeno cinque anni attività di
direzione tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private.
3. Nelle strutture monospecialistiche, sia ambulatori
che di ricovero in fase post-acuta, le funzioni del direttore sanitario possono
essere svolte anche da un medico in possesso della specializzazione nella
disciplina cui afferiscono le prestazioni svolte o in disciplina equipollente.
4. Negli ambulatori che svolgono esclusivamente attività
di medicina di laboratorio, le funzioni del direttore sanitario possono essere
volte, per quanto di competenza, anche da un direttore tecnico in possesso di
laurea specialistica in biologia o chimica o equipollenti, purché specializzato
o in possesso di almeno 5 anni di anzianità nell’attività di direzione
tecnico-sanitaria in enti o strutture sanitarie pubbliche o private.
5. Per lo svolgimento delle funzioni di direttore
sanitario deve essere garantito un orario congruo rispetto alle specifiche
tipologie ed attività del presidio, comunque non inferiore alle dodici ore
settimanali per i presidi ambulatoriali ed alle diciotto ore settimanali per i
presidi di ricovero.
6. La funzione di direttore sanitario è incompatibile
con la qualità di proprietario, comproprietario, socio o azionista della
società che gestisce la struttura sanitaria.
7. La disposizione del comma precedente non si applica
alle strutture ambulatoriali monospecialistiche.
8. Il Direttore sanitario:
a) cura l’organizzazione tecnico-sanitaria della
struttura sotto il profilo igienico ed organizzativo;
b) cura l’applicazione del documento sulla
organizzazione e sul funzionamento della struttura proponendo le eventuali
variazioni;
c) controlla la regolare tenuta e l’aggiornamento di
apposito registro contenente i dati anagrafici e gli estremi dei titoli
professionali del persone addetto all’attività sanitaria;
d) controlla il regolare svolgimento dell’attività;
e) vigila sul comportamento del personale addetto ai
servizi sanitari proponendo, se del caso, al legale rappresentante i
provvedimenti disciplinari;
f) cura la tenuta dell’archivio sanitario (cartelle
cliniche, schede cliniche ambulatoriali e la relativa conservazione);
g) propone al legale rappresentante, di intesa con i
medici responsabili, l’acquisto di apparecchi, attrezzature ed arredi sanitarie
ed esprime il proprio parere su eventuali trasformazioni edilizie della
struttura;
h) rilascia agli aventi diritto copia delle cartelle
cliniche ed ogni altra certificazione sanitaria riguardante l’assistito e, in
caso di attività ambulatoriale, copia delle eventuali certificazioni sanitarie
riguardanti le prestazioni eseguite;
i) vigila sulle condizioni igienico-sanitarie.
9. In caso di attività di ricovero il direttore
sanitario ha inoltre le seguenti attribuzioni:
a) controlla la regolare tenuta del registro di carico e
scarico delle sostanze stupefacenti o psicotrope in conformità a quanto
disposto dalla normativa vigente;
b) cura l’organizzazione dei turni di guardia e di
reperibilità del personale medico;
c) vigila sulla gestione del servizio farmaceutico e
sulla scorta dei medicinali e prodotti
terapeutici sulle provviste alimentari e sulle altre provviste
necessarie per il corretto funzionamento della struttura;
d) è responsabile per la farmacovigilanza;
e) cura l’osservanza delle disposizioni concernenti la
polizia mortuaria;
f) impartisce disposizioni perché nella ipotesi di
cessazione dell’attività della struttura, le cartelle cliniche siano consegnate
al servizio di medicina legale dell’azienda competente per territorio”.
Art. 4 quinques – Titolare dello studio professionale
“1. Il titolare dello studio professionale è tenuto a comunicare
tempestivamente al dipartimento salute:
a)
ogni variazione che intervenga rispetto a quanto
dichiarato al fine del conseguimento dell’autorizzazione o della dichiarazione
di inizio attività;
b)
la temporanea sospensione dell’attività dello studio per
periodi superiori ai sei mesi;
c)
la definitiva cessazione dell’attività.
2. Il titolare dello studio professionale è inoltre
tenuto a curare l’organizzazione tecnico-sanitaria dello studio sotto il
profilo igienico ed organizzativo.
3. Gli studi professionali associati, oltre a quanto
previsto ai commi 1 e 2, comunicano tempestivamente ogni variazione intervenuta
nella composizione dell’associazione”.
L’onorevole Borrello, ha facoltà di illustrare
l’emendamento.
Presidente, si illustrano
da sé gli emendamenti in quanto riferiti ad una attività organizzativa
funzionale per quanto riguarda le strutture sanitarie private che operano in regime di contrattualizzazione
col Sistema sanitario regionale. Quindi disciplinano le varie responsabilità,
funzioni e competenze del legale rappresentante della struttura per quanto
riguarda l’articolo 4 ter, il direttore sanitario per quanto riguarda
l’articolo 4 quater e il titolare dello studio professionale il 4 quinques.
E’ soltanto una disciplina dei compiti e delle funzioni
di ognuno. Grazie.
PRESIDENTE
Parere del relatore e della Giunta? Favorevoli.
Posso, Presidente?
PRESIDENTE
Ne ha facoltà.
Prendo atto che dopo due giorni il parere del Presidente della Commissione, relatore oggi, e dell’assessore è cambiato. Prendo atto che è cambiato.
Mi pare di ricordare – vorrei il conforto del relatore – che l’assessore ed il Presidente Giamborino erano contrari a questo emendamento, onorevole Borrello, con una specificazione che abbiamo apprezzato.
Nulla contro l’onorevole Borrello che dice cose corrette, ma volevo rimarcare un semplice fatto e mi meraviglio che l’assessore che sa queste cose abbia cambiato idea. Non è per la semplice aggiunta del 4 bis ma per essere precisi, solo per questo.
Le funzioni del direttore sanitario nel caso specifico, Totò, sono previste nel “502” per il pubblico, però le strutture accreditate diventano pubbliche in quanto hanno a che fare col sistema pubblico. Quindi le funzioni di un direttore sanitario non cambiano.
(Interruzione)
Va bene, io esprimo il parere sfavorevole. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Borrello. Ne ha facoltà.
Certamente non faccio l’avvocato di nessuno ma volevo precisare che è vero, io avevo presentato in Commissione questo emendamento. L’assessore, collega Aiello, e il Presidente della Commissione non hanno mai espresso parere contrario, ma hanno solo detto che avrebbero ripreso tutta la partita che condividevano – se non ricordo male – in sede regolamentare perché il tutto sarebbe contenuto nel “502”.
Ho avuto l’amabilità e la pazienza - egregio ex assessore alla sanità, Aiello – di leggere per intero il “502” e le assicuro che questa disciplina nel “502” non c’è, ecco perché mi sono riproposto con gli emendamenti…
Siccome, tra l’altro, non incide su niente rispetto alla struttura, volevo solo precisare questo: che purtroppo il “502” per lei e per l’assessore, se me lo consente, non prevede questo tipo di regolamentazione. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Galati. Ne ha facoltà.
Presidente, su questo punto in Commissione si era stabilito di rinviare all’attività regolamentare della Giunta perché è così. Noi stiamo facendo da quello che mi sembra una reformatio in peius del disegno di legge. Volere in questa sede stabilire quali sono le funzioni che deve svolgere il direttore sanitario, i compiti e così via, credo che non si addica proprio alla legge stessa per quello che la legge vuole ad un certo momento rappresentare.
Che cosa fa il regolamento? E’ proprio una attività del regolamento questa. Su questo punto sia l’assessore che il Presidente della Commissione erano stati d’accordo, l’avevamo rinviato al regolamento.
D’altra parte poiché i regolamenti, onorevole Borrello, adesso devono venire in Commissione, a maggior ragione possiamo rinviare questa attività regolamentare senza riempire questa legge fatta di dieci articoli con tutta questa pappardella di dire quali sono le funzioni del direttore e così via.
Io credo che non sia il posto e il luogo, è una questione di logica della legge stessa. Sarebbe opportuno, quindi, onorevole assessore e Presidente e onorevole Presidente della Commissione, che si ritornasse alla dizione di prima. Cioè rinviare ai regolamenti questa attività perché i regolamenti, fra l’altro, devono tornare in Commissione.
Prima potevo anche capirlo, onorevole Borrello, ma dato che devono ritornare in Commissione, possiamo vederli dopo.
Signor Presidente, l’occasione è buona perché mi dà la possibilità di approfondire un attimino la cultura del principio. Più vado avanti e più mi convinco che il legislatore non si deve porre a mo’ di giudice di processo.
Lo abbiamo dimostrato poco fa quando il collega Pacenza ha ingenerato dubbi che alla fine si sono dimostrati assai validi per portare in porto un testo di legge migliore.
Io sono abituato a ragionare alla luce del buonsenso e sono
talmente “presuntuoso” che sento il bisogno di affermare che nella vita - indipendentemente
che sono e resto fermo nelle affermazioni che ha fatto il collega Borrello – ,
quando mi si convince che le ragioni degli altri sono positive, le accolgo e
mai come in questa occasione di una legge che ha avuto un travaglio assai
difficile, nel senso che il Governo regionale ha licenziato un testo sul quale
la Commissione, anche per merito dell’onorevole Galati e per merito
dell’onorevole Aiello, ha discusso inviandolo a quest’Aula assolutamente
migliorato e questo è emerso dalla volontà dei più.
Non mi va – intervengo semplicemente per questo –,
perché non mi va di passare per quello che assolutamente non sono.
Allora, vedete, il giurista, se noi ci poniamo a mo’ di
processo spesso si autoimbriglia e non è il nostro caso. Dobbiamo usare
assolutamente buon senso, dobbiamo lavorare come stiamo facendo su questo testo
ed è mia convinzione che alla fine tutto sarà in favore della chiarezza e della
trasparenza.
Tutto quello che serve e tutti i contributi, non abbiamo
fatto nessuna questione di burocrazia. Il sub-emendamento in Aula… insomma ci
stiamo confrontando a 360 gradi e ringrazio il collega Galati perché da sempre
considero – questa è la mia cultura ed è anche l’ultima affermazione di
principio – ed ho considerato l’opposizione il sale della democrazia.
PRESIDENTE
La parola all’assessore.
Grazie, Presidente, ricordava l’onorevole Borrello che nel mio intervento in Commissione ho detto in risposta al suo intervento, a sostegno di questo emendamento, che gli davo compiuta certezza che queste stesse disposizioni le avremmo inserite nell’ambito del regolamento.
Dico questo non per sminuire la portata dell’emendamento ma per dire una cosa: che il criterio che deve guidare le valutazioni è quello del miglioramento o del peggioramento sostanziale della impostazione e di un testo, nella sua articolazione, nelle sue fattispecie, nelle condizioni, nelle sue clausole, nelle sue ipotesi.
Ritengo – come ho ritenuto l’altro giorno in Commissione – che queste disposizioni siano comunque un miglioramento della politica di riforma che abbiamo inaugurato.
Ora l’unico problema può essere – ma è remoto, astratto e non mi sembra che sia questo un discrimine utile –quello della sistematicità formale delle fonti giuridiche ma è, ripeto, un problema solo teorico, accademico, formale e virtuale.
Rimane la sostanza, così come ho detto in Commissione e ripeto anche qui, che sono favorevole alla sostanza di questa norma.
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’emendamento 4071.
(E’ approvato)
Poi naturalmente ci sarà il coordinamento formale.
All’articolo 5 è stato proposto un subemendamento a firma del consigliere
Adamo protocollo 4109, questo ha lo stesso numero di protocollo
dell’emendamento Lucà e Serra che così recita: “A seguito di trasferimento in
qualsiasi forma, della proprietà della struttura o della concessione in godimento
della struttura stessa ad un soggetto diverso da quello autorizzato,
l’autorizzazione all’esercizio può essere ceduta previo assenso del
dipartimento regionale tutela della salute e politiche e, per le strutture
sociosanitarie l’assenso del dipartimento regionale delle politiche sociali, a
seguito di verifica della permanenza dei requisiti.
In caso di decesso della persona fisica autorizzata, gli
eredi hanno facoltà di continuare l’esercizio dell’attività per un periodo non
superiore ad un anno dal decesso. Entro tale periodo gli eredi stessi possono
cedere a terzi l’autorizzazione all’esercizio, nel rispetto di quanto previsto
al comma 1.
L’autorizzazione all’esercizio decade nei seguenti casi:
esercizio di una attività sanitaria o socio-sanitaria
diversa da quella autorizzata;
estinzione della persona giuridica autorizzata, fatto
salvo quanto previsto dal comma 1;
rinuncia del soggetto autorizzato;
provvedimenti definitivi sanzionatori dell’autorità
giuridiaria;
cessione della autorizzazione all’esercizio in mancanza
dell’assenso regionale di cui al comma 2 ovvero dell’inutile decorso del
periodo di cui al comma 2;
mancato inizio dell’attività entro il termine di sei
mesi dal rilascio dell’autorizzazione all’esercizio, prorogabile una sola volta
per gravi motivi rappresentati dal titolare”.
Il subemendamento a firma Adamo recita: “Le disposizioni
di cui all’art. 3, comma 1, della legge regionale n. 2/2005 continuano a
trovare applicazione per le strutture ambulatoriali private autorizzate e/o
accreditate alla data di entrata in vigore della L.R. 35/2002”.
Prego, onorevole Adamo.
Quando si è aperta la discussione – immagino che il collega Serra in coerenza con quanto abbia fatto col primo emendamento ritiri pure questo – non si pensava che gli emendamenti venissero ritirati.
Io pensavo che si passasse alla approvazione, quindi lo utilizzo strumentalmente, diciamo, se l’Aula me lo concede e poi sentiamo il parere della Giunta.
Ai fini della riscrittura dell’articolo probabilmente è giusto, anzi certamente è giusto a mio avviso, che all’articolo 5, comma 1, si scriva testualmente una aggiunta che vi leggerò dal momento che abbiamo sia la legge 2 del 2005 che la legge 35 del 2002.
Se andate in coda al provvedimento
o vengono abrogate per intero o vengono abrogate per articoli. Come dicevamo
prima , questo testo di legge è una sorta di mini-testo unico.
Questo fatto comporta che ci sono
delle situazioni che, se non precisate con una sorta di interpretazione autentica, possono creare confusione e problemi nella
gestione. In particolare per quanto riguarda il dispositivo contenuto al comma
1 dell’articolo 3 della legge 2/2005 che è successiva alla legge regionale 35
del 2002 e riguarda sempre questa materia della cessione.
Io - da sottoporre anche alla vostra
valutazione ma soprattutto al coordinamento formale – aggiungerei dopo il punto
al primo comma il seguente testo: “Le disposizioni di cui all’art. 3, comma 1,
della legge regionale n. 2/2005 continuano a trovare applicazione per le
strutture ambulatoriali private autorizzate e/o accreditate alla data di
entrata in vigore della L.R. 35/2002”.
Cioè, noi non facciamo alcun provvedimento ma rispetto
alle norme finali che abrogano commi, articoli e leggi, tuteliamo il contenuto
di una norma che questa Regione già si è data ai fini di favorire questo
processo che poi attraverso anche il regolamento va a riorganizzarsi. Grazie.
Sono d’accordo col subemendamento.
PRESIDENTE
L’onorevole Serra è d’accordo con il sub-emendamento.
Parere del relatore e della Giunta? Favorevoli.
Lo vuole rileggere, onorevole Adamo?
All’articolo 5, comma 1, dopo il punto aggiungere: “Le disposizioni di cui all’art. 3, comma 1, della legge
regionale n. 2/2005 continuano a trovare applicazione per le strutture
ambulatoriali private autorizzate e/o accreditate alla data di entrata in
vigore della L.R. 35/2002”.
PRESIDENTE
Formalmente, l’onorevole Aiello ha capito dove viene
sistemato ma non intende il senso per come letto…
(Interruzione)
E’ finito, solo questo che è una precisazione. Perché
abrogando la legge 35 e molti articoli fra i quali anche gli articoli 3 e 4
della legge 2, questa è una precisazione che dà senso a quello che è scritto
prima. Una sorta di interpretazione autentica ai fini di evitare sbandamenti
di interpretazione equivoca. Ecco.
Se ho capito bene, quel che dice l’onorevole Adamo, è una delle leggi o gli articoli delle leggi che vedevano la proposta di abrogazione dal Governo regionale.
Infattim una delle leggi che il Governo regionale propone di abrogare all’articolo 11 è proprio l’articolo 3, 4, comma 2, articolo 7 comma 4, secondo capoverso della legge regionale 16 febbraio 2005 numero 2.
Allora qui dobbiamo capire se rispetto a quella impostazione ritiriamo anche l’abrogazione di questo articolo rispetto all’articolo 11 o no. Ricordo a me stesso, sicuramente non all’assessore o al relatore, che la non abrogazione di quegli articoli comporta poi una visione leggermente diversa di quella che è l’impostazione della legge.
Sono d’accordo sulla impostazione data dall’onorevole Adamo ma su questo punto vorrei sentire il parere del Governo.
PRESIDENTE
Deve fare una qualche precisazione, onorevole Adamo, alla luce dell’intervento dell’onorevole Tripodi?
Vorrei sottolineare il fatto che è solo il riconoscimento
del diritto e quindi il richiamo del riconoscimento del diritto ad una data di
applicazione della legge che viene abrogata. Poi si fa tutto sulla base di
questa nuova legge e sulla base del regolamento.
Se questo non lo mettiamo, lasciamo spazi…
Pasquale Maria TRIPODI
Io non sto proponendo nulla. Alla fine li rimandiamo a voi perché al testo di legge…
All’articolo 11 questo dico io….
All’articolo 11, siccome ci sono scritte queste…
Pasquale Maria TRIPODI
(Interruzione)
Rimangono quelli, è chiaro.
PRESIDENTE
Abbiamo impiegato un po’ di tempo, votiamo il sub-emendamento per come proposto dall’onorevole Adamo.
(E’ approvato)
Pongo in votazione per come modificato il comma 1 dell’articolo 5.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 5.
(E’ approvato)
Al comma 3 dell’articolo 5, lettera d) è stato proposto emendamento a firma del consigliere Battaglia, protocollo 4079 che così recita: “La lettera d), del comma 3, art. 5 viene soppressa e sostituita con la seguente riformulazione:
<<l’autorizzazione decade d’ufficio nei confronti di:
a) coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli articoli 416-bis e 416-ter del codice penale o per il delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 74 del testo unico approvato con decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 o per un delitto di cui all’art. 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il traffico di dette sostanze o per un delitto concernente la fabbricazione, l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, l’uso o il trasporto di armi, munizioni o materie esplodenti o per il delitto di favoreggiamento personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;
b) coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli artt. 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto dell’errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 316-ter (indebita percezioni di erogazioni a danno dello Stato), 317 (concussione), 318 (corruzione per un atto d’ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai dovere di ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale, 640 comma II (truffa aggravata), 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di erogazioni pubbliche);
c) coloro nei confronti dei quali sia stata applicata con decreto definitivo una misura di prevenzione personale o patrimoniale in quanto indiziati di appartenere ad una delle associazioni di cui all’articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni;
d) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva per un delitto commesso con abuso dei poteri o con violazione dei doveri inerenti ad una pubblica funzione o ad un pubblico servizio o per un delitto anche colposo commesso nell’esercizio dell’attività socio-sanitaria disciplinata dalla presente legge ovvero per un delitto inerente la violazione delle disposizioni per la sicurezza sul lavoro;
e) coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena che comporti l’interdizione temporanea e perpetua dai pubblici uffici ovvero l’incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.
La decadenza opera nei confronti
delle persone giuridiche nel caso di condanne definitive, intervenute nei
confronti di azionisti, titolari di quote, legale rappresentante della società
e/o amministratori>>”.
L’onorevole Battaglia, ha facoltà
di intervenire.
Grazie, Presidente, con questo
emendamento si chiede la eliminazione della dizione “provvedimenti definitivi
sanzionatori dell’autorità giudiziaria” perché è una dizione che si presta a
diverse interpretazioni, tra l’altro contrastanti tra esse.
Quindi noi ci potremmo trovare ad
avere un funzionario o un dirigente che, addirittura, vada a far decadere le
autorizzazioni in virtù di una sanzione amministrativa e non ad esempio in
presenza di una sentenza penale di condanna.
Rispetto a questo ho tentato di
fare uno sforzo sistematico per prevedere la decadenza dell’autorizzazione d’ufficio nei confronti di una serie di soggetti che
riportano una condanna penale definitiva, a fronte di una serie di reati,
partendo dal 416 bis, passando dall’associazione per lo spaccio di sostanze
stupefacenti, arrivando anche a tutta una serie di reati legati all’attività
amministrativa, nonché a tutti quei reati per i quali è prevista una sanzione
di incapacità a contrarre con la pubblica
amministrazione, nonché la possibilità di essere anche dichiarati
decaduti per una sola ipotesi di reato colposo che è quella concernente una
attività nell’esercizio della funzione socio-sanitaria e quindi nell’esercizio
della funzione per la quale c’è stata l’autorizzazione da parte della Regione.
Il comma chiude anche eventuali
omissioni di reati gravi allorquando dichiara la decadenza anche di soggetti che hanno
avuto l’interdizione temporanea o perpetua dei pubblici uffici perché in questi
casi ci troviamo di fronte a delle pene superiori ai tre anni e quindi ad una
serie di ipotesi che creano un grave allarme sociale.
Inoltre, nel comma che andiamo sostituire c’era anche un
vuoto nel senso che non si capiva a chi e come applicarlo.
E’ previsto allora che la decadenza decorre nei
confronti delle persone giuridiche perché è facile applicare la decadenza alle
persone fisiche nel caso di condanne definitive intervenute nei confronti di
azioni titolari di quote, rappresentanti legali o amministratori.
Cioè noi introduciamo una norma che va a classificare
una serie di reati rispetto ai quali c’è una sentenza di condanna definitiva ed
è un provvedimento che colpisce anche le persone giuridiche perché diamo anche
un segnale e lo diciamo prima alle varie società che operano nel settore.
Queste società hanno la possibilità di
adeguare i loro statuti in presenza di
azionisti o di titolari di quote che hanno o potrebbero avere queste difficoltà.
Quindi, siccome ci troviamo in presenza di sentenze
definitive, l’eventuale decadenza non può essere prorogata perché conoscendo i
gradi di giudizio ed i tempi della giustizia italiana già è possibile per una
società emarginare o sostituire un socio o un amministratore fin dalla sentenza
di primo grado.
Un’ultima cosa voglio dire. L’emendamento così come è
stato formulato è abbastanza lungo e potrebbe rischiare di appesantire il
testo.
C’è stata una esigenza, quella non solo di indicare gli
articoli del codice penale ma per una maggiore chiarezza di individuare il
titolo, per avere una comprensione, tutti noi, di quello che andiamo a votare.
Se dovesse passare questo emendamento, in sede di
coordinamento formale basta indicare gli articoli.
Faccio un esempio, quando dico l’articolo 307 dove è
scritto “concussione” si può eliminare perché il 307 già sappiamo che è la
concussione così la corruzione, così il “416 bis” ecc.
Quindi è un tentativo il mio di dare ordine e certezza a
quella che è la decadenza, per evitare che alla fine potremmo trovarci un comma
che dice tutto e non dice niente, come Peppino e Totò nei film che vediamo
spesso.
Ritengo quindi che non è un comma che vada a penalizzare
nessuno, ma è un comma che dia certezze a tutti, impedendo qualsiasi
discrezione e introducendo un elemento qualificante rispetto ad un esercizio
dell’attività socio-sanitaria che avviene attraverso una autorizzazione che un
ente dà e rispetto a questa autorizzazione vi è la necessità che i soggetti che
sono autorizzati abbiano un minimo di requisiti, anche di onorabilità come
avviene in tutte le società.
Presidenza del Vicepresidente Antonio Borrello
Presidente, posso?
PRESIDENTE
Prego, onorevole Aiello.
Onorevole Battaglia, volevo chiederle: tutto quello che lei ha detto, tutti gli articoli che lei ha citato sono previsti nella norma nazionale, nella legge di procedura penale, credo.
Se noi provvedessimo a togliere del tutto questo punto perché poi si rifà ad una legge nazionale, come?
(Interruzione)
Non si applicherebbe? Perché?
Io intanto sono partito da un comma che ci ritroviamo nella legge stasera e che in Commissione abbiamo sottovalutato, probabilmente.
Se dovesse passare la legge così com’è, ci ritroviamo il comma di cui chiedo la sostituzione che esattamente recita “decade l’autorizzazione in presenza di provvedimenti definitivi e sanzionatori dell’autorità giudiziaria”.
Questo comma, allora, odice niente o dice tutto. Io non capisco cosa dice questo comma. Quindi noi…
(Interruzione)
No, sostituirlo, perché è
vero che io cito chiaramente delle norme nazionali,
però non mi pare che siano o sono applicabili in forma automatica in questo
momento.
Dicevo prima che in sede di
coordinamento formale possiamo sintetizzare. Ho fatto uno sforzo che certamente
non è esaustivo, perché è una materia molto delicata. Da questo punto
di vista potremmo poi discutere sulla qualità
del procedimento, come si arriva in Aula perché probabilmente avremo bisogno
anche dell’assistenza di un ufficio legislativo o comunque di una proposta di legge dal
punto di vista giuridico, anche quelle che provengono dalla Giunta più
articolate sul piano della relazione di accompagnamento.
Però, come dire, il tentativo di sopperire ad un comma
di cui io non capisco la portata.
…non solo secondo l’emendamento ma secondo anche l’impostazione. Però c’è un problema che io sottopongo al presentatore dell’emendamento anche in base alla discussione che ho sentito… sarebbe il caso questo articolo poi di coordinarlo in una forma meno artificiosa di questa, –consentimi, onorevole Battaglia – perché su alcune cose, sul punto d), per esempio, ho qualche perplessità.
Quindi un coordinamento formale lo possiamo fare tranquillamente, dando per approvato l’emendamento, e quindi trovare una forma che consenta di renderlo più intelligibile e meno farraginoso nella esposizione e non nella sostanza, per l’amor di Dio.
Anche perché quando nel punto d) lei dice… “per violazioni
dei doveri inerenti ad una pubblica funzione”, questa può essere ricoperta dal
sindaco, dall’assessore, qualsiasi altra
funzione pubblica e quindi dobbiamo capire come impegnarlo rispetto alle
funzioni sanitarie che uno ricopre.
Se lei è d’accordo, si può
coordinare con l’assessore in sede di coordinamento formale.
Poi facciamo anche quel che diceva il consigliere Tripodi.
Io ho un solo problema di applicazione che riguarda la parte finale, le ultime tre righe quando si parla di “decadenza di persone giuridiche”. Ora mentre mi è chiaro, capisco e mi sembra facile e proporzionato nel caso in cui si tratti di un amministratore o del legale rappresentante, qualche problema si pone quando si tratta di un semplice azionista.
Prendiamo, per esempio, la società per azioni più grande come la Fiat. Se un azionista della Fiat incorre in una condanna definitiva ecc.., la conseguenza è che l’esercizio di impresa della Fiat viene a cadere.
Allora forse in sede di coordinamento formale, se trovassimo una formula che esprima anche la significatività del possesso azionario o di quote…
(Interruzione)
E’ chiaro che lì è prevista una serie di reati che vanno ad incidere profondamente anche dal punto di vista della pena.
Nel momento in cui viene prevista la decadenza, nel momento
in cui scatta una sia pure temporanea o permanente interdizione, questo è legato
anche a reati amministrativi. Ma reati amministrativi che non significano il
reato amministrativo…
Proprio per questo io ho fatto la soppressione perché
così come era il comma si poteva cadere nell’assurdo di avere una decadenza sol
perché si era incorsi in una semplice omissione o anche in una pena di due
mesi.
Quindi voglio dire che in sede di coordinamento possiamo
specificare gli articoli.
Per quanto concerne il problema che poneva l’assessore,
me lo sono posto già io nel senso che in un primo emendamento avevo previsto
una partecipazione non inferiore al 10 per cento.
Diciamo che questo aspetto poi mentalmente lo avevo
superato perché se lei fa il raffronto con la Fiat, è chiaro che c’è materia di
discussione. Operando nella realtà calabrese con le piccole società, è una
quota che chi ha cinque figli la divide e mantiene il controllo. Però sono
d’accordo con lei ad inserire una soglia, che secondo me comunque dovrebbe
oscillare tra il 10 e il 15 per cento massimo.
Perché se andiamo oltre diventa poi irrilevante, va bene
allora la individuazione della quota…
Coordinamento formale…
…perché è chiaro che chi ha l’1 per cento, in effetti poi…
PRESIDENTE
La parola all’assessore.
(Interruzione)
Va bene, votiamo questo emendamento protocollo 4079…
Prego, onorevole Galati, ha facoltà di parlare.
Vorrei dire soltanto che è da apprezzare l’emendamento fatto dall’onorevole Battaglia anche perché il testo del disegno di legge era così vago…, ha fatto bene in questi casi a precisare quali sono i provvedimenti che portano alla decadenza. Credo, quindi, che debba essere approvato.
Mi permetto di dire, onorevole Battaglia,
che all’ultimo capoverso del suo emendamento sarebbe opportuno limitare la decadenza solo nei
confronti del legale rappresentante delle società ed amministratori, lasciando
stare chi possiede le azioni, non conosciamo il numero, o quanto possa influire
sulle società o meno.
Quindi
limitarlo soltanto ai legali rappresentanti delle società e degli
amministratori. L’azionista che ha un 5 per
cento di azioni, non credo che possa…
Posso, Presidente? Questo lo abbiamo superato e dicevo al termine del mio intervento “inseriamo una quota significativa”, chi ha il 5 per cento non influisce, cioè, ma chi ha il 40 per cento influisce nelle scelte.
(Interruzione)
Voglio dire, mettiamo una soglia del 10-20 per cento perché altrimenti poi diventa…
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’emendamento protocollo 4079.
(E’ approvato)
Ai commi dell’articolo 5 non ho emendamenti se non uno finale. Non vedo l’onorevole Pasquale Tripodi che ha presentato emendamento protocollo 4068 che così recita: “Al comma 3 dell’articolo 5 aggiungere la seguente lettera <<g) mancato rispetto del Ccnl>>”.
Allora questo emendamento è ritirato.
Pongo in votazione l’articolo 5 per come emendato.
(E’ approvato)
All’articolo 6 l’emendamento protocollo 4109 a firma dei consiglieri Lucà e Serra è ritirato.
Sempre all’articolo 6 l’onorevole Stancato
ha presentato emendamento protocollo 4057 che così recita: “Fatte salve eventuali
sanzioni di natura penale, la Regione è autorizzata ad applicare le sanzioni di
cui ai commi 2, 3 e 4 del presente articolo.
L’esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria in carenza di titolo
autorizzatorio comporta l’applicazione di una sanzione amministrativa per un
importo compreso tra un minimo di euro 10.000,00 ed un massimo di euro
100.000,00 nonché l’impossibilità di presentare richiesta di autorizzazione
all’esercizio della medesima o di altra attività sanitaria o socio-sanitaria
per un periodo di tre anni da sostituire con sei mesi.
L’esercizio
di attività sanitaria o socio sanitaria diversa da quella autorizzata comporta,
in aggiunta, la decadenza ai sensi dell’art. 5, comma 3, lettera a)
l’applicazione di una sanzione amministrativa per un importo compreso tra un
minimo di euro 5.000,00 ed un massimo di euro 50.000,00 nonché l’impossibilità
di presentare richiesta di autorizzazione all’esercizio della medesima o di
altra attività sanitaria o socio-sanitaria per un periodo di sei mesi da sostituire
con tre mesi”.
La parola
all’onorevole Stancato.
Presidente, mi sembra che quel che abbiamo previsto nella legge e che abbiamo anche concordato in Commissione , ad un esame più approfondito e puntuale della norma mi sembra davvero eccessivo anche perché la sospensione per tre anni diventa un problema in quanto parliamo di una eventuale carenza del titolo autorizzatorio, non parliamo di un esercizio abusivo della professione.
Quindi ritengo che con l’ammenda così come prevista da 10 mila a 100 mila euro ed una sospensione di sei mesi che il provvedimento possa essere accettato.
La prima è quella della totale assenza di autorizzazione e la seconda riguarda l’esercizio di un’attività diversa da quella per la quale si è stati autorizzati. Abbiamo modulato in maniera diversa portando l’ipotesi più grave a tre anni e riducendo quella meno grave da due anni a sei mesi.
A me sembra tutt’ora che questa formulazione è più equilibrata e preveda un sistema sanzionatorio anche più proporzionato alla entità ed alla gravità delle situazioni e nella fattispecie corrisponda ad una esigenza reale.
Devo dire che è vero, non c’è l’esercizio abusivo di una professione ma c’è un esercizio che non corrisponde, per il quale non si ha la certezza che siano previsti i requisiti necessari ai fini della autorizzazione.
Sicuramente è un esercizio di una professione sanitaria in carenza di qualsiasi garanzia sulla qualità
della prestazione erogata.
Sarei quindi per queste due
ragioni contrario a questo emendamento. Grazie.
PRESIDENTE
Lo ritira, onorevole Stancato? Bene, è ritirato. Grazie.
Non vedo in Aula l’onorevole La Rupa, pertanto il suo emendamento protocollo 4061 è ritirato così come l’emendamento protocollo 4096.
Anche l’emendamento 4109 a firma Serra, Lucà è ritirato.
Pongo in votazione, pertanto, l’articolo 6.
(E’ approvato)
Si passa all’articolo 7.
Vi sono vari emendamenti ai commi dell’articolo 7 che
sono ritirati.
Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 7.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 7.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 3 dell’articolo 7.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 4 dell’articolo 7.
(E’ approvato)
All’articolo 7, comma 5 è stato presentato emendamento a
firma del consigliere Pasquale Tripodi, protocollo 4064 che così recita: “Al
comma 5 e al comma 13, dopo le parole <<Giunta regionale>>
aggiungere le parole seguenti <<previo parere della Commissione regionale
competente>>”. E’ un emendamento di forma. Sempre con i 15 giorni.
Pongo in votazione l’emendamento.
(E’ approvato)
L’emendamento protocollo 4086 è decaduto.
Pongo in votazione per come emendato il comma 5
dell’articolo 7.
(E’ approvato)
Al comma 6 dell’articolo 7 è stato presentato
emendamento a firma del consigliere Battaglia protocollo 4080 che così recita:
“a) La predetta Commissione deve esaminare le domande e trasmettere le
risultanze entro il termine di 60 giorni salvo carenze documentali necessarie
per la decisione. Nei successivi 15 giorni il direttore generale dell’Asp deve
esprimere il parere.
b) Decorsi tali termini l’assessore competente senza
indugio deve nominare commissari ad acta i quali agiscono con i poteri della
Commissione art. 8 e del direttore generale.
c) I commissari entro 30 giorni devono valutare le
richieste e trasmettere le risultanze con un parere al direttore generale del
dipartimento.
d) Il compenso dei commissari che sarà quantificato
nell’atto di nomina graverà sul bilancio Asp e l’assessore competente
provvederà ad inviare gli atti alla procura della Corte dei conti.
e) I componenti della Commissione art. 8, inadempienti,
decadranno automaticamente dall’incarico se esterni all’amministrazione;
subiranno provvedimenti disciplinare se interni all’amministrazione regionale o
delle aziende sanitarie. Al direttore generale dell’Asp che non ha espresso il
parere nei termini previsti si applica una sanzione amministrativa, con
delibera di Giunta regionale per un importo compreso tra un minimo di euro
10.000 e un massimo di 20.000”.
Prego, onorevole Battaglia, ha facoltà di parlare.
Presidente, questo emendamento ha lo scopo di rendere celeri le procedure da un punto di vista della correttezza e del rispetto dei tempi, considerato che sia in Commissione che in Aula molti colleghi hanno evidenziato ritardi e scelte discrezionali da parte dei soggetti competenti che devono istruire le pratiche.
Il comma si propone di dare un termine massimo di 60 giorni
alla commissione prevista dall’articolo 8 che
ha il compito di verificare e dar risultanze al direttore
generale ed entro i 15 giorni successivi questi deve esprimere il parere al
direttore del dipartimento.
Decorsi tali termini, l’assessore competente senza indugio
– uso un termine di codice di diritto commerciale-, quindi immediatamente, deve
nominare commissari ad acta che hanno
il compito entro 30 giorni di provvedere a tutti gli adempimenti e trasmettere
anche un parere al direttore del dipartimento eliminando il parere intermedio
del direttore generale.
Il comma prosegue con altre considerazioni che
potrebbero anche essere ritirate se c’è un problema. Nel senso che io avevo
previsto…
(Interruzione)
Appunto per questo, gli altri due aspetti del comma e
cioè le sanzioni a carico dei componenti della commissione secondo l’articolo 8
che non hanno provveduto nei termini previsti e le sanzioni a carico del
direttore generale potrebbero anche andare nel regolamento.
I termini iniziali, però, potrebbero passare e quindi io
ritiro il punto d) e il punto e) dell’emendamento lasciando la parte iniziale.
Questo emendamento – prendo atto della parziale autoriduzione – sicuramente garantisce una tempistica, il rispetto e dà evidenza compiuta anche ai doveri della amministrazione.
C’è il rischio che al di là della inclinazione o della pigrizia, della migliore o peggiore propensione, di fronte ad un numero di domande significativo ci possa essere un problema materiale di impossibilità, perché è una serie di attività complesse che, se si sommano in uno stesso periodo ,potrebbero comportare delle conseguenze sul piano della sostenibilità fisica.
Mi rendo conto di questa esigenza che condivido e capisco. Mi
chiedo soltanto se non possa essere trovata qualche formula per rendere meno
intransigente, senza violentare lo spirito della norma. Ma comunque una possibilità in caso di documentata ragione di forza
maggiore per il grande volume delle attività. Ho paura che se non introduciamo
un correttivo del genere, potremmo far fatica a trovare componenti di commissione. Anche la soluzione del commissario ad acta che sia un atto unilaterale di un assessore,
ma se insomma non c’è la disponibilità della controparte, ho paura soltanto di
possibili conseguenze sul piano della funzionalità.
Certo questa norma riduce l’area
della patologia e quindi per questo sono favorevole. Forse un piccolo
aggiustamento di contemperamento consentirebbe di evitare un rischio di altra natura.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Battaglia. Ne ha facoltà.
Presidente, diciamo che la norma ha proprio il compito di evitare di accumulare
pratiche per evitare che poi ci sia qualcuno che decida chi e quale pratica smistare
e definire. Tanto è vero che nell’emendamento è previsto che il termine di 60
giorni decorre salvo carenze documentali necessarie.
Nel senso che se la pratica è completa, ho difficoltà ad immaginare
l’ingorgo che si possa creare. Potremmo però anche alzare il termine massimo a
90 giorni. Chiaramente, un cittadino o comunque un imprenditore non può
aspettare anni e quindi da questo punto di
vista uno
sforzo può essere questo.
Se poi c’è un’Asl che ha difficoltà di evidenza, visto che siamo una
Regione che ha la capacità di attrezzarsi su tutto, non riesco a capire quando
la pratica è completa – come dice l’emendamento – il perché entro 90
giorni…
Se poi si vuol introdurre qualche altro correttivo, la mia non è una posizione vessatoria nei
confronti dei funzionari dell’Asl o di eventuali consulenti esterni nominati.
Mi pare che l’articolo 8 dà questa ipotetica… dice: stabilisce i criteri
la Giunta… poi teoricamente potrebbe…
(Interruzione)
Però abbiamo affidato alla Giunta in
sede di regolamento, non è stata
eliminata.
Voglio dire che non mi scandalizzo se c’è una necessità, in questa
Regione, se c’è una effettiva necessità e si usa un consulente esterno per
smaltire le pratiche non è uno scandalo. Lo scandalo è quando si usano
consulenti che non sanno come maneggiare le pratiche e portare dei risultati a
casa.
Io sono disponibile ad ulteriori correttivi, a ritirarlo no.
PRESIDENTE
Mi sembra che il proponente stesso ritiri le lettere d) ed e) della propria proposta.
Poi il termine <<massimo 60 giorni>> diventa <<massimo 90 giorni>> e quindi è una cosa media… infine nessuno si è pronunciato sulla osservazione che presentava l’onorevole Galati. Lei l’accoglie? La deve sentire anche l’assessore per vedere qual era…
Ma io non sto dicendo…
Io non ho tanta paura del termine di 60 giorni, lo lascerei anche a 60 senza estenderlo a 90, ma l’unico problema è che se poi c’è una situazione fisica comprovata… mettiamo 90? Va bene.
PRESIDENTE
Rispetto all’ultima osservazione che ha fatto lei, assessore, siccome nel momento in cui lo nomina quello può non accettare, se lei non ritiene che l’osservazione che faceva poco fa l’onorevole Galati e che assumeva anche il relatore invece di far carico solo all’assessore al ramo…, se lei vuole, per noi va benissimo, di far riferimento alla Giunta in maniera che sia a margine… ecc.., lei che opinione ha rispetto a questo?
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’emendamento 4080.
(E’ approvato)
Al comma 6 dell’articolo 7 è stato presentato emendamento 4103 a firma Stancato che è ritirato.
Pongo in votazione il comma 6 dell’articolo 7.
(E’ approvato)
L’emendamento 4087 è decaduto.
Pongo in votazione
il comma 7 dell’articolo 7.
(E’ approvato)
Pongo in votazione
il comma 8 dell’articolo 7.
(E’ approvato)
L’emendamento 4088, al comma 9, è decaduto; viene ritirato anche l’emendamento 4104 a firma Stancato.
L’onorevole Stancato ha
presentato, inoltre, emendamento protocollo 4105 che così recita: “All’art. 7,
comma 9, va tolta la frase finale <<fermo restando che il termine per il
possesso dei requisiti minimi da parte delle strutture private accreditate è
fissato alla data di approvazione della presente legge”.
(Interruzione)
L’assessore dice che è ricompreso
nel chiarimento…
Pongo in votazione il comma 9 dell’articolo
7.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 10
dell’articolo 7.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 11
dell’articolo 7.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 12
dell’articolo 7.
(E’ approvato)
Al comma 13 dell’articolo 7 è stato presentato emendamento, protocollo 4072 a firma del consigliere Borrello che così recita: “dopo la parola <<stabilito>> si aggiungono le parole <<con l’approvazione del nuovo piano sanitario>> e le parole <<entro>> fino a <<legge>> sono abrogate”.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Borrello. Ne ha facoltà.
Presidente, siccome i posti
letto che sono da determinare, a mio giudizio, rientrano in un ambito di programmazione,
credo sia opportuno che il regolamento la Giunta lo adotti a seguito della
approvazione del Piano sanitario. Tutto qua.
PRESIDENTE
I pareri del relatore e della Giunta sono favorevoli.
Pongo in votazione l’emendamento protocollo 4072.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 13 dell’articolo 7 per come
emendato.
(E’ approvato)
Pongo in votazione l’articolo 7 nel suo complesso per
come emendato.
(E’ approvato)
All’articolo 8 è ritirato l’emendamento protocollo 4109. E’ decaduto l’emendamento 4089.
Al comma 1 dell’articolo 8 è stato presentato emendamento protocollo 4073 a firma dell’onorevole Borrello che così recita: “Dopo le parole <<Giunta regionale>> si aggiungono le parole <<e previo parere della Commissione consiliare permanente>>. Dopo il comma 1 si aggiunge il seguente comma 2 <<l’elenco delle autorizzazioni e degli accreditamenti concessi e negati è pubblicato sul sito Internet della Giunta regionale a cura del dipartimento della salute>>”.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Borrello. Ne ha facoltà.
Si tratta del parere della Commissione da esprimersi nei 15 giorni, e questo si pone come sub-emendamento rispetto al discorso che abbiamo fatto prima; poi c’è il comma 2, Presidente,
Per un obiettivo che riguarda ragioni di trasparenza credo
sia opportuno che l’elenco delle autorizzazioni
agli accreditamenti, sia quelli
concessi che quelli negati vengano pubblicati sul sito del dipartimento salute
della Giunta regionale.
E’ giusto che si sappia anche quali sono le strutture
che in termine di regime, di accreditamento e di autorizzazione vigono in
Regione. Penso sia solo un fatto di trasparenza e nient’altro.
PRESIDENTE
Ricapitolo. Praticamente ci sono tre emendamenti,
l’emendamento Borrello protocollo 4073 di cui ho dato lettura. L’emendamento
Stancato 4055 che così recita: “Art. 8 – alla fine aggiungere <<da sottoporre
all’esame della Commissione competente>>” e l’emendamento Pasquale
Tripodi protocollo 4066 che recita: “Dopo la parola <<Regolamento>>
aggiungere le seguenti <<da trasmettere alla Commissione regionale
competente>>”.
Questi emendamenti con diverse parole dicono la stessa
cosa.
Di norma abbiamo questi emendamenti - con il meccanismo
dei 15 giorni – sempre assunti e questo è un aspetto. Poi c’è l’altra
questione. Quindi io li pongo in votazione in maniera separata.
Se poi vogliamo garantire la successione dell’approvazione ecc., il comma 2 lo dobbiamo vedere dopo.
(Interruzione)
PRESIDENTE
Pongo in votazione i tre emendamenti unificati protocollo 4073 a firma Borrello, 4055 a firma Stancato e 4066 a firma Pasquale Tripodi con i 15 giorni.
(Sono approvati)
Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 8 per come emendato.
(E’ approvato)
Dobbiamo adesso discutere quello che ha posto lei, il comma 2?
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’articolo 8 per come emendato.
(E’ approvato)
Si passa all’articolo 9.
All’articolo 9 comma 1 è stato proposto emendamento protocollo 4125 a firma Adamo, Amato che così recita: “Alla fine del comma aggiungere <<; conseguentemente a partire dal 1° gennaio 2009 la Giunta regionale effettua il riparto delle risorse finanziarie direttamente tra le sole aziende sanitarie>>”.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Adamo. Ne ha facoltà.
Si illustra da sé? Va bene.
I pareri del relatore e della Giunta sono favorevoli.
Pongo in votazione l’emendamento.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 9 per come emendato.
(E’ approvato)
L’emendamento protocollo 4109 è decaduto.
All’articolo 9 comma 1, è stato proposto emendamento protocollo 4074 a firma del consigliere Borrello che così recita: “Le parole <<31 dicembre>> sono sostituite cono le parole <<31 ottobre>>. Al terzo comma le parole <<30 aprile>> sono sostituite con le parole <<31 gennaio>>”.
È un coordinamento formale questo?
Prego, onorevole Borrello.
Presidente, per la verità questa era una richiesta, poi ho anche discusso poco fa con l’assessore, perché era un tentativo di ricondurre in tempi più anticipati la stipula dei contratti per fatti legati ad una dinamica compatibile con l’annualità, perché il 30 aprile mi è sembrato fosse una data un po’ distante…
Ma mi è stato spiegato che ci sono problemi di contabilità e di sapere e di conoscere le sigle, per cui è impossibile purtroppo questo mio emendamento che ritiro con una raccomandazione – se è possibile – alla Giunta e all’assessore, di vedere se eventualmente ci sono condizioni più praticabili rispetto alla anticipazione dei tempi perché è sempre più auspicabile che queste strutture abbiano tempi più compatibili con l’annualità, con l’esercizio della stesura dei contratti.
Ripeto: sia perché si possa sapere per tempo qual è l’ammontare complessivo ma soprattutto per evitare che questi contratti dal 30 aprile diventino 30 giugno o 30 luglio, che finisca l’anno e si facciano – come purtroppo fin qui è successo – in tempi ormai superati. Grazie. E’ ritirato l’emendamento, Presidente.
PRESIDENTE
Prego, assessore.
(Interruzione)
Lo so…
PRESIDENTE
Allora il comma 1, l’abbiamo votato.
Pongo in votazione il comma 2 dell’articolo 9.
(E’ approvato)
Al comma 3, è stato presentato emendamento protocollo 4129 a firma del consigliere Borrello che così recita: “All’articolo 9, dopo il comma 3 si aggiunge il seguente comma <<4. Il volume delle prestazioni da erogare a seguito degli accordi contrattuali sono pubblicati sul sito della Regione a cura del dipartimento della salute>>”.
Prego, onorevole Borrello.
Diciamo che l’emendamento in qualche maniera rispecchia e
riprende quello di prima. Solo che qui, anziché oltre alla pubblicazione degli accreditamenti
e delle autorizzazioni chiedo vada anche pubblicato non l’ammontare complessivo
ma, almeno, le prestazioni che vengono acquistate dalle strutture accreditate.
Il volume delle prestazioni, non le risorse. Sempre per quel famoso criterio,
il principio della trasparenza. Cioè sapere – in sostanza – cosa acquistiamo
anno per anno.
PRESIDENTE
Pongo in votazione il comma 3 dell’articolo 9.
(E’ approvato)
Col parere favorevole, quale comma aggiuntivo, pongo in votazione l’emendamento 4129.
(E’ approvato)
L’emendamento successivo protocollo 4091 è decaduto.
L’onorevole Battaglia ha presentato emendamento
protocollo 4081 che così recita: “All’art. 9 si aggiunge il seguente comma 4:
<<gli accordi ed i contratti non possono essere stipulati e devono essere
sospesi nei confronti di:
a)
coloro che hanno riportato condanna anche non definitiva
per i delitti previsti dagli artt. 416 bis e 416 ter del codice penale o per il
delitto di associazione finalizzata al traffico illecito di sostanze
stupefacenti o psicotrope di cui all’art. 74 del testo unico approvato con
decreto del Presidente della Repubblica 9 ottobre 1990, n. 309 o per un delitto
di cui all’art. 73 del citato testo unico, concernente la produzione o il
traffico di dette sostanze o per un delitto concernente la fabbricazione,
l’importazione, l’esportazione, la vendita o cessione, l’uso o il trasporto di
armi, munizioni o materie esplodenti o per il delitto di favoreggiamento
personale o reale commesso in relazione a taluno dei predetti reati;
b)
coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i
delitti previsti dagli artt. 314 (peculato), 316 (peculato mediante profitto
dell’errore altrui), 316-bis (malversazione a danno dello Stato), 316-ter
(indebita percezioni di erogazioni a danno dello Stato), 317 (concussione), 318
(corruzione per un atto d’ufficio), 319 (corruzione per un atto contrario ai
dovere di ufficio), 319-ter (corruzione in atti giudiziari), 320 (corruzione di
persona incaricata di un pubblico servizio) del codice penale, 640 comma II
(truffa aggravata), 640-bis (truffa aggravata per il conseguimento di
erogazioni pubbliche);
c)
coloro che hanno riportato condanna anche non definitiva
alla pena della reclusione superiore ad anni 4, con esclusione dei reati
colposi;
d)
coloro che hanno riportato condanna, anche non
definitiva per delitti colposi commessi nell’esercizio dell’attività
socio-sanitaria disciplinata dalla presente legge;
e)
coloro nei confronti dei quali sia stata applicata una
misura di prevenzione personale con decreto di primo grado in quanto indiziati
di appartenere ad una delle associazioni di cui all’art. 1 della legge 31
maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni;
f)
il dirigente generale del dipartimento regionale tutela
della salute e politiche sanitarie adotta il provvedimento di sospensione con
modalità e tempi idonei a garantire la continuità dell’assistenza ai ricoverati
e, comunque entro 90 giorni dalla pronuncia dei provvedimenti sopra menzionati;
g)
la sospensione opera nei confronti delle persone
giuridiche nel caso di condanne non definitive intervenute nei confronti di
azionisti, titolari di quote, legale rappresentante della società e/o
amministratori>>”.
Questo emendamento, onorevole Battaglia, mi sembra
uguale a quello che abbiamo già approvato.
Inoltre, questo emendamento prevede la possibilità intanto in presenza di persone giuridiche di eliminare la causa di sospensione dando un tempo di 90 giorni per cessare dalle funzioni, nel senso che viene condannato un amministratore di una società.
La società non decade, non viene sospeso automaticamente il contratto ma viene data la possibilità - è un termine di 90 giorni che ho ritenuto congruo ma possiamo discutere su questo – che venga eliminata la causa. Come? Se un amministratore viene rimosso, se il rappresentante legale viene rimosso, se un azionista cede le sue quote. Inoltre, per evitare problemi per quanto concerne la presenza in strutture di ammalati viene dato un ulteriore termine al direttore generale del dipartimento di procedere con le cautele del caso e con i tempi previsti per far cessare i contratti.
Quindi ha una funzione diversa. Io ho aggiunto un ulteriore…
(Interruzione)
Ho aggiunto pure che comunque questa sospensione – per la verità questa norma l’ho mutuata dalla sospensione che regola i dipendenti pubblici ed i rappresentanti elettivi – è per un periodo di 18 mesi entro il quale deve intervenire una eventuale sentenza di conferma. Decorso tale termine, cessa anche la sospensione.
Quindi è abbastanza
garantista, non c’è nessuna intenzione di colpire o colpevolizzare nessuno.
Anche qui possiamo introdurre la quota delle azioni come l’abbiamo introdotta nel
precedente emendamento e tra l’altro noi diciamo prima queste cose in maniera
che gli Statuti delle società che operano in regime di autorizzazione, ma in
questo caso sottoposti a contratto, abbiano la possibilità di prevedere
espressamente sia per gli azionisti che per gli amministratori le decadenze o
la possibilità nei tempi e nei modi previsti dallo Statuto di recedere o di
vendere dalle quote azionarie.
Vorrei sottolineare che all’inizio, erroneamente, avevo
solo parlato del 4081, ma l’onorevole Battaglia opportunamente ha sottolineato
ed illustrato anche due sub-emendamenti al 4081 che sono l’emendamento 4126 che
così recita “Al comma 4 dell’art. 9 si aggiunge la seguente lettera <<g.
Se entro 90 giorni dalla condanna non sia cessata la partecipazione al capitale
o il rapporto di amministrazione e/o rappresentanza della persona
condannata>>” e l’emendamento 4127 che così recita: “All’art. 9, comma 4
si aggiunge <<h. La sospensione cessa di diritto di produrre effetti
decorsi 18 mesi. La cessazione non opera tuttavia se entro tale termine
l’impugnazione in punto di responsabilità è rigettata anche con sentenza non
definitiva. In quest’ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso
l’ulteriore termine di 12 mesi dalla sentenza di rigetto di secondo
grado>>”.
Pertanto la discussione ed il voto alla fine
saranno sul complesso.
Ha chiesto di parlare l’assessore Spaziante. Ne ha
facoltà. ////
C’è un problema. Siccome questo è un sistema sanzionatorio complementare
a quello di base che riguarda la giustizia penale anche per quanto riguarda la notifica delle condanne ecc., qui noi non
abbiamo un regime di notifica.
Se prende la lettera f) si dice “il dirigente generale del dipartimento adotta…. entro 90
giorni dalla pronuncia dei provvedimenti”.
Allora siccome la magistratura
non ha un obbligo di notifica nei nostri confronti il rischio, anzi la certezza
è che noi non siamo in grado di sapere quando viene adottata con una sentenza
definitiva. Quindi bisogna aggiungere che è dalla notifica da parte delle
autorità competenti perché non abbiamo modo di conoscere le sentenze definitive
di questa natura.
Questa cosa vale anche per
l’articolo 5, quindi in sede di coordinamento potremmo mettere una norma che
vale anche per l’altro articolo.
C’è un parere favorevole che
osserva su questo insieme di emendamento - sub-emendamento che tutto avviene
dal momento…, cioè 90 giorni non dalla pronuncia, ma dalla notifica.
Osservazione che diventa un ulteriore sub-emendamento che l’onorevole Battaglia
accoglie.
Contemporaneamente questa
osservazione che ha fatto rispetto a questo punto l’assessore Spaziante è
simmetrica e vale anche rispetto alle norme equivalenti poste rispetto
all’articolo 5. Quindi nel coordinamento formale si introduce questo elemento
di chiarificazione sia rispetto all’articolo 9 che all’articolo 5. Chiaro?
(Interruzione)
Quello è un tutt’uno. Sono due
sub-emendamenti. L’assessore è d’accordo ed osserva che queste sanzioni, queste
disposizioni sanzionatorie valgono non dal momento della pronuncia ma a 90
giorni dalla notifica.
Nel momento in cui introduce
questo sub-emendamento rispetto all’emendamento Battaglia ricordo a tutti noi
che la stessa cosa va introdotta pure per i provvedimenti di tipo sanzionatorio
che riguardavano l’articolo 5 già votato. E si raccomanda, viene assunto e
votiamo anche questo, un coordinamento formale che riguardi anche il l’articolo
5.
L’onorevole Battaglia accoglie
queste osservazioni?
Sì, io non solo accolgo queste indicazioni per
quanto riguarda la notifica ma aggiungo che in virtù del sub-emendamento che prevede la possibilità di 90 giorni per eliminare per la
persona giuridica la causa di incompatibilità,
il termine di 90 giorni per il dirigente generale lo
porterei a 120.
(Interruzione)
Ci sono 90 giorni per eliminare e quindi 120 giorni da quando si ha la
notifica perché a quel punto, chiaramente, il dirigente generale che non
conosce il provvedimento non può avere responsabilità. E’ un fatto normale così
come quanto diceva nell’emendamento precedente l’onorevole Tripodi… cioè di
valutare in sede di coordinamento formale qualche piccolo reato che magari così
da una prima lettura si potrebbe anche eliminare… non ci sono problemi fermo
restando l’impianto, il complesso della norma che va a colpire tutta una serie
di reati di grave allarme sociale.
PRESIDENTE
Con questo coordinamento formale super, pongo in votazione l’emendamento e i sub-emendamenti Battaglia.
(Sono
approvati)
Non ho ulteriori emendamenti all’articolo 9. Pongo in votazione l’articolo 9 per come emendato.
(Interruzione)
Quello non era rinviato ma faceva riferimento all’articolo 9. L’avevamo approvato non rinviato al 9. Il 9 veniva assunto. Poi io mi fermo, lei osservi se ha osservazioni da fare, l’onorevole Adamo è lì ed ha la bontà di ascoltarla.
Però ricordo bene che l’onorevole Adamo faceva riferimento all’articolo 9 così com’era.
Pongo in votazione l’articolo 9 per come emendato.
(E’ approvato)
All’articolo 10 sono stati emendamenti che non leggo bene…
(Interruzione)
Pongo in votazione il comma 1 dell’articolo 10.
(E’ approvato)
Ai commi 2, 3, 5 e 6 sono stati presentati emendamenti
protocollo 4075 a firma del consigliere Borrello.
L’emendamento al comma 2, così recita: “Comma 2 le
parole <<occorrenti>> sono sostituite con le parole <<almeno
mensilmente>>.
Prego, onorevole Borrello.
Presidente, l’emendamento è finalizzato a concretizzare forse in maniera un po’ stringente la questione delle attività ispettive. Forse nell’emendamento la parola “mensilmente” è un po’ eccessiva eventualmente possiamo fare “bimestrale” o “trimestrale” ma comunque non “occorrenti attività” perché mi sembra un po’ generico.
Parliamo di attività ispettive e allora che ci sia una sistematicità in qualche maniera che può ricondursi temporalmente anche ai tre mesi, non ho problemi, ma che si sappia che questi…
(Interruzione)
PRESIDENTE
Una parte di questi emendamenti successivamente sono anche dell’onorevole Tripodi Pasquale che ha presentato emendamento 4065…
…il parere della Commissione, Presidente…
PRESIDENTE
Ovviamente quelli li unifichiamo.
Sì, ma siamo ancora al comma 2.
…ciclicità delle verifiche. Siccome si tratta di 700
strutture che devono essere controllate dalle stesse Commissioni
alle quali abbiamo dato pure il termine di fare gli accreditamenti
e le verifiche. Allora 700…
L’attività ispettiva… se succede un fatto e allora va fatta. Ma come fatto di routine… a campione…
(Interruzione)
Lo aggiungiamo come sub-emendamento lo possiamo aggiungere…
Mettiamo sulla base di programmi…
L’importante è che ci sia l’idea che questa attività ispettiva in un certo arco temporale vada fatta. Poi la forma, assessore la possiamo condividere tranquillamente non ho problemi.
PRESIDENTE
Allora il coordinamento formale è al comma 2 dell’articolo 10.
Allora pongo in votazione per parti separate? Ci sono altri
emendamenti ai commi 3, 5 e 6. Siccome si è raggiunta una intesa col
sub-emendamento sul comma 2 lo pongo in votazione.
(E’ approvato)
Adesso al comma 3 dell’articolo 10 sempre stesso
protocollo 4075 a firma Borrello è stato presentato emendamento che così
recita: “Dopo la parola <<accreditamento>> si aggiungono le parole
<<o anomalie gestionali in violazione degli accordi contrattuali>>.
Parere favorevole.
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’emendamento col parere favorevole della Giunta.
(E’ approvato)
Poi al comma 5 dell’articolo 10 sono stati presentati emendamenti da parte dell’onorevole Borrello e dell’onorevole Pasquale Tripodi.
L’emendamento Borrello, protocollo 4075, recita: “Dopo le parole <<presente legge>> si aggiungono le parole <<e previo parere vincolante della Commissione consiliare permanente>>; le parole <<composta da tre esperti di riconosciuta esperienza e professionalità>> sono abrogate; dopo le parole da <<le modalità>> a <<componenti>> sono sostituite con le parole <<composizione, modalità di nomina e di funzionamento nonché i compensi>>”.
L’emendamento Tripodi Pasquale numero 4065 recita: “Al comma 5, dopo la parola <<regolamento>> aggiungere le seguenti <<e previo parere vincolante della Commissione regionale competente>> e dopo le parole <<esperienza e professionalità>> aggiungere <<e previo avviso pubblico>>”.
Presidente, al comma 5, una
è la questione, del parere della Commissione
sempre legata ai 15 giorni e poi per quanto riguarda l’autorità
regionale io mi sono permesso di presentare
questo emendamento perché vorrei dare la possibilità
alla Giunta, in sede regolamentare, di tentare
in qualche maniera di disciplinare, di articolare un po’ meglio anche la
composizione stessa dell’autorità di vigilanza che, secondo me, non
necessariamente deve essere precostituita sul numero dei tre esperti, perché
potrebbe anche emergere una esigenza in sede di redazione dello strumento
regolamentare che abbia necessità questa Autorità di vigilanza di avere un
minimo di struttura burocratica dentro il quadro, sempre,
di riferimento regionale, comunque non andando fuori.
Quindi rinviare al Regolamento,
cioè stabilire che si fa l’Autorità, ma demandare al Regolamento funzioni,
compiti, struttura e tutto quello che serve per dare la possibilità alla Giunta
di valutare meglio la necessità – visto che parliamo anche di un’autorità che
si occupa di attività ispettiva – di organizzarla nel miglior modo possibile
con i tempi giusti che vengono richiesti da parte della Giunta regionale.
(Interruzione)
Lo sto illustrando non lo sto
ritirando.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Galati. Ne ha facoltà.
Se resta vincolante il parere, perché altrove…
No, la parola “vincolante” si può anche ritirare, non ci sono problemi.
Dico che non è il caso…
(Interruzione)
Benissimo. Poi un’altra cosa che volevo osservare “composto da tre esperti di riconosciuta esperienza e professionalità”. Vogliamo togliere…
(Interruzione)
…“di riconosciuta esperienza e professionalità” lasciamo solo “tre
esperti” vorrei chiedere… o lo togliamo del tutto?
Non mi sono spiegato. Ripeto brevemente quel che ho detto prima nella illustrazione.
Il problema non è tanto se gli esperti devono essere due-tre o quattro. Ma il punto è di dare la possibilità alla Giunta in sede regolamentare di individuare dei meccanismi che sul piano strategico istituiscano l’autorità che non necessariamente deve essere composta da tre esperti. Ma ci può essere l’esigenza di…
Su questo sono d’accordo ma l’esperienza e la professionalità ci vuole…
Ma questo lo scriviamo poi nel Regolamento non voglio
eliminare l’esperienza e la professionalità.
Ma l’emendamento è fatto in questo senso…
La proposta demanda al Regolamento la individuazione di numero, compiti, funzioni e competenze.
PRESIDENTE
Capisco che siamo stanchi a quest’ora ma uno alla volta, solo questo.
Anziché scrivere in legge che ci sono i tre esperti, io dico: la Giunta regionale in sede regolamentare definisce compiutamente numero, compiti, funzioni, attività e quant’altro. Ecco stabilire che serve l’autorità per la vigilanza. La composizione: funzioni, numeri e quanti devono essere i soggetti che vanno a costituire l’autorità la demandiamo al Regolamento che tanto viene in Commissione per il parere.
Ho capito e va bene così. Ma l’emendamento recita così: le parole “composta da 3 esperti di riconosciuta esperienza e professionalità” sono abrogate.
Per me il Regolamento è chiaro.
…i 3, i 4 o i 5 lo demandiamo al Regolamento dici tu?
Sì.
Per me va bene così…
Stabiliamo, cioè, che ci vuole l’autorità.
Io direi di lasciare “esperienza e professionalità”…
Ma lo scriviamo nel provvedimento, onorevole Galati, non ci sono problemi.
Allora questo lo ritiriamo?
Qui diciamo che ci serve l’autorità e in sede regolamentare individuiamo le funzioni, le competenze, le esperienze e le qualità professionali.
Perfetto.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Pasquale Tripodi. Ne ha facoltà.
Presidente, intervengo sull’ultima discussione che c’è stata visto che gli altri due emendamenti da me presentati sono assorbiti anche dall’emendamento Borrello.
Non ho niente in contrario se si decide di ritirare per lo meno la dicitura “esperienza e professionalità”, ma ritengo che qualsiasi nomina che debba fare la Giunta che sia esterna al personale dell’amministrazione regionale in ogni caso debba essere effettuata previo un avviso pubblico, Presidente.
(Interruzione)
Non implica niente la discussione con Borrello. Se la Giunta ritiene a livello di regolamento di dover accedere a quella che è la professionalità esterna alla Regione Calabria, nulla osta. Ma una possibilità di dare anche alla Giunta, per una questione di trasparenza, di fare un avviso pubblico io ritengo sia forse la migliore cosa che possiamo fare.
Con la proposta di emendamento del comma 5 nei termini in cui l’onorevole Borrello l’ha riproposta, ovviamente rimandando ad un Regolamento la determinazione dei criteri che dovranno presiedere alla nomina dei componenti di questa autorità, di fatto viene superato, l’emendamento dell’onorevole Tripodi.
Devo dire anche però che non ci sono autorità…, insomma l’autorità per la tutela della concorrenza del mercato. Non è che i membri sono scelti sulla base di un avviso pubblico. Nemmeno quella per la Consob, nemmeno quella per l’autorità che si occupava dell’Antitrust… sono delle autorità nelle quali ci deve essere un rapporto anche…, ovviamente nei criteri si richiederà un requisito obiettivo. Poi ovviamente l’intuitus personae…
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’emendamento.
(E’ approvato)
Così come emendato pongo ai voti il comma 2 dell’articolo 10.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 3 dell’articolo 10.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 4 dell’articolo 10.
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 5 dell’articolo 10.
(E’ approvato)
Del comma 6 ne abbiamo parlato. Ricordo che l’emendamento 4075 a firma Borrello così recita: “Dopo le parole <<Giunta regionale>> si aggiungono le parole <<che provvede alla trasmissione al Consiglio regionale>>”.
L’emendamento 4065 a firma Pasquale Tripodi così recita: “Al comma 6 dopo le parole <<Giunta regionale>> aggiungere le seguenti<<che provvede alla trasmissione alla Commissione regionale competente>>”.
Pongo in votazione l’emendamento unificato
(E’ approvato)
Pongo in votazione il comma 6 dell’articolo 10 come emendato.
(E’ approvato)
Pongo in votazione l’articolo 10 nel suo complesso.
(E’ approvato)
All’articolo 11 è stato presentato emendamento 4082 a firma del consigliere Vilasi che così recita: “Non abrogare la lettera c) del comma 2) dell’art. 15 della legge regionale 26.6.2003, n. 8 che così recita <<il trasferimento, l’ampliamento dei servizi finalizzato a miglioramenti strutturali e tecnologici e la fusione di più soggetti già accreditati sempre che permanga il possesso dei requisiti previsti dalle vigenti disposizioni previa attestazione di carenza da parte dell’Asl competente senza che ciò comporti oneri aggiuntivi per la Regione o ulteriori o nuovi accreditamenti”.
L’emendamento viene illustrato dall’onorevole Pietro
Aiello.
Presidente, questo emendamento cerca, praticamente, di salvare nelle condizioni di difficoltà i piccoli laboratori. Mi riferisco ad un accordo che c’è stato a livello di Federlab Italia dove eventuali esuberi di strutture rispetto alla programmazione del fabbisogno può fare in modo che si costituiscano delle aggregazioni stabili societarie-consultive tra strutture sempre accreditate. Questo può rappresentare una uscita di sicurezza dove le piccole strutture non abbiano la possibilità di acquisire o mantenere i requisiti minimi ed ulteriori per l’accreditamento.
Questo emendamento tende a risolvere la situazione facendo in modo che non venga abrogata la lettera c), dell’articolo 15, comma 2, della legge regionale 26.6.2003, numero 8.
PRESIDENTE
Questo emendamento è stato presentato dall’onorevole Vilasi, illustrato dall’onorevole Aiello e ha il sostegno dell’onorevole Galati…
Presidente, ho spiegato prima qualche ora fa al proponente che questo emendamento è superato da una previsione che è stata inserita in Commissione di più ampia portata e ovviamente comprensiva anche di questa fattispecie specifica. E’ stato previsto non solo il trasferimento ma anche la trasformazione che è un concetto il più ampio e comprensivo che uno possa immaginare.
Le ulteriori condizioni di questo emendamento sono comprese già nel testo di questa norma che abbiamo inserito di portata molto più generale.
(Interruzione)
Non può essere. Una cosa è il trasferimento delle… è stata eliminata in Commissione una norma che consentiva il trasferimento fisico…
Assessore, cortesemente, posso richiamare un attimo la sua attenzione…
PRESIDENTE
Do la parola all’onorevole Aiello che interviene per conto dell’onorevole Vilasi.
Assessore, le chiedo scusa. Se ci soffermiamo un attimo sul punto c) del comma 2 dell’articolo 15: “il trasferimento, l’ampliamento dei servizi finalizzato a miglioramenti strutturali e tecnologici e la fusione di più soggetti già accreditati sempre che permanga il possesso dei requisiti previsti dalle vigenti disposizioni previa attestazione di carenza da parte dell’Asl competente senza che ciò comporti oneri aggiuntivi per la Regione o ulteriori o nuovi accreditamenti”, insomma mi pare che sia una cosa quanto meno banale, non ci vedo niente di trascendentale, niente di eccezionale mi sembra.
Premesso che non so a cosa si riferisce la lettera c), comma 2 dell’articolo 15 della legge 8… questa non è una frase compiuta ma è soltanto una estrapolazione di un elenco perché è una fattispecie oggettiva non è una frase…
E’ un articolo, l’articolo 15 della legge 2. Gliela porta l’onorevole Vilasi.
Noi chiediamo che non venga abrogata questa lettera c), comma 2 dell’articolo 15…
Ma la lettera c) è retta da un comma…
Da un contesto, ma le ho mandato l’articolo assessore…
(Interruzione)
Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie
Ma la fusione è…
Assessore posso fare una proposta per superare questo momento?
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Galati. Ne ha facoltà.
All’articolo 5, dove giustamente lei dice che c’è una previsione molto più ampia si potrebbe aggiungere dopo “trasformazione societaria” la parola “fusione di soggetti”. Cioè la parola “fusione” che non è contemplata in questo articolo. Così la superiamo aggiungendo questa parola.
Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie
La parola “fusione” è una categoria della trasformazione perché per forza fondendo due soggetti si trasformano entrambi ma nessuno mantiene la propria identità. Quindi la fusione porta per forza ad una trasformazione, quindi…
Sono cose diverse assessore. La trasformazione la faccio io singolarmente. La fusione se siamo tre o quattro persone e ci vogliamo fondere è un altro discorso.
Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie
In questo senso il parere è favorevole, e lo aggiungiamo dove c’è scritto “la trasformazione” anche attraverso fusione…
(Interruzione)
Fusione di più soggetti assessore…
Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie
Scusate, ma la fusione può essere di un solo soggetto?
Soggetti accreditati allora, precisiamo.
Vincenzo SPAZIANTE, assessore alla sanità ed alle politiche sanitarie
Ma tanto è una procedura di accreditamento nuovo…
PRESIDENTE
Allora coordinamento formale all’articolo 5. Su questa base viene ritirato l’emendamento. Pongo in votazione allora l’articolo 11 del testo di legge.
(Interruzione)
Sì, l’ho detto. Coordinamento formale con quell’aggiunta.
Prego.
Dopo le parole “trasformazione societaria” aggiungere “o di fusione di soggetti”.
PRESIDENTE
Va bene assessore e relatore? Allora con coordinamento formale e con la sottolineatura che facevo io per ultimo.
Pongo in votazione l’articolo 11.
(E’ approvato)
Pongo in votazione l’articolo 12.
(E’ approvato)
Non essendoci più emendamenti pongo in votazione la legge nel suo complesso per come approvata.
(Interruzione)
Per dichiarazione di voto, ha
chiesto di parlare l’onorevole Pasquale Tripodi. Ne ha facoltà.
Siccome in Commissione tutti quanti ci siamo espressi alla unanimità anche sulla approvazione della legge, questa è la motivazione per cui io ritengo di dare il mio assenso e non sicuramente perché ne condivida l’impianto dal punto di vista della condivisione politica.
PRESIDENTE
Dopo la dichiarazione di voto dell’onorevole Tripodi Pasquale, pongo in votazione la legge nel suo complesso.
(Il Consiglio approva)
(E’ riportata in allegato)
Lo sforzo di questi giorni ha prodotto il risultato che la Commissione prima e l’Assemblea dopo dichiaravano di voler ottenere.
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Serra. Ne ha facoltà.
Presidente, c’è questo
ordine del giorno riguardante l’incendio che ha subito l’azienda “Servizio
ecologico Marchese Giosué” che si è verificato nel comune di Tarsia in cui
<<il Consiglio regionale della Calabria chiede alla Giunta
regionale di attivare ogni utile e necessaria iniziativa per ripristinare la
funzionalità dell’azienda verificando anche la possibilità di favorire una
rapida e tempestiva riscossione dei crediti che la stessa azienda ha maturato nell’ambito delle attività determinate dalla
gestione del ciclo dei rifiuti>>.
Per questa azienda in questa fase è compromesso tutto lo svolgimento delle
attività connesse alla raccolta ed allo smaltimento dei rifiuti per i territori
ricadenti in numerosi comuni, circa 30 dove sono a rischio circa 69 posti di
lavoro. Questo potrebbe generare una diffusa condizione di disagio sociale e
degrado ambientale tale da paventare rischi di tenuta dei livelli di ordine
pubblico.
Pertanto chiedo di votare questo
documento per poter sensibilizzare la Giunta affinché questo possa essere
recepito e discusso con una serie più approfondita di interventi.
Presidenza del Vicepresidente Antonio Borrello
PRESIDENTE
Se non ci sono interventi possiamo porre ai voti la richiesta di inserimento all’ordine del giorno.
(Il Consiglio approva)
Allora è inserito
questo punto all’ordine del giorno in aggiunta
all’elenco di cui siamo già in possesso.
La parola all’assessore Pirillo.
Presidente, questo è il piano dei servizi di sviluppo agricolo che viene redatto in base alla legge regionale 19/99 ed ha valenza triennale 2008/2010.
Il programma subordina per la verità i pagamenti degli stipendi dei divulgatori agricoli che sono in carico all’Arssa. Per cui si rende necessaria la sua approvazione. Da qui la richiesta in base all’ex articolo 67 dello Statuto.
Il piano è ovviamente
operativo e prevede la realizzazione di una serie di progetti di assistenza nei
vari comparti agrumicolo, olivicolo, frutticolo, orticolo e zootecnico. Poi
assistenza alle aziende agricole ed un programma di accompagnamento alla
normativa dei finanziamenti, alla consulenza aziendale e al rispetto della
condizionalità.
Un progetto per la valutazione e la qualità dei servizi
offerti in agricoltura e la produzione di servizi divulgativi avanzati.
Poi con i centri sperimentali dimostrativi vengono
realizzati progetti di filiera nel comparto frutticolo, per le biomasse, per le
piante officinali, per la fragola, per la patata, per la vitivinicola, per la
vivaistica forestale, per la cerealicola, la zootecnia e la filiera agrumicola.
Questi sono in estrema sintesi i compiti che sono
previsti nel piano e che vengono realizzati poi dalla divulgazione sia
attraverso i Ceda che attraverso i Csd.
Quindi chiedo al Consiglio regionale, agli onorevoli
colleghi, di approvare questo provvedimento amministrativo. Grazie.
PRESIDENTE
Non ci sono interventi per discussione generale. Lo stesso assessore Pirillo ha presentato un emendamento che riguarda il punto 8.2 del piano alla pagina 39 e che così recita:
“Nell’ambito del Programma operativo di divulgazione agricola
alla pagina 39, il paragrafo 8.2 “Cedro della riviera dei Cedri è sostituito
dal seguente:
<<8.2 – Cedro della “Riviera dei cedri”
Obiettivi
Riduzione dei costi di produzione; introduzione di processi di allevamento innovativi; aumento della redditività per ettaro; miglioramento delle condizioni di vita e di lavoro dell’imprenditore; supporto al riconosciuto Consorzio per la tutela e la valorizzazione del cedro di Calabria per l’acquisizione del marchio di protezione europea.
Descrizione dell’intervento
Con il presente intervento si vogliono acquisire tutti i dati relativi alla coltura del cedro al fine di supportare l’attività del riconosciuto Consorzio per la tutela e la valorizzazione del credo di Calabria per l’acquisizione del marchio di protezione europea, in particolare per quanto riguarda la redazione del disciplinare tecnico di produzione e l’elaborazione della cartografia tematica dedicata in quanto elaborati obbligatori per l’iter europeo.
Verrà introdotta e collaudata nelle cedriere una forma di allevamento innovativa (palmetta libera) valutandone la convenienza economica rispetto al sistema di allevamento tradizionale. Detta forma di allevamento è stata già introdotta in via sperimentale presso un campo dimostrativo sito nell’area individuata per l’istituzione del marchio di protezione europea. Si ritiene che l’adozione della forma di allevamento a palmetta libera possa contribuire ad abbattere i costi di produzione e a rendere meccanizzabile la maggior parte delle operazioni colturali. Inoltre, tale forma di allevamento permette l’accesso in campo anche durante il periodo invernale quando la pianta è protetta consentendo un più oculato controllo fitosanitario. Verrà proposto ai cedricoltori anche il sistema di copertura “a tutto campo” che si è rivelato molto funzionale.
Attraverso il continuo scambio con i tecnici della divulgazione agricola e quelli impegnati presso i Csd ove vengono svolte attualmente le prove sperimentali inerenti l’attività agrumicola (Csd Mirto, Locri, Gioia Tauro, Lamezia, Sibari) nonché con il supporto dei centri di Taratura e controllo delle macchine irroratrici, saranno acquisiti e divulgati i dati relativi al miglioramento dell’utilizzo delle risorse (acqua, suolo, fertilizzanti, ecc.) e sarà valutato il miglioramento delle condizioni di sicurezza alimentare e del benessere dell’operatore agricolo. Il programma sarà integrato dalla realizzazione presso le strutture vivaistiche autorizzate dell’Arssa di un campetto di piante madri, creando le basi per una attività vivaistica finalizzata alla preservazione della varietà locale più pregiata (Liscia di Diamante) e garantirne la sanità tramite i laboratori accreditati dell’Arssa.
Localizzazione dell’intervento
Alto Tirreno Cosentino, precisamente fascia costiera che
delimita “La riviera dei cedri”.
Azioni divulgative
Gli obiettivi prefissati verranno raggiunti mediante
un’attività sinergica sul territorio, caratterizzata dalle seguenti azioni
divulgative:
organizzazione giornate divulgative;
visite guidate in aziende leader e centri sperimentali
attività di monitoraggio fitosanitario (agrometeo e fitopatologico)
realizzazione di schede tecniche sulla coltura;
realizzazione di un opuscolo divulgativo;
realizzazione cartografica tematica dedicata;
supporto al piano di marketing
Strutture di supporto
Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Cedro di
Calabria; Csd Arssa (laboratori, vivai, centri di taratura e controllo delle
macchine irroratrici); Sitac Arssa di Reggio Calabria, Servizio
agrometeorologico e agropedologico dell’Arssa; Cesa n. 1; Ceda n. 24.
Consulenze esterne
Istituto sperimentale per l’agrumicoltura di Acireale
(CT), Università di Messina di Reggio Calabria (facoltà di agraria)
Beneficiari
Aziende agricole, singole ed associate; Cooperative agricole, associazione di produttori, consorzio per la tutela e la valorizzazione del cedro di Calabria>>”.
La parola all’assessore per la illustrazione.
Vi è stato uno sviluppo per quanto riguarda la coltivazione del cedro. E’ stato recentemente con legge regionale costituito il consorzio di tutela. C’è una organizzazione sul territorio che sta ovviamente crescendo e soprattutto si sta ampliando l’area di coltivazione del cedro.
Si stanno avviando una serie di iniziative per quanto riguarda la trasformazione e quindi c’è bisogno di una maggiore attenzione e soprattutto di un maggiore supporto da parte della divulgazione agricola in questo comparto.
Da qui la necessità di modificare il piano per quanto attiene questa coltura. Questa cosa ci è stata sottoposta dal consorzio di tutela che opera nell’area della coltivazione del cedro.
PRESIDENTE
Pongo in votazione l’emendamento.
(E’ approvato)
Nessuno chiede di parlare, pertanto pongo in votazione il piano nella sua interezza.
(Il Consiglio approva)
(E’ riportato in allegato)
Si passa al terzo punto all’ordine del giorno che così recita “Proposta di legge numero 181/8^ di iniziativa della Giunta regionale, recante: <<Disciplina organica delle politiche abitative in Calabria e riordino delle attività e degli enti operanti nel settore dell’edilizia residenziale pubblica (articolo 67 Regolamento)>>”.
L’onorevole Pacenza, relatore, ha facoltà di svolgere la relazione.
Grazie, Presidente, per chiedere a lei e al Consiglio, poiché la quarta Commissione che è competente in materia ha già in itinere un lavoro ulteriore rispetto al testo giacente agli atti del Consiglio odierno, il rinvio dell’esame di questo argomento.
Lunedì è stata già convocata nuovamente la quarta Commissione che dovrebbe iniziare e concludere
l’iter e dare la possibilità all’Aula di
affrontare l’argomento così come definito dalla stessa Commissione. Siccome c’è
anche un lavoro abbastanza complesso sul piano
normativo e anche sulle innovazioni che sono intervenute rispetto al testo base
della Giunta, per queste ragioni anche con l’assenso del Presidente della
Commissione, onorevole Acri, che in questo momento è assente e con l’assenso
dello stesso assessore, si chiede il rinvio di questo punto all’ordine del
giorno.
Presidenza del Presidente Giuseppe Bova
PRESIDENTE
Quindi lei, onorevole Pacenza, ha parlato a nome suo, del Presidente e dell’assessore. Va bene allora non è necessario metterlo ai voti.
(Così resta stabilito)
PRESIDENTE
Si passa al punto quattro all’ordine del giorno che così recita: “Proposta di provvedimento amministrativo numero 300/8^, d’Ufficio, recante: “Elezione di un Vicepresidente del Consiglio regionale, in sostituzione del consigliere Roberto Occhiuto, dimissionario”.
Ha chiesto di parlare l’onorevole Trematerra. Ne ha facoltà.
Grazie, Presidente, per quanto riguarda il quarto punto all’ordine del giorno io sento la necessità di chiedere all’Assemblea la convocazione urgente della Conferenza dei capigruppo perché ritengo che alcune specifiche in merito a questo quarto punto debbano essere da me fatte per evitare che si possa venire a determinare uno squilibrio istituzionale.
Per questo chiedo che ci sia una seduta della Conferenza dei capigruppo urgente per poter avere la possibilità di rappresentare alcune istanze del mio partito. Grazie.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Abramo. Ne ha facoltà.
Presidente, siamo contrari al rinvio perché abbiamo già discusso all’interno della minoranza e visto e considerato che è un ruolo che spetta alla minoranza, noi abbiamo già consumato tutti i passaggi e quindi vorremmo addivenire alla votazione stasera.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole Cherubino. Ne ha facoltà.
Presidente, solo per dire che sono d’accordo con l’amico Trematerra.
PRESIDENTE
Ha chiesto di parlare l’onorevole
Adamo. Ne ha facoltà.
Presidente, ero distratto e
chiedo scusa ma mi pare che va da sé che giunti a quest’ora dei lavori e considerato il modo in cui abbiamo lavorato
stasera alla richiesta di sospensione per la convocazione della Conferenza dei capigruppo, mi pare che si
possa dire di sì.
PRESIDENTE
Non vi sono altri che intendono
intervenire? Pongo in votazione la richiesta dell’onorevole Trematerra.
(Il Consiglio approva)
Allora è accolta la richiesta di riunire i gruppi immediatamente. Naturalmente i capigruppo. Quindi si sospende momentaneamente la seduta per la riunione dei capigruppo nella sala delle Commissioni.
La seduta sospesa alle 0,17 è ripresa alle 01,04
PRESIDENTE
La seduta riprende. Comunico all’Aula che su unanime richiesta dei gruppi si conclude a questo punto la seduta.
Prima di toglierla, come mi dice l’onorevole Serra, debbo porre ai voti, siccome alla unanimità è stato approvato l’inserimento, questo ordine del giorno.
(Il Consiglio approva)
(E’ riportato in allegato)
Su parere unanime di tutti i gruppi mi si è chiesto di considerare conclusa la seduta di stasera e di comunicare all’Aula che nella prossima seduta che sarà convocata a domicilio, al primo punto all’ordine del giorno vi sarà l’elezione del Vicepresidente e a seguire altri provvedimenti.
La seduta è tolta.
La seduta termina
alla 01,06 dell’11 luglio 2008
Hanno chiesto congedo i consiglieri Lucà, Racco, Guagliardi, De Gaetano, Sarra, Dima.
(Sono concessi)
E’ stata presentata alla Presidenza la seguente proposta di legge di iniziativa della Giunta regionale:
“Copertura finanziaria delle spese sostenute dall’Aterp di Catanzaro per le attività svolte ai sensi della L.R. 30 agosto 1996, n. 27” (P.L. n. 309/8^)
E’ stata assegnata alla seconda Commissione
consiliare - Bilancio, programmazione economica e attività produttive per il merito.
(Così resta stabilito)
Sono state presentate alla Presidenza, inoltre, le seguenti proposte di legge di iniziativa dei consiglieri:
Cherubino – “Sottoscrizione della quota di aumento del capitale sociale della Sorical Spa” (P.L. n. 310/8^)
E’ stata assegnata alla seconda Commissione
consiliare - Bilancio, programmazione economica e attività produttive per il merito.
(Così resta stabilito)
Gentile, Adamo, Trematerra, Nucera, Galati, Abramo, Tallini,
Guagliardi, Sarra, De Gaetano, Feraudo, Cherubino – “Affidamento all’azienda Calabria lavoro di
servizi regionali” (311/8^)
E’ stata assegnata alla terza
Commissione consiliare - Attività sociali, sanitarie, culturali e formative per
il merito.
(Così resta stabilito)
Galati – “Attività di consulenza”
(P.L. n. 312/8^)
E’ stata assegnata alla prima
Commissione consiliare - Affari istituzionali e affari generali – per il merito
ed alla seconda - Bilancio, programmazione economica e attività produttive – per il parere.
(Così resta stabilito)
Chiarella,
Feraudo, Vilasi, Serra, Stillitani – “Delega alla Giunta regionale per la
redazione dei testi unici in materia di attività produttive e lavoro” (P.L. n.
313/8^)
E’
assegnata alla prima Commissione consiliare - Affari
istituzionali e affari generali.
(Così resta stabilito)
La Giunta regionale ha
trasmesso per il parere della competente Commissione
consiliare la deliberazione n. 451 del 7.07.2008 recante: “Legge regionale n. 27/85. Piano
annuale degli interventi per il diritto allo studio. Anno 2008 – Modifica piano
economico ed impegno di spesa – Cap. 3313101” (Parere n. 49/8^)
E’ assegnata
alla terza Commissione consiliare - Attività
sociali, sanitarie, culturali e formative per il merito.
(Così resta stabilito)
Gli onorevoli Giovanni Nucera,
Sergio Stancato e Pasquale Tripodi hanno costituito il gruppo consiliare
denominato “Calabria popolare democratica” con decorrenza 30 giugno u.s.,
giusta nota acquisita al protocollo n. 3997 del 30 giugno 2008 del Settore
Segreteria Assemblea.
L’Ufficio di Presidenza con
propria deliberazione n. 74 del 7 luglio u.s. ha preso atto della costituzione
del gruppo di che trattasi.
Guagliardi. All’assessore
al lavoro. Per sapere – premesso che:
in data 14 maggio 2007
nella qualità di Presidente del gruppo consiliare di Rifondazione comunista del
Consiglio regionale il sottoscritto ha presentato l’interrogazione n. 166 tesa
ad avviare iniziative istituzionali atte a riportare trasparenza nella gestione
degli Lsu-Lpu del Comune di Santa Sofia d’Epiro nella quale era scritto in
forma dettagliata che:
“in base alla legge n. 608
del 28.11.1996 e sue modifiche intervenute venivano presentati
dall'amministrazione comunale di Santa Sofia d'Epiro (Cs) due progetti di
lavori socialmente utili a sollievo della disoccupazione intellettuale e di
lunga durata. Il primo progetto, che prevedeva l’utilizzo di quindici
lavoratori per l’inserimento di persone portatrici di handicap nelle scuole
materne e dell’obbligo, veniva parzialmente approvato dalla Commissione
regionale per l’impiego di Reggio Calabria con verbale n. 354 del 17.07.1997
prevedendo, però, l’utilizzo di sole tre unità
1.
Baffa Rita Maria, VI
q.f.
2.
Fabbricatore Antonia
Francesca, VI q.f.
3.
Godino Gennaro, V
q.f.
Successivamente veniva
proposto il secondo progetto che prevedeva la manutenzione ordinaria e
straordinaria del bosco comunale sito nelle località Montagna e Serra di Zotto.
Lo stesso, di durata di undici mesi, richiedeva l'utilizzazione di diciannove
disoccupati di lunga durata, con le specifiche qualifiche di seguito riportate:
1.
un istruttore
direttivo responsabile con Laurea in Scienze Forestali, VIII Q.F.
2.
due diplomati in
Agraria, VI q.f.
3.
sedici operai, III
q.f.
i succitati progetti
venivano siglati anche dalle organizzazioni sindacali in data 05.06.1997;
in seguito, il 10.06.1997,
con delibera di Giunta comunale n. 198, veniva riapprovato il progetto
originario, allo stato non portato a compimento a causa di insufficienza di
fondi. I disoccupati di lungo termine individuati per detto progetto
risultavano essere:
1.
Azzinnari Angelo,
dottore in scienze forestali, VIII q.f.
2.
Miracco Maria Angela,
diplomata in agraria, VI q.f.
3.
Mazzuca Agostino,
diplomato in agraria, VI q.f.
4.
Baffa Anna, operaia,
III q.f.
5.
Baffa Franco,
operaio, III q.f.
6.
Basile Miracco
Domenico, operaio, III q.f.
7.
Bugliari Armenio
Silvana, operaia, III q.f.
8.
Buonofiglio Peppina,
operaia, III q.f.
9.
Cardillo Maria..
operaia, III q.f.
10.
Godino Rosa, operaia.
III
q.f..
11.
Marchianò Maria
Antonietta, operaia, III q.f..
12.
Conte Angelo
(successivamente sostituito da Miracco Domenico), operaia. III q.f.
13.
Ricioppo Giuseppe.
operaio, III q.f.
14.
Scorza Elvira,
operaia, III q.f..
15.
Fucile Lucia,
operaia, III q.f.
16.
Groccia Franchina,
operaia, III q.f.
successivamente, per problemi finanziari, le unità
occupazionali del secondo progetto venivano ridotte da diciannove a quindici;
con delibera di Giunta comunale n. 101 del
12.12.2000 veniva integrato nel secondo progetto il sig. Sica Nicola,
proveniente dal comune di Vaccarizzo Albanese (CS), il quale svolge mansioni
rispondenti alla q.f. posseduta;
a
partire dalla delibera di Giunta comunale n. 37 del 29.05.2001, si riscontra
che nelle richieste di proroga dei progetti le mansioni determinate, in alcuni
casi. non rispecchiano le q.f. iniziali, ciò senza l'assunzione di alcun atto
amministrativo che prevedesse il declassamento delle mansioni dei lavoratori
medesimi;
con delibera di Giunta comunale n. 1 del 10.01.2002
venivano modificate ulteriori mansioni che, anche queste. non rispecchiano le
q.f. iniziali; né venivano proposte e/o deliberate variazioni delle mansioni
che giustificassero ciò, provocando, di fatto, lo svolgimento di mansioni da parte
di alcuni lavoratori non rispondenti alle rispettive q.f. (Basile Miracco
Domenico, III q.f., svolge, tra l'altro. mansioni di VI q.f.; Godino Rosa, III
q.f., svolge mansioni di VI q.f.; Marchianò Maria Antonietta, III q.f., svolge
mansioni di VI q.f.).
con delibera di Giunta comunale n. 52 del
01.07.2005 veniva integrata, proveniente dal Comune di Bisignano (CS), la sig
ra Trotta Silvana, che svolge mansioni competenti con la q.f., posseduta,
con delibera di Giunta comunale n. 55 del
1510712005 veniva integrato, proveniente dal Comune di Vaccarizzo Albanese, il
sig. Murano Domenico, che svolge mansioni competenti con la q.f. posseduta;
con deliberazione di Giunta regionale n. 186 del
20.03.2006 veniva proposta l’integrazione oraria dei lavoratori stessi con la
conseguenza che le ore aggiuntive (dieci settimanali a carico della Regione)
venivano retribuite in base alla q.f. posseduta; si richiedeva, quindi, alle
Amministrazioni comunali la presentazione di progetti per l'incremento del
normale orario settimanale;
con delibera di Giunta comunale n. 41 del
03.05.2006 veniva approvato dal Comune di Santa Sofia d'Epiro ed inviato alla
Regione l’obiettivo specifico dell'intervento con la definizione del piano
finanziario, che prevedeva:
1.
un declassamento di
mansione da D3 a B1: Trotta Silvana
2.
tre declassamenti di
mansione da C1 a B1: Mazzuca Agostino. Miracco Maria Angela e Baffa Rita Maria
3.
un declassamento di
mansione da B3 a Bl: Godino Gennaro
4.
una riconferma di
mansione B1: Sica Nicola
5.
undici progressioni di mansione da Al a Bl:
Baffa Franco, Basile Miracco Domenico, Bugliari Armenia Silvana, Buonofiglio
Peppina, Cardillo Maria, Godino Rosa, Marchianò Maria Antonietta, Miracco
Domenico, Ricioppo Giuseppe, Scorza Elvira, Murano Domenica.
ciò
avveniva senza alcuna precedente deliberazione di Giunta comunale che ponesse
in essere queste variazioni, e senza alcuna concertazione con le organizzazioni
sindacali;
con delibera di Giunta comunale n 57 del 22.08.2006
veniva rettificato tutto l'impianto del progetto presentato alla Regione, col
ritorno dei lavoratori alla loro q.f. iniziale, dimostrando così la totale
incapacità amministrativa nel compiere atti che venivano fatti e disfatti
provocando danni economici a quei lavoratori che per mesi avevano svolto
mansioni superiori senza la relativa adeguata remunerazione;
con delibera di Giunta comunale n. 68 del
07.11.2006 venivano nuovamente ridefinite le mansioni senza previa
concertazione con le parti sindacali:
1.
Basile Miracco
Domenico, da Al a C1
2.
Cardillo Maria, da Al
a B1
3.
Buonofiglio Peppina,
da Al a B1
4.
Godino Rosa, da Al a
C1
5.
Scorza Elvira, da Al
a C1
in virtù della stessa
deliberazione, alcuni lavoratori svolgono finalmente le mansioni competenti,
dopo anni in cui erano stati utilizzati in mansioni che la loro q.f. iniziale
non prevedeva:
come se ciò non bastasse,
anche questo impianto veniva cambiato. Per la prima volta, il 09.01.2007
venivano contattati i sindacati per discutere e mansioni dei lavoratori.
Dall'accordo con essi veniva fuori una delibera di Giunta comunale, la n. 2 del
11.01.2007, la quale prevedeva le seguenti ennesime variazioni:
1.
Basile Miracco
Domenico, da Al a C1
2.
Cardillo Maria, da Al
a B1
3.
Buonofiglio Peppina,
da Al a B1
4.
Godino Rosa, da Al a
C1
5.
Scorza Elvira, da Al
a B1
6.
Godino Gennaro, da B3
a C1
7.
Marchianò Maria
Antonietta, da Al a C1
in tutte queste modifiche
è evidente la disattenzione dell'amministrazione che in ogni delibera
modificativa, ignorando ciò precedentemente deliberato, ricollocava sempre i
lavoratori alla posizione iniziale di q.f. disconoscendo le mansioni superiori
svolte e le collocazioni varie susseguitesi. andando inoltre contro il Ccnl che
recita "...la progressione verticale, disciplinata dall'art. 57 Ccnl
costituisce una delle modalità di accesso alla categoria superiore, riservata
al personale in servizio nella categoria immediatamente inferiore, secondo
modalità concertate con le organizzazioni sindacali. Tali regolamenti saranno
ispirati a criteri di valutazione delle competenze professionali acquisite e
conseguenti all'esperienza risultante dal curriculum del dipendente, verificate
tramite apposite prove di esame, con adeguato riconoscimento della formazione
certificata secondo il sistema dei crediti formativi...la progressione
orizzontale, disciplinata dagli arti, 56 e 59 Ccnl deve avvenire attraverso
meccanismi selettivi, attivati dall'amministrazione con cadenza biennale ed
incentrati su criteri generali (in parte di tipo certificatorio ed in parte di
tipo meritocratico, ma comunque orientati a far leva sul livello di professionalità
di ogni dipendente) individuati all'interno dello stesso contratto
nazionale";
ciò è
inoltre confermato:
dalla sentenza della
Corte costituzionale n. 1 del 1999, dove si ribadisce che l'accesso ad una
fascia funzionale superiore non può essere sottratto a forme di reclutamento;
dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 194 del 2002 che censura la prassi del doppio salto;
dalla sentenza della Corte
costituzionale n. 218 del 2002 dove la Corte ribadisce il divieto di disporre
il passaggio a fasce funzionati superiori senza prevedere una selezione o
verifiche attitudinali adatte a garantire l'accertamento dell'idoneità dei
candidati in relazione ai posti da ricoprire;
nello svolgimento delle
proprie attività da parte degli Lsu è inoltre chiaro che non è stato e non é
rispettato il disciplinare sull'utilizzo degli stessi che specificatamente
prevede: “ciascun lavoratore socialmente utile o di pubblica utilità può essere
impegnato nelle attività enucleate purché vi sia corrispondenza tra la qualifica
posseduta al momento dell'avviamento in lavori socialmente utili o di pubblica
utilità ed i requisiti professionali richiesti per lo svolgimento delle
attività socialmente utili o di pubblica utilità cui viene destinato”;
il d.lgs. n. 165 del 30.03.2002 all'art. 52 dice
espressamente “il prestatore di lavoro deve essere adibito alle mansioni per le
quali é stato assunto, o alle mansioni considerate equivalenti nell'ambito
della classificazione professionale prevista dai contratti collettivi..”.
oltre a questa proliferazione di Delibere con
cambio di mansioni, vi sono, a partire dall'anno 2005, numerosi ordini di
servizio firmati, oltre che dal responsabile del servizio, anche dal Sindaco e
da assessori, che confermano tutte le variazioni di mansioni per i lavoratori
viste nelle precedenti delibere;
accanto a ciò va evidenziata una gestione allegra
del personale impegnato quasi mai sui progetti iniziali per i quali questi
lavoratori sono stati inseriti nel bacino, come dimostra il mancato
raggiungimento dell’obiettivo prefissato dal secondo progetto iniziale dopo
oltre sette anni di lavoro. A ciò è sempre stato preferito l'uso dei lavoratori
per altri fini (copertura posti vacanti nel pubblico impiego, ecc..,). Questo
cattivo uso dei lavoratori è maggiormente dimostrato dalla lettera di richiamo
dell’allora Sindaco (attuale Vice Sindaco) datata 3.06.2002, protocollo n. 167,
con la quale lo stesso invitava i responsabili di servizio, tra cui l'allora
vice Sindaco (attuale Sindaco) ad “un utilizzo razionale e produttivo dei
lavoratori lsu, in quanto ancora oggi si assiste ad una gestione confusionaria
ed anarchica degli stessi, vanificando ogni tipo di intervento ed esponendo, in
molte occasioni, la p. a. ad un comportamento che rasenta il ridicolo”
a segnare ancora di più le scellerate scelte
dell'amministrazione verso gli Lsu sta il fatto che, nonostante la richiesta di
alcuni di essi (Mazzuca Agostino in primis) di cambiamento dell'orario e/o
dell'attività lavorativa da produrre, come da lettera del 30.01.2007 prot. 354,
cosa tra l'altro espressamente riconosciuta dal disciplinare regionale di
utilizzo degli stessi, l’amministrazione si dimostra sempre lontana dalle
esigenze dei lavoratori;
nonostante, quindi, gli Lsu svolgano il 90 per
cento circa dei servizi utili per la comunità locale, provocando un notevole
risparmio finanziario da parte dell'Ente (il quale da anni, pur con carenza di
personale, non indìce pubblici concorsi), lo stesso li gestisce a proprio modo
e piacere ignorando le più fondamentali regole che persistono in un rapporto
lavorativo tra l’Ente ed i lavoratori, offendendo le loro dignità professionali
ed umane”;
a distanza di dieci mesi da questa richiesta di
verifica su quanto denunciato nessuna risposta è pervenuta allo scrivente
dall’assessorato competente;
si ravvisa il perdurare
dello stato di disattenzione da parte del Comune oggetto dei propri compiti
istituzionali;
si constata da parte
dell’amministrazione comunale un uso discrezionale dei diritti-doveri dei
lavoratori in oggetto -:
rifacendomi alla
precedente interrogazione a risposta scritta e tramite l’onorevole Presidenza
del Consiglio regionale quanto precedentemente segnalato, se si intende
produrre tutte le iniziative istituzionali idonee a riportare la gestione degli
Lsu-Lpu di Santa Sofia d'Epiro nella trasparenza e nel pieno rispetto delle
regole che ne disciplinano l'utilizzo.
(252; 30.06.2008)
Chiarella. Al Presidente della Giunta
regionale. Per sapere – premesso che:
i
Sindaci dei comuni costieri della Provincia di Catanzaro, che sono sempre più
soli in campo di emergenza ambientale, dovranno beneficiare di finanziamenti
per i lavori di manutenzione straordinaria agli impianti di depurazione;
i
Sindaci di cui sopra hanno richiesto chiarezza, congiuntamente, con atto
scritto indirizzato al Presidente della Giunta regionale, sulla natura dei
finanziamenti in oggetto chiedendo specificatamente se trattasi di denaro a
titolo di anticipazione o erogazioni a fondo perduto;
la delibera di Giunta
regionale n. 477 del 27/06/2008 non specifica in modo chiaro la natura dei
finanziamenti da concedere ai comuni per gli interventi relativi alla
depurazione;
nei
comuni di Curinga, Falerna, Gizzeria e Nocera Terinese sono in fase di
organizzazione manifestazioni di protesta nei confronti dell'indifferenza
manifestata dagli enti preposti, verso l'annoso problema del
malfunzionamento/insufficienza degli impianti di depurazione, che portano nelle
acque di questa zona tirrenica, come in altre della parte ionica, liquami e
sporcizia di varia natura, colpendo gli operatori economici ed il servizio di
balneazione diretto alla popolazione locale ed ai turisti sempre meno numerosi;
l'amministrazione
provinciale di Catanzaro e tutti i Comuni della stessa provincia stanno
lavorando con serietà e disponibilità a risolvere i problemi derivanti da
questa annosa problematica;
i
finanziamenti a fondo perduto concessi ai comuni risultano essere necessari per
far fronte, da parte degli stessi enti locali, alla complessa macchina
tecnico-amministrativa della depurazione altrimenti, qualora si trattasse di
semplici anticipazioni, si provocherebbero ulteriori gravi problemi e
confusione di natura burocratico-amministrativa nel ramo della depurazione -:
le ragioni relative alla
vicenda in premessa, facendo chiarezza sulla natura dei finanziamenti per i
lavori di manutenzione straordinaria agli impianti di depurazione da
riconoscere ai comuni costieri, dando il via ad una stagione estiva in grado di
soddisfare le richieste dei cittadini, dei turisti e degli operatori del settore.
(254; 07.07.2008)
Tripodi P. All’assessore
alla tutela della salute e sanità. Per
sapere – premesso che:
il presidio ospedaliero di
Gerace finito di costruire nel 1999, concepito con destinazione di ospedale
geriatrico per lungo-degenza e riabilitazione al fine di servire l’utenza di
tutto il comprensorio locrese a tutt’oggi non è mai entrato incomprensibilmente
in funzione per i fini che ne avevano originato la realizzazione né tanto meno
ha subito una trasformazione d’uso corrispondente al contesto sociale in cui è
ubicato ed alle esigenze della popolazione interessata;
inoltre la moderna
struttura in questione, costata circa 9 miliardi
di vecchie lire, ha subito nel corso del tempo diversi lavori
di adeguamento strutturale ed impiantistico di ripristino e di riparazione
straordinari, comportando altresì un ulteriore aggravio di spesa pubblica;
ancor più
grave risulta la decisione da parte dell’assessorato
competente di escludere l’ospedale di Gerace dal nuovo piano regionale della
salute non riconoscendo ad essa la concezione originaria di struttura a scopo
sanitario -:
le motivazioni
che hanno determinato l’esclusione dal nuovo piano regionale della salute del
presidio ospedaliero di cui trattasi nonché quali intendimenti l’assessorato di
pertinenza reputa opportuni ed utili prendere in merito al fine di non lasciare
in disuso una struttura in grado di migliorare la qualità del servizio e delle
prestazioni erogate attualmente dal Servizio sanitario
regionale, implicando sia un vantaggio economico per l’Asp di Locri ma
principalmente un evidente beneficio sociale ed assistenziale per l’intera
comunità calabrese.
(255; 10.07.2008)
Tripodi P. Al Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
la legge regionale del 3 settembre
1984, n. 26 prevede “Incentivi per la valorizzazione e promozione del
termalismo in Calabria” e che in virtù di tale legge la Giunta regionale della
Calabria approva i piani operativi annuali e la ripartizione dei fondi
disponibili per gli interventi previsti dalla legge regionale 26/84 su proposta
dell’assessore al ramo ed acquisito il parere della Commissione consiliare
competente;
sul capitolo 6128201 del bilancio
regionale 2006 era iscritta la somma di € 1.828.326,75 da destinare agli
interventi di cui alla L.R. 26/84 ed in relazione a tale stanziamento, il
dipartimento ha avviato specifici incontri con la realtà calabrese al fine di
definire le priorità in merito agli interventi che avrebbero portato sostegno
finanziario attraverso idonee procedure dello stanziamento di cui trattasi;
sulla stessa copertura finanziaria
si era provveduto già in passato con decreto dirigenziale n. 18907 del
29.12.2006 mediante l’assunzione dell’impegno 4864/06 sull’apposito capitolo
6128201 del bilancio regionale;
nei termini stabiliti dalla legge
regionale 26/84 sono pervenute al dipartimento turismo n. 6 richieste di
ammissione a contributo che di seguito si allegano:
Terme Sibarite Spa – Cassano Ionio;
Calabria terme e salute – Spezzano
Albanese;
Terme Service Srl – Nicotera Marina;
Sateca Spa – Acquappesa;
Terme Caronte Spa - Lamezia Terme;
Consorzio termale “Antonimia Locri”
– Antonimia:
in applicazione a quanto previsto
dalla citata legge si sarebbe dovuto procedere all’approvazione del piano di
riparto dei fondi disponibili a favore delle aziende termali calabresi sino al
40 per cento dell’importo richiesto a finanziamento sulle istanze tutte
compatibili con la legge regionale 26/84 con apposita delibera della Giunta
regionale a fronte della somma disponibile € 1.828.326,75;
il dipartimento turismo ha
provveduto a predisporre apposita proposta di deliberazione che non ha trovato
seguito poiché in sede di verifica da parte della segreteria di Giunta non
risulta più mantenuto l’impegno sul relativo capitolo di bilancio;
il predetto stanziamento risultava
ancora iscritto alla data del 31.12.2007 e che con nota del dirigente del
settore in data 9.01.2008 è stato confermato al dipartimento bilancio della
Regione Calabria il mantenimento dell’impegno n. 4864 del 2006 di €
1.828.326,75 sul capitolo di spesa 6128201 -:
con quali motivazioni l’importo di €
1.828.326,75 non è stato riportato a residui nel bilancio di previsione 2008.
(256; 10.07.2008)
Galati. Al Presidente della
Giunta regionale e all’assessore al personale. Per sapere – premesso che:
in occasione
dell’approvazione del bilancio 2007, il sottoscritto ha presentato un
emendamento tendente al riconoscimento della natura retributiva della indennità
riconosciuta agli appartenenti alle strutture speciali del Consiglio e della
Giunta;
detto trattamento economico non può essere
definito “salario accessorio” in quanto non facente parte del relativo fondo
determinato in sede di contrattazione decentrata;
l’indennità
di struttura è, viceversa, riconosciuta da apposita legge regionale;
detta
indennità è corrisposta in misura fissa, continuativa e a tempo indeterminato;
pertanto, è
da considerarsi a tutti gli effetti di natura retributiva;
sono insorte
svariate vertenze in sede di definizione del trattamento pensionistico e di
fine rapporto;
risultano
pendenti numerosi giudizi, mentre altri già definiti hanno visto soccombere la
Regione con conseguente pagamento di spese legali e di giudizio;
occorre
evitare di incorrere in violazione delle norme di legge che regolano la materia
contributiva e quindi assoggettare a contributo la indennità di struttura anche
ai fini del Tfr o del Ipfs;
il mancato
riconoscimento della natura retributiva dell’indennità determina un trattamento
pensionistico pari quasi alla meta dei trattamenti stipendiali in godimento
durante l’attività di servizio con conseguente e grave pregiudizio delle
condizioni di vita degli interessati -:
quali
provvedimenti intende adottare il responsabile del dipartimento competente ai
fini di evitare un continuo ricorso all’autorità giudiziaria ordinaria e al
fine di pervenire al giusto riconoscimento del diritto dei lavoratori delle
strutture speciali ad un trattamento pensionistico e di fine rapporto realmente
ancorato alla retribuzione percepita nel corso della loro attività lavorativa.
(257;
10.07.2008)
Battaglia. Al
Presidente della Giunta regionale. Per sapere – premesso che:
le Commissioni provinciali
per l'artigianato nelle cinque province calabresi, offrono ormai da anni
numerosi servizi alle imprese relativi all'iscrizione, alle qualifiche, nonché
al rilascio delle certificazioni e delle visure;
per l'erogazione dei
predetti servizi le commissioni provinciali si avvalgono della rete Infocamere
Scarl, che assicura la gestione informatizzata dell'Albo delle imprese
artigiane;
da più di due mesi a causa
del mancato pagamento da parte della Regione delle competenze dovute,
Infocamere ha sospeso l'accesso al sistema alle Commissioni provinciali per
l'artigianato.
altre
regioni hanno potenziato e valorizzato le sinergie tra le C.P.A. e Infocamere
nell'erogazione dei servizi alle imprese -:
quali sono i motivi
dell'interruzione dei pagamenti delle competenze dovute ad Infocamere;
quali sono le iniziative
che questa Regione intende attuare per potenziare e valorizzare i servizi
offerti dai C.P.A.
(253; 04.07.2008)
Art. 1
Finalità
1.
La Regione Calabria garantisce
la tutela della salute assicurando la disponibilità di
prestazioni sanitarie e socio-sanitarie improntate all'efficacia delle
cure, alla sicurezza dei percorsi clinico-assistenziali ed
al miglioramento continuo
della qualità delle
strutture sanitarie e
sociosanitarie pubbliche e private,
ottenute per mezzo degli istituti dell'autorizzazione sanitaria,
dell'accreditamento e degli accordi contrattuali.
Art. 2
Definizioni
1. Ai
fini della presente legge valgono le seguenti definizioni:
a)
struttura sanitaria e socio-sanitaria: qualunque struttura che eroghi
prestazioni di prevenzione, diagnosi, cura e riabilitazione nel rispetto di
quanto stabilito dalla programmazione sanitaria regionale, dai piani sanitari
regionali e dagli atti aziendali;
b)
presidio: la struttura fisica ovvero lo stabilimento ospedaliero in forma
singola o di stabilimenti ospedalieri riuniti, poliambulatorio, residenza
sanitaria, residenza socio-sanitaria, psichiatrica, riabilitativa, dove si
effettuano le prestazioni e le attività sanitarie;
c)
studio medico, odontoiatrico o di altre professioni sanitarie: il luogo nel
quale un professionista sanitario, regolarmente abilitato ed iscritto
all'ordine o albo di competenza, esercita la propria attività professionale in
forma singola od associata. Le prestazioni effettuabili presso lo studio si
caratterizzano come semplici visite senza l'utilizzo di apparecchi diagnostici
complessi e senza azioni invasive che comportino un rischio per la sicurezza
del paziente;
d)
ambulatorio: la struttura aperta al pubblico, con vincoli di giorni ed orari di
apertura, avente individualità autonoma rispetto a quella dei professionisti
che ne fanno parte, e natura giuridica di impresa con separazione tra attività
professionale e gestione amministrativa. L'ambulatorio può essere gestito in
forma individuale, associata o societaria ed avvalersi esclusivamente di
professionisti sanitari regolarmente abilitati ed iscritti agli ordini o albi
professionali di competenza;
e)
accordi e contratti: gli atti con cui si definiscono con i soggetti pubblici e
privati tipologia, quantità delle
prestazioni erogabili, remunerazione a carico del servizio sanitario
nell’ambito dei livelli di spesa determinati in sede di programmazione
regionale.
Entro
sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge la Giunta
regionale definisce con propria delibera le caratteristiche e la
classificazione degli ambulatori,
previo parere della Commissione consiliare competente da esprimere entro
15 giorni dalla data di assegnazione del provvedimento.
Art. 3
Autorizzazioni sanitarie
1.
L'autorizzazione sanitaria è il provvedimento con il quale, verificato il
possesso dei requisiti necessari, si consente l'esercizio della attività
sanitaria o socio-sanitaria da parte di una struttura pubblica o privata o di
professionisti.
2. Sono
assoggettate ad autorizzazione:
a) le
strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni specialistiche in
regime ambulatoriale di branche a visita;
b) le
strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni specialistiche in
regime ambulatoriale di diagnostica per immagine;
c) i
laboratori di analisi chimico-cliniche;
d) i
poliambulatori;
e) le
strutture sanitarie e socio-sanitarie che erogano prestazioni di assistenza
domiciliare;
f) le
strutture che erogano prestazioni di recupero e rieducazione funzionale;
g) le
strutture che erogano prestazioni di terapia iperbarica;
h) i
consultori familiari;
i) i
centri e le strutture, anche residenziali, che erogano prestazioni di tutela
della salute mentale;
j) le
strutture che erogano prestazioni di trattamento delle dipendenze patologiche;
k) i
servizi di immunoematologia e trasfusione ed i centri trasfusionali;
l) i
presidi di ricovero e cure ospedaliere;
m)le strutture
residenziali sanitarie assistenziali;
n) le
case protette;
o) i
complessi termali;
p) i
centri estetici dove si praticano attività sanitarie;
q) le
strutture che erogano prestazioni di cure palliative, ovvero
"hospice";
r) gli
studi medici, odontoiatrici e delle professioni sanitarie ove attrezzati per
erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero procedure diagnostiche e
terapeutiche che comportino un rischio per la sicurezza e la salute del
paziente;
s) i
servizi di ambulanza ed eliambulanza;
t) le
case della salute, intendendosi per tali le strutture polifunzionali diffuse in
grado di erogare materialmente l'insieme delle cure primarie e di garantire la
continuità assistenziale con l'ospedale e le attività di prevenzione, a tal
fine integrando le attività del personale del distretto tecnico-amministrativo,
infermieristico, della riabilitazione, dell'intervento sociale, dei medici di
base con il loro studio associato, degli specialisti ambulatoriali;
u) I
centri e le strutture, anche residenziali che erogano prestazioni di
riabilitazione estensiva extra ospedaliera.
3. Non
sono assoggettati ad autorizzazione:
a) gli
studi medici di medicina generale ed i pediatri di libera scelta che rispondono
ai requisiti stabiliti dai vigenti accordi collettivi nazionali;
b) gli
studi medici, odontoiatrici, delle altre professioni sanitarie e quelli che non
sono attrezzati ad erogare prestazioni di chirurgia ambulatoriale, ovvero
procedure diagnostiche e terapeutiche che comportino un rischio per la sicurezza
e la salute del paziente;
4. E’
autorizzato il completamento dei procedimenti amministrativi per
l’autorizzazione al funzionamento e all’accreditamento, per le strutture delle
Aziende Sanitarie realizzate con i
fondi di cui all’ art. 20 della legge 11 marzo 1988, n. 67, già affidate con
gare ad evidenza pubblica, e per le
strutture per le quali, alla data dell’entrata in vigore della presente legge,
siano state già investite le Commissioni delle Aziende sanitarie competenti per
territorio per la verifica dei requisiti (legge regionale n. 11 del 19 marzo
2004), laddove dalle istruttorie compiute risulti positivamente riscontrato il
possesso dei requisiti nel rispetto delle compatibilità finanziarie e di quanto
disposto al comma 9 dell’art. 11.
5. L'autorizzazione
alla realizzazione di strutture sanitarie pubbliche e private, è rilasciata dal
Comune territorialmente competente, ferma restando la libertà di impresa e
previa verifica di compatibilità con la programmazione sanitaria regionale da
parte del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie ai
sensi dell’ art. 8 ter, comma 3,del decreto legislativo 19 giugno 1999, n. 229.
6. Per
il settore socio-sanitario, le attività gestionali disciplinate dalla presente
legge sono svolte d'intesa con le strutture regionali competenti in materia di
politiche sociali, sulla base di un apposito protocollo operativo,di carattere
generale, assunto con delibera di Giunta regionale, previo parere della
Commissione consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di
assegnazione del provvedimento.
Art. 4
Personale
1. Il
personale operante presso le strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e
private deve possedere i titoli previsti dalla normativa vigente per
l'esercizio delle attività cui lo stesso è preposto ed essere assunto dalle
strutture stesse, con rapporto di lavoro di natura dipendente ovvero libero
professionista nel rispetto dei contratti collettivi nazionali di lavoro di
categoria.
La
mancata o non corretta applicazione dei contratti di categoria comporta la
sospensione dei contratti di cui all’art. 13 della presente legge per non oltre
due mesi. La mancata corresponsione nei modi e nei termini di legge, degli
stipendi al personale in servizio, comporta l’applicazione di una sanzione
pecuniaria correlata al tempo dell’inadempienza fino a un massimo di 2/12 dell’
importo contrattuale, fatto salvo il rispetto dei termini contrattuali tra le
Aziende Sanitarie e le aziende private.
2. Al
fine del mantenimento dei requisiti, per le sole strutture private attualmente
accreditate, il personale medico può, a domanda, essere mantenuto in servizio a
condizione che venga dimostrato – su una sola area/disciplina, equipollente o
affine – il lavoro svolto per almeno cinque anni con qualsiasi forma
contrattuale.
3. I
rappresentanti legali delle strutture sanitarie e socio-sanitarie comunicano al
Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie ed all'azienda
sanitaria competente per territorio, entro il 31 gennaio di ogni anno, le
tipologie di contratto collettivo nazionale di lavoro applicato al personale operante presso le strutture
medesime. L’ eventuale cambio di contratto deve essere motivato e comunicato.
4. Il
datore di lavoro garantisce la sicurezza e la tutela della salute dei
lavoratori e predispone un piano annuale di riqualificazione del personale, nel
rispetto della normativa riguardante l'aggiornamento professionale continuo, da
trasmettere entro il mese di gennaio di ogni anno all'Azienda Sanitaria ed al Dipartimento
regionale tutela della salute e politiche sanitarie, accompagnato da un elenco
completo, con i relativi titoli, di tutto il personale operante presso le
strutture interessate.
Art. 5
Organizzazione
1. Le
strutture sanitarie private che erogano prestazioni con oneri a carico del
servizio sanitario regionale rispettano il modello organizzativo-funzionale in
riferimento alle figure individuate agli articoli 6, 7 e 8.
Art. 6
Legale rappresentante della struttura
1. Il
legale rappresentante della struttura è tenuto a comunicare tempestivamente al
Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie:
le
variazioni del direttore sanitario di cui all’articolo 7;
il
nominativo del medico che sostituisce il direttore sanitario in caso di assenza o impedimento;
le
sostituzioni e/o le integrazioni del personale medico e non, operante nella
struttura;
le
sostituzioni e/o integrazioni delle attrezzature sanitarie;
tutte le
variazioni e trasformazioni intervenute nella natura giuridica e nella composizione
della società titolare della struttura, ivi compreso il cambio di titolarità
delle struttura;
la temporanea sospensione di una o più
attività per periodi superiori ad un mese e fino a un anno prorogabile, per
motivate esigenze, per un ulteriore anno;
la
ripresa dell’attività sospesa ai sensi della lettera f);
la definitiva cessazione dell’attività.
2. E’
inoltre tenuto a:
verificare
l’assenza di incompatibilità ai sensi della normativa vigente;
assicurare
la presenza del direttore sanitario e del restante personale, medico e non
medico, previsto dalla presente legge;
c)
garantire, tramite il direttore sanitario, l’attuazione degli adempimenti di
cui all’articolo 7.
Art. 7
Direttore sanitario requisiti e compiti
Ogni
struttura sanitaria deve avere un direttore sanitario.
Il
direttore sanitario deve essere in possesso della specializzazione in una delle
discipline dell’area di sanità pubblica o in una disciplina equipollente o deve
aver svolto per almeno cinque anni attività di direzione tecnico-sanitaria in
enti o strutture sanitarie pubbliche o private.
Nelle
strutture monospecialistiche, sia ambulatoriali che di ricovero in fase
post-acuta, le funzioni del direttore sanitario possono essere svolte da un
medico in possesso della specializzazione nella disciplina cui afferiscono le
prestazioni svolte o in disciplina equipollente.
Negli
ambulatori che svolgono esclusivamente attività di medicina di laboratorio, le
funzioni del direttore sanitario possono essere svolte, per quanto di
competenza, anche da un direttore tecnico in possesso di laurea specialistica
in biologia o chimica o equipollenti, purchè specializzato o in possesso di
almeno cinque anni di anzianità nell’attività di direzione tecnico-sanitaria in
enti o strutture sanitarie pubbliche o private.
Per lo svolgimento delle funzioni di
direttore sanitario, deve essere garantito un orario congruo rispetto alle
specifiche tipologie ed attività del presidio, comunque non inferiore alle
dodici ore settimanali per i presidi ambulatoriali ed alle diciotto ore
settimanali per i presidi di ricovero.
La funzione di direttore sanitario è
incompatibile con la qualità di proprietario, comproprietario, socio o
azionista della società che gestisce la struttura sanitaria.
La
disposizione di cui al comma 6 non si applica alle strutture ambulatoriali
monospecialistiche.
Il
Direttore sanitario:
cura
l’organizzazione tecnico-sanitaria della struttura sotto il profilo igienico ed
organizzativo;
cura
l’applicazione del documento sull’organizzazione e sul funzionamento della
struttura proponendo le eventuali variazioni;
controlla
la regolare tenuta e l’aggiornamento di apposito registro contenente i dati
anagrafici e gli estremi dei titoli professionali del personale addetto
all’attività sanitaria;
controlla
il regolare svolgimento dell’attività;
vigila
sul comportamento del personale addetto ai servizi sanitari proponendo, se del
caso, al legale rappresentante i provvedimenti disciplinari;
cura la
tenuta dell’archivio sanitario (cartelle cliniche, schede cliniche ambulatoriali
e la relativa conservazione):
propone
al legale rappresentante, d’intesa con i medici responsabili, l’acquisto di
apparecchi, attrezzature ed arredi sanitari ed esprime il proprio parere su
eventuali trasformazioni edilizie della struttura;
rilascia
agli aventi diritto copia delle cartelle cliniche ed ogni altra certificazione
sanitaria riguardante le prestazioni eseguite;
vigila
sulle condizioni igienico- sanitarie.
9. In
caso di attività di ricovero il direttore sanitario ha inoltre le seguenti attribuzioni:
controlla
la regolare tenuta del registro di carico e scarico delle sostanze stupefacenti
o psicotrope in conformità a quanto disposto dalla normativa vigente;
cura
l’organizzazione dei turni di guardia e di reperibilità del personale medico;
vigila
sulla gestione del servizio farmaceutico e sulla scorta dei medicinali e
prodotti terapeutici, sulle provviste alimentari e sulle altre provviste
necessarie per il corretto funzionamento della struttura;
è
responsabile per la farmacovigilanza;
cura
l’osservanza delle disposizioni concernenti la polizia mortuaria;
impartisce disposizioni perché, nell’ipotesi
di cessazione di attività della struttura, le cartelle cliniche siano
consegnate al servizio di medicina legale della Azienda competente per territorio.
Art. 8
Titolare di studio professionale
1. Il
titolare dello studio professionale è tenuto a comunicare tempestivamente al
Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie:
ogni
variazione che intervenga rispetto a quanto dichiarato al fine del
conseguimento dell’autorizzazione o della dichiarazione di inizio attività;
la
temporanea sospensione dell’attività dello studio per periodi superiori ai sei
mesi;
la
definitiva cessazione dell’attività.
2. Il
titolare dello studio professionale è inoltre tenuto a curare l’organizzazione
tecnico-sanitaria dello studio sotto il profilo igienico ed organizzativo.
3. Gli
studi professionali associati, oltre a quanto previsto ai commi 1 e 2,
comunicano tempestivamente ogni variazione intervenuta nella composizione
dell’associazione.
Art. 9
Cessione e decadenza dell'autorizzazione all'esercizio
1. A
seguito di trasferimento di fusione di più soggetti accreditati o di
trasformazione societaria, in qualsiasi forma, della proprietà della struttura
o della concessione in godimento della struttura stessa ad un soggetto diverso
da quello autorizzato, l'autorizzazione all'esercizio può essere ceduta previo
assenso del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie a
seguito di verifica della permanenza dei
requisiti. In caso di cessione all’esercizio lo stesso soggetto non può
essere autorizzato all’esercizio della stessa attività ceduta per almeno un
anno.
2. In
caso di decesso della persona fisica autorizzata, gli eredi hanno facoltà di
continuare l'esercizio dell'attività per un periodo non superiore a un anno dal
decesso. Entro tale periodo gli eredi possono cedere a terzi l'autorizzazione
all'esercizio, ovvero proseguire essi stessi l’ attività nel rispetto di quanto
previsto al comma 1.
3.
L'autorizzazione all'esercizio decade nei seguenti casi:
a)
esercizio di un’attività sanitaria o socio-sanitaria diversa da quella autorizzata;
b)
estinzione della persona giuridica autorizzata, fatto salvo quanto previsto dal
comma 1;
c)
rinuncia del soggetto autorizzato;
d)
cessione dell'autorizzazione all'esercizio in mancanza dell'assenso regionale
di cui al comma 1 ovvero dell'inutile decorso del periodo di cui al comma 2;
e)
mancato inizio dell'attività entro il termine di sei mesi dal rilascio
dell'autorizzazione all'esercizio, prorogabile una sola volta per gravi motivi
rappresentati dal titolare.
4. Le
disposizioni di cui all’articolo 3, comma 1, della legge regionale 16 febbraio
2005, n. 2, continuano a trovare applicazione per le strutture ambulatoriali
private autorizzate e/o accreditate alla data di entrata in vigore della legge
regionale 2 ottobre 2002, n. 35.
5.
L'autorizzazione decade d'ufficio nei confronti di:
a)
coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli
articoli 416bis e 416ter del codice penale o per il delitto di associazione di
cui all’art. 74 del T.U. n. 309 del 1990, o per un delitto di cui all’articolo
73 del citato T.U. o per un delitto concernente la fabbricazione,
l’importazione, l’esportazione, la vendita o la cessione, l’uso o il trasporto
di armi, munizioni o materie esplodenti, o per il delitto di favoreggiamento
personale o reale commesso in relazione a taluni dei predetti reati;
b)
coloro che hanno riportato condanna definitiva, per i delitti previsti dagli
articoli 314, 316, 316bis, 316ter, 317 , 318, 319, 319ter, 320, 640 comma II,
640bis del Codice penale;
c)
coloro nei confronti dei quali sia stata applicata con decreto definitivo una
misura di prevenzione personale o patrimoniale in quanto indiziati di
appartenere ad una delle associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31
maggio 1965, n. 575 e successive modificazioni;
d)
coloro che hanno riportato condanna definitiva per un delitto anche colposo
commesso nell’esercizio dell’attività socio-sanitaria disciplinata dalla
presente legge;
e)
coloro che sono stati condannati con sentenza definitiva ad una pena che
comporti l'interdizione temporanea o perpetua dai pubblici uffici, ovvero
l'incapacità di contrarre con la pubblica amministrazione.
6. La
decadenza opera nei confronti delle persone giuridiche nel caso di condanne
definitive intervenute nei confronti di azionisti, titolari di quote superiori
al 15 per cento, legale rappresentante della società e/o amministratori.
Art. 10
Sanzioni
1. Fatte
salve eventuali sanzioni di natura penale, la Regione è autorizzata ad
applicare le sanzioni di cui ai commi 2, 3 e 4.
2.
L'esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria in carenza di titolo
autorizzatorio comporta l'applicazione di una sanzione amministrativa per un
importo compreso tra un minimo di euro 10.000,00 ed un massimo di euro
100.000,00, nonché l'impossibilità di presentare richiesta di autorizzazione
all'esercizio della medesima o di altra attività sanitaria o socio-sanitaria
per un periodo di tre anni.
3.
L'esercizio di attività sanitaria o socio-sanitaria diversa da quella
autorizzata comporta, in aggiunta alla decadenza ai sensi dell'articolo 9,
comma 3, lettera a), l'applicazione di una sanzione amministrativa per un importo
compreso tra un minimo di euro 5.000,00 e un massimo di euro 50.000,00, nonché
l'impossibilità di presentare richiesta di autorizzazione all'esercizio della
medesima o di altra attività sanitaria o socio-sanitaria per un periodo di sei
mesi.
4. L'applicazione
delle sanzioni amministrative di cui ai commi 2 e 3 ha luogo nel rispetto delle
normative che disciplinano la materia.
Art. 11
Accreditamento
1.
L'accreditamento è il provvedimento attraverso il quale le strutture pubbliche
e private ed i professionisti già autorizzati ai sensi dell'articolo 3 possono
erogare prestazioni sanitarie o socio-sanitarie per conto del Sistema sanitario
nazionale.
2. La qualità di soggetto accreditato non
costituisce vincolo per le aziende e gli enti del Servizio sanitario nazionale
a corrispondere la remunerazione delle prestazioni erogate al di fuori degli
accordi contrattuali di cui all'articolo 8 quinquies del decreto
legislativo n. 502/92, e successive
modificazioni ed integrazioni.
3. L'accreditamento, nell'ambito della
programmazione regionale e locale, è titolo necessario per l'instaurazione dei
rapporti di cui all'articolo 8
quinquies del decreto legislativo 502/1992, e successive modificazioni ed integrazioni, da stipularsi nell'ambito
della disciplina vigente secondo i principi di imparzialità e trasparenza.
4. Il Piano Sanitario regionale definisce il
programma regionale di accreditamento,
indicando gli obiettivi generali da raggiungere nel triennio e le iniziative
necessarie per valorizzare l'accreditamento come strumento di garanzia per i
cittadini, per la qualificazione dell'offerta con particolare riferimento
all'appropriatezza ed alla continuità delle cure, e per lo sviluppo di un
servizio sanitario efficiente.
5. Entro
30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge la
Giunta Regionale, con apposito regolamento, definisce i requisiti di qualità,
strutturali, tecnologici ed organizzativi necessari per l'accreditamento,
nonché i sistemi di controllo sulla permanenza dei requisiti stessi e le
modalità e i termini per la richiesta di accreditamento, da parte delle
strutture pubbliche. Con il medesimo regolamento sono definiti i requisiti per
l’ autorizzazione all’ esercizio e gli ulteriori requisiti sopra indicati per l’accreditamento delle strutture
private, previo parere della Commissione consiliare competente da esprimere
entro 15 giorni dalla data di assegnazione del provvedimento.
6. L’
autorizzazione sanitaria all’esercizio e l'accreditamento sono concessi, senza
facoltà di delega, dal Dirigente generale del Dipartimento regionale tutela
della salute e politiche sanitarie, previa verifica del fabbisogno e della
programmazione regionale nonché il
relativo livello organizzativo di applicazione ottimale,ed acquisito il parere
espresso con delibera del Direttore Generale dell'Azienda sanitaria competente
per territorio, che si avvale per lo scopo delle risultanze della Commissione
di cui all'articolo 12, a tal fine:
a) la
predetta Commissione esamina le domande e trasmette le risultanze entro il
termine massimo di 90 giorni, salvo carenze documentali necessarie per la
decisione. Nei successivi 15 giorni il Direttore generale dell’Azienda
sanitaria deve esprimere il parere;
b)
decorsi tali termini l’Assessore competente senza indugio nomina i Commissari
ad acta i quali agiscono con i poteri della Commissione di cui all’articolo 12,
e dello stesso Direttore generale;
c) I
Commissari valutano le richieste e trasmettono le risultanze con un parere al
Direttore generale del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche
sanitarie.
7.
L'accreditamento, anche definitivo, è soggetto a rinnovo ogni tre anni dalla
data del relativo provvedimento, sulla base di apposita istanza che il
rappresentante legale della struttura interessata deve presentare almeno sei
mesi prima della data di scadenza dell'accreditamento all’Azienda sanitaria competente.
8. Ai
fini del rinnovo dell’accreditamento si terrà conto dell’evoluzione delle
tecnologie, delle pratiche sanitarie e della normativa eventualmente
intervenuta. Ai medesimi fini le prestazioni potranno essere ridefinite alla
luce dei volumi delle attività prodotte, anche sulla base dei fabbisogni
determinati dalla programmazione regionale.
9. Le
strutture sanitarie e socio-sanitarie che, alla data di entrata in vigore della
legge di approvazione del nuovo Piano sanitario regionale, erogano prestazioni
già accreditate e non più conformi agli obiettivi della programmazione
regionale, possono presentare al Dipartimento regionale tutela della salute e
politiche sanitarie progetti di
adeguamento e di riconversione nei termini e con le procedure di cui ai commi
10 e 11, fermo restando che il termine per il possesso dei requisiti minimi da
parte delle strutture private accreditate è fissato alla data di entrata in vigore della presente legge.
10. In
previsione dell’approvazione del nuovo Piano Sanitario regionale le case di
cura neuropsichiatriche che devono riconvertirsi in strutture residenziali per
la salute mentale, ovvero modificare la propria natura funzionale orientandosi
verso altre patologie che necessitano di ricovero, possono presentare entro 60
giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge conseguenti
progetti di riconversione per almeno la metà degli attuali posti letto. I
progetti sono soggetti ad approvazione da parte del Dipartimento regionale
tutela della salute e politiche sanitarie, acquisito il parere dei Direttori generali
delle Aziende sanitarie territorialmente competenti, da rendere entro il
termine perentorio di venti giorni dalla data della richiesta.
11. I
progetti di cui al comma 10 devono indicare la progressione mensile delle
attività che si intendono realizzare, anche con riferimento alla riduzione dei
posti letto. Il Dipartimento regionale tutela della salute e politiche
sanitarie provvede, anche avvalendosi del personale delle Aziende sanitarie,
con analoga cadenza temporale a verificare la rispondenza delle attività alla
progressione mensile prevista nei progetti, disponendo in caso di riscontro
negativo la sospensione dell'autorizzazione all'esercizio e dell'accreditamento
e comunque la revoca in caso di mancato completamento delle attività entro il
termine finale previsto nei progetti stessi. Le dotazioni dei posti letto
possono essere mantenute nei termini temporali e quantitativi previsti nei
progetti approvati ai sensi del comma 10.
12. Le
cooperative sociali che svolgono le attività socio-sanitarie di cui alla
delibera della Giunta regionale n. 1044 del 2002 e le strutture residenziali riabilitative accreditate ai sensi
della delibera della Giunta regionale n. 477 del 2004, possono presentare al
Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie progetti di
adeguamento o riconversione nei termini e con le procedure di cui ai commi 10 e
11. A seguito dell’approvazione del nuovo Piano Sanitario regionale le medesime
norme si applicano anche agli erogatori appartenenti a tutte le altre categorie
che intendano, motivatamente, effettuare riconversioni .
13.
I posti letto già accreditati dalle
case di cura private saranno determinati alla luce del fabbisogno stabilito con
l’approvazione del nuovo Piano sanitario regionale in applicazione alle indicazioni previste dall’accordo
Stato-Regioni del 23 marzo 2005, previo parere della Commissione consiliare
competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di assegnazione del
provvedimento.
Art. 12
Commissioni aziendali per l’autorizzazione e
l'accreditamento
1. Entro
30 giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge la Giunta
regionale, definisce con apposito regolamento i compiti, le funzioni, le
modalità operative ed i criteri per la composizione delle Commissioni aziendali
per l'autorizzazione sanitaria e l'accreditamento, previo parere della
Commissione consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di
assegnazione del provvedimento.
2.
L’elenco delle autorizzazioni e degli accreditamenti concessi e negati è pubblicato
sul sito internet della Giunta regionale a cura del Dipartimento regionale
tutela della salute e politiche sanitarie.
Accordi e contratti
1. Entro
il 31 dicembre dell’ anno precedente a quello di riferimento, e quindi dal 31
dicembre 2008, la Giunta regionale tenendo conto dei livelli essenziali di
assistenza definisce con proprio regolamento lo schema di contratto, i tempi, i
modi e le condizioni contrattuali, nonché lo schema di riparto delle risorse
finanziarie tra le Aziende sanitarie ed ospedaliere, distinte per tipologie di
prestazioni sanitarie e socio-sanitarie da erogare. Le Aziende Sanitarie
stipulano accordi-contratti anche con le Aziende ospedaliere presenti sul
rispettivo territorio che rivestono
carattere prioritario nella programmazione aziendale. Conseguentemente, a
partire dal 1° gennaio 2009, la Giunta regionale effettua il riparto delle
risorse finanziarie direttamente tra le sole Aziende sanitarie.
2. Le
Aziende sanitarie definiscono gli accordi con le strutture pubbliche ed
equiparate e stipulano contratti con quelle private e con i professionisti
accreditati, sulla base dei piani annuali preventivi e della valutazione dei
bisogni di prestazioni, nell'ambito dei livelli di spesa e dei livelli
assistenziali stabiliti dalla programmazione regionale.
3. Gli
accordi ed i contratti sono sottoscritti entro il termine massimo del 30 aprile
di ogni anno.
4. Il
volume delle prestazioni da erogare a seguito degli accordi contrattuali è
pubblicato sul sito della Regione a cura del Dipartimento regionale tutela
della salute e politiche sanitarie.
5. Gli
accordi ed i contratti non possono essere stipulati e devono essere sospesi nei
confronti di:
coloro
che hanno riportato condanna, anche non definitiva, per tutti i delitti
previsti dal comma 5 dell’art. 9 ad eccezione della lettera d);
coloro
che hanno riportato condanna, anche non definitiva, alla pena della reclusione
superiore ad anni quattro con esclusione dei reati colposi;
coloro
nei confronti dei quali sia stata applicata una misura di prevenzione personale
con decreto di primo grado in quanto indiziati di appartenere ad una delle
associazioni di cui all'articolo 1 della legge 31 maggio 1965, n. 575, e
successive modificazioni;
il
Dirigente generale del Dipartimento regionale tutela della salute e politiche
sanitarie adotta il provvedimento di sospensione con modalità e tempi idonei a
garantire la continuità dell'assistenza ai ricoverati e, comunque, entro
centoventi giorni dalla conoscenza dei
provvedimenti sopra menzionati;
la
sospensione opera nei confronti delle persone giuridiche nel caso di condanne
non definitive intervenute nei confronti di azionisti e titolari di quote
superiori al quindici per cento, legale rappresentante della società e/o
amministratori, se entro novanta giorni dalla condanna non sia cessata la
partecipazione al capitale o il rapporto di amministrazione della persona
condannata;
la
sospensione cessa di diritto di produrre effetti decorsi diciotto mesi. La
cessazione non opera, tuttavia, se entro tale termine l’impugnazione in punto
di responsabilità è rigettata anche con sentenza non definitiva. In
quest’ultima ipotesi la sospensione cessa di produrre effetti decorso
l’ulteriore termine di dodici mesi dalla sentenza di rigetto di secondo grado.
Art. 14
Vigilanza e controllo
1. Entro
il 31 gennaio di ogni anno i soggetti pubblici e privati autorizzati
all'esercizio inviano alla Regione, e contestualmente all'Azienda sanitaria
competente per territorio, una dichiarazione sostitutiva di atto di notorietà
attestante la permanenza del possesso dei requisiti necessari, rispettivamente,
ai fini dell'autorizzazione o, ove del caso, dell'accreditamento.
2. Le
Aziende sanitarie attivano, avvalendosi delle proprie strutture ordinarie
nonché delle Commissioni di cui all’ articolo 12, sistemi di controllo di
verifica sia sulla permanenza dei requisiti strutturali, organizzativi e
professionali che, relativamente alle strutture pubbliche e private
accreditate, sull'appropriatezza delle prestazioni sanitarie e socio-sanitarie
erogate, disponendo le occorrenti attività ispettive almeno ogni due mesi a
campione.
3.
Qualora dalle attività di controllo, di verifica e di ispezione risultino
elementi tali da far ritenere compromesso il mantenimento dei requisiti
stabiliti in sede di autorizzazione all'esercizio, ovvero dell'accreditamento,
o anomalie gestionali in violazione degli accordi contrattuali, il Direttore
generale dell'Azienda sanitaria territorialmente competente propone con propria
delibera al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche sanitarie
l'adozione dei conseguenti provvedimenti, fermo restando che il Direttore
generale medesimo è comunque tenuto ad assumere, ove ne ricorrano i
presupposti, ogni altra iniziativa di carattere urgente diretta ad evitare
rischi per la salute dei cittadini.
4.
Qualora dalle attività espletate ai sensi del comma 3 emergano situazioni di
parziale non rispondenza ai requisiti stabiliti in sede di autorizzazione
all'esercizio ovvero di accreditamento, tali comunque da non pregiudicare
gravemente la prosecuzione delle attività, il Direttore generale dell'Azienda
sanitaria territorialmente competente può consentire la presentazione da parte
della struttura interessata di un piano di adeguamento, indicando i termini per
provvedere, e ne controlla successivamente lo stato di avanzamento. Il medesimo
Direttore comunica al Dipartimento regionale tutela della salute e politiche
sanitarie ogni iniziativa assunta e le relative conclusioni. In caso di mancato
adeguamento, il medesimo Direttore opera nei termini di cui al comma 3.
5. La
Giunta regionale istituisce con apposito regolamento, entro trenta giorni dalla
data di entrata in vigore della presente legge, previo parere della Commissione
consiliare competente da esprimere entro 15 giorni dalla data di assegnazione
del provvedimento, l'Autorità regionale per i controlli sanitari, incaricata di
verificare e coordinare gli interventi oggetto delle disposizioni del presente
articolo e, ove ne ravvisi la necessità, di disporre autonome attività di
verifica, controllo e ispezione sulla qualità delle prestazioni erogate dalle
strutture sanitarie e socio-sanitarie pubbliche e private accreditate, con
particolare riferimento all'appropriatezza delle prestazioni stesse. Con il
medesimo regolamento la Giunta regionale stabilisce la composizione, le
modalità di nomina e di funzionamento, nonché i compensi per l’Autorità
regionale, nell'ambito delle risorse finanziarie disponibili.
6.
L'Autorità di cui al comma 5 dispone direttamente, oltre che del personale del
Dipartimento regionale tutela della
salute e politiche sanitarie, anche del personale delle Commissioni Aziendali
di cui all’ articolo 12, per attività relative a strutture sanitarie ubicate in
territori non rientranti nelle rispettive competenze, dandone informazione alle
Aziende sanitarie di appartenenza ed al relativo Dipartimento regionale.
L'Autorità stessa opera con i medesimi poteri delle Commissioni di cui
all'articolo 12 e con le medesime attribuzioni affidate ai Direttori generali delle
Aziende sanitarie ai sensi dei commi 3 e 4 del presente articolo, riferendo
annualmente alla Giunta regionale, che ne informa il Consiglio regionale, sulle
attività realizzate e delineando ogni proposta ritenuta utile per un
miglioramento del sistema dei controlli. L'Autorità promuove la definizione di
protocolli operativi di collaborazione con gli Uffici territoriali di Governo e
con ogni altra istituzione pubblica per la definizione e realizzazione di
iniziative volte a potenziare le attività ad essa affidate.
Art. 15
Abrogazioni
1. Al
fine di evitare la interruzione di attività amministrative, le disposizioni
legislative regionali di seguito elencate sono abrogate alla data di entrata in
vigore dei regolamenti di cui all’articolo 11, comma 5:
- legge
regionale 10 maggio 1984, n. 9;
- legge
regionale 5 maggio 1990, n. 36;
- artt.
3 e 5 della legge regionale 7 agosto 2002, n. 29;
- artt.
1 e 2 della legge regionale 2 ottobre 2002, n. 35;
- art.
15 della legge regionale 26 giugno 2003, n. 8;
- artt.
24 e 25 della legge regionale 5 dicembre 2003,n. 23;
- artt.
1, 2, 3, 4, 5 e 6 della legge regionale 29 dicembre 2003, n. 30;
-
allegato alla legge regionale 19 marzo 2004, n. 11, per la parte che riguarda
l'autorizzazione e l'accreditamento;
- artt.
14 e 15 della legge regionale 11 agosto 2004, n. 18;
- artt.3
e 4, comma 2, e art. 7, comma 4,
secondo capoverso della legge regionale16 febbraio 2005, n. 2;
-
art.10, comma 5, della legge regionale 2 marzo 2005, n. 8;
- artt.
22 e 24 della legge regionale 11 gennaio 2006, n. 1;
- art.
31, commi 3, 6 e 7, della legge regionale 21 agosto 2006, n. 7.
-
art.19, commi 2 e 3, della legge regionale 11 maggio 2007, n. 9.
Art. 16
Entrata in vigore
1. La
presente legge entra in vigore il giorno successivo a quello della sua
pubblicazione nel Bollettino Ufficiale della Regione.
“Il Consiglio regionale
vista la Legge regionale n. 19 del 26 luglio 1999 avente per oggetto
“Disciplina dei Servizi di Sviluppo Agricolo della Regione Calabria”;
vista la deliberazione della Giunta regionale n. 161 del 21 febbraio
2008 recante: “Approvazione Piano Triennale dei Servizi di Sviluppo Agricolo
2008-2010”;
di approvare il “Piano Triennale
dei Servizi di Sviluppo Agricolo 2008-2010” con gli emendamenti introdotti, che si allega alla presente per farne parte integrante e
sostanziale”.
PIANO DEI
SERVIZI DI SVILUPPO AGRICOLO
TRIENNIO
2008-2010
ASPETTI GENERALI DEL PIANO
DEI S.S.A.
___________________
La Legge Regionale n. 9 dell’11.05.2007, com’è noto, ha determinato la soppressione dell’ARSSA ponendo in liquidazione personale e strutture. Tuttavia, nelle more della definitiva assegnazione dei dipendenti dell’Agenzia alle nuove strutture di recepimento, siano esse rappresentate dalle Province o dall’apposito Dipartimento dell’Assessorato all’Agricoltura, da istituirsi in ottemperanza alla deliberazione G.R. n. 343 del 04 giugno 2007, l’ARSSA continua a operare sul territorio e a svolgere i propri compiti istituzionali, finalizzati allo sviluppo ed al progresso delle attività del settore primario.
Il presente elaborato è stato predisposto secondo i dettami della Legge Regionale n. 19 del 26.07.1999, che reca norme sulla disciplina dei Servizi di Sviluppo Agricolo nella regione ed assegna all’ARSSA un ruolo fondamentale nella loro programmazione, organizzazione e gestione.
Di fatto, la su richiamata legge prevede, all’art. 9, comma 2, la predisposizione, da parte dell’ARSSA, del Piano dei Servizi di Sviluppo Agricolo, da trasmettere alla struttura competente del Dipartimento Agricoltura e Foreste.
Il Piano dei S.S.A. costituisce, pertanto, un documento programmatorio che riguarda:
- attività di Divulgazione Agricola, proposta dai Centri di Divulgazione Agricola;
- attività di Ricerca Applicata e Sperimentazione, condotta dai Centri Sperimentali Dimostrativi dell’ARSSA.;
- attività dei Servizi Tecnici di Supporto.
ORGANIZZAZIONE DEI
SERVIZI DI SVILUPPO AGRICOLO
I Servizi di Sviluppo Agricolo (S.S.A.) sono stati disciplinati con apposite Leggi Regionali (prima la L.R. n. 11/92 e, poi, la 19/99) in applicazione del Reg. CEE 270/79 e del Reg. 1760/87 ed in armonia con i compiti dell’Agenzia che, come già accennato in premessa, ha un ruolo fondamentale nella pianificazione, organizzazione e nella gestione dei Servizi.
Ai S.S.A., il cui interesse pubblico è senza dubbio riconosciuto, spetta il compito strategico di ammodernamento dell’agricoltura calabrese mediante interventi diretti a favorire l’esplicarsi delle potenzialità delle imprese agricole nel rispetto dell’ambiente naturale, la crescita e la formazione di nuove professionalità, il miglioramento della qualità della vita, la difesa ambientale.
I S.S.A. sono organizzati secondo un modello misto, ma integrato, di soggetti pubblici (Regione, Agenzia di Sviluppo, Università, Istituti) nonché di soggetti privati quali le OO.PP.AA. ed altri soggetti ritenuti idonei.
In base a quanto detto, l’organizzazione dei Servizi di Sviluppo Agricolo prevede un assetto funzionale e territoriale dell’ARSSA che, attualmente e fino alla definitiva liquidazione dell’Agenzia, è articolato come segue:
- 24 Centri di Divulgazione Agricola (Ce.D.A.) articolati sull’intero territorio Calabrese per aree omogenee a sviluppo integrato ove operano i divulgatori agricoli (in numero non inferiore alle 5 unità, secondo la L.R. 19/99).
- 10 CSD (Centri Sperimentali Dimostrativi), ovvero aziende generalmente di 100 – 150 Ha, dove viene condotta l’attività sperimentale, dimostrativa e di collaudo.
- 10 Ce.S.A. (Centri di Sviluppo Agricolo) comprendenti da 2 a 3 Ce.D.A. e un CSD. Essi costituiscono l’aggregato, a livello territoriale, di tutti i servizi di sviluppo e sono il riferimento amministrativo per gli stessi Ce.D.A., CSD ed per i Servizi di Supporto (laboratori). I Ce.S.A., a loro volta, fanno capo, per quanto riguarda la divulgazione agricola, al Settore Programmazione e Divulgazione, responsabile della programmazione e del coordinamento delle attività; invece, per quanto riguarda l’attività di ricerca condotta nei CSD, i CeSA fanno riferimento al Settore Ricerca Applicata e Sperimentazione.
Alle strutture sopra elencate si sommano le UDA (Unità di Divulgazione Agricola) di competenza delle Organizzazioni Professionali Agricole. Le aree di intervento delle UDA coincidono con quelle dei CeDA per il territorio di riferimento. Le UDA, inoltre, fanno anch’esse riferimento, a livello di aggregato territoriale, ai 10 CeSA dell’ARSSA.
Alla luce dell’attuale assetto organizzativo dell’ARSSA, i Servizi di Sviluppo Agricolo sono articolati in 3 segmenti, che corrispondono ad altrettanti Settori costituiti all’interno dell’Agenzia:
- divulgazione agricola;
- ricerca applicata di interesse regionale e sperimentazione;
- servizi tecnici di supporto.
La formazione professionale, infatti, considerata separatamente nelle precedenti versioni del Piano dei S.S.A., rientra attualmente nella programmazione effettuata del Settore Servizi Tecnici di Supporto.
Lo schema della pagina seguente chiarisce il ruolo gerarchico svolto dalle singole strutture all’interno di ogni Settore.
STRUTTURE
PREPOSTE ALL’ELABORAZIONE DEL PIANO DEI S.S.A
Come già evidenziato nel precedente paragrafo, i Servizi di Sviluppo Agricolo fanno riferimento a tre segmenti d’intervento, che corrispondono ad altrettanti Settori costituiti all’interno dell’ARSSA:
- Settore Ricerca Applicata e Sperimentazione;
- Settore Programmazione e Divulgazione;
- Settore Servizi Tecnici di Supporto.
Tuttavia, l’elaborazione del Piano dei Servizi di Sviluppo Agricolo compete principalmente al Settore Programmazione e Divulgazione (P.D.) dell’ARSSA.
La realizzazione del Piano coinvolge il Settore P.D. in tutte le fasi della sua elaborazione. Il Settore, infatti, cura i rapporti con le Organizzazioni professionali, che sono i principali partner dei progetti di assistenza tecnica, nonchè coordina l’attività dei CeSA come centri di raccolta delle iniziative proposte dai divulgatori.
Il Settore, inoltre, mantiene il rapporto di sinergia con il Settore Ricerca Applicata e Sperimentazione e il Settore Servizi Tecnici di Supporto, che forniscono le parti di loro competenza, da inserire negli appositi Programmi Operativi in cui è canonicamente suddiviso il Piano dei S.S.A.
L’aspetto programmatorio del Piano è relativo soprattutto all’assistenza tecnica e alla divulgazione agricola. Il Piano tiene conto concretamente delle forze lavorative a disposizione e delle attività con reale possibilità di essere attuate sul territorio, ancorandosi alle direttive della PAC ed ai suoi recepimeti a livello Nazionale e Regionale.
Da questo punto di vista, il Piano Triennale 2008-2010 rappresenta una novità rispetto alle versioni precedenti, che si riconducevano alla mera raccolta di centinaia di piccoli e disorganici progetti proposti dai singoli divulgatori agricoli, comprensivi di innumerevoli ripetizioni. Tutto questo provocava, tra l’altro, una gustificata riluttanza da parte degli organismi regionali preposti alla loro approvazione.
Per predisporre un Piano basato su pochi e concreti progetti di divulgazione e assistenza tecnica a valenza regionale, la strategia è stata quella di costituire Gruppi di Lavoro per la Divulgazione, il cui compito è stato quello di elaborare, per ogni filiera produttiva, un progetto di che ha tenuto conto:
- dei risultati della ricerca, attingibili ai CSD dell’ARSSA;
- dell’effettiva “commessa” scaturente dalle esigenze dei territori di competenza.
La costituzione dei gruppi di lavoro, lungi dall’essere semplice ed immediata, ha richiesto lunghe mediazioni con i CeSA ed i CeDA, numerosi chiarimenti sul ruolo da essi svolto, finalizzato alla predisposizione di un Piano dei SSA ricco di contenuti, conciso ed a valenza regionale, completamente studiato in sinergia con tutti i Settori dell’ARSSA preposti ai Servizi di Sviluppo Agricolo e con le OO.PP.AA..
Successivamente alla loro costituzione, i Gruppi di Lavoro hanno elaborato i progetti di consulenza aziendale, assistenza tecnica e divulgazione, che, in forma schematica, costituiscono il Programma Operativo di Divulgazione Agricola .
Di fondamentale importanza, per garantire la realizzazione dei progetti inseriti nel Piano dei S.S.A., è il ruolo rivestito dalle Organizzazioni Professionali Agricole, le quali hanno stabilito con l’ARSSA, nel corso degli anni, un rapporto di collaborazione sugellato da apposita convenzione.
Tutte le OO.PP.AA. hanno concordato su due punti fondamentali:
- le nuove linee d’indirizzo dell’ARSSA vanno verso progetti razionalizzati sia numericamente che operativamente;
- la realizzazione di un Piano dei SSA, razionale e condiviso, è l’elemento fondamentale per proporre alla Regione un percorso innovativo che abbia possibilità di essere finanziato. In sostanza, è stato necessario predisporre, per singolo comparto, non iniziative multiple, talvolta estemporanee e comunque disorganiche, ma un solo progetto che interviene su territorio, processo e prodotto secondo indirizzi e priorità che sono state dettate dai tecnici dell’ARSSA e delle OO.PP. AA.
Per ogni progetto, le OO.PP.AA. entrano a far parte di in una vera e propria “cabina di pilotaggio” insieme con l’ARSSA, garantendo il coordinamento ed il corretto espletamento di tutte le attività in esso previste.
Le OO.PP.AA., inoltre, forniscono i “pacchetti” di aziende su cui espletare una più efficace e significativa azione di divulgazione, che deve essere necessariamente rivolta, in primis, alle imprese che maggiormente si ritengono recettive ai programmi di assistenza tecnica.
PROGRAMMA OPERATIVO
DI
DIVULGAZIONE AGRICOLA
PROGETTO
ASSISTENZA
TECNICA E DIVULGAZIONE
COMPARTO
AGRUMICOLO
1 – L’AGRUMICOLTURA
IN CALABRIA
1.1 – Introduzione
La Calabria è la seconda regione produttrice di agrumi, con circa 9.300.000 q.li, una superficie totale investita di 31.868 Ha (Tab. 1), con 30.920 aziende (Tab. 2) ed una produzione lorda vendibile (PLV) di oltre 300 milioni di euro.
E’ Reggio Calabria la provincia più agrumetata, con 13.516 Ha, seguita da Cosenza (10.668 Ha), Catanzaro (4.266 Ha), Vibo Valentia (1.892 Ha) e Crotone (1.522 Ha) (Tab. 3).
La superficie media delle aziende agrumicole in Calabria risulta pari a 1,12 Ha.
L’ultimo censimento ha evidenziato una consistente riduzione della superficie investita di 7.234 Ha (-18%) ed un calo del numero di aziende di 4228 unità (-12%). La riduzione ha riguardato tutte le provincie calabresi (Tab. 3).
Tabella 1 - Superficie totale investita ad agrumi in Calabria (Ha) |
|||
Anno |
2000 |
1990 |
1982 |
Superficie (Ha) |
31.868 |
39.102 |
37.799 |
Fonte Istat
|
|
|
|
Tabella 2 – Aziende agrumicole in Calabria |
|||
Anno |
2000 |
1990 |
1982 |
n. Aziende |
30.920 |
35.148 |
31.211 |
Fonte Istat
|
|
|
|
Tabella 3 - Superficie agrumetata per provincia (Ha) |
|||
Provincia |
2000 |
1990 |
1982 |
Cosenza |
10.669 |
11.368 |
10.936 |
Crotone |
1.523 |
1.720 |
974 |
Catanzaro |
4.267 |
4.901 |
4.752 |
Vibo Valentia |
1.892 |
2.429 |
2.306 |
Reggio Calabria |
13.517 |
18.684 |
18.830 |
TOTALE |
31.868 |
39.102 |
37.798 |
Fonte Istat
|
|
|
|
Tabella 4 – Aziende agrumicole per provincia (Ha) |
|||
Provincia |
2000 |
1990 |
1982 |
Cosenza |
10.417 |
10.726 |
8.424 |
Crotone |
1.238 |
1.194 |
914 |
Catanzaro |
3.223 |
4.289 |
3.853 |
Vibo Valentia |
1.718 |
1.978 |
1.678 |
Reggio Calabria |
14.324 |
16.961 |
16.342 |
TOTALE |
30.920 |
35.148 |
31.211 |
Fonte Istat
|
|
|
|
E’ da evidenziare il fatto che gli ultimi dati ISTAT del 1996 attribuivano alla Calabria una superficie coltivata ad agrumi di 41.182 Ha ed un n. di aziende pari a 35.148. Sembra strano come in soli quattro anni ci sia stata una così drastica riduzione sia della superficie coltivata ad agrumi che del numero di aziende agricole in attività. Sicuramente ci troviamo di fronte ad un trend negativo delle superfici investite ad agrumi nella regione, ma non in modo così marcato come fotografa l’ISTAT. E’, invece, ipotizzabile pensare ad una superficie agrumetata regionale di circa 40.000 Ha, come sostengono molti addetti ai lavori.
Il 44% della superficie investita è distribuita tra classi di superficie agricola utilizzata fino a 5 ettari (Tab. 5), mentre l’89% delle aziende agrumicole calabresi ha una superficie inferiore ai 5 ettari (Tab. 6).
Tabella 5 - Superficie agrumicola in
Calabria per classi di dimensione. |
||||||||||
CLASSI DI
SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA |
||||||||||
Meno di 1 |
1-2 |
2-5 |
5-10 |
10-20 |
20-50 |
50-100 |
100 ed oltre |
|||
SUPERFICIE
INVESTITA (Ha)
|
||||||||||
3.901 |
3.899 |
6.340 |
4.413 |
3.679 |
4.033 |
2.980 |
2.623 |
|||
Fonte Istat |
|
|
|
|||||||
Tabella 6 - Aziende agrumicole in
Calabria per classi di dimensione. |
||||||||||
CLASSI DI
SUPERFICIE AGRICOLA UTILIZZATA |
||||||||||
Meno di 1 |
1-2 |
2-5 |
5-10 |
10-20 |
20-50 |
50-100 |
100 ed oltre |
|||
NUMERO
DI AZIENDE
|
||||||||||
16.280 |
5.996 |
5.230 |
1.792 |
838 |
507 |
166 |
111 |
|||
Fonte Istat |
|
|
|
|||||||
L’arancio è la specie più coltivata (55%), seguita dalle clementine (25%), dal mandarino (11%), dal limone (3%), mentre gli altri agrumi (bergamotto, pompelmo, cedro, etc) insieme rappresentano il 6% (Tab.7).
Tabella 7 - Superficie
agrumetata per specie in Calabria (ha) |
||
Specie |
Sup.
ha
|
% |
Arancio |
17.669 |
55 |
Mandarino |
3.433 |
11 |
Clementine |
7.852 |
25 |
Limone |
1.037 |
3 |
Altri agrumi (Cedro, Pompelmo, Bergamotto, etc) |
1.877 |
6 |
Totale |
31.868 |
100 |
Fonte Istat |
|
|
La produzione agrumicola risulta costituita da circa 5,3 milioni di q.li di arance, da 2,7 milioni di q.li di clementine, mentre la restante parte 1,3 milioni di q.li da mandarini, limoni, pompelmi, bergamotto, cedro, etc.
Meno del 30 % della produzione agrumicola è destinata al consumo fresco, mentre più del 70% è destinata alla trasformazione o al ritiro.
L’80% delle arance vengono destinate alla trasformazione e solo una piccola quantità viene commercializzata nel mercato del fresco. La stessa situazione si riscontra per i mandarini, i pompelmi ed i limoni, anche se con incidenze percentuali minori. Solo le clementine hanno ancora una destinazione commerciale orientata verso il mercato del fresco (60%), anche se negli ultimi anni si riscontra una tendenza in aumento del prodotto di scarto destinato alla trasformazione (29%).
1.2 – Localizzazione
L’agrumicoltura calabrese è localizzata nei seguenti comprensori:
- Piana della Sibaritide;
- Fascia Jonica Catanzarese e Reggina;
- Crotonese;
- Piana di Lametia Terme;
- Piana di Gioia Tauro;
- Fascia Alto Tirreno Cosentino;
- Fascia Basso Jonio Reggino.
- Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima
La Piana di Sibari, la Piana di Lametia e l'area Crotonese sono caratterizzate da un’agrumicoltura avanzata, con impianti moderni, razionali e un buon grado di meccanizzazione delle tecniche colturali e varietà di pregio sia di arance che di clementine.
Nella Piana di Sibari e Corigliano, zona altamente vocata, si concentra la produzione delle clementine. In questa area si producono annualmente più di 2 milioni di q.li di clementine, pari al 50% della produzione nazionale, e circa 1 milione di q.li di arance. Si tratta di produzioni di qualità destinate, principalmente, al mercato del fresco.
Occorre evidenziare come i dati forniti dall’Istat circa la superficie agricola investita ad agrumi in questa area e nel resto della provincia di Cosenza siano considerevolmente sottostimati. A fronte di una superficie dichiarata dall’Istat di 10.669 Ha - censimento del 2000 -, l’A.R.S.S.A. ha rilevato, nello stesso periodo, attraverso l’aerofotogrammetria ed un dettagliato lavoro di campo, una superficie investita ad agrumi nella provincia di Cosenza di 14.632 Ha, di cui più del 98% è localizzata nei comuni ricadenti nella Piana di Sibari (Corigliano Calabro, Rossano, Cassano allo Jonio, Terranova da Sibari, Rocca Imperiale, Trebisacce, Cerchiara di C., Francavilla, Castrovillari, Spezzano A., S. Lorenzo del V.; S. Demetrio C., Vaccarizzo, S. giorgio, S. Cosmo A., Crosia, Cropolati, Villapiana, etc).
Si tratta di una differenza considerevole (3963 Ha non censiti che rappresentano il 27% della superficie agrumicola provinciale) che ci porta a pensare che anche per le altre provincie calabresi i dati forniti siano sottostimati, per cui è da ritenere valida la considerazione che la superficie agrumicola calabrese sia prossima ai 40.000 Ha e non come risulta dal censimento di 31.868 Ha.
In alcuni comprensori della Fascia Jonica Catanzarese e Reggina, quali la locride e la zona di Caulonia vi è una agrumicoltura di qualità, considerate le buone caratteristiche pedo-climatiche. Si tratta di produzioni destinate prevalentemente al consumo fresco trattandosi di arance delle varietà Navelina, Navelate, Lanelate, Washinton navel, Valencia, Moro e Tarocco.
La Piana di Gioia Tauro è caratterizzata da vecchi impianti di arancio, sia pigmentate che bionde, di Mandarino comune, a volte consociati all’olivo, in zone non particolarmente vocate all’agrumicoltura. Si tratta di produzioni che, non trovando sbocco sul mercato del fresco, finiscono prevalentemente per essere destinate al ritiro.
Rilevante importanza tecnico-economica assume la coltivazione del Cedro e del Bergamotto rispettivamente nelle aree del Tirreno Cosentino e Basso Jonio Reggino.
Le produzioni tipiche di bergamotto e cedro occupano rispettivamente una superficie di 1.500 Ha e di 50~60 Ha, con produzioni medie di 180.000 q.li di bergamotto e di 16.000 q.li di cedro ed interessano le aree costiere del basso Ionio reggino e dell’alto Tirreno cosentino.
1.3 – Criticità
L’agrumicoltura calabrese da alcuni anni versa in condizioni di profonda crisi, infatti nessun comparto della filiera è nelle condizioni di reggere la concorrenza di altri Paesi produttori, sia facenti parti della Comunità Europea che extra comunitari, nonostante siano presenti nel nostro territorio produzioni tipiche di pregio e a denominazione di origine e nonostante siano stati promossi negli anni interventi per l’ammodernamento strutturale e la riconversione varietale. La produzione calabrese, al pari di quella delle altre regioni meridionali, si caratterizza per gli alti costi di produzione, per la mancanza di adeguate strutture ed una seria politica commerciale.
I persistenti elementi di criticità del comparto, che ne hanno fortemente compromesso la competitività sui mercati, investono tanto la fase della produzione (aziende di piccole dimensioni, con ridotte capacità finanziarie e con livello di conoscenza inadeguato che ne limitano il posizionamento sui mercati nazionali e internazionali; limitato associazionismo; scarso raccordo con l’industria di trasformazione e con la distribuzione; assenze di strategie di promozione e di commercializzazione) quanto la fase della trasformazione (prevalenza di un tessuto di microaziende rivolte soprattutto alla produzione di semilavorati) e della commercializzazione (insufficiente strutturazione della rete commerciale, ridotto coordinamento con la grande distribuzione organizzata; difficoltà nei trasporti a causa della perifericità delle zone produttive vocate e della carente viabilità stradale e ferroviaria regionale che ci allontana sempre più dai mercati nazionali ed internazionali).
Emblematico è il fatto che in Calabria, pur di fronte ad un riconoscimento importantissimo qual’è l’IGP-Clementine di Calabria (Reg. CE N. 2325/97) e un marchio “Clè”-Clementina di Calabria, pubblicizzato sulle principali reti televisive nazionali, non si sia riuscito, nel corso della precedente campagna agrumicola, a commercializzare ed etichettare a marchio nessun prodotto. Solo in questa campagna si stanno etichettando a marchio una limitata produzione di clementine.
La produzione agrumicola calabrese risulta poco competitiva ed inadeguata per la G.D.O. in quanto estremamente frazionata e poco standardizzata.
Le difficoltà che il prodotto italiano incontra sui mercati esteri sono legate alla forte concorrenza degli altri paesi del mediterraneo, alla scarsa capacità di penetrazione, alla carenza di adeguate strategie di marketing. Situazione aggravata dalla carenza di strutture commerciali in grado di garantire alla G.D.O. (Grande Distribuzione Organizzata) quantità e standard qualitativi costanti nel tempo e non una offerta frammentata quale è quella nazionale. A ciò è da aggiungere che, negli ultimi anni, anche per il prodotto fresco il mercato interno registra la forte concorrenza da parte dei paesi del bacino del mediterraneo. Concorrenza che si potrebbe accentuare in seguito all’abbattimento delle barriere fitosanitarie e doganali.
La Spagna rappresenta il principale concorrente: grazie a politiche commerciali vincenti e ad una adeguata strategia di marketing, è infatti riuscita a conquistare i principali mercati europei e dell'Est Europa, risultando il primo paese fornitore di agrumi della Germania, non solo di arance ma anche di limoni e clementine. Presenta un calendario di raccolta più diversificato e ben più ampio del nostro e questo consente ai prodotti spagnoli di essere presenti sui mercati nazionali ed esteri dai primi di ottobre a fine maggio.
Si avverte dunque la necessità di concentrare quanto più possibile l’offerta attraverso adeguate politiche di cooperazione e di associazionismo, il potenziamento delle Organizzazioni dei produttori (OP) e delle loro associazioni, l’incentivazione della costituzione di organizzazioni interprofessionali, la nascita di progetti integrati di filiera (PIF), la creazione di distretti agroalimentari di qualità.
La stessa crisi interessa anche il settore dell’industria agrumaria. Quella italiana, pur essendo la maggiore produttrice a livello europeo, risente della concorrenza dei paesi come gli Stati Uniti ed il Brasile, che sono i maggiori produttori di derivati a livello mondiale lavorando circa 4/5 della produzione. La trasformazione industriale interessa principalmente le arance con oltre l’80% e quasi per il 7% il limone.
Anche per il settore industriale la principale problematica resta l’estremo frazionamento dell’industria con basse capacità lavorative.
La Calabria si caratterizza per avere il maggior numero di aziende trasformatrici di arance. Il livello tecnologico delle industrie è basso: in effetti, molte ditte sono ancora a carattere artigianale, eccetto quelle specializzate nella trasformazione del bergamotto.
Altro fattore limitante per l’industria agrumicola è rappresentato dalla mancanza di varietà con caratteristiche organolettiche e commerciali adatte alla trasformazione. Sia le attuali varietà del gruppo delle bionde, sia le varietà pigmentate sono poche idonee alla trasformazione, in quanto le prime presentano un contenuto di limonina elevato, e le seconde vanno incontro a fenomeni di alterazione di colore e, pertanto, sono più idonee alla produzione di succo congelato.
Ulteriore fattore negativo delle varietà presenti in Calabria è la scarsa resa in succo, che è dell’ordine del 35% circa, contro il 50% delle varietà americane e brasiliane.
Si potrebbe, inoltre, con adeguati processi tecnologici, destinare alla trasformazione un certo quantitativo di clementine eccedenti, specialmente quelle prodotte in aree non particolarmente vocate, per l’ottenimento di succo fresco bevibile. Questo prodotto rappresenterebbe una vera novità per il mercato e consentirebbe ai produttori di essere competitivi e di smaltire le eccedenze.
Si ritiene che anche per il settore industriale ci sia bisogno di una radicale riorganizzazione che dovrà mirare sia a creare strutture con capacità lavorative elevate e processi tecnologici avanzati, nonché di una profonda riconversione varietale con l’introduzione di adeguate cultivars. Tali azioni dovrebbero riguardare principalmente la Piana di Gioia Tauro, che è quella maggiormente interessata alla produzione e alla trasformazione di arance.
Anche per gli areali caratterizzati da una agrumicoltura avanzata come la Piana di Sibari e il Lametino si avverte la necessità di riconvertire le vecchie varietà di arance, a favore di nuovi cloni di clementine, al fine di allungare il più possibile il periodo di commercializzazione e di presenza sul mercato.
In particolare per la Piana di Sibari, comprensorio particolarmente vocato alla produzione di clementine, dove si produce il 50% circa dell'intera produzione nazionale, si dovranno attivare opportune strategie di marketing e azioni volte alla valorizzazione e qualificazioni delle produzioni, ritenute le migliori a livello nazionale.
Per la Bergamotticoltura, anche in seguito al riconoscimento della D.O.P. - Bergamotto di Reggio Calabria – olio essenziale Reg. Ce 509/01, va evidenziato che c'è bisogno di una profonda riorganizzazione dell'intero comparto. Negli ultimi anni si è registrata una riduzione della superficie investita ed una forte concorrenza da parte di prodotti similari di sintesi. Va evidenziato inoltre, la scarsa incidenza della cooperazione (solo il 10% dei produttori conferisce al Consorzio) e la necessità dell'innovazione dei processi di estrazione delle essenze.
Anche per il Cedro, coltura esclusiva e di antica tradizione della fascia costiera che va da Praia a Diamante, si è assistito ad una contrazione della superficie investita che è passata dai circa 300 Ha degli anni settanta agli attuali 50~60 Ha circa.
La maggior parte della produzione del cedro viene da sempre acquistata dalle comunità Ebraiche, che la utilizzano nella loro festa religiosa più importante, la festa di Sukkotth delle Capanne o dei Tabernacoli.
Tra i motivi che hanno determinato la riduzione della superficie investita a questa coltura che ha interessato particolarmente la zona a Sud della fascia costiera, si annoverano: difficoltà nella meccanizzazione, conversione dei terreni agricoli in edificabili, fenomeni di urbanizzazione, creazione di attività nel settore secondario e terziario, creazione di reti viarie e del centro di smistamento di Paola, che ha spinto la popolazione attiva a dedicarsi ad altre attività marginalizzando il settore agricolo.
Altro motivo che ha determinato una contrazione delle cedriere, è la spietata concorrenza da parte della produzione portoricana, che pur essendo qualitativamente inferiore a quella calabrese, riesce ad affermarsi sempre più sui mercati, per effetto dei prezzi più bassi e per i più razionali processi di salamoia cui è soggetta. Oltre al prodotto portoricano, negli ultimi anni, si registra una maggiore concorrenza da parte della Grecia, del Marocco, della Corsica e del Giappone.
Sunto delle criticità
dell'agrumicoltura calabrese
· Aziende di piccole dimensioni (sup. media 1,12 ha);
· Ridotte capacità finanziarie;
· Livello di conoscenza inadeguato degli operatori agricoli;
· Panorama varietale limitato ed obsoleto;
· Periodo di raccolta e commercializzazione ridotto, specie per le clementine;
· Eccessiva polverizzazione dell’offerta;
· Carenza di standardizzazione del prodotto fresco;
· Scarsa diffusione di associazionismo e cooperazione;
· Strutture commerciali e di trasformazione in molti casi inadeguate;
· Carenze di strategie di promozione e di commercializzazione ;
· Presenza di una denominazione di origine quale l’IGP-Clementine di Calabria non sfruttata adeguatamente;
· Scarsa penetrazione sui mercati internazionali;
· Scarso potere contrattuale in particolare con la G.D.O.;
· Presenza di un solo distretto agroalimentare di qualità, quello di Sibari;
· Ricerca e sperimentazione da potenziare (campi dimostrativi sperimentali, studi sulla vocazionalità delle aree, etc);
· Servizi di sviluppo e strutture di supporto da migliorare;
· Infrastrutture di collegamento inadeguate (SS 106, A3, sistema stradale interno, sistema ferroviario, etc);
· Limitato utilizzo dei porti di Gioia Tauro e Corigliano;
· Perifericità delle zone vocate di produzioni e quindi distanze elevate dai principali mercati nazionali ed esteri;
· Alti costi di produzione e trasporto rispetto i principali paesi concorrenti;
· Vivaismo agrumicolo inadeguato; scarsi controlli sulla rispondenza genetica e sanitaria del materiale;
· Procedure amministrative lunghe e ritardi nella definizione delle pratiche agrarie.
1.4 - Obiettivi e
linee di intervento
Un progetto per l’assistenza tecnica in agrumicoltura, che tiene conto delle criticità rilevate, deve necessariamente perseguire i seguenti obiettivi:
· migliorare l’organizzazione dell’offerta, attraverso una maggiore capacità di programmazione e gestione della produzione, favorendo politiche di cooperazione e di associazionismo tra le aziende, la nascita di progetti integrati di filiera (PIF) e dei distretti agroalimentari di qualità, etc., per creare masse critiche e standardizzazione di prodotto;
· riqualificare l’agrumicoltura nelle aree vocate per il mercato, attraverso la riconversione varietale e l’ammodernamento aziendale;
· mantenere un’offerta costante nel tempo delle produzioni tipiche, facendo ricorso a varietà a maturazione precoce e tardiva che consentono di allungare il periodo di raccolta e commercializzazione, in particolare per le clementine;
· introdurre innovazioni di prodotto e di processi al fine di ridurre i costi di produzione e migliorare la qualità;
· ammodernare e potenziare le strutture commerciali per far fronte alle sempre più pressanti richieste della G.D.O.;
· rendere visibile, identificare e qualificare le produzioni tipiche attraverso opportune strategie di promozione e di marketing, ricorrendo ad esempio alla creazione di marchi, alla costituzione di Consorzi di valorizzazione e tutela, etc;
· pervenire al riconoscimento della denominazione di origine (DOP, IGP, etc) per alcune produzione tipiche;
· favorire la nascita di progetti integrati di filiera (PIF) al fine di aumentare l’offerta di prodotto, organizzare il settore in una logica di sistema, favorire la cooperazione produttiva tra imprese e territori;
· aumentare il numero dei distretti agroalimentari di qualità al fine di perseguire una logica di insieme territoriale, di caratterizzazione di un intero sistema di produzione agricola, agroalimentare, agroindustriale in una prospettiva di competizione non tra singole produzioni o tra singole imprese, ma di confronto e concorrenza tra sistemi produttivi di aree diverse e tra territori, al fine di valorizzare le produzioni di qualità enfatizzando le correlazioni tra i prodotti alimentari e il territorio di appartenenza, sostenendo la concentrazione dell’offerta in una logica di filiera e di multifiera, garantendo la sicurezza alimentare;
·
favorire la ricerca e la sperimentazione applicata per
una ricaduta sul comprensorio e la filiera;
·
potenziare i Servizi di Sviluppo e le strutture di
supporto (laboratori, osservatorio fitopatologico);
· qualificare il vivaismo agrumicolo, con particolare riferimento alla rispondenza genetica e sanitaria del materiale diffuso;
· qualificare gli operatori agricoli e favorire l’insediamento dei giovani;
· snellire le procedure amministrative con riduzione dei tempi per la definizione delle pratiche agrarie;
· utilizzare i porti di Gioia Tauro e Corigliano per l’internazionalizzazione delle produzioni tipiche;
· per il Bergamotto, potenziare le azioni mirate alla riqualificazione del prodotto, alla razionalizzazione delle tecniche colturali e al miglioramento dei processi di trasformazione industriale;
·
per il Cedro, attivare opportune azioni tendenti alla
qualificazione delle produzioni e alla razionalizzazione dei processi di
trasformazione industriale.
2 – IL PROGETTO DI
ASSISTENZA TECNICA
Il Progetto di Assistenza Tecnica e Divulgazione Comparto Agrumicolo ha lo scopo di fornire un servizio reale agli agrumicoltori ed interessa principalmente i seguenti campi di intervento:
- interventi per la razionalizzazione delle tecniche colturali
- interventi per la diffusione di nuove cultivars e relativi portinnesti
- interventi per la salvaguardia ambientale negli agrumeti
- interventi per la promozione delle produzioni a marchio
- interventi per la promozione dell’associazionismo
Per ognuno dei sopra richiamati interventi, sono state previste alcune azioni divulgative, i cui contenuti saranno sviluppati nei paragrafi successivi.
3 – ESIGENZE
FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 1.980.200 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
305.800 |
311.800 |
320.000 |
937.600 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
|
335.800 |
346.800 |
360.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
1.980.200 |
4 – CONTATTI CON I CSD E DIVULGAZIONE DEI
RISULTATI DELLA RICERCA APPLICATA E SPERIMENTAZIONE
Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi, per come sarà elencato nelle pagine successive, l’attuazione del presente progetto, in tutti gli interventi previsti, contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.
Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ARSSA nel campo dell’agrumicoltura.
I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per l’agrumicoltura i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende zootecniche.
I Centri Sperimentali Dimostrativi che si occupano di sviluppare linee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto agrumicolo sono i seguenti:
CSD |
Linee di Ricerca |
Mirto |
Campo di orientamento e liste varietali - portinnesti |
Sibari |
Campo di orientamento e liste varietali - clementine |
S. Pietro Lametino |
Campo di orientamento e liste varietali - agrumi vari |
Locri |
Campo di orientamento e liste varietali - agrumi vari |
Gioia Tauro |
Campo di orientamento e liste varietali - agrumi vari |
Mirto |
Frigoconservazione |
5 – INTERVENTI PER
LA RAZIONALIZZAZIONE DELLE TECNICHE COLTURALI
5.1 – FERTILIZZAZIONE
Obiettivi
Migliorare la qualità e quantità delle produzioni agrumicole. Ridurre i costi attraverso la somministrazione degli elementi nutritivi nelle dosi effettivamente necessarie. Ridurre l’impatto ambientale.
Descrizione
dell’intervento
Partendo dalle analisi chimico-fisiche del terreno (granulometria e struttura, reazione del terreno, salinità e modicità, disponibilità di azoto, disponibilità di fosforo, disponibilità di potassio, cationi scambiabili, disponibilità di microelementi, contenuto in sostanza organica), dalla diagnostica fogliare (macro e mesoelementi sulla s.s., microelementi sulla s.s. sodio, indice verde di SPAD, nitrati, intensità nutritiva, rapporti nutritivi), dall’analisi chimica dell’acqua di irrigazione (reazione e salinità, cationi, anioni, rapporto sodio/cationi, SAR), dalle analisi dei frutti (caratteristiche fisiche, caratteristiche del succo, residuo rifrattometrico/Acidità), dai dati produttivi (quintali per ettaro), dalla tipologia di potatura eseguita (leggera, media, forte), dal numero delle lavorazioni del terreno, dai volumi di adacquamento utilizzati, dal sistema di irrigazione impiegato, etc, attraverso l’utilizzo di programmi software (es. Simulfert), si vuole fornire all’azienda agricola un piano di fertilizzazione calcolato in base ai consumi fisiologici, alla potatura, alla produzione dei frutti, all’età, al sesto d’impianto, alla tipologia del terreno, alla modalità di distribuzione dei fertilizzanti e ai sistemi di irrigazione adottati, che dia all’agricoltore le informazioni necessarie circa le quantità, l’epoca e le modalità di somministrazione dei fertilizzanti, a secondo delle diverse specie di agrumi coltivate (clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi).
La distribuzione frazionata delle unità fertilizzanti (Kg/Ha) consente alle piante un ottimale sviluppo, una migliore qualità e quantità delle produzioni e nello stesso tempo limita il problema dell’inquinamento delle falde acquifere, dovuto soprattutto alla lisciviazione dei nitrati (fertilizzazione a basso impatto aziendale).
Il giusto apporto di elementi nutritivi consente di ottenere produzioni qualitativamente superiori e rispondenti agli standard previsti dai disciplinari di produzione, soprattutto in termini di zuccheri, acidi, resa in succo, pezzatura, colorazione, peso e forma dei frutti.
Una corretta concimazione, assieme ad altre operazioni colturali, consente di ottenere produzioni qualitativamente superiori da indirizzare verso il mercato del fresco.
Squilibrate concimazioni, al contrario, possono avere influenze negative sull’accrescimento delle piante stesse, riduzione della fioritura, riduzione della produzione, pezzature non idonee alla commercializzazione, colorazione non ottimale, contenuto in zuccheri basso, fenomeni accentuati di spigatura della buccia, minore contenuto in succo, scarsa resistenza ai trasporti, etc.
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.
Azioni divulgative
Verranno illustrate agli agricoltori le giuste norme per il prelievo dei campioni di terreno, delle foglie, dell’acqua, dei campioni di frutti, etc., al fine di avere dati quanto più attendibili per l’elaborazione del piano di fertilizzazione.
Verranno, inoltre, raccolte informazioni circa le produzioni per ettaro ottenute negli ultimi tre anni, il tipo di potatura, gli apporti di sostanza organica, le lavorazioni del terreno.
Si consiglierà l’agricoltore circa le formulazioni ed il tipo di concime da utilizzare nel piano di fertilizzazione, nonché sulle fasi fenologiche durante cui eseguire gli interventi.
Strutture di supporto
Laboratorio analisi ARSSA di Sibari e Locri. Servizio Agropedologia di Catanzaro Lido.
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori.
5.2 – LAVORAZIONI DEL
TERRENO
Obiettivi
Migliorare la qualità e quantità delle produzioni agrumicole. Riduzione dei costi attraverso la razionalizzazione degli interventi agronomici. Riduzione dell’impatto ambientale.
Descrizione
dell’intervento
Partendo dalle analisi chimico-fisiche del terreno (granulometria e struttura, reazione del terreno, cationi scambiabili, contenuto in sostanza organica, ect.), dai dati climatici, dalla analisi della flora infestante, dal tipo e numero delle lavorazioni del terreno, dai volumi di adacquamento utilizzati e dal sistema di irrigazione impiegato, dal tipo e dalla modalità di distribuzione dei fertilizzanti, si vuole fornire all’azienda agricola un piano di lavorazione in relazione anche alla tipologia di portinnesto, alla cultivar ed al sesto d’impianto. Si vogliono, cioè, fornire le informazioni necessarie per non errare sul tipo, la quantità, l’epoca e le modalità di effettuazione delle lavorazioni nell’agrumeto.
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.
Azioni divulgative
Verranno illustrate agli agricoltori le norme da seguire per razionalizzare le lavorazioni dell’agrumeto. Verranno, inoltre, raccolte informazioni circa le caratteristiche pedoclimatiche, le tecniche colturali applicate e le produzioni ottenute. Si consiglierà l’agricoltore circa le tecniche, i mezzi, i prodotti e le attrezzature da utilizzare nel piano di lavorazione, nonché le fasi fenologiche durante cui eseguire gli interventi.
Strutture di supporto
Laboratorio analisi di Sibari e Locri. Servizio Agropedologico di Catanzaro.
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT);
Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori
5.3 – IRRIGAZIONE
Premessa
La coltura degli agrumi è rigorosamente dipendente dalla pratica dell'irrigazione. L'insufficiente piovosità annuale e la concentrazione delle precipitazioni nei mesi invernali rendono necessaria l’irrigazione di quella che deve essere considerata una coltura dagli elevati consumi idrici. Una scorretta irrigazione diviene un fattore limitante, capace di condizionare l’efficacia di molte altre operazioni colturali.
Obiettivi
L’obiettivo principale è quello di razionalizzare l’intera pratica irrigua, in particolare, dare indicazioni esatte su:
- Volumi di adacquamento;
- Turnazione;
- Evapotraspirazione;
- Sistemi di irrigazione;
- Nuovi sistemi capaci economizzare il consumo dell’acqua;
- Influenza dell’irrigazione sul miglioramento quali-quantitativo delle produzioni agrumicole.
Descrizione
dell’intervento
La quantità di acqua da apportare, l'intervallo fra gli adacquamenti (turno), la durata della gestione irrigua e il metodo di distribuzione, dipendono da molti fattori legati al clima, al suolo, alla qualità dell’acqua e alla coltura. Essi sono tra loro interdipendenti.
Terreno. L'irrigazione consiste essenzialmente nell'apporto di acqua al terreno e, in particolare, a quella parte di esso occupato dalle radici che presiedono alla quasi totalità dell'assorbimento idrico. Nei terreni sabbiosi e con molto scheletro è buona norma intervenire con bassi volumi di adacquamento e a turni ravvicinati; nei terreni argillosi, invece, si preferiscono volumi più alti e turni più lunghi.
Clima. Il fabbisogno idrico di una coltura rappresenta la quantità di acqua, consumata per evaporazione del suolo e per traspirazione delle piante (evapotraspirazione) in un determinato periodo di tempo, necessaria per giungere ad un risultato produttivo ottimale. I parametri del clima come la durata dell'insolazione, la radiazione solare, la temperatura, la ventosità e l'umidità dell'atmosfera, hanno grande importanza nel determinare l'evapotraspirazione.
Acqua. E' indubbio che la qualità dell'acqua e la fonte di approvvigionamento possano influenzare in modo decisivo il tipo di impianto, il volume di adacquamento e l'idoneità stessa all'impiego.
Coltura. Il fabbisogno idrico annuo degli agrumi si aggira tra i 7.000 e 18.000 metri cubi per ettaro. Questa ampia variabilità è dovuta non solo alle diverse caratteristiche pedo-climatiche dell'ambiente, ma alla specie, al portinnesto adottato e all'età delle piante. E' stato infatti dimostrato che i fabbisogni idrici sono in diretta relazione all'intensità di traspirazione e che questa è positivamente correlata alla superficie traspirante delle piante. Di conseguenza, detti fabbisogni saranno maggiori nelle specie a foglie più ampie e a chioma più espansa. Il comportamento delle piante nei riguardi del regime idrico varia anche in dipendenza della loro età. In linea generale le piante giovani risentono maggiormente della variazione dell'umidità del suolo in quanto hanno una forte attività vegetativa e un ridotto apparato radicale.
Effetti dell'irrigazione. La disponibilità di acqua condiziona l'attività vegetativa e quella produttiva sotto l'aspetto quantitativo e qualitativo.
A inadeguate disponibilità idriche, sono legati anche fenomeni di defogliazione, con conseguente ridotta attività fotosintetica.
La deficienza di umidità nel terreno si riflette negativamente anche su diversi aspetti della produzione: nel periodo invernale incide sull’induzione a fiore e differenziazione delle gemme; nel periodo maggio-giugno si può, invece, avere una forte cascola dei frutti appena allegati, un minore accrescimento degli stessi con ridotta pezzatura finale e, in casi estremi, la loro caduta prima della raccolta.
I frutti possono inoltre essere influenzati negativamente da deficienze idriche nei seguenti aspetti: ritardo nella colorazione, diminuzione del contenuto in succo, ispessimento della buccia e sue alterazioni.
Nel caso, ancora, che a lunghi periodi di carenza idrica seguano improvvise abbondanti disponibilità di acqua, può verificarsi la spaccatura dei frutti.
L’eccesso di umidità nel suolo è pure dannoso e i primi danni si riscontrano nell'apparato radicale. Le radici, soprattutto per la poca disponibilità di ossigeno nel terreno, sono facilmente soggette a fenomeni di marciume che possono portare ad una loro inattivazione parziale, con effetti negativi sui livelli produttivi, o totale, con conseguente morte delle piante.
Elevati livelli idrici, nel caso non dovessero compromettere la salute delle piante, oltre a significare uno spreco di acqua irrigua, possono portare ad un dilavamento dei concimi azotati e contemporaneamente ad un abbassamento dei livelli quantitativi e qualitativi della produzione.
Da tutte queste considerazioni si evince che sono moltissimi i parametri che influenzano la pratica irrigua e, di conseguenza, innumerevoli sono le informazioni che andrebbero trasmesse in un programma di assistenza tecnica.
E’ considerata prioritari la trattazione di due argomenti, per i quali saranno redatti appositi opuscoli divulgativi: 1) metodologia irrigua (volumi, turni, ecc.); 2) analisi dell’efficienza dei diversi sistemi irrigui
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.
Azioni divulgative
Si svolgeranno, nei vari territori agrumetati, giornate tematiche sull’argomento. Verranno illustrate agli agrumicoltori, ma anche a tecnici e persone interessate, le varie problematiche relative all’irrigazione.
Le riunioni saranno rivolte soprattutto ad aziende associate e si svolgeranno presso la sede delle cooperative, associazioni di produttori, strutture di aggregazione di prodotto, organizzazioni professionali agricole, consorzi di tutela e/o valorizzazione del prodotto, consorzi di bonifica, ecc. In tale circostanza, a supporto di quanto riferito nei seminari teorico-applicativi, saranno distribuiti gli opuscoli preventivamente realizzati.
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT);
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori
5.4 – FORMAZIONE DI
POTATORI SPECIALIZZATI
Premessa
La potatura degli agrumi è una pratica colturale che richiede una imponente quantità di manodopera specializzata, molto difficile da reperire. Spesso si ricorrere a manodopora non specializzata, con scarsi risultati se non addirittura con veri e prorpi danni all’agrumeto. La potatura incide sul 30-40% dell’intera Produzione Lorda Vendibile. Ciò nonostante, invece di operare scelte oculate volte al risparmio, si pota sempre più nei periodi meno indicati (in pieno inverno e/o in fioritura-allegagione); si ricorre a potatori improvvisati, che effettuano tagli errati con conseguenze sulla quantità e qualità dei frutti. Per di più, molti agrumeti restano non potati.
Obiettivi
L’obiettivo principale è quello di formare potatori specializzati, ottenendo, nel contempo:
- il miglioramento della qualità e quantità delle produzioni agrumicole;
- la riduzione dei costi attraverso una potatura agevolata.
Descrizione
dell’intervento
La potatura è l’insieme delle operazioni che comportano la recisione, l’accorciamento, la cimatura e la piegatura di branche, rami e germogli di una pianta.
Un buon potatore deve:
La prima azione sarà, pertanto, quella di trasmettere ai potatori in formazione e agli operatori del settore tutte quelle nozioni che consentono di operare con cognizione di causa sulle piante. Nel contempo sarà predisposto un pieghevole illustrativo indirizzato ad operai agricoli che vogliono specializzarsi, a potatori e agrumicoltori, nell’intento di dare le giuste indicazioni per affrontare questa problematica.
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.
Azioni divulgative
Prima dei periodi più critici in cui si effettueranno le operazioni di potatura (ripresa vegetativa), si svolgeranno nei vari territori agrumetati giornate tematiche su questo argomento, al fine di dare nozioni utili a persone che operano nel comparto.
Sarà illustrata innanzitutto la fisiologia delle piante e le varie forme di potatura:
Gli incontri saranno tenuti prima della ripresa vegetativa (periodo febbraio-marzo).
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT);
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori
5.5 – POTATURA
MECCANIZZATA
Premessa
La potatura viene effettuata manualmente a fine inverno. Data l’onerosità dell’operazione, la difficoltà a reperire manodopera specializzata, l’improvvisazione di una parte del personale con danni all’agrumeto, si sta diffondendo in alcune aziende l’uso di macchine agevolatrici.
Di fatto, se non si
provvederà con interventi di formazione professionale (si veda il punto 3.4),
la manodopera specializzata presente sul territorio sarà sempre di meno in
grado di soddisfare la domanda di potatura che proviene dalle aziende agricole.
L’agrumicoltura, oggi più di
ieri, è sottoposta ad una intensa concorrenza da parte di produttori europei ed
extra-europei. In tale regime diventa inevitabile la continua ricerca di
pratiche colturali che abbiano costi sempre minori e mirino, nel contempo, a
tutelare la qualità e la sanità delle produzioni.
Si avverte sempre più
l’incidenza del costo economico della potatura sul bilancio aziendale, specie
alla luce delle ultime, disastrose, campagne agrumicole.
40 gg. per ettaro X 40 euro
= 1.600 euro ettaro
Quindi, come già detto, il
30-40 % della PLV viene assorbito dal costo della potatura.
Obiettivi
Migliorare la qualità delle produzioni agrumicole. Ridurre
i costi di produzione.
Descrizione dell’intervento
Nonostante le applicazioni
in campo abbiano dato risultati interessanti, la potatura meccanizzata stenta
ad affermarsi fra gli operatori agricoli. Questa titubanza ha radici diverse:
si è indotti a pensare che la potatura meccanica sia una pratica onerosa sia in
termini di macchinari necessari che di risultati conseguibili; permane
l’atavica repulsione da parte dell’agricoltore verso tutto ciò che è nuovo o
poco diffuso; sussiste l’incredulità nell’efficacia di una operazione demandata
ad una macchina. Tutto ciò fa ragionevolmente pensare ad una mancanza di
conoscenza e di informazione esaurienti, che deve spingere i Servizi di
Sviluppo ad intervenire con una corretta divulgazione.
La potatura meccanica spesso
ricorre all’impiego di attrezzature ingombranti, che richiedono mezzi con
adeguate potenze ed operatori specializzati.
Esistono macchine semoventi
o portate.
Le prime sono macchine
specializzate, che hanno caratteristiche spiccate di manovrabilità in ambienti
con ridotti spazi, quali filari corti e capezzagne strette. Entrambi i tipi
operano tagli molto sensibili alle oscillazioni dovute alle non perfette
condizioni del terreno.
Le potatrici portate,
vengono montate sulla parte anteriore o posteriore della trattrice, la quale
deve avere una buona capacità di sostegno e una buona potenza per l’esercizio.
La parte operativa è costituita da barre che possono essere a dischi rotanti o
a coltelli.
I diversi tipi di
meccanizzazione degli interventi di potatura sono:
a) potatura meccanica;
b) potatura agevolata;
c) potatura integrata
(agevolata + meccanica);
La potatura meccanica non
produce una selettività di taglio, non opera diradamenti e non interviene all’interno
della chioma. Ma comunque riesce a mantenere un buono stato vegetativo e
produttivo e riduce concretamente i costi. I tipi di tagli effettuabili si
riducono sostanzialmente a:
-
taglio di parete o
“hedging”, che produce una parete a forma di siepe lungo la fila, con un
intervento verticale o lievemente inclinato. Ciò consente una migliore
luminosità nel filare, un passaggio più agevole per le macchine, migliora la
ripresa vegetativa e ottiene una parete fruttificante.
-
taglio di cima o “topping”, dove si eliminano
le parti apicali della pianta riducendone l’altezza. Questo intervento produce
una migliore insolazione e al contempo si eliminano quelle parti della pianta
soggette a rapido esaurimento, tutto a vantaggio della pezzatura e qualità dei
frutti. Anche questo taglio può essere effettuato “raso” o “a doppia falda”.
Un altro tipo di potatura
che si avvale di mezzi cesori, ma senza il collegamento alla presa di potenza
del trattore, è la cosiddetta potatura “agevolata”, che permette di eseguire i
tagli con una precisione pari a quella tradizionale, ma con il vantaggio di un
minor impiego di tempo. Gli attrezzi usati sono sostanzialmente quelli
tradizionali (cesoie, seghe), ma pneumatici. Tali ausili riducono i tempi
almeno del 40%.
Quindi, acquisite le
caratteristiche aziendali che fungeranno da parametri di scelta quali:
-
estensione
dell’agrumeto;
-
sesto d’impianto;
-
cultivar;
-
sistemazione del
terreno;
-
dotazione meccanica
dell’azienda;
-
quantità di manodopera a
disposizione in azienda;
-
presenza di altri tipi
di impianti arborei;
si procederà all’analisi del
miglior metodo di potatura.
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.
Azioni divulgative
Verranno effettuate: prove
pratiche di potatura in campo; un seminario divulgativo sull’efficacia delle
macchine utilizzate; visite guidate in campi dove viene effettuata la potatura
meccanica da diversi anni. Si procederà all’allestimento di materiale
divulgativo (opuscoli, cd-rom, video).
Strutture di supporto
Centri sperimentali ARSSA, ENAMA, ISMA, DEIAFA, Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per
l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio
Calabria.
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, Associazione di produttori.
5.6 – UTILIZZO DI
ACIDO GIBBERELLICO
Premessa
La continua ricerca nel campo della fisiologia vegetale, ha permeso di agire sul metabolismo delle piante tramite diverse sostanze. Tali sostanze sono principalmente gli enzimi e gli ormoni naturali, gli amminoacidi, gli estratti umici, ecc. Gli ormoni naturali agiscono sulla pianta influenzando lo sviluppo di alcune parti di essa piuttosto che altre. E’ del tutto risaputo che nelle areee agrumetate, tra gli ormoni, l’acido gibberellico è abbondantemente utilizzato, in particolare modo sul clementino. Questa tecnica è così praticata che spesso si esagera abusando ed attribuendo all’acido gibberellico azioni quasi miracolose sull’allegagione del clementino. Ovviamente, le aspettative degli agrumicoltori sono presto deluse.
Obiettivi
Obiettivo principale è quello di razionalizzare l’uso dell’acido gibberellico in agrumicoltura
Descrizione
dell’intervento
L’uso indiscriminato di questo ormone, dovuto, molto spesso, a cattive informazioni circa la sua azione sul metabolismo delle piante e, nel contempo, molto propagandato da rivenditori poco scrupolosi, ha creato una certa confusione nel comparto agrumicolo. Pertanto, è necessario fare chiarezza sull’argomento, realizzando una guida per gli agrumicoltori, i tecnici e i rivenditori. Lo scopo è quello di indurre un utilizzo raziocinato di questo fitoregolatore.
Si daranno, poi, le giuste indicazioni circa le varie azioni che questo ormone induce sulle piante: sull’accrescimento vegetativo, sulla fioritura, sull’allegagione e sulla qualità dei frutti. Inoltre, consigli utili su come e quando utilizzare l’ormone con le dovute differenze tra clementino, mandarino, arancio e limone. Non meno importanti saranno le indicazioni circa la normativa, i residui e quant’altro può interessare il prodotto commerciale.
Colture interessate
Clementine, mandarini, arance e limone.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.
Azioni divulgative
Prima dei periodi di utilizzo dell’acido gibberellico (fioritura-allegagione, inizio invaiatura, accrescimento vegetativo, ecc.), saranno organizzate nei vari territori agrumetati giornate tematiche durante le quali saranno illustrate ad agrumicoltori, tecnici e rivenditori, le varie problematiche circa l’utilizzo dell’acido giberellico, nonché le varie fasi fenologiche in cui è opportuno utilizzare l’ormone con il relativo dosaggio. Saranno anche indicate le condizioni che si devono verificare affinché il trattamento vada a buon fine, puntualizzando che le aspettative sono spesso superiori all’efficacia del prodotto.
Strutture di supporto
Servizio Agrometeorologico
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT);
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori
5.7 – LOTTA BIOLOGICA
Obiettivi
L’azione divulgativa cercherà di mettere a punto, verificare ed applicare la tecnica di difesa biologica dell’agrumeto, al fine di soddisfare le esigenze di un mercato sempre più attento alla sanità del prodotto.
Descrizione
dell’intervento
La difesa biologica rappresenta una strategia variamente articolata che armonizza e fonde metodologie diverse quali:
·
lotta biologica
classica, che si basa sull'antagonismo esercitato da artropodi utili (predatori
e parassitoidi) su quelli nocivi alle piante
·
lotta biologica
moderna, che si estende all'impiego di sostanze prodotte da vari organismi (ad
esempio feromoni, repellenti, tossine ecc.) o alla tecnica dell'insetto sterile
(autocidio)
Gli interventi che si vogliono attuare prevedono una serie di azioni all’interno dell’ecosistema agrumeto, quali:
· studio della reale dannosità dei vari organismi "nocivi" in un determinato contesto colturale;
· monitoraggio sistematico di campo per la determinazione delle soglie di intervento con metodi di stima a campione e/o con l'ausilio di trappole varie per la cattura degli insetti nocivi;
· individuazione della fase biologica più vulnerabile dell'organismo nocivo da contrastare, in rapporto alla pianta ospite e all'ambiente;
· conoscenza dell'entomofauna utile presente nell'ambiente;
· rilievo dei dati climatici ed elaborazione di parametri utili (es. gradi giorno per qualche insetto fitofago);
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia Tirrenica del Vibonese e Vallata del Mesima.
Azioni divulgative
Si organizzeranno riunioni ed incontri con gli operatori ed imprenditori agrumicoli, ove verranno descritti, in maniera dettagliata ed approfondita, i principi da adottare nella difesa biologica dell’agrumeto. Si realizzerà, a tal proposito, un supporto informativo cartaceo (opuscolo) e verranno fomite indicazione sul mercato e sulla commercializzazione del prodotto derivante dall’agricoltura biologica
Strutture di supporto
Organismi di certificazione riconosciuti (ICEA, ECO-CERTER ITALIA, ecc); Servizio Agrometeorologico; Servizio Fitopatologico Regionale Catanzaro.
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.
5.8 – LOTTA INTEGRATA
Obiettivi
- Miglioramento della qualità delle produzioni con prodotti privi di residui o con quantità molto al di sotto delle soglie di tolleranza previste dal Ministero della Sanità.
- Riduzione dell’utilizzo di agro-farmaci.
- Utilizzo di principi attivi che possiedono caratteristiche tali da non procurare danni all’uomo e all’ambiente.
- Riduzione dei costi di produzione per diminuzione del numero di trattamenti.
- Riequilibrio dell’agro-ecosistema.
- Riduzione dell’utilizzo dei diserbanti.
- Impiego di mezzi alternativi a quelli chimici, quando è possibile, per combattere le avversità.
- Aumento di specie impollinatrici
- Aumento della fertilità dei suoli.
- Maggiori sbocchi commerciali delle produzioni.
Descrizione
dell’intervento
Da tempo la Commissione Europea cerca di promuovere sistemi di produzione che rispettino l’ambiente e producano beni agricoli salubri. In molti comprensori della Regione l’agrumicoltura è di tipo intensivo, caratterizzata da una serie di interventi fitoiatrici con prodotti ad ampio spettro d’azione e senza che l’imprenditore valuti la consistenza reale delle popolazioni dannose e la convenienza economica degli interventi. Il conduttore dell’azienda, timoroso del danno economico che potrebbe subire, è portato ad aumentare le dosi previste e ad effettuare un maggior numero di trattamenti ravvicinati. L’uso indiscriminato degli agrofarmaci, con il passare del tempo, causa il progredire delle popolazioni degli organismi nocivi a discapito di quelle utili, diminuzione della fertilità dei suoli, inquinamento delle falde, fitotossicità nelle piante e comparsa di ceppi di fitofagi resistenti. Le specie entomo-acarofaghe subiscono ulteriori decimazioni, derivanti dalla semplificazione dell’ecosistema (monocoltura). Buona parte degli imprenditori, inoltre, utilizza il diserbo per il controllo delle erbe infestanti. Tale pratica, eseguita costantemente, determina danni tutt‘altro che trascurabili, non solo alle falde acquifere ma anche alle proprietà fisiche, chimiche e biologiche del suolo, con ripercussioni negative sulla fertilità. Sotto tale aspetto si cercherà di stimolare gli imprenditori affinché adottino pratiche colturali alternative all’uso dei diserbanti di sintesi. In questo contesto l’utilizzo della lotta integrata risulta essere un’importante mezzo per evitare tutti gli inconvenienti che derivano dall’uso scorretto degli agro-farmaci. Tale lotta è un sistema di controllo delle popolazioni di organismi nocivi che utilizza in maniera combinata i vari mezzi per produrre beni agricoli salubri, rispettando il più possibile l’agro-ecosistema.
L’iniziativa ha lo scopo di migliorare le conoscenze degli imprenditori sui vari mezzi fitoiatrici e dare un’assistenza tecnica che abbia come fine l’impiego razionale di tutte le tecniche di lotta e i mezzi disponibili per il controllo degli organismi dannosi. Nello specifico, si tratta di trasferire e fare applicare in maniera ottimale i diversi strumenti di natura chimica, agronomica, bio-tecnologica, fisica e i sistemi di lotta biologica e guidata.
La lotta integrata rappresenta un processo che coinvolge le competenze di più discipline: Chimica, Biologia, Statistica, Agronomia, Fitopatologia, Economia, Genetica, Medicina, Elettronica, Climatologia.
L’intervento sarà applicato ad aree di notevoli dimensioni; l’assistenza tecnica dovrà essere di tipo capillare perché il censimento degli organismi dannosi deve essere fatto su base aziendale.
Il progetto comprenderà due fasi. La prima, a carattere divulgativo, prevede:
- incontri di gruppo con gli imprenditori per discutere i principi su cui si fonda la lotta integrata;
- realizzazione di convegni che avranno come tema la sua importanza per l’ambiente e per le produzioni agricole,
- realizzazione di opuscoli e pieghevoli contenenti i principi su cui si fonda tale tipo di lotta e i vari mezzi che l’imprenditore agricolo può adoperare per contrastare le erbe infestanti e gli organismi nocivi.
Questa fase avrà, inoltre, lo scopo di indurre il maggior numero di agrumicoltori a partecipare in maniera attiva al progetto. Essi saranno inviati ad utilizzare quattro tipologie di trappole per il monitoraggio degli insetti, anche acquistandole a loro spese. Le trappole che saranno impiegate sono di due tipi: cromotropiche e chemiotropiche (a feromoni). Attualmente in commercio esistono i feromoni per il Prays citri (tignola degli agrumi), Anoidiella aurantii (cocciniglia rossa forte degli agrumi), Ceratatis capitata (mosca mediterranea della frutta) e Planococcus citri (cocciniglia farinosa o cotonello degli agrumi).
Le tipologie che saranno utilizzate dipenderanno dall’insetto da monitorare:
Insetto da Monitorare Tipologia Trappola
. 1) Cocciniglia aurantii o Cocciniglia rossa forte degli Agrumi Scaletrap (SC)
2) Ceratatis capitata o Mosca mediterranea della frutta Traptest (T) o Cromotrap (CR)
3) Planococcus citri o cotonello degli agrumi Scaletrap (SC)
4) Prays citri o tignola degli agrumi Traptest (T)
Le trappole sono costituite dalla capsula che contiene il feromone, da un tettuccio ed una base.
A seconda del tipo di trappola il tettuccio o la base presentano la superficie provvista di sostanza appiccicosa. La cromotrap, a differenza delle altre sopra menzionate, al posto del feromone possiede delle piastrine di attrattivo al trimedlure.
Nella seconda fase del progetto predominerà l’attività di assistenza tecnica. I divulgatori effettueranno numerose visite aziendali per verificare l’applicazione dei principi della lotta integrata, l’installazione corretta delle trappole e le catture degli insetti. Il monitoraggio verrà eseguito con diverse metodologie di campionamento per verificare il momento in cui vengono raggiunte le soglie d’intervento.
Su
pianta mediante lente ingrandimento
Campionamenti Prelievo
campioni di parti vegetali (foglie, rametti, frutti ect)
Campionamento con trappole chemio- o cromotropiche
Le trappole vanno utilizzate rispettando le seguenti regole:
- Vanno applicate prima degli sfarfallamenti degli insetti ricercati.
- Il numero di trappole/Ha è compreso tra 2-4 ed esse devono essere posizionate randomizzate e ad altezza di volo.
- Dall’inizio della cattura si eseguono 2/3 controlli a settimana; ad ogni controllo gli insetti catturati vanno contati ed eliminati dai fondi collati.
- Quando la sommatoria dei conteggi arriva allo standard di curva di volo verrà effettuato il trattamento, se le altre condizioni lo permettono.
- Le capsule di feromone vanno sostituite ogni 2/4 settimane.
I campionamenti diretti sulle varie parti di vegetali saranno eseguiti con le varie modalità previste per ciascun fitofago. I trattamenti verranno effettuati al verificarsi delle soglie d’intervento, tenendo conto di altre variabili quali: lo stadio biologico dell’insetto, le popolazioni di antagonisti e il loro stadio biologico, lo stadio fenologico della pianta. Nel caso d’interventi con prodotti chimici, la scelta ricadrà su principi attivi selettivi e facilmente denaturabili dall’azione biochimica del terreno e fisica dell’atmosfera.
Colture interessate
Clementine, arancio, mandarino, limoni, cedro, bergamotto,
ibridi triploidi, pompelmo.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari, fascia jonica catanzarese e reggina, crotonese, piana di Lamezia Terme, piana di Gioia Tauro, fascia alto Tirreno cosentino, fascia basso jonio reggino, fascia tirrenica del vibonese e vallata del Mesima
Azioni divulgative
Incontri di gruppi ed individuali, produzione opuscoli e pieghevoli, informazione allo sportello e realizzazione di seminari.
Strutture di supporto
Università di Reggio Calabria , Facoltà di Agraria e Istituto Sperimentale per l’agrumicoltura di Acireale (CT).
Consulenze esterne
Facoltà di Agraria di Reggio Calabria, Istituto Sperimentale
per l’agrumicoltura di Acireale.
Beneficiari
Aziende agricole, cooperative e consorzi di produttori
5.9 – DIFESA CONTRO LE AVVERSITÀ ATMOSFERICHE
Obiettivi
- Allungamento del calendario di commercializzazione in zone caratterizzate da gelate tardive.
- Salvaguardia delle produzioni e del reddito.
- Salvaguardia della coltivazione e del suo stato fito-sanitario.
- Miglioramento della qualità e quantità delle produzioni.
Descrizione dell’intervento
L’agrumicoltura calabrese si sviluppa in comprensori aventi differenti caratteristiche pedo-climatiche. Non di rado gli agrumeti calabresi sono soggetti ad una serie di avversità atmosferiche quali: gelate, grandinate e venti. Tutti questi eventi climatici rappresentano un rischio serio non solo perché danneggiano la produzione in corso, ma anche perché possono causare danni irrimediabili alle piante. Le gelate sono molto frequenti nei comprensori agrumicoli calabresi e possono danneggiare i frutti, i rami, il fusto, le foglie e i semi. Il danno causato ai frutti in molte circostanze li rende incommerciabili e si evidenzia con disseccamento, scollamento delle pareti cellulari, presenza di cristalli di esperidina, oleocellosi, scolorimento dell’epicarpo ect. Inoltre, i frutti presentano alterazioni della qualità riferibili a riduzioni degli acidi, dei solidi totali e del succo. Sulle foglie, i danni si verificano con distruzione parziale o totale dei tessuti e successiva filloptosi. Sulle parti legnose i danni da freddo si manifestano con imbrunimenti dei tessuti verdi, necrosi dei rametti terminali, disseccamento e fessurazioni della corteccia. La grandine è un altro evento meteorico che può creare dei problemi alle piante e ai frutti. Le foglie possono subire delle lacerazioni più o meno estese. Successivamente disseccano e cadono al suolo. Sui frutti si verificano diversi sintomi in relazione all’intensità, alle dimensioni dei chicchi e alla velocità del vento. L’oleocellosi è un sintomo che si manifesta a seguito di lievi grandinate e consiste nella rottura delle ghiandole oleifere e nella fuoriuscita degli oli essenziali che determinano la necrosi dei tessuti circostanti. Nel caso di forti grandinate, il frutto può subire cascola immediata o lacerazioni che interessano il flavedo, l’albedo o addirittura i segmenti. I rami lignificati risentono meno dell’effetto della grandine a differenza di quelli che presentano consistenza erbacea. Infatti, questi ultimi, tendono con molta facilità a lacerarsi e a disseccarsi. Le lacerazioni rappresentano una soluzione di continuità che permette l’insediamento di molte malattie generate da funghi. I venti forti rappresentano per gli agrumeti un fattore che può incidere in maniera negativa sullo sviluppo vegetativo, sulla qualità e quantità delle produzioni. Alcune parti della pianta, più di altre, sono sensibili all’azione del vento. I germogli teneri possono lacerarsi, deformarsi e disseccare; i fiori stentano ad allegare; i frutti possono presentare delle depressioni, ammaccature e graffiature, perché il vento li fa urtare contro rami e spine. I frutti reagiscono contro tali lesioni producendo delle suberificazioni a livello di epicarpo. Alcuni venti particolarmente caldi o freddi determinano crolli di produzione notevoli. L’azione dannosa del vento influenza negativamente non solo la fisiologia della pianta e la sua produttività ma anche il suo stato sanitario. Molte fessurazioni prodotte sui rami e, alcune volte, sulle branche, rappresentano punti in cui si sviluppano malattie.
Da quanto detto si evince che la diffusione di mezzi di difesa contro le avversità meteoriche è particolarmente importante.
L’azione divulgativa consisterà soprattutto nella realizzazione di un opuscolo nel quale saranno illustrate con l’ausilio di fotografie le tipologie di danno causato dalle avversità atmosferiche ai frutti e alle piante e tutti i mezzi di difesa contro la grandine, il vento e le gelate. Verranno organizzati alcuni seminari che avranno come tema la difesa attiva e passiva degli agrumeti contro le avversità atmosferiche. Tramite incontri di gruppo con gli agricoltori verrà chiarito l’utilizzo dei diversi mezzi di protezione. Per gli strumenti di difesa passiva si cercherà, nelle zone in cui tale evento è frequente, di divulgare la possibilità di effettuare polizze assicurative.
Colture interessate
Clementine, arancio, mandarino,
limoni, cedro, bergamotto, ibridi triploidi, pompelmo.
Localizzazione dell’intervento
Piana di Sibari, fascia jonica catanzarese e reggina, crotonese, piana di Lamezia Terme, piana di Gioia Tauro, fascia alto Tirreno cosentino, fascia basso jonio reggino, fascia tirrenica del vibonese e vallata del Mesima
Azioni divulgative
Incontri di gruppi ed individuali,
produzione opuscolo, informazione allo sportello e organizzazione di seminari.
Strutture di supporto
Università di Reggio Calabria,
Facoltà di Agraria e Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale
(CT).
Consulenze esterne
Facoltà di Agraria di Reggio
Calabria; Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT).
Beneficiari
Aziende agricole, cooperative e
consorzi di produttori.
5.10 – PANORAMICA SULLE PRINCIPALI FITOPATIE
Obiettivi
L’iniziativa si propone di favorire la divulgazione di quanto si conosce, attualmente, sulle principali avversità degli agrumi. Sono oggetto di informazione per gli agrumicoltori:
·
le conoscenze sulle
avversità biotiche in vari contesti colturali;
·
le strategie di
contenimento dei parassiti di nuova introduzione;
·
le conoscenze sugli
antagonisti utili (artropodi predatori e parassitoidi) presenti nell'ambiente;
·
i principi della lotta
guidata;
·
i principi della
difesa integrata;
·
i principi della
difesa biologica.
Descrizione dell’intervento
L’intervento mira a far conoscere le caratteristiche (sintomi, cicli, ecc.) delle diverse avversità che colpisco l’ecosistema agrumeto. La metodologia applicata è di tipo visivo-multimediale e si basa sull’utilizzazione di un supporto informatico, realizzato ad hoc, ove per ogni singola fitopatia verranno trattati tutti gli aspetti salienti.
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari, fascia jonica catanzarese e reggina, crotonese, piana di Lamezia Terme, piana di Gioia Tauro, fascia alto Tirreno cosentino, fascia basso jonio reggino, fascia tirrenica del vibonese e vallata del Mesima
Azioni divulgative
Oltre alla produzione di un Cd Room multimediale, si effettueranno numerosi incontri in azienda e riunioni di gruppo con gli agricoltori.
Consulenze esterne
Università di Reggio Calabria,
Facoltà di Agraria e Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale
(CT).
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative
di produttori
6 – INTERVENTI PER LA DIFFUSIONE DI NUOVE CULTIVARS
6.1 – DIFFUSIONE DI NUOVE CULTIVARS DI
CLEMENTINE, ARANCE E IBRIDI TRIPLOIDI
Obiettivi
Ampliamento del panorama varietale esistente; allargamento del periodo di raccolta e commercializzazione; presenza costante del prodotto sul mercato; aumento della redditività.
Descrizione
dell’intervento
Clementine
La coltivazione delle clementine è diffusa su tutto il territorio regionale, ma in particolare nella Piana di Sibari, nella Piana di Lametia Terme, nella Piana di Gioia Tauro, nel Crotonese, nella Fascia Jonica Catanzarese e Reggina e nella Fascia tirrenica del Mesima.
Le cultivar presenti sono prevalentemente quelle riconducibili al “Clementine comune”, al Clementine ISA e al Clementine SRA 63.
Queste varietà, ormai largamente diffuse, si caratterizzano per le loro eccellenti qualità organolettiche, a tal punto da essere apprezzate su tutti i mercati nazionali ed internazionali, ma per contro la loro maturazione e commercializzazione avviene in un periodo di tempo molto ristretto, ovvero tra novembre e dicembre. La concentrazione di tale produzione in un periodo così ristretto crea non pochi problemi, tra cui quella della mancanza di personale per la raccolta, l’elevata concentrazione dell’offerta rispetto la domanda, prezzi bassi e di conseguenza diminuzione del reddito aziendale. Inoltre, nei periodi settembre-ottobre e gennaio-marzo, in cui non sono presenti le nostre produzioni, si ricorre all’importazione di clementine dalla Spagna e da altri Paesi del Bacino del Mediterraneo.
L’ARSSA, in collaborazione con l’Istituto Sperimentale di Agrumicoltura di Acireale, ha costituito dei campi dimostrativi presso i CSD di Sibari e Mirto per valutare l’adattamento di nuove selezione di clementine sia a maturazione precoce che a maturazione tardiva.
Nel campo allestito presso il CSD di Sibari sono presenti, tra le selezioni a maturazione precoce, i seguenti cloni: caffin, spinoso, sra 89, corsica 2, sra 85, ragheb, fedele, clementine comune precoce iam.
Per quanto riguarda invece i cloni a maturazione tardiva abbiamo: cpc3, orogrande, rubino, romano, cpc2, hernandina.
Nel campo allestito presso il CSD di Mirto sono in corso prove di adattamento delle seguenti varietà: sra 89, corsica 2, spinoso vcr, fedele iam, ragheb, rubino vcr, hernandina vcr, caffin e nour. Inoltre sono in corso prove di alcune cultivar di clementine (caffin, spinoso vcr, rubino, sra 63) su diversi portinnesti (arancio amaro, citrange carrizzo, citrumelo swingle, alemow, flying dragon).
Da alcuni anni vengono raccolti dati circa l’adattabilità delle diverse cultivar alle caratteristiche pedo-climatiche della piana di Sibari, l’epoca di maturazione ed il calendario di raccolta, le caratteristiche organolettiche dei frutti, la resistenza alle principali malattie fitosanitarie, l’entrata in produzione, la pezzatura dei frutti, le produzioni medie, etc.
Alla luce dei dati raccolti, alcune selezioni di clementine hanno dato risultati buoni per una eventuale diffusione nelle aree più vocate o in quelle zone dove il microclima è tale da esaltarne le caratteristiche produttive e qualitative.
Tuttavia, la diffusione delle varie selezioni di clementine
su scala regionale va valutata con estrema attenzione e con accurati studi,
onde evitare di ripetere errori fatti in passato, dovuti alla diffusione di
specie e cultivar che non hanno trovato condizioni idonee di sviluppo nei
territori in cui furono introdotte.
Arance
La coltivazione delle arance è diffusa, in particolare, nella Piana di Sibari, nella Piana di Lametia Terme, nella Piana di Gioia Tauro, nel Crotonese, nella Fascia Jonica Catanzarese e Reggina e nella Fascia tirrenica del Mesima.
Le cultivar presenti sono in molti casi riconducibili, tra le arance pigmentate, a vecchi cloni di tarocco, moro, sanguinello, sanguigno e, tra quelle del gruppo biondo, al biondo comune. Si tratta di cloni che per caratteristiche organolettiche, per pezzature, per zuccheri, per resa in zuccheri, etc., non trovano sbocchi sul mercato del fresco e quindi sono destinate alla trasformazione, anche se non sono neppure particolarmente adatte per la produzione di succo. In effetti, sia le attuali varietà del gruppo delle bionde che delle pigmentate, presenti in Calabria, sono poche idonee alla trasformazione, in quanto le prime presentano un contenuto di limonina elevato, e le seconde vanno incontro a fenomeni di alterazione di colore e sono pertanto più idonee alla produzione di succo congelato.
Occorre dunque procedere ad un rinnovamento varietale delle vecchie cultivar di arance con nuove selezioni di pregio, gradite dai consumatori, che trovano sbocco nel mercato del fresco.
Tra le arance ombelicate un certo interesse rivestono la Navelina vcr, la Navelina isa 315, il Newhall, il Fisher Navel, il Washington Navel, il Brasiliano, il Navelate ed il Lanelate. Si tratta di cultivar a polpa bionda molto gradite ai consumatori le quali, per la diversa epoca di maturazione, si ritrovano da ottobre a maggio e garantiscono un’offerta costante sui mercati nazionali ed internazionali.
Tra le cultivar del gruppo biondo, interesse rivestono alcune selezioni quali la Salustiana (cultivar a duplice attitudine da tavola e per succo), il Belladonna, il Biondo comune, l’Ovale (o calabrese), il Valencia campell e il Valencia late.
Tra le arance pigmentate quali tarocco e sanguinello occorre
prendere in considerazione quelle selezioni che hanno mostrato di adattarsi
alle condizioni pedoclimatiche delle diverse aree agrumicole della nostra
regione.
Ibridi triploidi
La coltivazione di ibridi triploidi è poco diffusa su tutto il territorio regionale. Le nuove selezioni di ibridi triploidi rivestono una certa importanza, in quanto si trovano in commercio in periodi in cui sono presenti poche altre specie di agrumi, consentendo dunque un ampliamento dell’offerta, un’allargamento del periodo di raccolta, una presenza costante di agrumi calabresi sul mercato.
Alcune di questi ibridi, in particolare il Mandalate, si caratterizzano per le eccellenti doti organolettiche dei frutti, a tal punto da avere riscosso apprezzamenti dai mercati nazionali e dalla GDO.
L’ARSSA, in collaborazione con l’Istituto Sperimentale di Agrumicoltura di Acireale, ha costituito dei campi dimostrativi presso i CSD di Sibari e Mirto per valutare l’adattamento di queste nuove selezione di ibridi triploidi.
Nei campi allestiti presso il CSD di Sibari e di Mirto sono presenti le seguenti selezioni: Tacle, Clara, Camel, Mandavate, C6925.
Le varietà di ibridi triploidi, in osservazione nei campi dimostrativi dell’ARSSA di Sibari e Mirto, stanno dando buoni risultati sia in termini quantitativi che qualitativi.
I dati raccolti circa l’adattabilità alle caratteristiche
pedo-climatiche della piana di Sibari, l’epoca di maturazione ed il calendario
di raccolta, le caratteristiche organolettiche dei frutti, la resistenza alle
principali malattie fitosanitarie, l’entrata in produzione, la pezzatura dei
frutti, le produzioni medie, etc., hanno mostrato che per alcune di queste
nuove selezioni è possibile ed auspicabile la diffusione nelle aree più vocate
o in quelle zone dove il microclima è tale da esaltarne le caratteristiche
produttive e qualitative, specie per il Mandavate.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.
Azioni divulgative
Attraverso incontri individuali, incontri di gruppo, visite guidate ai campetti dimostrativi, giornate dimostrative e seminari, verranno diffusi i dati raccolti circa il comportamento delle nuove selezioni di clementine, arance ed ibridi triploidi.
Attenzione verrà posta alla scelta dei cloni in riferimento alla vocazionalità e caratteristiche pedoclimatiche delle varie zone.
Strutture di supporto
Centri Sperimentali Dimostrativi di Sibari e Mirto.
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate,
cooperative di produttori
6.2 – SCELTA DI PORTINNESTI PER NUOVI
IMPIANTI E REIMPIANTI
Obiettivi
Migliorare la qualità e quantità delle produzioni agrumicole. Ridurre i costi attraverso una scelta razionale del portinnesto. Ridurre le problematiche fitosanitarie legate alla caratteristiche del portinnesto e della combinazione cultivar/portinnesto.
Descrizione
dell’intervento
Partendo dalle analisi chimico-fisiche-biologiche del terreno, analisi pedologica, dati climatici, giacitura, sistemazioni idrauliche superficiali, drenaggi, presenza di barriere frangivento e dalle caratteristiche genetiche e sanitarie della cultivar innestata, si forniranno all’agrumicoltore una serie di informazioni sull’influenza del portinnesto sullo sviluppo vegetativo della cultivar innestata; sul periodo di maturazione dei frutti e sulle caratteristiche qualitative, quantitative e sanitarie degli stessi; sul sesto d’impianto e sulle tecniche colturali più idonee in relazione alla scelta del portinnesto.
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi.
Portinnesti
interessati
Arancio amaro, citrange troyer, citrange carrizo, citrumelo, poncirus trifoliata, poncirus trif. var.”flying dragon”, citrus macrophylla, limone volkameriano.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari, fascia jonica catanzarese e reggina, crotonese, piana di Lamezia Terme, piana di Gioia Tauro, fascia alto Tirreno cosentino, fascia basso jonio reggino, fascia tirrenica del vibonese e vallata del Mesima
Azioni divulgative
Facendo seguito ad un’approfondita analisi dei dati aziendali e delle cultivar adottate, verranno illustrate agli agrumicoltori le possibili combinazioni con il portinnesto, gli eventuali interventi da effettuare sull’impianto (concimazione di fondo, trattamenti fitosanitari al terreno, sistemazioni idraulico-agrarie, barriere frangivento, ect.), la scelta del sesto d’impianto e le tecniche colturali più appropriate.
Strutture di supporto
Laboratorio analisi di Sibari e Locri; Servizio Agropedologico di Catanzaro lido.
Consulenze esterne
Stituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria.
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori
7 – INTERVENTI PER LA SALVAGUARDIA AMBIENTALE
7.1 – CORRETTO SMALTIMENTO DEI RIFIUTI
SPECIALI
Obiettivi
L’inquinamento ambientale rappresenta uno dei problemi di più difficile risoluzione, con conseguenze sull’ecosistema e sulla salute umana. Molte aree ad agricoltura avanza e intensiva sono oggi al centro dell’attenzione per una serie di problematiche ambientali, tra le quali l’inquinamento prodotto da un utilizzo indiscriminato dei prodotti fitosanitari e dal cattivo smaltimento dei rifiuti speciali.
Al fine di limitare i danni all’ambiente dovuti all’abbandono indiscriminato dei rifiuti speciali provenienti dal mondo agricolo, è opportuno realizzare azioni divulgative portando a conoscenza degli addetti ai lavori la normativa in materia di smaltimento dei rifiuti speciali e i metodi di stoccaggio degli stessi in agricoltura.
Dscrizione
dell’intervento
Con il DL 22 del 5 febbraio 1997, comunemente chiamato Decreto Ronchi, vengono attuate in Italia le Direttive Comunitarie 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e la direttiva 94/68/CE sugli imballaggi e rifiuti di imballaggi.
Dal 1997 in poi sono stati promulgati una serie di provvedimenti legislativi, molto dei quali hanno avuto anche effetti sul mondo agricolo.
I continui aggiornamenti, tuttavia, hanno creato notevole confusione tra i non addetti ai lavori.
In modo semplificato le leggi e le circolari che hanno interessato l’agricoltura sono:
Legge 25 gennaio 2006, n. 29: Disposizioni per l'adempimento di obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge comunitaria 2005. (GU n. 32 del 8-2-2006-Suppl. Ordinario n.34) Art. 11: Adempimenti in materia di rifiuti pericolosi
Decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri 22 dicembre 2004: Approvazione del modello unico di dichiarazione ambientale per l'anno 2005 - cap. 1 sezione veicoli a fine vita o fuori uso. (GU n. 305 del 30-12-2004)
Circolare 9 marzo 2004, n.1825: Ministero dell'Ambiente e della Tutela del territorio. Normative riguardanti le acque di lavaggio e di sentina, di cui al decreto legislativo 24 giugno 2003, n. 182. Chiarimenti ed applicazioni delle modifiche introdotte con la legge 27 febbraio 2004, n. 47. (GU n. 62 del 15-3-2004)
D. P. C. M. 23 dicembre 2003: Proroga dello stato di
emergenza nel territorio della regione Calabria nel
Decreto Legge 31 ottobre 2003, n.306: Disposizioni per l'adempimento di
obblighi derivanti dall'appartenenza dell'Italia alle Comunita' europee. Legge
comunitaria 2003. (GU n. 266 del 15-11-2003- Suppl. Ordinario n.173) ART.
23. (Modifiche all'articolo 1
della legge 21 dicembre 2001, n. 443).
Decreto 31 ottobre 2002: Ministero delle Politiche Agricole e Forestali. Recepimento del protocollo d'intesa ai sensi dell'art. 1, comma 8, della legge 18 giugno 2002, n. 118 - Obblighi smaltimento materiali di origine animale classificati a rischio e copertura dei relativi costi. (GU n. 266 del 13-11-2002)
Legge 31 luglio 2002, n.179: Disposizioni in materia ambientale. (GU n. 189 del 13-8-2002)
Decreto Interministeriale: recante “Norme per l’esecuzione della Decisione 2000/532/CE come modificata dalle decisioni 2001/118/CE, 2001/119/CE e rettifica alla decisione 2001/118/CE nuova rettifica alla decisione 2001/118/CE”: Con Allegati C.E.R. (Catalogo Europeo dei Rifiuti) Elenco dei rifiuti istituito conformemente all’articolo 1, lettera a), della direttiva 75/442/CEE relativa ai rifiuti e all’articolo 1, paragrafo 4, della direttiva 91/689/CEE relativa ai rifiuti pericolosi.
Circ. 11 dicembre 2001, n. 104: (Ag. dell’Entr.) Obbligo di numerazione e vidimazione
del registro di carico e scarico dei rifiuti.
Legge 20 agosto 2001, n. 335: Testo coordinato del decreto-legge 16 luglio 2001, n. 286 Ripubblicazione del testo del decreto-legge 16 luglio 2001, n. 286, convertito, senza modificazioni, dalla legge 20 agosto 2001, n. 335 recante: “Differimento dei termini in materia di smaltimento di rifiuti". (in Gazzetta Ufficiale – serie generale - n. 164 del 17 luglio 2001).
D.L. 16 luglio 2001, n. 286: (Differimento di termini in materia di smaltimento di rifiuti), pubblicato sulla GU n. 164 del 17 luglio 2001, ha differito il termine di cui all'articolo 5, comma 6, del decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22.
Legge 23 marzo 2001, n. 93: (pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 79 del 4 aprile 2001) Disposizioni in campo ambientale.
D.M. 18 aprile 2000, n. 309: Regolamento di
organizzazione e funzionamento dell’Osservatorio Nazionale sui Rifiuti. (Art.26, comma 4, , D.Lgs. 22/97).
Legge 9 dicembre 1998, n. 426: (Pubblicato sulla G.U. n. 291 del 14 dicembre 1998) Nuovi interventi in campo ambientale. Testo aggiornato e coordinato con la Legge 23 marzo 2001, n. 93
D.M. 4 agosto 1998, n. 372: Regolamento recante norme sulla riorganizzazione del Catasto dei Rifiuti (Art. 11, comma 1, D.Lgs. 22/97).
Decreto Ministeriale 1º aprile 1998, n. 148: Gazz. Uff., 14 maggio, n. 110. Regolamento recante approvazione del modello dei registri di carico e scarico dei rifiuti.
D.M. 1 aprile 1998, n. 145: Regolamento recante la definizione del modello e dei contenuti del formulario di accompagnamento dei rifiuti.(Artt. 15, 18, comma 2, lett. e, comma 4 D.Lgs. 22/97).
Decreto legislativo 8 novembre 1997, n. 389: (con succ. mod.) Modifiche ed integrazioni al decreto legislativo 5 febbraio 1997, n. 22, in materia di rifiuti, di rifiuti pericolosi, di imballaggi e di rifiuti di imballaggio. (Gazz. Uff., 8 novembre, n. 261).
D.M. 29 ottobre 1997: Approvazione Statuto CONAI.
Decreto Legislativo 5 febbraio 1997, n. 22: (Decreto Ronchi) Attuazione delle direttive 91/156/CEE sui rifiuti, 91/689/CEE sui rifiuti pericolosi e 94/62/CE sugli imballaggi e sui rifiuti di imballaggio. (Decreto Ronchi) Testo coordinato (aggiornato al D.P.R. n. 254 del 15 luglio 2003 - pubblicato su GU n.211 del 11-9-2003). (GU n. 38 del 15 -2-1997 - S.O. n. 33)
Il settore agricolo, per la sua parcellizzazione eccessiva e per altre cause strutturali, necessita ancora di stimoli e di informazioni precise che solo una capillare assistenza tecnica e divulgazione possono fornire.
L’intervento divulgativo consisterà, pertanto, nella raccolta di tutta la normativa legale e tecnica riferita allo smaltimento dei rifiuti, alla sintesi di tutti gli elementi e alla realizzazione di uno schema chiaro e preciso ad uso degli imprenditori agricoli.
Saranno realizzati incontri e semonari per discutere sulle modalità dello smaltimento, su divieti, obblighi e violazioni, fornendo esempi reali e risoluzione di problematiche tecniche.
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.
Localizzazione
dell’intervento
Piana di Sibari; Fascia Jonica Catanzarese e Reggina; Crotonese; Piana di Lametia Terme; Piana di Gioia Tauro; Fascia Alto Tirreno Cosentino; Fascia Basso Jonio Reggino; Fascia tirrenica del Vibonese e vallata del Mesima.
Azioni divulgative
L’azione divulgativa, come già accennato, si realizzerà attraverso una serie di incontri tecnici con gruppi di agricoltori, privilegiando il rapporto con le cooperative di produttori. Si realizzerà un opuscolo divulgativo contenente gli articoli di legge più importanti opportunamente commentati ed esemplificati.
Strutture di supporto
ASL 3 Rossano, Ditte autorizzate allo smaltimento; Ufficio Divulgazione Legislativa ARSSA di Reggio Calabria.
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, cooperative di produttori del territorio Calabrese
7.2 – CORRETTO IMPIEGO DELLE MACCHINE
IRRORATRICI
Premessa
I trattamenti fitosanitari vengono effettuati principalmente su indicazioni dei rivenditori di prodotti chimici, spesso in maniera inadeguata, senza accertarsi della presenza dei parassiti, utilizzando prodotti ad ampio spettro d’azione. Inoltre, i trattamenti irrazionali sono i principali responsabili della contaminazione di terreno, acque, falde, atmosfera e produzioni, nonché rappresentano un serio rischio per la salute degli operatori e consumatori.
Il non corretto funzionamento delle irroratrici è la principale causa di inefficacia dei trattamenti; infatti, ci si preoccupa più dei principi attivi da utilizzare che come distribuirli sulle superfici da trattare. I numeri ottenuti da studi recenti sono inesorabili nel denunciare le perdite di distribuzione a terra e per deriva: 40-65% della dose impiegata. Ad aggravare la situazione è il pessimo stato di manutenzione in cui versano le irroratrici: manometri imprecisi, ugelli inefficienti e mal direzionati con flussi che hanno angoli di incidenza errati.
La Regione Calabria, con delibera n° 6775 del 23.11.1998 ha approvato il progetto “Verifica dell’efficienza distributiva delle macchine irroratrici”, nell’ambito del Programma Interregionale - Misura 4 - “Agricoltura e qualità” e ne ha affidato all’ARSSA la realizzazione. Ora, si tratta di diffondere sul territorio le evidenze ottenute e porre le basi per un nuovo modo di intendere la produzione agrumicola.
La problematica ha reso centrale il compito della divulgazione nella diffusione della conoscenza e del corretto impiego delle macchine per la difesa antiparassitaria e, quindi, nella riduzione delle dosi di prodotti fitosanitari, anche in virtù delle necessarie certificazioni richieste in ambito comunitario e non per la commercializzazione dei prodotti agricoli.
Obiettivi
Ottimizzazione dei
trattamenti fitosanitari con conseguenti riduzioni dell’impatto ambientale e
dei costi di produzione.
Descrizione
dell’intervento
L’azione, fatto tesoro delle conoscenze acquisite nel tempo con le numerose verifiche funzionali effettuate, coinvolgerà gli operatori agricoli dimostrando loro che si possono ottenere buone coperture sanitarie dell’agrumeto, impiegando non solo quantità di agrofarmaci in dosi adeguate come prescritto dal produttore, ma soprattutto adoperando un corretto utilizzo della macchina. Sarà conseguito, in tal modo, un guadagno economico, riducendo i rischi per salute e ambiente.
Tutto ciò si può ottenere con una giusta regolazione delle irroratrici e distribuendo un congruo volume di soluzione in relazione al tipo di parassita da combattere, al tipo di coltura (sesto d’impianto, altezza e spessore della chioma) e alle caratteristiche del prodotto fitosanitario, e non ultimo, effettuando una periodica manutenzione delle macchine.
Bisognerà sottolineare che, anche se in Italia la verifica funzionale è su base volontaria, le aziende che conferiscono i loro prodotti alla GDO sono obbligate ad effettuarla per ottenere la certificazione della filiera produttiva.
Oltre a questo si dovrà provvedere a fare conoscere gli effetti indotti dal cattivo impiego degli agrofarmaci sulle caratteristiche igienico-sanitarie delle produzioni agricole.
Ancora, risulta doveroso
porre l’accento sulla sicurezza degli operatori agricoli nell’utilizzo dei
mezzi meccanici durante le operazioni di campo.
Colture interessate
Clementine, arance, mandarini, limoni, bergamotto, cedro, pompelmo, ibridi triploidi.
Localizzazione
dell’intervento
Regione Calabria.
Azioni divulgative
Verranno organizzate
giornate dimostrative presso i Centri di verifica funzionale e di Taratura; si
effettueranno corsi di formazione per operatori agricoli; seminari divulgativi
su: l’efficacia delle macchine tarate e vantaggi conseguibili, importanza delle
certificazioni per la commercializzazione dei prodotti, rischi sanitari e
ambientali. Produzione di materiale divulgativo (opuscoli, cd-rom, video).
Strutture di supporto
Centri Sperimentali, ENAMA, ISMA, DEIAFA, Facoltà di Agraria - Università di Reggio Calabria
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per
l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Facoltà di Agraria - Università di Reggio
Calabria.
Beneficiari
Aziende agricole singole; aziende agricole associate, Associazione di produttori.
8 – INTERVENTI PER
LA PROMOZIONE DELLE PRODUZIONI A MARCHIO
8.1 – LIMONE DI ROCCA IMPERIALE E DELL’ALTO
IONIO COSENTINO
Premessa
Pur esistendo un Consorzio per la tutela e la valorizzazione del Limone di Rocca Imperiale e dell’alto Jonio Cosentino, che si sta interessando del riconoscimento IGP, questo agrume attualmente non è ancora riconosciuto.
Negli ultimi anni, il Ce.D.A. n. 3 ha fornito assistenza tecnica e si è adoperato per la promozione del limone, tenendo stretti rapporti con i soci del Consorzio.
Nei periodi estivi degli ultimi anni, sono state già realizzate, nel Comune di Rocca Imperiale, tre edizioni della “Festa del Limone”.
In tali circostanze sono state prodotti e distribuiti pieghevoli che illustrano le proprietà organolettiche e salutistiche di questo agrume.
E’ grave constatare che il Limone di Rocca Imperiale viene commercializzato anonimamente sotto altre denominazioni e marchi già affermati.
Obiettivi
Promuovere e valorizzare le eccellenti qualità del Limone di Rocca Imperiale, facendolo conoscere sia ai consumatori che alle industrie di trasformazione.
Descrizione
dell’intervento
Sarà realizzato un opuscoletto in cui saranno descritte le qualità organolettiche del frutto e i suoi svariati usi. Nel contempo, sarà evidenziato il legame esistente tra produzioni agrumicole di nicchia e territorio circostante, analizzato dal punto di vista ambientale-culturale-turistico. Verranno allestiti pannelli e manifesti di varie dimensioni, dove pubblicizzare il limone adottando un logo o un marchio.
Le aziende che producono e commercializzano già ilLimone di Rocca Imperiale, potranno metterlo a disposizione confezionandolo in forme adatte per manifestazioni e promozioni.
Localizzazione
dell’intervento
Rocca Imperiale e tutto l’Alto JonioCosentino
Azioni divulgative
Partecipazione alle future edizioni della “Festa del Limone”.
In questa manifestazione, si terrà una prova di assaggio e verrà effettuato un confronto con limoni di diversa provenienza, assegnando un punteggio a vari parametri organolettici.
A livello Provinciale e Regionale si prevede la presenza a varie manifestazioni fieristiche (Fiera Jonica, Expo-Cassano, Fiera di Lamezia, etc.), nel corso delle quali si presenterà il prodotto variamente confezionato e valorizzato.
E’ prevista, altresì, la partecipazione ad eventuali mostre pomologiche, che si tengono generalmente fuori regione (Scanzano Ionico, etc.), e anche la partecipazione a trasmissioni televisive. In tutti questi eventi lo scopo principale sarà quello di pubblicizzare il prodotto.
Strutture di supporto
Servizio Marketing
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT).
Beneficiari
Aziende agricole limonicole, Consorzio del Limone, Consumatori,Commercianti.
8.2 – CEDRO DELLA “RIVIERA DEI CEDRI”
Obiettivi
Riduzione dei costi di
produzione; introduzione di processi
di allevamento innovativi; aumento
della redditività per ettaro; miglioramento
delle condizioni di vita e di lavoro dell’imprenditore; supporto al
riconosciuto Consorzio per la Tutela e la Valorizzazione del Cedro di Calabria
per l’acquisizione del marchio di protezione europea.
Descrizione dell’intervento
Con il presente intervento si
vogliono acquisire tutti i dati relativi alla coltura del cedro, al fine di
supportare l’attività del riconosciuto Consorzio per la Tutela e la
Valorizzazione del Cedro di Calabria per l’acquisizione del marchio di
protezione europea, in particolare per quanto riguarda la redazione del
disciplinare tecnico di produzione e l’elaborazione della cartografia tematica
dedicata, in quanto elaborati obbligatori per l’iter europeo.
Verrà introdotta e collaudata
nelle cedriere una forma di allevamento innovativa (palmetta libera),
valutandone la convenienza economica rispetto al sistema di allevamento
tradizionale. Detta forma di allevamento è stata già introdotta in via
sperimentale presso un campo dimostrativo sito nell’area individuata per
l’istituzione del marchio di protezione europea. Si ritiene che l’adozione
della forma di allevamento a palmetta libera possa contribuire ad abbattere i
costi di produzione e a rendere meccanizzabile la maggior parte delle
operazioni colturali. Inoltre, tale forma di allevamento permette l’accesso in
campo anche durante il periodo invernale, quando la pianta è protetta,
consentendo un più oculato controllo fitosanitario.Verrà proposto ai
cedricoltori anche il sistema di copertura “a tuttocampo”, che si è rivelato
molto funzionale.
Attraverso il continuo
scambio con i tecnici della divulgazione agricola e quelli impegnati presso i
CSD ove vengono svolte attualmente le prove sperimentali inerenti l’attività
agrumicola (CSD Mirto, Locri, Gioia Tauro, Lamezia e Sibari), nonché con il
supporto dei Centri di Taratura e Controllo delle macchine irroratrici, saranno acquisiti e divulgati i dati
relativi al miglioramento dell’utilizzo delle risorse (acqua, suolo,
fertilizzanti, ecc.) e sarà valutato il miglioramento delle condizioni di
sicurezza alimentare e del benessere dell’operatore agricolo. Il programma sarà
integrato dalla realizzazione, presso le strutture vivaistiche autorizzate
dell’ARSSA, di un campetto di piante madri, creando le basi per un’attività
vivaistica finalizzata alla preservazione della varietà locale più pregiata
(Liscia di Diamante) e garantirne la sanità (tramite i laboratori accreditati
dell’ARSSA).
Localizzazione dell’intervento
Alto Tirreno Cosentino,
precisamente fascia costiera che delimita “La Riviera dei Cedri”
Azioni divulgative
Gli obiettivi prefissati
verranno raggiunti mediante un’attività sinergica sul territorio,
caratterizzata dalle seguenti azioni divulgative:
-
Organizzazione giornate
divulgative;
-
Visite guidate in
Aziende leader e Centri Sperimentali;
-
Attività di monitoraggio
fitosanitario (agrometeo e fitopatologico);
-
Realizzazione di schede
tecniche sulla coltura;
-
Realizzazione di un
opuscolo divulgativo;
-
Realizzazione
cartografia tematica dedicata;
-
Supporto al piano di
marketing.
Strutture di supporto
Consorzio per la Tutela e la
Valorizzazione del Cedro di Calabria; CSD ARSSA (laboratori, vivai, centri di
taratura e controllo delle macchine irroratrici); SITAC ARSSA di Reggio
Calabria, Servizio Agrometeorologico e Agropedologico dell’ARSSA; CeSA n. 1; CeDA
n. 24.
Consulenze esterne
Istituto Sperimentale per
l’Agrumicoltura di Acireale (CT); Università Mediterranea di Reggio Calabria
(facoltà di Agraria).
Beneficiari
Aziende Agricole, singole ed
associate; Cooperative Agricole; Associazioni di produttori. Consorzio per la
Tutela e la Valorizzazione del Cedro di Calabria
8.3 – IGP “CLEMENTINE
DI CALABRIA”
Obiettivi
Obiettivo dell’iniziativa è quello di promuovere azioni divulgative indirizzate alla diffusione e conoscenza delle clementine. Si tratta di un prodotto con una sua connotazione ben definita e una qualità intrinseca che consente al consumatore di distinguere e scegliere in relazione a peculiarità, pregio e unicità dello stesso.
Descrizione
dell’intervento
L’intervento si propone di stimolare una riflessione su
alcuni aspetti che riguardano la qualità in agricoltura, ma soprattutto si
vuole dare impulso alla valorizzazione e promozione dei prodotti tipici, con
riferimento particolare all’IGP-Clementine di Calabria. L’impostazione del
lavoro parte dalla considerazione che
la valorizzazione e promozione della qualità in agricoltura
costituiscono presupposti indispensabili per orientarsi al mercato, assumendo
un ruolo da protagonisti. Per questo occorre pianificare azioni e misure
rivolte alla affermazione di una qualità superiore, ai fini di rendere
l’offerta più rispondente alle esigenze della domanda, ma anche per puntare ad
una organizzazione commerciale che sia in grado di far fronte alle esigenze
della moderna distribuzione. Tra le diverse strategie di intervento, un aspetto
prioritario riguarda il potenziamento delle produzioni tipiche e delle
strutture organizzative a cui è affidata la gestione di tali produzioni (OP) e
loro associazioni (AOP), sviluppando politiche di promozione e valorizzazione a
tutela della qualità e sostenendo politiche di penetrazione in nuovi mercati.
Secondo una formulazione rispondente ai nuovi criteri, la
qualità si può definire come “l’insieme delle proprietà e delle caratteristiche
di un prodotto che conferiscono ad esso la capacità di soddisfare le esigenze
espresse o implicite” (UNI-ISO 8402).
Solitamente per un prodotto agroalimentare si usano termini come: genuinità - tipicità - qualità, spesso tra loro confusi.
La genuinità esprime un concetto naturale, cioè l’assenza di sostanze estranee alla natura intrinseca dell’alimento, cioè un prodotto senza aggiunta di additivi di qualsivoglia natura, indipendentemente dalla possibile pericolosità di questi ultimi per la salute.
La tipicità indica il caratteristico, il concetto cioè della tradizione, della metodologia di produzione propria di un determinato ambiente geografico.
La qualità individua invece vari aspetti del prodotto, igienici, nutrizionali, organolettici, di serbevolezza, il possibile impiego, il prezzo ecc…, cioè aspetti alimentari, di uso e tecnologici.
Le strategie di qualità globale vanno al di là delle norme comuni di riferimento (calibro - colore - forma - contenuto in succo - stato sanitario).
Sempre maggiore importanza assume per il consumatore la conoscenza dei requisiti nutrizionali, l’acquisizione della certezza della mancanza di residui tossici per la salute, ma anche garanzie che riguardano il sapore per il riconoscimento di denominazione - provenienza ed eventuale marchio.
L’allargamento di mercati prospetta certo un aumento dei problemi legati alla commercializzazione e scambio, ma offre nuove opportunità grazie al mutamento dei modelli di comportamento dei consumatori. Occorre pertanto essere preparati ed attrezzati ad orientare la produzione in maniera diversa, ponendo attenzione alla diversificazione, alla qualità e tipicità proprie della zona. Un atteggiamento quindi non più orientato al prodotto in quanto tale, ma indirizzato al mercato. Un cambio di mentalità radicale, presupposto fondamentale per affrontare la nuova sfida, la figura del produttore cioè non più separata e disgiunta dall’aspetto commerciale.
Un passo decisivo in tal senso, anche se non ancora del tutto recepito, è stato fatto con la introduzione delle norme di qualità UNI-ISO 9000, dove ISO contraddistingue le norme di qualità internazionale, UNI quelle di recepimento nazionale.
Dette norme stabiliscono criteri di adozione in tutti i settori produttivi attraverso sistemi di qualità che assicurino il rispetto di standard definiti e dichiarati.
A questo proposito la valorizzazione della qualità dei frutti di agrumi si pone pertanto come obiettivo prioritario richiesta sia dalle moderne tecniche di commercializzazione che dalle esigenze dei consumatori.
La spinta verso il controllo e la certificazione è molto forte, e diventerà una tappa obbligata nelle scelte e indirizzi produttivi che si intendono perseguire.
E in tale contesto che trova giustificazione e assume rilevanza il diffondersi di processi produttivi di tipo biologico, favoriti da incentivi comunitari(REG. CEE 2078/92 e 2092/92) che contemplano indicazioni e controlli della produzione attraverso analisi, certificazioni, canali preferenziali (in sostanza metodi di produzione ecocompatibili: produzione biologica e lotta integrata).
Verso questa via tendono anche le valorizzazioni di determinate produzioni tipiche mediterranee (oli extravergine, vini, formaggio, agrumi come le Clementine), per le quali vengono definite oltre la tipicità, le tecniche produttive e la zona di provenienza (REG. CEE 2082/92 sulla attestazione comunitaria di specificità).
IGP Clementine di
Calabria e Costituzione del Consorzio
per la tutela della IGP
Quanto espresso in precedenza rappresenta la premessa e lo scenario entro cui collocare alcune misure comunitarie che prevedono incentivi alla creazione ed al potenziamento di Consorzi/Associazioni di produttori di prodotti di qualità le cui denominazioni siano riconosciute ai sensi del REG. CEE 2081/92.
Con provvedimento comunitario (REG. CEE N. 2325/97) infatti viene prima riconosciuta al Clementine, nostro prodotto di maggiore pregio, la qualifica di IGP Clementine di Calabria, mentre con successivo adempimento, strettamente connesso al primo, viene emanato il Decreto 9-Giugno-2006, in cui si attribuisce il riconoscimento del Consorzio per la tutela della IGP “Clementine di Calabria”.
Il Consorzio, che ha sede a Lamezia Terme, presso il Centro di Ricerca Agroalimentare, dispone degli strumenti normativi previsti dallo Statuto, finalizzati alla tutela, valorizzazione e promozione delle Clementine di Calabria, che presentano caratteristiche estetiche ed organolettiche uniche nel loro pregio, non comparabili con produzioni simili di altre aree geografiche.
La diversità si estrinseca nella pezzatura, nel giusto equilibrio tra acidi e zuccheri, colore, serbevolezza, come risultato non solo di una vocazionalità pedoclimatica, ma anche di un procedimento colturale che ha saputo coniugare tradizione ed evoluzione tecnologica.
Il riconoscimento del marchio sarà concesso solo ai prodotti ottenuti all’interno delle aree geografiche delimitate, e subordinato al rispetto delle misure previste dal disciplinare tecnico di produzione e che i prodotti possiedano i requisiti minimi di qualità specificati nello stesso.
L’impostazione metodologica del documento si ispira alle direttive generali del REG. CEE 2078/92 per la produzione integrata e RED. CEE 2092/91 per quella biologica.
Per sommi capi il disciplinare detta norme di comportamento che riguardano la filiera produttiva nella sua interezza: scelta varietale, materiale di propagazione certificato, portainnesti, gestione e cure colturali, sistemi di impianto, potatura, uso di fitoregolatori, lavorazione o non (diserbo), sistemazione e drenaggio acque, concimazione, difesa dai venti e gelo, diagnostica, irrigazione, raccolta.
Particolare riferimento va alla difesa fitosanitaria integrata (pianificazione di interventi agronomici, chimici e biologici) e all’uso di principi attivi a ridotto impatto ambientale, ammessi dal disciplinare.
Grande attenzione viene posta alla raccolta e trattamento frutta e al concetto della opportunità di fare riferimento alla maturazione fisiologica del frutto attraverso parametri già noti (rapporto solidi/solubili o zuccheri/acidi) ed il contenuto in succo. Va esaltato in sostanza il concetto della buona pratica agricola, sacrificando la quantità a beneficio della qualità, salute e competitività.
In ultima analisi, deve essere promossa la diffusione capillare del marchio con opportuni meccanismi promozionali e normativi e attraverso azioni divulgative mirate
Colture interessate
Clementine coltivate nel territorio regionale all’interno delle aree individuate dal disciplinare. Il riconoscimento del marchio IGP sarà concesso solo ai prodotti ottenuti in tali aree, a condizione che siano rispettate le misure riportate nel disciplinare tecnico e che i prodotti possiedano i requisiti minimi di qualità nello stesso specificati.
Localizzazione
interventi
Gli interventi saranno concentrati in tutte le aree regionali interessate alla coltivazione delle clementine a marchio IGP. In particolare, va menzionata la Sibaritide, la piana di Lamezia, la fascia ionica reggina, la fascia ionica del crotonese e il territorio di diversi comuni del catanzarese e del vibonese.
Strutture di supporto
Facoltà di Agraria di Reggio Calabria; Associazioni di
categoria; Comuni, Consorzio per la tutela della IGP.
Consulenze
Università - Istituto Sperimentale di Agrumicoltura di
Acireale - Provincia - Regione Calabria.
Beneficiari
Aziende agrumicole singole o associate (OP - AOP);
cooperative di produttori; commercianti, agenti e intermediari a diverso titolo
coinvolti nella filiera.
8.4 – BERGAMOTTO DI
REGGIO CALABRIA
Premessa
Fin dal l1931, a Reggio Calabria esiste il Consorzio del Bergamotto, nato con la precisa finalità di difendere la produzione e tutelare l’intero settore, compreso quello della trasformazione.
Il marchio DOP è stato ottenuto grazie alla Legge Nazionale n. 39 del 25/02/2000 (Legge Aloi) e successiva registrazione europea del riconoscimento, sancito con il Reg. CE n. 509 del 15/03/2001 “Bergamotto di Reggio Calabria olio essenziale”.
L’azione di valorizzazione e tutela del comparto bergamotticolo è strettamente connessa all’esistenza del marchio DOP; grazie ed esso si sta mirando ad un definitivo decollo, puntando sul miglioramento quantitativo e qualitativo del prodotto (olio essenziale).
Le azioni di base dovrebbero essere indirizzate a risolvere le problematiche connesse ai bergamotteti in produzione (impianti obsoleti, tecniche colturali da affinare per abbattere i costi) rinnovando i vecchi impianti; per di più, andrebbe curato l’aspetto della promozione dell’immagine del prodotto in Italia e all’estero.
Il Ce.D.A. n. 20 “Versante dello Stretto” ha dato un valido contributo alla bergamotticoltura del territorio reggino, fornendo assistenza tecnica ai bergamotticoltori.
Sono state realizzate, in collaborazione con l’ISA di Acireale, circa 200 analisi del terreno e fogliari, coinvolgendo altrettante aziende bergamotticole; a seguito di ciò sono stati elaborati piani di concimazione allo scopo di razionalizzare l’aspetto della fertilizzazione.
Sono stati introdotti anche concimi fogliari, ad integrazione di quelli somministrati al terreno, per colmare deficienze nutrizionali riguardanti i microelementi.
Il CSD “Area dello Stretto” ha effettuato, anche, prove sperimentali in campo, mettendo a confronto la coltura tradizionale con sistemi di allevamento innovativi e biologici.
Obiettivi
Promuovere e valorizzare le eccellenti qualità e potenzialità del bergamotto, per le molteplici applicazioni che possiede nel campo della medicina e farmacologia, nell’industria profumiera, nella cucina (liquori, dolci, marmellate ecc.) e nella produzione di oggetti d’artigianato locale (tabacchiere, fiori, bambole ecc.).
Descrizione
dell’intervento
Occorre promuovere e valorizzare l’intera filiera bergamotticola (coltivazione, trasformazione, commercializzazione del prodotto e marketing).
L’esistenza della DOP può servire da garanzia di qualità del prodotto, ma non è sufficiente a dare l’impulso necessario al rilancio definitivo di questo agrume; andrebbe curato l’aspetto della concentrazione dell’offerta al fine di ottenere economie e giusta remunerazione per gli operatori del settore.
Altri interventi dovranno riguardare:
- la promozione dell’associazionismo e le azioni di marketing;
- il miglioramento dell’efficacia e dell’efficienza dei processi produttivi;
- gli interventi volti all’adeguamento tecnico-professionale degli operatori agricoli;
- il monitoraggio della consistenza della produzione delle singole aziende;
- l’assistenza tecnica e divulgazione alle aziende;
- la realizzazione di carte tematiche;
- la capacità di far conoscere questa realtà al flusso turistico.
Localizzazione dell’intervento
Litorale Jonico della provincia di Reggio Calabria e litorale Tirrenico da Reggio C. a Villa San Giovanni.
Azioni divulgative
Le azioni divulgative, che riguarderanno la promozione del prodotto e la sua valorizzazione, si esplicheranno a livello regionale, ma anche nazionale, con la partecipazione a fiere, sagre e manifestazioni agricole.
La Regione Calabria dovrà patrocinare la partecipazione a manifestazioni di carattere nazionale ed internazionale (ad es.: Salone del gusto di Torino, Fiera del Levante di Bari, Fiera agricola di Verona, ecc.)
In queste manifestazioni si potranno organizzare prove di assaggio di liquori e prodotti dolciari a base di bergamotto, si farà conoscere l’olio essenziale, le proprietà che possiede e le applicazioni che offre.
A livello provinciale e regionale, si prevede la presenza a varie manifestazioni fieristiche (Fiera Jonica, Expo-Cassano, Fiera agricola di Lamezia, etc.)
Affinché l’effetto promozionale possa essere ancora più incisivo, sarà necessario intervenire su organi di stampa e televisivi, partecipando a trasmissioni di interesse agricolo e culinario.
Strutture di supporto
Servizio Marketing, SITAC.
Consulenze esterne
Facoltà di Agraria di Reggio Calabria, Consorzio del Bergamotto, Stazione Sperimentale per l’industria delle essenze e dei derivati agrumari, Istituto Sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale (CT).
Beneficiari
Aziende agricole bergamotticole (produttori), Consorzio del
bergamotto di Reggio Calabria, Industrie profumiere, farmaceutiche ed alimentari,
botteghe artigiane e commercianti.
9 – INTERVENTI PER
LA PROMOZIONE DELL’ASSOCIAZIONISMO
9.1 – PROMOZIONE
DELL’ASSOCIAZIONISMO
Obiettivi
Favorire politiche di cooperazione e di associazionismo tra le aziende agricole; creare, assistere e coordinare le iniziative formative ed imprenditoriali da avviare sul territorio, affinchè si superi la fase dello sviluppo spontaneo e precario per passare a quello dello sviluppo programmato e strutturato.
Descrizione
dell’intervento
Uno dei compiti è quello di imprimere una decisiva accelerazione alla crescita socio-economica del territorio, orientandola verso forme di sviluppo sostenibile ed auto-propulsivo, rispettoso dell’ambiente e della cultura tradizionale.
Scartando il modello di sviluppo legato all’insediamento di grandi unità produttive, si deve puntare alla valorizzazione dell’esistente e alla promozione di attività imprenditoriali strettamente radicate sul territorio, espressioni potenziali dello stesso. E’ necessario, quindi, puntare sulle piccole iniziative di tipo cooperativo, perché più semplici da realizzare e concretamente gestibili.
Al fine di consolidare e dare continuità a questa filosofia di intervento, è naturale la collaborazione fra le Istituzioni Pubbliche (Comunità Montana, Comuni, Scuole, ecc.) e le aziende agricole per superare le tante incomprensioni e diffidenze che hanno caratterizzato il loro rapporto nel recente passato.
Per questo motivo si cercherà attivare un sistema pubblico-privato, aperto agli enti locali, alle forze imprenditoriali, alle organizzazioni dei produttori e a quanti, a diverso titolo, possono giocare un ruolo a favore della promozione della nascita di cooperative.
Un obiettivo fondamentale, per quanto non espressamente indicato, è quello di contrastare la sfiducia dei giovani e dei cittadini nei confronti delle Istituzioni che vengono giudicate molto lontane e poco affidabili. Le troppe delusioni e le continue occasioni di sviluppo mancate hanno creato forme di scetticismo che si traducono nella rinuncia all’impegno in agricoltura.
In questa direzione si muove l’azione della presente iniziativa, che punta a favorire l’informazione e a fornire aiuti alla creazione di Cooperative e di forme di Associazionismo tra le aziende agricole, per meglio adeguare l’offerta alle esigenze di mercato.
Localizzazione
dell’intervento
Intero territorio regionale.
Azioni divulgative
Si provvederà ad attivare presso punti strategici territoriali una serie di sportelli verdi “infoservice” a completa disposizione degli imprenditori agrumicoli, dove attuare iniziative di informazione legate alla costituzione di forme associative.
Le stesse iniziative saranno attuate attraverso una serie di seminari e riunioni di gruppo, il cui numero sarà direttamente proporzionale all’interesse manifestato dagli interessati. E’ prevista la stampa di un opuscolo e di un pieghevole illustrativo.
Beneficiari
Aziende agricole singole.
PROGETTO
ASSISTENZA TECNICA E
DIVULGAZIONE
COMPARTO OLIVICOLO
1 - PREMESSA
La coltivazione dell’olivo è tipica dei paesi del Bacino del Mediterraneo.
Le popolazioni di questi luoghi sono legate dalla tradizione e dalla storia ad una vera e propria “cultura” dell’olivo, che caratterizza sia i loro paesaggi che le abitudini alimentari.
La Calabria è stata culla di antiche civiltà a cui si fa risalire l’origine e la diffusione di molte colture ormai secolari. Tra queste, si colloca senza dubbio l’olivo, introdotto intorno all’VIII° secolo a.C nelle colonie della Magna Grecia.
Tale pianta si ritrova praticamente in tutti comuni della regione: in alcuni di essi, l’incidenza dell’olivicoltura è pari al 90% della S.A.U..
Se prendiamo in consideriamo anche gli aspetti industriali e commerciali dell’olivo e dei suoi derivati, possiamo rilevare il notevole ruolo che l’intera filiera riveste sia in termini di reddito che di occupazione nell’economia agro-alimentare.
Il rapporto tra il peso economico dell’olivicoltura e le singole economie agricole regionali, conferma il consistente peso della coltura nelle aree più vocate del Mezzogiorno; l’importanza economica del comparto raggiunge i livelli più alti in Calabria: 41,9% dell’olivicoltura nazionale.
A livello regionale, il 42% del valore prodotto dall’agricoltura calabrese proviene dall’olio di oliva, assumendo per il sistema socio-economico un ruolo strategico, ponendosi ai primi posti nel contesto dell’economia agricola calabrese.
Non meno importante è il ruolo che l’olivicoltura assume per la tutela del territorio, in conseguenza della capacità che essa possiede di valorizzarlo dal punto di vista paesaggistico e della difesa idrogeologica, anche dei terreni altrimenti definiti marginali e non diversamente utilizzabili.
La nuova Politica Agricola Comunitaria, iniziata nel 2003 con l’approvazione dei regolamenti 1782/03 e 1783/03, proseguita nel 2005 con i regolamenti 1698/05 e 1290/05, ha stabilito i criteri ed i principi generali per la gestione dell’azienda agricola prevedendo l’applicazione graduale di una serie di impegni “vincolanti” per le aziende che beneficiano dei contributi: Condizionalità, ovvero Criteri di Gestione Obbligatori e Buone Condizioni Agronomiche ed Ambientali.
Il presente progetto è stato elaborato cercando di individuare gli interventi più idonei al fine di prevenire e limitare il più possibile il rischio di degrado ambientale per la salvaguardia del paesaggio rurale, la tutela della salute pubblica e, nel contempo, per garantire la redditività della coltura ed il potenziamento delle produzioni di qualità. L’insieme delle attività progettuali possono costituire un’opportunità di affermazione dell’olivicoltura in un’ottica di multifunzionalità.
2 - L’OLIVICOLTURA IN CALABRIA
2.1 – Caratteristiche generali
In base ai dati dell’ultimo Censimento Generale dell’Agricoltura (ISTAT 2000), la Calabria presenta una superficie olivicola di 162.472 ettari, pari al 30% circa della S.A.U. regionale, interessando 136.000 aziende.
Ciò vuole significare che il 60% delle aziende agricole regionali trae il proprio reddito dalla coltura dell’olivo.
L’olivicoltura calabrese si presenta piuttosto diversificata, sia dal punto di vista geografico che strutturale e tecnologico. Essa risulta diffusa su tutto il territorio regionale, sebbene il maggior numero di aziende si concentri in tre aree: la Piana di Sibari, la Piana di Lamezia e la provincia di Reggio di Calabria.
Analizzando la distribuzione delle aziende per classi di superficie, si osserva che circa l’80% delle aziende olivicole non supera i 5 ettari di estensione, interessando solo il 48% della superficie. Da ciò deriva una dimensione media aziendale molto limitata che, a livello regionale, risulta pari a poco più di un ettaro. Si registra, quindi, una elevata frammentazione della superficie olivicola, con conseguente polverizzazione aziendale che comporta effetti sfavorevoli sul piano di una razionale organizzazione e gestione dell’oliveto.
In funzione dell’ubicazione, il 26% delle aziende olivicole sono ubicate in montagna, il 64% in collina e circa il 10% in pianura.
La maggior parte degli oliveti impiantati negli ultimi 20-30 anni sono ubicati in terreni pianeggianti o con pendenze massime del 15%, quindi meccanizzabili, mentre il 15% degli oliveti di più vecchia data, è ubicato in terreni con pendenze superiori al 30% dove la meccanizzazione risulta essere problematica e pericolosa per gli operatori; una percentuale superiore al 30% ricade su terreni con pendenze oscillanti tra il 15 ed il 30%, dove la meccanizzazione è difficoltosa e molto più onerosa che in pianura; il 50-55% degli oliveti è posto in pianura o in zone poco acclive dove la meccanizzazione è già una realtà. Riguardo all’età degli oliveti, non esistono dati ufficiali, ma in base alle conoscenze dirette sul territorio si può stimare che il patrimonio olivicolo regionale è costituito in gran parte da piante ultrasecolari, in particolare situate nella piana di Gioia Tauro (fascia pre-aspromontana tirrenica e ionica), nel Vibonese, negli areali più interni del Catanzarese, Crotonese e fascia ionica Cosentina. Per quanto riguarda i sesti di impianto, nel corso degli anni si è passati da sesti molto larghi (m 15x15), tipici dell’olivicoltura tradizionale, a sesti più stretti (m 5x6) propri della nuova olivicoltura intensiva.
Le cultivar prevalenti in Calabria hanno una distribuzione prevalentemente autoctona: Carolea, Roggianella, Cassanese, Sinopolese, Ottobratica, Grossa di Gerace, Dolce di Rossano, Tonda di Strongoli ecc. Non mancano, tuttavia, cultivar alloctone, siano esse le stesse tipiche regionali, come le cultivar Cassanese e Roggianella della piana di Sibari, che sono state “trasportate” nella piana di Gioia Tauro, sia cultivar provenienti da altre regioni italiane, in particolare dalla Toscana (Leccino, Frantoio ecc.), impiantate un po’ ovunque in tutto il territorio.
Le olive sono destinate quasi esclusivamente alla produzione di olio (98%).
Solo il 2% sia destinato al consumo fresco (olive da tavola).
2.2 – Produzione
2.2.1 – Produzione di olio estra-vergine, vergine e
lampante
La quantità media di olio prodotto, in base alle ultime quattro campagne olearie, è stata di 200.000 tonnellate, così distribuite:
25 % olio extra-vergine
di cui:
15% di provenienza reggina;
30% di provenienza catanzarese;
40% di provenienza cosentina;
15% di provenienza dal rimanente territorio regionale
25% olio vergine
di cui
30% proveniente dalla Sibaritide;
35% proveniente dalla Piana di Gioia Tauro;
45% proveniente dal rimanente territorio regionale.
50% olio lampante
di cui:
51% di provenienza reggina;
28% di provenienza catanzarese;
14% di provenienza cosentina.
La maggior parte dell’olio di buona qualità viene collocata sul mercato attraverso la vendita diretta al frantoio oppure viene impiegata per l’autoconsumo dalle famiglie rurali. Il confezionamento viene curato circa 40 aziende, ma la quantità di olio extra-vergine o vergine confezionata è inferiore al 20% della produzione totale.
La maggior parte dell’olio appartenente alla categoria del lampante viene inviata alle industrie di raffinazione e miscelazione del Centro e Nord Italia o, comunque, è destinata a vario titolo ad un mercato extra-regionale per la sua rettifica.
2.2.2 – Produzione di olio a Denominazione d’Origine
Protetta
In Calabria sono presenti tre Dop di oli extra-vergini, legate a specificità territoriali e varietali: Dop Bruzio, Dop Lametia e Dop Alto Crotonese.
La prima, è localizzata nella fascia della Sibaritide, Valle del Crati, Colline Joniche Presilane e fascia Pre-Pollinica della provincia di Cosenza. La seconda comprende i comuni della Piana di Lamezia, mentre la Dop Alto Crotonese riguarda le coltivazioni olivicole della provincia di Crotone.
La mancanza di altre Dop o di forme di riconoscimento di qualità non è legata direttamente alle scarse potenzialità produttive dei territori olivetati, quanto alla scarsa propensione dei produttori a certificare il proprio prodotto. Ciò, a sua volta, deriva sia dalla mancata certezza di ottenere uno sbocco commerciale caratterizzato da un prezzo che giustifichi i maggiori costi di produzione, sia dalla limitata attitudine al cooperativismo.
2.2.3 – Produzione di olio biologico
Per quanto riguarda il biologico, la superficie olivetata, nel 2005, è stata di 14.000 ettari, pari al 7,7% della superficie olivicola totale, ma è in costante aumento grazie soprattutto alla politica di intervento regionale.
Le province maggiormente interessate dall’olivicoltura biologica sono Catanzaro (34%) e Crotone (27%), seguite da Reggio Calabria (18%), Vibo Valentia (10%) e Cosenza (10%). Confrontando i dati sulle superfici olivicole destinate a biologico e le quantità di olio certificato vendute, emerge una situazione abbastanza critica dovuta soprattutto ad una carente strategia di commercializzazione dell’olio biologico, ma anche, e non di meno, alla mancanza, per tutte le aziende che hanno avuto accesso agli aiuti previsti dal PSR regionale, di vincoli di commercializzazione delle produzioni di olio biologico
2.3 – Trasformazione
La struttura della trasformazione è gestita da oltre 1000 frantoi.
Quelli con capacità lavorativa inferiore alle 10 tonnellate/8 ore rappresentano il 70% sul totale e trasformano circa il 40% della produzione olivicola.
Ciò implica una polverizzazione degli impianti eccessiva rispetto a quanto si rileva a livello nazionale (circa 6000 frantoi); inoltre parte di questi frantoi operano solo ad anni alterni e comunque per pochi mesi .
Nel corso degli anni si è verificato un processo di ristrutturazione degli impianti di prima trasformazione con un aumento del numero di frantoi con capacità lavorativa superiore alle 10 t/8 ore, a scapito dei piccoli impianti che, in ogni caso, continuano a rappresentano una realtà produttiva notevole.
Ci troviamo, comunque, in presenza di una struttura inefficiente, condizionata dall’incapacità di attivare economie di scala a causa della notevole diffusione di impianti con ridotta capacità lavorativa, lunghi periodi di inutilizzazione ed inevitabile aumento dei costi di trasformazione. Inoltre, molti impianti sono inadatti dal punto di vista tecnologico e ciò comporta notevole difficoltà nell’innalzamento dei livelli qualitativi, indispensabili per dare competitività al settore.
2.4 – Olivicoltura in provincia di Cosenza
In provincia di Cosenza, la S.A.U investita ad olivo è di circa 48.000 Ha, mentre il numero di aziende olivicole è pari a 47.683. Le aziende olivicole sono dislocate prevalentemente nelle zone collinari, in misura minore in zone pianeggianti.
Esiste una notevole frammentazione delle aziende: su un totale di 47.683 aziende 11.851 hanno una superficie inferiore all'ettaro.
L’olivicoltura cosentina si concentra in due areali.
Fascia Tirrenica. Comprende l’area del Pollino, il Vallo di Cosenza e la Valle del Savuto e rappresenta circa il 30% dell’olivicoltura cosentina. Su tale fascia si riscontrano due tipologie di coltivazione:
a) Olivicoltura di collina. E’ quella più antica, con impianti (8x8) condotti in asciutto o in alcuni casi con interventi irrigui di soccorso. Le operazioni colturali, come la concimazione e la difesa fitosanitaria, sono effettuate sporadicamente, mentre la potatura ha cadenza biennale. Le varietà utilizzate sono principalmente: Tondina, Carolea, Dolce di Rossano, Cassanese. Meno utilizzate sono l’ Ottobratica, Sinoloese, Corniola, Ogliarola.
b) Olivicoltura di pianura. E’ caratterizzata da impianti con sesti piu’ stretti (6x7 o 7x7) dove irrigazione e tecniche colturali, compresa la potatura, sono pratiche consuete. Le varietà utilizzate sono: Carolea come olivo a duplice attitudine, Coratina, Nocellara del Belice e Nocellara Messinese.
Fascia Jonica e Colline presilane. Comprende l’alto Jonio Cosentino, la piana di Sibari, l’area di Rossano e la pre-Sila; essa rappresenta circa il 70% dell’olivicoltura cosentina. Gli impianti sono localizzati per la maggior parte nella fascia collinare fino ad un altitudine di 700 m s.l.m.. Infatti, solo una minima parte della pianura costiera è occupata dall’olivo, in quanto riservata a specie di maggior pregio, soprattutto agrumi. Anche in questa zona, il 50-60% degli oliveti è di tipo tradizionale, con sesti ampi e forme di allevamento che mal si adattano alla meccanizzazione delle operazioni colturali, in particolare alla raccolta meccanica. Le varietà esistenti sono: Cassanese, Roggianella, Corniola, Nostrana, Dolce di Rossano. In epoca recente è avvenuta un’integrazione con altre varietà, grazie a misure di sostegno (L.R. n°23/78) che hanno favorito la creazione di nuovi impianti in zone vocate sia di collina che di pianura: oliveti intensivi con impianti a sesti più stretti e per la maggior parte meccanizzabile ed irrigui. Delle nuove varietà meritano di essere citate per importanza e per superficie investita, la Nocellara Messinese, la Nocellara del Belice, la Carolea (una parte destinata alla produzione di olive da tavola), la Tondina, il Leccino, il Frantoio ed altre varietà di minore importanza.
La provincia di Cosenza, con il Regolamento CE 1065/97 ha avuto riconosciuta la DOP “Bruzio” che interessa le seguenti zone: Colline Ioniche Presilane, Sibaritide, Valle Crati e Fascia prepollinica.
La trasformazione delle olive avviene quasi esclusivamente attraverso impianti a ciclo continuo. Esistono ancora piccoli frantoi che utilizzano l’estrazione a pressione.
Le modalità di lavorazione della materia prima dipendono soprattutto dal riferimento commerciale che ha il trasformatore, dal tipo di contratto che viene stipulato con l’olivicoltore, dalle varietà presenti, ecc.,
In linea generale, si può affermare che la trasformazione di olive e l’ottenimento di oli di qualità avviene soprattutto nei frantoi di dimensione maggiore. Per il resto, la produzione di olio di qualità in generale è scarsa, anche se negli ultimi anni il trend è in crescita. Questa tara interessa soprattutto la trasformazione delle olive in conto terzi. Il produttore, infatti, non sempre è a conoscenza delle regole minime da adottare per avere un olio di qualità, non sempre le olive vengono lavate e defogliante, non sempre vengono lavorate in tempi stretti e così via.
Ancora oggi, la maggiore quantità di olio è venduta ai grossisti; la vendita diretta è irrisoria e interessa un ristretto mercato locale. L’imbottigliato rappresenta una piccola percentuale. Anche per lo stoccaggio, come per la trasformazione, ad avere più problemi sono le piccole imprese familiari che non sempre adottano criteri di conservazione efficienti, sia per per quanto riguarda i contenitori sia i luoghi di conservazione, non sempre adatti allo scopo.
2.5 –
Olivicoltura in provincia di Crotone
L’olivo, rappresenta per l’economia della provincia di Crotone, la coltivazione arborea più importante insieme alla vite.
Si individuano tre zone principali di coltivazione dell’olivo: la fascia costiera – dove le cultivar prevalenti sono Carolea, Tonda di Strongoli e Dolce di Rossano – e due zone collinari, di cui una a ridosso dell’altopiano della Sila. in entrambi i casi, prevale la cultivar Carolea, a cui si affianca la Pennulara nella fascia presilana.
Le aziende olivicole sono di medie dimensioni e quindi in grado di portare avanti diverse attività colturali e collaterali, anche finalizzate a cogliere le opportunità offerte dal turismo presente sulla costa. Applicando il principio della multifunzionalità, l’azienda riduce il problema della collocazione dell’olio extra-vergine di oliva sul mercato, effettuandone la vendita diretta agli agrituristi in azienda.
Nella provincia sono presenti ed attivi 90 frantoi di cui il 90% a ciclo continuo e il 10% tradizionali.
Tra i punti di forza dell’olivicoltura di questa provincia vi sono le discrete produzioni certificate di olio biologico, grazie soprattutto all’impulso dato in questa direzione dai contributi erogati con l’applicazione delle misure agroambientali del PSR. Tuttavia, non sempre la produzione biologica trova adeguata valorizzazione nei canali di commercializzazione e spesso le produzioni confluiscono nel prodotto convenzionale perché non adeguatamente remunerate dal mercato.
La provincia si fregia della Denominazione di Origine Protetta olio di oliva DOP “Alto Crotonese” riconosciuta dall’unione Europea con il Regolamento CE n° 1257 del 15 luglio 2003. L’area in cui rientra la DOP è abbastanza ristretta, comprendendo solo sei comuni: Castelsilano, Savelli, Cerenzia, Verzino, Pallagorio e San Nicola dell’Alto. Le varietà inserite nel discilplinare di produzione sono: Carolea, Tonda di Strongoli, Borgese e Pennulara. Pur essendo una DOP giovane, nelle ultime tre campagne olearie ha certificato una produzione sempre crescente.
2.6 – Olivicoltura in provincia di Catanzaro
Dai dati ufficiali in possesso delle strutture pubbliche della Regione Calabria, si evince che nella provincia di Catanzaro, per la campagna olearia 2004-2005 risultano coltivati ad olivo 5.818 ha per un numero di piante (valutazione SOI) pari a 6.620.611. La coltivazione risulta diffusa in modo piuttosto omogeneo sul territorio e l’olivo è assente solo laddove il limite altimetrico non ne consente l’impianto.
La cultivar assolutamente prevalente, tradizionale del territorio, è la medesima in tutto l’areale: la Carolea, anche se resta comunque possibile individuare differenti ecotipi locali ed esistono impianti con numerose presenze di cultivar di importazione nazionale o estera.
Nonostante questa omogeneità di fondo, è possibile evidenziare almeno tre aree che si differenziano fra loro per parametri pedoclimatici e di giacitura.
Zona litoranea ionica. Essa subisce fortemente l’influenza del clima marino. Il clima più secco e caldo determina tempi di maturazione più rapidi, attacchi parassitari precoci e, in generale, una certa difficoltà per una conduzione indirizzata all’ottenimento di olio di qualità.
Zona collinare interna. Questa zona, al contrario, evidenzia limiti per la giacitura che è spesso troppo acclive e non consente una elevata meccanizzazione delle operazioni, comportando costi di gestione più elevati, tendenza alla marginalità ed alte perdite sui quantitativi di prodotto ottenibile.
Zona pianeggiante del lametino. Si tratta della zona pedoclimaticamente più favorevole, ma si riscontrano limiti dovuti alla facile diffusione di parassiti animali e fungini, che non trovano barriere naturali al loro espandersi, ed inducono gravi perdite di quantità e qualità del prodotto, nonché costi di difesa più elevati. Inoltre, più evidenti e dannosi risultano gli errori nel managment aziendale, limite, peraltro, comune a tutte le zone.
La tipologia prevalente degli impianti olivicoli resta, in linea generale, quella tradizionale con piante annose e collocate in sesti larghi (da m 8x8 a 12x12), ma sono ormai entrati in piena produzione numerosi ettari di impianti realizzati negli ultimi anni con sesti anche inferiori a m 6x6.
Le dimensioni aziendali sono prevalentemente modeste, con una maglia aziendale molto frammentata e raramente sufficiente a sostenere una dimensione economica operativa.
Negli ultimi anni si è registrato un incremento delle superfici investite, a significare l’importanza annessa alla coltivazione, vista non solo come sicuro rifugio di capitale, ma anche come concreta possibilità di sbocco di mercato, essendo infatti l’olivo la coltivazione tradizionale agricola che può vantare le migliori prospettive future di collocazione remunerativa del prodotto, nonché un panorama mercantile tuttora meno contrastato rispetto ad altri in ordine alla concorrenza internazionale.
La struttura di trasformazione nella provincia considerata, vanta un numero di impianti attivi pari a 203. Tale cifra risulta da anni in calo, per la costante scomparsa dei piccoli frantoi ormai datati, spesso collocati nei centri storici, la cui messa a norma non risulta economicamente conveniente anche perché caratterizzati da un bacino d’utenza e potenzialità lavorative limitate.
Tuttavia, il numero dei frantoi tradizionali resta ancora cospicuo e, sebbene teoricamente in grado di soddisfare la domanda di trasformazione, si trova in difficoltà nell’assorbire le punte di produzione anche in annate normali. Così, non appena una necessità climatica od organizzativa impone una rapida trasformazione del prodotto, i frantoi mostrano pienamente i loro limiti da saturazione, aumentando fortemente i tempi di stoccaggio delle olive (con irreparabile danno qualitativo) e rallentando anche le operazioni di raccolta in campo, dove olive stramature attendono di essere raccolte. A tutta questa inefficienza si associa, paradossalmente, anche la ritardata apertura della campagna di molitura.
Caratteristica principale della olivicoltura provinciale è la presenza di bassi margini di redditività, le cui cause sono da ricondursi ai modesti quantitativi prodotti per unità produttiva, nonché al modesto valore di vendita del prodotto finito a fronte di alti costi di produzione. La coltivazione, infatti, soffre di modeste rese unitarie a causa della prevalente applicazione di tecniche colturali tradizionali ormai obsolete con bassi rapporti di meccanizzazione/lavoro, mentre la commercializzazione soffre per una non adeguata valorizzazione del prodotto, che raramente spunta prezzi remunerativi alla vendita.
L’ampia base produttiva, il radicamento nella cultura e nella tradizione, rendono il comparto suscettibile di notevoli potenzialità di decollo in quanto esistono:
- presenza della DOP Lamezia che comprende i comuni della Piana di Lamezia;
- presenza di aree vocate ad un’olivicoltura moderna, sia di collina che di pianura;
- omogeneità di diffusione di una unica varietà, la Carolea, cultivar a duplice attitudine di statura medio grande, portamento assurgente, con una produttività per pianta di circa Kg 80-100 di olive e rese in olio che variano dal 18% al 22%. Le ottime caratteristiche qualitative e sensoriali fanno apprezzare l’olio monovarietale ad un numero elevato di consumatori locali e nazionali;
- diffusa presenza di oliveti marginali che, seppur limitati per bassi livelli quali/quantitativi della produzione, risultano molto interessanti dal punto di vista paesaggistico e naturalistico e possono rappresentare fattore di sviluppo del turismo rurale, visto l’allargamento della domanda turistica alla cultura ed alla storia dei luoghi, nonché alla salubrità dei prodotti alimentari;
- buona presenza di strutture di trasformazione industriale a servizio del comparto.
2.7 – Olivicoltura in provincia di Vibo Valentia
La coltivazione dell’olivo nella provincia di Vibo Valentia si estende su di una superficie pari a 15.300 ettari (27% della SAU) e rappresenta una delle attività più importanti dell’agricoltura.
Percorrendo da nord a sud l’intero areale olivicolo provinciale, si incontra prima l’olivicoltura della valle dell’Angitola, posta ai confini con la Dop Lamezia. Ma la maggior concentrazione di oliveti si riscontrano nella parte orientale e meridionale del comprensorio (Francica, Mileto, Nicotera, Limbadi e Alto Mesima), in continuità con l’areale olivicolo della piana di Gioia Tauro.
L’olivicoltura della provincia risulta caratterizzata dalla coesistenza di strutture produtttive diversificate, che vanno da uliveti tradizionali e secolari, con sesti d’impianto piuttosto radi, spesso ubicati in aree marginali e collinari, con funzioni di salvaguardia e valorizzazione del territorio, a nuovi impianti ubicati in particolari zone vocate alla coltivazione dell’olivo.
Le cultivar presenti sono soprattutto l’Ottobratica, seguita da Carolea, Ciciarello, Tonda di Filogaso, Tonda di Filadelfia, Razza, Tondarella, Leccino.
I suoli presentano, complessivamente, una giacitura in pendenza, che unitamente alla grande mole delle piante, all’irregolarità dei sesti d’impianto e alla scarsità di manodopera qualificata, comporta non pochi limiti e difficoltà alla meccanizzazione delle operazioni colturali. A ciò si aggiunge il fatto che gli olivicoltori non rispettano le principali operazioni colturali (concimazione, irrigazione, difesa fitosanitaria, potatura, raccolta), a discapito della qualità del prodotto finito.
La raccolta delle olive, ancora oggi non viene effettuata secondo tempi e modi stabiliti dalle linee guida di una moderna olivicoltura, ma è effettuata a mezzo di reti e, una volta raccolto, il prodotto viene accumulato irrazionalmente per lunghi periodi in luoghi inadatti.
Tutte queste condizioni, insieme alle difficoltà oggettive attualmente esistenti per la meccanizzazione delle principali operazioni colturali, in particolare della potatura e della raccolta, oltre all’elevato costo della manodopera impiegata, contribuiscono a determinare dei costi di produzione assai elevati.
Le caratteristiche delle cultivar, il clima variegato, i terreni declivi e irregolari, i terrazzi, se da una parte rappresentano caratteristiche salienti del paesaggio agrario e rurale delle colline vibonesi, dall’altra costituiscono un grave handicap per le aziende olivicole, non garantendo produttività soddisfacenti, la meccanizzazione indispensabile per l’abbattimento dei costi di produzione e il raggiungimento di quantità e qualità di produzione indispensabili per confrontarsi con il mercato dell’olio. Di fatti, nella commercializzazione dell’olio prodotto, rimane rilevante l’autoconsumo e la vendita diretta. Gran parte dell’olio, con notevoli caratteristiche di lampante, viene inviato presso centri di stoccaggio o dirottato nelle raffinerie del Centro-Nord.
Tuttavia, l´olivicoltura del vibonese é chiaramente vocata a produzioni di alta qualità
Negli ultimi tempi, sul territorio è presente un nutrito numero di aziende olivicole che stanno cercando di promuovere l’imbottigliamento e la commercializzazione di un prodotto di qualità, competitivo con altre realtà olivicole regionali d’Italia.
La caratteristica tipica dell’olivicoltura vibonese risiede proprio nelle olive che qui si producono, che esprimono le peculiarità pedoclimatiche del territorio. Ma è soprattutto l’olivicoltura paesaggistica che trova il suo ruolo più espressivo nel vibonese, correlandosi a tutto ciò che il territorio offre sotto l’aspetto turistico, artistico e naturale. Una realtà territoriale dai mille scenari dove le piante di olivo testimoniano l’antica cultura della popolazione locale.
2.8 – Olivicoltura in provincia di Reggio Calabria
La provincia di Reggio Calabria presenta una superficie olivicola pari a circa 44.000 ettari, interessando 38.000 aziende. Il 90% degli olivetii sono ubicati in collina ed in montagna e sono caratterizzati da numerosi terrazzamenti. Soloil 10% degli impianti è ubicato in pianura.
Per quanto riguarda la trasformazione, nella provincia operano più di 500 frantoi (il 40% dell’intera Regione). La tipologia più diffusa è quella a ciclo continuo, la quale ha ormai sostituito quasi totalmente i piccoli impianti a gestione familiare.
L’olivicoltura reggina può essere suddivisa in due categorie:
Zona Ionica. La zona vanta una tradizione olivicola molto antica ed una struttura produttiva dalle grandi potenzialità. Essa interessa una superficie olivicola di circa 21.000 ettari che va dal Comune di Monasterace fino a Reggio Calabria e si estende dal mare verso l’interno fino alle pendici dell’Aspromonte. Un primo tipo di olivicoltura viene praticata essenzialmente lungo la fascia collinare e montana del versante ionico, in terreni con pendenze spesso superiori al 30%, collocandosi prevalentemente in una fascia altimetrica compresa tra i 150 ed i 750 metri s.l.m. Nella fascia costiera, invece, si è insediata la nuova olivicoltura, intensiva, spesso irrigua, meccanizzata ed in grado di ridurre i costi di produzione e migliorare la qualità del prodotto finito. Le varietà di olivo più coltivate sono: Ottobratica e Sinopolese nella parte più a sud, mentre la zona più a nord rappresenta un’area di elezione per la coltivazione della Grossa di Gerace, varietà autoctona di elevato pregio e spiccata tipicità la quale, se adeguatamente valorizzata, può contribuire all’affermazione di una olivicoltura di qualità. Negli impianti realizzati di recente, sono state introdotte nuove cultivar quali: Leccino, Frantoio, Carolea, Cassanese, Nocellara Etnea, Nocellara Messinese e Nocellara del Belice. La maggior parte degli oliveti tradizionali, sono secolari, con sesti d’impianto abbastanza ampi e irregolari. La superficie aziendale olivicola media rispecchia quella regionale (1 ettaro in media).
Zona Tirrenica. E’ situata a Nord-Ovest della provincia di Reggio Calabria e copre una superficie di circa 23.000 ettari con un patrimonio di oltre 2 milioni e mezzo di piante di olivo. Essa rappresenta un comprensorio olivicolo di grande importanza, sia in termini di superfici che di potenzialità produttiva per l’intera Regione, coinvolgendo ben 32 comuni. La sua porzione più caratteristica è quella collocata in pianura, nella cosiddetta Piana di Gioia Tauro, delimitata dal bacino del fiume Mesima a nord, dal fiume Petrace a sud, dalle pendici collinari pre-aspromontane ad est e dal mar Tirreno ad ovest. Un'altra olivicoltura rappresentativa è quella estesa sui territori collinari e montani del versante Tirrenico meridionale della provincia di Reggio Calabria, in parte caratterizzata da ampi terrazzamenti. La morfologia e l’esposizione del territorio della Piana di Gioia Tauro, abbinata alla presenza di terreni di tipo alluvionali, fanno di questa zona un agro-ecosistema estremamente fertile. Le varietà più diffuse sono rappresentate dalle cultivar Sinopolese (60%) ed Ottobratica (30%), oltre alla presenza di Ciciarello e Tombarello. Le piante hanno età secolare (a volte ultra-secolare) ed uno sviluppo eccezionale tale da rendere il paesaggio olivicolo di questa zona unico al mondo: un vero e proprio “bosco di olivi”. Nei vecchi impianti, considerata la notevole mole delle piante, la potatura viene effettuata ad intervalli molti lunghi (7-10 anni e più) con notevoli costi di manodopera. La raccolta è effettuata per lo più da terra con l’uso di macchine raccoglitrici nelle zone in piano e con reti nelle zone acclivi.Anche la raccolta risulta molto onerosa. Nella parte bassa della “Piana”, i sesti di impianto sono molto ampi, con un ridotto numero di piante per ettaro (50-70). Nella fascia collinare e pedo-montana i sesti sono più stretti e superano le 100 piante per ettaro. In molti comuni della fascia bassa, è in uso la consociazione con gli agrumi, in altri è stato spesso effettuato il rinfittimento. Dal punto di vista fitosanitario, la mancata areazione all’interno degli oliveti ed il conseguente eccessivo ristagno di umidità, ha comportato lo sviluppo di malattie definite ormai endemiche di questa zona: in particolare la lebbra (Colletotricum gleosporiodes) che contribuisce ad aumentare la produzione di olio lampante.
Il settore della trasformazione ricalca la situazione regionale: elevato numero di frantoi e tempi di molitura abbastanza lunghi. Negli ultimi anni, considerata la notevole produzione di olio lampante, molti olivicoltori stanno operando una vera e propria ristrutturazione della chioma degli alberi al fine di adattare le piante ad una possibile raccolta meccanizzata; da qualche anno si è notevolmente diffuso l’uso dello scuotitore, coadiuvato dall’utilizzo delle tradizionali macchine raccoglitrici a terra. Da circa un decennio è in atto una lenta riconversione degli oliveti tradizionali con nuovi impianti che prevedono sia schemi colturali più vicini ad una olivicoltura moderna e razionale, sia l’introduzione di nuove cultivar quali Roggianella, Leccino, Itrana, Cassanese, ecc.
3 - OLIVICOLTURA DA MENSA
In Italia, i volumi di produzione media annua di olive da mensa sono stimati nell’ordine di 60.000–70.000 t (Fonte UNAPROL), pari a circa il 9% della produzione mondiale. Annualmente, importiamo diverse decine di migliaia di tonnellate di olive da tavola, in particolare dalla Spagna e dalla Grecia, per sopperire al fabbisogno nazionale.
In Italia, le zone di maggiore produzione di olive da mensa sono: la Sicilia (43% del totale nazionale), la Puglia (26%) e la Calabria (12%); seguono Sardegna, Campania, Abruzzo ecc.
La Calabria presenta una produzione media di olive da tavola pari a circa 9.000 t; tale produzione deriva da impianti presenti un po’ su tutto il territorio regionale, con una buona presenza di impianti specializzati nel Lamentino, sul versante ionico di tutta la regione e nella provincia di Cosenza. Con riferimento alla piattaforma varietale, in Calabria non risultano diffuse cultivar impiegate esclusivamente per la produzione di olive da tavola; la cultivar di più rilevante interesse è la Carolea eccellente cultivar a duplice attitudine, diffusa nelle province di Catanzaro e Cosenza ed utilizzata per il consumo a verde, mentre per la destinazione al consumo come oliva da tavola nera, anche se tecnologicamente possibile e valida, esistono delle difficoltà dovute alla notevole scalarità di maturazione cui si associano notevoli perdite per cascola.
Poche altre cultivar superano l’interesse locale. Tra queste si ricorda la Cassanese, anche essa a duplice attitudine e diffusa nella provincia di Cosenza, di cui si destinano alcune migliaia di quintali come olive da tavola.
Altre varietà autoctone presentano a livello locale un certo interesse, come la Grossa di Gerace (versante ionico reggino) utilizzata sia come oliva verde schiacciata che intera; la Tonda di Strongoli (crotonese) con drupe di pezzatura rilevante per la produzione di olive verdi ma non nere, in quanto presenta una maturazione molto scalare.
A seguito delle misure di sostegno previste in passato dalla politica regionale a favore dell’olivicoltura da mensa, sono stati creati nuovi impianti in zone vocate sia di collina che di pianura. Sono nati, di conseguenza, numerosi oliveti intensivi con impianti a sesti più stretti e per la maggior parte meccanizzabili ed irrigui. In essi sono stete introdotte varietà a duplice attitudine, tra le quali meritano di essere citate, per importanza e per superficie investita, la Nocellara Messinese, la Nocellara del Belice e la stessa Carolea. Paradossalmente (ma comprensibilmente), le produzioni di questi nuovi impianti solo in minima parte sono state destinate alla produzione di olive da tavola.
Per lo sviluppo dell’olivicoltura da mensa, è necessario verificare le potenzialità di nuove cultivar di olivo tenendo conto di peculiari caratteristiche delle cultivar quali: produttività, tipologia di allevamento, adattamento alle condizioni pedo-climatiche, resistenza alle fitopatie, elevato rapporto polpa/nocciolo, adattabilità della drupa alla lavorazione.
Un ruolo fondamentale, per questo tipo di sperimentazione, rivestono i Centri Sperimentali dell’ARSSA, quali strutture dislocate su tutta la regione, che acquisiscono le necessità del territorio, sperimentano e trasferiscono i risultati alla divulgazione per la diffusione alle aziende.
4 - OLIVICOLTURA PAESAGGISTICA
L’olivo, pianta sempre verde, si può ritenere specie ad elevato valore ecologico, particolarmente per le zone di alta collina caratterizzate da una eccessiva pendenza. In queste aree l’olivicoltura, in passato, si è insediata grazie alla larga disponibilità di manodopera e tutt’ora rimane dipendente dalla presenza dell’uomo, essendo difficile, oltre che pericoloso, l’utilizzo dei mezzi meccanici.
In Calabria, l’ISTAT suddivide l’olivicoltura per fasce altimetriche, attribuendone il 12% alla pianura, il 67% alla collina ed il 21% alla montagna, dati che comunque non sono sufficienti a definire e quantizzare le aree olivicole marginali.
Le aree marginali olivetate si distribuiscono principalmente nelle zone alto collinari o pedemontane a ridosso dei massicci montuosi calabresi. In queste aree, l’olivicoltura viene praticata su terreni in forte pendenza o comunque in condizioni che non permettono l’utilizzo di moderne tecnologie di coltivazione; si tratta tuttavia di realtà che, sebbene dal punto di vista economico possano essere considerate marginali, ciò nonostante rappresentano l’unica forma di utilizzazione produttiva di comprensori altrimenti destinati all’abbandono con tutte le conseguenze che ne deriverebbero a livello ambientale e paesaggistico, oltre che di salvaguardia del territorio dai fenomeni erosivi.
La nuova Politica Agricola Comunitaria ha stabilito delle norme ben precise a tutela dell’aspetto del paesaggio rurale per evitare il deterioramento dell’habitat. Si fa riferimento, in tale direzione, alla Norma 4.3 Manutenzione degli oliveti e alla Norma 4.4 Mantenimento degli elementi caratteristici del paesaggio.
Per il futuro, è auspicabile una maggiore consapevolezza, da parte degli amministratori pubblici locali, dell’importanza della multifunzionalità dell’olivicoltura di collina e di montagna, riferendoci, in particolare, alle possibilità di caratterizzazione di prodotti di nicchia, quali produzioni di olio e di olive da mensa di varietà locali tipiche e prodotti biologici, nonché alla diversificazione delle attività produttive con altre quali la coltura di piccoli frutti, l’avvio di attività agrituristiche con gestione cooperativistica, ecc.
5 - PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA E DIVULGAZIONE
L’olivicoltura calabrese è diffusa in modo sostanzialmente omogeneo su tutto il territorio regionale, non investendo solo le aree montane.
Tuttavia, ogni comprensorio olivicolo è caratterizzato da specificità sia per quanto attiene le tecniche colturali, sia la qualità del prodotto olio.
Dall’analisi complessiva del comparto si evince, a grandi linee, che gli interventi da attuare sul territorio possono andare solo verso due direzioni:
a) puntare al miglioramento qualitativo delle produzioni. Questo potrà essere fatto nei comprensori dove già esistono o potrebbero essere realizzate con un minimo sforzo le condizioni di efficienza economica, razionalizzando ulteriormente i processi produttivi e di trasformazione e valorizzando il prodotto;
b) intervenire a favore di scelte che esaltino le attività non produttive dell’olivicoltura, legate allo sviluppo di tutte le attività concernenti le funzioni paesaggistiche, di tutela del territorio e del turismo rurale, in modo particolare in quelle zone già ad alta vocazione turistico-paesaggistica. Questi interventi potrebbero interessare tutti quei comprensori nei quali le condizioni strutturali ed orografiche non consentono di razionalizzare il processo produttivo olivicolo raggiungendo livelli economicamente efficienti.
Ciò stante, è necessario individuare linee d’intervento specifiche e localizzate in uno spazio d’azione ben preciso in cui l’agricoltura si integra con lo sviluppo del territorio.
Il beneficiario degli interventi che saranno oggetto del progetto di assistenza tecnica non è l’azienda agricola, se la stessa viene intesa come singola unità economica, ma lo diviene se considerata tassello di un aggregato territoriale molto più ampio.
Il programma di assistenza tecnica, pertanto, è rivolto “al territorio” e al suo aggregato aziendale e, nel rispetto delle norme comunitarie, è finalizzato al contenimento dei costi di produzione, al miglioramento qualitativo dell’olio ed alla promozione di un’olivicoltura responsabile, composta da operatori che effettuano una corretta gestione agronomica del terreno e delle piante, che non depauperano l’ambiente e tutelano la salute pubblica.
5.1 – Obiettivi
5.1.1 - Assistenza tecnica
alla produzione
· Difesa fitosanitaria: attuazione di tecniche a basso impatto ambientale, monitoraggio dei parassiti;
· Concimazione: interventi finalizzati alla razionalizzazione dell’uso dei concimi attraverso l’incentivazione sul territorio delle analisi del terreno;
5.1.2 - Assistenza tecnica
alla trasformazione
5.1.3 - Promozione della
funzione paesaggistica dell’oliveto
5.2.3– Durata del programma
Il presente programma di assistenza tecnica ha durata biennale, ma le azioni intraprese si potranno protrarre anche negli anni successivi.
5.3.
– Azioni di assistenza tecnica e divulgazione agricolaSi riporta, in maniera puntuale, l’elenco delle 10 azioni previste. Ad
ogni azione è stato attribuito un “colore” di riferimento, che sarà utilizzato
per facilitarne l’individuazione nel calendario delle attività, riportato alla
fine del paragrafo.
Azione 1 – Assistenza tecnica diretta in azienda
L’azione prevede l’effettuazione di visite aziendali per l’erogazione del servizio di asisstenza tecnica alle aziende olivicole.
Azione 2 –
Produzione di guide tecniche
L’azione consiste nella produzione di elaborati tecnici riguardanti tutti
i principali aspetti agronomici dell’olivicoltura.
Gli elaborati, pubblicati sotto forma di opuscoli, di agile lettura,
saranno diversificati, nei contenuti, considerando gli areali olivicoli nei
quali viene svolta l’azione di assistenza tecnica.
Gli elaborati saranno distribuiti agli agricoltori nel corso degli
incontri o delle visite aziendali, oppure potranno essere inviati per posta o
e-mail.
Gli argomenti che saranno sviluppati sono i seguenti:
a.
Potatura
§
Potatura di
allevamento nei nuovi impianti
§
Potatura di
ringiovanimento su olivi secolari
b.
Nuovi impianti
di oliveti: cultivar e sesti d’impianto
c.
Olivicoltura da
mensa: dove e quali varietà impiantare
d.
Difesa
fitosanitaria
§
monitoraggio
e controllo della mosca dell’olivo
§
lebbra
dell’olivo
§
occhio
di pavone e diagnosi precoce
§
guida
fitoiatrica per l’olivicoltore
§
lotta
biologica ed integrata nell’agroecosistema olivo
e.
Concimazione
della coltura ed importanza delle analisi del terreno
f.
Utilizzo
agronomico delle acque reflue
g.
Tutela
degli esemplari di olivo con particolari caratteristiche di pregio
h.
Stoccaggio
delle olive: dalla raccolta alla molitura
i.
Norme
igienico-sanitario e legislative per la razionale trasformazione del prodotto
j.
Certificazioni
di qualità (DOP, IGP, BIO, ecc)
k.
Monitoraggio
della qualità degli oli da imbottigliare
l.
Tracciabiltà
dei prodotti
m. Condizionalità e normative
legislative
Verranno prodotti,
in totale, 18 opuscoli divulgativi.
Azione 3 – Giornate dimostrative
Sono previste
giornate dimostrative sui seguenti argomenti:
-
potatura
-
raccolta meccanica
Azione 4 – Corso di qualificazione professionale per gli operatori del
settore.
E’ possibile
ipotizzare lo svolgimento di corsi nei quali trattare i seguenti argomenti:
-
tecniche
innovative di coltivazione, rivolto agli olivicoltori
-
tecniche
innovative di trasformazione, rivolto ai frantoiani.
-
tecniche e
normative della produzione olivicola con il metodo biologico
I corsi avranno la
durata di due giorni e coinvolgeranno contemporaneamente produttori e
trasformatori, per stabilire momenti di confronto durante le fasi del
dibattito. I corsi saranno tenuti da specialisti del settore in collaborazione
con i divulgatori agricoli impegnati nel progetto.
Il numero
complessivo di corsi può essere stimato in 10
Azione 5 – Realizzazione di incontri e seminari
La realizzazione di
incontri e seminari costituisce un momento importante del programma di
assistenza tecnica.
Si prevede che
queste attività richiamino più partecipanti dei corsi di qualificazione,
essendo meno impegnative per gli auditori. Ciò nonostante, le informazioni e
nozioni trasmesse attraverso gli incontri e i seminari possono avere la stessa
valenza ed incisività di quelle, a volte eccessivamente teoriche, impartite
durante corsi di qualificazione.
Gli incontri ed i
seminari, dove necessario, saranno svolti in collaborazione con esperti del
settore (docenti universitari, tecnici ISOl, ecc.)
Si prevede di attuare i seguenti incontri
a)
con enti locali
(Comuni, Comunità Montane, Proloco, Enti di Promozione Turistica, ecc.) per
trattare tematiche relative alla salvaguardia dell’olivicoltura paesaggistica
con appositi piani di intervento che si integrino con le misure previste dal
PSR 2007-2013;
b)
con le
associazioni di produttori, al fine di favorire l’azione di asissitenza tecnica
dei divulgatori alle aziende olivicole.
c)
con gli
studenti delle ultime classi (4a – 5a) degli Istituti Superiori ad indirizzo
Agrario su tematiche olivicole; gli incontri si svolgeranno in base alla
disponibilità delle scuole avvalendosi delle “Fattorie didattiche”
d)
con gli
studenti di ogni ordine e grado sul
tema “Olivo – Olio – Ambiente – Salute” avvalendosi del supporto delle
“Fattorie didattiche”
e)
seminari
rivolti ad agricoltori (15-20 partecipanti) su tematiche specifiche del
settore:
-
Concimazione
dell’olivo ed analisi del terreno;
-
Utilizzo
agronomico dei reflui;
-
Difesa
fitosanitaria dell’oliveto;
-
Potatura delle
piante di olivo nei nuovi e vecchi impianti
-
Cultivar da
olio e da mensa;
-
Normative
legislative e condizionalità
f)
seminari con
gli addetti al settore di trasformazione per l’individuazione delle
problematiche e la proposizione di eventuali strategie di controllo.
g)
n. 5 seminari
(1/provincia) sulle DOP e le produzioni di qualità, con la partecipazione di
esperti del settore (docenti universitari e/o funzionari del CRA-ISOL di Rende)
ed il coinvolgimento di Associazioni di produttori olivicoli, Consorzi di
Tutela, Comunità montane, Comuni, ecc..
Azione 6 – Realizzazione di corsi per il rilascio del patentino per
l’acquisto dei prodotti fitosanitari (D.P.R. 290/01).
Azione 7 – Sportelli verdi
L’azione prevede di
attivare un servizio di sportello verde, deputato all’assistenza tecnica ed
alla divulgazione, presso i Comuni particolarmente distanti dalla sede del
CeDA. Il numero di sportelli verdi non è quantificabile, in quanto legato alle
effettive disponibilità manifestate dai Comuni che vorranno aderire
all’iniziativa.
Azione 8 – Diffusione delle informazioni a mezzo stampa e TV
Scopo dell’azione
sarà quello di redarre articoli divulgativi inerenti soprattutto problematiche
fitosanitarie, tecniche colturali e normativa in materia di olivicoltura.
Con l’ausilio del
Centro Sistemi Divulgativi Avanzati, sarà possibile realizzare anche
documentari e materiale audio-visivo, finalizzato a far conoscere peculiari
realtà territoriali e produzioni tipiche.
Azione 9 – Stampa del volume “Olivicoltura in Calabria”
Il programma intende
realizzare, a fine biennio, un testo divulgativo in cui inserire tutto quanto
si conosce, in materia di olivicoltura, sul territorio calabrese.
Ovviamente, nel manuale
saranno trattati anche gli effetti del biennio di assistenza tecnica alle
aziende e verranno recepiti tutti i risultati della sperimentazione condotta
nei CSD dell’ex ARSSA.
Il volume, di circa
150 pagine, sarà stampato con tiratura di circa 3000 copie, formato cm 21x27
Azione 10 – Convegno di fine progetto
Il progetto
terminerà con la realizzazione di un convegno regionale dove saranno illustrati
tutti i prodotti delle attività svolte nel biennio di attuazione.
Logisticamente, è
possibile prevedere la seguente tipologia di convegno:
Sede: Centro di Ricerca Agroalimentare di Lamezia Terme;
6 - CONTATTI
CON I CSD E DIVULGAZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA APPLICATA E
SPERIMENTAZIONE
Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi, per come elencato nelle pagine precedenti, l’attuazione del presente progetto, in tutti gli interventi previsti, contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.
Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ex ARSSA nel campo dell’olivicoltura.
I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ex ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per l’olivicoltura i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende zootecniche.
I Centri Sperimentali Dimostrativi che si occupano di sviluppare linee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto olivicolo sono i seguenti:
CSD |
Linee di Ricerca |
Mirto |
Campo di raccolta germoplasma olivicolo, Prove dimostrative di carattere agronomico |
Gioia Tauro |
Campo di raccolta germoplasma olivicolo, Prove dimostrative di carattere agronomico |
ESIGENZE FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 720.500 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
202.500 |
203.000 |
210.000 |
615.500 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
|
232.500 |
238.000 |
250.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
720.500 |
PROGETTO
ASSISTENZA TECNICA E
DIVULGAZIONE
COMPARTO FRUTTICOLO
1 - La Frutticoltura in Calabria
Nonostante l’agricoltura calabrese si basi principalmente sulle produzioni tipiche meridionali (olio, agrumi, vino), la frutticoltura riveste comunque un ruolo non di poco conto nel settore.
La frutticoltura in Calabria è caratterizzata da una prevalente produzione destinata al consumo fresco e solo una modesta quota viene trasformata.
Il comparto ha visto perdere progressivamente, negli ultimi dieci anni, competitività sui mercati, sia esteri che interni, per una forte crescita dei costi di produzione, con la conseguenza di una diminuzione delle esportazioni ed un costante aumento delle importazioni, non più solo di frutta tropicale ma anche di frutta tipica dei climi temperati, quale mele, pere e uva apirena.
Il ridimensionamento delle superfici coltivate, che si realizzerà anche a seguito della progressiva diminuzione dei prezzi di ritiro dei surplus decisi dalla UE, costringerà le aziende marginali ad uscire dal circuito produttivo.
Il fenomeno porterà ad una maggiore concentrazione geografica delle colture e ad una valorizzazione della vocazionalità ambientale (clima, suolo), infrastrutturale (centri di lavorazione, stoccaggio, trasformazione) e professionale.
Altri elementi caratterizzanti la frutticoltura italiana e, di conseguenza, calabrese, sono gli alti costi di investimento, sostenibili solo con il contributo della pubblica amministrazione, e l'elevato fabbisogno di manodopera.
Per tutti i motivi sopra accennati, l frutticoltura calabrese si concentra soprattutto nelle aree di pianura, che rappresentano circa il 9% della superficie territoriale regionale.
Nella piana di Sibari e nelle zone limitrofe della media valle del Crati è particolarmente diffuso il pesco, la cui coltivazione è iniziata nei primi anni ’60 grazie all’iniziativa di alcuni imprenditori agricoli che convertirono in pescheti alcuni terreni coltivati a seminativo e a pascolo.
Lungo il litorale tirrenico Cosentino, è presente soprattutto il fico, coltura tradizionale calabrese, la cui produzione è concentrata nel Vallo di Cosenza e nella Media Valle del Crati dove, peraltro, esistono realtà commerciali valide ai fini della preparazione e del collocamento del prodotto essiccato sui mercati locali, nazionali ed esteri.
La fascia litorale del Medio Ionio Catanzarese si contraddistingue anch’essa per la diffusione di una interessante peschicoltura. Qui si può osservare una gamma varietale abbastanza ampia, anche se prevalgono le varietà precoci, vista la vocazionalità pedoclimatica della zona.
Nella piana di S. Eufemia sono diffusi maggiormente impianti di pesco, percoche e nettarine e, su superfici minori, albicocco, ciliegio, pero, melo, fragola e kiwi. Si possono riscontrare, inoltre, piccoli impianti di fico, avocado, fejoja e, procedendo verso la collina, giuggiolo, nocciolo, mandorlo, pistacchio, noce e gelso.
La piana di Gioia Tauro si distingue perché il comparto frutticolo è rappresentato in larga parte dalla coltivazione del kiwi e, in piccola parte, da altri fruttiferi. Quest’ultimi sono destinati al consumo familiare o ai mercati locali. Per il kiwi esistono diverse strutture aziendali che provvedono al confezionamento delle produzioni da avviare al consumo fresco.
Nella provincia di Vibo Valentia si hanno interessanti coltivazioni di fragola, fico, pesco, feioia, ecc.
Nelle rimanenti aree pianeggianti ed in particolare, lungo i litorali dell’Ionio e del Tirreno, procedendo verso la provincia di Reggio Calabria, la frutticoltura riveste un ruolo marginale. Infatti, sporadicamente si trovano impianti di actinidia e pesco (basso tirreno reggino), impianti di anona, mandorlo, nespolo del Giappone e avocado (Villa S. Giovanni, Reggio C., Melito P.S. e Palizzi), impianti di fico, pesco, albicocco, pero, nespolo del Giappone, avocado (Costa Ionica Locride).
Tuttavia, anche alle altitudini più elevate, sia in collina che in montagna, è possibile attuare una frutticoltura di qualità, che potrebbe conquistare una certa rilevanza nel comparto frutticolo calabrese, se opportunamente rivalutata da un’idonea politica d’intervento. In particolare, il ciliegio, il castagno, le pomacee, la fragola ed i piccoli frutti negli ambienti collinari e montani possono rappresentare un notevole valore aggiunto ed un’integrazione del reddito delle piccole e medie aziende agricole.
Nei territori pianeggianti, almeno attualmente, la frutticoltura assume maggiore importanza per come già detto in precedenza, soprattutto per la maggiore specializzazione che la contraddistingue, di conseguenza, per la migliore organizzazione tecnico-commerciale. Nella Piana di Sibari, infatti, sono presenti realtà frutticole di livello europeo che rappresentano un vero e proprio fiore all’occhiello per l’agricoltura e l’economia calabrese, come la società coperativa OSAS, con sede a Castrovillari (CS) che raggruppa gran parte delle aziende frutticole della piana di Sibari. Da sottolineare, inoltre, che l’attività industriale dell’OSAS si concretizza con la produzione di pesche da industria che vengono poi commerciate da una società collegata, la PAI S.p.A di Castrovillari. La quasi totalità delle pesche sciroppate della PAI viene anch’essa esportata. In particolare, la produzione della piana di Sibari è commercializzata prevalentemente sui mercati del Nord Europa, ciò a testimoniare la rispondenza del prodotto, per quantità (adeguate masse critiche) qualità, agli standard richiesti dalla Grande Distribuzione Organizzata (GDO).
Salvo queste lodevoli eccezioni, però, si può asserire che, in generale, la frutticoltura calabrese è caratterizzata da gravi carenze sul piano organizzativo, sia produttivo che commerciale.
2 - Colture e relative aree interessate dal
progetto
Pesche
e nettarine.
Costituiscono le due produzioni più importanti e con la maggiore possibilità di espansione. Considerata la vocazionalità ambientale, è sulle cultivar precoci che si dovrà puntare.
Un ragionevole spazio può essere assegnato anche alle varietà estive ed autunnali, sia per l'approvvigionamento dei mercati locali, sia per assicurare una continuità delle forniture dirette verso la GDO dei mercati italiani ed europei. La Calabria, tra le regioni meridionali, ha la più alta percentuale di nettarine sul totale della produzione, ma c'è spazio per un ulteriore incremento.
Poco diffusa, in Regione, è la tecnica della coltivazione sotto serra che consente di anticipare la raccolta di 15-20 giorni. E’ da sottolineare, in ogni modo, che la concorrenza spagnola e siciliana, in questo segmento della stagione, è particolarmente forte.
Area interessata: provincia di Cosenza e Catanzaro.
Albicocco.
Coltivazione ancora poco presente in Calabria. Le cultivar precoci hanno buoni spazi commerciali e possibilità di affermazione. E’ una specie che risponde bene alla forzatura in serra fredda e gli impianti fino ad ora realizzati in Italia, a differenza del pesco, sono poco numerosi, e interessano superfici modeste.
Area interessata: provincia di Cosenza e Catanzaro.
Fragola.
In Calabria esistono tutte le condizioni climatiche e pedologiche per un incremento delle coltivazioni. Esistono cultivar idonee e tecniche colturali competitive, ma si tratta di concretizzare le potenzialità produttive della coltura.
Area
interessata: provincia di Cosenza e Catanzaro.
Pero.
Le varietà più collaudate, sia agronomicamente che commercialmente, sono quelle tradizionali, come Coscia e Spadona, alle quali possono essere affiancate altre cultivar come Bella di Giugno, Precoce di Fiorano, Etrusca, S. Maria e Tosca.
Area
interessata: intero territorio
regionale.
Fico.
Il fico è una specie con una antica tradizione ma, purtroppo, la superficie interessata si è molto ridimensionata e non si intravedono serie possibilità di rilancio della coltura, data la forte concorrenza esercitata da paesi come la Turchia, sia per il prodotto essiccato che per il prodotto fresco, particolarmente delicato. Negli ultimi tempi si è assistito ad un aumento dei consumi del prodotto essiccato anche nel mercato italiano.
Area
interessata: provincia di Cosenza e Reggio Calabria.
Nocciolo.
Presente in Calabria in gran parte nei comuni di Cardinale, Torre di Ruggiero e Simbario in provincia di Vibo Valentia e Catanzaro, costituisce una fonte di reddito per le popolazioni rurali che non hanno alternativa colturale più remunerativa.
Le nocciole calabresi presentano delle qualità organoelettiche superiori rispetto a quelle provenienti da altre regioni, infatti la cultivar “Tonda Calabrese” è particolarmente apprezzata per il consumo diretto.
Area interessata:
intero territorio regionale, con particolare riferimento alle aree più
vocate.
Castagno da frutto.
Il castagno è presente in tutto il territorio calabrese. La sua coltivazione ha tradizioni antiche e riveste una notevole importanza per il recupero delle aree marginali, la tutela e conservazione del territorio agricolo, l’integrazione del reddito delle aziende montane ed il richiamo agrituristico. Al momento attuale, lo stato colturale e vegetativo dei castagneti da frutto è tale da richiedere una particolare e seria attenzione.
Area interessata: intero territorio regionale
Frutticoltura da industria.
Le specie più importanti per la frutticoltura da industria sono: pesche (percoche), pere e le albicocche per la produzione di sciroppati; susine e, in una certa misura, anche albicocche per l'essiccazione; pere, albicocche e pesche per i succhi. Per la produzione dei succhi le industrie utilizzano, in generale, le cultivar da consumo fresco in sovrapproduzione, mentre per la produzione dei sciroppati e delle susine essiccate esistono cultivar specifiche destinate esclusivamente alla trasformazione industriale. Vi sono possibilità di affermazione per le percoche e per le pere per la produzione di sciroppati, più difficile la coltura delle susine per l'essiccazione.
Area
interessata: provincia di Cosenza.
Piccoli
frutti.
La produzione di lampone, rovo, mirtillo, uva spina, ecc., a causa della deperibilità, richiede o la vicinanza del mercato di consumo o una perfetta e sofisticata organizzazione commerciale, indispensabile per raggiungere repentinamente i mercati lontani. Queste due condizioni esistono in Calabria in misura limitata.
Area
interessata: intero territorio
regionale.
Actinidia.
La coltura è diffusa maggiormente in provincia di Reggio Calabria, dove viee impiegata principalmente la cultivar Hayward e le cultivar Bruno, Monti, Tomuri. Di recente introduzione sono le cultivar Hort 16° e Jintao.
Area
interessata: provincia di Reggio
Calabria e Catanzaro.
Anona ed altri frutti
tropicali.
Sono coltivati in particolare in provincia di Reggio Calabria ed in modo sparso in tutta la regione e sono da considerarsi colture in espansione, viste le favorevoli condizioni pedo-climatiche del territorio
Area interessata: provincia di Reggio Calabria e piccole
aree regionali.
3 - Obiettivi
Sulla scorta delle criticità e dei punti di forza rilevate nel comparto, gli obiettivi da centrare per il rilancio della frutticoltura regionale sono i seguenti:
·
Effettuare analisi di mercato finalizzate alla
valutazione delle potenzialità produttive degli impianti, tenendo conto degli
sbocchi di mercato. Alla fase di ricerca dovrà necessariamente seguire una fase
di sperimentazione e divulgazione dei risultati ottenuti.
·
Incoraggiare la diffusione e
il potenziamento delle forme associative ai fini produttivi e commerciali al
fine di giungere, attraverso la certificazione del prodotto, alla valorizzazione
della frutticoltura nel suo complesso. L’associazionismo e la cooperazione sono
fattori importanti per lo sviluppo del settore perché possono consentire di
superare le debolezze strutturali derivati essenzialmente dalla frammentazione
fondiaria e dalla scarsa innovazione tecnologica.
·
Approfondire le conoscenze relative alla
caratterizzazione del frutto.
·
Introdurre più efficaci forme
di meccanizzazione delle operazioni colturali.
·
Diffondere attraverso sistemi informatici e mediatici
le attività svolte di miglioramento del settore frutticolo.
4 - Beneficiari
Sono beneficiari del progetto gli imprenditori agricoli della Regione Calabria.
Il numero delle aziende agricole sarà stabilito in seguito, ma attualmente, si può affermare che per l’areale del Medio Jonio Catanzarese saranno coinvolte circa 375 aziende, per la Piana di Rosarno e Gioia Tauro circa 350 aziende e per l’Altopiano del Poro altre 100 aziende.
6 - Iniziative previste
In risposta alle esigenze di informazione, divulgazione e di supporto al processo informativo attraverso il servizio di Assistenza Tecnica, viene prevista la realizzazione di 6 iniziative, elencate in ordine temporale e considerate fondamentali ai fini della progressiva e corretta applicazione del progetto.
6.1 – Organizzazione Seminari preliminari
I seminari preliminari serviranno ad illustrare l’attività che si andrà a svolgere. Saranno rivolti agli imprenditori agricoli interessati, coinvolgendo tutti i soggetti attuatori del presente progetto.
In linea di massima, è prevista l’organizzazione di almeno 10 seminari.
Ciascun incontro risulterà mirato alla discussione ed all’anticipazione di specifici problemi, per risultare effettivamente funzionale alle esigenze del territorio e atto a produrre interesse verso la programmata attività di assistenza tecnica.
6.2 – Percorso
informativo-formativo dei divulgatori
E’ stata prevista la realizzazione di un percorso informativo-formativo, di analisi e approfondimento tecnico-pratico, sulla base di un ciclo di seminari/workshop tecnico-applicativi, finalizzato all’aggiornamento su varie tematiche.
Gli incontri, programmati secondo un apposito calendario di lavoro, sono rivolti prioritariamente ai componenti del gruppo di lavoro istituito nell’ambito del presente progetto, ai referenti regionali e ai funzionari pubblici interessati e competenti in materia.
La realizzazione dei corsi di formazione e aggiornamento è affidata ai Servizi competenti, i quali, a partire dalla fase di analisi dei fabbisogni, fino alla concreta realizzazione degli interventi, presidiano l'intero processo formativo, che dovrà essere previsto nel piano triennale di formazione.
6.3 – Aggiornamento
tecnico
Contemporaneamente al percorso formativo, sarà attuato uno specifico programma di aggiornamento tecnico, formulato secondo criteri funzionali alle esigenze di diffusione delle problematiche affrontate dal progetto, che preveda l’impiego prioritario di procedure interattive e di strumenti telematici.
Il programma è rivolto ai tecnici agricoli divulgatori responsabili del servizio di assistenza tecnica.
6.4 – Opuscoli
Tecnici e Guide Monotematiche
E’ prevista la progettazione e realizzazione di un Opuscolo Tecnico per ogni principale coltura (Kiwi, Pesco, Albicocco, Fragola, Pero, Fico, Nocciolo, Castagno, Piccoli frutti, Frutti tropicali), nel quale saranno trattati soprattutto i seguenti argomenti:
- razionalizzazione nell’impiego di mezzi tecnici
-
miglioramento della presentazione quali-quantitativa
del prodotto
-
adozione di nuove tecnologie
-
individuazione di nuove varietà precoci con
caratteristiche pomologiche ed organolettiche particolarmente interessanti.
Inoltre, in ogni opuscolo verrà studiato un apposito calendario di raccolta dove sarà indicata, per ogni singola area, la giusta epoca di raccolta al fine di poter esaltare e conservare le migliori caratteristiche organolettiche del prodotto.
A questo lavoro seguiranno guide monotematiche (sempre differenziate per coltura) che tratteranno i seguenti argomenti:
- Concimazione
- Trattamenti fitosanitari e lotta biologica o integrata
- Lavorazione o inerbimento dei terreni
- Tecniche di Potatura
- Registro di campagna.
6.5 – Attivazione del Servizio di Assistenza Tecnica
Costituisce l’iniziativa più importante, il vero cuore del progetto.
Si procederà ad erogare un Servizio di Assistenza Tecnica ad un contingente di aziende agricole, interessate al comparto frutticolo.
Sarà indispensabile stabilire il numero e la tipologia delle aziende agricole che fruiranno di tale opportunità. I criteri da adottare a tal uopo scaturiranno da valutazioni che i divulgatori fisseranno in fase operativa.
L’assistenza diretta alle aziende riguarderà soprattutto i segueti punti:
- tenuta del quaderno di campagna, legato alla emissione delle prescrizioni ed all’esecuzione delle varie operazioni culturali;
- controllo diretto dello stato di salute del frutteto e lotta integrata e/o biologica;
- analisi del terreno e piani di concimazione;
- potatura dei frutteti e tecniche di irrigazione;
- adattamento dei frutteti alla raccolta meccanica;
- rispetto del regime della condizionalità;
- diffusione dell’Opuscolo tecnico presso le aziende agricole facenti parte del progetto.
L’assistenza tecnica potrà essere modulata anche in fuzione di specifiche richieste formulate dalle aziende aderenti al progetto.
La visita aziendale dovrà concludersi con la sottoscrizione da parte degli agricoltori di un’apposito modulo con la quale gli stessi attestano di aver beneficiato del servizio di Assistenza Tecnica.
6.6 – Organizzazione
di un convegno finale
L’iniziativa consiste nell’organizzazione e realizzazione di un convegno, a valenza regionale/nazionale, di presentazione dei risultati complessivamente realizzati nell’ambito del Progetto. La relativa organizzazione dovrà quindi risultare coordinata con i tempi esecutivi delle altre iniziative, prevedendo la realizzazione dell’evento a conclusione di tutte le attività previste.
Sede: Gioia Tauro
7 - Contatti
con i CSD e divulgazione dei risultati della ricerca applicata e
sperimentazione
Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi elencati nel precedente capitolo, l’attuazione del presente progetto contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.
Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ARSSA nel campo della frutticoltura.
I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per la frutticoltura i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende agricole.
I Centri Sperimentali Dimostrativi che si occupano di sviluppare inee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto frutticolo sono i seguenti:
CSD |
Linee di Ricerca |
S. Marco Argentano |
Drupacee, Fico |
S. Pietro Lametino |
Fruttiferi locali |
Locri |
Fruttiferi locali |
Cropani |
Fruttiferi locali, Castagno da frutto |
Molarotta |
Fruttiferi minori e locali |
Gioia Tauro |
Fruttiferi tropicali, Noce da frutto |
S. Pietro Lametino |
Fruttiferi locali |
Locri |
Fruttiferi locali |
Cropani |
Castagno da frutto |
Molarotta |
Fruttiferi minori e locali |
Gioia Tauro |
Fruttiferi tropicali, Noce da frutto |
8 - ESIGENZE
FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 373.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
82.000 |
91.000 |
95.000 |
268.000 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
|
112.000 |
126.000 |
135.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
373.000 |
PROGETTO
ASSISTENZA TECNICA E
DIVULGAZIONE
COMPARTO ORTICOLO
1 - IL COMPARTO
ORTICOLO IN CALABRIA
Dall’ultimo censimento dell’agricoltura risulta che in Calabria esistono n. 29.007 aziende orticole e una relativa SAU interessata pari a 11.583 ha, che corrisponde al 2,14% della superficie agricola totale regionale. La superficie media delle aziende orticole risulta essere pari a 0,31 ha.
La maggior parte delle aziende orticole sono in provincia di Cosenza; seguono le province di Catanzaro, Reggio Calabria, Vibo Valenzia e, per ultima, quella di Crotone. Anche per la superficie occupata dalle colture orticole in Calabria è in testa la provincia di Cosenza, seguita dalle province di Reggio Calabria, Crotone, Catanzaro e Vibo Valenzia. La superficie media aziendale regionale è pari 0,40 ha e, a livello provinciale, tale superficie risulta più elevata nel crotonese (2,50 ha); seguono le province di Reggio Calabria, Vibo Valenzia, Cosenza e Catanzaro (Tabella 1).
Tab. 1 –
Distribuzione delle aziende orticole e della superficie nelle Provincie
Calabresi ( ISTAT , 2000)
PROVINCIA |
Numero
di aziende |
SAU Totale (ha) |
Superficie media aziendale (ha) |
COSENZA |
11.995 |
3.765 |
0,31 |
CATANZARO |
6.019 |
1.727 |
0,29 |
REGGIO CALABRIA
|
5.788 |
2.297 |
0,40 |
VIBO VALENZIA
|
4.151 |
1.583 |
0,38 |
CROTONE
|
1.054 |
2.208 |
2,10 |
REGIONALE
|
29.007 |
11.583 |
0,40 |
Tab. 2 - Numero di aziende orticole per classi di superficie in ettari
(ISTAT , 2000)
Zone altimetriche |
Numero di aziende per classi di
superficie in ha |
||||||||
Meno di 1 |
1-2 |
2-5 |
5-10 |
10-20 |
20-50 |
50-100 |
100 e oltre |
totali |
|
Montagna |
6.307 |
2.851 |
2.526 |
868 |
407 |
195 |
53 |
18 |
13.225 |
Collina
|
6.006
|
3.279 |
3.129 |
1.006 |
508 |
284 |
66 |
28 |
14.306 |
Pianura
|
584
|
311 |
328 |
127 |
55 |
34 |
15 |
22 |
1.476 |
Totali
intera Regione
|
12.897
|
6.441 |
5.983 |
2.001 |
970 |
513 |
134 |
68 |
29.007 |
Se si considera la situazione del comparto orticolo in Calabria dal punto di vista altimetrico, si nota che l’orticoltura è maggiormente diffusa in collina (n. 14.306 aziende e 5.254 ha) e in montagna (n. 13.225 aziende e 3.755 ha); per ultimo è diffusa in pianura, con sole 1.476 aziende orticole e 2.573 ha (Tabelle 2 e 3).
Per quanto riguarda le classi di superficie, sempre a livello regionale, si nota che il numero più alto di aziende orticole (n.12.897) ha una SAU inferiore a 1 ettaro. Il numero di aziende diminuisce man mano che aumenta la classe di superficie fino a n. 68 aziende con una superficie pari o superiore a 100 ha (Tabella 1). La maggiore parte delle aziende ha una superficie compresa tra 2 e 5 ha (Tabella 3).
Tab. 3 – Superficie
in ettari occupata dalle aziende orticole per classi di superficie e per zone
altimetriche (ISTAT , 2000)
Zone altimetriche |
SAU (ha) occupata dalle aziende orticole
per classi di superficie in ha |
||||||||
Meno di 1 |
1-2 |
2-5 |
5-10 |
10-20 |
20-50 |
50-100 |
100 e oltre |
totali |
|
Montagna |
744,3 |
660,42 |
936,33 |
532,77 |
364,53 |
277,29 |
68,75 |
171,31 |
3.755,43 |
Collina
|
751,06
|
723,05 |
1.191,66 |
659,05 |
703,99 |
757,79 |
254,63 |
213,24 |
5.254 |
Pianura
|
133,78
|
143,45 |
368,56 |
284,18 |
173,25 |
296,05 |
507,09 |
666,79 |
2.573,15 |
Totali
intera Regione
|
1.628,87
|
1.526,92 |
2.496,55 |
1476 |
1.241,77 |
1.331,13 |
830,47 |
1.051,34 |
11.583,05 |
Dai dati ISTAT 2000, risulta inoltre che in Calabria, le aziende che praticano l’orticoltura in coltura protetta sono 745 e le aziende vivaistiche che producono piantine orticole sono 317.
L’orticoltura calabrese rappresenta circa il 5% del totale nazionale delle colture in pieno campo e il 3 per mille di quelle in serra. Malgrado ciò, essa è caratterizzata da prodotti tipici, da aree climaticamente differenziate grazie ad una complessa orografia e da aziende ed industrie di trasformazione altamente specializzate.
L’orticoltura di collina e di montagna è anche caratterizzata dalla presenza di coltivazioni di specie e/o varietà tipiche, alcune delle quali a rischio di estinzione.
Il territorio dove si pratica questo tipo di orticoltura, in molti casi, è compreso nelle aree protette della Calabria (Parco Nazionale del Pollino, Parco Nazionale della Sila, Parco Nazionale dell’Aspromonte, Parco Regionale delle Serre).
L’importanza di promuovere lo sviluppo dell’orticoltura, soprattutto estiva, nelle aree protette nasce dalla constatazione che questo comparto, nei comprensori di nuova irrigazione, rappresenta una reale alternativa alla cerealicoltura. Questo, non solo per la disponibilità di acqua irrigua, ma anche per la possibilità di commercializzare i prodotti orticoli nelle zone balneari della Calabria che, proprio d’estate, godono di un notevole afflusso turistico. Considerate tra l’altro le normative di protezione ambientale esistenti nelle aree protette, si ritiene che solo una orticoltura razionale, avvicendata, che sia capace di offrire ai consumatori prodotti di qualità, possa dare reddito agli operatori del comparto.
L’orticoltura, in queste aree, consentirebbe anche una utilizzazione razionale dell’acqua irrigua e, nello stesso tempo, permetterebbe di abbassare i costi di esercizio degli impianti. Le colture che attualmente sono più diffuse nelle zone protette sono: fagiolo tipo borlotto, da sgusciare, sia nano che rampicante; zucchino; pomodoro; peperone e lattuga.
Non va sottovalutato che i produttori di ecotipi locali e di produzioni tipiche e di qualità possono chiedere agli Enti Parco la concessione in uso del marchio del Parco, applicando l’apposito disciplinare tecnico per la certificazione dei prodotti ortofrutticoli. Tutto ciò potrebbe indurre ancor di più ad una maggiore conoscenza di questi prodotti, con conseguente valorizzazione dell’ambiente e dell’immagine dei territori di produzione.
Secondo gli studiosi del comparto (Magnifico, 1995), il
rafforzamento delle tradizioni esistenti rappresenta il primo passo per un
serio potenziamento dello sviluppo e del progresso dell'orticoltura calabrese,
al quale deve seguire una robusta opera di programmazione colturale durante
l'intero anno, potendo la Regione Calabria disporre di superfici idonee in aree
climatiche ben distinte ed integrabili fra loro per le produzioni ottenute e
ottenibili. Oltre alla ben nota Cipolla
Rossa di Tropea, certamente il prodotto più tipico e rappresentativo
dell’orticoltura calabrese per l'importanza che riveste sui mercati nazionali
ed esteri, il comparto orticolo Calabrese è ricco di prodotti di nicchia, come
per esempio, il fagiolo di Cortale,
il fagiolo poverello bianco dell’area del
Pollino, il pomodoro di
Belmonte, la lenticchia di Mormanno, il peperone
di Roggiano, il peperone Nicastrese,
il peperoncino di Diamante, il peperoncino di Calabria, ecc., la cui
valorizzazione agronomica e commerciale può concorrere a formare reddito.
Non vanno comunque trascurate altre importanti colture come il melone (in coltura precoce), il pomodoro (da industria e da mensa in pieno campo e in coltura anticipata) e le altre solanacee (peperone, melanzana, patata), il cavolo broccolo e altre brassicacee, le insalate, ecc., meritevoli di una migliore programmazione dopo un'attenta analisi di marketing per meglio individuare i periodi di più favorevole coltivazione e le cultivar di maggiore richiesta.
Non va neanche sottovalutata l’introduzione di nuove specie, come i radicchi e le orticole per la IV Gamma in forte espansione.
Di fondamentale importanza è la valutazione globale della produzione, che passa attraverso il controllo di tutti i processi produttivi, ivi comprese le tecniche agronomiche e di difesa che possono favorire accumuli di sostanze indesiderate e nocive alla salute del consumatore. Di qui la necessità di redigere i disciplinari di produzione da agganciare alla costituzione dei marchi di qualità, divenuti ormai indispensabili strumenti di lavoro per la conquista e il mantenimento delle quote di mercato.
In ogni caso, lo sviluppo e il progresso dell'orticoltura calabrese è realizzabile solo attraverso una corretta azione di divulgazione e di assistenza tecnica mirante alla qualificazione professionale degli operatori finalizzata alla tipicizzazione dei prodotti e delle aree di produzione. Da un punto di vista commerciale, inoltre, ogni azione sarà volta alla programmazione e concentrazione dell'offerta, considerate anche le notevoli distanze che i prodotti calabresi devono percorrere per raggiungere i migliori mercati.
2 - PRINCIPALI AREE
ORTICOLE DELLA REGIONE
2.1 - Il territorio
della provincia di Vibo Valentia e la Cipolla di Tropea
Nel territorio
della Provincia di Vibo Valentia circa 500 ettari sono destinati
all’orticoltura, della quale la coltura più redditizia è la Cipolla Rossa di Tropea coltivata su ben
400 ettari, di cui la metà nel territorio del Comune di Tropea.
La coltivazione
della Cipolla Rossa di Tropea non
interessa la sola costa tirrenica vibonese, ma coinvolge un areale di
coltivazione ben più ampio che parte dal Comune di Nicotera (VV) fino al Comune
di Belmonte Calabro (CS). La produzione di questa varietà di cipolla, pari a
circa 10.000 tonnellate/anno, permette oggi un valore della PLV complessiva di
oltre 1milione di euro.
Da diversi anni si
sta lavorando ad un progetto di valorizzazione finalizzato all’ottenimento
del Marchio Europeo di Indicazione Geografica Protetta (IGP),
secondo i criteri dettati dalla normativa CEE previsti dal Reg. 2081/92 e
successive modifiche. Pertanto, salvo imprevisti, dal 2008, questo prodotto
potrà avere il marchio IGP.
Le aziende
dislocate nel territorio di produzione (litorale tirrenico vibonese,
catanzarese e cosentino), che confezionano direttamente il prodotto, sono circa
trenta; nessuna di queste risulta ancora essere in regola con le norme di
tracciabilità e rintracciabilità delle produzioni, pur essendo l'obbligo della
tracciabilità e rintracciabilità entrato in vigore dal gennaio 2005 e che per
gli inadempienti sono previste pesanti sanzioni civili e penali.
2.2 - Il territorio
del Lametino e dell’Alto Lametino
Le colture ortive rivestono un ruolo importante nell’economia del settore agro-alimentare della Piana di Lamezia. Nel Lamentino possiamo distinguere un’orticoltura delle zone montane, caratterizzata da aziende di piccole dimensioni e un’orticoltura di pianura con aziende di medie e grandi dimensioni.
Negli ultimi anni si è avuto un aumento delle superfici investiste ad ortive, sia in pieno campo che in coltura protetta. Le maggiori produzioni si hanno nei comuni di Lamezia Terme con 168 ha, Curinga con 165 ha e Nocera Tirinese con 122 ha.
Le specie orticole maggiormente diffuse sono: pomodoro sia da industria che da mensa, zucchine, peperoni, melanzane, fagiolo, piselli, cetriolo, melone, lattuga, radicchio, finocchio, cipolla e aglio, cavoli, carciofi.
Un’attenzione particolare merita la coltivazione in alcune zone della Cipolla Rossa di Tropea con una maggiore presenza nell’area di Gizzeria e Nocera. Da qui, la produzione confluisce al centro di lavorazione di Falerna come cipolla primizia, cipolla media precoce e cipollotto. La coltura è praticata in pieno campo, su terreni sabbiosi, con irrigazione a scorrimento da aprile fino a poco prima della raccolta.
Per lo sviluppo della coltivazione delle ortive, nel Lamentino, particolare importanza hanno rivestito alcune innovazioni come per esempio l’utilizzazione dei film di polietilene per la pacciamatura, rapidamente diffusasi lungo la fascia costiera della piana. Anche la fertirrigazione, negli ultimi anni, ha avuto una rapida diffusione per le coltivazioni orticole con tutti i vantaggi agronomici ed economici che queste due tecniche comportano.
Il processo evolutivo dell'orticoltura nella zona passa anche attraverso la diffusione delle coltivazioni in colture protette in tunnel-serra attraverso un aumento delle cubature capaci di garantire il miglior effetto serra, e l’adozione del sistema di areazione per mezzo di aperture laterali e al colmo, che garantisce un più agevole controllo dei parametri di temperatura e umidità. Ancora poco diffuse sono le protezioni delle aperture con le reti antiafidi che permettono anche un controllo dei vettori dei virus più temuti e dannosi.
Per quanto concerne le tecniche colturali, va segnalata una discreta applicazione di tecniche di difesa integrata e l’impiego dei bombi per l’impollinazione di pomodoro da mensa in coltura protetta.
L’area è interessata anche da alcune importanti strutture associative che operano nel settore orto-frutticolo, con lo scopo di concentrare l’offerta e commercializzare il prodotto, ma anche di indirizzare i soci verso standard qualitativi elevati.
Nelle aree collinari e montane, la produzione di ortaggi è legata ad una lunga tradizione ed è realizzata in aziende di piccole e medie dimensioni a conduzione familiare. Un’orticoltura di questo tipo svolge innanzitutto un importante ruolo per la salvaguardia del germoplasma di specie, varietà e/o ecotipi locali. Infatti, alcune di queste specie, varietà e/o ecotipi locali sopravvivono soprattutto grazie a vecchie agricoltrici o appassionati che le conservano e moltiplicano negli orti a conduzione famigliare. Un esempio importante è il fagiolo di Cortale, diffuso nel territorio del comune di Cortale e Jacurso. Questo particolare tipo di fagiolo, con una produzione di circa 30 tonnellate all’anno di granella secca, viene commercializzato prevalentemente nei mercati locali, nel mese di novembre, subito dopo la raccolta.
Un altro esempio di produzione tipica è il peperone nicastrese caratterizzato da una forma a cuore e dal sapore dolce ed utilizzato prevalentemente nella preparazione della conserva “di pepe”, che è uno dei costituenti del salame tipico. Il rilancio di questa varietà, al momento, sta avvenendo, con esiti positivi, grazie alla tenacia di due orticoltori.
L’area dell’Alto Lametino rappresenta il tipico paesaggio delle zone interne della Calabria nel quale le ortive continuano ad essere coltivate su piccoli appezzamenti - orti a conduzione familiare - localizzati sulla corona perimetrale dei centri abitati. In questo tipo di aziende l’approvvigionamento dell’acqua irrigua avviene da pozzi artesiani. In particolare, nel comune di Decollatura, da alcuni anni, si assiste ad un graduale aumento della superficie investita ad ortive, soprattutto zucchino, pomodoro da mensa, peperone, fagiolino e fagiolo borlotto a maturazione cerosa. Ciò in seguito ai problemi di commercializzazione che hanno investito il comparto pataticolo, fino a qualche anno fa settore trainante dell’agricoltura della zona.
Gli agricoltori più attenti e lungimiranti hanno conquistato una nuova fetta dei mercati locali, diversificando la loro offerta con prodotti tardivi.
Dalle indagini svolte, risulta che andrebbero curate adeguatamente le pratiche agronomiche relative alla concimazione ed ai trattamenti antiparassitari. I coltivatori sono legati a schemi di lotta empirici, sanciti più dall’abitudine che da risultati effettivamente validi, e questi, unitamente a rotazioni colturali inadeguate, rendono ragione della poco soddisfacente situazione fitosanitaria delle orticole nella zona in esame.
L’applicazione di corretti criteri di concimazione e di difesa, suggeriti da una rigorosa sperimentazione e da una appropriata assistenza tecnica, potrebbe entro breve tempo ottimizzare l'impiego di un fattore di produzione notevolmente incidente sui costi, qual è l’impiego dei concimi e agrofarmaci.
2.3 - Il versante
tirrenico della provincia di Reggio Calabria
Il comprensorio tirrenico della provincia di Reggio Calabria, dal punto di vista agricolo, si distingue per il comparto olivicolo che rappresenta la coltura dominante sul territorio, ed in parte per quello agrumicolo nella Piana Gioia Tauro, mentre l’orticoltura riveste un ruolo meno importante, anche se esistono aree di straordinaria importanza per produzioni caratteristiche e di qualità elevate. Infatti, l’orticoltura, praticata su gran parte del territorio in esame, è caratterizzata da una miriade di piccole aziende a conduzione familiare, distribuite in maniera eterogenea che ne determinano una base produttiva di piccola entità e da un ristretto numero di coltivazioni in serra presenti soprattutto nella piana di Gioia Tauro, mentre l’orticoltura più consistente sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, grazie alla particolare vocazionalità della zona per motivi pedoclimatici e per la disponibilità di acqua irrigua, si concentra in un vasto territorio rappresentato da una serie di altopiani ubicati alle falde del massiccio dell’Aspromonte, in parte comprese in territorio protetto, con altitudine variabile tra gli 850 e i 1150 metri s.l.m., contornati da boschi di conifere e latifoglie di rara bellezza paesaggistica, dove viene praticata un’antica ma importante orticoltura estiva di possibile ammodernamento. Tali altopiani sono denominati Piani d’Aspromonte e ricadono in gran parte nei comuni di Sinopoli, Sant’Eufemia d’Aspromonte e Scilla, ed in piccola parte in quelli di S. Roberto, e Piani di Reggio Calabria.
Dal punto di vista della produzione orticola, molto interessante, è anche la fascia territoriale costiera che va da Scilla a Bagnara Calabra fino a Sant’Eufemia d’Aspromonte. In particolare, in questo ultimo comune è concentrata la maggiore produzione di ortaggi del comprensorio, il quale, con una superficie di circa 1.500 ettari interessati dall’orticoltura, presenta numerose peculiarità. Tra queste si annoverano le produzioni di patata, fagioli di vario tipo, zucchina, pomodoro, ed altri ortaggi estivi, delle quali alcune vengono considerate “caratteristiche” e che, se rilanciate opportunamente, potrebbero ottenere un marchio di qualità.
I prodotti della tradizionale orticoltura dell’area, che utilizza tecniche agronomiche a basso impatto ambientale, in molti casi, presentano particolari caratteristiche organolettiche. Risulta pertanto importante considerare la possibilità, tramite un percorso di opportuna valorizzazione, di attivare una serie di iniziative concrete che conducano ad un progetto integrato di sviluppo, orientato all’ottenimento di prodotti orticoli di qualità, all’incremento occupazionale ed al miglioramento delle condizioni socioeconomiche del tessuto rurale del comprensorio Aspromontano.
Lo sviluppo e il progresso dell’orticoltura di detto comprensorio, in prima istanza, non passa attraverso l’introduzione di nuove colture, bensì attraverso la valorizzazione e il potenziamento dell’esistente, considerato, anche, che nella realtà orticola del territorio è già presente una gamma di prodotti orticoli coltivati che soddisfano gran parte della domanda dei consumatori. L’azione, pertanto, va rivolta verso la tipicizzazione dei prodotti e delle aree di produzione e verso la qualificazione del personale tecnico.
2.4 - La Locride
L’orticoltura costituisce circa l’ 8 % della superficie destinata alle coltivazioni erbacee nella Locride e occupa mediamente 600 ha in coltura specializzata su un totale di 2150 aziende (dati ISTAT: V° Censimento Generale dell’Agricoltura Italiana anno 2000) a cui vanno aggiunti gli orti familiari particolarmente diffusi nel comprensorio, con produzioni però quasi sempre destinate all’autoconsumo. Non mancano tuttavia lungo la fascia litoranea, esempi di coltivazioni specializzate di pomodoro, zucchino, melanzana, piccoli frutti sia in pieno campo che in serra, e di cavolfiore, cavolo broccolo, finocchio, pisello e fava.
I Comuni maggiormente interessati alla coltivazione di ortive da reddito sono: Africo, Platì, Ardore, Locri, Caulonia, Riace, Monasterace.
Dai dati su esposti si comprende come a fronte delle caratteristiche agroclimatiche tipiche della zona che fanno della Locride un ambiente particolarmente vocato alla produzione di ortaggi primaticci sia in serra che in pieno campo, l’area è sotto utilizzata rispetto alle potenzialità.
2.5 - Le Serre Vibonesi
Per le ortive nelle Serre vibonesi si deve rilevare la tendenza di buona parte della popolazione agricola dell'area ad operare le scelte produttive in funzione dei fabbisogni familiari, poiché queste colture interessano generalmente superfici ridottissime (fazzoletti di terra). Soltanto nei fondovalle Mesima e Marepotamo esiste un'orticoltura realizzata su superfici maggiori (almeno un ettaro) e durante tutto o gran parte dell'anno, che riesce a trovare sbocchi mercantili anche fuori-regione. In questo ambito, si può dire che siano una ventina le aziende tecnicamente ed economicamente rilevanti, mentre quelle ufficialmente censite come tali risultano essere ben 1.600.
In ogni caso, la produzione derivante dalle mini coltivazioni riesce, anche se saltuariamente, ad alimentare i mercati locali, frequentati, soprattutto nel periodo estivo, da turisti alla ricerca del prodotto genuino.
Per quanto attiene alle prospettive del comparto (che interessa circa il 4% della SAU = 500 ettari ca.), è auspicabile che, soprattutto nelle zone pedemontane e montane, vi sia un ampliamento della superficie investita ad ortive ed, in particolare, una maggiore diffusione di quelle specie (lattuga, cicoria, carota, fagiolino, fragola, solanacee) che possono entrare come tardive sul mercato. Inoltre, le particolari condizioni ambientali di queste zone, permettono di realizzare delle produzioni biologiche, requisito che, malgrado tutto, ancora riesce ad essere qualificante. Sempre in relazione alle particolari condizioni pedoclimatiche, meriterebbe di essere sviluppata l'attività sementiera/vivaistica.
Non si dovrà, comunque, trascurare la produzione delle specie realizzata nei fondovalle, rappresentata principalmente da: fava, fagiolo, pomodoro, peperone, melanzana, broccoli, che, pur meglio introdotta sul mercato, necessita di assistenza tecnica per quanto concerne le scelte varietali e le modalità di commercializzazione. Riguardo al primo aspetto, accanto all'introduzione di nuove cultivar, appare opportuno il recupero di alcuni ecotipi locali apprezzabili sia per i caratteri organolettici che per una particolare rusticità. In merito al secondo aspetto, risulta sempre più impellente l'adozione di forme di aggregazione (quanto meno del prodotto) tali da garantire, costantemente nel tempo, rilevanti quantitativi che possano interessare anche i più importanti operatori nel comparto della distribuzione.
2.6 – Lo Ionio Catanzarese
Il territorio si presenta molto diversificato orograficamente con una prevalenza di collina e montagna ed esigue superfici pianeggianti, localizzate ai lati dei corsi d’acqua e lungo la fascia litoranea. L’orticotura presente in questo territorio è indirizzata soprattutto alla produzione di prodotto fresco, commercializzato a livello locale o per il consumo familiare, realizzato soprattutto in pieno campo; mentre esigue sono le superfici sotto serra, per lo più localizzate nelle zone litoranee, che consentono di svincolarsi dalla stagionalità delle produzioni. La coltivazione di specie la cui produzione è destinata all’industria è presente ma anch’essa su ridotte superfici e limitata al pomodoro.
L’orticolura intensiva è localizzata sulle superfici pianeggianti dei comuni di Sellia, Cropani, Botricello, Simeri Crichi, Belcastro, Marcellinara, Caraffa. Le coltivazioni sono soprattutto di pomodoro da mensa; sono presenti anche zucchino, melanzana, cetrioli e peperone reggitano; presente è pure la coltivazione di cavolo, cavolo broccolo e cavolo rapa a produzione invernale. Nelle zone di Botricello e Belcastro è praticata la coltivazione di finocchio su discrete superfici. Negli ultimi anni si sta diffondendo a Cropani e zone limitrofe la coltivazione della fragola. Nelle zone collinari e piane dell’entroterra è diffusa un’orticoltura familiare con la coltivazione delle specie tradizionali (pomodoro, melanzana, broccolo, cavoli vari, ecc); inoltre a Borgia è diffusa la coltura del fagiolo di Cortale. Infine, nelle zone montane l’orticoltura è di tipo familiare, praticata in estate con le specie già citate e su piccole superfici. Fa Eccezione la coltura della patata che ricopre superfici di un certo interesse nel comune di Taverna.
La produzione orticola così ottenuta è destinata ai mercati locali mancando organismi quali associazioni o cooperative che consentirebbero la concentrazione dell’offerta.
Le colture orticole assumono particolare importanza anche in alcune zone della fascia costiera in un’area di circa 454 ha caratterizzata da una gestione familiare, soprattutto nei Comuni di Davoli, S. Sostene, Montepaone e Badolato, dove si trova una orticoltura da reddito sia in coltura protetta che da pieno campo, i cui prodotti trovano sbocco soprattutto nei mercati locali.
Il comparto orticolo è presente anche nelle aree interne nei comuni di Chiaravalle, Girifalco, Petrizzi e Palermiti, i cui prodotti trovano sbocco commerciale sui mercati locali soprattutto nel periodo estivo in virtù del considerevole flusso turistico.
Le specie maggiormente coltivate sono: pomodoro da mensa,
fagiolino, melanzana, cetriolo, zucchino e cavolo broccolo.
La commercializzazione può interessare sia la vendita direttamente in azienda a privati come viene adottato sopratutto da piccoli produttori che riescono a commercializzare così gran parte dei prodotti, che mediante il conferimento ai mercati generali o alla Grande Distribuzione Organizzata (G.D.O.).
2.7 - Il Crotonese
Il comparto orticolo nel Crotonese, pur occupando una superficie non molto estesa, è importante per il valore aggiunto delle produzioni. Le colture maggiormente praticate sono: pomodoro da mensa ed industria, finocchio, lattuga, anguria, cavolfiore, peperone. I comuni orticoli più importanti sono: Crotone, Isola Capo Rizzato, Cutro, Rocca di Neto e Casabona.
Negli ultimi anni, alcune produzioni, segnatamente la barbabietola da zucchero e il pomodoro, hanno subito un brusco calo in seguito alla chiusura di alcune industrie agroalimentari come lo zuccherifìcio di Strongoli e il conservificio ESAC di Crotone, lasciando libere importanti superfici, che possono anche essere destinate all’orticoltura.
2.8 - Il territorio
di Rossano e Basso Ionio Cosentino
Nel territorio di riferimento non esiste un vero e proprio comparto orticolo specializzato e professionale. La frammentazione aziendale determina una situazione colturale a netta prevalenza agrumicola ed olivicola. Le aziende che producono ortaggi sono sopratutto a carattere familiare con una superficie complessiva netta di circa 100 ha (dati relativi all’ultimo censimento dell’agricoltura) che abbraccia 14 Comuni di cui 7 litoranei ( Calopezzati, Cariati, Crosia, Mandatoriccio, Pietrapaola, Rossano, Scala Coeli) e 7 collinari (Bocchigliero, Caloveto, Campana, Cropalati, Longobucco , Paludi, Terravecchia). La natura dei suoli è molto eterogea: lungo la costa i terreni sono a tessitura grossolana del tipo sabbioso o franco-sabbioso con drenaggio rapido, povero di sostanza organica, con contenuto in scheletro superiore al 10%; lungo il versante collinare si passa da suoli con scheletro comune, tessitura media, a reazione neutra, scarsamente calacarei, con drenaggio buono e riserva idrica moderata, a suoli a tessitura grossolana, alcalini, con riserva idrica bassa e con prevalenza di macchia mediterranea ( ARSSA Carta dei Suoli – Monografia Divulgativa)
2.9 – L’Alto Jonio
Cosentino
Nell’Alto Jonio Cosentino le coltivazioni ortive hanno sempre rivestito una certa importanza economica. Le specie attualmente più diffuse nell’area sono melanzana da industria, finocchio, cavolfiore, cavolo broccolo, anguria, zucchino e melone. In alcuni areali dei Comuni di Amendolara, Roseto, Montegiordano e Rocca Imperiale è tradizionale la coltivazione precocissima in pieno campo di piselli e fave che sfruttano il particolare microclima. Nei Comuni di Cassano Jonio e Francavilla Marittima è da segnalare l’aumento negli ultimi decenni della coltivazione del peperoncino piccante.
Per quanto riguarda le colture protette c’è da evidenziare l’aumento delle colture in serra fredda (pomodoro da mensa, fagiolino, zucchino, melanzana) mentre esiste una sola grossa realtà di serricoltura ad alta tecnologia dove viene attuata la pratica del NFT. Quasi scomparsa è la coltivazione del pomodoro da industria.
Il comparto, oltre ad alcune problematiche di tipo climatico (aumento dei periodi siccitosi), fitosanitario (virosi del pomodoro), aumento e resistenza delle infestanti (orobanche nei campi di piselli e fave), impiego di eccessive dosi di azoto, risolvibili in parte con una buona formazione degli addetti, necessita soprattutto di una migliore rete commerciale.
Per le grandi aziende ortive della piana di Sibari e per alcune realtà del comune di Rocca Imperiale si è intrapreso un cammino teso a rendere competitive le produzioni anche al di fuori dei confini nazionali attraverso la realizzazione delle filiere, l’attuazione di efficaci operazioni di marketing e istituzione del Consorzio Agroalimentare di Qualità di Sibari. Per le piccole aziende resiste un sistema di commercializzazione ormai superato, che si esplica attraversa la vendita diretta in azienda, oppure affidandosi a mediatori che canalizzano il prodotto verso i mercati della Campania e della Puglia.
2.10 - Il Pollino
L'area all’interno del Parco Nazionale del Pollino dove negli ultimi anni si è sviluppato il comparto orticolo è situata a nord della provincia di Cosenza, al confine con la Regione Basilicata e comprende tre comuni: Laino Castello, Mormanno e Laino Borgo. Questa possiamo definirla come area di nuova irrigazione poiché, oltre a quelle poche strutture irrigue tradizionali, è da circa 15 anni che sono in funzione ben 10 impianti irrigui realizzati dal Consorzio di Bonifica del Pollino. La superficie complessiva irrigabile di circa 2000 ettari.
La peculiarità di quest'area orticola è dovuta alla sua ubicazione all'interno del Parco Nazionale del Pollino noto per le bellezze naturalistiche paesaggistiche ed architettoniche. Tra queste ricordiamo:
- il fiume Lao, che si forma in prossimità del centro abitato di Laino Borgo dall'unione del fiume Battendiero che scende da Mormanno e del fiume Mercure che scende da Rotonda. E’ nota a tutti ormai l'importanza che ha assunto il fiume Lao anche a fini sportivi per le discese in canoa.
- la grotta del Romito, del Paleolitico, nel Comune di Papasidero.
Da ciò deriva la necessità di coniugare turismo, tutela e conservazione della natura e produzioni tipiche e eco-compatibili. Le potenzialità remunerative degli operatori del comparto orticolo in quest’area sono ottime come i seguenti esempi dimostrano:
Fagiolo Borlotto Ceroso nano
produzione media: 10 t/ha
prezzo medio: 1,00 €/kg
PLV: 10.000,00 €/ha
Fagiolo Borlotto Ceroso rampicante
produzione media: 12 t/ha
prezzo medio: 1,00 €/kg
PLV: 12.000,00 €/ha
Zucchino
produzione media: 30 t/ha
prezzo medio: 0,60 €/kg
PLV: 18.000,00 €/ha
Fagiolo poverello bianco
produzione media: 1,8 t/ha
prezzo medio: 10,00 €/kg
PLV: 18.000,00 €/ha
2.11 – Il Medio e Alto
Tirreno Cosentino
Le ortive, con una superficie di 280 ha e 1689 aziende, assumono il massimo dell’importanza nelle aree di San Lucido, Paola, Cetraro e Fuscaldo (87% della superficie totale). Da questi dati emerge che la superficie media destinata da ogni singola azienda è inferiore ad un ettaro. Notevole interesse riveste nell’area in esame la coltivazione del pomodoro di Belmonte. La varietà, del tipo Cuore di Bue, per la sua forma caratteristica, viene prodotta senza forzatura nel mese di settembre, in collina, e presenta le seguenti caratteristiche: buccia spessa e croccante di colore rosa, gusto dolce e forma tipica che la differenziano da quella prodotta nel periodo luglio-agosto nelle aree di pianura. Nel comprensorio di Belmonte Calabro la quantità di prodotto nel periodo di massima vendita (15 luglio - 15 agosto) si aggira sui 5-7 q/ha al giorno. La destinazione del prodotto riguarda il mercato locale nella fascia costiera del basso tirreno cosentino anche se piccole quantità raggiungono il mercato romano. Nei mesi di luglio-agosto si raggiungono prezzi che oscillano da 2 a 3 €/Kg.
3 - LO STATO DELL’ORTICOLTURA IN CALABRIA
In Calabria, la pur modesta presenza del settore orticolo, se da un lato ha contribuito alla qualificazione degli operatori e alla creazione di un mercato proteso verso il miglioramento della qualità del prodotto, creando dei punti d’eccellenza; dall’altro ha lasciato ampi margini di miglioramento poiché, in generale, vi sono problematiche comuni a tutto il comparto. La scelta colturali e varietale, in molti casi, non è fatta tenendo conto delle esigenze pedo-climatici e del comparto, ma in conformità alle tradizioni se non all’offerta dei vivaisti. Le coltivazioni sono realizzate spesso in modo tale da contrastare con le esigenze economiche a lungo termine pur di assecondare le richieste del mercato; le colture di conseguenza, ritornano per diversi cicli produttivi ad occupare gli stessi terreni. Ciò comporta numerosi inconvenienti, tra i quali l’acutizzarsi di problemi fitopalogici a livello del terreno, complessivamente noti come stanchezza del terreno in grado di determinare riduzione consistente delle rese e della qualità, e a volte, la totale perdita della produzione. Il fenomeno è ancora più consistente in coltura protetta. Le fertilizzazioni sono spesso non gestite correttamente, poiché non si hanno precisi riferimenti analitici per conoscere la quantità di elementi nutritivi asportati dalla coltura durante il ciclo vegetativo. Ciò spesso si traduce in un’eccessiva concimazione, in particolare d’azoto, riflettendosi negativamente sull’ambiente (lisciviazione dei nitrati) e sulla qualità della produzione (eccessivo rigoglio vegetativo, ritardo d’allegagione, perdita di precocità, maggior predisposizione alle malattie fungine, accumulo di nitrati nelle parti eduli, ecc. Negli ultimi si registrano forti aumenti delle infezioni da virus in particolare sulle colture estive. In alcuni casi si sono avute perdite quasi totali delle produzioni, costringendo gli orticoltori a desistere dal coltivare alcune specie e varietà, ciò ha interessato in modo particolare la coltura del pomodoro da industria in pieno campo. Nel vivaismo ortivo si registra un aumento degli agenti responsabili di tracheomicosi e marciumi radicali. I problemi del comparto sono anche, nonostante esempi più che positivi, la reticenza all’associazionismo che risolverebbe i limiti delle piccole aziende. Dall’analisi del comparto orticolo calabrese emergono chiaramente i punti di debolezze da correggere e quelli di forza da esaltare, così come vengono di seguito elencati, come premessa per le azioni da svolgere in questo programma di valorizzazione.
In generale, l’orticoltura calabrese, per la produzione di ortaggi allo stato fresco riflette le condizioni fondiarie, sociali e climatiche dei comprensori. Le produzioni vengono realizzate in aziende con superficie media ridotta e a gestione familiare che, nell’orticoltura intensiva, trova i mezzi ed i motivi per la propria esistenza. La commercializzazione dei prodotti è affidata a mediatori anche se si va acquisendo la consapevolezza che l’inconveniente della polverizzazione dell’offerta (scarso potere contrattuale) può essere superato attraverso l’associazionismo e la grande distribuzione. Purtroppo però, l’associazionismo stenta a decollare per la diffidenza e l’individualismo dei produttori, per difetti organizzativi, per difficoltà economiche, per incapacità imprenditoriale. Ciò si ripercuote negativamente sia sulla programmazione che è spesso inesistente che sulla qualità dei prodotti.
Spesso, le scelte colturali sono arbitrio dei singoli coltivatori o imposte dai produttori di piantine mentre la qualità dei prodotti risente non soltanto degli andamenti stagionali avversi ma pure di errori nell’agrotecnica, quali:
- il mancato rispetto degli avvicendamenti colturali (spesso legato a motivi contingenti di convenienza economica);
- ’impiego massivo di concimi azotati;
- errori nella pratica irrigua (riferiti alle quantità, ai turni ed ai metodi);
- eccessi nell’impiego di prodotti fitosanitari;
- la confusione in tema di scelte varietali.
Il comparto orticolo calabrese è, quindi, caratterizzato dai seguenti punti di debolezza:
1.
frammentazione della maglia poderale;
2.
carenza di organizzazione nella filiera produttiva;
3.
scarso interesse dei giovani al settore con progressivo
invecchiamento degli addetti; questo comporta uno scarso interesse verso
l'innovazione tecnologica;
4.
scarsa capacità di valorizzazione dei prodotti;
5.
elevata deperibilità dei prodotti che accentua i problemi connessi con la
disorganizzazione aziendale;
6.
scarsa predisposizione dei produttori
all’intraprendenza di iniziative associazionistiche e cooperativistiche;
7.
ridotte dimensioni aziendali che si riflettono sulla
polverizzazione dell’offerta che porta ad uno scarso potere contrattuale degli
agricoltori per cui le produzioni necessariamente fanno riferimento ad un
mercato locale;
8.
limitato assortimento varietale che nella quasi
totalità dei casi non tiene conto delle esigenze del mercato; infatti i
produttori acquistano quello che si trova nelle rivendite di prodotti agricoli,
che si riforniscono da vivaisti locali i quali, a loro volta, decidono
autonomamente le varietà da produrre; sovente poi il materiale non è
certificato con conseguente comparsa di fitopatie;
9.
poco evoluta tecnica colturale. Abbraccia molti
aspetti, tutti importanti che incidono sui risultati economici delle aziende e
sulla qualità dei prodotti. Un problema è rappresentato dal mancato
avvicendamento delle colture; infatti, il ripetersi per più anni della stessa
coltura sullo stesso terreno causa una perdita di fertilità e acuisce i
problemi fitosanitari (nematodi es. nel caso del pomodoro), cui si cerca di
ovviare aumentando le concimazioni e i trattamenti fitosanitari. Concimazioni
effettuate senza tenere conto delle dotazioni dei terreni e delle asportazioni
delle colture, con eccessi di quelle azotate che si ripercuotono negativamente
sulla serbevolezza dei prodotti e sulla maggiore incidenza di fitopatie.
Trattamenti fitosanitari in eccesso effettuati con prodotti chimici di sintesi
senza tenere conto di soglie di danno. Scarsa diffusione di pratiche di lotta
integrata, salvo rare eccezioni. Risorse idriche gestite in maniera inadeguata.
1. vocazionalità del territorio in considerazione delle favorevoli condizioni pedoclimatiche, che per le colture protette si traduce nel vantaggio di poter limitare i costi di riscaldamento e anticipare le produzioni con grandi riflessi sul reddito per unità di superficie considerato l’elevato valore delle colture in esame;
2. possibilità di recuperare la biodiversità autoctona ossia quel patrimonio genetico ereditato dalle precedenti generazioni di contadini;
3. possibilità di recuperare le conoscenze storico-culturali, usi, costumi ricette e tradizioni legati al comparto orticolo dal dopoguerra ad oggi;
4. la notevole eterogeneità pedo-climatica del territorio permette la identificazione di aree con microclimi validi per la caratterizzazione qualitativa e per l'epoca di maturazione di specifici prodotti;
5. la possibilità di ulteriore sviluppo delle superfici investite ad agricoltura eco-compatibile;
6. la presenza di risorse idriche indispensabili per ampliare la superficie coltivabile;
7. l'alta vocazionalità per coltivazioni primaticce o tardive;
8. possibilità di incrementare la superficie coltivabile in aree di alta collina e di montagna e nelle aree protette;
9. possibilità di allargamento dei calendari di raccolta con programmare di colture anticipate e tardive primizia e tardivo;
10. buone prospettive di remunerabilità del prodotti tipico locale;
11. vocazionalità agrituristica del territorio;
12. diffidenza, da parte di alcuni dei più giovani operatori, ad usare agrofarmaci su prodotti agricoli per voglia di mangiare sano e pulito;
13. diffidenza, da parte di alcuni dei più giovani operatori, verso i suggerimenti dei rivenditori;
14. basso rischio di investimento rispetto ad altre attività agricole che richiedono investimenti fissi e alte quote di ammortamento; questa caratteristica insieme al ciclo breve delle colture fanno si che le orticole rappresentano un ottima occasione per chi, tra i giovani, si insedia per la prima volta in agricoltura;
15. fiducia nell'informazione fornita dal servizio pubblico divulgatore.
4 – OBIETTIVI DEL
PROGETTO
Dall’analisi dell’orticoltura calabrese appare evidente l’estrema frammentazione del comparto sia nella fase produttiva che in quella dell’offerta, che condiziona l’intera filiera con grave ripercussione sui prezzi alla produzione e al consumo. Pertanto, gli interventi ipotizzabili dovrebbero avere come obiettivo principale lo sviluppo di strategie miranti all’integrazione lungo tutta la filiera (produzione, commercializzazione, trasformazione) sulla base delle effettive richieste del mercato.
Le attività rivolte al segmento della produzione dovrebbero mirare, innanzitutto, ad informare gli imprenditori sulle caratteristiche qualitative che il prodotto merceologico deve avere per essere avviato alla commercializzazione, sia interna che estera, in modo da predisporre l’attività produttiva in tal senso. Dovrebbero, quindi, essere attivati interventi rivolti ai produttori e finalizzati a favorire la tipicizzazione dei prodotti orticoli locali e il miglioramento delle tecniche colturali ai fini della riduzione dell’impatto sull’ambiente e sulla salute dei consumatori.
Non è da trascurare, infine, l’operazione di post raccolta per i prodotti di IV gamma, affinché arrivino sul mercato nelle migliori condizioni fisiologiche.
Pertanto, in tale scenario, il ruolo della Divulgazione e dell’Assistenza tecnica, deve essere quello di promuovere l'introduzione, l’adozione di innovazioni delle tecniche colturali e di gestione aziendale, anche attraverso l’individuazione delle varie provvidenze legislative in materia di aiuti finanziari, allo scopo di produrre un valido incremento dei redditi in agricoltura facendo migliorare le condizioni di vita dell’imprenditore e della sua famiglia, sempre nell’ambito dello sviluppo eco-compatibile. Nell’attuazione del progetto è opportuno rendere partecipi tutti gli altri soggetti istituzionali e non, interessati allo sviluppo e al miglioramento delle condizioni di vita delle popolazioni, tra questi: OO.PP. agricole, Distretti agroalimentari ove esistenti, Enti Parco, ecc.
Ne consegue che l’orticoltura necessita, oltre che di consulenza tecnica volta a razionalizzare e ottimizzare i processi produttivi, anche di azioni tendenti a:
- Promuovere la realizzazione di associazioni per la trasformazione e commercializzazione dei prodotti;
- Diffondere le tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale;
- Creare servizi per la valorizzazione e commercializzazione dei prodotto locali attraverso la creazione di marchi di qualità.
Le azioni da
intraprendere sono:
- incentivare il ricorso alle innovazioni tecnologiche, che vanno dalle macchine utilizzate per le operazioni colturali sino all'utilizzo di semi e piantine resistenti alle fitopatie, al fine di contenere i costi di produzione, migliorare la qualità dei prodotti e diminuire l'utilizzo di fitofarmaci e concimi chimici;
- incrementare la superficie di colture protette (serre, tunnel) e, in alcuni casi, anche delle colture fuori suolo per ampliare l'offerta di prodotto;
- incentivare l’organizzazione della filiera di prodotto con la creazione di centri di stoccaggio, lavorazione, trasformazione e confezionamento sia per il prodotto fresco che lavorato;
- promuovere la creazione di Consorzi, Associazioni e Cooperative dei produttori che consentano di concentrare l’offerta, non solo ma che, prevendendo obblighi di conferimento e dando delle regole di coltivazione, consentano anche di ottenere una elevata qualità. Tale iniziativa, al fine di ridurre diffidenza verso l’associazionismo dei produttori, dovrebbe coinvolgere anche soggetti pubblici;
- orientare per quanto rigurda la scelta varietale;
- concimazione basata sull’analisi chimico fisica dei terreni che, adeguatamente interpretate, consentano la formulazione di piani di concimazione razionali basati sulle dotazioni e gli asporti delle diverse colture;
- predisposizione di incontri tematici mensili preparativi per prevenire problemi di coltivazione, di tipo fitosanitario o altro, per le diverse colture in modo che i produttori non si trovino impreparati quando devono affrontarli;
- razionalizazione delle operazioni colturali;
- adozione di tecniche di produzione biologiche e comunque ispirate alla Condizionalità (Normativa Europea);
- adozione di tecniche irrigue a basso consumo e della fertirrigazione;
- aumento della sicurezza degli addetti, attraverso la formazione degli addetti ed il rinnovamento delle attrezzature;
- diffusione delle nuove tecniche di lavorazioni del terreno meno dispendiose dal punto di vista energetico e meno impattanti dal punto di vista ambientale;
- valutazione di adattabilità di nuove Cultivar;
- definizione dei disciplinare di produzione per alcune colture che permettono di definire gli standard di prodotto e di processo a garanzia della qualità delle produzioni orticole di alcune aree con caratteristiche peculiari come il Pollino, l’Aspromonte, ecc., alla riduzione dell’impatto ambientale ed alla difesa della salute del consumatore;
- costituzione di soggetti consortili per la raccolta, trasformazione, commercializzazione e tutela dei prodotti orticoli al fine di concentrare la produzione e consentirne la commercializzazione secondo mirate politiche di marketing. Per esempio, la costituzione di un consorzio di produttori finalizzato alla valorizzazione delle produzioni caratteristiche aspromontane, nel territorio di Sant’Eufemia d’Aspromonte e dei comuni limitrofi, può consentire di far emergere le potenzialità occupazionali e socioeconomiche di un territorio ricco di risorse. Inoltre, la costituzione del predetto soggetto consortile, oltre a permettere la realizzazione di strutture e impianti per la raccolta del prodotto, la cernita, la prima lavorazione ed il confezionamento, consentirebbe l’acquisto collettivo di macchine ed attrezzature agricole atte alla razionale coltivazione e produzione agricola;
- Realizzazione del Piano di Marketing per la valorizzazione, promozione e commercializzazione dei prodotti orticoli. Si tratta di realizzare delle azioni di marketing dei prodotti attraverso pubblicazioni, partecipazione a fiere ed eventi promozionali, realizzazione di punti di promozione dei prodotti, realizzazione di un sistema di commercio elettronico, ecc., per promuovere e valorizzare i prodotti orticoli tipici.
- rafforzamento dell’attività di assistenza tecnica alla produzione e al marketing con un uso più razionale delle risorse, una maggiore tutela dell’ecosistema ed una riduzione tangibile dei costi di produzione;
- promuovere scelte varietali che rispondono a esigenze di resistenza a fitopatie, di produttività, di precocità, esigenza di mercato, caratteristiche organolettiche ecc. Scelta del materiale di propagazione sia per la semina diretta che per il trapianto certificato dal punto di vista fitosanitaria e di corrispondenza varietale, secondo quanto previsto dalla normativa Europea;
- coinvolgimento degli operatori e diffusione di tecniche ed informazioni (anche di carattere normativo e per l’accesso ai finanziamenti) tramite giornate dimostrative, seminari, convegni e distribuzione di materiale divulgativo: manuali, opuscoli, articoli; nonché mediante assistenza tecnica diretta, presso le aziende;
- valorizzare le aree marginali con coltivazione alternative di essenze officinali (origano, menta e basilico soprattutto);
- valorizzare specie spontanee come (borragine, lapristo, cicorie selvatiche, crescione, portulaca ecc.) da sempre utilizzate nelle ricette culinarie tradizionali locali e ancora sconosciute;
- favorire l’impollinazione naturale con l’impiego di insetti pronubi;
- realizzazione o adottare un software di gestione: per l’agroecosistema orto, tecniche di monitoraggio e campionamento, diagnosi e terapie, piani di concimazione e di fertirrigazione, gestione dei dati agro-feno-metereologici, disciplinari di produzione e gestione quaderno di campagna, marchi, certificazioni, rintracciabilità e tracciabilita di prodotti con coscienza dell’impatto di adozione che detti strumenti comportano nei tempi e condizioni di reale fattività;
- coinvolgere gli altrisoggetti Istituzionale e non ….Distretti Agroalimenteri, OO.PP., Enti Parco, ecc.
- realizzare monografie di specie e/o varietà e/o ecotipi locali.
- valorizzazione e promozione delle produzione tipiche e di qualità;
-
diffusione delle tecniche di coltivazione a basso
impatto ambientale mediante:
o rotazioni colturali;
o disinfestazione del terreno con mezzi alternativi a quelli chimici: pratiche agronomiche(rotazioni colturali, ammendanti organici, coltivazioni fuori suolo), mezzi fisici (calore umido, solarizzazione), mezzi biologici.
o pacciamature fotoselettive e biodegradabili, costituiscono una delle novità più interessanti del settore, le prime permettono, infatti, il passaggio selettivo delle onde luminose, ostacolando la trasmissione delle bande di minor importanza fotosintetica per le piante. Le seconde possono essere incorporate al terreno attraverso una semplice fresatura.
o corretta fertilizzazione con la preventiva conoscenza delle caratteristiche del terreno evidenziabili da un’analisi di laboratorio.
Sono beneficiarie del progetto le aziende agricole a vocazione orticola della Regione Calabria.
Il numero delle aziende orticole che sarà coinvolto nel progetto sarà stabilito dal costituendo gruppo di coordinamento e, nella selezione, sarà determinante l’intervento delle OO.PP.AA..
6 - CONTATTI
CON I CSD E DIVULGAZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA APPLICATA E
SPERIMENTAZIONE
Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi elencati nel successivo capitolo, l’attuazione del presente progetto contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.
Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ARSSA nel campo dell’orticoltura.
I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per l’orticoltura i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende agricole.
I Centri Sperimentali Dimostrativi e le relative linee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto orticolo sono i seguenti:
CSD |
Linee di Ricerca |
S. Marco Argentano |
Centro sementiero ortive |
S. Pietro Lametino |
Centro sementiero ortive |
Molarotta |
Centro sementiero ortive |
Cropani |
Centro sementiero ortive |
Locri |
Prove dimostrative orticoltura biologica |
Mirto |
Prove dimostrative orticoltura biologica |
S. Pietro Lametino |
Progetto Fragola |
Molarotta |
Progetto Fragola |
Cropani |
Progetto Fragola |
S. Marco Argentano |
Prove dimostrative su ortive |
Cropani |
Prove dimostrative su ortive |
Molarotta |
Prove dimostrative su ortive |
L’azione divulgativa sarà articolata in fasi.
Una fase farà ricorso ai mezzi di comunicazione di massa (Internet, TV, radio, giornali, riviste specializzate), per far conoscere l’idea progettuale, trasmettere conoscenze e formare un’opinione.
Un’ altra fase si baserà sui metodi di gruppo quali: lezioni, conferenze, convegni, discussioni, attività dimostrative, per creare una maggiore interazione fra l’emittente ed il ricevente.
Un ultima fase realizzerà incontri individuali, colloqui personali, visite in azienda per una più approfondita conoscenza del problema.
Le principali azioni previste sono così sintetizzabili:
1. visite aziendali
2. redazione di materiale divulgativo
Opuscoli divulgativi
e altri strumenti sui seguenti principali argomenti specifici:
-
Concimazione
della coltura ed importanza delle analisi del terreno;
-
Certificazioni
di qualità (DOP, IGP, BIO, ecc);
-
Tracciabiltà
dei prodotti;
-
Nuove tecniche
di lavorazione del terreno;
-
Condizionalità
e normative legislative;
-
Fertirrigazione;
-
Recupero e/o
rilancio e/o valorizzazione di specie e/o Ecotipi e/o varietà;
-
Trattamento
post raccolta dei prodotti di IV gamma;
-
Orticoltura a
basso impatto ambientale, orticoltura nelle aree protette della Calabria.
3. corsi di formazione per
gli operatori del comparto
Principali argomenti
specifici trattati:
-
tecniche
innovative di coltivazione, in particolare la lavorazione del terreno;
-
Concimazione
della coltura ed importanza delle analisi del terreno;
-
Certificazioni
di qualità (DOP, IGP, BIO, ecc);
-
Tracciabiltà
dei prodotti;
-
Nuove tecniche
di lavorazione del terreno;
-
Condizionalità
e normative legislative;
-
Fertirrigazione;
-
Recupero e/o
rilancio e/o valorizzazione di specie e/o Ecotipi e/o varietà;
-
Trattamento
post raccolta dei prodotti di IV gamma.
4. partecipazione a corsi di aggiornamento
Principali argomenti
specifici:
-
Orticoltura con
Tecniche a Basso Impatto Ambientale;
-
Agricoltura
Biologica;
-
Orticoltura
nelle Aree Protette
-
Normativa di
riferimento (DPR istitutive delle aree protete, normativa quadro nazionale e
regionale, normativa della produzione con il metodo biologico, ecc.)
5. incontri sul territorio
Dove necessario
saranno svolti in collaborazione con
esperti (Ricercatori del CRA MIPAF, del CNR, ecc.):
-
Incontri con
enti locali (Comuni, Comunità Montane, Proloco, Distretti Agroalimentari, Enti
Parco, Enti di Promozione Turistica, OO.PP., ecc.);
-
Incontri con
associazioni di produttori ed organizzazioni professionali per il
coinvolgimento nella realizzazione del progetto
-
Incontri con
gli studenti delle ultime classi (4a – 5a) degli Istituti Superiori ad
indirizzo Agrario su tematiche relative al comparto orticolo; in base alla
disponibilità delle scuole ed in collaborazione con il gruppo di lavoro
“Fattorie didattiche”
-
Incontri con
gli studenti di ogni ordine e grado sul
tema Orticoltura-Ambiente-Salute” in collaborazione con il gruppo di lavoro
“Fattorie didattiche”
6. diffusione delle informazioni a mezzo stampa, radio e
tv
-
Articoli divulgativi
su problematiche varie del comparto;
-
Segnalazione di
particolari prodotti orticoli tipici, da valorizzare, legati alle tradizioni
antropologiche;
-
Realizzazione di documentari naturalistici televisivi,
finalizzati a far conoscere il
territorio ed i suoi prodotti.
7. manuale divulgativo per l’orticoltura calabrese
Elaborazione e
stampa di un testo che comprenda la descrizione dettagliata del comparto
orticolo in Calabria.
8. convegno finale
Presentazione
risultati del progetto e relative pubblicazioni e stampe
8 – ESIGENZE
FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 589.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
137.000 |
167.000 |
180.000 |
484.000 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
|
167.000 |
202.000 |
220.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
589.000 |
PROGETTO
ASSISTENZA TECNICA E
DIVULGAZIONE
COMPARTO ZOOTECNICO
Il Progetto di Assistenza Tecnica e Divulgazione al Comparto Zootecnico ha lo scopo di fornire un servizio di assistenza agli allevatori che operano in 4 campi peculiari della zootecnia calabrese:
- allevamento del suino nero calabrese;
- allevamento del bovino di razza podolica;
- allevamento ovi-caprino di nicchia;
- allevamenti minori, in particolare apicoltura.
Questi allevamenti, allo stato attuale, sono ritenuti strategici e di notevole importanza per il rilancio del comparto zootecnico regionale.
Per i primi due, gli interventi mirano essenzialmente a promuovere tecniche di allevamento razionali ed ecocompatibili, finalizzati al miglioramento delle produzioni in funzione delle esigenze di mercato e in adeguamento alle più recenti normative imposte dalla PAC.
Per quanto riguarda l’allevamernto ovi-caprino e l’apicoltura, gli interventi di assistenza tecnica sono essenzialmente rivolti al miglioramento delle condizioni sanitarie degli allevamenti, dalle quali non si può prescindere se si vogliono ottenere produzioni di qualità, commerciabili anche su mercati nazionali. Per l’apicoltura, in particolare, l’adozione di tecniche di allevamento rigorosamente impostate sul rispetto delle norme sanitarie servirebbe anche a scongiurare l’abbattimento numerico degli alveari osservato negli ultimi anni e dovuto a improvvise epidemie.
ESIGENZE FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 984.500 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
279.750 |
282.750 |
287.000 |
849.500 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
40.000 |
45.000 |
50.000 |
135.000 |
TOTALE |
|
319.750 |
327.750 |
337.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
984.500 |
CONTATTI CON I CSD E DIVULGAZIONE DEI RISULTATI DELLA RICERCA APPLICATA
E SPERIMENTAZIONE
Oltre allo svolgimento delle attività di assistenza tecnica alle aziende e la predisposizione degli strumenti divulgativi elencati nelle pagine successive, l’attuazione del presente progetto contempla la costante partecipazione dei divulgatori alle attività dei CSD.
Questo contatto è finalizzato, ovviamente, a recepire, ai fini della divulgazione, dati ed informazioni attinenti la sperimentazione condotta dai Centri dell’ARSSA nel campo della zootecnia.
I dati scientifici saranno trattati, inizialmente, dal personale della divulgazione già assegnato ai CSD dell’ARSSA. Detto personale, generalmente responsabile di una o più linee di sperimentazione, avrà pertanto il compito di fornire al gruppo di lavoro per la zootecnia i risultati che riterrà applicabili sul territorio di competenza, tradotti, ovviamente, in forma chiara per consentire una loro più facile comunicazione alle aziende zootecniche.
I Centri Sperimentali Dimostrativi che si occupano di sviluppare linee di ricerca applicata e sperimentazione relativamente al comparto zootecnico sono i seguenti:
CSD |
Linee di Ricerca |
Molarotta |
Centro Genetico Bovino Podolico |
Acri |
Centro Genetico Suino Nero |
Val di Neto |
Centro Genetico Ovi-Caprini |
Sibari |
Centro Genetico Equini |
Molarotta |
Centro Faunistico per l’Acquacoltura |
Paola |
Centro Faunistico per Lepri e Starne |
Mirto |
Microzootecnia: baco sa seta |
Reggio C. |
Microzootecnia: apicoltura |
A) PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA
“SUINO NERO CALABRESE”
Nell’ottica della salvaguardia e della valorizzazione delle razze in pericolo di estinzione, l’ARSSA si è impegnata a reperire soggetti relitti del suino indigeno Calabrese a mantello nero e ad allevarli presso il Centro Sperimentale Dimostrativo di Acri (CS), avviando un programma di recupero, conservazione e promozione di questa razza/popolazione suina.
I programmi sono improntati al perseguimento di una triplice finalità:
- recuperare e preservare il suino nero dalla completa estinzione;
- conservarne il germoplasma, sia ai fini di una possibile utilizzazione zootecnica in aree marginali o difficili, sia come banca genetica per il miglioramento qualitativo delle produzioni;
- studiare la possibilità di includere (previa opportuna selezione di linee idonee) soggetti di tale razza locale nel programma genetico per la costituzione di una “linea ibrida Calabria”, allo scopo di introdurre nel patrimonio genetico dell’ibrido caratteri peculiari del suino calabrese (elevato grado di rusticità e resistenza alle avversità ambientali, capacità di valorizzazione dei terreni marginali e abbandonati, vigore sessuale del verro, istinto materno, precocità, qualità delle carni, ecc.).
Il recupero di alcuni di questi soggetti ha evitato, appena in tempo, la loro completa estinzione.
Il prosieguo dell’articolato programma impone, in primo luogo il trasferimento dei discendenti dei soggetti immessi in allevamento in aree boschive idonee, nelle quali promuovere allevamenti alternativi stazionali e bradi (Sila, Pollino, Catena Costiera, Serre, Aspromonte, ecc.).
In tali aree diventa possibile intraprendere interessanti studi sulle attitudini pascolative di questa vecchia razza, al fine di valorizzarne la funzione zootecnica nelle aree marginali e cioè nelle tipiche condizioni di allevamento semibrado. Si tratta di studi propedeutici, per altro, a una più completa conoscenza delle peculiarità attitudinali e produttive di tale ceppo etnico.
Inoltre, in tali aree è possibile allevare un più consistente numero di soggetti, allargandone la base genetica e consentendo di iniziare un organico programma di miglioramento.
Si aggiungerebbe, così, un altro tassello al mosaico delle opportunità fornite alle aziende zootecniche calabresi come ulteriore fonte di reddito, diversificando la propria attività e svincolandola dall’allevamento bovino, ovino e caprino in modo da poter sfruttare al meglio un territorio non sempre facile.
Il “modello” aziendale, costituito presso il C.S.D. di Acri, si sta trasferendo anche in diverse aziende private, che si sono approvvigionate di riproduttori dallo stesso Centro di Acri.
1 - Introduzione
La conservazione della biodiversità, la cui importanza è stata universalmente riconosciuta a livello mondiale, rappresenta una delle attività per cui l’Agenzia è impegnata da tempo.
Un posto di rilievo lo occupa la conservazione della biodiversità attraverso il recupero e la conservazione genetica (germoplasma) di razze in pericolo di estinzione per la produzione di prodotti tipici di qualità.
La Calabria possiede un patrimonio zootecnico tradizionale di grande pregio. Purtroppo, spinte eccessivamente produttivistiche verso razze di importazione hanno costretto all’abbandono e alla quasi estinzione dei soggetti autoctoni.
L’interesse è attualmente rivolto al recupero e valorizzazione del Suino Nero calabrese.
2 - Obiettivi
- Sensibilizzare le aziende agricole all’introduzione dell’allevamento del Suino nero calabrese in terreni marginali e di difficile coltura.
- Valorizzare i prodotti di trasformazione del suino nero calabrese attraverso una serie di iniziative di promozione che portino ad una maggiore consapevolezza della nostra cultura gastronomica sul territorio regionale.
- Ampliare la base genetica attualmente esistente, sia per scongiurare il pericolo di estinzione, sia per attuare in futuro progetti di miglioramento genetico.
3 - Area interessata
Si prevede il coinvolgimento di tutto il territorio regionale per la raccolta ed elaborazione delle informazioni sulla realtà suinicola del territorio e per la divulgazione delle iniziative relative al programma di recupero del suino nero calabrese.
Nella fase operativa del programma saranno privilegiate le aree agricole marginali della media e alta collina, le quali rappresentano l’abitat ideale per la tipologia di allevamento che si vuole realizzare.
4 - Beneficiari
Le aziende operativamente coinvolte nel programma sono quelle che, avendo aderito ad una manifestazione d’interesse, si impegnano ad attuare l’iniziativa secondo le fasi descritte nei paragrafi successivi.
Le aziende da coinvolgere possono essere di due tipi:
- aziende che possiedono già capi di suino nero calabrese e si occupano del loro allevamento. Esse, in base a stime recenti, sono circa 60, distribuite sull’intero territorio regionale.
- aziende che non possiedono capi di suino nero, ma sono interessate al suo allevamento, possedendone i requisiti. Tali aziende potranno partecipare all’iniziativa mediante l’acquisto di un numero minimo di capi (5 scrofe + 1 verro).
Tutte le aziende coinvolte stipuleranno un protocollo d’intesa, dove saranno sanciti i criteri di allevamento.
Al fine di verificare e comparare criticamente i risultati di allevamento, è auspicabile il coinvolgimento del numero maggiore di aziende, tra quelle già dotate di capi e tra quelle che dovranno provvedere al loro acquisto.
Complessivamente, il programma potrà ritenersi valido se saranno coinvolte almeno 120 aziende su tutto il territorio regionale.
Tuttavia, le fasi divulgative potranno interessare anche un più ampio numero di aziende.
5 - Descrizione dell’intervento
Il Programma di Assistenza “Suino Nero Calabrese” ha durata triennale.
E’ stato previsto di articolare il lavoro in quattro fasi, ognuna delle quali, organizzata secondo una logica ben precisa, di seguito sarà illustrata in dettaglio.
Tempisticamente, le attività previste in ogni fase si sovrappongono, almeno in parte, tra di loro.
5.1 – Fase1: organizzazione
La prima fase prevede:
- Organizzazione di tre riunioni/anno. Le riunioni avranno anche carattere organizzativo e tecnico-formativo e saranno supportate da visite presso alcune realtà significative che già operano nel settore e presso il Centro Suini di Acri. Scopo principale è quello di redigere un protocollo di azioni per regolamentare l’allevamento, che costituirà parte integrante del protocollo d’intesa da stipulare con le aziende agricole che aderiranno al programma.
5.2 – Fase 2: selezione delle aziende ed avvio
dell’attività
La seconda fase
prevede:
- Organizzazione e realizzazione, in collaborazione con le OO.PP.AA e le Associazioni Provinciali Allevatori, di 10 giornate divulgative preliminari rivolte agli allevatori. Durante gli incontri saranno illustrati i vantaggi dell'allevamento del suino nero calabrese. Tali incontri si concluderanno entro il primo anno di attività. Nel corso delle giornate divulgative, verrà promossa una manifestazione di interesse per valutare il numero di aziende interessato all’allevamento del suino nero calabrese e ad impegnarsi nell’attuazione dei programmi stabiliti.
- Selezione, in base alle adesioni alla manifestazione d’interesse, di circa 60 aziende disponibili ad allevare suini nero adeguandosi al protocollo di allevamento. La selezione avverrà su base tecnico-attitudinale. Dette aziende, insieme a quelle che già allevano suino nero, portano il numero degli allevatori interessati a circa 120.
- Realizzazione di 10 incontri con gli allevatori che sono stati coinvolti nel programma operativo, per la necessaria stipula dei protocoli d’intesa.
5.3 – Fase 3:
assistenza tecnica e raccolta dei dati
La terza fase del programma rappresenta la parte operativa di assistenza tecnica vera e propria, durante la quale le aziende saranno assistite capillarmente e periodicamente.
Le aziende osserveranno un disciplinare al fine di omogenizzare le tecniche di allevamento.
Dalle stesse aziende si raccoglieranno i dati di produzione, i costi di gestione e tutte quelle notizie tecniche che, nella successiva fase di elaborazione, costituiranno un complesso bagaglio di conoscenze specialistiche indispensabili per il prosieguo dell’iniziativa.
Durante tale periodo i tecnici verificheranno lo stato d’attuazione del programma e gli eventuali aggiustamenti da apportare “in corso d’opera”.
E’ prevista, infine, la realizzazione di n° 10 visite guidate delle aziende coinvolte presso il Centro Suini ARSSA di Acri.
5.4 – Fase 4: elaborazione dei risultati e prodotti
divulgativi
L’ultima fase prevede:
- Organizzazione di manifestazioni ed iniziative di promozione rivolte ai consumatori per promuovere e valorizzare i prodotti del suino nero calabrese. Esse comprendono: realizzazione di seminari, partecipazione a trasmissioni televisive, organizzazione di sagre, fiere, mostre e produzione di materiale audio-visivo, sia tecnico che divulgativo-informativo.
- Realizzazione di un manuale tecnico sull'allevamento del suino nero calabrese. Fonti bibliografiche: materiale già presente e in parte pubblicato dall’ARSSA; dati sperimentali acquisiti dal CSD di Acri; osservazioni dirette in aziende zootecniche.
- Creazione di una pagina web che funga da portale del programma, fruibile sia da parte delle aziende, sia dai tecnici responsabili dell'iniziativa.
- Realizzazione di prove di trasformazione delle carni suine in prodotti di salumeria tipici, con indicazioni tecniche stabilite da un apposito disciplinare che raccoglie l’esperienza del territorio in cui si opera.
- Analisi dei costi di trasformazione della carne suina con valutazione delle rese e dei costi di produzione dei singoli prodotti trasformati.
B) PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA “BOVINO PODOLICO CALABRESE”
La Calabria possiede un patrimonio zootecnico tradizionale di grande pregio, sicuramente non in grado di competere produttivamente con le razze selezionate di importazione, ma che presenta una serie di vantaggi che vanno dalla rusticità alla resistenza alle malattie “ambientali”. Queste caratteristiche, se opportunamente esaltate con tecniche di allevamento più efficienti, possono condurre a risultati degni di interesse.
La razza bovina Podolica è presente da sempre negli ambienti più difficili della Calabria e dell’Italia meridionale.
Le caratteristiche di rusticità e di adattamento ad ambienti particolarmente difficili, tipiche di questi bovini, si esprimono sostanzialmente in una maggiore lunghezza fisiologica della vita media, in una più elevata capacità di utilizzazione di foraggi poveri e nella capacità di sopravvivere e produrre anche se soggetti a lunghe carenze nutrizionali specifiche.
L’allevamento estensivo della Podolica calabrese rappresenta una possibilità interessante per offrire al consumatore un prodotto di sicura qualità.
Tra l’altro, il ricorso all’eccessiva importazione di razze non autoctone ha causato il rischio di estinzione per la razza podolica, con possibile perdita non solo dell’identità culturale ma anche di secoli di auto-selezione attuata dagli operatori zootecnici.
A tal fine è disponibile presso il Centro Sperimentale di Molarotta un Centro per la Selezione della Linea Genetica Femminile di Podolica calabrese, che rappresenta un elemento fondamentale per la riuscita del progetto.
L’allevamento del bovino Podolico rappresenta un concreto esempio di zootecnia “etologica” condotta nel rispetto dell’ambiente e del benessere animale in linea con la nuova PAC.
1 - Introduzione
Il consumo di carne bovina si colloca al primo posto in Italia, nonostante le difficoltà del comparto zootecnico bovino da carne, dovute alle recenti emergenze sanitarie (es.: mucca pazza) o alla costante “disinformazione” salutistica alimentare, che presenta la carne come l’origine di tutti i mali della società moderna occidentale. Orientarsi, quindi, verso la razza Podolica calabrese, che ha tutti i requisiti richiesti dal mercato del consumo della carne, rappresenta una scelta strategica per i produttori che si trovano costretti ad affrontare mercati sempre più competitivi.
Ecco perchè un Servizio di assistenza tecnica e divulgazione dovrebbe, sulla base delle esigenze del mercato, indirizzare gli allevatori ad investire su questa razza.
La valorizzazione della carne Podolica non può prescindere da una più razionale riorganizzazione della produzione e da una riproposizione commerciale del prodotto attraverso “un marchio di qualità”, offrendo al consumatore un prodotto perfettamente identificato ed etichettato, ricordando che il Reg. CEE n° 1760/2000 istituisce l’obbligo di una specifica etichettatura delle carni bovine ai fini della tracciabilità del prodotto e della trasparenza delle informazioni da fornire ai consumatori.
2 - Obiettivi
Il programma si pone i seguenti obiettivi:
- Incrementare la diffusione della razza Podolica calabrese attraverso la promozione di nuovi allevamenti sul territorio regionale, privilegiando le aree agricole abbandonate o marginali.
- Favorire una migliore conoscenza delle qualità nutrizionali del prodotto e valorizzarne i pregi attraverso azioni di divulgazione e promozione.
- Fornire assistenza tecnica alle aziende coinvolte nel progetto, in tutte le fasi dell’allevamento, predisponendo determinati disciplinari che possano costituire una base per la costituzione di aziende certificate.
3 – Aree interessate
Il Programma Razza Podolica Calabrese si attua su tutto il territorio regionale, con particolare riferimento alle aree submontane e montane delle principali catene montuose (Pollino, Sila, Catena Costiera, Serre, Aspromonte)
4 - Beneficiari
Possono essere distinte due tipologie di beneficiari: il produttore, sia singolo che associato, e il consumatore.
Nel primo caso saranno interessate le aziende già dotate di allevamenti e che offrono i requisiti ideali secondo criteri che saranno definiti in un successivo protocollo.
Si prevede di coinvolgere nel primo triennio circa 200 aziende con 10-15 capi cadauna, al fine anche di avviare la linea femminile alla riproduzione e selezione per il miglioramento genetico della razza.
Il consumatore non sarà il beneficiario indiretto del progetto, ma verrà investito da iniziative “educative” rivolte a favorire un consumo della carne più consapevole. Tali iniziative faranno leva su strategie di marketing.
5 - Descrizione dell’intervento
E’ stato previsto di articolare il lavoro in quattro fasi, ognuna delle quali, organizzata secondo una logica ben precisa, di seguito sarà illustrata in dettaglio.
Tempisticamente, le attività previste in ogni fase si sovrappongono, almeno in parte, tra di loro.
5.1 – Fase 1: organizzazione
La prima fase del Programma “Razza Podolica Calabrese” prevede l’organizzazione di attività propedeutiche al prosieguo del progetto.
Le attività da realizzare sono:
- Formazione tecnica dei divulgatori, anche mediante visite guidate presso realtà operative già esistenti e presso il Centro Sperimentale Dimostrativo di Molarotta a Camigliatello Silano (CS), nel quale è in atto il recupero e la conservazione genetica del bovino di razza Podolica.
- Valutazione delle risorse territoriali e dello stato attuale del settore.
- Realizzazione di un disciplinare di allevamento;
5.2 – Fase 2: selezione delle aziende ed avvio
dell’attività
La seconda fase prevede:
- Organizzazione di un Ciclo di Seminari per gli allevatori, in collaborazione con le organizzazioni professionali agricole e le associazioni di produttori, durante i quali saranno illustrati i contenuti del progetto e le iniziative da intraprendere. Tali seminari si terranno in aree omogenee che saranno determinate sulla base dell’uniformità sul territorio. Le aziende saranno informate dei requisiti richiesti, dei programmi di assistenza che saranno offerti a coloro i quali aderiranno all’iniziativa. Nel corso dei seminari, pertanto, sarà richiesta la manifestazione d’interesse.
-
Selezione delle aziende che hanno aderito in via
prelminare all’iniziativa, secondo criteri di merito che saranno attentamente
valutati. Saranno interessate, ovviamente, le aziende che già dispongono di
capi per l’allevamento. Si auspica che le aziende selezionate siano circa 200.
Esse saranno successivamente contattate per sottoscrivere un protocollo
d’intesa che le impegna a partecipare al progetto per la durata di 3 anni
rispettando le norme del disciplinare di allevamento stabilite.
5.3 – Fase 3: assistenza tecnica e raccolta dei dati
Le aziende selezionate saranno assistite dai divulgatori in tutte le fasi dell’allevamento
Nel contempo, saranno organizzati incontri di gruppo tra allevatori e tecnici durante la fase di allevamento, per evidenziare problematiche sorte e possibili interventi da adottare.
Durante l’assistenza tecnica, si procederà alla raccolta dei dati tecnico-economici relativi alla gestione aziendale, al fine di realizzare:
- analisi dei costi di produzione;
- valutazione dei risultati dell’allevamento;
- valutazione dello stato di benessere degli animali.
5.4 – Fase 4: elaborazione dei risultati e prodotti
divulgativi
I dati d’allevamento raccolti ed elaborati costituiranno la base per l’organizzazione dell’attività divulgativa sul territorio.
In particolare, si prevede di attuare:
- Organizzazione di manifestazioni ed iniziative rivolte ai consumatori per promuovere un maggior consumo di carne bovina di razza podolica. Esse comprendono la realizzazione di seminari, la partecipazione a trasmissioni televisive, l’organizzazione di sagre, fiere, mostre.
- Produzione di materiale audio-visivo, sia tecnico che divulgativo-informativo.
- Realizzazione di un opuscolo divulgativo sulle caratteristicche tecniche della razza Podolica calabrese e sull’allevamento eco-compatibile.
C) PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA “OVI-CAPRINI CALABRESI”
1 - Introduzione
L'allevamento ovino e caprino presenta potenzialità notevoli. Pecore e capre, infatti, sono molto diffuse in Calabria, in quanto sono in grado di adattarsi alle diverse esigenze ambientali, sfruttando al meglio le risorse pascolive non sempre adeguate.
Il contesto socio-culturale in cui si inserisce l’allevamento ovi-caprino rappresenta un punto di debolezza, per la scarsa professionalità di chi vi opera e per la diffidenza verso ogni forma di innovazione.
Il ricambio generazionale è molto limitato e solo coloro i quali non riescono a trovare occupazione in altri settori finiscono per rassegnarsi, il più delle volte senza entusiasmo, ad un’attività vista come una “condanna familiare”.
Tuttavia, l’allevamento ovi-caprino, se gestito con criteri di managerialità, può dare risultati economici superiori ad altri settori zootecnici.
Quasi tutte le aziende ovi-caprine calabresi praticano la trasformazione del latte sul posto. Le carenze strutturali, la mancanza di minime norme igienico-sanitarie, l'assoluta ignoranza delle più elementari nozioni di microbiologia, fanno sì che, il più delle volte, i formaggi ottenuti pecchino di defetti che determinano la loro assoluta incommerciabilità. La tendenza a voler comunque piazzare il prodotto sul mercato, determina lo screditamento di tutto il settore e crea un'immagine poco edificante della categoria. Infatti, se non fosse per la ricotta fresca, che ancora spunta prezzi molto interessanti, tale settore sarebbe già scomparso da molto tempo.
Ecco perché è urgente intervenire nel miglioramento della trasformazione casearia con un programma di educazione sanitaria che rappresenta il primo passo per una crescita professionale degli allevatori e il primo gradino per lo sviluppo di una categoria.
2 - Obiettivi
a) Miglioramento
delle produzioni casearie ovi-caprine tipiche di ogni comprensorio, nel
rispetto della tradizione, attraverso l’applicazione di norme igienico
sanitarie vigenti.
b) Analisi
dei costi di produzione e di trasformazione del latte, verificando i punti di
forza e di debolezza di tale settore su cui poter intervenire in fase
successiva;
c) Valorizzazione
dei prodotti di trasformazione attraverso il miglioramento delle tecniche di
caseificazione e l'introduzione graduale di nuove tipologie di trasformazione.
3 - Aree interessate
E’ previsto il coinvolgimento dell’intero territorio regionale, con particolare riferimento ai comprensori tradizionalmente vocati all’allevamento ovi-caprino (Crotonese, Monte Poro, Zona Collinare tirrenica e ionica), nei quali è perseguibile un allevamento di nicchia.
4 - Beneficiari
Si prevede di coinvolgere nel programma il maggior numero possibile di aziende interessate all’allevamento ovi-caprino, distinte per comprensorio di appartenenza.
5 - Descrizione dell’intervento
Il Programma di Assistenza “Ovi-Caprini Calabresi” ha durata triennale.
E’ stato previsto di articolare il lavoro in quattro fasi, ognuna delle quali, organizzata secondo una logica ben precisa, di seguito sarà illustrata in dettaglio.
Tempisticamente, le attività previste in ogni fase si sovrappongono, almeno in parte, tra di loro.
5.1 – Fase1: organizzazione
La prima fase del Programma “Ovi-Caprini Calabresi” prevede l’organizzazione di attività propedeutiche al prosieguo del progetto.
Le attività da realizzare sono:
- Formazione tecnica dei divulgatori, anche mediante visite guidate presso realtà operative già esistenti e presso il Centro Sperimentale Dimostrativo di Molarotta a Camigliatello Silano (CS), nel quale è in atto il recupero e la conservazione genetica del bovino di razza Podolica.
- Valutazione delle risorse territoriali e dello stato attuale del settore.
- Realizzazione di un disciplinare di allevamento.
5.2 – Fase 2: avvio dell’attività
La seconda fase del programma si articola come segue:
- Organizzazione e realizzazione di 10 incontri di gruppo con gli allevatori. Nel corso degli incontri, saranno fornite le basi tecniche per una corretta caseificazione in azienda;
- Realizzazione di 10 visite guidate presso aziende leader nel settore;
- Realizzate di 20 prove di caseificazione nelle quali applicare corrette tecniche in funzione del miglioramento sanitario del prodotto finale
5.3 – Fase 3:
assistenza tecnica e monitoraggio
La terza fase del programma si basa sul monitoraggio periodico delle aziende assistite e sulla raccolta dei dati tecnico economici relativi alla trasformazione casearia
Le aziende selezionate saranno assistite dai divulgatori, in tutte le fasi produttive.
La fase di diffuzione degli elaborati divulgativi sarà rivolta ad un numero molto più ampio di aziende, che saranno raggiunte in via indiretta, anche attraverso il servizio postale.
5.4 – Fase 4: elaborazione dei risultati e prodotti
divulgativi
La quarta fase del programma prevede:
- Realizzazione di un indagine sullo stato dell'allevamento ovi-caprino in Calabria;
- Realizzazione di una guida tecnica, rivolta alle aziende non coinvolte nel programma, sulla base di quanto realizzato nelle aziende monitorate.
- Realizzazione di un rapporto annuale sullo stato di avanzamento del progetto e sugli sviluppi positivi che questo ha avuto nell'economia del territorio, analizzando i costi di trasformazione e le spese sostenute per l'adeguamento alle normative.
- Realizzazione di iniziative di promozione e valorizzazione dei prodotti caseari, ovvero organizzazione di manifestazioni nelle quali coinvolgere i mezzi di comunicazione;
- Realizzare delle “Guide del Gusto” con percorsi che valorizzino i prodotti del territorio.
- Realizzazione di un convegno finale a valenza regionale, nel quale saranno illustrati i risultati del progetto, gli obiettivi raggiunti e le eventuali nuove iniziative da intraprendere.
D) PROGRAMMA DI ASSISTENZA TECNICA “APICOLTURA CALABRESE”
1 - Introduzione
L'apicoltura ha sempre rappresentato una particolare attività zootecnica, per via delle caratteristiche peculiari del soggetto allevato, della tipologia di allevamento e dello stretto connubio che si instaura con l'ambiente.
La Calabria presenta delle variabili pedo-climatiche particolari che la rendono idonea all'allevamento apistico, ma le notevoli potenzialità del territorio sono poco sfruttate: solo il 20% delle attuali fonti nettarifere viene razionalmente utilizzato dagli apicoltori regionali.
Appare auspicabile, quindi, un maggiore sviluppo di questo importante comparto che, oltre a rappresentare una fonte occupazionale, è in grado di attivare una serie non indifferente di iniziative economiche attraverso un indotto che, allo stato attuale, è solo in fase embrionale.
Nonostante l'importante ruolo svolto dalle api nel delicato compito di impollinatori, oltre che di produttori di miele, si impone una revisione critica di tutto il meccanismo burocratico che esiste a tutela della salute degli alveari, considerato che nulla è stato ancora fatto per scongiurare problematiche sanitarie capaci di condurre, in breve tempo, alla completa distruzione di intere colonie di api.
Non c'è apicoltore che non combatta quotidianamente con problemi sanitari. Ciò ha comportato un deperimento del patrimonio apistico regionale, scoraggiando l’avvio di nuove attività produttive.
E' quindi urgente e necessario coordinare le risorse umane che sul territorio già ampiamente operano, compiendo uno sforzo comune che veda impegnate quante più istituzioni possibili.
2 - Obiettivi
- Operare nel prossimo triennio per un risanamento delle più importanti patologie apistiche.
- Creare una rete di monitoraggio che allerti le istituzioni competenti inducendole a promuovere interventi tempestivi.
- Mantenere alto il livello di professionalità, sia nei tecnici che negli apicoltori, attraverso la partecipazione costante a corsi di aggiornamento in materia sanitaria.
3 - Aree interessate
Si prevede il coinvolgimento di tutto il territorio regionale allo scopo di:
- contribuire alla raccolta ed elaborazione delle informazioni sulla realtà apistica territoriale;
- prestare assistenza tecnica alle aziende apistiche,
- divulgare i risultati delle iniziative relative al programma.
4 - Beneficiari
L’iniziativa, è rivolta a tutte le aziende apistiche calabresi.
Il numero delle aziende che potranno essere inserite nel programma di monitoraggio del servizio di assistenza tecnica dipenderà dal contributo finanziario assegnato al presente progetto, ma si ritiene, in via preliminare, che il numero di aziende beneficiarie non potrà essere superiore alle 120 unità, ovvero 5 aziende per ogni CeDA.
5 - Descrizione dell’intervento
E’ stato previsto di articolare il lavoro in quattro fasi, ognuna delle quali, organizzata secondo una logica ben precisa, di seguito sarà illustrata in dettaglio.
Tempisticamente, le attività previste in ogni fase si sovrappongono, almeno in parte, tra di loro.
5.1 – Fase1: organizzazione
La prima fase del Programma “Apicoltura calabrese” prevede l’organizzazione di attività propedeutiche al prosieguo del progetto.
Le attività da realizzare sono:
- organizzazione di riunioni a carattere tecnico-operativo, supportate da visite presso realtà significative che già operano nel settore apistico.
- redazione un disciplinare di azioni per regolamentare l’allevamento apistico in funzione del risanamento sanitario. Detto disciplinare costituirà parte integrante del protocollo d’intesa da stipulare con le aziende che aderiranno al programma.
- realizzazione di un corso di formazione con la collaborazione di esperti e docenti, rivoltoai divulgatori, ai veterinari responsabili delle ASL impegnati nel progetto e ai tecnici delle Associazioni che operano nel comparto apistico.
5.2 – Fase 2: selezione delle aziende ed avvio
dell’attività
La seconda fase del programma si articola come segue:
- Organizzazione e realizzazione di 10 giornate divulgative preliminari rivolte agli apicoltori. Nel corso delle giornate divulgative, verrà promossa una manifestazione di interesse per valutare il numero di aziende da coinvolgere nel programma di monitoraggio e risanamento fitosanitario.
- Selezione, in base alle adesioni alla manifestazione d’interesse, di circa 50 aziende apistiche.
- Realizzazione di 5 incontri con gli apicoltori coinvolti nel programma operativo, per la necessaria stipula dei protocolli d’intesa.
5.3 – Fase 3:
assistenza tecnica e monitoraggio
La terza fase del programma si articola come segue:
- Organizzazione di 10 incontri di gruppo di natura tecnica con gli apicoltori singoli e associati. Tali incontri avranno lo scopo di fornire le basi per una migliore conoscenza delle patologie apistiche.
- Monitoraggio periodico delle aziende assistite e raccolta dei dati tecnico economici relativi all'allevamento apistico.
- Raccolta, nelle 50 aziende individuate quale elemento della rete di monitoraggio, di campioni di api e larve da sottoporre ad analisi.
Le aziende selezionate saranno assistite dai divulgatori, in tutte le fasi produttive.
5.4 – Fase 4: elaborazione dei risultati e prodotti
divulgativi
La quarta fase del programma prevede:
- Realizzazione di un indagine sullo stato dell'allevamento apistico in Calabria;
- Realizzazione di una guida tecnica, rivolta alle aziende non coinvolte nel programma, sulla base di quanto realizzato nelle aziende monitorate.
- Realizzazione di un rapporto annuale sullo stato di avanzamento del progetto e sugli sviluppi promossi sull'economia del territorio, analizzando i costi di trasformazione e le spese sostenute per l'adeguamento alle normative.
- Realizzazione di un convegno finale a valenza regionale nel quale saranno illustrati i risultati del progetto, gli obiettivi raggiunti e le eventuali nuove iniziative da intraprendere.
PROGETTO
MULTIFUNZIONALITA’
DELL’AZIENDA AGRICOLA
Agriturismo – Fattorie Didattiche –
Agricoltura Sociale
PREMESSA
Con la parola multifunzionalità si intendono tutte
le attivita’ poste in essere dall’agricoltore diverse da quelle tradizionali
derivanti dalla coltivazione di piante da frutto, dalle colture erbacee e
orticole e dall’allevamento degli animali domestici. Lo scopo primario è
quello, in un momento di crisi del settore, di integrare il reddito
dell’azienda agricola e di salvaguardare l’occupazione delle persone che
lavorano in azienda attraverso lo sviluppo di nuove attività pur collegate
all’attività principale dell’azienda stessa. Diverse sono le attività che
possono rientrare nella multifunzionalità dell’azienda agricola tra le quali l’Agriturismo, il Bed& Breakfast, le Fattorie Didattiche, Aperte, del Gusto e Sociali,
l’escursionismo, il cicloturismo e l’ippoturismo . Queste attività conferiscono
all’agricoltura nuove funzioni, di tipo culturale, sociale, ricreativo e di
conservazione del paesaggio e dell’ambiente, fortemente volute dall’Unione
Europea. Il ruolo multifunzionale dell’agricoltura ha trovato riscontro in
Italia nell’emanazione del Decreto legislativo n.228,del 18 Maggio 2001 che
all’artic.1 ha ridisegnato ex novo la figura dell’imprenditore agricolo e la
configurazione giuridica e funzionale dell’azienda agricola ampliando, lo
spettro delle attività che si possono definire agricole.
In riferimento a questi
provvedimenti legislativi, di carattere nazionale, intendiamo sottolineare
soprattutto il richiamo ad un ruolo polivalente dell’imprenditore agricolo.
Infatti, (a proposito dell’Imprenditore agricolo) l’articolo 2135 del
Codice Civile è sostituito dal seguente: E’ imprenditore agricolo chi esercita una delle seguenti attività:
coltivazione del fondo, silvicoltura, allevamento di animali e attività
connesse. Si intendono comunque connesse le attività esercitate dal medesimo
imprenditore agricolo, dirette alla manipolazione, conservazione,
trasformazione, commercializzazione e valorizzazione che abbiano a oggetto
prodotti ottenuti prevalentemente dalla coltivazione del fondo o del bosco o
dall’allevamento di animali, nonché le attività dirette alla fornitura di beni
o servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature o risorse
dell’azienda, normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata, ivi
comprese le attività di valorizzazione
del
territorio e del patrimonio rurale e forestale, ovvero di ricezione e di
ospitalità come definite dalla legge L’art. 3
del Decreto legislativo 228/2001 ha ampliato, in particolare, il campo di
azione dell’agriturismo: “ Rientrano
fra le attività agrituristiche di cui alla Legge n.730/85, ancorché svolte
all’esterno dei beni fondiari nella disponibilità dell’impresa, l’organizzazione
di attività ricreative, culturali e didattiche, di pratica sportiva,
escursionistiche e di ippoturismo finalizzate ad una migliore fruizione e
conoscenza del territorio, nonché la degustazione dei prodotti aziendali…”.
Gli
interventi relativi allo sviluppo della Multifunzionalità che si intendono
avviare sul territorio Regionale attraverso tale progetto sono i seguenti: Agriturismo, Fattorie Didattiche e
Agricoltura Sociale.
Lo scenario
I territori rurali costituiscono gran parte della nostra Regione e rappresentano spazi di attività e di innovazione in cui è radicata la diversità culturale e gran parte del patrimonio naturale e storico.
Tenuto conto dell’importanza di questo patrimonio, che testimonia il codice genetico della nostra identità, preservare la vitalità dei territori rurali rappresenta una necessità fondamentale.
Per rurale si intende quindi, un sistema locale con base agricola caratterizzato da una elevata differenziazione intersettoriale. La ruralità perciò non deve essere intesa come un elemento di mancato sviluppo bensì come strumento atto ad una grande opportunità.
Le iniziative che mirano ad incentivare lo sviluppo rurale, volte al sostegno delle attività e dei mestieri in via di estinzione, i finanziamenti per il potenziamento dei rimboschimenti e gli interventi per l’agricoltura eco-compatibile, possono accrescere la loro efficacia se si riuscirà ad armonizzare fattori diversi quali l’economia territoriale, l’ambiente e il paesaggio e la cultura tradizionale, componendo in una unità organica elementi a prima vista eterogenei.
L’opportunità di introdurre la dimensione culturale nei progetti di sviluppo nasce dalla constatazione che uno sviluppo che preveda la sostenibilità come condizione qualificante non può prescindere dalla valorizzazione della cultura locale, perchè essa ne costituisce una componente importante e forse la sua stessa base. A sua volta la cultura locale trova nella memoria storica del territorio uno degli aspetti fondanti.
Il mondo rurale è un mondo multifunzionale. La multifunzionalità dell’agricoltura si concretizza in un’attività che va oltre la produzione di beni agricoli e agro- alimentari e si collega a molteplici funzioni connesse all’attività agricola quali:
- tutela ambientale;
- recupero del patrimonio edilizio rurale locale;
- conservazione e trasmissione di cultura locale e tradizionale;
- riscoperta di antichi mestieri;
- produzione di prodotti tipici e manifatture artigianali.
Non c’è, quindi un’agricoltura moderna senza
multifunzionalità, concetto preso in considerazione dal legislatore nella
predisposizione della Legge di Orientamento e Ammodernamento dell’Agricoltura;
la quale mira a liberare il soggetto agricolo dai vincoli normativi
tradizionali, non più compatibili con la realtà economico-sociale odierna, per
metterlo in condizione di interagire con gli altri settori economici in modo da
fronteggiare la concorrenza
internazionale.
La ruralità sta rappresentando e continuerà a
rappresentare la principale area di espansione della domanda e quindi
dell’offerta turistica, in considerazione del fatto che coste ed alta montagna
sono già ai limiti dello sfruttamento ricettivo.
I fattori di attrazione turistica della
ruralità sono particolarmente fragili, essendo legati:
-
alla presenza
dell’agricoltura;
-
al paesaggio
che l’agricoltura ha costruito nel tempo, zona per zona in funzione delle
coltivazioni, delle tradizioni costruttive, delle caratteristiche territoriali
e climatiche;
-
al patrimonio
naturale,
-
alla cultura
locale.
L’agriturismo, quindi, richiede agli
operatori locali coinvolti una maggiore attenzione vero forme di gestione del
territorio sostenibili, anche perché le risorse naturali e paesaggistiche
rappresentano una importante occasione per promuovere lo sviluppo economico e
qualificare il territorio.
L’agriturismo si pone quindi come una realtà
efficace nel ridefinire l’azione della società locale nel suo produrre e
strutturare il territorio perseguendo modelli di sviluppo ecocompatibili.
D’altra parte sono proprio la salubrità
dell’ambiente e dei prodotti agroalimentari e la qualità e tipicità del
paesaggio e dei luoghi in cui si svolge la vacanza a rendere peculiare e
competitiva l’offerta agrituristica rispetto ad altre forme di turismo più
tradizionali.
Anche se l’agriturismo si concentra in alcune
zone e continua a caratterizzarsi con una offerta tradizionale (pernottamento e
ristorazione), si sta assistendo ad una evoluzione del settore verso forme di
ospitalità più qualificate e complesse, sensibili alle problematiche ambientali
(ne sono un esempio le fattorie didattiche), alla qualità dell’ambiente e alla
salubrità e tipicità dei prodotti agroalimentari somministrati e venduti ai
fruitori dell’azienda, alle tradizioni culturali e gastronomiche locali.
Il rapporto che si instaura tra attività
agricola e turistica introduce modi di impiego delle risorse del tutto nuovi
rispetto a quelli della precedente organizzazione esclusivamente agricola
dell’azienda.
All’agriturismo e al turismo rurale è
assegnato un ruolo strategico nel favorire l’avvio e il consolidamento di
processi di sviluppo delle aree rurali sostenibili, di carattere locale, basati
sulle risorse endogene sia materiali (risorse ambientali, architettura,
infrastrutture, monumenti, produzioni agroalimentari tipiche, ecc.) sia
immateriali (cultura, professionalità, storia, tradizioni, ecc.).
In questa prospettiva lo sviluppo sostenibile
viene identificato non solo con un’ottica ecocompatibile ma in relazione anche
agli effetti sulla qualità della vita, del paesaggio, dei processi di
autodeterminazione delle comunità locali.
Riferimenti
legislativi
Il settore agrituristico è regolamentato
dalla legge nazionale n° 96 del 20 febbraio 2006 che, in armonia con i programmi di sviluppo rurale dell'Unione europea,
sostiene l'agricoltura anche mediante la promozione di forme idonee di turismo
nelle campagne, volte a:
a) tutelare, qualificare e valorizzare le
risorse specifiche di ciascun territorio;
b) favorire il mantenimento delle attività
umane nelle aree rurali;
c) favorire la multifunzionalità in
agricoltura e la differenziazione dei redditi agricoli;
d) favorire le iniziative a difesa del suolo,
del territorio e dell'ambiente da parte degli imprenditori agricoli attraverso
l'incremento dei redditi aziendali e il miglioramento della qualità di vita;
e) recuperare il patrimonio edilizio rurale
tutelando le peculiarità paesaggistiche;
f) sostenere e incentivare le produzioni
tipiche, le produzioni di qualità e le connesse tradizioni enogastronomiche;
g) promuovere la cultura rurale e
l'educazione alimentare;
h) favorire lo sviluppo agricolo e forestale.
La regione Calabria sta predisponendo una
nuova normativa, che sostituisca la vecchia L.R. 22/88, per uniformarsi ed adeguarsi ai principi
fondamentali e alle disposizioni contenuti nella legge quadro.
L’Italia è l’unico Paese dell’UE (e del
mondo) che ha una specifica normativa che disciplina l’agriturismo, inteso come
ospitalità svolta dall’azienda agricola valorizzando in modo particolare le
risorse legate all’attività agricola. Altrove questo particolare tipo di
ospitalità viene compreso nel più generale settore del turismo rurale, del
quale fanno parte anche i piccoli alberghi di campagna, le case private e i
piccoli alberghi gestiti dai residenti, nei paesi.
L’agriturismo è una delle componenti del
turismo rurale, non essendovi dubbio che esso rappresenti un servizio turistico
realizzato nello spazio rurale, occorre anche precisare che, per la propria
specifica collocazione all’interno dell’azienda agricola, e per la stretta
connessione che l’accoglienza deve avere con l’attività agricola, l’agriturismo
rappresenta la forma più forte ed incisiva di turismo rurale.
In tal senso, attualmente l’agriturismo
rappresenta l’attività che meglio dimostra come l’azienda può rafforzare la
propria offerta verso i consumatori finali per consentire loro di vivere il
territorio rurale a contatto non solo della natura ma anche delle attività
proprie del settore agricolo.
L’agriturismo sta rappresentando, infatti,
una occasione per contribuire a mantenere il presidio umano nelle aree rurali e
a diffondere in queste zone una maggiore consapevolezza delle opportunità di
sviluppo offerte da un uso “sostenibile” delle risorse naturali.
Agriturismo
in Calabria
La nascita dell’agriturismo calabrese si fa
coincidere formalmente con il 1988, anno in cui è stata emanata la legge
regionale sull’agriturismo (L.R. n°22/88 – Promozione e sviluppo
dell’Agriturismo in Calabria) con notevole ritardo rispetto alle altre. In
quasi 20 anni si è assistito ad una crescita costante del numero di aziende, ad
un aumento del numero di visitatori ed ad un incremento del volume di affari
complessivo, spesso grazie alla presenza di piccole aziende sparse a macchia di
leopardo sul territorio che si differenziano per la qualità dei servizi
offerti.
Gli iscritti all’ elenco regionale degli
operatori agrituristici al 31 dicembre 2006 sono 1538.
La ripartizione degli iscritti per provincia
è la seguente:
-
343 nella
provincia di Catanzaro,
-
698 nella
provincia di Cosenza,
-
236 nella
provincia di Reggio Calabria,
-
136 nella
provincia di Vibo Valentia,
-
123 nella
provincia di Crotone.
L’elenco regionale degli operatori
agrituristici non è mai stato revisionato, vi sono iscritti di vecchia data che
di fatto non hanno mai avviato l’attività e che hanno perso interesse per il
settore.
Il numero effettivo delle aziende operanti è
ben lontano dal numero totale degli iscritti (sono solo 1/5 le aziende in
attività!)
Le aziende agrituristiche con punto ristoro
sono pari al 75% del totale. La ristorazione rappresenta l’aspetto più
qualificante ma allo stesso tempo è l’attività che più facilmente può
sconfinare nel settore commerciale. E’ necessario, quindi, un accurato
controllo per verificare la prevalenza delle produzioni agricole aziendali, la
possibilità di approvvigionamento di prodotti dalle aziende della zona.
Attivita’ Divulgativa
Tipologia degli interventi
Si prevede
di attuare:
-
azioni di
valorizzazione e promozione dell’agriturismo e del turismo rurale,
-
iniziative di carattere
innovativo e immateriale.
Si tratta in generale di azioni di
accompagnamento allo sviluppo che, da
un lato agiscono su atteggiamenti, mentalità e culture che spesso più di altre
variabili di carattere economico ostacolano lo sviluppo di un territorio e,
dall’altro lato, aiutano a qualificare l’offerta locale.
Tra le azioni di accompagnamento ricordiamo:
-
creazione di
sistemi di qualità;
-
azioni di
sensibilizzazione, formazione e animazione;
-
realizzazione
di servizi collettivi;
-
assistenza
tecnica;
-
creazione di
pacchetti integrati;
-
ecc.)
Più in
particolare, a supporto delle future azioni di rilancio e consolidamento del
settore potrebbero essere promossi e realizzati:
-
studi finalizzati ad aumentare il livello delle
conoscenze e, soprattutto, a mettere a punto metodologie per favorire le azioni
di formazione e di assistenza agli operatori agrituristici.
-
“Campagna di educazione alimentare collegata alle
produzioni tipiche calabresi ed all’identità culturale delle aree rurali”. Finanziata tramite Programmi Interregionali
“Comunicazione ed educazione alimentare” e “Promozione dei servizi orientati
allo sviluppo rurale”.
L’azione si pone l’obiettivo di identificare e selezionare i prodotti tipici presenti in alcune aree calabresi e le ricette tradizionali in base a dei requisiti: originarietà, genuinità, salutarità; far conoscere le aziende produttrici in base alla propria esperienza nel settore, all’attività di ricerca e promozione già svolta per la salvaguardia della tradizione alimentare calabrese; attivare azioni di educazione alimentare finalizzate agli aspetti salutistici e di promozione della tradizione alimentare locale. L’azione potrebbe coinvolgere numerose scuole.
-
“Attività di
promozione collegata alle produzioni tipiche calabresi ed all’identità culturale
delle aree rurali”, finalizzata alla
valorizzazione e promozione delle produzioni agroalimentari tipiche calabresi
mediante la definizione di metodologie per la promozione del territorio.
L’intervento,
articolato con un approccio di sviluppo locale integrato, dovrà essere
finalizzato ad identificare e qualificare l’offerta agroalimentare, e
coinvolgere gli attori dello sviluppo e le popolazioni locali.
Non esistendo, al
momento, una offerta organizzata e consolidata di prodotti e servizi tipici, e
tanto meno qualificata, sono previste azioni di promozione vera e
propria che seguono una fase preliminare di sensibilizzazione e di aggregazione
dei soggetti produttori e di definizione di standard di qualità cui adeguare
l’offerta.
Attivate le strategie
di qualificazione dell’offerta, l’intervento dovrà definire una metodologia per
strutturare servizi alle unità produttive locali con particolare
riferimento all’export, servizi di consulenza, accesso alle reti telematiche,
possibilità di utilizzare supporti informatici gestionali per specifiche
esigenze; dovranno essere definite strategie di qualificazione dell’offerta in
base al target definito, di promozione in loco e di promozione
transgenerazionali.
Molti Enti ed Associazioni preposti allo svolgimento di attività in favore dello sviluppo rurale e dell’agriturismo spesso lavorano senza utilizzare i canali di collegamento che pur esistono per creare sinergie. Per questo il più delle volte si assiste a programmi similari che i diversi Enti attuano con scarso impatto.
I Consorzi
agrituristici, l’Università, le Comunità montane, i GAL, le organizzazioni
turistiche, le singole imprese, se avessero l’opportunità di coordinarsi
valorizzando ciascuno le proprie competenze, potrebbero sicuramente assicurare
la massa critica necessaria per attivare iniziative di successo.
Tale condizione si
può realizzare solo a livello di territorio, con una azione di sostegno e di
supporto svolta dall’ARSSA in favore
degli Enti locali e dei Consorzi del settore secondo strategie concordate con
il Dipartimento Regionale all’Agricoltura e
che potrebbero riguardare:
1)
promozione e realizzazione di parchi rurali che organizzino un’offerta di prodotti e
servizi di qualità ed entità tali da attirare un flusso turistico significativo
nell’area e all’interno dei parchi regionali e siti bioitaly;
2)
promozione e realizzazione di un sistema di
valorizzazione commerciale delle produzioni agricole tipiche che non hanno una dimensione adeguata per
entrare in circuiti regionali e della GDO, anche attraverso la costituzione di
uno specifico Consorzio di tutela regionale e il supporto di una rete di
aziende agrituristiche organizzata per la commercializzazione in loco e in collegamento con i parchi
rurali;
3)
promozione e realizzazione di iniziative di tutela,
conservazione e valorizzazione del patrimonio naturalistico, edilizio,
forestale, storico e culturale mediante il recupero, la manutenzione, la
gestione di servizi agro-ambientali e iniziative di turismo rurale.
FATTORIE DIDATTICHE: DALLO SVILUPPO SPONTANEO AL SISTEMA
DELLE COMPETENZE.
La nascita "dal basso",
lo sviluppo e la qualificazione del fenomeno "Fattorie Didattiche" in
Italia sono eventi di un processo del tutto inedito, affermatosi in un tempo
relativamente breve e con una velocità riscontrata in pochi precedenti, almeno
per quanto riguarda il mondo agricolo.
La ricerca di forme nuove di
dialogo tra città e campagna, il bisogno di "rielaborare" le ragioni di fondo del contatto uomo
ambiente, la tendenza ad approfondire tutto quanto attiene alla filiera
alimentare, sono solo alcune delle motivazioni che hanno spinto aziende
agricole, istituzioni provinciali, scuole, enti locali ad individuare spazi e
tempi appropriati per realizzare e rendere produttivo tale "incontro".
Anche la formazione ha giocato un ruolo importante, perché ha
consentito alle aziende interessate di appropriarsi di contenuti e metodi,
mirati alla definizione di progetti da offrire alle scuole e, nello stesso tempo,
di incontrarsi e dialogare tra loro, fino a configurare la nascita di
associazioni autonome di fattorie didattiche e di reti promozionali e "di
progetto" tra gruppi di esse.
In pochi anni, dunque, mentre si
passava dall'iniziativa sporadica di pochi volenterosi alla prassi ricorrente
di utilizzare la fattoria come sede educativa
vera e propria, si è reso esplicito il bisogno di regolare gli accessi
al sistema soprattutto in termini di carta della qualità per le fattorie
didattiche.
Il crescente interesse degli
ultimi anni verso il servizio di didattica in fattoria, la crescita delle fattorie impegnate nei servizi
didattici, la richiesta emergente da parte delle scuole, di gruppi
"nuovi"( mondo dell’associazionismo culturale ed ambientale) e di
singoli cittadini come potenziali utenti, nonché i risultati conseguiti a livello nazionale sia sul piano numerico
che qualitativo , rendono evidente il
fenomeno delle crescita e dello sviluppo di un’agricoltura "di servizio" impostata
sull’innovazione di "prodotto"
e sulla maturazione di un rapporto sempre più proficuo tra scuola e mondo
agricolo. |
Di qui la scelta operata dall’ARSSA di attivarsi per una
progettazione regionale di sistema inerente gli interventi da realizzare per il decollo della strategia regionale di
sviluppo e consolidamento delle fattorie didattiche
NORMATIVE GIURIDICHE
In Italia, la realtà delle
fattorie didattiche è in continua crescita,
così come il numero di insegnanti che utilizzano questo straordinario
laboratorio naturale per la riuscita delle loro finalità didattiche.
Lo sviluppo di questo nuovo
comparto ha evidenziato vuoti normativi nel quadro di riferimento e la mancanza
di una disciplina organica e coerente. In Italia per molti anni, l’unico punto
di riferimento è stato la Legge Nazionale 730/85, ed in particolare il comma c) dell’artic.2, con cui si
esplicitava il rientro nell’agriturismo delle attività ricreative e culturali.
A livello di Comunità Europea
l’art. 33 del regolamento Ce n.1257/99,
a sostegno dello sviluppo rurale, ha incoraggiato lo sviluppo di attività
didattiche all’interno delle aziende agricole. In Italia il primo intervento
specifico è rappresentato dall’art. 123 della Legge n. 388/2000. Tale norma prevede che le attività di ricezione e di
ospitalità, degustazione di prodotti aziendali ed organizzazione di attività
ricreative, culturali e didattiche svolte da aziende agricole nell’ambito della
diffusione di prodotti biologici o di qualità possono essere equiparate alle
attività agrituristiche. Un importante passo in avanti è stato invece
rappresentato dal decreto legislativo n.228/2001
che attribuisce ai servizi didattici la dignità di attività connessa. In esso, tra le attività connesse, sono
previste le seguenti: commercializzazione e valorizzazione di prodotti ottenuti
prevalentemente dalla coltivazione del fondo o dall’allevamento di animali;
fornitura di beni e servizi mediante l’utilizzazione prevalente di attrezzature
e risorse dell’azienda normalmente impiegate nell’attività agricola esercitata;
ricezione e ospitalità dei consumatori volta a favorire la valorizzazione del
patrimonio rurale e forestale. Inoltre esso riconduce all’esercizio di attività
agrituristica quelle attività che hanno per scopo la degustazione di prodotti
aziendali, l’organizzazione di attività ricreative, culturali, didattiche ed
escursionistiche, finalizzate ad una migliore fruizione e conoscenza del
territorio. E’ quindi del tutto legittimo ricondurre le attività didattiche
nell’alveo di un normale esercizio agrituristico anche se, con il Decreto legislativo
228/2001 e l’art.2 della Legge 24/12/2003 , n.350 (legge finanziaria 2004),
l’attività didattica non è più una prerogativa esclusiva delle aziende
agrituristiche ma può essere esercitata anche da una semplice azienda agricola.
IPOTESI CULTURALE
L’iniziativa “fattorie Didattiche”
ha una forte valenza socio-culturale: essa si propone di realizzare una rete
regionale di "promotori"
del valore dell’educazione alimentare ed ambientale, a partire dai luoghi primari di produzione delle
risorse base dell’alimentazione stessa , di creare un legame stabile tra
aziende e territorio ponendo le fattorie come dei veri e propri centri
territoriali di educazione a disposizione di scuole, cittadini e gruppi d’interesse.
Le fattorie didattiche rispondono
infatti ad un disegno culturale
di interesse pubblico, che crea legami nel territorio tra sistemi produttivi
sostenibili e giovani generazioni, che gratifica i produttori agricoli in
quanto comunicatori di sé e del proprio ruolo e che permette ai ragazzi di
acquisire conoscenze e di fare esperienze pratiche sul campo.
La fattoria, quindi come luogo primario ed emblematico per promuovere una corretta comunicazione dei criteri,
dei valori, dei principi di una cultura alimentare incentrata sulla conoscenza
delle modalità produttive, delle diversità e tipicità locali, del legame tra
alimentazione e territorio, tra cultura dell’alimentazione e cultura del
territorio e quindi luogo di
identificazione con il territorio.
Queste aziende propongono ad
insegnanti e studenti itinerari
alla riscoperta dell’agricoltura e delle tradizioni culturali, storiche,
ambientali, gastronomiche, con un approccio originale, concreto e diretto.
Un’attività che nasce quindi da un progetto
educativo dell’azienda in interazione con gli insegnanti, che richiede
un costante presidio della qualità educativa da parte degli imprenditori
coinvolti e un attento monitoraggio da parte degli enti promotori.
Le
attività didattiche a sostegno dello sviluppo
rurale, rendono infatti direttamente protagoniste le strutture agricole delle
attività di educazione alimentare ed ambientale consentendo di determinare
un’occasione di contatto diretto tra settore agricolo e scuola, di far
conoscere il lavoro dell’agricoltore, “custode”
delle ricchezze ambientali e culturali del territorio e della produzione
di alimenti di qualità. La fattoria quindi, come importante risorsa di
educazione “attiva” che permette
di approfondire il legame che unisce il cibo, l’ambiente, la salute, di fornire
informazioni sulle correlazioni tra tecniche produttive a ridotto impatto
ambientale, qualità dei prodotti e consumi alimentari, di educare ai
valori e alla cultura del mondo rurale.
LA STRUTTURA PROGETTUALE
L’idea progettuale consiste
nell’attivazione sul territorio Calabrese
di una rete di aziende, scelte
per rappresentatività rispetto alla realtà agricola regionale, finalizzata a scopi didattici e a completo
servizio del mondo scolastico
Calabrese. Le fattorie didattiche diventano dunque delle vere e proprie
“aule verdi” ossia centri di educazione
alimentare e ambientale, luoghi cioè da esplorare e vivere attraverso
esperienze che stimolino la curiosità, la riflessione, lo spirito critico, per
orientare e promuovere intelligenze attraverso laboratori didattici e attività
pratiche ( preparazione del pane, del formaggio ecc.).
Per fornire questo servizio le
aziende agricole dovranno essere opportunamente
attrezzate per accogliere gli studenti e porli fisicamente nelle
condizioni di sperimentare come si ottiene un alimento tipico, come vengono ottenuti
i prodotti della terra, e come le diverse tecniche agricole rispettano la cultura, l’ambiente e la storia del
territorio rurale.
Le “fattorie didattiche”, così
individuate , rappresenteranno un valido strumento per la conoscenza
dell’ambiente rurale e del territorio Calabrese divenendo in tal modo luogo d’incontro tra il mondo agricolo ,
giovani generazioni e cittadini in
generale.
Obiettivi:
ATTORI PROTAGONISTI
E DESTINATARI
“Fattorie Didattiche “ rappresenta
un momento di incontro e di scambio reciproco tra due soggetti : l’agricoltore
e il mondo agricolo da una parte, e scuole di ogni ordine e grado, insegnanti,
ragazzi, genitori e gruppi organizzati dall’altra, con particolare riferimento
ad Associazioni culturali, del tempo libero, del volontariato e sociali, al turismo,
all’Università della terza età.
Per rendere più incisivo il
progetto presso il mondo scolastico e garantire una sempre più qualificata
attività si ritiene opportuno lavorare per un accordo di programma siglato da
un protocollo d’intesa che coinvolga tutti i soggetti: Regione, Istituzioni
Scolastiche, Province, Aziende.
Punti chiave dell’iniziativa
sono da considerarsi :
1. la formazione degli imprenditori e operatori agricoli;
2. l’aggiornamento degli insegnanti;
3. la promozione e la comunicazione dell’iniziativa.
Soggetti Coinvolti
“Fattorie Didattiche “ è un
progetto che coinvolge il settore pubblico
e privato per superare la frammentarietà del rapporto tra settore
agricolo, mondo scolastico e cittadini.
Soggetti privati: aziende agrituristiche , agricole ed agroalimentari della Calabria,
Organizzazioni Professionali Agricole, Associazioni , organismi di formazione
professionale.
Soggetti Pubblici: Regione Calabria, Assessorati alla Cultura e alla
Formazione, Assessorati alla Sanita’ ed all’ambiente, Amministrazioni
provinciali, Direzione Scolastica Regionale,
Scuole di ogni ordine e grado della Regione.
STRUTTURA ORGANIZZATIVA
Il coordinamento
Regionale del progetto è assegnato all’Assessorato all’Agricoltura.
Al fine di favorire un
coordinamento tra le diverse azioni provinciali e lo sviluppo della rete didattica si propone la costituzione di un
Comitato Tecnico Regionale cui
faranno parte i rappresentanti degli Assessorati Regionali coinvolti e delle
Amministrazioni provinciali.
Il gruppo potrà lavorare per aree
tematiche , in sottogruppi, interagire o avvalersi di competenze specifiche
degli uffici Regionali o di strutture esterne o di esperti, nelle forme
previste dalla legislazione regionale
vigente.
Gli impegni sono i seguenti:
-
dare comunicazione, in
collaborazione con la DIREZIONE
REGIONALE della Pubblica Istruzione, agli uffici scolastici periferici, e, per
loro tramite, alle singole istituzioni scolastiche, alle consulte degli
studenti e alle associazioni studentesche della Regione Calabria, dei contenuti
del progetto;
-
favorire le iniziative che
verranno in seguito concordate, cui le scuole potranno partecipare sulla base
di progetti educativi e didattici autonomamente deliberati, finalizzate a
promuovere la diffusione e l'approfondimento della cultura del territorio
legata alle attività agricole;
-
favorire l'organizzazione di
iniziative ed eventi per le scuole, dedicate ai temi della conoscenza della
agricoltura e del mondo rurale Calabrese;
-
promuovere la diffusione e
l'approfondimento nelle scuole di ogni ordine e grado della cultura del
territorio, tramite iniziative che valorizzino in particolare la conoscenza
delle attività legate all'agricoltura e alle nuove potenzialità offerte
dall'agriturismo, sia in termini di recupero delle opportunità occupazionali
che di turismo;
-
organizzare la rete regionale "Fattorie
Didattiche" dì imprese agricole che metteranno a disposizione delle scuole
che lo richiederanno il saper fare e la maestria degli agricoltori nelle
attività di coltivazione, allevamento, produzione e trasformazione dei loro
prodotti tipici;
-
svolgere programmi di formazione e aggiornamento rivolto
agli agricoltori che già svolgono o intendono svolgere attività educative con
le scuole;
-
predisporre materiale
didattico atto a sviluppare negli alunni la conoscenza delle attività agricole
e dei prodotti tipici del proprio territorio per rafforzare il senso dì
appartenenza alla comunità locale;
-
concordare con le scuole "pacchetti dì supporto alla
progettualità" delle stesse, nell'autonomia di ogni Istituto, che
mirino a offrire "percorsi possibili" nella elaborazione dei piano
dell'offerta formativa;
-
mettere a disposizione della
realizzazione dei programmi mezzi e
strutture di propria proprietà distribuite sul territorio regionale (Centri Sperimentali Dimostrativi);
-
fornire assistenza tecnica per favorire
l’adeguamento strutturale delle aziende che intendono svolgere attività
educativa;
-
effettuare l’aggiornamento
dei tecnici impegnati;
-
predisporre progetti di valorizzazione dell’ambiente rurale,
di educazione ambientale e alimentare rivolti alle scuole della regione;
-
predisporre iniziative
divulgative, giornate di studio, manifestazioni, produzione di materiale
didattico e divulgativo (Guida e mappa regionale delle fattorie didattiche);
-
curare l’organizzazione e la
promozione dell’iniziativa , anche attraverso la realizzazione del materiale
promozionale;
-
monitorare l’iniziativa.
CARATTERISTICHE DELLE AZIENDE
Criteri e monitoraggio
Si procederà all’interno di ogni
singola provincia Calabrese alla
selezione di
un numero di aziende agricole
idonee alla partecipazione al progetto in esame.
I caratteri di idoneità delle
aziende saranno determinati da:
-
rappresentatività
dell’azienda rispetto alla realtà agricola territoriale;
-
completezza del ciclo
produttivo aziendale;
-
buona capacità comunicativa
degli addetti al ciclo produttivo;
-
strutture esterne ed interne
idonee per l’accoglienza;
-
produzione a basso impatto
anbientale (agricoltura integrata o biologica) o di prodotti tipici e
tradizionali;
-
forte motivazione degli
addetti.
Occorrerà verificare la rispondenza delle aziende ai requisiti previsti (da definire attraverso un’apposita Delibera Regionale), ed effettuare il monitoraggio delle attività al fine di esaminare eventuali carenze o punti di debolezza del percorso educativo.
Si
dovrà, quindi:
-
fornire alle aziende la
scheda di verifica da distribuire agli insegnanti in visita, la scheda di registrazione delle classi, la scheda di
rilevamento da compilare a fine anno scolastico;
-
monitorare le attività
attraverso la valutazione delle schede di verifica compilate dagli insegnanti,
interviste telefoniche ad un campione di insegnanti, controlli diretti a
campione durante le visite delle classi;
-
raccogliere le richieste di
recessione da parte delle aziende o revocare l’accreditamento nel caso di gravi
inadempienze riscontrate o segnalate dall’utenza per almeno due volte
consecutive.
Ogni provincia nel proprio territorio provvede a :
-
Raccogliere annualmente le
richieste di accreditamento delle aziende agricole interessate all’iniziativa
“Fattorie Didattiche” redatta e sottoscritta nell’apposita scheda “richiesta di
Accreditamento”;
-
Stilare un elenco annuale
delle Fattorie Didattiche accreditate e trasmetterlo alla Regione entro il 15
Giugno di ogni anno.
Le fattorie didattiche
accreditate si impegnano a:
-
Rispettare i criteri definiti
dalla Regione Calabria, attraverso la sottoscrizione della Carta della Qualità.
-
Avere conseguito la
certificazione di competenza dello specifico corso di base.
-
Predisporre percorsi
significativi differenziati in base alle fasce di utenza cui l’azienda si
rivolge;
-
Concordare con la scuola
l’obiettivo didattico da raggiungere;
-
utilizzare il logo
identificativo Regionale Fattorie Didattiche nelle loro comunicazioni;
-
Fornire agli insegnanti le
schede di verifica;
-
Tenere un registro delle
classi in visita da consegnare a fine anno scolastico alla Provincia;
-
Sottoporsi al monitoraggio.
Al mondo Scolastico viene
chiesto di:
-
Inserire i percorsi in
fattoria nel programma scolastico in integrazione con il POF o il progetto di
classe;
-
Preparare gli studenti alla
visita in fattoria utilizzando il materiale messo a disposizione;
-
Documentare l’esperienza
vissuta e la ricaduta dell’iniziativa anche attraverso la scheda di verifica.
Le attività didattiche in
Fattoria presuppongono quindi:
-
La costruzione condivisa del
progetto, il coinvolgimento attivo degli insegnanti e una stretta
collaborazione tra fattorie didattiche e scuole per garantire continuità nel
tempo ed efficacia dell’intervento;
-
l’elaborazione, da parte
delle aziende, di percorsi significativi con un chiaro obiettivo didattico da
raggiungere;
-
un approccio sistemico e
interdisciplinare ;
-
metodologie interattive e
coinvolgenti basate sull’esperienza diretta, attraverso laboratori attivi e
sensoriali;
-
la diversificazione delle
proposte in funzione dei livelli di età, dei programmi scolastici e dei
progetti delle classi;
-
l’utilizzo di materiale
didattico specifico per i vari percorsi;
-
La documentazione
dell’esperienza e la valutazione della ricaduta.
AZIONE 1: CRESCITA E
QUALIFICAZIONE DELLA RETE FATTORIE DIDATTICHE
FORMAZIONE
La formazione degli operatori assume carattere preminente e
strategico per la crescita e la qualificazione delle Fattorie Didattiche.
Le aziende aderenti al circuito
delle fattorie didattiche devono seguire uno specifico percorso formativo
finalizzato alla loro crescita professionale in relazione alla figura di
operatori didattici in ambito rurale. La finalità è quella di fornire
all’utenza scolastica un’offerta didattica valida e la necessaria
professionalità e garanzia durante le visite in fattoria.
Aggiornamento
degli insegnanti: Anche in questo caso sarà
predisposto un corso specifico al fine di illustrare al corpo docente le
caratteristiche del mondo agricolo Calabrese con riferimenti alle singole
realtà provinciali;
L’Aggiornamento degli insegnanti
sarà finalizzato a guidare gli allievi in percorsi di conoscenza, propri dell’educazione ambientale ed
alimentare (da attivarsi attraverso le istituzioni scolastiche competenti).
Il corso per le aziende che
aderiscono al progetto “Fattorie Didattiche” al fine di acquisire le conoscenze di base in materia di
logistica, igiene, accoglienza e sicurezza dei locali e dei luoghi accessibili
ai ragazzi e garantire, quindi lo svolgimento delle attività e delle visite nel migliore dei modi , prevede quattro moduli didattici:
I modulo: PARTE GENERALE
Oltre alla presentazione generale del corso, vengono
analizzati gli aspetti fondamentali
che caratterizzano questa attività:
- Fattoria didattica e multifunzionalità;
- Il rapporto tra scuola e fattoria;
- Attività pedagogica la scuola incontra la fattoria;
- La comunicazione in ambito scolastico;
- Didattica e metodologie di comunicazione per le diverse
fasce di età: tecniche di
promozione e pubblicità per le fattorie didattiche, uso del
marchio, ecc.;
- L'esperienza fattorie didattiche in altre regioni
italiane e/ straniere
II modulo: ORGANIZZAZIONE DELL'AZIENDA PER LO SVOLGIMENTO
DELL'ATTIVITA'
In questo modulo vengono analizzati e sviluppati tutti gli
accorgimenti da mettere in atto per avviare in azienda agricola/agrituristica
attività didattiche finalizzate al mondo della scuola:
-
Piano d'impresa per l'avvio
di una fattoria didattica;
-
Aspetti amministrativi e
fiscali nelle fattorie didattiche: apertura e gestione amministrativa di una fattoria didattica,
norme igienico sanitarie, ecc.
-
Sicurezza e prevenzione nelle
fattorie didattiche: 626, sicurezza macchine, fabbricati e strutture, antincendi, assicurazioni, ecc.
-
Il progetto aziendale: opere
strutturali, infrastrutturali e servizi da realizzare per rendere l'azienda
accogliente da un punto di vista didattico/educativo – come strutturare e
gestire un laboratorio didattico/pedagogico, accessibilità a mezzi e persone, ecc.
III modulo: LE FILIERE PRODUTTIVE DIDATTICHE
In questo modulo vengono trasmesse informazioni e
sviluppate esperienze concrete finalizzate ad organizzare e rendere fruibile
didatticamente i vari processi della produzione agricola al mondo della scuola.
IV modulo: STAGE
Nel modulo conclusivo, i partecipanti al corso hanno
l’opportunità attraverso uno stage, di visitare esperienze significative di
"fattorie didattiche" già operanti in Italia e in Francia.
SEMINARI DI AGGIORNAMENTO
Al corso di base dovranno seguire necessariamente dei Seminari di aggiornamento sui seguenti
temi:
- I fondamenti della pedagogia attiva. La progettazione
didattica. Quale approccio con le diverse scuole.
- L’importanza pedagogica del gioco.
- Metodologie didattiche per fasce di utenza.
- I laboratori del gusto e dei sensi in fattoria.
- I punti chiave nella costruzione del percorso didattico;
la documentazione con Internet.
- Aspetti psicologici
dell’accoglienza e della comunicazione.
- Il cibo nella costruzione attiva dell’identità personale.
- Lavorare in gruppo, lavorare in rete, comunicare e
promuovere attività e valori della ruralità.
- Le produzioni ecocompatibili e di qualità. La sicurezza
alimentare.
- L’agricoltura sostenibile:l’agricoltura biologica ed
integrata, la salvaguardia del paesaggio rurale, della biodiversità, delle
risorse naturali.
- La globalizzazione dei consumi, salvaguardia della
tipicità delle produzioni, tradizioni rurali.
- La trasformazione dei prodotti aziendali.
- Norme fiscali per la vendita di prodotti dell’azienda e
per l’attività didattica.
- Sicurezza nelle Fattorie Didattiche: prevenzione e
rischi.HCCP.
- La cura del cliente e la qualità del servizio offerto.
- Rapporto ed interazione fattorie didattiche/ scuole/
gruppi d’interesse.
- Diversificazione dell’utenza : attività rivolte agli
anziani; di educazione all’ambiente e
al consumo consapevole per i cittadini consumatori;attività volte all’inserimento sociale.
MARCHIO E DISCIPLINARE DI
QUALITA’ “Fattorie didattiche”
Il
Marchio di qualità e il relativo disciplinare consentono la strutturazione di
una rete permanente di aziende agricole capaci di offrire servizi didattici
riconosciuti ed identificati.
Il
disciplinare codifica i requisiti base
che l’azienda dovrà soddisfare per poter svolgere attività didattica e,
particolare, ne garantira’ l’autenticità, la capacità professionale e la
sicurezza.
E’ necessaria la rispondenza ai
requisiti previsti alla Carta della Qualità aggiornata in base alle normative
sulla Sicurezza e sull’igiene degli alimenti. Il rispetto delle norme igienico
-sanitarie per laboratori manipolazione di
alimenti devono essre definite da un gruppo di lavoro interassessorile -
agricoltura e sanità.
LA
CARTA DELLA QUALITA’
Il forte interesse suscitato
dall’iniziativa Fattorie Didattiche sia presso gli agricoltori, che presso le
scuole, ha incrementato notevolmente il numero delle aziende coinvolte e le aspettative
verso queste attività. Si pone l’esigenza, nell’ambito del coordinamento
regionale, di definire criteri standardizzati per la selezione delle aziende e
la verifica della validità didattica delle proposte. L’aspetto principale da
considerare è che le visite delle scolaresche vengano svolte prioritariamente
con un chiaro obiettivo didattico da raggiungere e valorizzate sia dagli
agricoltori sia dagli insegnanti responsabili; le classi possono, inoltre
utilizzare la fattoria per trascorrere giornate "en plein air" a
contatto con la natura. Le aziende agricole ed agrituristiche aderenti al
progetto ed inserite nella rete delle fattorie didattiche Calabresi devono
rispondere ai requisiti di base sotto elencati e si impegnano a rispettare la carta
della qualità.
Caratteristiche produttive
Adozione di sistemi di produzione
biologica o integrata o di produzioni tipiche di qualità
Formazione degli agricoltori
Accoglienza
Didattica
Sicurezza
AZIONE 2: COMUNICAZIONE E
PROMOZIONE DELLA RETE FATTORIE DIDATTICHE
AZIONE 3: SITO INTERNET:
Fattorie Didattiche Calabria
Nell’ambito di questo progetto è
prevista la realizzazione di un sito-web, con la finalità di predisporre uno
strumento che sia di promozione, di informazione e di interattività, tra i
soggetti responsabili del progetto, le aziende aderenti al circuito “Le
fattorie Didattiche” ed i fruitori di questi servizi (mondo della scuola,
famiglie, gruppi organizzati, cittadini, ecc.)
AZIONE 4: UNITA’ DIDATTICHE
sulle filiere produttive
Per ogni filiera verrà proposta
una ipotesi di modello didattico, con indicazione di specifici percorsi
didattici riferiti essenzialmente al
mondo della scuola.
In linea generale , all’interno
delle aziende saranno possibili i seguenti percorsi diversificati a seconda
dell’ordinamento produttivo:
- Produzioni zootecniche
- produzioni vegetali
- percorsi agroambientali e
culturali.
Le filiere interessate sono
riconducibili all’indirizzo produttivo delle aziende aderenti.
Tuttavia , a titolo di esempio, si
riportano le principali filiere che potranno essere attivate:
- Cereali,pane , prodotti da forno
e pasta alimentare;
- Latte, formaggi e derivati;
- Carne;
- Olio;
- Vino;
- Frutta e trasformati;
- Ortaggi e trasformati;
- Apicoltura, miele, cera,
propoli, pappa reale;
- Piante officinali e trasformati;
-
biologico.
Introduzione
Nelle aree rurali sono in atto
profondi cambiamenti e lo spazio rurale non si identifica più solo con l’agricoltura,
ma diventa il luogo di molteplici attività produttive, di consumo e di
servizio.
In tale contesto, uno sviluppo
rurale sostenibile è possibile valorizzando anche le risorse proprie della
ruralità, legate al capitale sociale e culturale, localizzate all’interno del
territorio, in un percorso che tenga
insieme pubbliche amministrazioni, imprese e società civile e capace di
generare complementarietà tra welfare rurale ed urbano.
Appare evidente, pertanto, come la responsabilità sociale d’impresa,
inserita in un contesto di agricoltura multifunzionale, possa fornire nuovi presupposti per lo sviluppo
locale e come il ruolo dell’agricoltura non possa essere limitato solo alla
produzione beni primari.
Essa rappresenta, infatti, un
sistema di attività strettamente collegate con lo sviluppo delle aree rurali e
con la produzione di servizi per la società, in quanto oltre a svolgere il
ruolo di veicolo e tutrice della
tradizione storica e culturale del territorio, di salvaguardia dell’ambiente e
del paesaggio, può avere anche una specifica funzione sociale.
Questa si esplica mediante
l’attività didattica, terapeutico-riabilitativa, assistenziale e di inserimento
nel mondo del lavoro di soggetti svantaggiati.
Nell’ambito dell’attività
didattica rientrano tutte quelle iniziative che hanno come obiettivo
l’avvicinamento dei bambini e dei ragazzi alle attività agricole ed alle
modalità con cui vengono prodotti e trasformati gli alimenti: fattorie
didattiche, laboratori ed aule di ecologia all’aperto, orti scolastici e
percorsi dimostrativi della coltivazione di piante e di allevamenti.
La funzione terapeutico –
riabilitativa e di inserimento nel mondo del lavoro è invece rivolta a diverse
categorie di persone svantaggiate dal punto di vista fisico, psichico, mentale
e lavorativo.
L’agricoltura ha, infatti, in tal
senso, grandi potenzialità, sia per la semplicità e varietà delle mansioni, sia
perché presuppone il contatto diretto con la natura e con organismi viventi
(piante ed animali) con i quali, per queste persone, è più semplice
relazionarsi.
Le attività agricole condotte a
fine terapeutico e riabilitativo sono molteplici; sono, ad esempio, noti da
tempo, gli effetti benefici
dell’ippoterapia, che si pratica sempre più spesso, in aziende nelle quali si allevano
cavalli; negli ultimi anni è stato inoltre dimostrato, come anche l’apicoltura,
la frutticoltura, il florovivaismo e l’allevamento di piccoli animali, abbiano
grande efficacia nella cura e nella riabilitazione.
Per quanto riguarda l’attività
assistenziale, essa si potrebbe attuare in vari modi, estendendosi dalla cura
degli anziani, che potrebbero soggiornare periodicamente in aziende agricole
preposte a tal fine, alla possibilità di ospitare persone in degenza
post-ospedaliera, le quali stando in campagna piuttosto che in ospedale,
avrebbero un processo di riabilitazione, senza dubbio migliore ed a costi più
contenuti.
Sulla base di tali considerazioni,
si sta diffondendo sempre di più l’idea di fattoria sociale, intesa come
un’impresa economicamente e finanziariamente sostenibile, condotta in forma
singola o variamente associata, che svolge l’attività produttiva agricola e
zootecnica, proponendo i suoi prodotti sul mercato, in modo integrato con
l’offerta di servizi culturali, formativi, assistenziali ed occupazionali a
vantaggio di soggetti deboli (portatori di handicap, tossicodipendenti,
detenuti, anziani, bambini ed adolescenti) e
valorizzando aree marginali (montagna e centri più isolati), in
collaborazione con le istituzioni pubbliche e con il mondo del terzo settore.
Operare nell’ottica di
un’agricoltura socialmente responsabile significa, quindi, dare anche un valore etico a prodotti di qualità,
in quanto ottenuti nel rispetto dell’ambiente e con criteri che tutelano il
benessere e la salute dei consumatori.
La valorizzazione commerciale di
tali produzioni può avvenire sia mediante la vendita diretta in azienda, sia
mediante la vendita attraverso canali preferenziali, quali mense scolastiche,
ospedali ecc., sia rifornendo gruppi di
acquisto solidale, sia mediante l’etichettatura etica.
Il progetto
Il Paese europeo, in cui il fenomeno delle Fattorie sociali è maggiormente diffuso è l’Olanda, in cui operano circa 500 realtà (care-farm). Attualmente, in Italia, le Regioni in cui si stanno sviluppando, con ottimi risultati, tali esperienze sono soprattutto il Lazio e la Toscana.
Per questo motivo si reputa necessario procedere allo studio analitico del settore in ambito regionale, mancando allo stato dell’arte un robusto riferimento statistico che inquadri in maniera scientifica il fenomeno, comunque presente nelle nostre campagne ed ambiti rurali.
Il progetto “Agricoltura Sociale in Calabria: conoscenza, analisi del fenomeno e promozione delle attività sociali in ambito rurale” ha, così, lo scopo di approfondire la conoscenza di questo particolare comparto dell’agricoltura regionale e di promuovere un insieme di pratiche ed esperienze che cominciano ad essere diffuse anche nelle campagne calabresi.
L’agricoltura sociale potrebbe rappresentare una grande opportunità di sviluppo economico, culturale e sociale ed, in tale ottica, il ruolo dei Servizi di Sviluppo Agricolo potrebbe essere determinante attraverso la programmazione di attività divulgative inserite in contesti di servizi, non più e/o non solo diretti alla singola impresa ma, piuttosto, al territorio nel suo complesso, in sintonia con una nuova concezione di Sviluppo rurale.
Da questo punto di vista sembra opportuno assecondare un indirizzo presente nel Piano Strategico Nazionale per lo Sviluppo Rurale, al fine di attrezzare l’Agenzia ed, in definitiva, la Regione per offrire servizi reali alle imprese ed alle realtà territoriali in questo ambito.
Si propone, quindi, un percorso progettuale di conoscenza e approfondimento (all’interno del più generale programma di divulgazione “Agricoltura multifunzionale”) del fenomeno agricoltura sociale.
L’obiettivo è quello di fare tesoro delle esperienze e delle competenze acquisite nelle aziende e nelle realtà locali calabresi ed extra regionali, nelle quali l’agricoltura sociale viene già praticata.
Nel dispiegarsi della prima fase progettuale (la conoscenza e l’analisi) si avrà l’opportunità di riconoscere e confrontarsi con il patrimonio di competenze, di relazioni e di metodologie che si sono cumulate, rispetto all’innovativo patrimonio di sapere che in Calabria ma soprattutto al di fuori di essa si è sviluppato sul tema della socialità.
Mentre nella seconda fase, si tratterà di promuovere un più stretto legame tra le esperienze in atto sul tema della socialità nelle aree rurali e nelle aziende agricole, con il settore dei servizi alla persona, con l’obiettivo della creazione di un’adeguata rete di servizi essenziali per le popolazioni rurali.
L’articolazione
del progetto prevede schematicamente le seguenti azioni:
1) studio, analisi ed interpretazione della realtà dell’agricoltura sociale in Calabria;
2) promozione e divulgazione della funzione sociale dell’agricoltura;
3) attivazione di convenzioni e collaborazioni tra i soggetti proponenti e gli attori istituzionali e sociali calabresi (AA.SS.LL., OO.PP.AA., Associazioni e Soc. Copp. Sociali, Associazioni di volontariato, ONLUS).
DESCRIZIONE DELLE AZIONI PROGETTUALI
Studio, analisi ed interpretazione della
realtà dell’agricoltura sociale in Calabria
La prima azione progettuale prevede l’attivazione di pratiche che permettano lo studio analitico del comparto su base regionale.
L’intento è quello di approfondire la conoscenza del particolare settore produttivo, attraverso il coinvolgimento di tutte le strutture dell’Agenzia dedicate sia alla ricerca, sia alla divulgazione agricola, per produrre un primo documento che racchiuda tutte le informazioni concernenti le esperienze di agricoltura sociale in Calabria oltre che nel resto d’Italia, da redigere e pubblicare.
Per la redazione del documento ci si rivolgerà anche a risorse umane ed intellettuali esterne all’ambito dell’Agenzia, per confrontare i livelli di conoscenza ed approfondimento della materia con esperti di livello nazionale.
Il documento servirà da base conoscitiva e manualistica per le successive azioni del programma.
Promozione e
divulgazione della funzione sociale dell’agricoltura
Nel corso del primo anno, ma in maggior misura nel secondo e nel terzo, si programmeranno azioni volte a mettere in rete le realtà censite con il lavoro di studio ed analisi effettuato, affinché possa nascere e/o consolidarsi un sistema di relazioni organizzative e funzionali tra le imprese, società cooperative sociali, associazioni di volontariato, servizi sociali territoriali, Enti Locali che fossero impegnati in progetti di agricoltura sociale.
Il lavoro, vero e proprio impegno di animazione, consisterà in incontri, seminari, giornate di studio e confronto, organizzati presso le realtà produttive impegnate del comparto; in particolare gioverà molto, con ogni probabilità, la visita a consolidate esperienze fuori dalla Calabria e/o, se fosse utile e necessario, ad esperienze extra-nazionali.
L’Agenzia potrebbe avere la funzione di raccordo tra le esperienze, con carattere di consulenza e di promozione delle attività; allo scopo potrebbe essere utile la redazione di un periodico di informazione tecnico-legislativo sul tema.
Tutta l’attività prevista nel progetto metterà i tecnici in condizione di confrontarsi a livello tecnico, scientifico, relazionale con i diversi attori dell’Agricoltura sociale.
Tra questi possono essere annoverati, come s’è visto, le aziende sanitarie locali, le Associazioni di volontariato, le OO.PP.AA., le Coop. Sociali etc.
I livelli operativi, istituzionali di queste relazioni dovranno sicuramente essere regolati da protocolli che chiariscano, oltre le semplici ed ordinarie relazioni di assistenza e consulenza aziendale, i rapporti tra gli attuatori del progetto e i soggetti istituzionali esterni ad essi.
Si reputa, quindi necessario, definire, sulla scorta della conoscenza tecnica e legislativa della complessa materia del benessere sociale (Welfare) diverse convenzioni che regolino bilateralmente od in materia più complessa i rapporti tra Enti.
ESIGENZE FINANZIARIE COMPLESSIVE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione dell’intero progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 614.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
185.000 |
159.000 |
165.000 |
509.000 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
|
215.000 |
194.000 |
205.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
614.000 |
PROGETTO DI
COMUNICAZIONE E DIVULGAZIONE AGRICOLA
SERVIZIO DI
ACCOMPAGNAMENTO ALLE NORMATIVE E AI FINANZIAMENTI
IN AGRICOLTURA
Al fine di
comunicare in modo organico le normative e i finanziamenti in campo agricolo,
occorre un approccio integrato che veda la sinergia tra le azioni di
informazione, comunicazione, consulenza aziendale, formazione e ricerca.
La Riforma di medio termine
della PAC ed il Regolamento sullo Sviluppo rurale per il periodo 2007-2013
ripropongono e valorizzano i Servizi di sviluppo quali strumenti per
l’attuazione delle politiche agricole e rurali e per il miglioramento delle
capacità professionali ed imprenditoriali degli operatori agricoli.
In materia di informazione,
diffusione di conoscenze e formazione, l'evoluzione e la specializzazione
dell'agricoltura e della silvicoltura richiedono un adeguato livello di
informazione tecnica ed economica, comprendente conoscenze specialistiche nelle
nuove tecnologie dell'informazione, nonché un'adeguata sensibilizzazione in
materia di qualità dei prodotti, risultati della ricerca e gestione sostenibile
delle risorse naturali, compresi i requisiti di condizionalità e le pratiche
produttive compatibili con le esigenze di salvaguardia e valorizzazione del
paesaggio e di protezione dell'ambiente.
È pertanto necessario
estendere l'offerta di attività di informazione e di diffusione di conoscenze a
tutti gli attori dello sviluppo rurale, da realizzare con strumenti specifici
(notiziario multimediale, sito web, servizio sms, incontri e seminari regionali
e locali, pubblicazioni a carattere divulgativo, ecc.) e in favore della
società civile ed economica, per rendere più visibile la politica di sviluppo
rurale e l’intera politica agricola.
Una corretta e puntuale informazione legislativa sulla politica agricola comunitaria, nazionale e regionale è essenziale per far conoscere agli attori economici operanti nel settore primario le possibili ricadute in termini di sviluppo del territorio e per il miglioramento dell’efficienza e della competitività dei servizi e delle infrastrutture.
Un utilizzo razionale e corretto dei fondi disponibili, che discende anche da un’informazione capillare e tempestiva, potrà consentire, attraverso la valorizzazione del territorio rurale e delle sue potenzialità, l’avvio di un processo di sviluppo per l’intero sistema produttivo agroalimentare regionale.
Il progetto si propone di “strutturare la comunicazione” sia all’interno dell’Agenzia, tra i tecnici che operano in linea diretta con le realtà agricole, sia all’esterno con la realizzazione di un circuito dinamico di diffusione delle informazioni.
Il ruolo della divulgazione attraverso l’utilizzazione dei canali della stampa e multimediali è fondamentale per rendere fruibili le conoscenze acquisite e per aumentare la visibilità esterna. Attraverso un intervento ragionato e sistematico nel campo della comunicazione, l’ARSSA può diventare un punto di riferimento centrale per i soggetti del mondo agricolo e rurale anche fuori della Calabria e valorizzare il patrimonio agroalimentare calabrese.
Il presente progetto interessa l’intero territorio regionale e si prefige il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
a) promuovere, attraverso i giornali, le televisioni ed i new-media, la Politica Agricola comunitaria, nazionale e regionale (finanziamenti e vincoli);
b) realizzare un periodico multimediale specializzato in agricoltura che operi da collegamento tra Ente pubblico e mondo agricolo al fine di consolidare il rapporto pubblico-operatore agricolo;
c) attivare un servizio informativo “via SMS”;
d) creare un gruppo di lavoro che si occupi della comunicazione;
e) realizzare un servizio che sia di supporto legislativo a livello regionale;
f) realizzare un sito WEB;
g) fornire informazioni accessibili agli utenti con messaggi che siano direttamente fruibili senza filtri intermedi al fine di raggiungere il maggior numero di aziende e tecnici che operano nel settore agroalimentare;
h) generare nell’opinione pubblica una corretta comprensione dei problemi del mondo agricolo e rurale e suggerire una comune responsabilità nei confronti dei problemi della qualità, della sicurezza alimentare, della sostenibilità;
i) favorire lo sviluppo delle attività economiche nelle aree rurali e promuovere un’agricoltura sostenibile e multifunzionale.
Negli ultimi anni le Istituzioni (Unione Europea, Stato, Regione) hanno dato particolare rilievo alle attività di comunicazione.
Il Consiglio europeo di Lisbona, nell’anno 2000 ha concordato un nuovo obiettivo strategico per l'UE, mirato a sostenere l'occupazione, le riforme economiche e la coesione sociale nel contesto di un'economia basata sulla conoscenza, ovvero:
“… diventare l'economia, basata sulla conoscenza, più
competitiva e dinamica del mondo, in grado di realizzare una crescita economica
sostenibile con nuovi e migliori posti di lavoro e una maggiore coesione
sociale”.
Tra le iniziative portate avanti dalla UE nel campo dell’informazione si ricordano il libro bianco su una politica europea di comunicazione del febbraio 2006 e l’invito a presentare proposte per il "sostegno a favore di azioni di informazione nel settore della politica agricola comune", relativi all'attuazione di programmi di attività annuali e di azioni d'informazione specifica iscritte nella linea di bilancio 5 agosto 2006 per il 2007 (Gazzetta Ufficiale U.E. serie C 236 del 30/9/2006).
Per quanto riguarda l’utilizzo dei fondi comunitari, il Regolamento (CE) n. 1159/2000 della Commissione, relativo alle azioni informative e pubblicitarie a cura degli Stati membri sugli interventi dei Fondi strutturali, sancisce il diritto dei cittadini europei all’informazione e alla trasparenza su tutte le fasi di realizzazione dei programmi d’intervento cofinanziati dai fondi. Tale diritto è sostenuto anche nel Regolamento CE n. 1083/2006 del Consiglio dell'11 luglio 2006 (che abroga il Regolamento CE n. 1260/1999) il quale stabilisce con riguardo ai Programmi operativi 2007– 2013 (art. 69 “Informazione e pubblicità”) che lo Stato membro e l'Autorità di gestione dei programmi devono fornire informazioni circa i programmi cofinanziati e le operazioni e devono pubblicizzarli; inoltre l’articolo precisa che le informazioni sono destinate ai cittadini dell'Unione europea e ai beneficiari allo scopo di valorizzare il ruolo della Comunità e di garantire la trasparenza dell'intervento dei Fondi.
A livello nazionale e regionale si segnalano: il PICO (Piano per l’Innovazione, la Crescita e l’Occupazione del 2005 che è il Piano italiano in attuazione del rilancio della Strategia europea di Lisbona) ed il Piano strategico e d'azione per lo sviluppo della società dell'informazione in Calabria del marzo 2005.
Per l’attuazione del progetto dovranno essere istituite le seguenti unità operative, formate da personale afferente a varie strutture, che sarà individuato al momento opportuno:
A) Gruppo Centrale di Coordinamento
B)
Osservatorio Territoriale
C) Unità
Operativa di Divulgazione
Il Gruppo
Centrale di Coordinamento:
L’Osservatorio
Territoriale:
· analizza la situazione del territorio di propria competenza e comunica al Gruppo di Coordinamento idee ed ipotesi operative da poter attuare nel breve e nel medio periodo, anche rimodulando l’attività programmata dal Gruppo Centrale di Coordinamento;
· recepisce i prodotti scaturenti dell’attività del Gruppo di Coordinamento e li utilizza in funzione delle specificità territoriali;
· convoca riunioni periodiche con la frequenza necessaria a garantire la realizzazione delle iniziative nei tempi richiesti.
L’Unità
Operativa di Divulgazione
6 - Beneficiari
Considerata l’importanza degli interventi e soprattutto il vasto campo delle attività programmate, inevitabilmente i gruppi ed i soggetti ai quali l’informazione è diretta risultano essere ampi e diversificati:
Þ autorità pubbliche competenti: enti ed organismi pubblici che istituzionalmente accedono, per realizzare gli interventi, alle risorse dei Fondi strutturali;
Þ potenziali beneficiari e destinatari finali degli interventi: imprenditori agricoli, Enti locali, etc.;
Þ organizzazioni professionali e di categoria: OO.PP.AA ed altri enti ed organismi pubblici e privati a scala regionale e provinciale che raggruppano soggetti che svolgono o sono coinvolti a vario titolo in una o più attività inerenti i Fondi strutturali;
Þ organismi per le pari opportunità: impegnati in tutte quelle attività volte a garantire pari opportunità ad uomini e donne;
Þ opinione pubblica: tutta la popolazione regionale;
Þ intermediari dell’informazione: mass media nazionali, regionali e locali.
7 - Attività previste
7.1 – Predisposizione del Piano di Comunicazione
Al fine
valorizzare il ruolo dei Servizi di Sviluppo occorre un approccio integrato che veda la
sinergia tra le seguenti azioni:
Le azioni di comunicazione verranno programmate e gestite attraverso lo strumento del Piano di comunicazione.
L’elemento di
innovazione del suddetto progetto è costituito dalla scelta strategica di
utilizzare al meglio ed in modo integrato le opportunità offerte dalle
tecnologie dell’informazione e della comunicazione per la realizzazione di un
sistema informativo efficace ed efficiente che supporti i Soggetti coinvolti.
Sono previste diverse attività progettuali, tra cui: l’utilizzazione dei mezzi di comunicazione presenti sul territorio, la creazione di un periodico multimediale e di un servizio informativo “via SMS”. Si interverrà nel panorama della stampa con inserti speciali a carattere periodico, si attiverà una significativa presenza nel campo radiotelevisivo.
7.2 - Attività editoriale e multimediale
L’attività editoriale sarà utile in tutti quei casi in cui si rendano necessari studi, analisi ed approfondimenti tematici. Si prevede la realizzazione di una linea editoriale prettamente regionale in cui trattare specificatamente il ruolo di Comunità, Stato e Regione, gli aggiornamenti normativi, gli approfondimenti giuridici ed economici, riflessioni ed opinioni degli operatori del settore, analisi tematiche, interazione e confronti con altre iniziative, sintesi di studi, recensioni.
Tra gli strumenti utilizzabili si segnalano:
- Servizio sms - news;
- Newsletter - bollettino multimediale periodico;
- Brochure specialistica - informazione ed approfondimenti;
- Opuscoli informativi - piccole guide;
- Riviste specializzate, giornali, radio, tv locali - articoli di approfondimento e studi;
- Sito WEB;
- Rete RISCA – implementazione.
7.3 - Newsletter
La Newsletter sarà articolata per sezioni (es. editoriale, interviste su temi specifici, progetti esemplari, bandi in scadenza, convegni, attività).
La newsletter, che costituirà il filo conduttore di tutto il Piano di Comunicazione, avrà una sua collocazione sul sito web e nella rete RISCA ma potrà essere distribuita anche in allegato ai quotidiani calabresi ed in forma elettronica attraverso l’invio per e-mail ai soggetti che ne faranno richiesta.
Il periodico avrà, inizialmente, una cadenza mensile e tratterà argomenti inerenti alle problematiche che investono direttamente il settore agricolo: legislazione, tecnica colturale, gestione economico-aziendale, attività svolte (incontri, sperimentazione, prove dimostrative, etc.), produzioni agroalimentari regionali (con particolare attenzione ai prodotti tipici calabresi), itinerari enogastronomici (strade del vino e dei sapori) ed altre notizie varie. In una prima fase il periodico sarà diffuso tramite Internet e, successivamente, a mezzo stampa.
7.4 - Attivazione servizio SMS
L’attivazione di un servizio SMS consentirà di fornire informazioni di primo livello e prevalentemente di carattere generale, cercando di orientare l’utenza che troverà informazioni più dettagliate sul sito Web.
L’attività progettuale,
innovativa, si inserisce in un’attività globale di rilancio ed implementazione
della comunicazione istituzionale dell’Agenzia.
Si tratta di un servizio informativo "via sms",
attraverso il quale, sui telefonini degli utenti che si registreranno,
arriveranno gratuitamente le news.
Le news tratteranno argomenti inerenti le problematiche che
investono direttamente il settore agricolo: attività svolte (incontri,
sperimentazione, prove dimostrative, etc.), possibilità di accesso a finanziamenti;
legislazione, tecnica colturale, produzioni agroalimentari regionali ed altre
notizie.
Dopo una fase di rodaggio si valuterà la possibilità di
offrire il servizio a pagamento o di sponsorizzarlo e prevedere, quindi,
l’invio di un numero limitato di SMS pubblicitari.
Il servizio eroga informazioni in formato SMS sulle attività portate avanti dagli enti preposti ai Servizi di Sviluppo Agricolo e sulle problematiche che investono direttamente il settore agricolo.
Le informazioni, inviate faranno capo al responsabile della Newsletter, che provvederà a smistarle in formato adatto al gestore dal servizio.
L’utente si
registrerà al servizio (inviando un SMS ad un numero dedicato, o compilando un
modulo elettronico on-line attraverso il sito WEB), specificando l’area di suo
interesse (eventi – finanziamenti – varie – tutto). Con l'iscrizione il suo
numero di cellulare è inserito in un database e da quel momento riceverà in
automatico le informazioni. È inoltre prevista la possibilità di cancellarsi,
sempre via sms, evitando di ricevere informazioni non richieste.
Attualmente, data la caratteristica degli sms, è possibile inviare solo messaggi brevi e concisi, preferibilmente entro i 160 caratteri o i 320 caratteri (se si divide il messaggio in due sms).
Gli SMS vengono venduti in pacchetti che variano da 1.000
SMS a più di 1.000.000 SMS. Più grande è il pacchetto, inferiore sarà il costo
di ogni singolo sms. Non vi sono né costi di attivazione, né costi mensili. Il pacchetto di SMS dovrà essere consumato entro il
dodicesimo mese alla data cui si riferisce l’acquisto. Il credito di SMS non
consumato a termine contratto potrà essere rinnovato prolungando i termini
dell’accordo di ulteriori 12 mesi.
È possibile la
personalizzazione del messaggio includendo la personalizzazione del
mittente/intestazione, inserendo il numero telefonico del mittente (es:
09846831) o una dicitura alfanumerica per max 11 caratteri alfanumerici e 16
caratteri numerici.
Esempio di sms:
Finanziamenti per l’imprenditoria femminile. Aperto il 6° bando della legge n.
215/92 (GU 291/2005). La domanda va inoltrata entro il 17 marzo 2006. Rif. 001
sito web ARSSA.
Esempio modulo iscrizione
Nome* |
|
Cognome* |
|
Cellulare* |
|
Sesso |
|
Età |
|
Professione |
|
|
|
Argomenti* |
q Eventi |
|
q Finanziamenti |
|
q Varie |
|
q Tutto |
|
q Trattamento dati** |
*Sono indicati con l'asterisco i campi obbligatori
**Ai sensi dell'art. 13 del D.Lgs.
30.06.2003 n° 196 “ Codice in materia di protezione dei dati personali “, La
informiamo che: L'indicazione dei dati personali richiesti è obbligatoria per
accedere al servizio. I dati forniti saranno trattati nell'ambito dell'attività
istituzionale dell'Agenzia esclusivamente a fini statistici e per scopi di
ricerca interna. I dati potranno circolare all'interno dell'Agenzia, previa
valutazione della compatibilità della richiesta con i fini istituzionali
dell'Agenzia stessa, nella misura e secondo le modalità strettamente necessarie
a soddisfare la richiesta. L’art. 7 del codice medesimo conferisce all'interessato l'esercizio di specifici diritti. Tali diritti potranno
essere fatti valere nei confronti del Responsabile del trattamento dei dati
personali individuato nel Responsabile del xxx – via y, n.z - Cosenza". Previa lettura della presente
informativa, lei autorizza l'ARSSA a utilizzare i suoi dati per offrirle le
informazioni con le modalità sopra indicate. In qualsiasi momento e
gratuitamente, ai sensi dell'art. 7, lei potrà verificare, correggere, far
modificare o eliminare i suoi dati o opporsi al loro utilizzo scrivendo a :
xxxx.
Al
termine dell’iscrizione si riceverà un messaggio SMS sul cellulare di conferma
di avvenuta registrazione al servizio, che
rimarrà attivo per un anno.
Si riporta una tabella orientativa dei costi
Quantità SMS |
Costo a singolo SMS |
Costo Totale senza IVA |
Costo Totale con IVA |
1.000 |
€ 0.085 |
€ 85,00 |
€ 102,00 |
2.000 |
€ 0.080 |
€ 160,00 |
€ 192,00 |
5.000 |
€ 0.070 |
€ 350,00 |
€ 420,00 |
10.000 |
€ 0.065 |
€ 650,00 |
€ 780,00 |
20.000 |
€ 0.059 |
€ 1.180,00 |
€ 1.416,00 |
50.000 |
€ 0.058 |
€ 2.900,00 |
€ 3.480,00 |
100.000 |
€ 0.057 |
€ 5.700,00 |
€ 6.840,00 |
200.000 |
€ 0,055 |
€ 11.000,00 |
€ 13.200,00 |
500.000 |
€ 0,054 |
€ 27.000,00 |
€ 32.400,00 |
1.000.000 |
€ 0,053 |
€ 53.000,00 |
€ 63.600,00 |
7.5 - Rete
RISCA
Si collaborerà con la Rete di Collegamento interregionale denominata R.I.S.C.A. (Rete Informativa per i Servizi di Consulenza Aziendale), che sarà attivata a breve.
Si tratta di una rete di collegamento tipo Intranet/Extranet, con accesso limitato ad utenti autorizzati che possono reperire e condividere documenti e/o informazioni d’interesse comune.
7.6 -
Comunicazione interna
Parallelamente alla diffusione all’esterno dell’Amministrazione di notizie riguardanti ad es., i Fondi strutturali, si considera utile predisporre dei modelli di comunicazione interna che permettano un coordinamento ed un’informazione operativa standardizzata (e-mail, rete RISCA, note divulgative).
7.7 -
Organizzazione Self-Service Informativo
Tramite la creazione di postazioni ad hoc è possibile soddisfare automaticamente bisogni di orientamento o d’accesso ai servizi offerti.
A tal fine saranno messi in opera strumenti di facile consultazione per il pubblico.
7.8 - Servizio
di sportello e rilascio di materiale informativo
Sul territorio regionale saranno individuati i presidi di maggior afflusso dell’utenza, alcuni già presenti come strutture regionali (eventualmente da potenziare). All’interno dell’amministrazione sarà organizzato uno sportello di help desk dove sarà possibile ottenere informazioni sulle opportunità, target previsto, informazioni di carattere economico finanziario ecc. Inoltre sarà possibile reperire materiale utile quale: vademecum, guide, brochure, formulari e modulistica per inoltrare le domande ed altro materiale informativo.
7.9 - Seminari
e convegni
Si tratta di occasioni di incontro e tavole rotonde mirate, dove gli addetti ai lavori si ritrovano ad illustrare, discutere ed organizzare le attività. Gli incontri possono essere tra esponenti degli enti, delle amministrazioni, degli imprenditori agricoli, dei comitati per le pari opportunità, dei rappresentanti di categorie. Obiettivi principali degli incontri: migliorare ed accompagnare l’attuazione della programmazione ed informare gli imprenditori agricoli di bandi, scadenze e vincoli della Politica agricola comunitaria, nazionale e regionale.
7.10 -
Produzione materiale informativo
Realizzazione di una guida ai servizi, brochure di presentazione, numeri utili, soggetti responsabili, attività svolte, opportunità offerte, vademecum.
7.11 -
Conferenze stampa
In occasione della realizzazione dei vari step lavorativi attinenti l’utilizzo dei Fondi strutturali verranno presentati ai mass media i vari interventi affinché possano provvedere alla diffusione delle notizie.
7.12 -
Comunicazioni tramite Internet
È importante l’uso di tale strumento di comunicazione in quanto permette la trasmissione di informazioni “in tempo reale”, raggiunge utenze di qualunque tipo, si rivolge a quantità enormi di attori, diffonde documenti, allegati, leggi, informazioni e soprattutto crea un rapporto diretto con il pubblico tramite l’utilizzo di indirizzi di posta elettronica.
Sul sito si potrà recuperare tutto il materiale e le iniziative prodotte: informazioni su leggi e regolamenti, i bandi su programmi regionali, i regolamenti della UE, le attività degli Enti locali, i formulari e vademecum, indirizzi e numeri utili, modelli di domanda, strutture organizzative.
7.13 -
Campagna pubblicitaria
Lo strumento delle campagne pubblicitarie verrà utilizzato periodicamente, prevalentemente in occasione di momenti particolari quali potrebbero essere le fasi iniziali dei lavori e di lancio della programmazione 2007-2013, periodi di presentazione delle domande, informazioni su numeri ed indirizzi utili, diffusione di risultati. Per la realizzazione della campagna pubblicitaria si farà ricorso, in relazione alle necessità a: pubblicità su giornali, televisioni e radio locali; cartellonistica; new media.
7.14 -
Partecipazione ad eventi, fiere e mostre
E’ prevista la partecipazione ad eventi di vario tipo. Essi rappresentano un momento di formidabile opportunità per effettuare scambi culturali, fornire materiale informativo, instaurare contatti con le altre amministrazioni ed organizzazioni, raccogliere osservazioni, esporre e divulgare progetti e novità.
7.15 - Corsi
di formazione
La realizzazione di corsi di formazione e aggiornamento sarà svolta in stretta connessione con i Servizi regionali competenti.
7.16
– Servizio Diretto alle aziende agricole
Al di là dei
sistemi di comunicazione e diffusione delle informazioni elencati nei punti
precedenti, il servizio prestato direttamente in azienda rappresenta un aspetto
molto importante del progetto, in quanto prevede il contatto diretto con
l’agricoltore.
La novità rispetto
alle attività precedentemente elencate consiste nel coinvolgimento, all’interno
del Gruppo Centrale di Coordinamento, dei coordinatori delle Associazioni di
Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. (Agris-Coldiretti, ARGeSSA-CIA;
Copagri-DAP, Confagri-DAP). Infatti, le aziende agricole a cui rivolgere il
servizio saranno quelle che gli stessi coordinatori comunicheranno attraverso
la predisposizione di elenchi formulati tenendo conto del pool aziendale
realmente bisognoso del servizio di assistenza.
Il servizio diretto alle aziende agricole
riguarderà i seguenti aspetti:
·
assistenza per l’osservazione e l’adeguamento alle normative
comunitarie, nazionali e regionali.
·
divulgazione della possibilità di accesso a finanziamenti, siano essi
comunitari, nazionali o regionali
·
assistenza finanziaria, ossia divulgazione degli aspetti normativi che
ogni agricoltore deve osservare dal momento in cui risulta iscritto alla Camera
di Commercio
· possibilità di accesso a finanziamenti tramite banche ed istituti di credito.
Per quanto riguarda l’ultimo aspetto, va fatto
rilevare che gli istituti di credito calabresi non offrono agli agricoltori
finanziamenti degni di nota. Ciò è dovuto alla scarsa forza economica posseduta
dall’agricoltura nella nostra regione.
L’agricoltore non
è in grado di offrire garanzie ragionevoli alle banche e, pertanto, l’accesso
ai finanziamenti diviene un fatto più personale che scontato.
Per ovviare a tale
inconveniente, la Regione Calabria sta predisponendo, in collaborazione con
l’INEA, un progetto di Ingegneria Finanziaria, che prevede, tra l’altro, l’istituzione
di un fondo regionale di garanzia a beneficio degli agricoltori, per facilitare
il loro accesso al credito agrario.
8 - ESIGENZE FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 1.314.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
371.400 |
407.600 |
430.000 |
1.209.000 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
|
401.400 |
442.600 |
470.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
1.314.000 |
PROGETTO DI
INFORMAZIONE E DIVULGAZIONE AGRICOLA
SERVIZIO DI
CONSULENZA AZIENDALE E
RISPETTO DELLA
CONDIZIONALITA’
1 -
Presupposti e descrizione generale del progetto
Nel corso del 2005 il Consiglio europeo dei Ministri agricoli ha approvato due nuovi Regolamenti 1698/05 e 1290/05 (U.E.) che apportano sostanziali cambiamenti nelle modalità di programmazione ed attuazione della politica di sviluppo rurale.
La revisione della Politica Agricola Comune, ha riguardato sia gli obiettivi che gli strumenti di intervento ed ha affermato criteri e principi generali per la gestione delle aziende, anche ai fini dell’accesso agli aiuti comunitari.
In particolare cambia la posizione della singola azienda rispetto a quella che è stata definita la condizionalità, strumento attraverso il quale, tutti i pagamenti diretti saranno obbligatoriamente vincolati al rispetto, da parte degli agricoltori, di una serie di requisiti in materia ambientale, sanità pubblica, salute degli animali e delle piante, benessere degli animali e di “buone condizioni agronomiche e ambientali” (Reg. CE n. 1782/2003).
Le aziende agricole dovranno adeguarsi, progressivamente ed essere in linea con i suddetti requisiti di gestione, ritenuti ormai indispensabili a livello comunitario, ai fini della sostenibilità del sistema produttivo agricolo.
Per supportare tale processo di definitivo adeguamento delle imprese agricole, a quanto sancito dai regolamenti (Reg. CE n. 1782/03; Reg. CE n. 1783/03), viene promosso un Sistema di Consulenza Aziendale (SCA) prioritariamente finalizzato ad indirizzare ed accompagnare le aziende a ridefinire il proprio sistema produttivo alla luce delle nuove esigenze di mercato e della valorizzazione del proprio prodotto in termini qualitativi.
Escludendo le formule applicative che potranno essere individuate nell’immediato futuro, sia per ciò che riguarda l’applicazione pratica delle regole di “condizionalità” sia le modalità attuative del suddetto servizio di consulenza, emerge nella fase attuale l’esigenza di specifici strumenti di supporto a livello di informazione e divulgazione.
Si ritiene pertanto necessario, prevedere un’azione diffusa e generalizzata di sensibilizzazione degli imprenditori agricoli, per agevolare e accelerare i conseguenti percorsi di adeguamento, in tempo utile rispetto all’entrata in vigore definitiva delle nuove regole.
Altro aspetto da considerare è la conoscenza dei dati reali in merito alla effettiva situazione, a livello regionale, delle aziende agricole rispetto ai suddetti requisiti obbligatori. In attesa di possedere dati attendibili si può presumere che questo ulteriore processo di adeguamento coinvolgerà, alcune migliaia di aziende agricole.
Si tratta, quindi, di prevedere un intervento di informazione e divulgazione in grado di organizzare in maniera sistematica e funzionale le numerose norme e regole di riferimento unitamente alle informazioni e conoscenze acquisite in merito alla relativa adozione, tutto ciò allo scopo di poter fornire, a tutti gli operatori interessati, sia la situazione aggiornata e coordinata dei riferimenti normativi interessati, tale da assicurare un conseguente approccio, immediato e guidato, alle principali regole e prescrizioni, nonché gli elementi utili e necessari ai fini di una corretta e razionale implementazione, a livello aziendale, delle norme tecniche e delle pratiche più adeguate e consone alle singole situazioni.
Tale quadro d’insieme dovrà risultare elaborato in funzione di almeno due diversi livelli di utilizzo, che vedono protagonisti, da una parte i soggetti che traducono e divulgano l’informazione nei confronti dell’azienda e, dall’altra, l’azienda medesima ed il suo titolare (imprenditore).
Il primo livello coinvolge direttamente almeno due figure importanti del settore dei servizi per l’agricoltura, ovvero il consulente tecnico (divulgatore) ed il docente formatore, entrambi incaricati di veicolare i messaggi e le informazioni nei confronti delle aziende agricole e degli imprenditori.
Il secondo livello riguarda più direttamente le imprese agricole ed i relativi titolari.
2 - Premesse funzionali
Il servizio di consulenza aziendale può rivelarsi funzionale solo se, in fase preliminare, sono state eseguite attente valutazioni volte, prioritariamente, a definire:
» punti di forza e di criticità dell’attuale sistema di consulenza aziendale calabrese;
» ruolo, prospettive, criticità e potenzialità attribuite alla figura del “consulente aziendale” nella nuova programmazione nazionale e regionale per lo sviluppo rurale;
» contenuti della consulenza aziendale;
» criteri di scelta dei soggetti beneficiari della consulenza aziendale;
» soggetti preposti all’erogazione del servizio di consulenza.
Le sopra elencate tematiche sono
attualmente oggetto di valutazione per la formulazione del PSR regionale,
sebbene allo stato attuale, non sono stati ancora definiti compiutamente i
contenuti e i beneficiari dei servizi di consulenza oggetto di sostegno né
tanto meno sono state individuate le caratteristiche giuridiche e strutturali
degli enti erogatori dei futuri servizi.
3 - Obiettivi
Il Servizio di Consulenza Aziendale, per come stabilito anche in fase di programmazione del PSR regionale, perseguirà principalmente i seguenti obiettivi:
1. favorire l’applicazione del regime di condizionalità, ossia dei Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) e delle Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali (BCAA) di cui al Reg. CE 1782/2003 – capitolo I, art. 4 e 5 ed Allegati III e IV, con particolare riguardo:
a. sanità pubblica, salute delle piante e degli animali;
b. protezione dell’ambiente;
c. benessere degli animali;
d. mantenimento dei terreni agricoli in buone condizioni agronomiche ed ambientali mediante le rotazioni colturali e le diverse pratiche agricole;
2. promuovere l’adeguamento delle aziende agricole al rispetto dei requisiti in materia di sicurezza sul lavoro (SL) prescritti dalla normativa comunitaria – meccanizzazione e sicurezza nelle aziende agricole e nei cantieri forestali;
3. promuovere la competitività delle aziende agricole e forestali, supportando gli imprenditori agricoli nella valutazione e nel miglioramento dei risultati produttivi e gestionali delle proprie aziende;
4. favorire la trasformazione e la commercializzazione dei prodotti agricoli e della selvicoltura;
4 - Beneficiari
Con il Fondo Europeo Agricolo per lo Sviluppo Rurale (FEASR) il ricorso alla consulenza aziendale è previsto nell’ambito dell’ASSE I: “Miglioramento della Competitività del Settore Agricolo” che oltre ad avere come obiettivo prioritario la promozione della competitività del settore agricolo e forestale, accorda un sostegno agli imprenditori agricoli e forestali per far fronte alle spese di consulenza, nell’ottica di migliorare il rendimento globale dell’azienda.
Pertanto, le aziende che aderiscono al servizio di consulenza aziendale, avranno diritto al rimborso, erogato dalla Comunità Europea, pari all’80% dei costi del servizio fino ad un massimo di 1500 euro per azienda.
E’ evidente che il contributo per il servizio di consulenza aziendale non può interessare la totalità delle aziende agricole calabresi.
Il numero delle aziende che potranno beneficiare del servizio di consulenza, facendo ricorso al contributo comunitario, dipenderà dallo stanziamento assegnato alla Regione Calabria, ma si ritiene, in via preliminare, che il numero di aziende beneficiarie non potrà essere superiore alle 4.000 unità.
Ovviamente, per rientrare in questi termini numerici, è necessario stabilire dei criteri di selezione delle aziende agricole che faranno richiesta per usufruire del servizio di consulenza.
Prioritariamente, il Dipartimento Agricoltura ha ritenuto che potranno beneficiare del contributo, solo le aziende agricole a cui l’AGEA ha corrisposto un premio pari o superiore a euro 15.000 (regime di pagamento unico).
Dovrebbero essere escluse dal contributo anche le aziende di grandi dimensioni economiche, in quanto esse possono ricorrere con mezzi propri ai servizi di consulenza.
Per rendersi conto dell’esiguità del numero di beneficiari interessati al contributo comunitario, basti pensare che in Calabria sono state censite circa 196.000 aziende.
5 - Gruppo di lavoro
In considerazione delle diverse competenze coinvolte nell’ambito del progetto e fermo restando la conseguente esigenza di promuovere tutte le collaborazioni ed i collegamenti necessari nell’ambito dell’organizzazione regionale, viene prevista l’attivazione di un apposito Gruppo di Lavoro (GdL), al fine garantire un’adeguata supervisione tecnico-operativa delle azioni progettuali;
In particolare nelle more dell’assegnazione del servizio di Consulenza Aziendale ai Servizi di Sviluppo Agricolo, il gruppo di lavoro dovrà provvedere all’analisi e valutazione del processo di erogazione del servizio stesso e modulare una serie di azioni sul territorio funzionali al raggiungimento degli obiettivi previsti.
È inoltre competenza specifica del Gruppo di lavoro, la definizione della struttura e della composizione dei materiali divulgativi, anche per quanto riguarda il relativo indice-sommario, i contenuti, i testi e la documentazione illustrativa e di supporto, nonché le caratteristiche tecnico-esecutive delle pubblicazioni, compresa l’approvazione della versione definitiva del Manuale e delle Schede aziendali.
I lavori e le proposte del Gruppo sono oggetto di apposita registrazione documentale, tramite verbali delle singole sedute.
6 – Sommario delle iniziative previste
In risposta alle esigenze di informazione, divulgazione e di supporto al processo informativo attraverso il Servizio di Consulenza Aziendale, evidenziate nell’ambito del paragrafo 1, viene prevista la realizzazione di n. 7 iniziative considerate fondamentali e prioritarie ai fini della progressiva e corretta applicazione delle pratiche e delle condizioni di gestione in oggetto, così articolate:
Iniziativa 1 – Attivazione del Servizio di Consulenza Aziendale
Erogazione di un Servizio di Consulenza Aziendale rivolto sia ad un contingente di aziende agricole, selezionate dal Dipartimento Agricoltura con criteri da esso definiti, sia ad aziende agricole e forestali che ne ravvisino la necessità, pur non rientrando tra i criteri stabiliti dal Dipartimento. È possibile ipotizzare un’erogazione del servizio di consulenza aziendale diversificata e modulata secondo le seguenti tipologie:
a. servizio di consulenza aziendale “a pagamento”, rivolto alle aziende agricole selezionate dal Dipartimento Agricoltura, fra quelle che presenteranno domanda per beneficiare del contributo comunitario. Le aziende che hanno ricevuto pagamenti diretti superiori ai 15.000 euro all’anno potrebbero essere individuate tra quelle che hanno, per così dire, acquisito il diritto di accedere in via prioritaria al servizio di consulenza aziendale.
b. servizio di consulenza aziendale “a costo ridotto” rivolto alle aziende agricole che, presentando i requisiti richiesti dalla regione e pur avendo fatto richiesta di contributo per l’erogazione del servizio, sono state escluse per limiti di stanziamento regionale. Dette aziende potrebbero ottenere il servizio di consulenza limitandosi a pagare, orientativamente solo il 20% della spesa complessiva prevista.
c. servizio di consulenza “gratuito”. Attraverso tale servizio sarà possibile garantire un “minimo” di consulenza aziendale, ad esempio solo per l’applicazione del regime di condizionalità. Il servizio sarà erogato, sempre previa richiesta, a tutte le aziende che non rientrano nelle prime due categorie.
Iniziativa 2 – Predisposizione di un Web-Vademecum
Messa a punto e predisposizione di uno specifico “Web-Vademecum” delle norme e regole di riferimento, ovvero di un quadro organico e coordinato relativo alle norme richiamate ai fini dei criteri e delle condizioni di gestione obbligatori, nonché delle buone condizioni agronomiche e ambientali, finalizzato a facilitare e semplificare l’accesso alle principali disposizioni e la diffusione delle conoscenze in materia, da parte degli operatori agricoli.
Iniziativa 3 - Predisposizione di un Manuale Tecnico
Progettazione e realizzazione di un apposito “Manuale Tecnico” con particolare riferimento alla normativa recepita dalla Regione Calabria, per sostenere e facilitare l’applicazione ed il rispetto dei requisiti e criteri di gestione obbligatori dell’azienda agricola in materia di ambiente, sanità pubblica, salute degli animali e delle piante e benessere degli animali e di “buone condizioni agronomiche e ambientali”, ovvero di una guida tecnico-pratica relativa alle regole, condizioni e consigli per l’applicazione ed il rispetto delle suddette norme e pratiche, elaborate anche sulla base dei risultati delle attività di ricerca e sperimentazione disponibili in materia.
Iniziativa 4 – Schede di valutazione aziendale
Progettazione e messa a punto di appositi profili di analisi e valutazione della situazione aziendale, anche in forma di scheda aziendale/check-list, da utilizzare in fase applicativa, ai fini della implementazione a livello aziendale delle regole/pratiche riportate nel Vademecum. Sono previsti:
a. questionario/scheda di “check-up aziendale”, ai fini della verifica e valutazione iniziale della effettiva situazione dell’azienda agricola rispetto ai requisiti e criteri di gestione obbligatori;
b. scheda aziendale di “gestione delle criticità”, da utilizzare ai fini della individuazione e realizzazione delle principali operazioni di adeguamento dell’azienda agricola ai suddetti requisiti e criteri di gestione obbligatori
c. questionario/scheda aziendale di “check-out”, da utilizzare in fase di collaudo/verifica del raggiungimento delle condizioni previste.
Iniziativa 5 – Percorso informativo-formativo
Realizzazione di un percorso informativo-formativo, di analisi e approfondimento tecnico-pratico, sulla base di un ciclo di seminari/workshop tecnico-applicativi, finalizzato alla verifica pratica delle principali problematiche connesse con l’applicazione delle condizioni e delle pratiche in oggetto e all’individuazione delle migliori soluzioni tecnico-applicative, nonché alla contestuale predisposizione degli strumenti di cui ai precedenti punti 2-3. Gli incontri tecnici, programmati secondo un apposito calendario di lavoro, sono rivolti prioritariamente ai componenti del gruppo di Lavoro istituito nell’ambito del presente progetto, ai referenti regionali e funzionari pubblici interessati e competenti in materia, ai tecnici/operatori agricoli particolarmente esperti in materia.
Iniziativa 6 – Organizzazione di un convegno
Realizzazione di un convegno di presentazione generale dei risultati del progetto, con particolare riferimento ai principali prodotti, quali il Vademecum e il Manuale ed agli ulteriori strumenti previsti dal presente intervento.
Iniziativa 7 – Informazione ed aggiornamento
Progettazione di uno specifico programma di informazione e aggiornamento, formulato secondo criteri funzionali alle esigenze di diffusione delle problematiche affrontate dal progetto e, comunque improntato sull’efficacia e l’innovazione della proposta formativa, che preveda l’impiego prioritario di procedure interattive e di strumenti telematici. Considerata la durata del presente progetto, la successiva attivazione dell’azione formativa dovrà essere prevista nell’ambito della programmazione annuale. Il programma è rivolto ai tecnici agricoli divulgatori, per rendere direttamente disponibili e fruibili, ai fini dell’applicazione operativa, gli strumenti di cui alle iniziative 2-4, costantemente integrati e aggiornati.
8 - Analisi
dettagliata delle attività
8.1 – Servizio di Consulenza Aziendale
Allo stato attuale, il servizio di consulenza aziendale è su base volontaria e lo sarà fino al 2010, anno in cui la Commissione Europea definirà le nuove regole e potrà decidere se renderla obbligatoria. Lo Stato membro disporrà della facoltà di stabilire se dare priorità ai produttori che ricevono pagamenti diretti superiori ai 15.000 euro all’anno; ciò non esclude che gli agricoltori che percepiscono importi inferiori non debbano aderire al sistema di consulenza aziendale, per migliorare il proprio status ed adeguarsi alle nuove esigenze di mercato.
Per tutti, permane l’obbligo del rispetto del regime di condizionalità.
Gli Stati membri avrebbero dovuto
realizzare il servizio di consulenza aziendale entro il 2007.
Tipologie di servizio
L’avvio del Servizio di Consulenza Aziendale “a pagamento”, alle aziende che ne hanno fatto richiesta e beneficiano del contributo comunitario, è facilitato in virtù del fatto che l’elenco delle aziende sarà predisposto in sede regionale.
Il GdL prevede di effettuare i seguenti interventi:
Per l’avvio del Servizio di Consulenza Aziendale “a costo ridotto” si dovrà, prioritariamente, acquisire l’elenco delle aziende agricole che, avendo fatto richiesta di beneficiare dei contributi ed essendo state escluse per limiti nello stanziamento dei fondi regionali, potrebbero ugualmente usufruire del servizio di consulenza versando solo una quota ridotta, ma interamente a carico dell’azienda. Tale quota potrebbe essere pari, al 20% della spesa complessiva (es.: max 300 euro per azienda assistita). Per le fasi successive, si procederà come per il servizio a pagamento.
Il Servizio di Consulenza Aziendale “gratuito” potrà essere erogato alle aziende agricole e forestali che non possono essere incluse negli elenchi regionali perché prive dei requisiti stabiliti dal Dipartimento Agricoltura per accedere al contributo comunitario. A tali aziende, tuttavia, deve essere garantito un minimo di consulenza, considerato che l’applicazione del regime di condizionalità è obbligatorio per tutte le aziende che hanno fatto domanda per la corresponsione del premio alla produzione.
Anche in questo caso sarà indispensabile stabilire, per ogni Ce.S.A., il numero e la tipologia delle aziende agricole e forestali che fruiranno di tale opportunità. I criteri da adottare a tal uopo scaturiranno da valutazioni che il GdL fisserà in fase operativa.
Indicativamente i criteri di scelta delle aziende agricole potrebbero essere i seguenti:
Personale preposto al servizio
di consulenza aziendale
Il contingente di tecnici da impegnare sul territorio al fine di garantire operativamente l’efficienza del servizio di consulenza aziendale, dipendrà dal numero di aziende che avranno fatto richiesta di consulenza
8.2 – Pubblicazioni tecniche
Web-Vademecum
Viene prevista la predisposizione di un “Vademecum” sulle principali norme e regole riguardanti i CGO e le BCAA. Il vademecum risulta finalizzato alla raccolta completa ed aggiornata delle norme in materia di ambiente, sanità pubblica, salute degli animali e delle piante e benessere degli animali, con particolare riferimento alle disposizioni previste dal Reg. CE n. 1782/03 e dai seguenti Documenti prodotti dalla Regione Calabria in collaborazione con L’ARSSA: “Programma di azioni da adottare nelle zone vulnerabili da nitrati di origini agricole” (BURC n. 13 del 15/07/2006); Regolamento regionale recante: “Designazione delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola e relativo programma di azione” (BURC 26/05/2006 supplemento straordinario n. 5 al n. 9 del 16/05/2006.
Il Vademecum è concepito come uno strumento prioritariamente rivolto a fornire, a tutti gli operatori interessati, la situazione completa, aggiornata e coordinata dei riferimenti normativi assicurando un conseguente approccio, immediato e guidato, alle principali regole e prescrizioni.
Esso è rivolto principalmente al livello intermedio del target-obiettivo del presente progetto, ovvero all’ampia categoria dei “tecnici”, entro la quale, possono essere collocati, i divulgatori agricoli, i docenti formatori, i liberi professionisti e gli altri operatori addetti a favorire la diffusione delle informazioni, per promuovere l’accrescimento culturale e professionale degli imprenditori e facilitare l’espressione e l’applicazione delle relative conoscenze e competenze.
Si dovrà privilegiare l’impiego e l’ausilio dello strumento informatico e prevedere quindi la produzione del Vademecum in formato Web, ai fini del conseguente accesso e consultazione tramite Internet, secondo un modello che faciliti la visione d’insieme delle norme ed il collegamento e la correlazione tra le medesime.
Manuale Tecnico
La progettazione e realizzazione del “Manuale Tecnico” per l’applicazione ed il rispetto dei requisiti e criteri di gestione obbligatori dell’azienda agricola in materia di ambiente, sanità pubblica, salute degli animali e delle piante e benessere degli animali e di “buone condizioni agronomiche e ambientali”, risponde invece all’esigenza di poter disporre di una guida tecnica, anche su supporto cartaceo, in grado di illustrare e descrivere sia le principali regole e condizioni, sia i suggerimenti ed i consigli per l’applicazione ed il rispetto delle norme in questione, facendo riferimento anche ai risultati delle attività di ricerca e sperimentazione disponibili in materia.
Si prevede di pubblicare una serie di quaderni divulgativi, (fino ad un massimo di 4) eventualmente articolati per ambito di interesse e di intervento, anche in riferimento alle principali aree interessate, ovvero ambiente, sanità pubblica e sicurezza alimentare, salute e benessere degli animali e salute delle piante, buone condizioni agronomiche e ambientali, senza pregiudicare tuttavia la visione generale e globale delle problematiche e la complessiva complementarietà degli indirizzi e delle direttive fornite e delle conseguenti operazioni indicate.
Le caratteristiche della/e pubblicazione/i potranno essere compiutamente definite, anche in seguito alla emanazione delle ulteriori disposizioni e precisazioni previste a livello comunitario, nazionale e regionale, nell’ambito delle attività previste dall’apposito Gruppo di Lavoro.
Fermo restando le suddette indicazioni in merito alle caratteristiche del Manuale, vengono proposti, ai fini operativi e di indirizzo, i seguenti elementi indicativi, anche in relazione alla relativa spesa ammissibile :
- Formato del Manuale Tecnico: tipo quaderno divulgativo;
- Numero pubblicazioni: max n. 4 quaderni;
- Pagine : totale n. 400 pagine, n. 100/quaderno;
- Copertina: su cartoncino patinato;
- Pagine interne provviste di foto, tabelle, grafici ed eventuali disegni illustrativi;
- Loghi: U.E., Regione Calabria, ARSSA - Calabria, da apporre sulla copertina esterna;
- copie: n. previsto 5.000.
8. 3 - Schede aziendali
L’iniziativa riguarda la progettazione e messa a punto di appositi profili/percorsi di analisi e valutazione della situazione aziendale, anche in forma di scheda aziendale e/o check-list, da utilizzare in fase applicativa, ai fini dell’adozione, a livello aziendale, delle regole e delle pratiche previste dal Manuale.
In particolare, vengono previste le seguenti schede:
- un questionario/scheda di “check-up aziendale”, ai fini della verifica e valutazione iniziale della effettiva situazione dell’azienda agricola rispetto ai requisiti e criteri di gestione obbligatori;
- una scheda aziendale di “gestione delle criticità”, da utilizzare ai fini della individuazione e realizzazione delle principali operazioni di adeguamento dell’azienda agricola ai suddetti requisiti e criteri di gestione obbligatori;
- un questionario/scheda aziendale di “check-out”, da utilizzare in fase di collaudo/verifica del raggiungimento delle condizioni previste.
L’attività riguarda soprattutto la progettazione e la definizione delle schede, che devono
risultare efficaci e funzionali agli obiettivi individuati, anche sulla base di un necessario
confronto con i potenziali utilizzatori, con particolare riguardo alle figure intermediarie nei confronti delle imprese, ovvero ai tecnici/divulgatori/formatori ed agli operatori di settore. Per quanto riguarda invece le caratteristiche tecniche delle schede, considerata la specifica finalità, di tipo prettamente operativo, ritenuto di poter prevedere la produzione di stampati piuttosto semplici ed economici, vengono previsti i seguenti elementi indicativi, fermo restando che i relativi standard tecnico-esecutivi definitivi saranno successivamente individuati a livello di Gruppo di lavoro:
- Formato: A4;
- n. pagine: fino ad un massimo di n. 8/scheda;
- pagine interne: da stampare tutte in bianco e nero;
- logo: Regione Calabria, logo ARSSA da apporre su ogni pagina;
- copie: previsto un numero massimo di 2.000/scheda;
- ulteriori elaborazioni: previsto l’impiego informatizzato, anche ai fini della diffusione tramite Internet .
8.4 - Seminari tecnici, convegno,
formazione
L’attività informativo-formativa rappresenta il supporto fondamentale dell’intervento, di informazione e divulgazione agricola del progetto poiché è mirata, nella fase iniziale a creare le condizioni per la messa a punto di indirizzi applicativi chiari e funzionali, mediante un percorso guidato di approfondimento e analisi tecnico-operativa delle problematiche affrontate, e successivamente a favorire la divulgazione e la conoscenza di tali indirizzi, ai fini della conseguente applicazione, a livello aziendale.
L’aggiornamento e la formazione del gruppo di lavoro rappresenta una fase importante per garantire il corretto prosieguo della programmazione degli interventi di consulenza aziendale sul territorio.
Non è esclusa la partecipazione del gruppo a programmi di auto-aggiornamento su piattaforma e-learning.
Seminari e workshop
Si prevede la realizzazione di un ciclo di seminari e workshop tecnico/applicativi, finalizzati alla verifica delle principali problematiche connesse con l’applicazione delle condizioni e delle pratiche in questione, nonché all’individuazione delle migliori soluzioni tecnico-applicative, ai fini della predisposizione del manuale e delle schede aziendali.
E’ previsto che ciascun incontro risulti particolarmente mirato alla soluzione di specifici quesiti, per risultare effettivamente funzionale alle esigenze conoscitive e di approfondimento evidenziate nella fase di predisposizione del Manuale e delle Schede aziendali e atto a produrre risultati pratici e soluzioni immediatamente utilizzabili .
La realizzazione dei seminari viene programmata sulla base di:
- un calendario di lavori, che potrà risultare aggiornato e dettagliato anche in fase esecutiva, per tener conto delle effettive esigenze rilevate;
- apposite schede guida (check-list) in grado di evidenziare e sviluppare, in maniera anche dettagliata, i principali quesiti e le problematiche da risolvere;
- un rapporto di sintesi finale atto a verificare e documentare le risposte ottenute, a conclusione di ciascun incontro.
Principali peculiarità dei seminari:
Convegno
Consiste nell’organizzazione e realizzazione di un convegno, a valenza regionale/nazionale, di presentazione dei risultati complessivamente realizzati nell’ambito del Progetto, con particolare riferimento ai principali prodotti ottenuti, quali il Vademecum, il Manuale e le Schede aziendali, oltre che agli ulteriori strumenti previsti dal presente intervento. La relativa organizzazione dovrà quindi risultare coordinata con i tempi esecutivi delle suddette iniziative, prevedendo la realizzazione dell’evento a conclusione di tutte le attività previste.
Sede: Reggio Calabria- Sala Nicholas Green - Consiglio Regionale;
Informazione e aggiornamento
Allo scopo di assicurare l’immediata divulgazione e diffusione dei risultati del progetto, sia per quanto riguarda le problematiche affrontate sia per le soluzioni proposte, con particolare riferimento agli strumenti e prodotti realizzati, ai fini della effettiva utilizzazione sul territorio, viene prevista la progettazione di uno specifico programma di informazione e aggiornamento, a carattere tecnico-applicativo, in grado di rendere direttamente disponibili e fruibili i principali strumenti attivati, anche in forma aggiornata ed integrata.
Il programma rappresenta quindi la conclusione del progetto, ed è rivolto agli operatori del settore ovvero i tecnici che operano in agricoltura (divulgatori, liberi professionisti) e gli altri operatori addetti a favorire la diffusione delle informazioni (docenti formatori) per promuovere l’accrescimento culturale e professionale degli imprenditori e facilitare l’espressione e l’applicazione delle relative conoscenze e competenze.
Per la particolare capillarità e la distribuzione territoriale dell’utenza, la progettazione dell’intervento formativo deve risultare improntata sull’efficacia e l’innovazione della proposta formativa, prevedendo l’impiego prioritario di metodi, procedure e strumenti telematici ed interattivi, tali, comunque, da coniugare le esigenze di diffusione dei risultati del progetto con le necessità di efficiente impiego delle risorse pubbliche, fermo restando la qualità dell’offerta formativa.
9- ESIGENZE FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 505.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
130.000 |
105.000 |
135.000 |
370.000 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
40.000 |
45.000 |
50.000 |
135.000 |
TOTALE |
|
170.000 |
150.000 |
185.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
505.000 |
PROGETTO
VALUTAZIONE
DELLA QUALITA’ DEI SERVIZI
OFFERTI IN
AGRICOLTURA
1 - Descrizione sintetica del progetto
1.1 - Introduzione
Il progetto “Valutazione della Qualità dei Servizi Offerti dalla Divulgazione Agricola in Agricoltura” si propone di sviluppare di un modo nuovo di offrire servizi in agricoltura:
- attraverso la valorizzazione di tutte le risorse professionali;
- attraverso il perseguire con la massima efficacia ed efficienza gli obiettivi che sono propri degli Enti preposti all’erogazione dei Servizi di Sviluppo Agricolo;
- attraverso lo sviluppo coerente dei programmi, tradotti in azione e in risultati chiaramente identificabili e valutabili.
Muovendosi in questa logica, il progetto si caratterizza come proposta di un metodo e di un percorso di ricerca-azione, che si sviluppa attraverso tre fasi che richiedereranno, per l’attuazione, un periodo di tre anni.
Il raggiungimento di ciascuno step costituisce la condizione necessaria per un rinnovato modo di intendere lo sviluppo in agricoltura nel territorio calabrese.
Prima fase. La
cultura della Qualità.
Il progetto prevede, in un primo momento, la diffusione di una nuova metodologia di lavoro, diffondendo e facendo acquisire al personale dei vari uffici la cultura della progettualità, vale a dire l’importanza di utilizzare strumenti e metodi che permettono di elaborare, gestire e controllare dei micro/macro-progetti.
Tale approccio favorisce l’assunzione di precise responsabilità da parte di tutti gli operatori e la condivisione del lavoro e degli obiettivi.
Seconda fase. Dall’analisi al progetto di miglioramento.
Attraverso un lavoro di analisi, si individuano le specifiche finalità di ogni singolo ufficio e si progettano interventi volti a migliorare gli aspetti di non-qualità, elaborando procedure per attuare, monitorare e valutare.
Terza fase. Il sistema Qualità
L’ultima fase del percorso mette in condizione di individuare i servizi fondamentali e di identificare i processi attraverso cui realizzare tali servizi in una logica di sistema.
La definizione di standard qualitativi consente, inoltre, di verificare, valutare e migliorare i risultati raggiunti.
Inoltre, se le sopra richiamate fasi saranno realizzate al meglio, si potrà redigere il Manuale della Qualità e Valutazione e, quindi, proporsi per la certificazione della qualità del servizio erogato.
1.2 - Aspetti
innovativi e finalità del progetto
L’aspetto innovativo che emerge dal progetto ha contenuti che interessano i seguenti ambiti:
In particolare il progetto:
In tal senso, l’indagine progettuale si propone diverse finalità:
2 - Contesto di riferimento
2.1 - Punti di forza
ed opportunità del contesto in relazione al progetto
L’esigenza fortemente sentita di promuovere questo tipo di percorso progettuale è sicuramente il primo punto di forza, in quanto il desiderio di ampliare il campo della conoscenza sulla cultura della qualità e di promuovere degli studi per un avanzamento disciplinare nelle tematiche della valutazione, può divenire un utile strumento per un piano globale di sviluppo e miglioramento delle attività svolte sul territorio.
Inoltre, la crescente diffusione di iniziative analoghe sul territorio nazionale, correlate a conseguenti meccanismi di erogazione delle risorse previste dalle nuove normative nazionali ed europee, ha già predisposto ad una capacità di ascolto e di proposizione per l’attuazione in partenariato di varie attività.
3.2 - Punti di
debolezza del contesto in relazione al progetto
La configurazione territoriale della Calabria e la conseguente carenza di dotazioni infrastrutturali e di servizi, legata a ritardi ormai cronici di questo territorio, non è particolarmente di aiuto ad una diffusione immediata e capillare delle attività previste dal progetto.
Va poi sottolineato che il contesto regionale presenta ancora inadeguate capacità propositive per far interagire l’Ente pubblico ed il tessuto lavorativo ed imprenditoriale, il che implica una minore attenzione, rispetto ad altre aree nazionali, alla cultura della qualità, del miglioramento e dell’intrapresa.
4 - Obiettivi del progetto
4.1 - Obiettivi
generali
Il Progetto “Valutazione della Qualità dei Servizi Offerti in Agricoltura”, muovendo da un approccio organizzativo sistematico per processi, offre competenze, metodi, modelli, tecniche e strumenti per avviare iniziative ed azioni intese ad interpretare, in maniera adeguata, i bisogni dell’utenza e i ritmi di una società complessa e competitiva, attivando servizi qualitativamente opportuni.
Oggetto di valutazione saranno:
· L’offerta dei servizi e la loro qualità.
· La qualità organizzativa dei vari uffici degli Enti preposti alla divulgazione agricola.
· L’orientamento alla qualità dei progetti proposti ed attuati.
· Le risorse umane e finanziarie.
· La formazione permanente continua (life long learning) degli operatori del settore.
Lavorare secondo i requisiti ed i metodi di un sistema di gestione della qualità significa:
Pertanto, gli intervanti saranno finalizzati a:
Fondamentale nella gestione di un tale sistema si rivela la valutazione che permette di formalizzare “chi fa” – “che cosa” – “quando”, cioè di stabilire le responsabilità per ogni attività e la conformità del processo ai requisiti fissati che caratterizzano l’offerta di ogni ufficio. Ciò permetterà di confrontarsi con una dimensione non solo locale ma anche nazionale.
Infine, avviare un sistema di valutazione della qualità permetterà eventualmente agli Enti interessati di poter chiedere la Certificazione di Qualità secondo le norme UNI EN ISO 9001/2000.
4.2 - Obiettivi specifici
Il Progetto si pone come percorso di ricerca per uno sviluppo organizzativo ed operativo degli Uffici, favorendo il raggiungimento degli obiettivi specifici di competenza di ciascuno di essi, così da pervenire al raggiungimento di elevati livelli professionali.
Si individuano come obiettivi specifici i seguenti:
· Diffondere la cultura della qualità.
· Promuovere il miglioramento della qualità incentivando i livelli di eccellenza dell’offerta dei servizi.
· Migliorare la qualificazione del personale .
· Direzionare le risorse economiche.
· Promuovere e sostenere l’innovazione anche tramite l’informatizzazione dei servizi e dell’amministrazione.
· Aumentare la capacità di programmazione, di valutazione e di controllo.
· Promuovere lo sviluppo di modelli organizzativi in rete, intesi a rendere più efficienti i protocolli di comunicazione tra i vari soggetti istituzionali.
· Fornire agli uffici la metodologia e gli strumenti per collaborare efficacemente con i diversi soggetti presenti sul territorio quali le istituzioni, le autonomie locali, le aziende e le organizzazioni del lavoro.
· Facilitare l’accesso ai sistemi di accreditamento e certificazione.
4.3 - Risultati attesi
Le anali svolte nell’ambito di questo progetto tenderanno ad individuare metodologie per lo studio ed il monitoraggio della qualità dell’offerta dei servizi erogati, al fine di poter utilizzare i dati ottenuti a livello decisionale per calibrare le eventuali ed opportune azioni di miglioramento.
I prodotti che si intendono realizzare sono:
· Un sistema prototipale di indicatori per la valutazione della qualità.
· Un database per l’archiviazione, l’elaborazione ed utilizzazione dei dati.
· Manuali specifici sulla metodologia utilizzata.
· Attività di diffusione tramite una pubblicazione, dibattiti e realizzazione di uno specifico link, all’interno del sito WEB della Regione, sul quale riportare il risultato delle esperienze condotte.
5 - Articolazione del progetto
Utilizzando processi già ampiamente sperimentati sono individuati per la valutazione cinque aspetti:
1. il sistema organizzativo
2. le esigenze e gli obiettivi
3. le risorse
4. il processo formativo continuo
5. i risultati, le analisi ed il miglioramento
che seguono il seguente schema (PI = Parti Interessate):
Esigenze ed obiettivi PI PI
esigenze
Risorse Risultati, analisi e miglioramento Sistema organizzativo Processo formativo
risultati
In particolare, il Monitoraggio e la Valutazione dei Servizi Offerti si occuperà:
· della definizione, valorizzazione e diffusione del progetto;
· dell’analisi iniziale di contesto e della rilevazione dei fabbisogni;
· della capacità di assicurare il sostegno necessario per attivare, perseguire e completare l’esperienza;
· dell’individuazione degli indicatori di dotazione, realizzazione e risultato;
· della creazione di strumenti idonei al monitoraggio permanente delle attività gestionali e formative;
· dell’ottemperanza del cronoprogramma economico-finanziario;
· dell’analisi dei dati sulla qualità erogata e sulla qualità percepita;
· della formalizzazione delle azioni correttive e delle azioni di miglioramento;
· della diffusione finale dei risultati di progetto;
· della eventuale diffusione degli indicatori e delle matrici di progetto verso altri soggetti istituzionali nazionali.
6 - ESIGENZE FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 233.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
40.000 |
43.000 |
45.000 |
128.000 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
|
70.000 |
78.000 |
85.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
233.000 |
PROGETTO
PRODUZIONE SISTEMI DIVULGATIVI AVANZATI
1 – Introduzione
Il Centro Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati ha sede a Villa Margherita – Cutro ( KR ).
Esso si propone di attuare le linee di programmazione per il settore della comunicazione in agricoltura, offrendo, agli addetti ai lavori, uno strumento valido di consultazione, dal quale può trasparire la reale situazione agricola della regione.
La fascia d’utenza potrà coinvolgere Comuni, Enti, Comunità Montane, Consorzi, Scuole, Università, Osservatori, Cooperative, Associazioni di Produttori, Associazioni di Categoria, Assessorati della Regione Calabria.
2 – Obiettivi
Gli obiettivi che il Centro si prefigge sono i seguenti:
- Intervenire in tutti i settori della comunicazione: stampa, informatica, video, fotografia ed audiovisivi, attraverso i mezzi in dotazione presso il Centro Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati di Villa Margherita ( KR );
- Produrre mezzi multimediali, audiovisivi, diapositive, di valido ausilio ai divulgatori ed agli agricoltori, inerenti le principali tematiche dell’attività agricola: difesa fitosanitaria, irrigazione, concimazione, ecc.
- Produrre documentari su colture tipiche ed attività agricole calabresi;
- Offrire un servizio efficiente ed a basso costo che permetta ad agricoltori ed Enti di usufruire dei dati a disposizione sull’agicoltura;
- Rendere chiare e fruibili le più recenti normative della PAC all’utenza.
3 – Descrizione
attività
I suddetti obiettivi saranno realizzati mediante i seguenti progetti:
-
Realizzazione di
video-opuscoli divulgativi-cd rom multimediali – audiovisivi dell’agricoltura
calabrese.
L’obiettivo è quello di attuare le linee di programmazione per il settore della comunicazione in agricoltura, intervenendo in tutti i settori della comunicazione, attraverso i mezzi in dotazione presso il Centro Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati.
In particolare, si procederà alla produzione di prodotti multimediali su varie tematiche: agriturismo, Vini di Calabria ( DOC, IGT e IGP ), cipolla rossa di Troppa, olio di Calabria,
ortaggi ( finocchio, broccolo calabrese, peperoncino, asparago ), funghi, fruttiferi minori, frutti di bosco ( more, lamponi ), baco da seta, liquirizia, percorsi naturalistici, parchi naturali, gastronomia, usi e costumi, antichi mestieri, tradizioni, montagna, fiumi e mare.
-
Individuazione e
costituzione archivio storico.
L’obiettivo è quello di far rivivere, mediante la raccolta storica di documenti, atti e fotografie, parte della storia della nostra Regione.
Il progetto sarà realizzato con l’acquisizione, la classificazione, l’archiviazione e la gestione di tutto il materiale occorrente per l’attivazione di un museo fotografico e documentale, presso il Centro Produzione Sistemi Avanzati di Villa Margherita – Cutro.
-
Realizzazione di
un giornale di divulgazione agricola “DIAPASON”.
L’obiettivo è la divulgazione delle informazioni inerenti il comparto agricolo, al fine di approfondire la conoscenza di tutti gli aspetti e delle problematiche del settore.
L’intervento si esplicherà mediante la raccolta e la divulgazione ( con la stampa settimanale del giornale ) di tutte le informazioni tecniche ed agricole ( notizie relative a prodotti, tecniche di coltivazione, legislazione, bollettini fitopatologici, dati agrometereologici, podologici ed ambientali, convegnistica ), provenienti dalle 24 aree di divulgazione agricola della Calabria, in modo che esse siano a conoscenza di tutti i Divulgatori agricoli e dei Dirigenti dell’ARSSA.
-
Seconda fase
Progetto – “Agriturismo è…….parlare con la gente” (un viaggio nella cultura locale)
L’obiettivo è quello di mettere a disposizione dell’utenza interessata, attraverso la rete internet, tutte le informazioni assunte con la prima fase del Progetto, negli anni 1997-2000, consistenti in oltre 100 cassette video in altissima definizione ( formato betacam ), per un totale di 3000 ore di filmati video e circa 10000 fotografie e diapositive, sulle tematiche del settore agrituristico, affrontate nella prima parte del progetto e riguardanti: le aziende agrituristiche, gli antichi poderi calabresi, le immagini storiche dell’agricoltura del passato, i costumi tradizionali, i piatti tipici calabresi, le feste tradizionali e gli antichi mestieri.
Ciò sarà realizzato, mediante l’installazione di tali dati su un server ( manifram ), presso la struttura del Centro Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati di Villa Margherita, e mediante la predisposizione di un collegamento internet ADSL, di un collegamento con un campione di aziende agrituristiche al fine della usufruibilità della banca dati e di password di accesso al sistema, da parte delle aziende.
-
Valorizzazione e
Pubblicizzazione del Parco di Villa Margherita.
L’obiettivo che il progetto si prefigge è quello di valorizzare e pubblicizzare il parco di Villa Margherita; tale obiettivo si raggiungerà attraverso varie fasi.
La prima fase prevede il censimento, il riconoscimento e la valutazione delle specie botaniche presenti nel parco.
La seconda fase prevede l’introduzione, in apposite aree e recinti, di animali tipici della fauna autoctona calabrese (daini, cinghiali, lepri pecore, suini ecc. ), che verranno immessi in itinerari didattici per le scuole della Provincia di Crotone.
La terza fase prevede, invece, la formazione di personale attualmente disoccupato, al fine di fornire consulenza e guidare gli eventuali visitatori del parco.
La quarta fase prevede il coinvolgimento delle strutture già esistenti a Villa Margherita: Centro Produzione Sistemi Divulgativi Avanzati e Centro Agrometereologia, al fine di illustrare alle scolaresche, le attività che in essa si svolgono.
La quinta fase prevede, inoltre, di realizzare presso la sala convegni di Villa Margherita, mediante l’utilizzo di apposite attrezzature, una visione in multivision ( realtà virtuale ) del mondo botanico e faunistico.
4 - ESIGENZE FINANZIARIE
Le esigenze finanziarie previste per l’attuazione del progetto nel triennio 2008-2010 ammontano ad Euro 457.000 e risultano ripartite come dal seguente prospetto:
Descrizione della spesa |
Soggetto interessato |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Spese per l’acquisto di materiali ed attrezzature; realizzazione incontri, visite guidate, convegni e seminari; stampa opuscoli ed altro materiale divulgativo; missioni di servizio dei divulgatori agricoli; eventuali consulenze tecnico-scientifiche esterne. |
ARSSA |
116.000 |
116.000 |
120.000 |
352.000 |
Spese per le esigenze di funzionamento e di coordinamento delle Associazioni di Divulgazione afferenti alle OO.PP.AA. |
Agris-Coldiretti ARGeSSA-CIA Copagri-DAP Confagri-DAP |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
|
146.000 |
151.000 |
160.000 |
|
TOTALE TRIENNALE |
|
|
|
|
457.000 |
PROGRAMMA OPERATIVO DI
DIVULGAZIONE AGRICOLA
TRIENNIO
2008-2010
QUADRO RIEPILOGATIVO
ESIGENZE FINANZIARIE
ARSSA
Attività |
2008 |
2009 |
2010 |
triennio |
Assistenza tecn. e divulg.comparto agrumicolo |
305.800 |
311.800 |
320.000 |
937.600 |
Assistenza tecn. e divulg.comparto olivicolo |
202.500 |
203.000 |
210.000 |
615.500 |
Assistenza tecn. e divulg.comparto frutticolo |
82.000 |
91.000 |
95.000 |
268.000 |
Assistenza tecn. e divulg.comparto orticolo |
137.000 |
167.000 |
180.000 |
484.000 |
Assistenza tecn. e divulg.comparto zootecnico |
279.750 |
282.750 |
287.000 |
849.500 |
Multifunzionalità dell’azienda agricola |
185.000 |
159.000 |
165.000 |
509.000 |
Accompagnamento normative e finanziamenti |
371.400 |
407.600 |
430.000 |
1.209.000 |
Consulenza aziendale e rispetto condizionalità |
130.000 |
105.000 |
135.000 |
370.000 |
Valutazione qualità dei servizi offerti in agricolt. |
40.000 |
43.000 |
45.000 |
128.000 |
Attività del Centro Sistemi Divulgativi Avanzati |
116.000 |
116.000 |
120.000 |
352.000 |
TOTALE |
1.849.450 |
1.886.150 |
1.987.000 |
5.722.600 |
QUADRO RIEPILOGATIVO
ESIGENZE FINANZIARIE
OO.PP.AA.
Attività |
2008 |
2009 |
2010 |
triennio |
Assistenza tecn. e divulg.comparto agrumicolo |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
Assistenza tecn. e divulg.comparto olivicolo |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
Assistenza tecn. e divulg.comparto frutticolo |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
Assistenza tecn. e divulg.comparto orticolo |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
Assistenza tecn. e divulg.comparto zootecnico |
40.000 |
45.000 |
50.000 |
135.000 |
Multifunzionalità dell’azienda agricola |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
Accompagnamento normative e finanziamenti |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
Consulenza aziendale e rispetto condizionalità |
40.000 |
45.000 |
50.000 |
135.000 |
Valutazione qualità dei servizi offerti in agricolt. |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
Attività del Centro Sistemi Divulgativi Avanzati |
30.000 |
35.000 |
40.000 |
105.000 |
TOTALE |
320.000 |
370.000 |
420.000 |
1.110.000 |
TOTALE GENERALE
Soggetto interessato |
2008 |
2009 |
2010 |
triennio |
ARSSA |
1.849.450 |
1.886.150 |
1.987.000 |
5.722.600 |
OO.PP.AA. |
320.000 |
370.000 |
420.000 |
1.110.000 |
TOTALE TRIENNIO |
|
|
|
6.832.600 |
PROGRAMMA OPERATIVO DEI
SERVIZI TECNICI DI SUPPORTO
I Servizi Tecnici di Supporto sono diretti a realizzare un sistema informativo integrato a livello nazionale, regionale e locale.
La loro attivazione eleva la qualità
della consulenza e dell'assistenza tecnica e permette di organizzare al meglio
i flussi di informazione a tutti i livelli nonché di costituire il sistema dei
Servizi di Sviluppo Agricolo in Calabria.
Tanto in coerenza con il Reg. Cee n.270/79, laddove
considera “ che la divulgazione non può
essere considerata unicamente come a se stante, ma deve inserirsi in programmi
e misure di armonico sviluppo dell’agricoltura nel cui ambito la divulgazione,
la ricerca sperimentale e la qualificazione professionale degli agricoltori
siano strettamente connesse”.
Tutto ciò anche in adempimento al disposto della L.R. n.19/99 ed ai contenuti del P.N.S.S.A. - Compito dei Servizi Tecnici di Supporto, recita la succitata legge regionale, è, fra l'altro, quello "… di supportare l'attività divulgativa dei Ce.S.A., dei Ce.D.A. e delle U.D.A. fornendo servizi ed elaborazioni specialistiche quali strumenti di base per la divulgazione agricola" e " … di fornire gli strumenti e le informazioni di base necessari per la pianificazione degli interventi in agricoltura ai fini della programmazione regionale, per i Piani di Sviluppo di scala Provinciale e sub-provinciale nonché per l'attività di altri enti strumentali".
"I servizi tecnici di supporto-afferma
il P.N.S.S.A.-hanno per oggetto la
produzione e/o il trattamento, generalmente mediante il ricorso a tecnologie
avanzate, di dati analitici che, contribuendo all'ampliamento del quadro
conoscitivo di riferimento, rendono possibile una maggiore razionalità nelle
scelte dell'imprenditore".
Trattasi,
in buona sostanza, di servizi altamente specialistici che consentono di
produrre, acquisire, organizzare, distribuire informazioni e, per loro natura,
hanno carattere orizzontale, interessando più filiere produttive.
L’attività è pertanto finalizzata ad erogare servizi o funzioni tesi a soddisfare la domanda dell'utenza interna ed esterna.
I Servizi Tecnici di Supporto richiamati nella L.R. 19/99 e contemplati dal punto di vista organizzativo dalle Deliberazioni del CdA dell'ARSSA 33/C/2006 sono:
-
agropedologia;
-
agrometeorologia;
- SITAC (Servizio Informativo Territoriale Calabria);
-
Marketing
-
Formazione
Professionale e del Personale
E’ da evidenziare che
per il carattere intersettoriale
dell’attività svolta, per l’elevata specializzazione delle
apparecchiature e del personale impiegato, il Settore è per lo più impegnato in
progetti di ampio respiro a valenza pluriennale, comportanti studi ed
elaborazioni di dati a supporto della Divulgazione Agricola, della
Sperimentazione e/o della Programmazione.
Conseguentemente, sono continui i rapporti con le OO.PP.AA., con le associazioni di categoria e con i diversi soggetti istituzionali, quali: Regione Calabria, in primo luogo, Università, Istituti di Ricerca del MiPAF, C.N.R., INEA, Province, Comuni, GAL, Comunità Montane ed Ordini Professionali.
Il Settore sarà impegnato, oltre che nell'attività propria di coordinamento, anche nella gestione di alcuni progetti di rilevanza internazionale:
- Euromedsys II, nell'ambito del Programma INTERREG III B MEDOC;
- AGRIMEDSYS e DESERTRURAL, nell'ambito delle iniziative promosse dal Ministero degli Esteri e finanziati dal CIPE, in fase di valutazione da parte del Ministero Esteri;
- Biotecnologie e Ricerca Scientifica, nell'ambito delle attività previste dal Progetto ITENET's, PON ATAS QCS - Obiettivo 1 - 2000 - 2006
SERVIZIO AGROPEDOLOGIA
Il Servizio cura il rilevamento, l’interpretazione e la divulgazione delle informazioni sui suoli. Elabora le carte pedologiche e la cartografia derivata al fine di consentire una corretta pianificazione territoriale e di fornire elementi di conoscenza necessari per la gestione sostenibile della risorsa suolo, per la scelta delle colture e per la qualificazione delle produzioni agricole.
Il Servizio sarà impegnato nell’attuazione dei seguenti progetti:
1) Programma Interregionale Agricoltura – Qualità, Misura 5 “Interventi nel settore pedologico” (DM 52775 del 20.11.1998 e DM 55657 del 01.12.1999);
2) Programma Interregionale Agricoltura –Qualità Misura 2 “Monitoraggio Direttiva Nitrati”
3) Zonazione viticola delle aree DOC della Calabria;
4) Caratterizzazione pedologica dei Centri Sperimentali Dimostrativi dell’Agenzia;
5) Razionalizzazione delle concimazioni;
6) Progetto “Innovazioni per il raggiungimento della qualità globale in agrumicoltura, in collaborazione con ISSDS, Istituto di Agrumicoltura di Acireale, Università di Zurigo;
7) Progetto”storage di CO2 nei suoli forestali calabresi e protocollo di Kyoto”, ricerca condotta in collaborazione con il Politecnico di Milano.
8) Approfondimento Tematico: I suoli salini della Piana di Sibari
Programma Interregionale Agricoltura – Qualità, Misura 5 ”Realizzazione
della carta dei suoli in scala 1:250.000” (DM 52775 del 20.11.1998 e DM 55657
del 01.12.1999).
Il progetto nasce a livello nazionale con l’obiettivo prioritario di disporre di un primo inventario dei principali tipi di suolo e della loro distribuzione spaziale. La carta dei suoli in scala 1:250.000 rappresenta un prezioso quadro d’insieme per finalità di programmazione a livello provinciale e regionale e per il corretto recepimento delle linee di Politica Agricola Comunitaria.
Nel corso del triennio verrà completata la seconda fase del progetto con la pubblicazione della cartografia tematica derivata dalla carta dei suoli in scala 1:250.000 (DM 52775 del 20.11.1998) già prodotta. Nel complesso tale cartografia costituisce un fondamentale supporto per l’applicazione della Nuova PAC (Reg.1782/03) sia in riferimento ai criteri di gestione obbligatoria, sia alla buona conduzione agricola ed ambientale, che sono alla base del regime di condizionalità.
Coerentemente con quanto realizzato nella prima fase di attività (DM 52775 del 20.11.1998), si renderà necessario proseguire nell’indirizzo dell’acquisizione di informazioni pedologiche di maggiore dettaglio in aree di particolare interesse agroambientale.
Nei programmi di attività pedologica che l’Agenzia sta conducendo ormai da anni, i rilevamenti di semidettaglio rappresentano la direttrice principale. Alla cartografia pedologica che ne deriva si attribuisce una valenza rilevante in termini di supporto alle scelte nel settore primario. La disponibilità di informazioni di base circa le caratteristiche fisico - chimiche dei suoli e la loro distribuzione nello spazio consente di ottimizzare gli interventi di assistenza tecnica alle aziende e di impostare i programmi di divulgazione agricola. La scelta delle colture, dei portinnesti, la predisposizione dei piani di fertilizzazione, l’uso corretto della risorsa acqua, le tecniche di lavorazione, la difesa dall’erosione possono essere effettuate sulla base delle indicazioni che provengono dallo studio dei suoli, mettendone in risalto i limiti e le potenzialità.
La cartografia pedologica al semidettaglio pone le basi, inoltre, per ulteriori elaborazioni finalizzate alla valutazione dell’attitudine alle diverse colture o ad usi specifici.
La conoscenza dei suoli al semidettaglio ha raggiunto, alla fine della prima fase di attività del progetto Agricoltura - Qualità, una estensione di circa 165.000 ha corrispondenti ad un grado di copertura su scala regionale pari al 15% dell’intero territorio.
Rapportando tali superfici alle aree che sulla base delle attuali conoscenze possono essere definite “aree di maggiore interesse agroambientale” ne risulta un grado di copertura pari a circa il 29%.
L’obiettivo prioritario della seconda fase di attività può essere indirizzato al rilevamento in scala 1:50.000 di parte delle Provincie pedologiche indicate nella carta dei suoli della Calabria con i numeri 1, 3, 4, 6, 9, 13 per una superficie complessiva di non meno di 100.000 ha. In tali comprensori ricadono infatti aree ad agricoltura intensiva, dove l’ottimizzazione delle tecniche agronomiche costituisce la base di un processo indirizzato al perseguimento della “qualità totale” e aree agricole fortemente vulnerabili a causa dei processi erosivi. Sia nel primo che nel secondo caso, la conoscenza dei suoli contribuirà alla definizione di modelli produttivi sostenibili dal punto di vista ambientale.
Comprensorio |
Province pedologiche |
Ettari da rilevare |
· Piana di Sibari |
1 |
30.000 |
· Piana di Gioia Tauro |
3 |
25.000 |
· Versante ionico del Crotonese |
4 - 6 |
15.000 |
· Medio versante ionico (Cz) |
4 - 6 |
10.000 |
· Basso versante ionico |
4 - 6 |
10.000 |
· Altopiano della Sila |
13 |
10.000 |
· TOTALE |
|
100.000 |
Approfondimenti tematici che verranno affrontati durante la seconda fase.
a) Carta regionale del rischio di erosione
Gran parte del territorio della regione Calabria è fortemente interessato, al pari di molte altre regioni del bacino del Mediterraneo, al fenomeno della desertificazione.
Il termine desertificazione indica la diminuzione o la scomparsa della capacità produttiva delle terre coltivate. Al vertice di Rio de Janeiro, nel 1992, 110 Governi, tra cui l’Italia, hanno firmato la Convenzione delle Nazioni Unite per combattere la desertificazione con l’impegno di adottare misure efficaci ad ogni livello per l’avvio di processi di sviluppo sostenibile nelle zone colpite.
A conferma della sensibilità del nostro Paese verso la tematica è stato istituito (G.U. n° 43 del 21.02.1997) il Comitato Nazionale per la lotta alla desertificazione che ha provveduto ad elaborare il Programma Nazionale per la lotta alla desertificazione (G.U. n° 37 del 15.02.2000).
Sulla base di tale programma il Comitato Nazionale per la lotta alla desertificazione promuove e coordina:
- il supporto necessario alle Regioni ed alle Autorità di Bacino, per l’individuazione delle “aree vulnerabili alla desertificazione”, in base a quanto previsto dall’art. n° 20 commi 2 e 3 del decreto legislativo 152/99;
- l’adozione di standard e metodologie più idonee alla conoscenza, prevenzione ed alla mitigazione dei fenomeni di desertificazione nelle “aree vulnerabili”;
- la raccolta dei dati sui suoli in forma omogenea su tutto il territorio nazionale sulla base delle attività dell’Osservatorio Nazionale Pedologico, dei Servizi pedologici Regionali o altri uffici con compiti analoghi, in stretto rapporto operativo con l’Ufficio Europeo del Suolo.
- Rimane, comunque, alla Regione ed alle Autorità di Bacino, il compito di provvedere alla individuazione delle aree vulnerabili alla desertificazione ed alla definizione di misure ed interventi da attuare nelle suddette aree.
L’OCSE definisce soglia per la desertificazione un contenuto in sostanza organica dell’1% e propone, quale indicatore per la definizione della qualità dell’ambiente, proprio il contenuto in sostanza organica dei suoli.
In Calabria, le trasformazioni socio economiche avvenute nella seconda metà di questo secolo, hanno incentivato il ricorso al modellamento delle pendici, alla meccanizzazione spinta e al radicale cambiamento delle destinazioni d’uso: dal pascolo alla cerealicoltura effettuata secondo criteri di coltivazione che lasciano la superficie priva di copertura vegetale proprio nel periodo in cui si verificano le precipitazioni massime. In un clima marcatamente mediterraneo e con tipologie pedologiche vulnerabili, sono stati innescati gravi fenomeni di dissesto con erosione idrica accelerata e soliflussione.
Indagini pedologiche mirate, condotte dall’ARSSA, hanno evidenziato, tra l’altro, valori medi di sostanza organica dello 0.7% nell’epipedon dei suoli più esposti ai fenomeni erosivi (condizione particolarmente grave se si considera che si tratta di suoli messi a coltura solo da pochi decenni), contro l’1.6% che invece si rinviene, negli stessi ambienti, in suoli più conservati. Tali differenze si riflettono in modo evidente sulle colture con difformità vegetazionali diventate ormai tipiche del paesaggio. Non sono rari i casi in cui i suoli, ormai privi di capacità produttiva ed interessati da gravi fenomeni di dissesto vengono riabbandonati.
Ai danni diretti al settore agricolo (perdita di capacità produttiva) sono da aggiungere gli elevati costi economici e sociali legati alle frequenti alluvioni, rispetto alle quali, l’erosione dei suoli contribuisce in maniera rilevante.
Già durante la prima fase di realizzazione del Programma Interregionale Agricoltura - Qualità, misura 5, è stato posto l’obiettivo di un approfondimento tematico sulla valutazione del rischio di erosione. A tale proposito è stata stipulata una convenzione di collaborazione scientifica con il CNR-IRPI con l’intento di validare, in un’area rappresentativa del versante ionico (Bacino Assi-Guardavalle), alcuni modelli di valutazione di tale rischio.
Durante la seconda fase di attività, sulla base dell’esperienza metodologica acquisita nell’area campione, è stato applicato il modello di valutazione del rischio di erosione potenziale ed attuale, a tutto il territorio regionale. Si provvederà ad ulteriori elaborazioni dei risultati ottenuti e alla integrazione degli stessi con altre basi informative, derivanti da altri comparti ambientali. Inoltre si provvederà ad implementare il sistema di valutazione con i dati derivanti dai rilevamenti al semidettaglio in corso di realizzazione nell’ambito dell’attività del Servizio (Programma Agricoltura-Qualità Misura 5, Agricoltura-Qualità Misura 2 e Programma Zonazione Viticola).
La cartografia tematica prodotta attraverso l’individuazione di comprensori a maggior vulnerabilità, fornirà alle diverse Istituzioni preposte alla pianificazione del territorio (Regione, Autorità di Bacino, Provincia), gli strumenti necessari per l’adempimento dei compiti derivanti dal quadro normativo vigente (D.L. 152/99, Deliberazione CIPE 299/99, L 183/99). In particolare consentirà di intraprendere misure finalizzate a:
- applicare modelli previsionali sia qualitativi che quantitativi dei rischi ambientali;
- definire e validare sistemi colturali alternativi di gestione del suolo finalizzati all’uso sostenibile di tale risorsa naturale;
- valutare la compatibilità ambientale di interventi strutturali e di modifiche del territorio.
b) Valutazione della vulnerabilità dei corpi idrici.
Le politiche agroambientali europee e nazionali (Direttiva nitrati 91/676, Reg. 1257/99, Legge 183/89, D.L.vo 152/99 e 258/2000) favoriscono strategie che integrino problematiche ambientali e gestione delle risorse naturali, acqua e suolo in primo luogo.
Il legislatore ha evidenziato come, alla base di qualsiasi piano di tutela e delle relative misure di intervento, debba porsi la conoscenza puntuale dei fattori di rischio.
L’individuazione delle zone vulnerabili, che compete alle Regioni, deve essere effettuata tenendo conto sia delle fonti di inquinamento, che dei fattori ambientali che possono concorrere a determinare uno stato di contaminazione. Tali fattori dipendono:
- dalla vulnerabilità intrinseca degli acquiferi (caratteristiche litostrutturali, idrogeologiche ed idrodinamiche del sottosuolo e degli acquiferi);
- dalla capacità di attenuazione del suolo nei confronti dell’inquinante (caratteristiche tessiturali, contenuto in sostanza organica ed altri fattori relativi alla sua composizione e reattività chimico - biologica);
- dalle condizioni climatiche ed idrogeologiche;
- dal tipo di ordinamento colturale e dalle relative pratiche agronomiche.
La delineazione delle aree vulnerabili consentirà l’adozione di programmi di intervento che tengano conto dei dati scientifici e tecnici disponibili. In primo luogo consentirà l’applicazione delle norme contenute nel Codice di Buona Pratica Agricola (D.M. 19.04.99).
Coerentemente con quanto sopra accennato, nell’ambito del Programma Interregionale Agricoltura - Qualità, misura 5, si è provveduto ad elaborare la carta delle zone vulnerabili da nitrati di origine agricola in scala 1:250.000. Questo documento costituisce l’indagine preliminare di riconoscimento, prevista dal comma 2 parte AII dell’allegato 7 del succitato D.L. 152 e consentirà l’individuazione delle porzioni di territorio dove le situazioni pericolose per le acque sotterranee sono particolarmente evidenti. Costituirà, inoltre, la base per successivi approfondimenti alla scala del semidettaglio.
Sul piano metodologico, per le finalità di cui sopra, la carta dei suoli in scala 1:250.000 rappresenta lo strumento di base da interfacciare, attraverso l’uso di un GIS (Geographic Information System) agli altri strati informativi. La fattiva collaborazione con il Servizio Agrometeorologico e con il SITAC risulterà, in questa fase, fondamentale.
Esistono attualmente dei modelli di valutazione del rischio di inquinamento degli acquiferi che meritano di essere validati ed eventualmente applicati nelle specifiche condizioni ambientali del nostro territorio (Sintacs, CNR-GNDCI).
A tale proposito appare di assoluto interesse il Sistema di Supporto alle Decisioni sviluppato in ambiente GIS, denominato SuSAP, messo a punto dall’Ente Regionale di Sviluppo Agricolo della Lombardia. Il sistema permette l’individuazione sia delle aree vulnerabili a rischio di inquinamento da fitofarmaci, sia di strategie di trattamento fitosanitario che salvaguardino l’ambiente e gli ecosistemi. La valutazione viene effettuata sulla base dell’elaborazione combinata di informazioni derivanti da diverse banche dati (suolo, clima, colture, fitofarmaci).
Già durante la messa a punto del modello SuSAP, l’ARSSA ha manifestato particolare attenzione al tema partecipando attivamente al “Gruppo di Interesse” interregionale, appositamente costituito, con il dott. Paone Raffaele, Divulgatore Agricolo Specializzato in Pedologia e Conservazione del Suolo. Un rapporto di collaborazione su questo tema potrebbe risultare particolarmente utile.
c) Carta dei fabbisogni irrigui
Il settore agricolo richiede un forte impiego d’acqua. Su scala mondiale l’agricoltura usa circa il 65% di tutta l’acqua sottratta ai fiumi, laghi e falde acquifere per le attività umane, contro il 25% destinato all’industria ed il 10% alle abitazioni.
E’ evidente che qualsiasi intervento indirizzato alla razionalizzazione delle tecniche irrigue può consentire, oltre al contenimento dei costi di produzione, un notevole risparmio di acqua.
In ambiente ad elevata xericità, quale risulta essere gran parte del territorio regionale, lo studio dei fabbisogni irrigui delle principali colture nei diversi contesti ambientali (suolo, clima) assume importanza strategica per la programmazione delle destinazioni d’uso, per la pianificazione dell’uso della risorsa acqua e per la progettazione degli impianti irrigui.
L’approfondimento tematico potrà essere realizzato con l’ausilio di uno specifico modello di calcolo messo a punto dai Servizi Agropedologico ed Agrometeorologico dell’ARSSA. Tale modello per la definizione del Deficit Agricolo utilizza, per ciò che riguarda l’evapotraspirazione e la pioggia utile, dati meteorologici medi calcolati su base decadale considerando l’ultimo ventennio, mentre utilizza i dati pedologici per la definizione della Riserva Facilmente Utilizzabile.
La base dati pedologica in scala 1:250.000 consentirà l’elaborazione di carte tematiche che evidenziano, per le principali colture e/o per gruppi di colture, i fabbisogni irrigui opportunamente classati. Nel corso del 2003 è già stato validato il modello di calcolo dei fabbisogni irrigui, messo a punto dal Servizio Agropedologia, in due comprensori di significativo interesse (Gioia Tauro, Piana del Neto). I risultati sono stati pubblicati sulla rivista “Estimo e territorio” (Edagricole) n° 4 del 2003.
d) Carta di attitudine dei suoli allo spargimento delle acque di vegetazione
Le problematiche legate allo smaltimento delle acque di vegetazione reflue dei frantoi oleari sono state, negli ultimi decenni, particolarmente sentite nelle regioni come la nostra, nelle quali il comparto olivicolo e quello oleario sono comparti trainanti.
Aspetti di carattere ambientale ed un quadro normativo in evoluzione continua, hanno spinto diverse Istituzioni scientifiche ad approfondire le conoscenze ed a proporre soluzioni tecnologiche adeguate. Com’è noto, le acque di vegetazione, pur essendo costituite da acqua e da sostanze organiche naturali, presentano un basso indice di biodegradabilità. Il rapporto BOD/COD (Biochemical Oxigen Demand/Chemical Oxigen Demand) varia fra il 20 ed il 40% quindi inferiore alla soglia del 45% posta dal legislatore (319/76 - Legge Merli) per considerare un refluo biodegradabile. Ciò è dovuto alla presenza di sostanze biotossiche e fitotossiche che inibiscono la flora batterica.
Le soluzioni finora proposte per affrontare il problema dello smaltimento delle acque reflue si sono rivelate o ecologicamente incompatibili o eccessivamente costose. Lo spandimento sul suolo rimane una alternativa tecnicamente, economicamente ed ambientalmente percorribile. Tuttavia va evidenziato che la capacità del suolo a contenere, se non addirittura ad eliminare, gli effetti negativi legati allo spargimento delle acque di vegetazione, quindi la sua attitudine a ricevere le stesse, varia spazialmente al variare delle tipologie pedologiche.
E’ evidente, quindi, l’utilità di stabilire attraverso la valutazione di alcuni parametri pedologici la capacità di autodepurazione dei diversi suoli. In particolare, in prima approssimazione, possono essere ritenuti discriminanti i seguenti parametri pedologici: tessitura e struttura dei diversi orizzonti, drenaggio e profondità della falda, velocità di infiltrazione, calcare attivo e pendenza.
Sulla base di tali qualità e caratteri dei suoli è possibile elaborare una carta tematica che evidenzia aree omogenee per classe di attitudine allo spargimento delle acque di vegetazione.
Tale strumento potrebbe risultare particolarmente interessante in una regione come la nostra a grande variabilità pedoambientale. Non è difficile, infatti, passare a distanza ravvicinata da suoli calcarei a suoli non calcarei, da tipologie ben drenate ad altre idromorfe, da reazione alcalina ad acida, ecc.
Sulla base dei parametri prima indicati, sono state elaborate in prima approssimazione, carte tematiche per alcuni comprensori di rilevante interesse olivicolo (Gioia Tauro, Lamezia Terme, Valle del Crati, Cirò).
In una fase successiva si renderà necessario procedere, con la collaborazione di qualificate Istituzioni scientifiche, ad approfondimenti sperimentali nei suoli appartenenti a diverse classi di attitudine allo spargimento delle acque di vegetazione, allo scopo di validare ed eventualmente integrare e completare il lavoro svolto in via preliminare.
- Programma
Interregionale Agricoltura – Qualità, misura 2 – “Monitoraggio della Direttiva
Nitrati”
Il corretto recepimento degli indirizzi di Politica Comunitaria in materia di agroambiente, nonché la corretta gestione dei fondi destinati allo sviluppo rurale, devono basarsi sull’adozione di strategie di protezione e miglioramento dell’ambiente, in modo particolare sull’applicazione della Direttiva nitrati (91/676/CEE). Quest’ultima, recepita in Italia con D.L. 152/99 e successive integrazioni, si pone l’obiettivo di:
- ridurre l’inquinamento delle acque causato direttamente o indirettamente dai nitrati di origine agricola;
- prevenire qualsiasi ulteriore inquinamento di questo tipo.
Sulla base di detta legislazione le Regioni devono individuare sul proprio territorio le “zone vulnerabili”, da intendersi come aree che scaricano direttamente o indirettamente composti azotati di origine agricola o zootecnica in acque gia inquinate o che potrebbero esserlo in conseguenza di tali scarichi. All’interno di tali aree, le Regioni definiscono e rendono obbligatori i programmi d’azione che comprendono le misure vincolanti descritte nel Codice di Buona Pratica Agricola (D.M. 102 del 4.5.99). Al fine di stabilire un generale livello di protezione delle acque, il Codice di Buona Pratica Agricola, che le Regioni sono chiamate ad integrare sulla base delle esigenze locali, è di raccomandata applicazione anche al di fuori delle zone vulnerabili. Sul piano metodologico, l’individuazione delle zone vulnerabili deve basarsi sulle caratteristiche fisiche ed ambientali delle acque e dei terreni che determinano il comportamento dei nitrati nel sistema acqua/suolo. L’allegato 7 al D.L. 152 evidenzia l’opportunità di procedere ad un’indagine preliminare di riconoscimento da realizzare in scala 1:250.000, suscettibile di sostanziali approfondimenti e aggiornamenti sulla base di nuove indicazioni tra cui, in primo luogo, i dati provenienti dalla prevista attività di monitoraggio. Si evidenzia, tra l’altro, che la corretta applicazione della Direttiva Nitrati costituisce uno dei criteri di gestione obbligatori previsti dal Reg 1782 relativamente all’applicazione del regime di condizionalità.
Stato di attuazione della Direttiva Nitrati in Calabria.
Sulla base della cartografia pedologica disponibile è stata elaborata la “Carta della vulnerabilità da nitrati di origine agricola in scala 1:250.000” (ARSSA 2002). Tale strumento, già divulgato presso gli operatori locali, rappresenta l’indagine preliminare prevista dalla normativa in materia e pone le basi per gli aggiornamenti successivi in scala di semidettaglio (1:50.000). La delimitazione delle aree vulnerabili ha consentito la definizione del Programma d’Azione finalizzato alla protezione delle acque. Detto Programma, attualmente in fase di ufficializzazione, è coerente con il Codice di Buona Pratica Agricola e, oltre a regolamentare l’impiego in agricoltura di effluenti di allevamento, fissa restrizioni all’uso di azoto e raccomanda, anche al di fuori delle aree vulnerabili, la razionalizzazione delle concimazioni attraverso uno specifico modello di calcolo delle unità fertilizzanti (Unifert 1.2 – ARSSA 2000).
Per le aree di cui si dispone di cartografia pedologica al semidettaglio si sta procedendo alla delimitazione delle zone vulnerabili con maggiore dettaglio rispetto alla cartografia già disponibile. Per tali approfondimenti si utilizza la metodologia SINTACS messa a punto da GNDCI – CNR.. Specificatamente tali approfondimenti riguardano: la Piana di Lamezia, Gioia Tauro, Piani d’Aspromonte, Monte Poro, Valle Crati, Cirò, S Anna, Foce Neto, Savuto, Donnici, Verbicaro, Piana di Cammarata.
Al fine di disporre di adeguati strumenti di conoscenza del territorio, nel corso del triennio sarà attivato un progetto il cui obiettivo fondamentale è rappresentato dal completamento delle carte dei suoli in scala 1:50.000 di tutte le aree di interesse agricolo della Regione. Considerando che 220.000 ha sono già stati rilevati e che per ulteriori 100.000 ha circa sono in corso programmi di rilevamento, è opportuno proseguire l’attività per ulteriori 100.000 ha circa nelle seguenti Provincie pedologiche: Piana di Sibari, Pianura costiera e fascia litorale del versante ionico, Ambiente collinare del versante ionico, Ambiente collinare del versante tirrenico, Altopiano della Sila.
La cartografia pedologica al semidettaglio, via via prodotta, costituirà la base per elaborazioni tematiche relative alla capacità protettiva del suoli nei confronti degli inquinanti, alla capacità d’uso dei suoli, alla attitudine a specifiche destinazioni, al rischio di erosione, ai fabbisogni irrigui. Tali elaborazioni si avvarranno di quanto già realizzato a scala di riconoscimento nell’ambito del Programma Agricoltura – Qualità, misura 5 – interventi nel settore pedologico.
Il progetto consentirà di acquisire, inoltre, conoscenze scientifiche relative alla dinamica dell’azoto nel suolo, attraverso lo studio ed il monitoraggio di alcune Sottounità Tipologiche di suolo di particolare importanza in ambito regionale.
Le conoscenze acquisite nell’ambito del progetto consentiranno in primo luogo di limitare i danni di degrado delle risorse naturali attraverso l’ottimizzazione delle agrotecniche .
In particolare gli approfondimenti sul comportamento dell’azoto nei diversi sistemi pedologici permetterà di definire con oculatezza gli apporti di fertilizzanti ed eventualmente ricalibrare il “Programma d’azione” obbligatorio per le aree vulnerabili.
Programma zonazione
viticola
Nell’ambito del programma di attività pedologica è stata data priorità al comparto viticolo, non solo per l’importanza che assume nello scenario dell’agricoltura calabrese, ma anche perché in tale comparto le relazioni esistenti tra l’ambiente fisico e le caratteristiche qualitative dei prodotti (uva, vino) costituiscono un dato acquisito e riconosciuto dal consumatore.
Cogliendo le indicazioni della Legge 164/92 sulla denominazione d’Origine dei vini, si intende finalizzare i rilevamenti pedologici alla “zonazione” vitivinicola. La legge suddetta consente la qualificazione e la tipicizzazione del prodotto attraverso l’individuazione, all’interno dei comprensori DOC , DOCG, di “sottozone” e “microzone” aventi specifiche caratteristiche ambientali che si riflettono sulla qualità dei vini (art. 2, 4, 6). Tali sottozone e microzone, che possono essere rivendicate in etichetta, devono essere opportunamente delimitate su carta topografica con criteri scientifici e non amministrativi o politici come, purtroppo, in passato è spesso successo per le delimitazioni delle DOC.
La “zonazione” costituisce lo strumento tecnico in grado di delimitare le zone viticole a maggiore attitudine e di escludere quelle non vocate sulla base della individuazione di ecosistemi omogenei caratterizzati da un particolare suolo, da un particolare clima e da circostanziate interazioni tra vitigno ed ambiente.
A tutt’oggi è stato rilevato il comprensorio di produzione del vino Cirò che rappresenta la principale area viticola calabrese. Il rilevamento pedologico ha riguardato circa 20.000 ha ed ha consentito di delineare otto “sottozone”, all’interno delle quali è stata verificata la risposta adattativa del vitigno Gaglioppo attraverso valutazioni quali-quantitative sul vino ottenuto per microvinificazione.
I primi risultati sono stati pubblicati su una qualificata rivista scientifica di interresse nazionale (Vignevini n°6, 2000). Il lavoro sta riscontrando il consenso degli operatori locali singoli ed associati nonché delle Istituzioni locali. Nel corso del mese di luglio è stata presentata la monografia divulgativa dell’intero progetto, in un convegno che ha visto la partecipazione di varie Istituzioni regionali (Assessorato Agricoltura, Comuni, interessati, Camera di Commercio, Organizzazioni agricole). A corredo della monografia sono state elaborate la carta dei suoli, la carta delle sottozone, la carta dell’uso reale del suolo, della capacità d’uso, del rischio di erosione. Sono state inoltre elaborate, per ogni sottozona, delle schede divulgative sulle caratteristiche dei suoli e dei vini e indicazioni sulla gestione agronomica (concimazioni, irrigazioni, portinnesti, lavorazioni).
L’esperienza metodologica acquisita ed i risultati ottenuti nell’ambito del progetto zonazione del Cirò hanno creato le condizioni, anche in termini di nuove risorse finanziarie, per proseguire con la zonazione di altre aree DOC. Nello specifico sono stati avviati i lavori di zonazione viticola dei comprensori di produzione DOC di Lamezia, Donnici, Savuto, Greco di Bianco e Verbicaro, per complessivi 40.000 ha. A tutt’oggi è stata conclusa la realizzazione della prima fase di attività con la realizzazione della carta dei suoli.
Schema riassuntivo dello stato dell’arte del programma di zonazione viticola dei comprensori DOC della Calabria.
|
I Fase |
II Fase |
Comprensorio DOC |
Rilevamento dei suoli ed elaborazione carta pedologica |
Valutazione qualitativa ed elaborazione della carta delle sottozone |
Cirò |
Completata in tutto il comprensorio |
Completata |
Melissa |
Completata in tutto il comprensorio |
Completata |
S. Anna |
Da progettare |
Da progettare |
Lamezia |
Completata in tutto il comprensorio |
Avviata la fase sperimentale |
Greco di Bianco |
Completata in tutto il comprensorio |
Completata |
Savuto |
Completata in tutto il comprensorio |
Avviata la fase sperimentale |
Donnici |
Completata in tutto il comprensorio |
Realizzato il primo anno di sperimentazione |
Verbicaro |
Completata in tutto il comprensorio |
Da avviare la fase sperimentale |
Pollino |
Da progettare |
Da progettare |
S. Vito di Luzzi |
Da progettare |
Da progettare |
Scavigna |
Completata in tutto il comprensorio |
Da avviare la fase sperimentale |
Bivongi |
Da progettare |
Da progettare |
Caratterizzazione
pedologica dei Centri Sperimentali Dimostrativi ARSSA
Le carte dei suoli alla scala di “dettaglio” (>1:10.000) consentono di interpretare la variabilità dei suoli a livello aziendale e rivestono importanza strategica nel caso di aziende destinate alla sperimentazione. Consentono, infatti, di:
- Orientare l’impostazione dei programmi sperimentali in funzione della variabilità del fattore produttivo “suolo”;
- Disporre di elementi di conoscenza e dei criteri utili per una corretta interpretazione dei risultati delle prove;
- Trasferire con coerenza scientifica i risultati stessi sul territorio;
- Mettere a punto modelli di gestione e tecniche colturali con valenza sia produttiva che conservativa, differenziati per singole tipologie pedologiche (strategia di gestione dell’agroecosistema);
- Le carte dei suoli di dettaglio consentono, inoltre, di impartire consigli utili sulle migliori tecniche applicabili alla coltura in riferimento agli avvicendamenti colturali, orientare le lavorazioni del terreni (tipo, frequenza e profondità); razionalizzare l’utilizzo dei fertilizzanti organici e dei prodotti di sintesi per ridurre il rischio di inquinamento dei suoli e delle acque e mantenere elevato il livello di fertilità fisica e chimica; intervenire nell’economia dell’acqua (drenaggio, irrigazione) per migliorare la fertilità idraulica ed adeguare gli interventi irrigui all’andamento termopluviometrico oltre che alla capacità di ritenzione idrica dei suoli; consigliare forme di allevamento alternative nelle condizioni dove sono presenti evidenti limitazioni;
Esiste attualmente una grave carenza di conoscenze pedologiche nella gran parte delle aziende sperimentali, non solo a livello regionale. Da un’indagine condotta dal Servizio Agropedologia dell’ARSSA, considerando alcune riviste scientifiche dl settore, di larga diffusione e di interesse nazionale, è emerso che oltre l’80% dei lavori pubblicati fa riferimento a sperimentazioni condotte su suoli caratterizzati in modo assolutamente generico. Si fa riferimento spesso alla tessitura, (prevalgono i suoli di “medio impasto” o nella migliore delle ipotesi “franchi”) ed a questa è spesso associata l’analisi chimica dell’orizzonte superficiale.
In pochissimi casi viene presa in considerazione l’organizzazione degli orizzonti del suolo, come se la presenza di un orizzonte idromorfo o eccessivamente drenato, di un accumulo di carbonati o di sali solubili, di un orizzonte fortemente contrastante dal punto di vista tessiturale non fossero influenti sui risultati di un determinata prova sperimentale e soprattutto sulla loro trasferibilità sul territorio.
Obiettivo principale è di ottenere la carta dei suoli alla scala 1:5.000 delle aziende sperimentali dell’ ARSSA, che nell’ambito del territorio regionale, sono distribuite all’interno dei comprensori maggiormente rappresentativi della realtà agricola calabrese. Di seguito viene riportata l’estensione e l’indirizzo produttivo.
Centri Sperimentali Dimostrativi |
ha |
Indirizzo produttivo |
CDS-Sibari |
206 |
Cerealicolo |
CDS-San Marco Argentano |
184 |
Viticolo-frutticolo-cerealicolo |
CDS-Val di Neto |
61 |
Zootecnico |
CDS-Gioia Tauro |
17 |
Olivicolo-agrumicolo |
CDS-Locri |
10 |
Agrumicolo |
Le aziende sperimentali dimostrative di Mirto Crosia e Molarotta non vengono considerate in quanto sono già state rilevate al dettaglio e dispongono di carte dei suoli.
Razionalizzazione
delle concimazioni
Il Servizio Agropedologia, nel corso degli ultimi anni, ha avviato un progetto finalizzato alla razionalizzazione delle concimazioni. L’iniziativa si proponeva: a) di definire un modello di calcolo delle dosi di nutrienti da distribuire con le concimazioni sulla base di dati pedologici e colturali; b) di definire i criteri di scelta dei concimi e dell’epoca di distribuzione; c) di validare il modello attraverso prove sperimentali.
Il progetto è stato in parte già realizzato ed attualmente sta proseguendo con la validazione del modello di calcolo delle unità fertilizzanti, nelle diverse situazioni pedoambientali della regione e su diverse colture. I dati finora acquisiti confermano che il modello elaborato rappresenta un utile strumento a supporto della razionalizzazione delle tecniche di concimazione.
Nel triennio 2008-2010 il servizio Agropedologia fornirà il supporto organizzativo e tecnico alle strutture interessate alla validazione del modello di calcolo ed inoltre collaborerà al completamento dell’intero progetto con riferimento particolare a quanto previsto dalla fase “b” e dalla fase “c”, prima citate. Si tratta, in pratica, di definire i criteri di scelta dei concimi e dell’epoca di distribuzione in funzione dei cicli colturali.
Sulla tematica sarà necessario far convergere più professionalità attingendo alla esperienza maturata nell’ambito della Divulgazione Polivalente.
Innovazioni per il
raggiungimento della qualità globale in agrumicoltura
Sottoprogetto: valutazione dell’effetto del suolo e del clima sulla qualità degli agrumi.
Soggetti coinvolti nel sottoprogetto: Istituto Sperimentale Agrumicoltura di Acireale; Istituto Sperimentale per lo Studio e la Difesa del Suolo; ARSSA; Università di Zurigo.
Area di Intervento: Piana di Sibari.
Il sottoprogetto si articola:
- delineazione dell’areale di maggiore interesse agrumicolo (Clementine comune) nell’ambito del comprensorio agrumicolo calabrese;
- definizione, attraverso un approfondimento di tipo pedoambientale (fotointerpretazione, studio geomorfologico, prime indagini sulle caratteristiche pedologiche), delle sottozone uniformi all’interno delle quali la risposta adattativa del Clementine comune dovrebbe essere univoca; a tale riguardo un significativo apporto potrà derivare dalla Carta pedologica in scala 1:250.000 realizzata dall’ARSSA;
- individuazione in ciascuna sottozona delle parcelle sperimentali rappresentative;
- standardizzazione delle tecniche agronomiche tenendo conto delle tradizioni del comprensorio (concimazioni, irrigazioni, gestione del suolo, etc);
- elaborazione della carta pedologica di semidettaglio e realizzazione della cartografia tematica attitudinale.
Obiettivi del sottoprogetto:
- individuazione delle correlazioni tra pedoambiente e aspetti quali-quantitativi delle produzioni al fine della tipicizzazione e del miglioramento delle produzioni stesse;
- ottimizzazione delle tecniche agronomiche attraverso scelte diversificate sulla base delle specificità ambientali.
Storage di CO2 nei
suoli forestali calabresi e protocollo di Kyoto
L’obiettivo del lavoro può essere identificato nella valutazione dell’effetto dei rimboschimenti sull’evoluzione dei suoli, in diverse situazioni pedoambientali.
In Calabria a partire dagli anni ‘50 sono stati rimboschiti circa 153.000 ha, gran parte dei quali ricade in aree acclivi o molto acclivi della pre-Sila, delle Serre e dell’Aspromonte. Tali aree risultano potenzialmente ad alto rischio erosivo, tuttavia l’azione protettiva della copertura vegetale ha determinato un nuovo equilibrio tra pedogenesi e morfogenesi. Dai suoli fortemente degradati dalla forte pressione antropica (pascolo eccessivo, legnatico, coltivazione di segale, etc) della prima metà del secolo scorso, si è passati a suoli moderatamente profondi, ricchi di sostanza organica (da Lithic Xerorthent a Typic Dystrudept).
Cosa ha significato ciò in termini di tutela ambientale e regimazione delle acque superficiali è stato oggetto di interesse di diverse Istituzioni ed autori, ma cosa ha significato in termini di incremento della sostanza organica e storage di CO2 potrebbe essere estremamente interessante ed originale, soprattutto in riferimento agli impegni derivanti dal protocollo di Kyoto.
In sintesi si prevede di:
- individuare un’area campione (7-8mila ha) rappresentativa (almeno per substrato e fascia altimetrica) della fascia pre-montana calabrese (quella maggiormente interessata da rimboschimenti). La carta delle soil-subregion potrebbe guidarci in tale scelta;
- individuare, all’interno di tale area, alcuni siti possibilmente in più situazioni pedoambientali, in cui descrivere e campionare i profili di suolo sotto bosco ed aree equivalenti per fattori pedogenetici, ma non interessate dalla copertura arborea. Quest’ultima area dovrebbe rappresentare ciò che si avrebbe, in maniera generalizzata, in assenza di rimboschimenti;
- interpretare i dati rilevati e quelli analizzati al fine di quantificare l’incremento di sostanza organica legato all’azione di recupero dei versanti realizzata nell’ultimo cinquantennio;
- estendere, per comparazione, a tutto il territorio regionale, quanto acquisito nell’area campione partendo dalle informazioni contenute nella carta pedologica della Calabria e dalle informazioni sulle superfici interessate dai rimboschimenti.
Indicazioni significative potrebbero derivare dalla descrizione di tre-quattro profili sotto bosco ed altrettanti in equivalenti aree degradate.
Approfondimento Tematico: I suoli salini della Piana di Sibari
Si prevede una collaborazione con la Facoltà di Scienze Ambientali di Caserta per un approfondimento tematico sulla salinità dei suoli della piana di Sibari. Il problema, particolarmente sentito nell’area, merita un approfondimento con l’intento di stabilire la reale estensione delle microaree interessate dal fenomeno e l’intensità dello stesso. La tematica acquista particolare valore considerando i contenuti della Comunicazione 179/2002 con la quale la Commissione Europea ha delineato le “minacce” di degrado dei suoli a livello Comunitario. La salinizzazione, rappresenta una delle preoccupazioni principali per il degrado dei suoli, specie in alcuni particolari contesti pedologici.
SERVIZIO AGROMETEOROLOGIA
Il Servizio Agrometeorologia, in attuazione della Delibera n. 32/C del 28/03/2006, ha sede direzionale presso il Centro ARSSA di “Villa Margherita” nel Comune di Cutro (KR) e comprende altre sedi operative presso i Centri ARSSA di Cosenza, Locri (RC) e Mirto Crosia (CS).
I compiti del Servizio consistono nello studio agroclimatico del territorio regionale, individuazione di microclimi particolari e vocazionalità di talune aree omogenee per la produzione di prodotti tipici, studio dei cambiamenti climatici ed erogazione di servizi reali alle imprese agricole attraverso la redazione di bollettini settimanali di produzione integrata, nonché previsioni meteo ed emissione di comunicati di difesa, divulgati attraverso i normali mezzi di comunicazione compreso il proprio sito www.arssacalabria-agrometeo.it.
Fornisce inoltre prodotti a supporto della ricerca, sperimentazione, divulgazione, assistenza tecnica e alle imprese agricole al fine di favorire lo sviluppo ecosostenibile dell’agricoltura locale, la difesa degli ecosistemi agro-forestali e il razionale uso delle risorse, in particolare quelle idriche
Per il raggiungimento di tali obiettivi il Servizio si avvale di tecnici esperti appositamente formati. Opera in stretta sinergia con gli altri servizi tecnici di supporto dell’ARSSA e altre strutture della Regione Calabria, collabora con le altre regioni nell’ambito del Servizio Agrometeorologico Nazionale coordinato dall’Ufficio Centrale di Ecologia Agraria di Roma.
Attualmente il Servizio gestisce una rete di n.26 stazioni agrometeorologiche elettroniche dislocate su tutto il territorio regionale ma la maggior parte di esse sono concentrate nell’”area pilota”, estesa da Crotone a Lamezia, oggetto d’intervento del progetto POM 1.3.1 – 01/D/97.
Dette stazioni, per ciò che concerne la configurazione e le caratteristiche dei siti, sono in linea di massima conformi alle norme dettate dal WTO (Organizzazione Mondiale della Meteorologia).
I dati delle stazioni vengono acquisiti automaticamente presso la sala operativa di Villa Margherita e prima di essere archiviati nella banca dati sono sottoposti a processi di validazione ed opportune elaborazioni.
Il Servizio, inoltre, provvede alle rilevazioni agrofenologiche presso 88 aziende campione, avvalendosi a tempo parziale di n. 23 divulgatori dell’Agenzia operanti presso n.13 Centri di Divulgazione Agricola.
Le attività svolte sono quelle di:
- acquisizione, validazione ed archiviazione dei dati agrometeorologici ed agrofenologici;
- manutenzione delle stazioni;
- fornitura dei dati grezzi ed elaborati;
- elaborazione dei dati e diffusione di informazioni attraverso bollettini settimanali pubblicati sul sito internet e giornali;
- collaborazione con l’UCEA nell’interscambio di dati e prodotti agrometeorologici.
Il numero delle stazioni sono insufficienti per coprire soddisfacentemente tutto il territorio regionale.
La manutenzione delle stazioni è affidata prevalentemente ad un solo operatore e occorre completare la formazione degli altri due manutentori già individuati. Inoltre è necessario adeguare ed attrezzare al meglio il laboratorio riparazioni ed i magazzini ricambi.
La validazione dei dati è eseguita manualmente e l’archiviazione è effettuata con un Data Base di prestazioni limitate.
Le previsioni del comportamento delle colture sono eseguite solo a stima degli esperti senza ausilio di validi modelli matematici convenientemente tarati per i siti di interesse agricolo della Regione.
Le finalità del programma sono:
-
estendere la diffusione
delle informazioni agrometeorologiche in modo omogeneo su tutto il
territorio regionale;
-
migliorare la qualità
di dette informazioni;
-
ampliare la gamma dei
servizi prodotti;
-
raggiungere il maggior
numero possibile di utenti.
-
fornire un supporto
agli Enti preposti alla programmazione degli interventi sul territorio;
-
avviare processi volti alla caratterizzazione e
certificazione dei prodotti;
-
avviare collaborazioni
con Enti di Ricerca e Sperimentazione per approfondire tematiche specifiche.
Per perseguire dette finalità il Servizio ha redatto
il progetto “Rete Agrometeorologica Regionale” (che fa parte integrante del
presente programma) il quale prevede il raggiungimento dei seguenti obiettivi:
1 – Completamento della rete di stazioni agrometeo e
integrazione con le altre reti presenti sul
territorio.
Il Servizio SITAC rappresenta la fase di aggregazione e sistematizzazione dei dati e delle informazioni raccolte dai Servizi Tecnici di Supporto e dalle altre strutture dell’Agenzia;
— gestisce una complessa struttura informatica mirante alla costituzione e governo di un sistema informativo territoriale, cioè di una banca dati di informazioni correlate tra loro sia in termini logico-relazionali che topologico-posizionali;
— effettua modellazioni sulle banche dati territoriali così costituite allo scopo di elaborare informazioni cartografiche derivate (ad esempio carte di rischio, di attitudine, ecc.);
— collabora con le altre strutture dell’Agenzia allo scopo di fornire ad esse non solamente le informazioni loro occorrenti e disponibili ma anche di definire logiche congiunte di utilizzazione di tali informazioni;
— sviluppa procedure informatiche di elaborazione dei dati sulla base di modelli teorici allo scopo di fornire agli utenti delle banche dati supporti alle attività decisionali;
— collabora con la Regione Calabria, con altri enti subregionali, province e comuni per fornire, su richiesta, dati ed elaborazioni utili alle attività d’istituto di tali Enti;
— collabora con Università della Regione Calabria, sia con l’effettuazione di lezioni, stage e visite guidate, sia, sulla base di accordi programmatici, nell’accettare e formare giovani tirocinanti. Fornisce, su richiesta delle Università, cartografie ed informazioni elaborate dalle proprie banche dati a supporto di progetti di ricerca;
— partecipa a progetti comunitari, nazionali e regionali, sia in qualità di proponente sia in quanto soggetto invitato a far parte di gruppi di lavoro;
— partecipa, con i propri componenti, a manifestazioni nazionali e regionali del settore illustrando i risultati raggiunti, gli studi e le pubblicazioni realizzati;
— fornisce dati ed elaborazioni al sito web dell’Agenzia allo scopo di consentire la massima diffusione ai lavori svolti dall’ARSSA nel settore della conoscenza territoriale;
— collabora con Istituti scolastici della Regione per organizzazione di visite guidate e brevi seminari sul tema dei sistemi informativi territoriali, della gestione del territorio e della protezione dell’ambiente.
Le attività sopra descritte rappresentano, con la sola eccezione dei progetti, attività correnti d’Istituto ed, in quanto tali, esse verranno proseguite per tutto il 2008-2010.
Per quanto riguarda invece i progetti, che dipendono in misura rilevante dalla capacità e dalla possibilità di attivare flussi finanziari sulla struttura, essi possono essere suddivisi in tre categorie:
— i progetti già assentiti, per i quali vi è certezza di finanziamento, attivati od in corso di attivazione o i progetti che vengono attivati con il solo ricorso a risorse interne;
— i progetti esterni, ai quali il SITAC viene invitato a collaborare da parte di Enti pubblici, Università ed Enti di ricerca, per i quali è in corso un’intensa attività di relazione, con la partecipazione ad incontri tecnici in diverse sedi nazionali (es. prosecuzione del progetto SIGRIA con Istituto Nazionale di Economia Agraria);
— programmi e progetti che si intende sviluppare nel momento in cui le condizioni tecnico-economiche siano tali da consentire l’acquisizione delle risorse necessarie al loro svolgimento.
I compiti di natura istituzionale sono stati elencati nell’introduzione di questo documento. Essi rappresentano gli obiettivi operativi della struttura nelle attività correnti e, nel loro ambito, si sviluppa una consistente parte dell’attività ordinaria del Servizio.
L’analisi dei fabbisogni che nel corso delle attività si sono evidenziati ha messo poi alla luce un’ulteriore serie di problematiche riguardanti la regione Calabria, la cui soluzione può rappresentare obiettivi di più lungo respiro che la struttura può raggiungere a fronte dell’attivazione di opportune risorse.
Tali obiettivi riguardano problematiche di diversa natura, in particolare:
— la regione Calabria non dispone di una cartografia regionale di uso del suolo. La cartografia utilizzata correntemente deriva dal progetto CORINE LAND COVER, sviluppato alla fine degli anni 80, con tecnologie oggi molto superate ed il cui contenuto informativo è comunque superato dalle normali dinamiche ambientali ed agrarie. Il progetto Corine prevedeva inoltre un livello di approfondimento certamente poco adeguato alle esigenze di conoscenza che oggi si evidenziano sulla regione, sia per attività di pianificazione territoriale che per le altre attività di gestione e governo del territorio;
— l’alta valenza ambientale-paesaggistica del territorio regionale necessita inoltre di un livello di conoscenza più elevato per le aree di pregio ambientale (parchi nazionali e regionali, corridoi ecologici, siti SIC (siti interesse comunitario)) per i quali è necessario attivare un livello di rilievo di maggiore dettaglio che preveda conoscenze sugli ecosistemi, sulla presenza di specie protette animali e vegetali, sulla presenza di associazioni di particolare pregio, ecc.). Tale conoscenza è essenziale per lo sviluppo dei piani di gestione di tali aree (piani dei parchi, linee di tutela ambientale, ecc.);
— la gestione del patrimonio dell’ARSSA deve essere razionalizzata, con una conoscenza maggiore delle proprietà immobiliari dell’agenzia e, per esse, delle eventuali attività di abusivismo, di esproprio, di gestioni improprie che dovessero riguardarle. Tale attività è necessaria a fini di tutela e salvaguardia di tale patrimonio ed anche al fine di un’opportuna attivazione di risorse finanziarie da esso scaturenti (ad esempio piani di assestamento per la gestione delle colture boschive);
— il livello di assistenza fornito all’agricoltura dal sistema della divulgazione agricola può essere migliorato e potenziato mettendo a disposizione degli operatori una serie di strumenti di supporto alle decisioni che, utilizzando le banche dati geografiche prodotte dai servizi tecnici di supporto, consenta l’elaborazione di modelli matematici per la gestione di piani di concimazione, di calcolo di fabbisogno irriguo, ecc. Per far ciò è necessario sviluppare un opportuno software che faciliti il divulgatore nell’uso di tali banche dati;
— a fronte di una consistente domanda di tecnici specializzati nel settore dei Sistemi Informativi territoriali l’offerta di professionalità specifiche è molto bassa nella regione. E’ evidente che esiste un enorme fabbisogno formativo in questo ambito specifico che deve essere soddisfatto per consentire a tutti gli enti territoriali (Regione, enti subregionali, province, comuni) di accedere a strumenti di gestione del territorio maggiormente sofisticati ed, in alcuni casi, prescritti dalle leggi vigenti.
Per attivare la soluzione delle problematiche sopra esposte si sono predisposti una serie di progetti a valenza pluriennale che soddisfano i seguenti obiettivi:
— costruire una banca dati in scala adeguata dell’uso reale del suolo del territorio della regione Calabria;
— costruire una banca dati in scala adeguata del rilievo dell’uso reale del suolo con metodo fitosociologico delle aree protette della regione Calabria ed un sistema di banche dati riguardanti la fauna, l’habitat, il livello di naturalità, la presenza di specie rosse, ecc. dello stesso territorio;
— aggiornare la conoscenza del patrimonio immobiliare dell’ARSSA, con il ricorso a strumenti cartografici ed informatici;
— sviluppare un programma di supporto alle decisioni che faciliti l’accesso alle banche dati territoriali gestite dal SITAC agli operatori agricoli dell’Agenzia ed ai tecnici regionali.
— Proporre il finanziamento di piani di formazione nel settore dei GIS.
Al fine di supportare la corretta
programmazione di interventi volti alla conservazione dell’ambiente, l’ARSSA ha
avviato una serie di indagini floristiche e vegetazionali su aree di interesse
naturalistico, monitorando, ad oggi, una superficie complessiva di 11.000
ettari.
Il progetto Phytos.I.S., attuato con la collaborazione del Dipartimento
STAFA dell’Università “Mediterranea” di Reggio Calabria, si prefigge di creare
un “sistema informativo fitosociologico”, mediante la caratterizzazione della
vegetazione delle aree a particolare valenza ambientale della Regione Calabria.
Il Progetto Phytos.I.S. viene attuato dal
Settore Programmazione e Divulgazione dell’ARSSA, dove opera il Dr Maiorca
Giovanni, esperto fitosociologo, che possiede la necessaria competenza per
acquisire ed elaborare i dati sulla struttura della vegetazione.
Il SITAC viene coinvolto per l’elaborazione
finale della cartografia della vegetazione, fermo restando che la stesura dei
testi e la responsabilità tecnico-scientifica del progetto resta al settore
Programmazione e Divulgazione.
Per il triennio 2008-10 sarà completata la Carta della Vegetazione Reale
del Bosco di Rudina (Ferruzzano, RC); continueranno i rilievi per la
realizzazione della Carta della vegetazione Reale della Diga di Tarsia e della
Carta della Vegetazione Reale dei “Laghi” della Catena Costiera.
Nell’anno 2008 è pure prevista la
pubblicazione dei dati relativi alla flora e alla vegetazione della Riserva
Naturale Foce del Fiume Crati.
Il Servizio SITAC ha realizzato il software S.I.Su.D.A. (Sistema Informativo di Supporto alle Decisioni in Agricoltura) attualmente in fase di verifica (beta test) presso lo stesso Servizio. Questo software ha l’obiettivo di fornire sistematicamente alle strutture operanti sul territorio le informazioni territoriali relative all’area di loro pertinenza allo scopo di consentire loro un più mirato intervento di assistenza tecnica e di divulgazione agricola e di recuperare il patrimonio di informazioni legate all’azione delle strutture operanti sul territorio (analisi chimiche dei terreni, osservazioni fenologiche, fitosanitarie, visite aziendali, ecc.) attivando flussi telematici miranti alla raccolta ordinata delle stesse ed alla loro organizzazione in banche dati geografiche centrali (SITAC) e in strutture specializzate tematiche (agropedologia, agrometeorologia, ecc.). Inoltre il programma implementa dei modelli decisionali per il calcolo del fabbisogno irriguo o per il calcolo delle unità fertilizzanti.
Per il prossimo periodo si prevede di installare e testare il sistema su tutti i CeSa ed i CeDa dell’Arssa per verificare la funzionalità in campo e formare opportunamente i divulgatori agricoli e altri utilizzatori allo scopo di garantire loro la conoscenza delle tecniche di consultazione delle banche dati geografiche loro fornite e delle metodologie di rilievo del territorio, di introduzione dei dati e di invio degli stessi ai sistemi di calcolo centrali.
Si prevede inoltre di proporre alla regione Calabria sulla misura 3.16 A2 del POR l’attivazione di un progetto finalizzato che consenta di riprogettare il programma per un utilizzo su internet allo scopo di metterlo a disposizione dei tecnici agricoli regionali, che potranno utilizzare così le banche dati del Servizio ed i modelli direttamente on-line.
Per il prossimo periodo si prevede di continuare il progetto di ricognizione sistematica dei beni immobili urbani, rurali dell’ARSSA.
Tale progetto è stato predisposto dal settore patrimonio dell’Agenzia che ha richiesto ed ottenuto la collaborazione fattiva del servizio SITAC cui è stato demandato il compito di realizzare la cartografia tematica catastale georeferenziata, sulla quale individuare le particelle catastali che ancora oggi risultano di proprietà dell’ARSSA e che devono essere riscattate finanziariamente dagli assegnatari aventi diritto imprenditori agricoli.
L’esecuzione del progetto prevede l’utilizzazione di strumenti GIS avanzati per conversione di coordinate tra diversi sistema cartografici, riposizionamento del catastale sull’ortofoto per compensazione degli errori e distorsione matematica della mappa catastale per adattarla al nuovo sistema proiettivo.
Il volume di dati da trattare è molto elevato stante la scala di dettaglio alla quale si opera (1:2.000 o 1:4.000). Complessivamente dovranno essere elaborate oltre 1.000 mappe catastali, per ciascuna delle quali dovrà essere prodotto l’elaborato cartografico di sovrapposizione all’ortofoto, sia in formato cartaceo che digitale. Il progetto, finanziato con risorse interne, è in corso di svolgimento.
Il SITAC proseguirà nel triennio l’azione sinergica corrente con gli altri Servizi Tecnici di Supporto per la predisposizione di elaborati di sostegno alle attività di rilievo, di elaborazione di cartografie intermedie e finali e di realizzazione delle banche dati.
Il Servizio fornirà inoltre supporto alle altre strutture dell’Agenzia che ne facciano richiesta nella produzione di cartografie per pubblicazioni, poster e manifesti per mostre e fiere e quanto altro richiesto.
Inoltre il Servizio assisterà le facoltà universitarie, con opportuni protocolli d’intesa, fornendo ad esse dati e supporto per ricerche, studi, laboratori ambientali e tesi di laurea.
Si proseguirà, inoltre, l’attività di formazione di tirocinanti per conto dell’Università degli Studi “Mediterranea” di Reggio Calabria, sulla base della convenzione stipulata con la medesima Università.
L’INEA ha attivato la seconda fase di un progetto che riguarda l’ottimizzazione dell’uso della risorsa idrica nell’ambito dei consorzi di bonifica di tutte le regioni obiettivo I. L’ARSSA con il servizio SITAC ha partecipato alla prima fase del progetto implementando la banca dati del progetto per la Calabria.
Sono in corso contatti per attivare la partecipazione dell’ARSSA anche alla seconda fase delle attività. Allo stato non è possibile quantificare quali saranno i ruoli da svolgere e le risorse che potranno essere messe a disposizione dell’Agenzia. Nel caso si trovasse un accordo è presumibile che tale collaborazione venga attivata a partire dagli ultimi mesi del corrente anno.
Il Polo Regionale Soprassuoli Boschivi predispone piani di assestamento, di utilizzazione e di manutenzione per il buon governo delle aree boscate di proprietà dell’ARSSA. Il servizio SITAC collabora alla predisposizione di tali progetti fornendo cartografie catastali georeferenziata e proiettate sulle ortofoto digitali a colori, calcoli di superfici e individuazione delle vie d’accesso (viabilità, piste forestali, ecc.) per ottimizzare gli interventi.
L’attività viene sviluppata utilizzando risorse interne ed ha carattere di continuità, per cui se ne prevede la prosecuzione nel triennio in esame.
L’A.R.S.S.A. Calabria, soggetto preposto allo sviluppo del mondo agricolo calabrese, attraverso l’erogazione di servizi alle aziende mira ad attivare processi di ammodernamento e di potenziamento del tessuto produttivo concorrendo così allo sviluppo del territorio.
In applicazione della legislazione in vigore che disciplina i Servizi di Sviluppo Agricoli in Calabria, : la .L.R. 19/99, l’ARSSA, individuando nella formazione degli operatori agricoli un importante segmento degli stessi SSA svolge la propria attività istituzionale puntando ad un miglioramento continuo del profilo culturale e tecnico-professionale dei soggetti direttamente interessati dai processi di sviluppo.
Attualmente, l’importanza della formazione professionale, è altresì, ribadita a diversi livelli; in ambito sia europeo che nazionale è al centro dell’attenzione delle politiche dei diversi governi, che, nell’intento di individuare forme di sviluppo sostenibili, sempre più, elaborano strategie basate essenzialmente sulla valorizzazione del capitale umano.
Le persone con il proprio bagaglio di conoscenze, assumono quindi una rilevanza particolare perché sono considerate l’elemento su cui puntare per realizzare una crescita economica sostenibile basata non solo sull’aumento della competitività, ma anche sul miglioramento dell'occupabilità, puntando al contempo al raggiungimento di una maggiore integrazione sociale.
In tale contesto si è andato affermando il concetto di lifelong learning che riferendosi alla formazione permanente, esprime la necessità ovvero l’opportunità per le persone, di avviare percorsi di apprendimento in diversi ambiti e per tutto l’arco della vita, provvedendo così ad arricchire il proprio bagaglio delle conoscenze ed il proprio livello di competenze.
L’acquisizione di maggiori conoscenze e competenze quindi utili ad approcciarsi al contesto lavorativo, e non solo, con nuovi saperi e con un saper fare ed un saper essere continuamente rinnovato ed arricchito, permette alle persone di meglio adeguarsi ai cambiamenti, che in un contesto sociale ed economico possono intervenire.
Un’istituzione preposta allo sviluppo del territorio, quale è l’A.R.S.S.A, che disponga di strumenti idonei per l’attuazione d’azioni formative, deve perseguire l’obiettivo di individuare percorsi di crescita delle conoscenze mirati ad accompagnare gli attori del contesto durante i loro processi decisionali, fornendo il supporto giusto per adeguarsi al cambiamento.
La formazione costituisce un diritto dovere per il personale, indipendentemente dalla qualifica di appartenenza e nel pieno rispetto delle pari opportunità.
L’attività di formazione è finalizzata a garantire che ciascun dipendente acquisisca le specifiche attitudini culturali e professionali necessarie all’assolvimento delle funzioni e dei compiti attribuitigli nell’ambito della struttura cui è assegnato ed a fronteggiare gli eventuali processi di riordinamento istituzionale e di ristrutturazione organizzativa.
La formazione del personale deve costituire sempre di più attività ordinaria e il ruolo della formazione non deve essere limitato ad interventi straordinari per supportare le strategie di cambiamento intrinseche all’organizzazione, ma va inteso quale strumento essenziale per un adeguamento costante della professionalità del personale all’evoluzione dello stato dell’arte di ogni figura professionale, in stretta correlazione con le mutazioni in atto nel comparto agricolo, a cui si rapporta l’azione dell’Agenzia.
Accrescere in modo mirato le conoscenze, le capacità operative e le abilità relazionali del personale rappresenta ormai una necessità di fondamentale importanza, se si vuole migliorare le prestazioni ed aumentare il grado di soddisfazione degli utenti.
Lo sforzo che l’Agenzia deve compiere è quello di adottare tutte le strategie necessarie per far crescere il livello di coinvolgimento e di motivazione del personale.
L’attuale C.d.A., con deliberazione n° 32/C del 28/3/06 ha ridefinito la struttura organizzativa dell’Agenzia, dando vita ad una struttura di divulgazione basata su di una rete di “Aziende” - Centri Sperimentali Dimostrativi (C.S.D.) che acquisisce i risultati della sperimentazione, studi ed indagini in campo tecnico scientifico, per poi veicolarli attraverso le iniziative divulgative più adeguate: convegni, seminari, corsi di formazione, attraverso i Centri di divulgazione agricola (Ce.D.A.).
Inoltre, per meglio rispondere alle esigenze degli utenti il C.d.A. dell’Agenzia, ha provveduto in maniera puntuale, nella citata ristrutturazione, a dotare i 10 Centri di Sviluppo Agricolo (Ce.S.A.) distribuiti sul territorio Regionale, di nuovi Uffici con caratteristiche specifiche, che mirano a colmare il gap esistente in relazione all’offerta di servizi.
L’ambizioso progetto che quest’Amministrazione si è dato, impone standard d'efficienza, d'efficacia e di qualità sempre maggiori. Ciò si rende possibile sviluppando competenze adeguate a compiti sempre nuovi e sempre più complessi.
In attesa di meglio definire le disponibilità finanziarie, sia per ciò che concerne il budget assegnato al Servizio Formazione, sia in riferimento all’intercettazione di eventuali flussi finanziari che potrebbero derivare da fonti esterne alternative, si è proceduto ad attivare alcuni importanti contatti che nell’immediato, quindi per la restante parte dell’annualità in corso, potrebbero offrire possibilità per la creazione di percorsi formativi per il personale interno.
Nello specifico ci si riferisce a due Enti: La Scuola Superiore della Pubblica Amministrazione ed il Centro Regionale per la Formazione Professionale Ex-Iniasa con sede in Reggio Calabria.
Dai contatti intercorsi, è ragionevole ritenere che, nell’immediato futuro, inserendosi nella già programmata attività della SSPA sia possibile attraverso sollecite e specifiche convenzioni, far fronte ad una parte di esigenze formative del personale.con modesti impegni di spesa o addirittura a titolo gratuito.
Nel caso del CRFP Ex-INIASA di Reggio Calabria, invece, è stata garantita la piena disponibilità di strutture e percorsi formativi relativamente ad alcuni ambiti (es. informatica ed inglese).
Altra ipotesi di collaborazione consisterà nell’attivazione di iniziative congiuntamente agli atenei calabresi finalizzata all’istituzione di percorsi di alta formazione quali master di 1° e di 2° livello destinati l’uno ai divulgatori diplomati e l’altro a divulgatori laureati
L’intervento formativo si articolerà in più momenti: l’analisi del fabbisogno formativo, la programmazione degli interventi e l’attuazione delle azioni formative.
Analisi del fabbisogno
formativo
L’analisi del fabbisogno formativo si basa essenzialmente sulla rilevazione di dati ed informazioni presso i soggetti che a diverso titolo possono essere interessati dalle azioni formative.
In questa fase saranno coinvolti dirigenti e funzionari che collaboreranno nella raccolta dei dati necessari a tracciare le linee programmatiche nell’ambito della formazione e aggiornamento del personale.
Progettazione degli
interventi formativi
Dall’elaborazione delle informazioni rilevate nel corso dell’attività di audit si procederà alla progettazione degli interventi formativi necessari per l’adeguamento delle competenze del personale dipendente.
Le azioni di miglioramento che saranno progettate costituiranno la risposta al fabbisogno formativo evidenziato; attraverso la valutazione del profilo tecnico-professionale ideale richiesto per lo svolgimento di una determinata mansione o ruolo, si procederà quindi a migliorare l’area dei diversi saperi.
Attuazione delle
azioni formative
Gli interventi formativi progettati saranno attuati secondo una programmazione che annualmente sarà prodotta. Tutto ciò sarà fatto secondo un ordine ben preciso attenendosi ad un calendario che sarà prodotto tenendo conto delle priorità nonché della definizione degli obiettivi che si intendono raggiungere. Tutto ciò utilizzando criteri che saranno individuati nella fase di progettazione di dettaglio.
Le numerose novità intervenute negli ultimi anni in ambito, agricolo, alimentare e più in generale in ambito rurale dovute: all’introduzione di nuove norme nel panorama legislativo europeo e nazionale e all’affermarsi di nuovi orientamenti delle politiche per lo sviluppo del settore, stanno determinando una serie i cambiamenti non solo nell’ordinaria gestione dell’azienda agricola, ma anche e soprattutto per ciò che concerne nuove opportunità di crescita economica basate su nuove forme di sviluppo a cui i territori rurali possono oggi approcciarsi.
Tutto ciò ha fatto nascere all’interno del contesto di riferimento la necessità di disporre di nuove conoscenze, competenze ed abilità tali da permettere ad ogni soggetto coinvolto di affrontare con cognizione e maggiore consapevolezza le scelte da effettuare.
In tale contesto l’A.R.S.S.A. nell’adempiere a ciò che la legge prevede, periodicamente effettua una pianificazione di servizi formativi da erogare al territorio e programma una serie d’azioni mirate ad affrontare le principali tematiche che più possono incidere nello sviluppo del contesto di riferimento.
Il presente piano, si propone di intervenire in alcune aree in cui maggiormente gli effetti del cambiamento in atto sono evidenti.
La nuova PAC con le novità introdotte, genera già essa stessa, un apprezzabile fabbisogno formativo necessario ad orientare gli operatori nella complessa applicazione delle nuove norme. Al contempo l’azione formativa si rivela assai utile per ciò riguarda le opportunità che la stessa Politica Agricola permette di cogliere. Così l’eco-condizionalità, la sicurezza alimentare, la qualità, la tutela dell’ambiente, il benessere degli animali, l’agriturismo rurale ed altro ancora diventano i principali ambiti entro cui progettare azioni di sviluppo.
Un’area in cui i fabbisogni formativi si renderanno evidenti nell’immediato futuro, riguarda la programmazione delle nuove politiche di sviluppo; in fase di conclusione il periodo 2000-2006, gli stati dell’Unione Europea stanno, infatti, definendo, i nuovi strumenti a servizio dello sviluppo del mondo rurale per il 2007-2013.
Non meno attenzione, infine, sarà riservata all’area tecnica in cui le tematiche riguardanti gli aspetti legati alle tecniche di coltivazione (agronomiche, difesa, ecc) saranno affrontate tentando di risolvere le specifiche problematiche che sul territorio regionale saranno rilevate dalla presenza dei Divulgatori.
Negli ambiti appena descritti l’ARSSA, si occuperà, attuando la programmazione prevista dal presente piano, di accompagnare gli agricoltori, ovvero gli operatori del mondo rurale in quel processo di crescita funzionale al cambiamento in atto.
Anche nel caso della formazione rivolta all’esterno agli operatori agricoli, l’intervento formativo si articolerà in più momenti: l’analisi del fabbisogno formativo, la programmazione degli interventi e l’attuazione delle azioni formative.
Analisi del fabbisogno
formativo
L’analisi del fabbisogno formativo si basa essenzialmente sull’elaborazione di dati ed informazioni rilevate dal contesto sociale, politico ed economico attraverso attività di ricerca, analisi e studio, nonché rilevate direttamente dai soggetti che normalmente svolgono la propria attività lavorativa a contatto con i potenziali destinatari delle azioni formative: i divulgatori.
Per la rilevazione dei suddetti fabbisogni, il Servizio Formazione si avvarrà della collaborazione di una rete di divulgatori, una unità operativa per ogni CeSA, con il compito di interfacciarsi da un lato con i CeDA di riferimento e dall’altro con il Servizio al fine di costituire un tramite attraverso cui raccogliere le principali esigenze degli operatori in termini di saperi ed agire secondo efficacia ed efficienza.
Progettazione degli
interventi formativi
Compatibilmente con la disponibilità di risorse finanziarie si attuerà una progettazione di interventi per lo più nell’area tecnica, con l’intento di trasferire ai beneficiari una serie di risposte alle più importanti problematiche. Uno degli obiettivi principali sarà quello di operare un trasferimento di informazioni dalla ricerca al mondo della produzione, puntando alla diffusione delle innovazioni, mentre una particolare attenzione sarà rivolta alla gestione aziendale, ambito in cui, per l’assunzione di decisioni razionali, viene richiesto un alto livello di professionalità.
Attuazione delle
azioni formative
Gli interventi formativi, progettati saranno attuati secondo una programmazione che annualmente sarà prodotta e verificata in base alle disponibilità finanziarie.
Organizzazione Territoriale del Servizio Formazione
L’organizzazione territoriale del servizio distribuita sul territorio è strategica. Ha lo scopo di costituire presidi organici al Servizio in modo da permetterne da un lato la corretta lettura del fabbisogno e dell’altro coinvolgere maggiormente il personale oggetto di continui e diretti feedback circa la qualità delle prestazioni del servizio.
Per tanto, si ritiene opportuno proporre la seguente organizzazione territoriale:
SERVIZIO Formazione Professionale e del Personale Sede Lamezia Terme
Ufficio Analisi e Progettazione del Fabbisogno Formativo Sede Reggio Calabria
Ufficio Aggiornamento del personale Sede Cosenza
Ufficio Aggiornamento e Formazione L.R. 19/99 Sede Cosenza
- N° 1 Unità operativa territoriale Sede Ogni CeSA
SERVIZIO MARKETING
Con la realizzazione del servizio Marketing l’ARSSA definisce la propria organizzazione interna, dando piena attuazione alle prescrizioni contenute nella legislazione regionale.
Comma
1 - Art. 7- Legge Regionale n°19/1999
Disciplina dei
servizi di sviluppo agricolo nella Regione Calabria
Servizi
tecnici di supporto
1.____Le attività tecniche di supporto
concernano la pedologia, la meteorologia, l'agrometeorologia, la cartografia,
il sistema informativo territoriale ed il marketing. Dette
attività sono svolte, con competenza sull'intero territorio regionale,
dall'A.R.S.S.A. avvalendosi anche dei Divulgatori agricoli espressamente
formati ai sensi del Reg. C.E.E. 2052/88.
PREMESSA
L’istituzione di un Servizio Marketing nella nuova strutturazione dell’ARSSA può essere un momento importante per addivenire a svolgere compiutamente quel ruolo sociale, di propulsore dello sviluppo agricolo, che è tra le ragioni di fondo di esistenza dell’Agenzia stessa. Dunque una scelta importante ed impegnativa che da il senso della volontà di recuperare atavici ritardi, rispetto ai territori concorrenti e che mira a “Volare Alto”, per giungere all’obbiettivo di qualificare e promuovere la fruibilità del territorio e valorizzarne produzioni agricole ed agroalimentari.
L’obiettivo è quello di promuovere ed incentivare attività ed iniziative che per tutta una serie di ragioni (questioni di budget, problemi organizzativi etc) sono di fatto precluse alle singole aziende, specie se di limitate dimensioni economiche.
Le attività di cui trattasi sono tutte indirizzate alla “produzione di valore” attraverso un sistema organizzato che conferisce “valore aggiunto” ai prodotti ed al territorio e che porta alla definizione e qualificazione del “prodotto ARSSA”, inteso come un insieme di servizi concreti che incidono sulla realtà sociale ed economica del comparto agricolo e della regione in generale.
Pianificazione delle
attività
Preliminarmente alla trattazione in merito alla pianificazione delle attività concrete è bene chiarire un aspetto di fondo relativo alla scelta dei tempi e delle metodologie. Si tratta di scegliere un percorso tra le due alternative di seguito schematicamente riportate:
· Politica dei due tempi - Avviare una approfondita fase di studio onde pervenire ad un’analitica definizione dei punti di forza e di debolezza nonché delle opportunità e delle minacce che si rilevano nei singoli ambiti di intervento ed in base ai risultati procedere poi alla definizione di strategie generali e specifiche, mirate allo sfruttamento ottimale delle risorse disponibili e successivamente realizzare gli interventi concreti.
· Politica di risultato – Procedere da subito, sulla base degli elementi conoscitivi disponibili e/o tempestivamente reperibili, all’elaborazione di strategie generali ed in base ad esse dare subito avvio ad attività concrete ed in un secondo momento definire linee d’intervento inerenti le singole articolazioni del sistema agricolo regionale, da intendersi come arricchimento in itinere di un percorso generale già programmato.
L’esperienza ci insegna che nella prima opzione è insita una alta rischiosità di insuccesso, connessa ad una serie di variabili indipendenti dalla volontà dei soggetti promotori (tempi lunghi, risultati incerti e lontani, evoluzioni del quadro politico e sociale di riferimento etc) e che, soprattutto in Calabria, hanno visto l’affievolirsi ed in qualche caso il naufragio, di lodevoli iniziative nel settore (Gal, Politiche di filiera, Politiche comprensoriali etc).
La seconda opzione, pur difettando di specificità settoriale, ha il pregio dell’immediata concretezza e di assegnare da subito ruoli e funzioni ai soggetti coinvolti, si da creare le condizioni per un sinergismo operativo di fondamentale importanza per la riuscita del progetto. Inoltre, la circostanza che in altre realtà regionali si sia già in una fase avanzata, del percorso inerente il marketing territoriale e delle produzioni, rende possibile delle politiche di “Benchmarking”- fare tesoro delle esperienze altrui per evitare di ripeterne gli errori e per migliorare la qualità del proprio prodotto – in grado di limitare al massimo la rischiosità di insuccesso. (Campania, Toscana, Emilia Romagna, Veneto).
Organizzazione Territoriale del Servizio Marketing;
L’organizzazione territoriale del servizio deve essere atta a garantire un’efficiente comunicazione bidirezionale con il territorio, in modo da permetterne da un lato la corretta lettura delle specificità ambientali e produttive e dell’altro un’efficiente e tempestiva ricaduta regionale delle iniziative poste in essere dal servizio. In rapporto anche alla immediata disponibilità di strutture che possano ospitare il servizio e le sue articolazioni territoriali si ritiene opportuno proporre la seguente organizzazione territoriale:
Sede SERVIZIO Marketing di Reggio Calabria
Sede Ufficio M. Territoriale di Cosenza
Sede Ufficio M. Valorizzazione prod. Agricole ed agroalimentari di Reggio Calabria
-n° 1 Uffici Territoriali provincia di Cosenza
- n° 1 Ufficio Territoriale provincia di Catanzaro
- n° 1 Ufficio Territoriale provincia di Vibo Valentia
- n° 1 Ufficio Territoriale provincia di Crotone
- n° 1 Ufficio Territoriale di Palmi
Maggiori dettagli potranno essere definiti una volta che si avrà contezza delle risorse umane, materiali e finanziarie che saranno attribuite al servizio.
Valorizzazione produzioni agricole ed agroalimentari
I prodotti agricoli ed agroindustriali, alla stregua di tutti gli altri prodotti commerciali hanno un valore complessivo schematicamente ascrivibile a due entità principali corrispondenti al valore del prodotto materiale – ossia il valore del bene fisico – ed al un valore del prodotto immateriale, costituito dal maggiore apprezzamento derivante dagli elementi comunicazionali (tipicità, tradizione, garanzie, fiducia..) ad esso associati. Nelle realtà più evolute ed in alcuni particolari prodotti (es. il vino) la seconda componente del valore è di gran lunga superiore alla prima, mentre negli ambiti meno sviluppati il valore materiale del prodotto grezzo giunge ad essere l’entità unica che costituisce il valore del prodotto (es. prodotti senza identificazione destinati all’industria e/o alla commercializzazione all’ingrosso).
Il nostro progetto di valorizzazione mira ad incidere sia su un incremento di valore riferito al bene materiale, indirizzando le imprese verso produzioni che siano più rispondenti alle nuove esigenze dei mercati e del commercio (trade) – es. stabilizzazione delle caratteristiche, continuità di approvvigionamento, accesso alle economie di scala etc - e realizzando un più efficiente trasferimento delle soluzioni innovative messe a punto dalla ricerca e dalla sperimentazione.
La componente più importante del progetto riguarda però l’incremento del valore inerente alla componente immateriale del bene e ciò attraverso interventi finalizzati a creare fiducia nei consumatori, stabilire regole di produzione e vigilare sulla loro osservanza, dare tracciabilità al prodotto finito, fare emergere dall’anonimato e valorizzare produzioni di qualità riconducibili alla tradizione ed alla cultura dei diversi comprensori agricoli della regione. In buona sostanza ci si propone la promozione di una rinnovata immagine, dinamica e moderna, del comparto agricolo regionale.
Le tappe più importanti del progetto sono così schematizzabili:
A) Definizione e registrazione di un marchio ai sensi dell’Art. 2570 C.C. nel rispetto delle indicazioni comunitarie.
Istituzione di un marchio collettivo (marchio ombrello) volto ad identificare le produzioni regionali che danno solide garanzie di qualità e che vengono realizzate nel rispetto dell’ambiente.
La definizione del marchio e la sua denominazione, vanno orientati alla comunicazione di un messaggio che collega proficuamente il senso della storia e delle tradizioni, con la volontà di un radicale rinnovamento d’immagine dei prodotti calabresi. Un rinnovamento profondo che assume i colori e le forme di un’attività di servizio moderna, che sappia interpretare il presente e proiettarsi nel futuro e nella competizione globale. La definizione del marchio e la denominazione potrebbero essere effettuati attraverso un concorso per idee all’interno del personale dell’Agenzia, allo scopo di aumentare il coinvolgimento del personale nel progetto specifico e negli indirizzi dell’Ente.
L’istituzione di un marchio collettivo ha precisi riferimenti normativi sia a livello nazionale che, soprattutto a livello comunitario:
Art.
2570 Marchi collettivi
I soggetti che svolgono la funzione di garantire l’origine, la natura o la
qualità di determinati prodotti o servizi possono ottenere la registrazione di
marchi collettivi per concederne l’uso, secondo le norme dei rispettivi
regolamenti, a produttori o commercianti.
A livello comunitario và considerato l’orientamento univoco di Bruxelles è quello di sancire “L’illegittimità, per contrasto con le regole del commercio tra gli stati membri, di qualsiasi norma nazionale che, al di fuori delle tassative ipotesi previste da regolamento 2081/92, introduca segni identificati della sola origine territoriale, prescindenti da una documentata rilevabilità di precipue qualità o caratteristiche del prodotto, inteso nella sua materialità.”
La Commissione, insomma ha a chiare lettere negato all’origine territoriale dei prodotti una valenza specifica, in quanto tale connotazione non è di per se spendibile nel senso della “qualità”
L’avvio del progetto è essere definito nel rispetto delle norme nazionali e degli orientamenti comunitari e sarà corroborato dal coinvolgimento delle rappresentanze istituzionali in generale, con specifica attenzione alle istituzioni di riferimento (CEE, Regione, Ministero).
B) Individuazione dei settori d’intervento
I settori d’intervento potrebbero essere articolati in vario modo, uno schema potrebbe essere il seguente:
1. az. Agricole e/o agrituristiche
2. impresa di trasformazione e/o confezionamento
3. vendita al dettaglio (franchising, corner, semplice concessione)
4. ristorazione
C) Elaborazione dei disciplinari di produzione
Contemperare la coerenza di fondo con l’obbiettivo di promuovere e valorizzare le produzioni di qualità con l’esigenza di riuscire a raggiungere una “Massa Critica” di prodotto tale da giustificare la valenza commerciale della sua promozione.
Si potrebbe partire dalla “produzione integrata”, imperniata sul corretto e professionale uso dei fattori di produzione in base alla effettiva situazione aziendale, per come accertata da tecnici del settore (anche dai divulgatori agricoli) sulla scorta di elementi certi di riferimento (analisi del terreno per i piani di concimazione, tenuta del quaderno di campagna, difesa correlata all’andamento climatico etc etc).
Per ciascun disciplinare andranno definiti i principi generali, riferiti a categorie omogenee di prodotti, le responsabilità di approvazione, le modalità di revisione periodica e di revisione straordinaria, andranno altresì definite le schede specifiche con le prescrizioni inerenti alle singole produzioni.
Per l’elaborazione dei disciplinari di produzione è fondamentale il pieno coinvolgimento delle strutture dell’ARSSA che operano nel campo della ricerca, della sperimentazione e soprattutto, della divulgazione agricola.
L’approvazione dei disciplinari prevede il coinvolgimento delle organizzazioni professionali agricole, delle associazioni dei produttori, delle rappresentanze delle Coop., Enti ed Istituzioni scientifiche
D) Istituzione di un albo regionale delle imprese aderenti al marchio, suddiviso in sezioni (az. Agricole e/o agrituristiche, impresa di trasformazione e/o confezionamento, vendita al dettaglio, ristorazione) con annesso regolamento per valutare le domande d’iscrizione e definire le condizioni di funzionalità.
E) Definizione di un regolamento d’uso del marchio
In esso verranno precisati la titolarità (l’ARSSA o la Regione?), l’uso, gli estremi della registrazione, la descrizione, le finalità, i requisiti, il periodo di concessione, le modalità e la documentazione da allegare alla domanda di concessione, il responsabile tenuto a firmare il decreto che ne autorizza l’uso o che ne revoca la concessione, le verifiche ispettive, le modalità d’uso, le modalità di rinnovo e di subentro, le azioni di tutela del marchio etc.
F) Definizione di un sistema di controlli
I controlli necessari a verificare il rispetto dei disciplinari di produzione e delle prescrizioni d’uso del marchio sono effettuati da organismi di certificazione rispondenti alla norma UNI EN ISO 45011 “Requisiti generali relativi agli organismi che gestiscono sistemi di certificazioni di prodotto”.
La prima visita di controllo serve ai fini della “dichiarazione di conformità all’uso del marchio” –previa definizione del periodo transitorio- le altre visite avranno cadenza mai superiore all’anno e serviranno ad accertare l’effettivo rispetto delle prescrizioni.
In caso di difformità e/o inadempienze riscontrate nel corso delle ispezioni, lo stesso l’organismo di controllo stabilirà l’azione correttiva, ovvero la sospensione e, in casi gravi, la revoca della concessione d’uso del marchio.(meglio delegare ad un organismo accreditato al SINCERT)
G) Lancio del marchio ed interventi volti a sostenerne ed accrescerne la notorietà
Promuovere e sostenere la notorietà del marchio attraverso una serie di iniziative dirette ed indirette (convegni, eventi, seminari didattici nelle scuole medie e superiori, comunicazioni indirizzate al “target” degli imprenditori interessati al progetto, valorizzare la “vetrina autostradale” e le opportunità derivanti dai flussi turistici che interessano la regione). In questa fase vanno rafforzati i legami con le istituzioni di riferimento e soprattutto con quelle che operano direttamente sul territorio (Provincie, Comunità Montane, Comuni, Assessorato alla Pubblica Istruzione)
H) Realizzazione di un sito Web intestato esclusivamente al marchio ed inteso come punto di snodo delle comunicazioni tra la gestione e l’utilizzo dello stesso, tra le varie imprese che vi sono iscritte e tra queste e gli operatori che forniscono assistenza tecnica. Un sito che sia al tempo stesso funzionale e commerciale (E-Commerce), che serva da esposizione dei prodotti e riporti gli elenchi delle aziende iscritte alle diverse sezioni dell’albo, i particolari produttivi e distributivi delle stesse e le informazioni utili a favorire il contatto con il pubblico di riferimento.
Un sito che serva anche come mezzo di divulgazione agricola per specifiche materie (informazione legislativa, opportunità comunitarie, regolamentazioni commerciali etc etc) e serva altresì a dare informazione promozionale ai prodotti ed all’articolazione dei punti vendita.
Marketing territoriale
Negli attuali contesti economici, la competitività delle imprese è direttamente collegata e dipendente dalla più generale competitività dei sistemi sociali e territoriali nei quali esse operano e producono. Pertanto imprese e territorio possono “coevolvere” nella ricerca di vantaggi competitivi, essendo gli uni reciprocamente risorse critiche per la competitività degli altri. Per tutte, valga la considerazione che FIDUCIA e CONOSCENZA sono oggi considerati come “infrastrutture relazionali” e rappresentanti la sintesi delle risorse immateriali del terzo millennio – si pensi alle industrie olearie calabresi che imbottigliano in altre regioni proprio per attingere alla fiducia ed alla conoscenza che quei territori hanno e soprattutto, comunicano.
Il marketing territoriale è solitamente suddiviso in due grosse branche, il M. Territoriale Esterno ed il M. Territoriale Interno.
Il primo è volto all’attrazione verso l’esterno del territorio, soprattutto verso gli investitori e gli imprenditori ma anche e più in generale verso il variegato mondo dei fruitori. Gli interventi di su questo tipo di marketing sono spesso effettuati con politiche di costo (finanziamenti, defiscalizzazione, disponibilità di manodopera, infrastrutture) e politiche di servizio (efficacia ed efficienza dell’apparato burocratico –sportello unico-, creazione di distretti specialistici, economie esterne etc).
Il M. Territoriale Interno è invece volto alla soddisfazione degli utenti residenti nel territorio, tipo “Customer Satisfaction”. Generare, mantenere ed incrementare la soddisfazione dei cittadini, con un corretto rapporto qualità/prezzo per i servizi offerti dal territorio di riferimento, rispetto ai territori in competizione.
Premesso quanto sopra ed in considerazione della specificità delle competenze ARSSA, si propone un intervento incentrato sul circolo virtuoso Soddisfazione – Attrazione – Incremento Valore del Territorio. Si tratta di un meccanismo semplice basato sulla considerazione che l’attrattività esterna è anche funzione della soddisfazione interna ed entrambe concorrono alla valorizzazione del territorio. L’attivazione concreta dell’intervento proposto si incardina su cinque tappe fondamentali per come di seguito specificate:
1) Definizione della domanda
Si tratta di procedere all’identificazione dei bisogni e dei benefici ricercati dai residenti e di rilevare il grado di soddisfazione nei confronti del territorio;
2) Definizione dell’offerta
E’ l’inventario delle risorse antropiche e naturali, dei servizi e delle infrastrutture disponibili sul territorio;
3) Quantificazione del Gap tra domanda e offerta
Si tratta di quantificare la distanza tra le esigenze espresse dalla domanda e la disponibilità individuata nell’offerta;
4) Identificazione degli obiettivi
Individuazione degli obiettivi di marketing territoriale e definizione di un piano di intervento;
5) Definizione degli interventi atti a conseguire gli obiettivi
Realizzazione del piano d’intervento elaborato.
E’ del tutto ovvio che la realizzazione di quanto esposto necessiti del coinvolgimento complessivo delle diverse strutture dell’ARSSA, chiamate ad operare con un rinnovato spirito costruttivo ed efficentista, nel superiore interesse del conseguimento degli obiettivi dati.
Motivazione dipendenti ARSSA;
Un problema particolarmente delicato ed importante riguarda la comunicazione interna tra l’Agenzia ed il personale, troppo spesso “generalizzato” in compiti indefiniti, deresponsabilizzato individualmente e dunque demotivato al lavoro produttivo. La ristrutturazione in atto può rappresentare una valida occasione per invertire la tendenza e procedere all’attribuzione di compiti specifici, nell’ambito delle articolazioni dei vari servizi.
Sarebbe bene corroborare il senso di appartenenza alla struttura con iniziative di vario genere: carta intestata individuale, timbro personale, periodici resoconti inerenti l’attività svolta e confronto con i colleghi,
Curare le relazioni interne alle strutture, gratificare il personale attraverso responsabilizzazioni individuali ed incentivi di risultato e soprattutto attraverso una decorosa rappresentazione esterna del ruolo dell’Agenzia e delle sue articolazioni strutturali, è un passo fondamentale per ri-costruire un clima nuovo in cui ciascuno sia invogliato a dare il meglio di se per il pieno ed efficiente funzionamento del meccanismo complessivo.
Organizzazione dei rapporti esterni (istituzioni,
associazioni, extra regione, internazionali);
Concordare con le altre istituzioni che operano sul territorio, con finalità convergenti a quelle dell’ARSSA, linee di attività coerenti che pertanto abbiano un effetto sinergico (Co-Marketing) nella promozione di una rinnovata identità produttiva. Si pensi alla promozione effettuata dalla Regione, dalle Province, dalle Comunità Montane, dai Gruppi di Azione Locale, dai PIT, dai PIAR e dai singoli comuni e financo dalle Pro-loco. Convergenze e sinergie per la realizzazione del progetto sono da ricercarsi anche con altri soggetti la cui attività ha una rilevante ricaduta sociale, si pensi al mondo della cooperazione, alle associazioni di produttori etc.
Avviare canali di comunicazione diretta con le regioni che affrontano le stesse problematiche ed intraprendere rapporti con le istituzioni extraregionali che operano nel settore, in modo da permettere il pieno e tempestivo utilizzo delle risorse e delle opportunità che si rendessero disponibili (Ministero, Istituto per il Commercio con l’Estero, Comunità Economica Europea)
CONCLUSIONI
L’impegno che ci si assume è quello di avviare un complesso processo di riqualificazione dell’immagine ARSSA e di ridefinizione dei rapporti con il proprio personale, con l’utenza e con le istituzioni di riferimento, di promozione dei prodotti agricoli ed agroalimentari della regione e di valorizzazione del territorio.
L’intento è quello di incrementare la redditività del settore primario, di rendere visibili le imprese e le loro produzioni di pregio, agevolare l’incontro diretto produttore-consumatore realizzando la cosiddetta “Filiera Corta”, di promuovere tecniche di produzione che siano sempre più rispettose dell’ambiente e della salute dei consumatori.
Trattasi di un processo di importanza strategica per il ruolo e l’importanza del settore primario e per dare piena funzione agli enti che vi operano. I tempi di avvio e di piena realizzazione del progetto, sono una variabile dipendente dalle risorse umane, materiali e finanziarie che vi si potranno investire e dai tempi tecnici necessari per la fase di avvio (disciplinari, raccolta delle manifestazione d’interesse, realizzazione produzioni rispondenti alle caratteristiche qualitative richieste).
Il nostro impegno è totale ed immediato, affrontiamo l’impresa con la palpitazione derivante dalla ferma volontà di ripagare positivamente l’investimento in fiducia di cui siamo stati gratificati ed al tempo stesso l’affrontiamo con l’entusiasmo di chi ci ha sempre creduto in questo tipo di interventi e che oggi ha l’opportunità di operare sul terreno della progettazione e della realizzazione concreta.
PROGRAMMA OPERATIVO DEI
SERVIZI TECNICI DI SUPPORTO
TRIENNIO
2008-2010
QUADRO RIEPILOGATIVO
delle
ESIGENZE FINANZIARIE
Descrizione |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Agropedologia |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
150.000 |
Agrometeorologia |
148.400 |
148.400 |
148.400 |
445.200 |
SITAC |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
150.000 |
Formazione
Professionale |
120.000 |
120.000 |
120.000 |
360.000 |
Marketing |
50.000 |
50.000 |
50.000 |
150.000 |
TOTALE |
418.400 |
418.400 |
418.400 |
1.255.200 |
PROGRAMMA OPERATIVO DI
RICERCA APPLICATA E SPERIMENTAZIONE
PREMESSA SULLE LINEE DI RICERCA DELL’ARSSA
Nei programmi di rilancio socio-economico e produttivo della nostra Regione gli investimenti in ricerca e in sviluppo in agricoltura giocano un ruolo strategico e sono una leva importante per creare competitività e innovazione.
La Regione ha individuato l’ARSSA, Agenzia Regionale per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura, quale soggetto attuatore degli obiettivi e delle azioni prioritarie di ricerca individuate.
L’Agenzia per l’attuazione delle azioni di ricerca applicata e sperimentazione si avvale di strutture quali i Centri Sperimentali Dimostrativi (CSD) e delle strutture trasversali che operano nello Sviluppo Rurale e nell’Assistenza tecnica e Divulgazione
I CSD, sulla base delle linee d'intervento predisposte dalle strutture tecniche ed approvate dagli Organi Istituzionali dell'Agenzia, programmano ed attuano le attività di ricerca applicata e sperimentazione in ottemperanza con quanto previsto dalla L.R. 15/93 istitutiva dell'ARSSA.
In sintesi, i CSD rappresentano un anello di collegamento con le attività di ricerca, sperimentazione e di qualificazione professionale per favorire l'adozione degli orientamenti di carattere applicativo emersi nella fase della ricerca pura, condotta da Istituti di Ricerca ed Università. In altri termini, i CSD attuano, in protocolli sperimentali e di orientamento dimostrativi, l'attività di ricerca applicata.
I CSD, inoltre, producono materiale di alto pregio genetico (sementi, piantine, animali, ecc.), per costituire campi e nuclei di allevamento, di orientamento dimostrativo in altri ambienti del territorio calabrese, per essere sempre più vicini agli agricoltori "utenti" dell'ARSSA.
Alcuni centri (es.: Acri, Molarotta, San Marco Argentano, Sibari, Mirto, Locri e Lamezia) garantiscono la conservazione genetica (germoplasma) di materiale autoctono, che può anche essere utilizzato come materiale di base per attività di miglioramento genetico; permettono, in maniera adeguata alle esigenze territoriali, la qualificazione professionale ad operatori agricoli, maestranze, tecnici, agricoltori, nonché il tirocinio a giovani laureati in agraria ed altre discipline connesse allo sviluppo agricolo ed alla salvaguardia ambientale. Forniscono altresì servizi specialistici con le proprie strutture tecnico - scientifiche (laboratori, stazioni agrometeorologiche, prototipi di macchine agricole, ecc.), attività queste funzionali ai percorsi di sicurezza e tracciabilità dei prodotti agricoli, agroalimentari e agroindustriali.
Nel 2006 con appositi provvedimenti, l’Agenzia ha iniziato un percorso di riqualificazione dei CSD articolandoli in funzione delle tematiche espresse dalla rete della Ricerca Interregionale insediata c/o il MIPAA e riconosciute dalla Conferenza Stato-Regioni.
Tale struttura permette un’ interfeccia coerente e funzionale tra le altre regioni e la struttura centrale del Ministero.
Inoltre, in questi ultimi anni, l’Agenzia ha approntato dei modelli operativi incentrati sulle linee guida dello sviluppo rurale, arricchendo alcuni CSD di vere e proprie azioni multifunzionali quali la tutela della biodiversità, attività didattiche, formative e di consulenza, finanziate queste attraverso i programmi INTERREG, i programmi Interregionali “Misura 4” e “Contenitore Sviluppo Rurale” ed azioni specifiche con i Programmi Leader.
Questo patrimonio permette di individuare un percorso che nel periodo 2007-2013 vedrà realizzare un passaggio tecnico-culturale che prefigura una evoluzione dei CSD attuali da centri di competenza tematici a veri e propri Centri di Servizio alle Filiere.
Questo permette, inoltre, all’Agenzia di strutturarsi adeguatamente e partecipare alla rete Interregionale per la Ricerca A.F.A.P., strumento di consultazione e consulenza specialistica sulle tematiche di Filiera al servizio delle strutture decisionali del Dipartimento Agricoltura della Regione Calabria.
Sotto questa ottica, tutti i CSD idonei si costituiranno come 1° elemento infrastrutturale nella realtà rurale, quali "Centri di Eccellenza" e/o “Centri di Competenza” in grado di garantire:
- servizi di orientamento nei vari settori dell'agricoltura, pilotando, per l'appunto, gli imprenditori verso scelte agro-economiche da condurre con successo nelle varie filiere produttive ed assicurando qualità e tutela ambientale;
- servizi multifunzionali rivolti al territorio quali biotecnologie, bioenergia, tutela della biodiversità, agricoltura sociale, ecc.
Schema di azione di un Centro di Eccellenza/Competenza che evidenzia le connessioni operative.
L’azione innovativa che verrà portata avanti dal
Centro porterà sicuramente a instaurare collaborazioni con tutti i partner locali che operano direttamente o
indirettamente nel territorio per lo sviluppo dell’agricoltura: Università,
Istituti di Ricerca (CRA, CNR) OO.PP.AA, Provincia, Comuni, Comunità Montane,
Gal, Scuole ecc.
Pertanto, tali infrastrutture si auspica possono essere portate a valore, rappresentando di fattoun coinvolgimento istituzionale del Dipartimento Agricoltura nei partenariati interdisciplinari (Ricerca, Ambiente, Attività Produttive etc.) che si realizzeranno per la Progettazione Regionale (ATS, APQ, PSR etc.).
INTRODUZIONE
L’Agenzia, in ottemperanza con quanto previsto dalla L.R. 15/93 e della L. R. 19/1999 sui Servizi di Sviluppo Agricolo, esplica attività sperimentale e dimostrativa su tutto il territorio regionale per mezzo dei Centri Sperimentali Dimostrativi (CSD). Tutte le attività vengono svolte in coerenza con il piano triennale della Ricerca sul Sistema Agricolo ( PNRSA ) Regionale e Nazionale e sulla base delle linee d'intervento predisposte dalle strutture tecniche ed approvate dagli Organi Istituzionali dell'Agenzia.
In relazione all'attività di ricerca applicata, di sperimentazione, di collaudo, di orientamento tecnico-varietale e in funzione delle prove dimostrative condotte dall'ARSSA presso i propri CSD, potranno essere di volta in volta attivate collaborazioni scientifiche con diverse istituzioni preposte alla ricerca.
In sintesi, i CSD rappresentano un anello di collegamento con le attività di ricerca, sperimentazione e di qualificazione professionale per favorire l'adozione degli orientamenti di carattere applicativo emersi nella fase della ricerca pura, condotta da Istituti di Ricerca ed Università. In altri termini, i CSD attuano, in campi sperimentali e di orientamento dimostrativi, l'attività di ricerca applicata.
I CSD, inoltre, producono materiale di alto pregio genetico (sementi, piantine, animali, ecc.), per costituire campi di allevamento, di orientamento dimostrativo in altri ambienti del territorio calabrese, per essere sempre più vicini agli agricoltori "utenti" dell'ARSSA.
Alcuni centri (es.: Molarotta, Sibari, Mirto) garantiscono la conservazione genetica (germoplasma) di materiale autoctono di cui si rischia l'estinzione, che può anche essere utilizzato come materiale di base per attività di miglioramento genetico; permettono, in maniera adeguata alle esigenze territoriali, la qualificazione professionale ad operatori agricoli, maestranze, tecnici, agricoltori, nonché il tirocinio a giovani laureati in agraria ed altre discipline connesse allo sviluppo agricolo ed alla salvaguardia ambientale; forniscono servizi con le proprie strutture tecnico - scientifiche (laboratori, stazioni agrometeorologiche, prototipi di macchine agricole, ecc.).
I CSD, oltre all’attività primaria di sperimentazione e collaudo, svolgono un ruolo di salvaguardia dell’ambiente e del paesaggio rurale contribuendo alla conservazione di un ricco patrimonio agricolo e forestale in coerenza con gli indirizzi della nuova PAC.
Ciascun Centro svolge attività ordinaria e di sperimentazione-collaudo, prevalentemente nell’ambito di un determinato comparto produttivo, che generalmente caratterizza l’area in cui lo stesso è situato.
I Centri Sperimentali Dimostrativi dell'ARSSA sono strutture preposte alla realizzazione di attività di sperimentazione in campo, finalizzata alla costituzione di "modelli" aziendali nei diversi settori produttivi tipici dell'agricoltura calabrese (olivicolo, agrumicolo, vitivinicolo, frutticolo, orticolo e zootecnico). In altre parole, i Centri possono essere considerati come vere e proprie "aziende tipo", i cui modelli gestionali e colturali adottati, in quanto sperimentati e di sicuro successo, devono poi essere trasferiti agli operatori agricoli attraverso il Servizio di Divulgazione.
Sotto questa ottica, tutti i CSD assumono una funzione di orientamento nei vari settori dell'agricoltura, supportando gli agricoltori nella scelta delle attività da poter condurre con successo nelle varie realtà agricole calabresi.
Per il corretto funzionamento dei CSD è necessario "gestire", "innovare" e "potenziare" i campi dimostrativi realizzati nei principali comparti produttivi dell'agricoltura calabrese, non solo per gli aspetti agronomici, ma anche per quelli agroindustriali, di controllo e certificazione dei prodotti ottenuti.
I C.S.D. E I LABORATORI A SUPPORTO
Nei Centri Sperimentali Dimostrativi (C.S.D.), affianco alle attività a valenza prevalentemente sperimentale ed afferente a progetti finalizzati, si conduce una importante attività legata alla gestione ordinaria del patrimonio dei Centri stessi.
Bisogna infatti considerare tutte le attività necessarie al mantenimento ed alla conservazione delle strutture produttive, delle macchine e delle attrezzature, nonché quelle attività produttive volte all’ottenimento di materiali reimpiegati nel ciclo produttivo (foraggi per il bestiame dell’Agenzia, sementi, foglie di gelso ecc.) che servono ad assicurare un buon livello di auto approvvigionamento.
In ogni caso tutte le attività di tipo produttivo e di pieno campo, hanno sempre una valenza dimostrativa, in quanto rappresentative di un modello produttivo ottimale, proponibile agli imprenditori e quindi reiterabile sul territorio.
Da non sottovalutare, inoltre, il ruolo di salvaguardia del
paesaggio rurale nonché in coerenza con le direttive comunitarie previste dalla
convenzione europea del Paesaggio e dell’Ambiente, svolto dai Centri e di
esempio di applicazione delle norme previste dalla nuova PAC in materia di
condizionalità (cross compliance) e di Buone Pratiche Agricole.
La superficie complessiva dei CSD ammonta a oltre 700 ettari, per come riportato nella tabella allegata n. 1 e sui quali vengono svolte le seguenti attività colturali:
- Frutticoltura
- Viticoltura
- Olivicoltura
- Agrumicoltura
- Boschi e pascoli;
- Gelsibachicoltura
- Ortofloricoltura
- Cerealicoltura
- foraggicoltura
Il patrimonio zootecnico comprende le seguenti specie di interesse produttivo:
- Bovini
- Equini
- Ovocaprini
- Suini
- Api e Bachi
- Fauna selvatica
1 - CSD Molarotta di
Camigliatello Silano (CS)
Il Centro si estende su una superficie di 227 Ha ed è situato a 1200 m s.l.m.; ha impostato un'attività sperimentale, dimostrativa e di collaudo.
Il CSD svolge attività per i seguenti comparti:
- Sementiero, per la produzione della patata da seme, per la valorizzazione delle risorse ambientali e del territorio (salubrità dell’aria, risorse idriche, riduzione delle fitopatie);
- Zootecnico-foraggero e lattiero - caseario, per recupero, conservazione genetica, riproduzione, selezione e miglioramento della tecnica di allevamento del Bovino Podolico Calabrese, dell'ovino Gentile di Puglia ambientato in Sila, della capra autoctona calabrese e della trota indigena silana. Miglioramento della produzione dei foraggi e di altri alimenti nonché del latte e dei formaggi con interventi nelle operazioni di coltivazione, mungitura, lavorazione, stagionatura;
2 - CSD Casello San
Marco (CS)
Il Centro è ubicato in agro di San Marco Argentano e Casello di Tarsia. Si estende su una superficie di 184 Ha. La zona in cui ricade presenta problemi di organizzazione aziendale e di riconversione irrigua nelle aree vallive, mentre nelle aree collinari circostanti, ai problemi di carattere generale legati alla ristrutturazione aziendale si uniscono quelli specifici dell'utilizzazione dei terreni asciutti.
Il CSD svolge attività nei seguenti settori:
- Settore vitivinicolo: campo catalogo e di conservazione genetica dei vitigni calabresi; moltiplicazione e tecniche di coltivazione più rispettose dell'ecosistema. Gestione di una cantina di microvinificazioni, con annessa enoteca.
- Settore ortofrutticolo da mensa e da industria: miglioramento della tecnica di coltivazione, raccolta, selezione.
- Settore cerealicolo
3 - CSD Aziende
Sibaritide - Cassano Jonio (CS)
Il Centro è costituito da tre corpi aziendali: Stompi (Ha 68), campo Irriguo (Ha 20), Gadella (Ha 118). Sta portando avanti temi che interessano tutto il comprensorio di Sibari la cui agricoltura, oltre a problemi relativi alla ristrutturazione, alla riorganizzazione aziendale ed alla riconversione colturale di vaste zone irrigue, è alle prese con problemi specifici legati alla salinità della falda freatica.
Il CSD esplica attività nei seguenti settori:
- Settore agrumicolo: scelta nuove linee di clementine ed arance allo scopo di allungare il periodo di raccolta.
- Allevamento equino attraverso il recupero, la conservazione genetica, la selezione e la riproduzione del cavallo salernitano – Calabrese, con relative produzioni foraggere per l’alimentazione.
- Settore orticolo (melone, peperone e peperoncino)
4 - CSD Mirto - Crosia
(CS)
Il Centro si estende su una superficie di 50 Ha. L'attività
principale è quella di promuovere e stimolare la gelsibachicoltura nelle zone
collinari. Inoltre, sta portando avanti iniziative nel settore
dell'agrumicoltura e olivicoltura, ma anche dell'orticoltura. Il Centro dovrà
inoltre rappresentare il punto di riferimento per quanto concerne il campo
dell'innovazione tecnologica e della meccanizzazione agricola per le principali
colture tipiche calabresi.
Il CSD svolge attività connesse ai seguenti settori:
- Gelsibachicolo - sericolo, attraverso il miglioramento della tecnica di coltivazione del gelso, in relazione alla multifunzionalità ( biomassa, frutto e fibra) si occuperà anche della gestione di una "filanda".
- Olivicolo: campo catalogo, conservazione genetica, miglioramento della tecnica di coltivazione. Gestione di un frantoio per microoleificazioni, con annessa sala di assaggio (Panel Test).
- Orticolo ( Progetto MIPAF )
- Centro Pilota nel settore della meccanizzazione agricola: taratura e certificazione ambientale di macchine irroratrici, per impianti irrigui idonei al controllo della quantità e della qualità delle acque utilizzate, con particolare riferimento a quelle destinate alle coltivazioni biologiche.
5 - CSD Suinicolo di
Acri (CS)
Il Centro si pone non come struttura comprensoriale, ma come supporto, in sede regionale, alle attività del settore suinicolo, con problematiche che vanno dalla produzione (compresa quella relativa alla costituzione del suino ibrido calabrese), alla trasformazione, quale l'attività sperimentale relativa alla tipicizzazione della salumeria calabrese.
Il CSD svolge attività nel comparto zootecnico con l’allevamento del suino Nero Calabrese: recupero, conservazione genetica, selezione, riproduzione e tecnica di allevamento.
6 - CSD Val di Neto
(KR)
Il Centro si estende su una superficie di Ha 62, ed è ubicato nel comprensorio della Valle del Neto, la cui agricoltura vive un momento di transizione molto importante, legato alla riconversione colturale in seguito all’irrigazione di vari comprensori.
Le attività svolte nel CSD interessano i seguenti settori:
- Settore zootecnico bovino tecniche di allevamento, selezione e riproduzione;
- Settore frutticolo, olivicolo e viticolo, finalizzato al confronto varietale, e a tutte le tecniche colturali, nonché alla difesa fitosanitaria rispettosa dell'ecosistema.
- Colture industriali per produzioni innovative.
7 - CSD Cropani Marina
(CZ)
Il Centro si estende su una superficie di Ha 1.68.10. Persegue soprattutto lo scopo di diffondere le coltivazioni floricole ed orticole in serra.
Il CSD svolge le seguenti attività:
- Settore orticolo (pomodoro, peperone, cetriolo, zucchine, cipolla,fagiolino,fragola, lattughe) campi catalogo, confronto varietale tecniche di coltivazione rispettose dell'ecosistema.
- Settore floricolo (gerbera e bulbacee da fiore) confronto e valutazione varietale ed applicazione di tecniche innovative biologiche integrate.
8 - CSD Lamezia Terme
(CZ)
Il Centro si estende su una superficie di Ha 4,5 ed è ubicato in agro di S. Pietro Lametino.
Il CSD esplica attività nei seguenti settori:
- Settore piante officinali e medicinali: campo catalogo, tecniche di coltivazione "biologica", raccolta, essicazione e trasformazione dei prodotti ottenuti.
- Settore frutticolo (agrumi, pesco, nettarine, percoco, albicocco, pero, ciliegio, ficodindia ) campo catalogo; tecniche di coltivazione rispettose dell'ambiente; raccolta, selezione.
9 - CSD Gioia Tauro
(RC)
Il Centro, costituito dalla ex Casmez, è pervenuto all'ARSSA nel 1988 dal Consorzio di Bonifica di Rosarno. Si estende su una superficie di 17 Ha. Attualmente ha attivato temi di ricerca connessi alle problematiche del territorio, anche con l'obiettivo di individuare colture alternative all'agrumeto.
Il CSD è specializzato nei seguenti settori di attività:
- Olivicolo: costituzione di campi catalogo, conservazione del germoplasma, moltiplicazione, tecniche di coltivazione rispettose dell'ambiente.
- Frutticolo, (fico d’india – noce ) con tecniche colturali rispettose dell’ecosistema.
10 - CSD della Locride
(RC)
Il Centro si estende su una superficie di Ha 10, ed è stato acquistato nel 1993. Svolge attività di ricerca applicata principalmente nel campo dell'agrumicoltura, in collaborazione con l'Istituto Sperimentale per l'Agrumicoltura di Acireale (CT).
Il CSD esplica attività nei seguenti ambiti produttivi:
- Settore agrumicolo e viticolo: campi catalogo e di conservazione genetica (germoplasma); tecniche di coltivazione rispettose dell'ecosistema, raccolta, selezione.
- Settore piante officinali ( gelsomino ) recupero e conservazione germoplasma.
11 - CSD Area
Grecanica e Area dello Stretto (RC)
Il CSD esplica le attività connesse ai seguenti settori:
- Agrumicolo (bergamotto) – nutrizione delle piante.
- Frutticoltura esotica (Anona) e nespolo.
12 - CSD Boschi e
Pascoli
Il Centro è ubicato a San Giovanni in Fiore.
Il CSD svolge attività di gestione e valorizzazione delle risorse boschive e pascolive delle aree interne con particolare riferimento al patrimonio ARSSA.
13 – CSD Serre
Vibonesi
Il Centro svolge attività nel settore Frutticolo: campo catalogo, recupero e conservazione genetica di ecotipi locali.
14 – CSD Montebeltrano
– Paterno Calabro (CS)
Il centro è ubicato in località Montebeltrano del comune di Paterno e svolge attività di selezione e miglioramento genetico su leguminose da granella (cece e fava).
15 - CSD Medio (Paola)
e Alto (Diamante) Tirreno Cosentino
Il CSD svolge attività nei seguenti settori:
- Vitivinicolo, in collegamento con il CSD Casello S. Marco.
- Frutticolo (cedro, frutti del sottobosco, fico, albicocco).
- Zootecnico ed agrifaunistico.
PROGETTO
FILIERA
FRUTTICOLTURA
SCHEDA DI RICERCA
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PROGETTO: Ammodernamento del comparto frutticolo calabrese |
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TITOLO
DELLA RICERCA: “Innovazione
tecnologica per l’igiene, la sicurezza alimentare e la competitività delle
produzioni Frutticole calabresi (Valorizzazione) |
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COSTO
DELLA RICERCA (CR): |
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DURATA
PREVISTA DELLA RICERCA: 3 anni
ANNO DI INIZIO 2008 |
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RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA: Dott. Agr. Fausto Zicca ISTITUZIONE DI APPARTENENZA: ARSSA-Calabria Centro Sperimentale Dimostrativo di Casello Indirizzo: c.da Casello, S. Marco Argentano (CS) Tel/Fax: 0984.518065 E.mail: arssacsdcasello@virgilio.it |
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PARTECIPANTI ALLA RICERCA (responsabile incluso) |
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COGNOME E NOME |
QUALIFICA |
IMPEGNO MESI/ANNO |
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Dott. Agr. Fausto Zicca |
Direttore CSD di S. Marco A. |
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Dott. Fabio Petrillo |
DAP Ce.D.A. n. 7 |
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Dott. Luigia Iuliano |
Direttore - CSD – Lamezia |
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Dott. P. Audino |
DAP Ce.D.A. n. 21 |
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Dott. Domenico Turiano |
CSD dello Stretto |
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Dott. Antonio Scalise |
DAP - Ce.D.A. n. 12 |
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PA Francesco Scicchitano |
DAP Ce.D.A. n. 8 |
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Dott. A. Cannizzaro |
DAP - Ce.D.A. n. 17 |
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Dott. P.H. Spirlì |
DAP - Ce.D.A. n. 17 |
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Dott. Tommaso Scalzi |
DAP - Ce.D.A. n. 12 |
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Dott. Tafuro |
CSD dello Stretto |
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Dott. Maria Retta |
CSD dello Stretto |
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Dott. Maria Rumo |
CSD dello Stretto |
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STATO DELLE CONOSCENZE SUGLI ARGOMENTI DELLA RICERCA
La Frutticoltura in Calabria
La frutticoltura più consistente sia dal punto di vista quantitativo che qualitativo, si concentra soprattutto nelle aree di pianura. Nella piana di Sibari e nelle zone limitrofe della media valle del Crati è particolarmente diffuso il pesco. Il fico, coltura tradizionale calabrese, è concentrato nel Vallo di Cosenza e nella Media Valle Crati. La fascia litorale del Medio Ionio Catanzarese si contraddistingue anch’essa per la diffusione di una interessante peschicoltura. Qui si può osservare una gamma abbastanza ampia, anche se prevalgono le varietà precoci, visto la vocazionalità pedoclimatica della zona. In quest’area si trovano impianti sparsi di albicocco, mandorlo e susino. Nella piana di S. Eufemia sono diffusi maggiormente impianti di pesco, percoche e nettarine e, su superfici minori, albicocco, ciliegio, pero, melo, fragola e kiwi. Nella piana di Rosarno il comparto frutticolo è rappresentato in larga parte dalla coltivazione del kiwi, e in piccola parte da altri fruttiferi. Nelle rimanenti aree pianeggianti la frutticoltura riveste un ruolo marginale: actinidia e pesco (basso tirreno reggino), anona, mandorlo, nespolo del Giappone e avocado (Villa S. Giovanni, Reggio C., Melito P.S. e Palizzi), fico, pesco, albicocco, pero, nespolo del Giappone, avocado (Costa Ionica Locride). Tuttavia, anche alle altitudini più elevate di collina e di montagna è possibile attuare una frutticoltura di qualità, che potrebbe conquistare una certa rilevanza nel comparto frutticolo calabrese, se opportunamente rivalutata da un’idonea politica d’intervento. In particolare, il ciliegio, il castagno, le pomacee, la fragola ed i piccoli frutti negli ambienti collinari e montani possono rappresentare un notevole valore aggiunto ed un’integrazione del reddito delle piccole e medie aziende agricole.
Fatte salve lodevoli e significative eccezioni, la frutticoltura calabra non sembra godere oggi di particolari vantaggi rispetto alle altre aree concorrenti, sia in termini di costi di produzione che di qualità. Tuttavia possibili fonti di vantaggio competitivo risiedono nella possibilità di miglioramento delle tecniche di produzione e commercializzazione attualmente impiegate nel sistema ortofrutticolo locale. In particolare la scarsa concentrazione del prodotto da commercializzare, i canali distributivi spesso inadeguati e la scarsa valorizzazione delle produzioni locali rendono poco competitivo il prodotto sui mercati nazionale ed internazionale. Attualmente la maggior parte del prodotto è collocata in ambito locale, soprattutto sui mercati all'ingrosso spesso poco efficienti e poco organizzati, ciò ha determinato un'espansione delle produzioni poco specializzate e poco selezionate, consentendo la sopravvivenza di un tessuto di piccole imprese che si sono adagiate sulla scarsa qualificazione della domanda locale, lasciando così spazio ad un inefficiente sistema distributivo di assorbire ogni eventuale vantaggio commerciale. Anche le produzioni tipiche interessano esclusivamente il consumo locale in quanto mancano di una più razionale organizzazione commerciale e di un'attività promozionale. L'associazionismo, che in qualche modo avrebbe dovuto superare la sudditanza economica ed organizzativa della piccola impresa, non è stato capace di invertire questa tendenza sia per la limitata numerosità degli esempi realizzati sia per la limitazione del loro intervento alla fase di vendita vera e propria, trascurando la fornitura di servizi organizzativi, tecnici e di marketing necessari ad un'offerta qualificata.
Proposte d’intervento
E' dunque necessario una inversione di tendenza orientata ad accrescere la remuneratività e la competitività dei prodotti offerti. Questi obiettivi possono realizzarsi solo con un miglioramento della qualità dei prodotti e dei servizi lungo tutta la filiera, esaltando le potenzialità della produzione locale e migliorando la rispondenza della stessa alle richieste di mercato. Miglioramento che non deve riguardare soltanto quello intrinseco di prodotto ma anche la qualità dei servizi aggiuntivi di carattere commerciale e tecnologico in generale. A tal fine è necessario da un lato, adottare le tecniche più adeguate ad un miglioramento qualitativo della produzione agricola, dall'altro, promuovere un rapporto più stretto con il commercio e la trasformazione in modo da garantire produzioni rispondenti alle esigenze della domanda finale.
RIASSUNTO DEI CONTENUTI DELLA SCHEDA DI RICERCA
Il progetto di ricerca, è stato formulato tenendo conto delle mutate esigenze del mercato e mira a rimuovere le criticità “tecniche” emerse nel segmento “produzione agricola” della Filiera Frutticola regionale.
OBIETTIVO:
Incremento della
qualità “globale” delle produzioni
frutticole calabresi
AZIONI
Miglioramento genetico e vivaismo
Ricerca e collaudo
di nuove selezioni di fruttiferi e portinnesti
- verifica dell’adattabilità di nuovo materiale genetico mai valutato in Calabria e individuazione di genotipi rispondenti alle esigenze di mercato e adatti alle specifiche condizioni ambientali; In particolare saranno valutati i seguenti parametri: resistenza a malattie e a fattori abiotici (gelate, ecc.), produttività, qualità organolettiche, tenuta dei frutti sulla pianta, resistenza alle manipolazioni, shelf life (tenuta alla maturazione su scaffale)
La verifica
dell’adattabilità di questo materiale, agli ambienti meridionali, potrà portare
all’individuazione dei genotipi pienamente adatti alle specifiche condizioni
ambientali, contribuendo alla qualificazione di una frutticoltura calabrese
orientata verso un basso impatto ambientale. Le particolari condizioni
pedoclimatiche di alcuni areali
frutticoli regionali, consentono di ottenere produzioni precoci e tardive e di
raggiungere eccellenti requisiti qualitativi. In particolare, l’elevata
radiazione luminosa, le temperature miti alla fine dell’inverno e in autunno,
la minore piovosità nel periodo di maturazione della maggior parte delle specie
da frutto, sono fattori che predispongono ad ottenere produzioni di alto pregio
con elevato tenore zuccherino, anche nei periodi estremi del calendario
produttivo.
- completamento dell’attività per la definizione di liste di orientamento varietale dei fruttiferi e dei portinnesti (progetto MIPAF/Regioni), attraverso una maggiore concertazione con il mondo produttivo, e valutazione dell’adattabilità delle migliori selezioni
Programma di
individuazione, raccolta, recupero, caratterizzazione, conservazione e
valorizzazione di germoplasma frutticolo autoctono
1a fase: individuazione, recupero, raccolta, caratterizzazione genetica, peculiarità più salienti per consumo fresco e per usi particolari;
2a fase: costituzione ex novo e/o implementazione di campi germoplasma e di moltiplicazione in sanità di fruttiferi ritenuti di maggiore interesse
L’attività rientra
nell’ambito di un quadro più ampio sulla salvaguardia della biodiversità
vegetale tipica della Regione Calabria. Sul tema si richiamano atre attività
analoghe realizzate dai divulgatori agricoli dell’ARSSA sull’intero territorio
regionale. la valorizzazione di varietà autoctone tradizionali può contribuire
a rilanciare o ad affermare una frutticoltura meridionale particolarmente
legata al territorio. Il recupero e la valorizzazione di vecchie varietà sono
infatti fondamentali per la conservazione di un patrimonio genetico locale che
altrimenti rischia di scomparire. Rappresentano, inoltre, un’opportunità per
recuperare valori di una civiltà rurale legata ad antiche tradizioni e per
preservare prodotti che, nella loro diversità, hanno come loro caratteristica
la qualità, la genuinità e l’adattabilità.
Post-raccolta
Validazione (collaudo) e trasferimento dei risultati conseguiti dal
Progetto Interregionale “Sviluppo di metodi innovativi di gestione dei frutti
nella fase di post-raccolta”.
Il Progetto”Frutticoltura post-raccolta”
individua interventi volti ad incrementare la qualità della produzione
frutticola nazionale ed è stato definito nelle sue linee generali da un
comitato costituito tra diverse regioni, tra cui la Calabria.
Azioni del progetto:
A) Definizione degli indici di raccolta dei frutti in funzione della
qualità al consumo e delle modalità di
conservazione e commercializzazione, utilizzando parametri uniformi per
aree territoriali (macro aree
omogenee). Definizione di aspetti relativi alla calibratura e selezione
dei frutti. Messa a punto e verifica
applicativa di tecniche e strumenti per definire tempi e modi ottimali
di raccolta e per la valutazione della
qualità dei frutti su tutta la filiera
B) Approfondimento delle conoscenze sui principali patogeni e
fisiopatie per mettere a punto metodi di
diagnosi e previsione delle infezioni latenti su frutta ed uva da
tavola al momento della raccolta. Ricerca,
sperimentazione e messa a punto di strategie di controllo delle avversità
di diversa origine fisiologica o
patologica con tecniche di protezione integrata che non influiscano
sulle caratteristiche qualitative ed
igienico-sanitarie dei prodotti
C) Definizione di un protocollo per la valutazione simulata della
shelf-life per le diverse specie per
prevedere il decorso della qualità durante l’intero periodo della
distribuzione commerciale. Studio sulle
tecniche di conservazione più appropriate per rallentare i processi
biochimici di invecchiamento e
degradazione del frutto
D) Confezionamento e packaging: attraverso verifiche applicative di
nuove tecniche di confezionamento
per la grande distribuzione con materiali speciali ed atmosfere
modificate
E) Tracciabilità e logistica: per l’ottimizzazione degli aspetti legati
al trasporto, alla gestione degli
imballaggi ed alla logistica fino alla gestione del prodotto sul punto
vendita. Studio e messa a punto di
sistemi di conservazione innovativi funzionali allo sviluppo della
tracciabilità
F) Trasporto: verifiche della temperatura e dell’umidità durante il
trasporto attraverso micro rilevatori su
tutta la filiera ed ottimizzazione, attraverso la messa a punto di
specifici sistemi informatici, della fruibilità
dei dati in “tempo reale”
Buone pratiche agricole
Programma di studio finalizzato alla
applicazione di tecniche colturali e forme di allevamento in grado di
assicurare i massimi livelli di sosteniblità
Sul versante delle tecniche
colturali saranno attenzionate le seguenti problematiche:
-Gestione del suolo
-Scelta delle varietà e della forma di allevamento
-Fertilizzazione
-Difesa fitosanitaria e diserbo
-Irrigazione
-Raccolta
-Potatura
OBIETTIVI SPECIFICI INTERMEDI E FINALI DA CONSEGUIRE
Il progetto si pone come obiettivi specifici: l’individuazione di nuovi genotipi rispondenti alle esigenze di mercato e adatti alle specifiche condizioni ambientali calabresi; il recupero e la valorizzazione di varietà autoctone tradizionali per rilanciare una frutticoltura di qualità particolarmente legata al territorio; l’applicazione di sistemi innovativi della gestione dei frutti nella fase di post-raccolta; la riduzione dei costi di produzione e la messa a punto di pratiche colturali ecocompatibili. Il Progetto, mira alla realizzazione di un sistema integrato e sinergico tra i Centri Sperimentali Dimostrativi impegnati nell’attività di sperimentazione e ricerca, il cui obiettivo finale è l’incremento della qualità “globale” delle produzioni frutticole calabresi.
RISULTATI ATTESI PER SINGOLO ANNO DI STUDIO
Primo anno
-primi risultati sull’adattabilità di nuovo materiale genetico mai valutato in Calabria e individuazione di genotipi rispondenti alle esigenze di mercato e adatti alle specifiche condizioni ambientali
- primi risultati quali-quantitativi delle diverse selezioni poste a confronto con i diversi portinnesti
costituzione di nuovi campi di orientamento varietale e portinnesti
- individuazione, raccolta, recupero e caratterizzazione di germoplasma frutticolo autoctono
- realizzazione e implementazione di campi germoplasma e di moltiplicazione in sanità di fruttiferi ritenuti di maggiore interesse
- collaudo e applicazione dei primi risultati conseguiti dal Progetto Interregionale “Sviluppo di metodi innovativi di gestione dei frutti nella fase di post-raccolta”
- realizzazione di campi
“pilota” per il collaudo di tecniche colturali e forme di allevamento in grado
di assicurare i massimi livelli di sostenibilità
Secondo anno
Elaborazione dati e continuazione prove intraprese
Terzo anno
Elaborazione e divulgazione di risultati
COLLABORAZIONI ESTERNE
a) Istituto Sperimentale per la Frutticoltura - ROMA
b) Università degli Studi di Napoli – Facoltà di Agraria
c) Universita degli Studi Mediterranea Facoltà di Agraria Reggio Calabria
d) Centro Ricerche Produzioni Vegetali (CRPV) - Forlì
COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO,
COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED
ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 389.300
ANNO 2009: € 395.700 TRIENNIO: €
1.185.000
ANNO 2010: € 400.000
PROGETTO
FILIERA
BIOMASSE
SCHEDA DI RICERCA
Titolo del progettoII |
MULUFUNZIONALITA' DELLE BIOMASSE VEGETALI DA FILIERE ARBOREE ED ERBACEE |
|
|
Titolo
della ricercaIII |
IMPLEMENTAZIONE DI MODELLI AZIENDALI PER LA PRODUZIONE DI BIOMASSE AGRO-FORESTALI PER USI ENERGETICI, ZOOTECNICO-MANGIMISTICI E MULTIFUNZIONALI (NO-FOOD) |
Durata prevista della
ricerca: |
3 anni |
|
|
Resp.le
scientifico UU.OO. partecipantiIV |
Dr. Roberto BONOFIGLIO Centro Sperimentale Dimostrativo “Val di Neto” Indirizzo: C/da Fondo Barco 88821 Rocca di Neto (KR) Tel +390962.84055/FAX +390962+39096280478 Tel. +39 0962.84055/ Fax +39 0962.80478 cell. +39 333 7456547 E-mail: r.bonofiglio@libero.it Partecipanti: Dr Giuseppe STEFANIZZI; Responsabile Tecnico vivaio “Val di Neto” e CeDA n. 10 ; Dr Antonio SQUILLACE; Divulgatore CeDA n. 10 “valle del-Alto Marchesato”- Rocca di Neto (KR); Dr Berardino PAGLIA; Divulgatore CeDA n. 10 “valle del-Alto Marchesato”- CROTONE; P.Agr. Salvatore MACCHIONE Divulgatore CeDA n. 10 “valle del-Alto Marchesato”- Rocca di Neto (KR); Dr Tommaso GENTILE; Divulgatore CeDA n. 6 CSD “MIRTO” ; Dr Gaetano RISOLI; Divulgatore CeDA n. 3; CSD “Sibari” ; Dr Annalisa VALENTINO; Divulgatore CeDA n. 4; CSD “S. Marco Arg.” ; Dr Roberto POZZOLI; Divulgatore CeDA n. 4; CSD “S. Marco Arg.” ; Dr Francesco OLIVA; Divulgatore CeDA n. 2; CSD “Mirto -Crosìa.” ; |
Finanziamento richiesto dalle UU.OO. anno 2008 |
EURO €
316.500 |
Finanziamento richiesto alle UU.OO. TOTALE |
EURO €
1.085.000 |
ATTIVITÀ' DI RICERCA IN CUI E' IMPEGNATA ISTITUZIONALMENTE LA U.O. PROPONENTE INERENTE LA TEMATICA PROPOSTA
L'attività del CSD- Val di Neto” si articola generalmente su tematiche di salvaguardia ambientale in aree di interesse agricolo. Il Centro è stato ed è impegnato in ricerche e prove dimostrative con vari Istituzioni di ricerca.
Progetto Finalizzato “colture arboree fuori foresta”: condotto in collaborazione con le OO.PP.AA. della provincia di Crotone, sono in corso prove di produttività su una specie vegetale di origine Australiana “Paulownia”. E’ stata adottata una densità di investimento di circa 1600 piante ad ettaro per impianti dedicati al taglio a turno breve “Short – rotation” , mentre per coltura dedicata alla produzione di legno nobile è stato adottato un sesto di metri 5x5 con piante disposte a quinquonce sia nel primo che nel secondo caso;
Inoltre, in
collaborazione con società private del settore “Allasia Plant” sono in corso
prove di confronto di produttività di diverse specie di essenze vegetali quali:
Robinia, Pioppo, salice, eucalitto, e prove di densità di investimento;
Presso il CSD di Mirto, vengono invece portate avanti le seguenti altre attività:
Progetto Finalizzato "gelsibachicoltura" con la sez. di Padova dell' ISZA di Firenze, attivando prove di utilizzo multiplo del Gelso (seta, frutta, fibra cellulosica, foglia da foraggio, compostaggio dei residui dell'allevamento del baco) nonché ha avviato la riproduzione di piante di Gelso nero presenti negli antichi areali della sericoltura calabrese.
Progetto Finalizzato "RISELVITALIA" con gli Istituti del CRA: Istituto Sperimentale per la Pioppicoltura e l'Istituto Sperimentale per lo studio e la difesa del suolo, Unità di Ricerca Forestale di Roma, è stato realizzato un impianto sperimentale da biomassa impiegando le seguenti specie: eucalitto, pioppo e gelso.
Obiettivi del progetto:
a)
incrementare la produzione di biomassa legnosa delle
specie a rapido accrescimento;
b) preparazione di materiale divulgativo sulla selvicoltura industriale e forestazione produttiva; e) realizzazione di una specifica azione di divulgazione e di informazione sulle problematiche forestali e sui finanziamenti regionali, nazionali e comunitari;
d)
trasferimento dei risultati sperimentali e della
ricerca agli utenti pubblici e privati;
possibilità dell'attivazione di filiere tecnologiche (energetiche e agroambientali).
Descrizione della ricerca:
Azione 1. (biomasse arboree)
L'imprenditore agricolo che pensi oggi alle coltivazioni per uso energetico, zootecnico-mangimistico o ornamentale con specie arboree (pioppo, salice, robinia, eucalitto, gelso) come ad una scelta possibile per la propria azienda deve fare i conti la carenza di informazioni attendibili su aspetti critici della filiera.
Si rischia di sottovalutare i problemi colturali che si presenteranno, (in particolare quelli legati alla difesa dai parassiti), di esagerare le stime delle produzioni possibili, di trascurare gli aspetti di organizzazione e integrazione di una filiera che ancora deve nascere.
Le numerose lacune di informazione su aspetti cruciali per questo tipo di coltivazioni andrebbero colmate per consentire agli agricoltori investimenti ponderati e all'Amministrazione pubblica l'adozione di interventi tecnicamente corretti e coerenti con le politiche perseguite. Le produzioni ottenute in altre realtà nazionali, possono essere prese in considerazione come orientative ma verificate in loco. Un aumento della produttività è possibile sia migliorando il modello colturale, riducendo i costi, sia per via genetica impiegando le cloni/varietà più produttive
Biomasse lignocellulosiche per uso energetico.
Si tratta di una coltura tipica dell'arboricoltura da legno, basata sulla coltivazione con metodi agronomici di varietà selezionate di piante arboree (pioppo, salice, eucalitto, robinia, paulownia ed altre) su terreni agricoli per la produzione di legname da usare per la produzione di energia calorifica e/o elettrica. Usare biomasse legnose al posto del petrolio è incentivato dalle politiche ambientali della UE (protocollo di Kyoto) in quanto concorrono al contenimento dell' "effetto serra". La CO2 che si immette nell'atmosfera bruciando legno è la stessa che gli alberi le avevano sottratto crescendo. Produrre biomassa lignocellulosica con colture dedicate permette di dare una alternativa colturale agli imprenditori agricoli e di ridurre il prelievo dai boschi cedui di origine naturale avviandoli ad una gestione conservativa più efficiente per quanto riguarda la carboritenzione (carbon sink), la conservazione della biodiversità e la protezione del suolo, l'aumento di valore per gli aspetti turistico-ricreativi e paesaggistici.
Le piantagioni da biomassa permettono anche, nel caso della robinia e dell'eucalitto di ottenere come produzione secondaria miele di ottima qualità. Biomassa per uso zootecnico-mangimistico
Specie arboree come il gelso e la robinia vengono da tempo impiegate per uso zootecnico. Le foglie hanno un elevatissimo contenuto proteico e possono essere consumate direttamente allo stato fresco (pascolamento) o secco (mangimi). Inoltre queste piante arboree sono in grado di garantire produzioni anche nei periodi siccitosi, quando le specie erbacee arrestano la loro crescita per carenza idrica.
Oltre alla parte fogliare per uso zootecnico si potrebbe utilizzare anche la parte lignocellulosica per usi energetici.
Biomasse per uso ornamentale.
Generalmente si tratta della coltivazione di varietà di eucalitto le cui fronde recise annualmente vengono impiegate nella preparazione di composizioni fiorali. Questa produzione si è sviluppata in alcune realtà territoriali (Liguria, Toscana, Lazio, Sardegna) con un certo successo per i favorevoli sbocchi di mercato sia in Italia che nel nord Europa (Germania). La coltura è adatta anche per la costituzione di barriere tampone produttive e per perimetrare le coltivazioni biologiche.
Azione 2. (Biomasse erbacee)
La Commissione Europea ha adottato il "Biomass Action Pian" (7 Decembre 2005) che ha come obiettivo la riduzione delle importazioni di petrolio dell' 8%, di prevenire le emissioni di gas serra di 209 millioni di tonnellate di CO2 equivalenti per anno e creare un incremento di 300000 nuovi posti di lavoro. Inoltre obiettivo principale di questo Piano è quello del doppio uso delle fonti bioenergetiche (legno, rifiuti, colture) al 2010. Attualmente la EU utilizza circa il 4% dell'energia necessaria da biomasse. Il Piano prevede 31 misure per promuovere le biomasse per il riscaldamento, il condizionamento, la produzione di elettricità e il trasporto (Jbiofuels).
Le azioni principali proposte includono:
• nuove leggi europee per l'uso di energia rinnovabile, includendo le biomasse per il riscaldamento ed il raffreddamento (2006);
• una possibile revisione delle direttive sul biocarburante (2006) che dovrebbe fissare i targets nazionali per la quota di biodiesel e dovrebbe obbligare I fornitori di carburante ad utilizzare il biocarburente;
• piani d'azione nazionali degli Stati Membri sulle biomasse;
• sviluppo di un'industria leader "Biofuel technology platform";
• ricerca per il biocarburante di seconda generazione.
La Commissione prevede di conseguire diversi benefici ottenibili dal doppio uso delle biomasse: •Lo share di carburante fossile nel mix energetico della EU dovrebbe decrescere da 80% a 75%, determinando così una riduzione nelle importazioni di petrolio grezzo dell'8% con prevedibili ripercussioni sul prezzo dello stesso.
•L'emissione di gas serra dovrebbe attestarsi a meno di 209 milioni di tonnellate di C02-equi vai enti per anno;
• 250.000 a 300.000 posti di lavoro potrebbero essere creati nel settore agricolo e forestale.
Limiti e perplessità sull'utilizzazione di biomasse a scopo energetico
L'uso di più energia da biomassse pone diverse sfide, ma incontra un numero notevole di sostanziali ostacoli:
1. Socio-ecenomici:
1.1. l'energia
da biomasse è ancora, in generale, molto più costosa rispetto al corrente
prezzo del combustuibile fossile; più ricerche tecnologiche e sviluppo
saranno necessarie per massimizzare gli output energetici e l'efficienza delle
tecnologie delle biomasse;
1.2. le
produzioni agricole per biomassa avranno bisogno di più superfici, ciò dovrebbe
entrare in competizione con le superfici investite a produzioni alimentari e
potrebbe cadere nelle critiche riguardanti l'incremento della fame nel mondo;
2. Ambientali:
2.1. Quale sarà
l'impatto su larga scala della produzione di bio-energia sulla biodiversità,
sul suolo, sull'uso della risorsa acqua e sui rifornimenti?
2.2. Cosa
succederà se per l'uso di bio-carbùranti nei Paesi industrializzati dovrebbe
portare ad una distruzione di foreste tropicali in Paesi quali il Brasile?
2.3. Sebbene
gli studi scientifici indicano che l'uso delle biomasse e "carbon
neutral", non tutto il mondo scientifico è d'accordo. Alcuni studi
mostrano anche che la conversione di ecosistemi naturali a piantagioni
bio-energetiche potrebbe risultare in una maggiore emissione di carbonio dal
suolo a causa di un accelerazione del decadimento di sostanza organica.
3. Pubblica accettabilità:
3.1.
Come indica il report della Commissione esiste una
riluttanza da parte dei maggiori fornitori di energia e carburanti e da parte
dei produttori di auto e riscaldamento.
3.2.
C'è una perdita di consapevolezza da parte dei
consumatori.
Obiettivi
Si ritiene opportuno attivare un progetto misto (sperimentale-dimostrativo) per valutare le reali
potenzialità di queste colture sul territorio calabrese.
Per ciascuna tipologia di coltura il progetto dovrebbe riguardare:
la sperimentazione di specie, varietà, cloni e modelli colturali;
- le produzioni ottenibili con il materiale vegetale ed i diversi modelli colturali;
- le caratteristiche qualitative della biomassa prodotta, anche in funzione dei suoi possibili impieghi;
- l'analisi della redditività delle coltivazioni per individuare e verificare eventuali soluzioni aziendali alternative alle coltivazioni erbacee intensive e/o al set-aside;
l'individuazione di un modello colturale sostenibile, adatto alle aree marginali;
- un
monitoraggio sugli effetti ambientali della coltivazione usando parametri
biologici;
un'analisi dell'intera filiera in termini economici ed energetici.
Risultati attesi
- Determinazione della/e specie più idonee agli ambienti testati;
- Determinazione del clone/provenienza con le migliori performance produttive;
- Determinazione del modello di coltivazione più adatto e compatibile per le diverse condizioni
pedoclimatiche ed ambientali; Stesura di un disciplinare di produzione sostenibile per i diversi modelli colturali;
- Verifica complessiva della filiera energetica e convenienza relativa dei modelli individuati.
LE U.O.. CHE VERRANNO UTILIZZATI PER LA RICERCA PROPOSTA.
Il Centri Sperimentali Dimostrativi impegnati nel progetto sono quelli di “Val di Neto”, “Sibari”, “Mirto Crosìa” e “San Marco Argentano”. Essi sono particolarmente attrezzati per la realizzazione di prove e campi sperimentali/dimostrativi, in quanto l'intera superficie è suddivisa in campi, parcelle e parcelloni sistemati e forniti autonomamente di punti acqua. La strutture sono dotate di capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale. Inoltre, detti Centri sono in collegamento il Servizio Agropedologico e con laboratori di analisi del terreno per la caratterizzazione dei suoli dove verrà condotta la ricerca.
Il parco macchine delle aziende è abbastanza fornito e permette la coltivazione e la conduzione delle prove in autonomia e senza ricorrere a contoterzismi. Altre attrezzature però devono essere acquisite sia per la specializzazione delle stesse che per ammodernare le tecnologie disponibili. Si fa presente che l'U.O. ARSSA hanno la possibilità di affiancare sul territorio Servizi tecnici di supporto (Agropedologia, Agrometeorologia e SITAC Sistema Iinformativo Territoriale Agricolo - Calabria) e propri laboratori per le prime analisi ed eventuali preparazioni dei campioni di prodotto o loro parti.
Collaborazioni esterne e supervisione scientifica
1. UNIVERSITÀ' MEDITERRANEA DI REGGIO CALABRIA - FACOLTÀ' DI AGRARIA
2. UNIVERSITÀ' DI FIRENZE - FACOLTÀ'DI AGRARIA
3. CRA - MIPAF ISTITUTO SPERIMENTALE PER LA PIOPPICOLTURA - ROMA
4. CRA-MIPAF ISTITUTO SPERIMENTALE PER LA SELVICOLTURA-COSENZA
5. STAZIONE SPERIMENTALE DELLA SETA - MILANO
COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO,
COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED
ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 316.500
ANNO 2009: € 368.500 TRIENNIO: €
1.085.000
ANNO 2010: € 400.000
PROGETTO
FILIERA PIANTE
OFFICINALI
SCHEDA DI PROGETTO
1. Tematica e Filiera |
Piante officinali |
||||||||||
2.
Titolo |
Nuovi usi e tecniche di
trasformazione delle piante officianali |
||||||||||
3.
Acronimo |
nutto |
||||||||||
4.
Tipo di progetto |
x
|
Ricerca |
x
|
Sviluppo |
x
|
Dimostrativo |
|
Misto |
|||
5.
Durata (mesi) |
36 |
|
|
||||||||
6.
Finanziamento complessivo
richiesto (€) |
598.000 (3 anni) |
||||||||||
7. Coordinatore di progetto |
Nome e Cognome |
Luigia Angela Iuliano |
|||||||||
Istituzione di appartenenza Indirizzo, telefono, e-mail |
Agenzia Regionale per i
servizi e lo sviluppo in agricoltura della regione Calabria (ARSSA) |
||||||||||
|
|
Partecipanti alla
Ricerca |
|||||||||
Nome e cognome |
Dott.ssa Pia Rispoli |
Divulgatore ARSSA |
|||||||||
|
Dott.ssa Maria Grotteria |
“ “ |
|||||||||
|
p.a. Altobella Sigilli |
“ “ |
|||||||||
|
p.a. Domenico Pascali |
“ “ |
|||||||||
8. Descrizione del progetto
a)
Sintesi del
progetto
Dagli anni 80 in poi si è diffusa la moda del naturale, supportata dalla concezione che il farmaco di sintesi ha degli effetti secondari negativi, mentre il prodotto naturale, anche se forse meno efficace, non farebbe male. Con l’aiuto dei media si è creato un grosso interesse attorno alle piante officinali da parte dei consumatori, questo ha fatto crescere negli anni il consumo dei prodotti a base di erbe, sono, parallelamente aumentati i canali di vendita (farmacie, erboristerie, grande distribuzione, porta a porta), per soddisfare le richieste di mercato. La nuova legislazione del settore ha imposto maggiori garanzie per i consumatori finali, con maggiori chiarezze sulle etichette relativamente alle composizioni dei vari prodotti. La produzione officinali si vende solo se appositamente certificata, sulle composizioni dei principi attivi e sulle garanzie igieniche del prodotto. Anche le pratiche agricole sono andate nella direzione di una maggiore compatibilità con l’ambiente, molte piante di quelle che appartengono al gruppo delle officinali sono interessanti dal punto di vista del rinettamento del terreno, o come antiparassitari. La regione Calabria per le condizioni geografiche e climatiche gode di una grande ricchezza di piante spontanee che possono essere utilizzate come medicinali, tutto ciò confermato dai progetti e dalle ricerche che dal 1996 al 2002 l’ARSSA a condotto con altri enti di ricerca. Pertanto le attività in progetto riguarderanno le seguenti linee tematiche: le piante aromatiche, medicinali e biocidi, tecniche di coltivazione e individuazione di nuove specie; piante tintorie Integratori alimentari tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie; piante da cosmesi, Piante da profumo tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie; campo catalogo e percorsi didattici; gelsomino; laboratorio tecnologie di trasformazione delle piante officinali. Si lavorerà ai fini della valutazione qualitativa e quantitativa dei principi attivi contenuti dalle piante, saranno effettuati dei raffronti tra il prodotto spontaneo nelle diversi fasi fenologiche e su quello presente nei campi dei vari Centri sperimentali coinvolti. Sarà valutata la tossicità di alcuni composti ai fini alimentari, cosmetici e medicinali. Per le piante biocidi saranno effettuate prove di efficacia in campo, utilizzando prodotto fresco, congelato ed essiccato. Contemporaneamente saranno indagate altre specie provenienti da prelievi della flora spontanea calabrese, nonché le tecniche di coltivazione. Il laboratorio di trasformazione del csd di Lamezia supporterà le linee di ricerca ai fini della trasformazione e l’individuazione di nuovi usi, pertanto sarà allestito con le attrezzature necessarie come: un estrattore, per la produzione di essenze con qualsiasi tipo di solvente, un turboemulsionatore per la produzione di creme di base con uso di mucillagini ed essenze vegetali, un frullatore ad immersione, una centrifuga, un trituratore, relativamente alle valutazioni quali-quantitative sarà effettuata una convenzione con la stazione delle essenze di Reggio Calabria, il laboratorio di trasformazione regolarmente autorizzato dal Ministero della Sanità potrebbe svolgere lavoro di produzione contoterzi. Parallelamente sarà avviata l’attività didattica per l’aggiornamento degli agricoltori che vogliono andare verso la multifunzionalità e l’aggiornamento dei docenti ai fini della diffusione della cultura del corretto uso delle piante officinali.
b)
Inquadramento del
progetto negli obiettivi della programmazione del settore
Le attività in programma si inquadrano nella strategia generale di diversificazione delle produzioni e nello specifico nelle colture no-food. Individuazione di usi innovativi nelle coltivazioni tradizionali delle officinali, favorire uno sviluppo ecosostenibile del settore promuovere ricadute positive su tutto il sistema economico locale dei territori interessati. Si inquadra all’interno della pac come colture alternative a quelle eccedentarie e nei processi di valorizzazione dei territori andando verso le produzioni integrate in filiere corte e artigianali.
c)
Stato dell'arte
generale sull’argomento del progetto
La regione Calabria rimane la prima regione d’Italia in quanto a superficie investita a piante officinali, per questo motivo già da tempo l’ARSSA svolge attività di assistenza tecnica alle aziende e progetti nel settore, fin dal 1996 prima con il POM (Programma Operativo Monofondo) reg. CEE n. 2081/92 mis. 1.3.1 n. 5/D 6/D, poi con il POM A 34 – Valorizzazione dei prodotti trasformati delle piante officinali dell’Italia Meridionale e Insulare. I progetti sono stati svolti in collaborazione con l’Università degli Studi di Reggio Calabria, Facoltà di Agraria, Università degli studi della Magna Grecia di Catanzaro, Facoltà di Farmacia e la Stazione delle essenze agrumarie di Reggio Calabria; hanno messo in rilievo la necessità di organizzare una filiera delle piante officinali in Calabria, poiché settore produttivo in espansione e che offre, buone possibilità di diversificazione delle produzioni aumentando ed integrando il reddito aziendale. I risultati di entrambi i progetti sono stati utilizzati dall’Agenzia per la stesura del progetto integrato di filiera delle piante officinali che è stato redatto dai divulgatori agricoli in sinergia con il Consorzio dei produttori calabresi di piante officinali e loro derivati, costituitosi nell’ottobre 2000 grazie all’ARSSA che mise a disposizione parte dei fondi del pom A34 per il pagamento delle spese notarili. Il PIF delle officinali è stato finanziato dalla regione Calabria per un importo di circa 19.450.000 €, le aziende coinvolte sono 154 con due grosse realtà di trasformazione, l’area di interesse del pif è l’intero territorio regionale. Nel corso di questi ultimi tre anni l’ARSSA ha promosso la procedura della DOP della Liquirizia di Calabria, ha proceduto alla delimitazione delle aree di produzione. In collaborazione con l’Università di Bari, Facoltà di Agraria, il CSD di San Pietro Lametino ha lavorato sulla caratterizzazione del germoplasma dell’origano calabrese, in collaborazione con L’ISAFA di Trento è stata testata la camomilla calabrese al fine di verificare la presenza di camazulene. In questi anni sono stati istituiti dei campi catalogo e delle parcelle di coltivazione, sia presso i CSD di Lamezia, Mirto, Molarotta, Locri, sia presso aziende private come sul Monte Poro e nell’area della Locride.
d)
Obiettivi generali
e specifici (intermedi e finali)
Gli obiettivi generali del programma consistono nell’introdurre nuove tecniche di prodotto e di processo, riorientare e riconvertire la produzione secondo le esigenze del mercato e secondo le esigenze territoriale. Indurre sistemi e tecniche di controllo della qualità. Migliorare i processi di trasformazione, aumentare l’offerta dei prodotti assicurare i vantaggi per i produttori di base, migliorare la qualità dei prodotti agricoli trasformati, creare nuovi sbocchi per la produzione agricola, favorire l’innovazione. Introdurre sistemi e tecniche per il controllo della qualità. Erogazione di servizi alle aziende agricole e ai consorzi per le certificazioni Dop. Aumentare la competitività e la produttività delle imprese agricole attraverso l’individuazione di nuovi usi delle attuali coltivazioni, uno sviluppo sostenibile ed ecocompatibile, migliorare e riconvertire la produzione, migliorare la qualità dei prodotti agricoli di base e trasformati.
Obiettivi specifici:
- per la linea di ricerca piante medicinali, biocide e aroamatiche gli obiettivi consistono nell’individuazione di piante a più elevato tenore di principio attivo, individuazione di specie condimentarie e aromatiche più pregiate dal punto di vista organolettico.
- per le piante tintorie e integratori alimentari gli obiettivi consistono nell’individuazione di piante a più elevato contenuto di pigmenti e nell’individuazione di processi di colorazione del filato innovativi e a basso impatto ambientale, per gli integratori alimentari gli obiettivi consistono nell’individuazione del maggior numero possibile di antiossidanti con l’individuazione delle specie più pregiate dal punto di visto del benessere della persona.
- per le piante da cosmesi gli obiettivi consistono nell’individuazione di piante utilizzate nella formulazione dei cosmetici, individuazione di piante utilizzate nella formulazione dei profumi; individuazione di specie vegetali di largo consumo per la produzione di gomme, mucillagini e sostenze gelificanti.
9. Piano di attività
Descrizione delle attività previste suddivise per linee di
ricerca o attività
Piante aromatiche, medicinali e biocide tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie. Le piante officinali in Calabria hanno da sempre avuto un utilizzo diffusissimo. Tuttavia le caratteristiche morfologiche del territorio (montuosità) hanno determinato caratteristiche peculiari nelle diverse zone del territorio relativamente alle piante utilizzate ed ai procedimenti d’uso. Proprio per questo molti aspetti restano da approfondire ulteriormente. Inoltre, la grande variabilità qualitativa e quantitativa dei diversi componenti un fitocomplesso, che dipendono da numerosi fattori quali, la variabilità specifica, le caratteristiche pedo-climatiche dei terreni di crescita dello spontaneo e/o di quelli di coltivazione, presenza di specie caratterizzate dalla presenza di varianti del chemiotipo morfologicamente geneticamente indistinguibili, variabilità dei componenti nelle diverse parti della pianta, variabilità durante il ciclo vegetativo (tempo balsamico) sono i presupposti che rendono necessario l’approfondimento delle conoscenze delle specie officinali, ed in particolare quelle autoctone della Calabria.
Piante Biocide
- valutazione quantitativa del contenuto di glusodinolati-mirosinati, verranno effettuati per singole specie in: Nasturtium officinale, Erucastrum virgatum, Sinapsi alba, Sinapsi pubescens, Isatis tinctoria, prelievi di prodotto spontaneo nelle diverse fasi fenologiche ed analizzate in laboratorio;
- prove di coltivazione ed utilizzo poer sovescio, sia presso il Centro sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme che presso aziende private, Si valuterà il livello dei patogeni terricoli prima e dopo il sovescio. Le prove di efficacia in campo utilizzerà prodotti freschi, congelati ed essiccati.
Piante Medicinali
- valutazione del contenuto dei principi attivi in : Hypericum perforatum, Cynara cardunculus, Cuscus aculeatus, Rosa canica, Juniperus communis;
- prelievi di prodotti per singole specie, sia dallo spontaneo che dal coltivato nelle diverse fasi fenologiche da analizzare in laboratorio;
- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme che presso aziende private per saggiare le caratteristiche delle piante coltivate in diversi microclimi e le piante verranno analizzate.
Piante Aromatiche
valutazione del contenuto dei principi attivi in : Pimpinella sspp., Foeniculum sspp., Melissa sspp., Origanum ss.pp., Rosmarinus ss.pp., Eruca ss..pp., Sinapsi ss.pp., Salvia ss.pp., Thymus sspp.
- prelievi di prodotti per singole specie, sia dallo spontaneo che dal coltivato nelle diverse fasi fenologiche da analizzare in laboratorio;
- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme che presso aziende private per saggiare le caratteristiche delle piante coltivate in diversi microclimi e le piante verranno analizzate.
- valutazione della resistenza alla conservazione per prodotti di quarta gamma in specie autoctone spontanee e coltivate, valutazione sensoriale delle produzioni attraverso la preparazione di standard di valutazione e di panel di assaggiatori per la valutazione organolettica.
Piante tintorie,
integratori alimentari, tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie
Piante tintorie
- valutazione del contenuto dei principi attivi in: Isatis tintoria, Carthamus tinctorius, Rubia tinctorum, Resedea Luteolo, Anthemis tincotira, Genista tintoria, Noce comunis, Guado, Indigofera, Opunzia ficus indica.
- prelievi di prodotti per singole specie, sia dallo spontaneo che dal coltivato nelle diverse fasi fenologiche da analizzare in laboratorio;
- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme, costituzione di un campo catalogo presso il CSD delle Serre, che presso aziende private per saggiare le caratteristiche delle piante coltivate in diversi microclimi e le piante verranno analizzate.
- prove di colorazione, tradizionale, e individuazione di nuovi procedimenti sui diversi tipi di filato.
Piante per integratori
alimentari
- valutazione quantitativa del contenuto dei principi attivi (antiossidanti) in: Origano sspp, rosmarino sspp, zafferano sspp, basilico sspp, cipolla sspp, peperoncino sspp.
- prelievi di prodotti per singole specie, sia dallo spontaneo che dal coltivato nelle diverse fasi fenologiche da analizzare in laboratorio;
- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme, costituzione di un campo catalogo presso il CSD delle Serre, che presso aziende private per saggiare le caratteristiche delle piante coltivate in diversi microclimi e le piante verranno analizzate.
- prove di colorazione, tradizionale, e individuazione di nuovi procedimenti sui diversi tipi di filato.
Piante da cosmesi,
Piante da profumo tecniche di coltivazione e individuazione nuove specie
Le piante officinali in Calabria hanno da sempre avuto un utilizzo diffusissimo. Tuttavia le caratteristiche morfologiche del territorio (montuosità) hanno determinato caratteristiche peculiari nelle diverse zone del territorio relativamente alle piante utilizzate ed ai procedimenti d’uso. Proprio per questo molti aspetti restano da approfondire ulteriormente. Inoltre, la grande variabilità qualitativa e quantitativa dei diversi componenti un fitocomplesso, che dipendono da numerosi fattori quali:
- variabilità specifica;
- caratteristiche pedo-climatiche dei terreni di crescita dello spontaneo e/o di quelli di coltivazione;
- presenza di specie caratterizzate dalla presenza di varianti del chemiotipo morfologicamente e geneticamente indistinguibili;
-variabilità dovuta ai processi di lavorazione che subiscono dopo la raccolta;
- variabilità dei componenti nelle diverse parti della pianta;
- variabilità durante il ciclo vegetativo (tempo balsamico);
sono i presupposti che rendono necessario l’approfondimento delle specie officinali, ed in particolare quelle autoctone della Calabria. Il settore cosmetico è sicuramente destinato a stimolare sia la ricerca che l’applicazione di sostanze che sono utilizzate per sostituire composti di origine animale nelle formulazioni dei cosmetici. L’opportunità potrebbe essere rappresentata dalla rivalutazione di piante tipiche dell’agricoltura calabrese, per le quali esiste già una presenza produttiva, quali l’olivo e gli agrumi, andando così ad offrire a queste specie nuovi filoni di produzione e reddito.
PIANTE PER USO COSMETICO e PROFUMIERO:
olivo, alloro, agrumi (limone, arancia, mandarino, bergamotto), lavanda, elicriso, calendula, ginestra, gelsomino, menta, aloe, assenzio, pelargonium, timo, peonie, caprifoglio, salvia, garofano. Verranno individuate piante cosmetiche e da profumo; per le singole specie verranno effettuate delle prove di tecniche di coltivazione, valutati i costituenti chimici degli olii essenziali e analizzati i componenti tossici attraverso specifiche analisi chimiche con spettrografo o cromatografo; valutazione qualitativa dei sottoprodotti terpenici e di altri miscugli di sostanze odorifere; valutazione delle acque distillate aromatiche e soluzioni acquose di olii essenziali. Per l’alloro sarà messa a punto la tecnica di estrazione sia dell’olio essenziale dalle foglie e dal fusto sia l’estrazione dell’olio dalle bacche.
PIANTE PER LA PRODUZIONE DI GOMME, MUCILLAGINI E SOSTANZA GELIFICANTI:
individuazione di specie per la produzione di gomme, mucillagini e sostanze gelificanti; valutazione del contenuto di mucillagini e di altre sostanze secondarie nelle specie individuate.
Campi catalogo e percorsi didattici
Le sempre maggiori richieste di
attività didattica che pervengono ai csd ci ha spinto a programmare la
costituzione di campi cataloghi destinati alla fruizione didattica sia per le
scuole sia per gli operatori. I campi serviranno ai fini del riconoscimento
botanico delle specie officinali, pertanto porzioni di piante, fiori e altro
potranno essere prelevate per esercitare i sensi dei visitatori, inoltre i
campi saranno affiancati da tre laboratori didattici: il laboratorio del
profumo (costruzione di un profumo), il laboratorio dei colori (uso di polveri
vegetali nella pittura), il laboratorio dei saponi e delle creme cosmetiche
(con possibilità di fare un sapone o una crema ad uso cosmetico) laboratorio di
tintura (colorazione con le piante dei filati naturali). Lo scopo dei
laboratori è quello di far scoprire gli usi diretti delle piante officinali. I
campi e i laboratori costituiranno un pacchetto didattico che potrà essere
fruito direttamente nei csd di Lamezia
Terme e di Mirto o attraverso appositi kit potrà essere fruito direttamente
a Scuola. Tale attività sarà svolta sia a livello delle scuole di ogni ordine e
grado, sia agli operatori agricoli per formarli alla predisposizione di nuove
attività didattiche in azienda, inoltre periodicamente saranno proposti dei
seminari di aggiornamento per insegnanti e imprenditori agricoli. Tutto il
lavoro didattico sarà supportato dalla preparazione di appositi quaderni e kit.
Gelsomino
- valutazione del contenuto dei principi attivi e dell’essenza in: gelsomino ss.pp.
- prelievi di prodotti per singole varietà sia nelle diverse fasi di fioritura da analizzare in laboratorio;
- prove di coltivazione sia presso il Centro Sperimentale e Dimostrativo di Lamezia Terme, e presso il CSD di Locri.
- individuazione del processo di produzione dell’essenza dalla concreta, con indicazioni sui macchinari più adeguati e meno costosi di dimensioni medio piccole per realtà artigianali.
Istituzione di un
nucleo di moltiplicazione delle piante officinali presenti nei vari campi
catalogo
Il csd di Lamezia e quello delle Serre, avranno un centro di moltiplicazione delle piante officinali, finalizzate al ripristino delle fallanze nei vari campi e alla produzione delle piante necessarie per effettuare le prove.
Laboratorio tecnologie di trasformazione delle piante officinali
Attualmente presso il csd di
Lamezia esiste un laboratorio di trasformazione delle piante officinali, ma le
attrezzature in dotazione sono solo un torchietto, un percolatore, un
estrattore in corrente di vapore dalla capacità di 60 l. L’attività di ricerca
prevista prevede che il laboratorio del csd di Lamezia diventi il supporto a
tutte le linee di ricerca che si percorreranno, il laboratorio dovrà essere in
grado di produrre gli estratti che poi saranno mandati presso le Università e
la stazione delle essenze per le analisi, inoltre il laboratorio dovrà avere
tutta l’attrezzatura necessaria per la produzione di cosmesi, (saponi, creme,
lozioni, profumi etc.), tinture madri, tisane, olii essenziali etc. Il
laboratorio affinché possa lavorare anche per l’esterno ai fini di piccole
produzioni conto terzi, ha necessità delle relative autorizzazioni igienico
sanitari e ministeriali. Pertanto si procederà alla messa in regola del
laboratorio di trasformazione del CSD di Lamezia anche da questo punto di vista
con i relativi lavori di adeguamento strutturale.
Descrizione delle modalità di monitoraggio al progetto e verifica dei risultati
Il monitoraggio interno e la
verifica dei risultati riguarderà l’identificazione di principi attivi e la
possibilità del loro utilizzo nella trasformazione, la resa, e l’individuazione
di processi di trasformazione per dare indicazioni a laboratori medio-pioccoli
di carattere artigianale. Il numero degli incontri con gli operatori agricoli,
con gli insegnanti e con gli studenti.
Risultati attesi suddivisi per linea di ricerca
Individuazione di nuovi prodotti. Nuovi usi, nuove procedure di trasformazione, individuazione di specie ricche in principi attivi. Lavoro contoterzi per piccole quantità per il laboratorio di trasformazione.
10.
Articolazione temporale delle attività del
progetto con esplicitazione dei risultati intermedi previsti
Il progetto si articolerà in tre anni tutte le fasi sotto
elencate verranno attivate contemporaneamente
- Individuazione delle specie nei diversi ambienti calabresi;
- prelievo dei campioni nelle diverse fasi fenologiche,
- individuazione delle aziende private in cui effettuare prove di coltivazione;
- prove di coltivazione e prelievi nelle diverse fasi fenologiche;
- analisi di laboratorio per la valutazione quali-quantitativa dei principi attivi
- Individuazione delle specie nei diversi ambienti Calabresi;
- prove di coltivazione e prelievi nelle diverse fasi fenologiche;
- prove di laboratorio per la valutazione quali quantitativa dei principi attivi.
- Costituzione del campo catalogo del csd di Lamezia Terme per i percorsi didattici
- Costituzione del campo catalogo del csd di Mirto per i percorsi didattici
- Allestimento dei laboratori didattici del csd di Lamezia e di Mirto
- Predisposizione di quaderni didattici
- Predisposizione di Kit didattici
- costituzione campo di coltivazione del Gelsomino al csd di Lamezia
- costituzione campo di coltivazione del Gelsomino al csd di Locri
- valutazione dei campioni di concreta
- prove di estrazione dell’essenza dalla concreta
11. Elenco delle Unità Operative (UO)
partecipanti e di eventuali collaborazioni
esterne
Si stipuleranno
convenzioni con L’università della Magna Grecia di Catanzaro, Università degli
studi di Reggio Calabria Facoltà di Agraria, Università degli Studi di Bari
Facoltà di Agraria, Facoltà di Farmacia, la stazione delle essenze agrumarie di
Reggio Calabria, per le analisi chimiche e per il supporto scientifico. CSD di
Lamezia Terme, CSD delle Serre, CSD di Locri, CSD di Mirto.
12. Ostacoli prevedibili ed azioni
correttive
Si prevede di riuscire a diffondere l’uso di fumigazioni naturali a basso impatto ambientale.
Possibilità di individuare specie ad elevato contenuto di principi attivi desiderati, da utlizzare nell’industria farmaceutica ed alimentare.
13. Risultati attesi suddivisi per ogni
linea di ricerca
- Valorizzazione di specie autoctone;
- Diffusione di tecniche colturali a basso impatto ambientale.
- Si prevede di riuscire a diffondere l’utilizzo di alcune piante tipiche del territorio Calabrese come agrumi e olivo in cosmetica;
-Possibilità di individuare specie ad elevato contenuto dei principi attivi desiderati da utilizzare nell’industria profumiera;
- possibilità di lavorare i prodotti di ginestra, gelsomino e bergamotto.
14. Ricadute e benefici
-
Valorizzazione di specie autoctone;
- diffusione di tecniche colturali
a basso impatto ambientale.
- Pubblicazioni scientifiche, tecniche e divulgative
- Convegni
- Materiali didattici e Corsi di formazione
- Brevetti
COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO,
COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED
ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 231.000
ANNO 2009: € 167.000 TRIENNIO: €
598.000
ANNO 2010: € 200.000
PROGETTO
FILIERA
ORTICOLA
FRAGOLA
SCHEDA DI PROGETTO
1.
Titolo |
Fragola Calabria |
||||||||||
2.
Acronimo |
fracal |
||||||||||
3.
Tipo di progetto |
|
Ricerca |
|
Sviluppo |
|
Dimostrativo |
X |
Misto |
|||
4.
Durata (mesi) |
36 mesi |
|
|
||||||||
5.
Finanziamento complessivo richiesto (€) |
EURO 217.500 |
||||||||||
6.
Coordinatore di progetto |
Nome e Cognome |
Maurizio FUNARO |
|||||||||
Istituzione
di appartenenza Indirizzo, telefono, e-mail |
A.R.S.S.A. – Regione
Calabria A.R.S.S.A. – Centro
Sperimentale-Dimostrativo-S.S. 106, km 107,100 – 88050 CROPANI M. (CZ) Tel e fax 0961/961269e-mail
arssacropani@tiscali.it |
||||||||||
7.
Sintesi del progetto
Descrizione del
progetto
Il comparto fragola in Calabria è piuttosto vivace e in
continua evoluzione. Nel triennio 2004-2006, le superfici sono passate da 216 a
254 ettari (+ 14%) collocando la Calabria al 6° posto in Italia tra le Regioni
produttrici di fragola. La coltura è presente quasi esclusivamente nella Piana
di Lamezia T. (CZ).
Le produzioni calabresi si sono affermate a livello nazionale per l’elevata qualità e il sistema fragola garantisce redditività ai produttori, occupazione per molta manodopera stagionale e alimenta un importante indotto rappresentato dall’entità dei mezzi tecnici impiegati per la coltivazione e dal considerevole flusso commerciale di esportazione (nord Italia, estero) ad esso connesso.
Da oltre dieci anni l’A.R.S.S.A. - Regione Calabria è fattivamente impegnata nel comparto:
- dal 1995 è una delle Unità Operative nell’ambito del Progetto del Mi.P.A.F. “Liste di Orientamento Varietale” – Fragola e, unitamente alle principali Regioni italiane produttrici di fragola, ogni anno, costituisce e gestisce campi sperimentali-dimostrativi, finalizzati alla verifica della validità di varietà e nuove selezioni di fragola prodotte dai vari Istituti di ricerca pubblici e privati, nazionali ed esteri, nonché di tecniche colturali innovative;
- a partire dal 1994 l’Agenzia ha promosso l’introduzione e diffusione di tecniche innovative di “produzione integrata”, finalizzate all’ottenimento di un prodotto di alta qualità, contribuendo all’istituzione e registrazione (nel 2001) del marchio “Fragole di Lamezia”, regolato da un “Disciplinare di Produzione” e utilizzato in fase di commercializzazione.
- dal 2004, infine, l’A.R.S.S.A. conduce sull’Altopiano della Sila prove sperimentali di produzione vivaistica di piante di alta qualità.
Il Progetto ha una durata triennale (2007-2009) e si articola nelle seguente tre linee di attività:
A. Produzione vivaistica di piante di alta qualità’;
B. Miglioramento genetico;
C. Campi tecnologico – varietali.
Ciascuno dei tre punti (A, B, C), si caratterizza per poter essere sviluppato singolarmente e al tempo stesso è strettamente connesso e complementare agli altri.
A. Produzione vivaistica di piante di qualità
Si vuole consolidare l’attività sperimentale, già avviata, di produzione vivaistica di piante di fragola sul territorio calabrese, dimostrando che è possibile ottenere in Calabria piante di fragola di alta qualità. Ciò al fine di innescare un processo di autonomia, anche parziale, di produzione di piante, finora inesistente per la fragolicoltura meridionale, che è totalmente dipendente dalle aziende vivaistiche del Nord Italia ed estere ed evitare tutti gli inconvenienti connessi con l’impiego di piante prodotte in altri ambienti (in alcuni casi ad oltre 1000 km di distanza), che quasi mai presentano garanzie di puntualità di consegna, continuità di risultati produttivi, esenzione da problemi fitopatologici, ecc. L’attività vivaistica verrà sviluppata in aree svantaggiate di montagna, sicuramente vocate alla moltiplicazione delle piante di fragola, come quelle dell’altopiano silano.
Le azioni progettuali dovranno essere orientate a favorire il coinvolgimento di soggetti privati e degli stessi produttori di fragola calabresi nella costituzione di una attività produttiva finalizzata alla produzione commerciale di piante di fragola sul territorio calabrese.
I potenziali sbocchi commerciali di una attività vivaistica su fragola in Sila sono rilevanti (nella sola Calabria si commercializzano ogni anno circa 15 milioni di piante all’anno) e riguardano anche le altre Regioni dell’Italia meridionale.
E’ prevista la produzione di due tipi di pianta: piante fresche “a radice nuda” e piante fresche “cime radicate”. Infatti, in Calabria la fragolicoltura è ormai da tempo quasi tutta basata sull’impiego di piante fresche “a radice nuda”, che, rispetto alle piante frigoconservate, consentono di posticipare la piantagione di circa un mese, di anticipare il calendario di raccolta e di raggiungere un alto livello qualitativo dei frutti per un lungo periodo di tempo.
Inoltre, da qualche anno si registra un costante aumento di interesse anche per le piante fresche “cime radicate”, prodotte in 25-30 giorni attraverso la radicazione, su substrato di torba e in condizioni controllate, di “cime” di stolone prelevate nei vivai e provviste di abbozzi radicali.
B. Miglioramento genetico
Si intende intraprendere un’attività di miglioramento genetico direttamente sul territorio calabrese, come si fa in altre Regioni italiane, e non limitarsi a verificare l’adattamento di varietà prodotte in altre parti d’Italia e del mondo (negli ultimi anni si sono affermate in Calabria varietà di origine spagnola o californiana).
Poter disporre di varietà selezionate nello stesso ambienti di coltivazione costituisce un’ulteriore garanzia per i produttori e un importante salto di qualità per la coltura in Calabria.
C. Campi tecnologico-varietali
Occorre estendere l’attività di sperimentazione e valutazione varietale che l’A.R.S.S.A. conduce su fragola da oltre 10 anni nella Piana di Lamezia T. (CZ) nell’ambito del Progetto del Mi.P.A.F. “Liste di Orientamento Varietale” – Fragola, in altri ambienti come quelli di alta collina e di montagna, al fine di promuovere la coltura in aree completamente diverse per ciclo colturale, epoche di raccolta e caratteristiche qualitative del prodotto, rispetto agli ambienti tradizionali di pianura, soddisfacendo esigenze che in tal senso giungono sempre più numerose dal mondo agricolo.
Inoltre, viene previsto un campo sperimentale allo scopo di favorire lo sviluppo di soluzioni colturali tecnologicamente avanzate e innovative e, tra queste, si individua la coltivazione della fragola “fuori suolo”. Tale sistema di coltivazione, da un lato offre l’opportunità di ampliare il calendario di raccolta e di ottenere produzioni significative in periodi dell’anno di scarsa presenza sul mercato del prodotto fragola (autunno e inizio inverno) e dall’altro di ovviare, svincolando la coltura dal suolo vero e proprio, ai problemi legati alla disinfezione del terreno con prodotti chimici largamente in uso in fragolicoltura e ai problemi di adattabilità della coltura stessa alle caratteristiche podologiche dei terreni, che spesso ne limitano la possibilità di diffusione.
Piano di attività di
massima
A) Produzione vivaistica di piante di qualità
Una preliminare azione sperimentale condotta nell’ultimo triennio dall’A.R.S.S.A. presso il Centro Sperimentale Dimostrativo “Molarotta” di Camigliatello Silano (CS), in collaborazione con l’Istituto Sperimentale per la Frutticoltura – Sezione di Forlì, ha già evidenziato la possibilità di ottenere in Sila piante fresche di alta qualità. Le piante messe a dimora in campo, nei campi di valutazione varietale e presso aziende private, in tutte le Regioni meridionali, a confronto con piante tradizionali provenienti da altri ambienti, (Valle Padana, Polonia e Spagna) hanno evidenziando un interessante comportamento vegeto-produttivo e numerosi vantaggi.
L’attività vivaistica prevede il coinvolgimento dei Centri Sperimentali-Dimostrativi dell’A.R.S.S.A. di Camigliatello Silano (CS) e di Cropani M. (CZ) e di alcune aziende private. I C.S.D. A.R.S.S.A. avranno funzione propulsiva di indirizzo tecnico-scientifico per il trasferimento dell’innovazione nei riguardi delle aziende private che dovranno assumere le competenze per avviare una concreta attività vivaistica commerciale.
I vivai in montagna, realizzati presso il Vivaio A.R.S.S.A. di Camigliatello Silano (CS) e in almeno un’aziende privata dello stesso territorio, saranno finalizzati alla produzione di piante “a radice nuda” e di cime di stoloni non ancora radicati per la produzione di piante "cime radicate".
Verranno costituiti complessivamente 5.000 mq di vivaio in cui è prevista la messa a dimora, previo autorizzazione da parte dei costitutori, di piante madri (sesto m. 0,80x1) di varietà (già brevettate) che attualmente meglio si adattano agli ambienti di coltura calabresi, nonché di piante dei migliori nuovi genotipi selezionati nell’ambito di ricerche di miglioramento genetico nazionali, preventivamente valutate nei campi varietali realizzati nel Sud Italia (Progetto Mi.P.A.F. “Liste varietali”).
La gestione del vivaio, da impiantare a fine marzo - inizio aprile, consiste, oltre che nelle operazioni di preparazione del terreno, in interventi di concimazione, difesa fitosanitaria (anche con il ricorso a tecniche biologiche), irrigazione a pioggia, eliminazione meccanica e manuale delle infestanti. La raccolta delle cime di stolone per la produzione di “cime radicate” avverrà a fine agosto o nella prima decade di settembre, in modo da mettere le nuove piante in campo entro la fine di settembre. A partire da fine settembre, dagli stessi vivai, saranno estirpati gli stoloni radicati e ottenute le piante fresche a radice nuda, pronte per essere messe a dimora immediatamente in campo.
Si ipotizza per 5.000 mq di vivaio una produzione complessiva di 20 piante/mq., pari a 100.000 piante, di cui il 10% (10.000) “cime radicate” e le restanti (90.000) “a radice nuda.
La tecnica di produzione di piante fresche “cime radicate” verrà sviluppata presso il C.S.D A.R.S.S.A. di Cropani M. (CZ), situato sulla fascia Ionica catanzarese e dotato di strutture adatte a realizzare la radicazione in ambiente protetto delle cime di stolone prelevate dai vivai di montagna.
Una parte delle piante prodotte verrà avviata alla fase di valutazione nei campi di orientamento varietale ubicati nelle Regioni del Sud Italia, dove il comportamento vegeto-produttivo e qualitativo delle piante prodotte in Sila continuerà ad essere confrontato con il materiale vegetale proveniente da vivai del Nord Italia ed esteri (Spagna, Polonia).
Le altre piante potranno essere commercializzate presso le aziende che ne faranno richiesta e il ricavato potrà rappresentare fonte di autofinanziamento per la continuazione e lo sviluppo del Progetto.
B) Miglioramento genetico
Si prevede la costituzione di un campo per la valutazione di nuovi incroci, in cui individuare e selezionare genotipi adatti alla Calabria e più in generale agli ambienti con caratteristiche simili (le altre Regioni dell’Italia meridionale).
Il campo, della superficie di 1.000 mq., realizzato in coltura protetta, in cui verranno osservati circa 3.000 semenzali, deve essere gestito come un normale fragoleto: messa a dimora delle piante in ottobre, in file singole pacciamate con film plastico nero e dotate di ali gocciolanti disposte sotto la pacciamatura, espianto a fine maggio.
E’ opportuno realizzare il campo di miglioramento genetico presso il C.S.D. A.R.S.S.A. di Lamezia T., dato che il Centro sorge nell’area dove si concentra quasi tutta la produzione di fragola calabrese, dotando il Centro stesso di una struttura protetta idonea (serra tunnel).
Per il supporto scientifico sono necessarie le competenze dell’Istituto Sperimentale Frutticoltura di Forlì, con cui esistono, da circa dieci anni, consolidati rapporti di collaborazione, che svolgerà l’attività di laboratorio di costituzione dei nuovi incroci e fornirà il necessario supporto scientifico nel processo di individuazione dei genotipi idonei alla costituzione di nuove varietà pienamente adatte agli ambienti calabresi, con periodici sopraluoghi.
C) Campi tecnologico-varietali
Il principale campo sperimentale di valutazione varietale continuerà ad essere realizzato ogni anno nella Piana di Lamezia T. (CZ). Esso normalmente è finanziato con fondi MiPAF - Regione Calabria nell’ambito del Progetto “Liste di orientamento varietale”- Fragola.
Tuttavia, per perseguire l’obiettivo di valorizzazione della coltura anche in altri ambienti delle Calabria diversi da quelli di pianura, è prevista l’estensione dell’attività di sperimentazione e valutazione tecnico-varietale nel C.S.D. A.R.S.S.A. Molarotta di Camigliatello Silano (CS) per l’area silana e presso il C.S.D. A.R.S.S.A. di Paola (CS) per la medio-alta collina del Tirreno cosentino. Le prove saranno attuate su unità di superficie minime di 1.000 mq, in campo aperto e comprenderanno anche la “fragolina di bosco”.
L’avvio della sperimentazione della coltura di fragola “fuori suolo” sarà condotta presso il C.S.D. A.R.S.S.A. di Cropani M. (CZ), già specializzato nella coltura della fragola e più in generale in colture protette, dotando il Centro di una serra di 500 mq automatizzata, dotata di un sistema di dosaggio del fertilizzante, un dispositivo di pompaggio, filtraggio e di erogazione e controllo della soluzione nutritiva, dei turni irrigui, oltre che di sistemi automatici di arieggiamento e umidificazione dell’ambiente di coltura.
Descrizione sintetica
delle unità operative (comprese eventuali figure di consulenti e beneficiari di
commesse esterne) e criteri di scelta dei proponenti
Per la realizzazione del progetto sono necessarie le competenze di alcune strutture dell’A.R.S.S.A. che assumeranno funzione di guida per l’attuazione delle tre linee di attività in cui il progetto si articola.
- nel Vivaio Sperimentale A.R.S.S.A. “Molarotta” di Camigliatello Silano (CS), (struttura accreditata presso la Regione Calabria alla produzione e commercio di piante) e nel Centro Sperimentale–Dimostrativo A.R.S.S.A. di Cropani M. (CZ), che dispone di strutture protette idonee alla propagazione delle piante, si attuerà l’attività di sperimentazione che riguarda gli aspetti vivaistici;
- nel Centro Sperimentale–Dimostrativo A.R.S.S.A. di Lamezia T. (CZ), che è situato nell’area maggiormente interessata alla coltura della fragola, verrà sviluppata l’attività di miglioramento genetico;
- al Servizio di Divulgazione Agricola dell’A.R.S.S.A. verrà affidata la gestione dei campi sperimentali tecnologico-varietali (rilievi tecnici, determinazioni analitiche, elaborazione dei risultati, ecc.), il collaudo in campo delle innovazioni tecniche presso le aziende private singole e associate e la diffusione dei risultati conseguiti sul territorio.
Per la consulenza scientifica si farà riferimento al C.R.A. – Istituto Sperimentale per la Frutticoltura, sezione di Forlì, che è altamente specializzato in studi varietali e di miglioramento genetico della fragola, con cui da circa 10 anni esistono rapporti consolidati di collaborazione nell’ambito dell’attuazione del Progetto MiPAF “Liste di Orientamento Varietale “ – Fragola e con cui di recente è stata stipulata apposita Convenzione per l’attività di sperimentazione vivaistica in atto sull’Altopiano Silano.
Obiettivi generali
L’obiettivo generale del Progetto è di rinnovare la fragolicoltura calabrese rendendola competitiva nel panorama nazionale ed anche rispetto agli altri Paesi del bacino del mediterraneo.
In particolare si ritiene strategico l’avvio sul territorio calabrese dell’attività di miglioramento genetico, finalizzato alla costituzione di nuove varietà pienamente adatte all’ambiente e caratterizzate da elevate caratteristiche qualitative dei frutti. Questa azione deve prevedere un forte coinvolgimento degli stessi produttori, che dovranno essere chiamati a fornire un contributo concreto e diretto nei processi di scelta e individuazione dei potenziali nuovi genotipi interessanti. In prospettiva questa attività potrebbe essere svolta dall’A.R.S.S.A. con gli stessi produttori singoli e associati, costituendo forme di gestione miste dell’attività. I partners potrebbero godere di un successivo ritorno economico a seguito del brevetto di nuove varietà (royalty) ed i produttori disporre di varietà selezionate nello stesso ambiente di coltivazione.
Altrettanto importante è l’obiettivo della messa a punto della tecnica vivaistica per la produzione di piante fresche “a radice nuda” e “cime radicate” negli ambienti di montagna della Sila, che costituisce l’avvio di un processo di autonomia e autoproduzione di piante, di immediata applicabilità, anch’esso finora mai realizzato e del tutto innovativo per la fragolicoltura calabrese, che è, come detto, totalmente dipendente dalle aziende vivaistiche del Nord Italia ed estere.
I campi tecnologici varietali si innestano perfettamente in questo progetto di rinnovamento del comparto fragola calabrese, poiché rappresentano i siti in cui è possibile collaudare in prima battuta le innovazioni prodotte nell’ambito delle linee di attività descritte sopra, migliorare la tecnica di coltivazione e favorire l’espansione della coltura in aree diverse della Regione.
Risultati previsti
La possibilità di disporre in futuro di un valido e innovativo sistema produttivo di fragole basato sull’impiego di piante prodotte negli ambienti meridionali, comporterà notevoli benefici in termini economici a favore dei produttori, delle aziende vivaistiche interessate e del livello di occupazione in generale. Inoltre la possibilità della fragolicoltura meridionale di affrancarsi dalla dipendenza da vivaisti esteri consentirà una riduzione del costo unitario delle piante, con riflessi positivi sul costo di produzione, oltre che evitare tutti i rischi connessi all’impiego di piante prodotte in altri ambienti che quasi mai non garantiscono continuità di risultati. Questi benefici aumenteranno la competitività delle fragole prodotte in Calabria sui mercati italiani ed esteri, soprattutto rispetto a quelle spagnole. I benefici potranno aumentare ulteriormente se si organizzerà una valida organizzazione vivaistica locale con vantaggi sulle spese di trasporto, oggi piuttosto alte in quanto le piante sono prodotte ad oltre 1000 km di distanza (Spagna, Polonia).
Anche il poter disporre di varietà selezionate negli stessi ambienti meridionali di coltivazione è una ulteriore garanzia per i produttori e porterà indubbi vantaggi commerciali soprattutto se con l’introduzione di opportune strategie di marketing e di metodologie di tracciabilità e rintracciabilità si punterà a caratterizzare e rendere riconoscibile sul mercato il prodotto calabrese.
Piano di
valorizzazione dei risultati
La diffusione dei risultati sarà curata in modo particolare dall’A.R.S.S.A. e sarà finalizzata ad informare costantemente gli operatori tecnici del settore e i produttori, utenti finali dei risultati di questo Progetto. I risultati del Progetto saranno pubblicati su riviste scientifiche nazionali.
Saranno organizzati incontri tecnici-divulgativi. I vivai sperimentali e i campi di miglioramento genetico e di valutazione varietale saranno aperti a tecnici e produttori, per veicolare rapidamente i risultati del Progetto, ma anche per coinvolgere direttamente gli operatori del settore nelle scelte da effettuare.
COSTO TOTALE PREVISTO
PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE,
STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 72.500
ANNO 2009: € 72.500 TRIENNIO:
€ 217.500
ANNO 2010: € 72.500
PROGETTO
FILIERA
ORTICOLA
PATATA
SCHEDA DI PROGETTO
1. Tematica e Filiera |
SEME, PATATA |
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2.
Titolo |
Moltiplicazione di
tubero seme per una produzione continua di patata fresca di qualità Sistemi ecompatibili di
produzione |
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3.
Acronimo |
sila |
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4.
Tipo di progetto |
|
Ricerca |
|
Sviluppo |
|
Dimostrativo |
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Misto |
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5.
Durata (mesi) |
36 |
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6.
Finanziamento complessivo
richiesto (€) |
590.400 |
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7. Coordinatore di progetto |
Nome e Cognome |
De Marco Giuseppe |
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Istituzione di appartenenza Indirizzo, telefono, e-mail |
ARSSA – Centro
Sperimentale Dimostrativo Molarotta c/da Molarotta 87052 Camigliatello Silano
(CS) 0984.578051 gdemarc@tiscali.it |
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Sintesi del progetto
Il progetto si prefigge di validare la produzione di patata da seme di alta qualità (prebase e base), nonchè valorizzare il germoplasma locale e le varietà di patata fuori brevetto.
Con l’attuazione del progetto si potrà ottenere il ciclo completo di produzione di tuberi seme, partendo da varietà locali e/o selezioni, curando la conservazione in purezza genetica e sanitaria e, realizzando, l’attività di collaudo delle varietà, previa verifica di impatto ambientale.
Gli obiettivi fissati potranno essere raggiunti attraverso l’azione congiunta dell’ARSSA, del Cisa Mario Neri di Imola, del DISAT Firenze (Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale dell’Università di Firenze), del Consorzio Patata Silana e del BIOMAA di Reggio Calabria ( Dipartimento di Biotecnologie per il monitoraggio agroalimentare ed ambientale dell’Università di Reggio Calabria), che costituiscono il partenariato del progetto.
Fino ad oggi in
Italia si è pensato solamente ad effettuare attività di miglioramento genetico,
che non ha mai trovato uno sbocco produttivo e commerciale, in quanto è mancata
la filiera completa della produzione del seme.
Pertanto le nuove
varietà prodotte, attraverso la ricerca, sono sempre rimaste appannaggio delle
solite ditte sementiere, non c’è quindi stato un vero ritorno economico verso
il produttore ed il territorio.
Si potrà creare un
Partenariato contrattuale che sia in grado di sviluppare una linea di
produzione di patata da seme di alta qualità (prebase e base), da proporre ai
Paesi del bacino del Mediterraneo.
Questo Parteniariato contrattuale si potrà essere anche misto pubblico/privato, una sorta di OP sementi che avrà il compito di costituire una società di commercializzazione della patata da seme con lo scopo di penetrare i mercati nazionali ed esteri.
Su una stima complessiva del prezzo di acquisto da parte degli agricoltori delle sementi utilizzate in Italia di 800 milioni di euro, il comparto della patata da semina contribuisce per circa 70 milioni di euro. Le varietà commercializzate sono circa un centinaio, di cui circa 30 coprono il 90% del mercato. Per quanto riguarda la selezione conservatrice di tali varietà, nel 95 % dei casi questa si realizza in altri paesi comunitari. A livello nazionale, l’attività di miglioramento genetico su tale specie è esercitata da poche istituzioni pubbliche e private; il numero di varietà presentate per l’iscrizione al registro nazionale che viene sottoposto alle prescritte prove biennali per accertare le caratteristiche descrittive, agronomiche e di qualità è di circa una decina ogni anno. Al 30 giugno 2002 le varietà iscritte al catalogo nazionale erano 112, di cui 10 selezionate e conservate in Italia. L’adesione alla U.E. di altri paesi tra i quali Romania, Polonia e Bulgaria, in cui la patata ha lunga e consolidata tradizione, aumenterà i fattori competitivi sotto il profilo quantitativo, sia nel settore del la patata da consumo sia in quella da seme. Puntare sulla qualità del prodotto e sul calendario di produzione sarà un fattore ancora più decisivo per il successo della coltura in Italia. In questi ultimi anni, con l’avvio dei Green Corridor si aprono buone prospettive per lo sviluppo della patata da seme. Se si prendono in considerazione i paesi produttori di patate che si affacciano sul mediterraneo, si può notare come esista un mercato potenzialmente interessante. L’area coltivata è circa di 945.716 ettari, con la netta prevalenza della Turchia, della Francia, della Spagna. Non meno importanti per la rilevanza della patata precoce sono: Egitto, Algeria, Marocco e Tunisia. Di secondaria importanza, ma di rilievo nell’esportazione di patate fresche verso il continente europeo sono da citare: Israele, Cipro, Siria e Libano. Da considerare inoltre che Cipro e Malta sono entrate a far parte della UE dal 1 maggio del 2004.
Superficie, produzione e
fabbisogno in tubero seme nel mediterraneo
La produzione di patate totale, nell’aria ampia del mediterraneo, ammonta a circa 24 milioni di tonnellate, con un fabbisogno di tubero di oltre 2 milioni di tonnellate. Da questo ultimo dato si può capire come il Bacino del Mediterraneo possa costituire un mercato importante di seme di categoria base e prebase, data la pressoché assenza di strutture e di expertise specifiche in questo particolare settore del comparto patata.
La coltivazione della patata in Italia ha interessato nel 2002 circa 80.000 ettari per una produzione di circa 2.000.000 milioni di tonnellate. In questo ambito, la patata comune ha interessato 55.700 ettari (per una produzione di 1,4 milioni di tonnellate) e quella primaticcia 24.400 ettari (per un corrispettivo di 0,6 milioni di tonnellate prodotte).La coltivazione della patata è diffusa su tutto il territorio con concentrazione diversa secondo le due tipologie. La patata primaticcia si realizza per il 90% in Campania, Puglia e Sicilia, mentre le principali regioni per la produzione di patata comune sono la Campania, l’Emilia Romagna, l’Abruzzo, il Lazio, il Veneto ed il Piemonte. Il fabbisogno teorico di sementi nel 2005 può essere calcolato in circa 150.000 tonnellate. Annualmente circa 100.000 tonnellate di tuberi di patata da seme provengono da altri paesi comunitari, mentre l’importazione da paesi terzi è praticamente inesistente a livello commerciale per le restrizioni di natura fitosanitaria imposte a livello comunitario.La produzione di patata da seme in Italia viene realizzata essenzialmente in Val Pusteria (Bolzano), sull’Altopiano Silano, nelle Valli Giudicarie (Trento) e in taluni areali dell’Appennino Emiliano e della provincia di Padova.. La produzione nazionale ha subito nell’arco di 4-5 anni una drastica riduzione, passando da 710 ettari nel 1998 (con esclusione della Provincia di Bolzano) a 284 ettari nel 2002, cui è corrisposta una diminuzione del quantitativo certificato da 9000 tonnellate nel 1998/99 a 3000 tonnellate nel 2001-2002. Nella sola provincia di Bolzano la superficie destinata alla moltiplicazione di patata da seme è di circa 160 ettari con una produzione di circa 3600 tonnellate. La produzione nazionale di tuberi di patata da seme dipende in gran parte dall’introduzione di patate da seme di categoria “base” o “certificata” da altri paesi comunitari, considerato che la produzione nazionale di classi riproducibili è quasi inesistente o limitata a poche varietà di scarsa diffusione. Normalmente vengono moltiplicate patate di provenienza olandese ma anche francesi, tedesche, austriache, scozzesi e in minor misura di altri Paesi comunitari. Le aziende agricole interessate alla moltiplicazione dei tuberi-seme sono state circa cento nel 2002, distribuite su nove province. Nella provincia di Bolzano le aziende moltiplicatrici sono circa cinquanta. La selezione dei tuberi è stata invece realizzata da sedici ditte, di cui due in provincia di Bolzano. Nel settore dell’agricoltura biologica, da quanto riportato nell’apposita banca dati ENSE, il fabbisogno di tuberi-seme nella campagna 2001/2002 sarebbe stato pari a circa 6300 tonnellate (almeno in funzione delle richieste di deroga per l’uso di sementi convenzionali). Per quanto non vi siano dati relativi ai quantitativi disponibili, l’offerta ha riguardato circa 40 varietà, quasi esclusivamente provenienti da altri paesi comunitari. La produzione nazionale di tuberi-seme in agricoltura biologica ha invece interessato circa 10 ettari pari al 3.6 % della superficie complessiva destinata a seme, cui si aggiunge un ettaro in provincia di Bolzano.
In Calabria, grazie alle particolari condizioni climatiche e ambientali, è possibile praticare, accanto alle coltivazioni tipiche mediterranee, un’attività di moltiplicazione sementiera a garanzia dell’adattabilità del materiale vegetale e della qualità dei prodotti. In particolare il territorio Calabrese vanta una sua riconosciuta vocazionalità per la produzione di tubero seme di patata. Questa produzione si concentra sull’Altopiano Silano che già negli anni ‘50 è stato riconosciuto dal Maf come territorio particolarmente idoneo a questo tipo di produzione e quindi autorizzato come Ce.Mo.Pa (Centro di moltiplicazione di patata da seme).
La Calabria rispecchia la situazione nazionale, si registra una sempre maggiore attenzione degli imprenditori locali verso la produzione del tubero seme, proprio per l’incrementata richiesta degli ecotipi locali e delle nuove varietà selezionate in loco per soddisfare le esigenze della valorizzazione e la destagionalizzazione della coltura (anticipata e bisestile).
Schema
rappresentativo dell’albero degli obiettivi
Obiettivi
generali e specifici
L’obiettivo generale del progetto è la produzione di patata da seme di alta qualità (TC, S, SE, E) da utilizzare per successive moltiplicazioni in altre aree del mediterraneo, compresi territori delle Regioni Sicilia e Puglia per migliorare le produzioni extrastagionali, attraverso azioni di tipicizzazione del prodotto e di marketing.
Con l’attuazione del progetto si potrà ottenere il ciclo completo di produzione di tuberi seme, partendo da varietà locali e/o selezioni, curando la conservazione in purezza genetica e sanitaria e, realizzando, l’attività di collaudo delle varietà, previa verifica di impatto ambientale.
Gli obiettivi fissati saranno raggiunti attraverso l’azione congiunta da, ARSSA, DISAT Firenze (Dipartimento di Scienze Agronomiche e Gestione del Territorio Agroforestale dell’Università di Firenze), società Med Seeds SpA, Associazioni dei Produttori di Patata, e del BIOMAA di Reggio Calabria ( Dipartimento di Biotecnologie per il monitoraggio agroalimentare ed ambientale dell’Università di Reggio Calabria), che costituiscono il partenariato del progetto.
L’ARSSA assumerà le funzioni di capofila.
Gli obiettivi specifici si configurano sostanzialmente su due punti:
1) Incremento e diversificazione della produzione di tubero seme attraverso la definizione e la realizzazione di un sistema interregionale di moltiplicazione per l’area mediterranea;
2) Disporre di un prodotto fresco di patata di elevata qualità per un periodo di tempo più ampio di quello attuale.
- Descrizione delle attività previste suddivise per linee di ricerca o attività
- Articolazione temporale delle attività del progetto con esplicitazione dei risultati intermedi previsti
- Elenco delle Unità Operative (UO) partecipanti e di eventuali collaborazioni esterne
- Descrizione dei ruoli e delle modalità di interazione delle U.O partecipanti e di eventual collaborazioni
- Descrizione delle modalità di monitoraggio interno del progetto e verifica dei risultati
- Ostacoli prevedibili ed azioni correttive
- Risultati attesi suddivisi per ogni linea di ricerca
Per il raggiungimento degli obiettivi sopra ricordati il progetto si articola in tre componenti principali:
A - Strutturale;
B - Attività produttiva, di ricerca e di sperimentazione;
C - Attivita di sviluppo agro-commerciale del tubero seme nel WWW;A - Strutturale
Questa parte è relativa al potenziamento e alla riorganizzazione di strutture idonee alle attività di laboratorio per la produzione di piantine in vitro, per il risanamento del materiale, per la caratterizzazione dell'ideotipo, per la selezione di genotipi nonché per la produzione e moltiplicazione in serra e sotto screen-house di tubero seme di classe TC, "Superiore" e Super Élite (SE). Presso il CSD di Molarotta esiste già una struttura idonea adibita a laboratorio. Risulta necessario potenziare le attrezzature, in particolare gli ambienti climatizzati per la crescita e la subcoltura in vitro delle piantine. Va inoltre previsto l’acquisto di celle per la conservazione dei tuberi. Mentre per la produzione di minituberi possono essere utilizzate le strutture serricole del CSD di S. Marco Argentano. Infine è importante disporre di locali (capannoni e celle) per un totale di circa 800-1000 m² per la conservazione dei tuberi prodotti. Per questa componente potrebbero, in una prima fase, essere utilizzate strutture delle Associazioni dei Produttori
B - Attività produttiva, di ricerca e di
sperimentazione
L'attività
da mettere in atto è principalmente finalizzata agli aspetti produttivi. Il
programma si articola nelle seguenti linee principali: valutazione del comportamento produttivo di nuove varietà commerciali;
moltiplicazione massiva di tubero seme, e assistenza tecnica.
B1 - Valutazione
del comportamento produttivo di nuove varietà
Il
settore pataticolo è caratterizzato da una continua evoluzione del panorama
varietale disponibile. Tale materiale, nella maggior parte dei casi è di
provenienza straniera, e non sempre adattabile alle condizioni delle aree di
coltivazione della patata in Calabria e nell’area del mediterraneo. Pertanto è
prevista una attività di verifica dell’adattabilità ambientale e della qualità
delle produzioni delle nuove introduzioni genetiche. Queste prove verranno
condotte, in una prima fase sull'Altipiano Silano in condizioni diverse di
suolo, adottando uno schema sperimentale di tipo fattoriale (ambiente x varietà
x anno) con quattro replicazioni.
Si prevede inoltre di poter effettuare, per alcune varietà, delle prove agronomiche, relative all'interazione varietà x ambiente, nelle aree di maggior diffusione del tubero seme prodotto in Sila in collaborazioni con organizzazioni delle Regioni Sicilia e Puglia.
Una linea di lavoro importante è lo studio e il monitoraggio della presenza di patogeni a tolleranza zero in conformità alle Direttive della U.E. (2000/29 e 66/403 del Consiglio) allo scopo di richiedere la Zona Protetta alla U.E.
Sotto il profilo tecnico lo schema, ormai convalidato anche in Calabria con personale e strutture dell’ARSSA, da seguire si colloca a differenti livelli (fig. 2), che sinteticamente corrispondono a:
· Produzione di Piante Madri (PM) – ottenute a partire da colture meristematiche, in seguito a risanamento dei cloni o varietà, e da successive sub-colture di talee nodali (TN) fino ad avere materiale sufficiente per la produzione massiva programmata. A titolo d’esempio per produrre 10.000 minituberi (MT) occorrono circa 2.700 vitropiantine;
· Produzione di minituberi (MT-CT) – prodotti preferibilmente sotto serra in bancali con substrato torboso o sotto screen-house. A titolo d’esempio per produrre 10.000 MT occorrono circa 55-60 m2. di bancale. La tecnica da impiegare risulta già ampiamente verificata, anche nelle strutture dell’ARSSA di Molarotta e di S. Marco Argentano, e la produzione per m2 dipende dalla tecnica e dal genotipo;
· Produzione di tubero seme “SE” ed “E” – prodotto in ambienti idonei alla moltiplicazione in sanità e presso Strutture Produttive competenti ed equipaggiate da infrastrutture per la lavorazione e per la conservazione del tubero seme. Già nel corso del biennio 2005/06 è in atto una intensa attività di moltiplicazione di tubero seme;
· Produzione di prima moltiplicazione di classe “A” – questa linea potrà essere attivata presso Cooperative di produttori con riconosciute capacità tecniche e in ambito di sistemi colturali appropriati (rotazioni minimo quadriennali) e in differenti ambienti allo scopo di produrre tubero seme idoneo alle differenti tipologie di coltivazioni della patata nell’area del mediterraneo.
· Conservazione del tubero seme – questo aspetto verrà attivato presso Cooperative di produttori e monitorato lo stato sanitario e fisiologico del materiale.
B3.1. Moltiplicazione di
tubero seme di materiale genetico in selezione, di varietà storiche e locali
Alla luce dei risultati ottenuti nel 2006 l’attività sarà svolta su quattro differenti tipologie di genotipi:
1. materiale genetico selezionato ed in fase di validazione nel territorio silano – MN475, 2-1433R14, 2-1433R16, 2-1589S2. Si tratta di materiale che ha dimostrato di ben adattarsi alle condizioni silane fornendo rese unitarie di oltre 70 ton/ha;
2. varietà di gestione esclusiva della Med Seeds SpA sia di origine nazionale (Silvy, Daytona, Zagara, Antea e Rubino) che di origine estera, iscritte al Registro Nazionale e a quello Europeo;
3. varietà storiche – Nicola, Spunta, Tonda di Berlino, Majestic, Kennebec, Sieglinde e Mona Lisa; in particolare le prime due varietà hanno mostrato una grande abilità a produrre minituberi (da 5 a 10 tuberi per pianta), che significa riduzione dei costi;
4. varietà locale – Viola Calabrese.
La tecnica di produzione sarà mirata alla garanzia genetica e sanitaria del materiale e all’osservanza delle normative nazionali e comunitarie vigenti (Angelini e Lovatti, 1999a e 1999b). Il programma operativo da mettere in atto prevede: produzione di tubero seme prebase in “nicchia”, oppure sotto screen house, assieme alla valutazione dell’uniformità genetica e sanitaria, presso produttori di tubero seme. Qualora dai controlli dovessero emergere malattie il materiale sarà sottoposto a risanamento o verrà ripreso materiale sano dalle collezioni esistenti presso il DISAT.
Questa azione si articola in cinque fasi.
A partire da piante madri, attraverso successive subcolture di talee nodali, saranno prodotte dal DISAT un primo nucleo di piante madri (circa 200) per ciascuna varietà, queste saranno trasferite al laboratorio ARSSA del CSD di Molarotta per essere sottoposte a subculture. Le vitropiantie saranno trasferite in serra entro il mese di settembre di ciascun anno per produrre tubero seme TC. Il protocollo, le varietà da moltiplicare ogni anno e il numero di piante necessario sarà definito entro il mese di gennaio 2007 in ambito del Comitato Tecnico Scientifico del progetto.
Il DISAT di Firenze oltre alla produzione delle piante madri potrà dare la sua assistenza e consulenza per le attività di laboratorio e di campo.
Operativamente riguarda il trasferimento sotto serra delle vitropiantine ottenute nella fase 1. Il trasferimento verrà effettuato in fitocelle o in vaso su un substrato di torba più sabbia secondo un protocollo già collaudato. L’attività avrà inizio a partire dal mese di settembre e terminerà a dicembre/gennaio con la raccolta dei MT. Il numero di minituberi necessario, per ogni ciclo e per ogni anno, sarà stabilito in ambito del CTS del progetto.
Il tubero seme TC ottenuto con la fase 2 sarà moltiplicato in parte sotto screen-house e in parte in pieno campo in ambiente protetto (nicchie) applicando le tecniche agronomiche convalidate nell’ambito delle attività del Centro Pilota Moltiplicazione del Tubero Seme della Regione Calabria.
La messa a dimora dei tuberi sarà fatta in primavera sia sotto tunnel che in pieno campo e la raccolta entro il mese di settembre.
Gli Organismi coinvolti nella realizzazione di questa azione sono prevalentemente ARSSA, DiSAT, Consorzio Patata Silana, Associazione dei Produttori, Consorzio Mario Neri.
Fase 4 – Produzione
di tubero seme SE OGM free
Il materiale ottenuto con le attività della fase 3, dopo i controlli fitosanitari, sarà moltiplicato in aree idonee da organizzazioni private, sotto il controllo delle Associazioni dei produttori e con l’assistenza e la consulenza tecnica di personale specializzato afferente a strutture che partecipano al progetto.
Fase 5 – Produzione
di tubero seme E e certificato
Questa fase potrà essere sviluppata in differenti aree anche di altre Regioni, con le quali sarà stipulato un accordo di partenariato e formulato un progetto ad hoc. Le azioni di questa fase saranno orientate all’individuazione anche delle epoche più opportune di semina per ottenere tubero seme idoneo a garantire una produzione di prodotto fresco nei periodi attualmente scoperti. Anche su questo materiale verranno eseguiti i relativi controlli fitosanitari, fisiologici e agronomici.
L’azione sarà condotta su materiale già provato e selezionato ((Bamberger Hornchen, Blauer Schwede , Hermanns Blaue, Higland Burgundy Red, Odenwalder Blaue, Ramos, Shetland Black, Skerry Blue, Viola Calabrese e Desirée) nell’ambito del primo progetto e si articola nelle seguenti attività:
Saranno organizzati campi dimostrativi e divulgativi presso il CSD di Molarotta per guidare gli agricoltori nel trasferimento delle innovazioni dei processi produttivi. Questi consistono nella verifica di nuovi materiali genetici, nell’affinamento della tecnica colturale in relazione ai sistemi colturali (Biologico, integrato e convenzionale), nell’orientare la produzione verso la richiesta del consumatore, nel garantire il consumatore sulla sicurezza del prodotto silano, ecc. Questa attività riguarda inoltre la verifica del materiale silano in altre regioni italiane e del mediterraneo. Aspetto quest’ ultimo da sviluppare nel quadro di collaborazioni tra istituzioni pubbliche e Organizzazioni di Categoria delle differenti Regioni interessate.
I piani operativi di questa azione vengono stabiliti annualmente in ambito del CTS e la responsabilità operativa sarà dell’ARSSA che si avvale della collaborazione del DISAT di Firenze.
B3.4 - Costituzione di una OP patata da seme
Si tratta di costituire, in base alle Leggi attualmente in vigore, una Organizzazione dei Produttori di Patate da Seme in Italia, che possa coinvolgere le poche strutture rimaste sul territorio nazionale, con la loro base associativa, e cioè: Consorzio Patata Silana, COPAG Coop di Lomaso (TN), Cooperativa Produttori Sementi della Val Pusteria di Brunico (BZ), in modo che possa diventare il punto di riferimento, tecnico-politico-organizzativo, a livello nazionale. L’OP ha lo scopo di favorire la richiesta di programmi operativi nazionali e di essere di rappresentanza nel mondo sementiero, attraverso l’unica Associazione nazionale dei produttori di seme (COAMS).
B3.5 - Certificazione di qualità del
processo di produzione del tubero seme TC, S, SE, E)
Introduzione di un sistema di certificazione volontario della qualità della produzione prebase e base, sia in produzione convenzionale (o integrata) che biologica, di tutto il sistema dal laboratorio in vitro, passando dalla serra, screen-house, campo, controlli sanitari, conservazione refrigerata, lavorazione del prodotto, etc.
In contemporanea viene associato al sistema di certificazione anche un sistema di tracciabilità on-line.
L’attività è da affidare ad un Ente di Certificazione riconosciuto.
B3.6 - Certificazione sanitaria e qualitativa dei tuberi seme
Questa attività rappresenta
un supporto indispensabile alla produzione di tubero seme, non solo per quanto
riguarda la loro qualità ma anche per il marketing e per migliorare
l’accettazione da parte dei consumatori-clienti
Lo stato fitosanitario delle patate italiane
deve essere conforme alle Direttive CEE (2000/29 del Consigli; 66/403 del
Consiglio) e alle norme nazionali (Legge 25 7117 1971 n° 1096; DPR 8-10-1973 n°
1065, DPR 8-8-1994 n°576), dove sono distinti patogeni a tolleranza zero e
patogeni di qualità (Allegato 1). D’altra parte le caratteristiche qualitative del prodotto devono essere
conformi alle norme del prodotto devono essere conformi alle norme CEE/ONU
(FFV-31) ultima revisione 1997 (AGRI/WP1/EUR.STAN.30).
È fondamentale che si crei una struttura, che
possa garantire i controlli previsti dalla legislazione vigente:
1.
Protocolli di
campionamento per materiale genetico.
2.
Protocolli di
campionamento per i nematodi a tolleranza zero.
3.
Protocolli per
il rilevamento e l’identificazione degli organismi nocivi di qualità (virus, batteri, attinomiceti, funghi).
4.
Protocolli per
il rilevamento e l’identificazione
degli organismi nocivi a tolleranza zero (viroidi, virus, fitoplasmi, batteri,
funghi).
Oltre ai protocolli che devono essere implementati in uno standard di
certificazione di tutta l’attività in essere, è necessario completare l’opera
di acquisto delle attrezzature mancanti alla completa funzionalità del
laboratorio, nonché della piena operatività come presenza di risorse umane
durante il periodo di punta del servizio di analisi.
E’ inoltre necessario introdurre almeno uno standard di analisi per il
PsTVD e per fitoplasmi.
Tale attività è finalizzata a realizzare un ampio network di impresa per attuare le attivita di ricerca e sviluppo del commercio elettronico, utilizzando cioè delle tecnologie avanzate della Telematica interattiva, quali la costruzione di un portale specifico (portale verticale o “pataticoltura – Vortal “), per stabilire relazioni internazionali più opportune, per attuare la commercializzazione il marketing e la logistica dei trasporti del prodotto del tubero seme e più in generale della pataticoltura con particolare riferimento a tutta l’area euro-mediterranea. Le differenti fasi da sviluppare sono così identificate:
C1 - studio del mercato della filiera del
tubero seme e della patata;
C2 - studio della produzione del tubero seme
e del tubero da consumo in relazione ai servizi di informazione e commercializzazione;
C3 – studio dei sistemi di certificazione
dei Paesi dell’U.E. e dei Paesi terzi interessanti per un’attività di
esportazione e implementazioni delle metodiche analitiche richieste;
C4 - studio tecnologico della realizzazione
del PORTALE specifico del tubero seme e della
patata da immettere nel WWW;
C5 - analisi delle esigenze e competenze
necessarie per l’aggiornamento permanente del Vortale del nerwork di impresa
della pataticoltura;
C6 - studio delle strategie di lancio del
newwork di aziende dedite alla produzione del tuberoseme e della patata da
consumo sia fresco che industriale sulla base di una indagine della
potenzialità produttiva e delle prospettive di mercato.
Sarà inoltre definito un sistema di tracciabilità lungo la filiera in grado di identificare tutti i passaggi dal campo ai punti di vendita.
Ricadute e benefici
La costituzione di varietà italiane, competitive con le varietà commerciali più diffuse, rappresenta un grande successo per la nostra ricerca e per il sistema patata in Italia, che può contare su cultivar selezionate per le produzioni nazionali tipiche. Tuttavia a livello nazionale non esiste a tutt’oggi un organismo in grado di valorizzare tali nuovi genotipi la cui potenzialità produttiva e le cui caratteristiche organolettiche sono state evidenziate durante lo svolgimento del progetto Miglioramento Genetico della patata. A partire dal 1987 nell’ambito di progetti nazionali (MIPAF) e regionali, strutture di ricerca, quali il DISAT di Firenze, hanno messo a punti metodi e tecnologie per ottimizzare la filiera della moltiplicazione del tubero seme, adottando tecniche rapide ed innovative. Il DISAT in collaborazione con il CSD di Molarotta (Calabria) ha collaudato il modello realizzando un piano operativo che è attualmente in atto nel territorio calabrese. La realizzazione del progetto permetterà di mettere in pratica tutto il lavoro di ricerca svolto su patata negli ultimi venti anni.
Le condizioni ambientali delle regioni meridionali italiane consentono la coltivazione della patata praticamente durante tutto l’anno. Tali condizioni rappresentano una peculiarità del bacino del Mediterraneo.
Attualmente l’offerta di prodotto fresco di patata nelle regioni del sud Italia proviene principalmente alle produzioni di patata novella e patata bisestile, mentre durante la restante parte dell’anno la domanda è soddisfatta dal prodotto proveniente dal nord Italia e da altri paesi europei ed extra-europei. L’ampliamento della stagione produttiva comporterebbe non solo una maggiore disponibilità di prodotto fresco ma anche una maggiore flessibilità del mercato con indubbi vantaggi per i produttori, le industrie di trasformazione e i consumatori.
La possibilità di avere sul mercato prodotto fresco durante tutto l’anno offre importanti vantaggi legati alla maggiore qualità organolettica e nutrizionale del prodotto fresco rispetto a quello conservato: il prodotto fresco risulta infatti più ricco in vitamina C, ha una quantità di zuccheri semplici più bassa, risulta più fragrante ed più adatto all’uso culinario. Altro aspetto di particolare interesse legato alla qualità alimentare è che il consumo del prodotto fresco consente di non ricorrere all’impiego di antigermoglianti, di cui è stato ampiamente dimostrato l’effetto antinutrizionale.
Altro importante vantaggio è relativo alla possibilità di alimentare il circuito dei prodotti trasformati di 3°, 4°, 5° gamma favorendo lo sviluppo delle industrie di trasformazione locali.
Le ricadute saranno di tipo socioeconomico, ambientale e produttivo. La valorizzazione di nuove e vecchie varietà e la razionalizzazione, in particolare, del sistema di produzione del tubero seme, in un ambiente particolarmente vocato, dove lo stesso registra oggi qualche problema non potrà che avere ripercussioni positive sulla qualità del prodotto e sul contenimento dei costi di produzione. I risultati del progetto avranno un input importante in tutta l'area mediterranea interessata alla produzione di patata precoce creando condizioni di ottimale integrazione tra aree di montagna e litoranee (produzione di seme in montagna e colture precoci nelle zone litoranee). Una tale integrazione avrà un riflesso positivo sull'incremento del reddito del settore produzione patate precoci da esportazione. Altrettanto importanti sono le ricadute relative alla comprensione dell'impatto dell'attività agricola sull'ambiente, sull'ottimizzazione degli interventi agronomici e sulla conservazione e salvaguardia del territorio di aree fragili di montagna. I riflessi sociali di una tale operazione sono legati alla creazioni di professionalità.
Piano di sfruttamento
dei risultati
- Pubblicazioni scientifiche, tecniche e divulgative
- Convegni
- Materiali didattici e Corsi di formazione
- Brevetti
Questa attività sarà da ricercarsi presso Organismi Pubblici (Università, Istituti di ricerca e ARSSA) con i quali verranno stipulate apposite convenzioni o contratti indicando i programmi e i relativi costi.
Per l'esecuzione del progetto sono necessarie oltre alle strutture idonee, il materiale di consumo che comprende: i prodotti chimici per il laboratorio oltre a quelli per la protezione delle piante, la vetreria e tutto quanto serve per le attività di campagna e sotto serra. Si prevede inoltre l'impiego di personale con diversa qualifica professionale quali:
· n° 2 laureati per un totale di 72 M/U/A (mesi/uomo/anno);
· n° 4 tecnici per un totale di 144 M/U/A;
· n° 5 operai per un totale di 180 M/U/A.
Il Progetto prevede una fase iniziale della durata di 3 anni e il piano di realizzazione del progetto è il seguente:
primo anno – valutazione del comportamento produttivo di nuove varietà di patata, risanamento del materiale vegetale, produzione di piante madri e di minituberi, avvio delle attività per la definizione del sistema di produzione biologico e integrato di tubero seme, partendo da risultati scaturiti dalle attività del biennio 2005/06.
secondo anno – valutazione del comportamento produttivo di nuove varietà, moltiplicazione tubero seme di differenti categorie, utilizzando i lotti prodotti nel biennio sopra ricordato. Distrubuzione di tubero seme agli agricoltori. Valutazione delle performance del tubero seme moltiplicato in Sula in altre aree della Calabria, della Sicilia e della Puglia.
Creazione e gestione di una banca dati nella quale siano forniti servizi di consulenza a favore e realizzazione di una DEMO del PORTALE di commercializzazione e servizi di informazione sul tuberoseme e la patata;
terzo anno – continuazione delle attività di moltiplicazione massiva di minituberi, definizione del sistema di produzione integrato e biologico. Attività di Markrting.
Alla fine di ogni annualità si presenteranno i risultati mediante un convegno da tenersi in Camigliatello Silano. Alla fine delle tre annualità si presenteranno i dati in un convegno finale a partecipazione internazionale, preceduto da una conferenza stampa con tutte le testate giornalistiche di indirizzo agricolo.
La divulgazione sarà curata dal Servizio Divulgazione dell’ARSSA, anche tramite opuscoli divulgativi e supporti informatici.
COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO,
COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED
ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 196.800
ANNO 2009: € 196.800 TRIENNIO: €
590.400
ANNO 2010: € 196.800
PROGETTO
FILIERA
VITIVINICOLA
SCHEDA DI RICERCA
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PROGETTO: Riqualificazione e valorizzazione della vitivinicoltura calabrese |
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TITOLO
DELLA RICERCA: |
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COSTO
DELLA RICERCA (CR): |
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DURATA
PREVISTA DELLA RICERCA: 3 anni
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RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA: Dott. Agr. Maurizio Falbo ISTITUZIONE DI APPARTENENZA: ARSSA-Calabria Centro Sperimentale Dimostrativo di Montebeltrano Indirizzo: c.da Montebeltrano, Paterno Calabro (CS) Tel 334.1883166 Fax 0983.683296 E.mail: falbomaurizio@libero.it |
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PARTECIPANTI ALLA RICERCA (responsabile incluso) |
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COGNOME E NOME |
QUALIFICA |
IMPEGNO MESI/ANNO |
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Dott. Agr. Zicca Fausto |
Direttore CSD di S.Marco A. |
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Dott.Agr. De Marco Giuseppe |
Direttore C.S.D. Molarotta |
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Dott. Oppedisano Roberto |
Direttore CSD di Locri |
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Dott.ssa Luigia A. Iuliano |
Direttore - CSD – Lamezia |
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Dott. Bonofiglio Roberto |
Direttore - CSD Val di Neto |
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Il mercato attuale del vino mostra di orientarsi, con crescente interesse, verso quelle produzioni fortemente ancorate al territorio e caratterizzate da una propria identità organolettica. Queste potenzialità di mercato possono essere colte attraverso lo sfruttamento della diversità genetica offerta dal patrimonio ampelografico autoctono di cui ogni territorio dispone. La Regione Calabria è caratterizzata da una notevole eterogeneità territoriale e da un innumerevole presenza di biotipi locali adattati ai diversi ambienti nel corso dei secoli. Se da un lato detta diversità rappresenta una potenzialità, dall’altro si ravvisa la necessità di chiarirne l’identità genetica e di individuarne gli elementi caratteristici sfruttabili commercialmente. Le attività in progetto sono mirate all’accertamento ampelografico dei vitigni non ancora iscritti nel registro nazionale delle varietà di vite ed alla selezione clonale della varietà autoctone già riconosciute. Sulle selezioni così ottenute si avvierà il processo di risanamento virologico e fitosanitario, finalizzando il tutto alla prospettiva di istituire, presso le sedi ARSSA, un nucleo di premoltiplicazione del materiale viticolo regionale.
Parallelamente a questo filone di attività si dovrà avviare lo studio delle attitudini enologiche degli stessi vitigni al fine di individuare le pratiche enologiche e le tecnologie di cantina capaci di esaltare le qualità organolettiche dei vini calabresi e di caratterizzarli ulteriormente.
Inquadramento
del progetto negli obiettivi della programmazione del settore
Le attività in programma si inquadrano nella strategia generale di valorizzare i prodotti tipici e tradizionali capaci di favorire uno sviluppo ecosostenibile del settore primario con ricadute positive su tutto il sistema economico locale dei territori interessati. Più in particolare l’OCM vino ha come obiettivo prioritario la riqualificazione delle produzioni enologiche e il contenimento naturale delle eccedenze evitando il ricorso alla distillazione obbligatoria.
Stato dell'arte generale sull’argomento del
progetto
In passato l’ARSSA ha svolto attività di ricerca, sulle tematiche in oggetto, in collaborazione con l’ISV di Conegliano (S.O.P. di Thuri) e l’ISE di Asti (S.O.P. di Barletta) realizzando un campo catalogo di raccolta del germoplasma viticolo regionale, presso il Centro Sperimentale Dimostrativo di Casello di Tarsia, sul quale sono state eseguite osservazioni e rilevazioni sulle fasi fenologiche caratterizzanti i diversi ecotipi raccolti. Detto lavoro ha portato alla identificazione e descrizione di alcuni vitigni autoctoni a bacca bianca (giusta pubblicazione “Antichi vitigni bianchi calabresi” edita da Regione Calabria) lasciando in sospeso lo studio relativo ai vitigni a bacca rossa.
Attualmente sono in corso iniziative analoghe portate avanti dalla Provincia di Reggio C. con la collaborazione scientifica dell’Università di Reggio C.; presso l’azienda Librandi con la collaborazione scientifica dell’Istituto Agrario di S. Michele all’Adige; e presso il Consorzio dei Vini della Calabria Citra, in provincia di Cosenza, con la collaborazione scientifica dell’Università di Milano.
Anche le attività in campo enologico, condotte in passato dall’ARSSA con la collaborazione dell’ISE Sezione Operativa di Barletta, sono state prevalentemente finalizzate alla definizione e caratterizzazione dei vitigni autoctoni.
Obiettivi generali e specifici
Obiettivo del presente lavoro è quello di accertare l’identità genetica dei vitigni autoctoni più diffusi in Calabria e che caratterizzano le produzioni enologiche regionali a DOC e a IGT.
Più in particolare lo studio e la descrizione della caratteristiche fenologiche e produttive, oltre che sensoriali dei vini che se ne ottengono dovrà essere finalizzato all’iscrizione di detti vitigni nel registro nazionale delle varietà di vite ed alla pubblicazione delle schede descrittive. Di tali vitigni, inoltre, occorrerà definire le attitudini enologiche e le tecniche di vinificazione in grado di valorizzarne le potenzialità produttive.
Piano di attività
Accertamento ampelografico e selezione
clonale
Il lavoro di
accertamento dovrà riguardare i biotipi presenti nei campi catalogo impiantati
presso alcuni CSD dell’ARSSA, in particolare:
CSD Caselle di
Tarsia, campo di raccolta del germoplasma di circa 40 biotipi dell’intera
regione (Ha 1,50);
CSD Locri, campo di
raccolta del germoplasma di circa 40 biotipi della provincia di Reggio C. (Ha
0,20);
CSD Val di Neto,
campo di raccolta del germoplasma di 5 biotipi del Crotonese (Ha 0,30);
CSD Lamezia Terme,
campo di raccolta del germoplasma di 5 biotipi dell’area lamettina (Ha 0,20);
CSD Montebeltrano,
campo di raccolta del germoplasma di 10 biotipi delle aree di Donnici e Savuto
(Ha 0,20).
L’attività prevede,
per ciascun biotipo presente nei campi, l’osservazione, secondo la metodologia
ufficiale OIV, delle caratteristiche fillometriche e morfologiche in ciascuna
fase fenologica.
Tali rilievi,
finalizzati alla verifica dei caratteri discriminanti, saranno supportati da
ulteriori analisi di laboratorio (isoenzimi, DNA, Polifenoli,ecc.) che
consentiranno, in un biennio di osservazioni, di chiarire l’identità genetica
dei diversi biotipi e la iscrizione al registro nazionale delle varietà degli
eventuali vitigni unici scaturiti dagli studi.
Parallelamente agli
studi di accertamento, negli stessi campi catalogo, e sui vitigni già definiti
(Gaglioppo, Magliocco, Greco nero, ecc.) si avvieranno i lavori di risanamento
sanitario e selezione clonale.
Nello specifico,
l’attività di risanamento sarà svolta con il supporto del CSD “Molarotta”
dotato di un laboratorio in grado di effettuare i tests virologici (Elisa test)
e delle strutture necessarie ad effettuare lo screen house (da potenziare).
Istituzione nucleo di premoltiplicazione
L’istituzione del
nucleo di premoltiplicazione assume una priorità strategica per la
qualificazione del sistema vivaistico regionale con evidenti ricadute positive
sull’intera filiera vitivinicola calabrese.
Attualmente,
infatti, i vivaisti che producono barbatelle innestate delle varietà calabresi
non riescono a garantire i minimi standard di purezza varietale né tantomeno i
requisiti sanitari relativamente a virosi e malattie del legno.
Si intende quindi
colmare questa grave lacuna con l’istituzione presso il CSD di Montebeltrano di
un nucleo di premoltiplicazione del materiale viticolo regionale scaturito
dalle attività di selezione e risanamento in modo da garantire il mantenimento
in purezza delle piante madri selezionate da cui i vivaisti si potranno approvvigionare
per poter qualificare e certificare le proprie produzioni.
Studio di adattamento di vitigni a
maturazione precoce in ambiente di montagna (Sila).
Nonostante
l’ambiente diversificato offerto dalle condizioni orografiche e climatiche
della Calabria e la grande variabilità genetica, presente nei vigneti
regionali, consentano una produzione variegata di tipologie enologiche,
l’attuale produzione di vini calabresi è rappresentata quasi esclusivamente da
vini rossi. Tale carenza limita l’assortimento delle aziende vinicole locali
con conseguente penalizzazione della competitività delle stesse sul mercato.
L’ambiente Silano
può essere assimilato ai climi freschi del nord Italia dove la viticoltura è
diffusa e produce vini bianchi di grande finezza e complessità aromatica grazie
all’andamento climatico fresco durante la fase di maturazione e per le
escursioni termiche che favoriscono la maturazione e la conservazione delle
componenti aromatiche nelle uve.
Tali condizioni
climatiche favoriscono, inoltre, il mantenimento nelle uve di elevati valori
della componente acida condizione necessaria per l’ottenimento di vini idonei
alla produzione di basi spumante.
Altro punto di
forza potrà essere rappresentato dal fattore novità di vini prodotti in alta
quota, nota positiva in un momento in cui il consumatore è alla ricerca di
novità e diversità.
La vocazione
turistica della Sila, inoltre, consentirebbe una più veloce ed efficace
diffusione del prodotto.
Verifica attitudini enologiche
Tale linea di
studio prevede la microvinificazione dei biotipi e vitigni maggiormente
presenti nelle aree a DOC della regione, con l’obiettivo di valutarne le
attitudini alla produzione di vini di qualità; l’attività sarà volta, altresì,
alla individuazione delle più adeguate tecniche di vinificazione capaci di
evidenziare i caratteri organolettici delle varietà autoctone calabresi. In
tale contesto si valuteranno i risultati enologici conseguiti con l’utilizzo di
diversi ceppi di lieviti autoctoni. Saranno, quindi, vinificate in piccolo le
uve provenienti dai campi catalogo comparando processi produttivi e obiettivi
enologici diversificati. Ciò sarà possibile utilizzando la cantina di
microvinificazione ed il laboratorio microbiologico presente presso il CSD
Casello di S.Marco A., opportunamente potenziata.
Caratterizzazione chimica e organolettica
I vini sperimentali
ottenuti dalle microvinificazioni
saranno oggetto di analisi chimiche ed organolettiche per la
individuazione dei composti caratterizzanti le singole accessioni e varietà e
per favorire la definizione delle più appropriate metodologie di vinificazione
ed affinamento degli stessi.
Le analisi chimiche
saranno condotte presso i laboratori e la cantina di microvinificazione di
Casello di Tarsia.
Anche le
valutazioni organolettiche potranno essere condotte presso le sale panel
dell’ARSSA e con il personale specializzato già in organico all’Agenzia.
Articolazione temporale delle attività
del progetto con esplicitazione dei
risultati intermedi previsti
I e II anno - In via prioritaria è necessario attivare
lo studio dei biotipi finalizzato all’accertamento ampelografico dei biotipi
non ancora descritti. Contemporaneamente sarà possibile avviare le attività di
selezione clonale e risanamento per le varietà già identificate presenti nei
campi catalogo. Tale attività sarà estesa anche ai biotipi che si descriveranno
in attuazione del presente progetto.
- La linea di
ricerca e sperimentazione sugli aspetti enologici (microvinificazioni) potrà
partire da subito per le varietà più
rappresentative e diffuse nelle aree a DOC regionali
II e III anno - L’istituzione del nucleo di
premoltiplicazione rappresenta l’obiettivo più ambizioso ma di fondamentale
importanza e che darebbe senso al lavoro intrapreso, potrà essere realizzato
solo dopo aver accertato la presenza di cloni ed il loro risanamento.
I, II e III anno - Lo studio sull’adattamento della
viticoltura in ambiente silano è di fatto già avviato e potrà essere sviluppato
ulteriormente solo con il supporto delle istituzioni scientifiche.
Elenco delle Unità Operative (UO)
partecipanti e di eventuali collaborazioni
esterne
Descrizione dei ruoli e delle modalità di interazione
delle U.O. partecipanti e di eventuali collaborazioni esterne.
Il programma di
ricerca sarà articolato in diverse unità operative ARSSA (una per ciascuna
attività descritta) e vedrà la partecipazione di più partner scientifici (ISV
di Bari, ISE Sop di Barletta, Università di Reggio C.).
L’unità operativa
più complessa, che curerà la misura 11.5.1, sarà articolata su 5 CSD per come
su indicato e sarà supportata dall’ISV, dall’Università di Reggio C. e dal
laboratorio ARSSA di Molarotta per i test virologici.
Il C.S.D.
Montebeltrano si candida ad ospitare il nucleo di premoltiplicazione del
materiale viticolo (misura 11.5.2). Tale scelta discende dalla particolare
idoneità della struttura, caratterizzata dalla assenza attuale di vigneti, da
una sufficiente distanza da altri vigneti e da un microclima ottimale.
Presso il CSD
Molarotta sono già in atto le attività di cui alla misura 11.5.3, si intende
utilizzare le esperienze maturate e di arricchire il programma di ricerca
secondo quanto su esposto
Dotazione di laboratori, attrezzature, campi
sperimentali, serre. di cui è dotata l’arssa e che verranno utilizzati per la
ricerca proposta.
I Centri Sperimentali interessati ad attività nel settore vitivinicolo sono:
S. Marco Argentano; Val di Neto; Locri; Lamezia T.; Molarotta.
Il CSD di S. Marco è quello in cui si conduce il 90% dell’attività dell’ARSSA nel comparto specifico. Nel centro sono presenti, oltre a vigneti adibiti alla produzione convenzionale ed estesi per circa 12 ettari, due campi sperimentali-dimostrativi. Uno di essi è stato costituito con fondi Mipaf ed è finalizzato all’orientamento varietale ed alla valutazione dell’adattamento dei vitigni più coltivati, sia autoctoni che nazionali ed internazionali, nelle diverse regioni d’Italia. Su questo campo, di circa 2,5 ettari, completato ormai il programma Ministeriale è possibile e opportuno avviare una serie di prove sperimentali mirate alla gestione colturale del vigneto (es. prove di inerbimento, potatura verde, diradamento dei grappoli, prove di meccanizzazione ecc.). L’altro vigneto sperimentale è rappresentato da una raccolta di germoplasma autoctono calabrese (campo catalogo), di circa 2 ettari, che ha ormai raggiunto un’età avanzata ed andrebbe reimpiantato, recuperando il materiale originario, ed eventualmente ampliato con altri vitigni calabresi rinvenuti nelle diverse aree di coltivazione. Nel Centro inoltre è presente un laboratorio microbiologico, a supporto dell’attività di monitoraggio e selezione dei lieviti autoctoni, e la cantina attrezzata per le microvinificazioni dove è possibile condurre fino a circa trenta vinificazioni diverse. La struttura deve comunque essere potenziata con almeno un'altra cella frigorifera e ulteriori serbatoi condizionati. Nella cantina è anche presente un laboratorio per le analisi di routine in fase di vinificazione.
Presso il CSD di Locri è presente una collezione di antichi vitigni della provincia di Reggio C. con circa 40 accessioni diverse (circa 15 ceppi per varietà) su una superficie di 1.500 mq. Su tale campo sono in corso lavori di accertamento ampelografico con la collaborazione dell’Università di Reggio C.
A Val di Neto è presente un campo di orientamento tecnico-produttivo, di circa 0,3 ettari, con varietà autoctone, allevate con differenti forme di allevamento, accanto ad alcune varietà internazionali.
Nel CSD di Lamezia Terme è presente un campo catalogo con le varietà autoctone del DOC Lamezia.
Nel CSD di Molarotta si sta conducendo una prova di adattamento all’ambiente montano silano di alcune varietà di vitigni utilizzati in areali viticoli particolarmente freddi. Lo scopo è quello di offrire ai produttori regionali una possibilità in più per differenziare, ed eventualmente migliorare le loro produzioni enologiche. Si pensi alla possibilità di produrre vini spumante, vini bianchi molto fruttati e con buon contenuto di acidità fissa, e vini molto particolari come l’icewine (vino di ghiaccio) prodotto nelle valli del Reno. Lo stesso Centro è dotato di laboratorio virologico attrezzato per l’Elisa test e di strutture per lo screen house. Quest’ultime andrebbero potenziate.
In aggiunta a tali impianti già presenti si prevede di realizzare un campo catalogo e dimostrativo con le varietà autoctone delle DOC Donnici e Savuto presso il CSD Montebeltrano.
L’ARSSA è inoltre dotata di un gruppo panel di tecnici esperti degustatori, da coinvolgere per le valutazioni organolettiche.
Descrizione delle modalità di monitoraggio
interno del progetto e verifica dei risultati
Il monitoraggio
interno e la verifica dei risultati non potrà prescindere dal numero dei
vitigni descritti come pure dal numero delle prove di microvinificazione e
delle valutazioni organolettiche ed analitiche effettuate.
Risultati attesi suddivisi per linea di ricerca
Ci si attende, in
primis, la definizione delle varietà di vite maggiormente diffuse in regione.
In parallelo a questa attività, e per quei vitigni già riconosciuti, i lavori
di selezione clonale e risanamento fitosanitario dovranno consentire
l’istituzione di un nucleo di premoltiplicazione del materiale viticolo che
raccolga tutti i cloni ottenuti dalle attività in progetto.
Per quanto attiene
le attività di ricerca in campo enologico ci si attende, per ciascun vitigno
oggetto di studio, la definizione delle attitudini enologiche e la messa a
punto delle tecniche più idonee al raggiungimento degli obiettivi enologici
perseguiti dai produttori.
Dalla linea di ricerca sulla viticoltura di montagna dovrà scaturire una serie di informazioni di tipo tecnico da diffondere e divulgare presso le imprese vitivinicole.
COSTO TOTALE PREVISTO
PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE,
STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 259.600
ANNO 2009: € 259.600 TRIENNIO: €
778.800
ANNO 2010: € 259.600
PROGETTO
FILIERA
VIVAISTICA FORESTALE
SCHEDA DI
PROGETTO
1. Tematica e Filiera |
Progetto finalizzato |
||||||||||
2.
Titolo |
Rinaturalizzazione di
siti degradati |
||||||||||
3.
Acronimo |
Ri-Natural |
||||||||||
4.
Tipo di progetto |
|
|
|
|
|
|
|
Misto |
|||
5.
Durata (mesi) |
36 |
|
|
||||||||
6.
Finanziamento complessivo
richiesto (€) |
75.000 |
||||||||||
7. Coordinatore di progetto |
Nome e Cognome |
Esmeralda CANNISTRA’ |
|||||||||
Istituzione di appartenenza Indirizzo, telefono, e-mail |
ARSSA-Resp. Uff.
Progettazione del Paesaggio-Via degli Arconti, 2 Reggio Calabria tel.
09653224210 |
||||||||||
Sintesi del progetto
Scopo del progetto è la redazione di un modello applicativo di recupero di siti degradati, utilizzando tecologie di fitorimediazione ed ingegneria naturalistica, applicabile alle diverse esigenze territoriali, climatiche , geopedologiche ed ororgrafiche che caratterizzano la Regione e che direttamente o indirettamente determinano differenti scelte di metodi e tipologie di intervento. L’argomento necessitando di competenze multidisciplinari (agronomiche, chimiche, tecnologiche, ingegneristiche) richiede al suo interno una azione sinergica di diverse professionalità capaci di favorire un’adeguata interazione fra ricerca, divulgazione e mercato al fine di produrre dati scientifici fruibili poi a diversi livelli.
La costituzione di questi impianti pilota rappresenta il prodotto principale del programma, ha lo scopo di fornire modelli d’innovazione tecnologica, nel settore forestale e delle bonifiche ambientali, tramite un’ampia divulgazione delle attività effettuate e dei risultati ottenuti.Gli elementi raccolti permetteranno al coordinatore, anche tramite le varie associazioni di categoria, di proporre all’Amministrazione Regionale nuovi modelli e strumenti per incentivare la realizzazione di servizi per l’innovazione tecnologica di settore.
Inquadramento del progetto negli obiettivi della programmazione del settore
Per quanto attiene i riferimenti normativi relativi il recupero ambientale, la bonifica , la produzione di biomasse sono contenute nel:
D.Lgs. n. 22 del 05/02/1997 ed in particolare nell’ art. 17 “Bonifica e ripristino ambientale dei siti inquinati da rifiuti”.
DM del 25/10/1999 n. 471 “Recante i criteri, procedure e modalità per la messa in sicurezza, la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati…”
DLgs del 03/04/2006 n.152 “Norme in materia ambientale” ed in particolare la parte quarta “Norme in materia di gestione dei rifiuti e di bonifica dei siti inquinati”
POR 2000/2006 Misura ambientali, Misure forestali e PSR
POR 2007/2013 ASSE III
Il Piano regionale delle Bonifiche, rappresenta la conseguenza o il complemento nelle precedenti attività legislative e d’intervento che riporta: “il piano Regionale di Bonifica e ripristini ambientale delle aree inquinate della Calabria, prende l’avvio dalla delibera di giunta n° 4640 del 2 Ottobre 1998, con la quale la Regione Calabria ha chiesto al Presidente del Consiglio dei Ministri la dichiarazione dello stato di emergenza nel settore dello smaltimento delle acque reflue ed in quello dei rifiuti speciali, pericolosi e sanitari. Il Piano delle Bonifiche si prefigge di intervenire sui problemi lasciati irrisolti dalla legge 441/87 ”Piano Regionale di gestione di bonifica delle aree inquinate…..”, è complementare al “piano degli interventi, di emergenza nel settore degli RSU”. Interviene nelle problematiche relative alla dismissione delle discariche, in breve, il Piano Regionale di Bonifica e Ripristino Ambientale ha come obiettivo il risanamento di tutti i siti potenzialmente inquinati censiti in Calabria. Le misure forestali avviate a seguito dell’approvazione di Agenda 2000, sono diversamente definite nei documenti di programmazione basate sulla predisposizione di PSR e, nelle Regioni obiettivo 1, dei POR. In tali Regioni, i PSR contengono le sole misure d’imboschimento, le altre sono state incluse nei POR, quindi negoziate, approvate ed avviate in tempi diversi. L’insieme delle misure forestali di Agenda 2000, può essere ricondotto agli articoli dal 29 al 32 del Reg.1257/99 (capo VIII° Selvicoltura) e a parte all’articolo 33 dello stesso regolamento(“promozione ed adeguamento dello sviluppo delle zone rurali”) in particolare il trattino 11° su “Tutela dell’ambiente in relazione all’Agricoltura, alla Selvicoltura, alla conservazione delle riosorse naturali, ed al benessere degli animali”. Le misure forestali a partire dal PSR e dai POR sono state divise in tre principali categorie: le misure d’imboschimento, le altre misure forestali e le misure più generali di tutela dell’ambiente
Stato dell'arte generale sull’argomento del progetto
Le naturali condizioni orografiche dei nostri territori, caratterizzate dall’acclività dei versanti e dalle particolari peculiarità degli alvei fluviali, hanno subito, con il passare degli anni, un lento ed incessante processo degenerativo dovuto, sostanzialmente, ad un insieme di fattori antropici e non. Lo spopolamento progressivo delle zone pedemontane, l’aumento della pressione antropica in siti d’interesse agricolo e paesaggistico e nelle zone spondali dei torrenti, sono alcuni degli elementi che hanno determinato, nel corso di alcuni decenni, aumento dei processi di erosione, aumento del numero di frane e smottamenti di terreno e, nelle zone fluviali, fenomeni di esondazione, in concomitanza di eventi meteorici eccezionali. A tutto ciò va aggiunto uno fra i maggiori problemi dei paesi industrializzati: l’inquinamento.
Negli ultimi decenni lo smaltimento incontrollato di residui di attività industriali, agricole ed urbane ha dato origine a siti contaminati, degradati ed inquinati, nella fattispecie suolo, sottosuolo, acque superficiali ed acque sotterranee contaminati da metalli pesanti, percolati, idrocarburi, prodotti radioattivi, etc.; residui che, presenti a livelli elevati di concentrazione, costituiscono un serio pericolo per la salute pubblica e dell’ambiente.
In Calabria sono stati individuati tre siti di importanza fondamentale e sui quali sarebbe auspicabile intervenire: la zona di Saline joniche ex liquichimica nella provincia di Reggio Calabria; l’ex SIR a Lamezia Terme in provincia di Catanzaro e zona Pertuso provincia di Crotone.
Da alcuni anni si sta affermando una nuova filosofia di azione che tende al recupero di ambienti naturali rari o degradati, alla creazione di nuovi habitat ecologici ed all'applicazione di nuove tecniche e metodi a basso impatto ambientale quali, ad esempio, la fitorimediazione che mira a decontaminare e stabilizzare le sostanze inquinanti presenti e l’ingegneria naturalistica che si basa essenzialmente sulla ricostituzione di nuove unità ecosistemiche in grado di autosostenersi mediante processi naturali con positive ripercussioni sulle caratteristiche geopedologiche, idrogeologiche, idrauliche, vegetazionali e paesaggistiche del territorio oggetto di progettazione.
Il decreto legislativo n. 22/1997 con il successivo 471/99 prima ed il n.152/06 poi ha dotato l’Italia di una nuova legge organica sui rifiuti che recepisce le direttive europee e dovrebbe consentire al nostro Paese di mettersi al passo con i Paesi del nord Europa, per quanto attiene la minore produzione dei rifiuti, la raccolta differenziata ed il loro riciclaggio. Tali decreti intervengono nel recupero ambientale e paesaggistico della discarica stessa, contenendo le norme tecniche inerenti la bonifica ed il ripristino ambientale dei siti inquinati, in quanto parte integrante dei piani di gestione dei rifiuti.
Obiettivi generali e specifici
L’obiettivo principale è quello di costituire un protocollo per il trasferimento tecnologico nell’ambito della rinaturalizzazione dei siti degradati, tutto ciò per dare risposte più sostenibili sia economicamente che ambientalmente al recupero di dette aree. L’urgenza di intervenire su vaste porzioni di territorio dettata da valutazioni di ordine ambientale e legislativo, è spesso rallentata dal costo elevatissimo delle tecniche di decontaminazione attualmente disponibili. Tali tecniche, di tipo meccanico o chimico-fisico, oltre che estremamente onerose, presentano paradossalmente un alto impatto ambientale (rimuovendo l’attività biotica del suolo) ed un efficacia talvolta discutibile.
L’utilizzo di tecniche quali la fitorimediazione e l’ingegneria naturalistica, permettono di raggiungere gli obiettivi di bonifica a costi decisamente inferiori di quelli con tecnologie chimico-fisiche, con bassi impatti ambientali e maggior rispetto , anche visivamente , per l’ambiente.
La fitorimediazione, ossia l’impiego di piante per la decontaminazione dei suoli, acqua ed atmosfera, rappresenta una tecnica nuova ed affidabile, economica ed ecologica e con il solo apparente svantaggio di tempi un po’ più lunghi per la bonifica; inoltre valorizza esteticamente il paesaggio e crea un ecosistema capace di promuovere la biodiversità. Questa metodologia si avvale della capacità naturale di alcune specie, di iperaccumulare sostanze nocive presenti nei suoli, acque di superficie ed atmosfera. Le piante allevate secondo le razionali tecniche agricole, si comportano come delle pompe naturali, l’apparato fogliare traspira l’acqua proveniente dal suolo (rimuovendo, fissando, stabilizzando) anche metalli pesanti e quant’ altro presente nel suolo e che la specie in questione è in grado di sopportare e “fagocitare”. La specie vegetale può agire direttamente sull’agente inquinante, immagazzinandolo e trasportandolo nell’intera pianta, radici, fusto e foglie; indirettamente invece si assiste ad un’azione simultanea dell’apparato radicale e dei microrganismi del suolo, microrganismi che si trovano a contatto con l’apparato radicale della pianta che ottimizzano l’interazione con l’agente inquinante e che aumentano la capacità delle stessa pianta di allontanarlo.
L’IN è una disciplina tecnica che utilizza le piante, vive o parti di esse, nella realizzazione d’interventi particolarmente efficaci per la sistemazione dei corsi d’acqua, delle loro sponde e dei versanti, limitando l’azione erosiva degli agenti meteorici, di scarpate e superfici degradate da fattori naturali (dissesti idrogeologico) o antropici (cave, discariche, opere infrastrutturali).
Tali tecniche sono caratterizzate da un basso impatto ambientale e si basano essenzialmente sulle caratteristiche bio-tecniche di alcune specie vegetali, caratteristiche sintetizzabili principalmente nella capacità di sviluppo di un considerevole apparato radicale e nell’elevata capacità di propagazione vegetativa.L’impiego delle tecniche di IN è esteso su più fronti; in relazione all’affermarsi degli standards ambientali derivanti dalla diffusione delle procedure di VIA a tutti i livelli amministrativi e progettuali. Si possono quindi delineare ulteriormente tre settori spesso presenti contemporaneamente durante la fase operativa:
* la rinaturalizzazione, ovvero la costituzione in biotipi o ecosistemi paraturali;
* l’ingegneria naturalistica in senso stretto;
* i provvedimenti per la fauna ed in particolare quelli per garantire la continuità degli habitat.
Le principali funzioni dell’ingegneria naturalistica possono essere così sintetizzate:
funzione ecologica, di creazione e/o ricostruzione di ambienti paranaturali o naturaliformi. Non si tratta di un semplice intervento di rinverdimento e di piantagione ma di un innesco di processi ecosistemici e di diminuizione del deficit di trasformazione.
Funzione tecnica di copertura e consolidamento del terreno, di riduzione dell’erosione spondale, di protezione dall’erosione mediante sistemazione idrogeologica e di miglioramento del drenaggio, di protezione dall’inquinamento acustico.
Funzione estetico-paesaggistica di ricucitura del paesaggio percepito mediante l’inserimento di opere e costruzioni.
Funzione socio-economica relativa al beneficio sociale indotto, alla gestione economica delle risorse naturali ed al risparmio ottenibile rispetto alle tecniche tradizionali sui costi di costruzione e di manutenzione di alcune opere.
La realizzazione di Ri-Natural avrà quindi i seguenti obiettivi:
Accrescere la qualità dell’ambiente locale.
Aumentare la quota di aree naturali ed il tasso di biodiversità.
Conservare e qualificare i beni paesistici e naturalistici esistenti.
Conservare la morfologia e proprietà del terreno.
Recuperare ambientalmente le discariche esaurite.
Recuperare e conservare le tradizioni ed il patrimonio storico culturale ed ambientale.
Recuperare le aree industriali /dimesse) ed i siti contaminati.
Ripristinare le aree agricole in disuso.
Tutelare la biodiversità, la qualità delle acque, del suolo e dell’atmosfera.
Utilizzare materiali e tecnologie eco-bio-compatibili.
Identificare e caratterizzare casi-studio pilota che saranno progettati ed implementati in un fase successiva.
Produrre, al termine del programma un modello di politica per il trasferimento tecnologico da proporre e che comprenda l’implementazione di progetti pilota, la realizzazione di servizi innovativi ed azioni di formazione.
Il raggiungimento di tali obiettivi richiederà la realizzazione di una serie di prodotti ed azioni intermedi, il cui monitoraggio fornirà degli indicatori dello stato di avanzamento dei lavori quali:
pagine web,
incontri divulgativi,
seminari
quaderni informativi,
corsi di formazione,
workshop su risultati ed aspettative
Piano di attività
Il progetto Ri-Natural prevede i seguenti moduli di lavoro:
1.Acquisizione dati
raccolta dati,
dati bibliografici,
letteratura
Pagine web
Organizzazione sopralluoghi
Prelievi
2.Indagine
conoscitiva del territorio
Mappatura siti identificati
Conoscenza dettagliata della storia passata dell’area da trattare e le varie attività che si sono succedute su di essa
Identificazione del problema
Destinazione urbanistica
Selezione ed isolamento del sito modello su cui intervenire
3.Monitoraggio
siti selezionati
Caratterizzazione del sito
dati analitici del suolo e delle acque (sondaggi geologici, analisi chimiche ecc.)
dati climatico- vegetazionali
identificazione delle tecnologie da utilizzare
4.Valutazioni
delle metodologie da applicare
studi preliminari e decisioni
valutazioni di esperienze ed informazioni sulle tecnologie scelte
identificazione delle essenze vegetali potenzialmente utilizzabili
conduzione di prove di laboratorio ed in campo
corsi di formazione
revisione e cambiamento della scelta di tecnologia
revisione della scelta delle piante
5.Progettazione
Progetto esecutivo (opere ed impianti da realizzare)
-relazione generale;
-relazioni specialistiche;
-elaborati grafici con elencazione descrittiva degli impianti;
-calcoli esecutivi di strutture ed impianti;
-piano di manutenzione( manuale di manutenzione)
-cronoprogramma;
-elenco dei prezzi unitari;
-computo metrico estimativo definitivo e quadro economico
- riferimenti della caratterizzazione del sito
* Pedologici
* Climatici
* Agroambientali
- Messa in opera
-ambientale-produttivo
-energetico,
-agroindustriale
Valutazioni ed eventuali modifiche
Valutazione della multifunzionalità del sistema reale
6. Monitoraggio degli impianti pilota
Monitoraggio dei siti oggetto do intervento
Raggiungimento degli obiettivi
Definizione dei criteri per il successo.
7. Unità Operative (UO) partecipanti e di eventuali collaborazioni esterne
Le UO partecipanti alle attività progettuali sono:
ARSSA- Settore Ricerca Applicata e Sperimentazione- Servizio Filiera Vivaistica- Ufficio Progettazione del Paesaggio.
Coordina tecnicamente l’intero programma. Definisce le metodologie di azione del progetto e coordina i vari partner provvedendo alle opportune nomine e deleghe di programma. Redige i rapporti tecnici intermedi previsti dal progetto ed il materiale finale di divulgazione dei risultati. Sulla base delle proprie conoscenze tecniche individua, a seconda delle caratteristiche del sito identificato, le metodologie scelte relative al ripristino ambientale, definendo le modalità operative di cantiere previste per l’implementazione del progetto pilota. Identifica le specie e varietà di piante, di interesse paesaggistico-forestale, idonee alla diminuizione del tasso di inquinamento, al recupero paesaggistico, alla sistemazione idraulico-forestale, allo sfruttamento economico come biomassa. Individua sistemi di coltivazione, in pieno campo, che ne favoriscono l’attecchimento. Partecipa alla diffusione delle informazioni quale responsabile della realizzazione della brochure informativa..
Settore Servizi Tecnici di Supporto- Servizio SITAC Ufficio Cartografia, -Servizio Agropedologia Ufficio Applicazioni Agroambientali, -Servizio Agrometereologia Ufficio Rilevazione dati, -Servizio Formazione Professionale Ufficio Aggiornamento e formazione del personale.
Realizza pagine web per lo sviluppo del progetto e la sua divulgazione. Fornisce il supporto cartografico per l’individuazione dei siti. Responsabile della divulgazione dei risultati attraverso seminari intermedi e workshop finale. Responsabile delle pubblicazioni informative del progetto e della realizzazione di un quaderno informativo. Raccolta delle informazioni delle metodologie adottate e modalità di applicazione nella bonifica e recupero dei siti. Favorisce la diffusione del trasferimento tecnologico acquisito dal programma, sia tra partner partecipanti che verso l’esterno. Formazione del personale interno ed esterno all’ARSSA, organizzazione di corsi per tecnici ed operai nel settore del recupero ambientale e del biorisanamento.
Settore Programmazione e Divulgazione – Servizio Sviluppo Rurale – Ufficio Monitoraggio e Valutazione servizi offerti. Redige dei questionari (ex-ante, in itinere, ex-post) sul piano di lavoro secondo i moduli descritti, al fine di monitorare e valutare la coerenza tra gli obiettivi preposti ed i risultati attesi. In conclusione, nel workshop finale, sarà fornita un’indagine di customer satisfaction ai potenziali utenti interessati al programma.
Centro Produzione Multimediale -Partecipa alle attività di divulgazione dei risultati, allestimento e sviluppo di servizi telematici, dei seminari intermedi e workshop finale.
Vivai.- Concedono, in base alla propria disponibilità, le specie vegetali necessarie agli impianti.
Laboratori.- Forniscono, in base ai propri settori di intervento, le analisi chimico-biologiche su terreni, vegetazione, acque.
Centri Sperimentali Dimostrativi Supporto tecnico-dimostrativo riferito a metodologie e specie vegetali utili ai fini del recupero ambientale.
Centri di Divulgazione Agricola.- Raccolgono informazioni necessarie alla ricostruzione dello stato del sito, acquisizioni storiche sulle attività produttive e non che si sono succedute su di esso, realtà territoriale in atto, valutazioni sul potenziale utilizzo futuro
Collaborazioni esterne:
Istituto Sperimentale per la Pioppicoltura
Istituto Sperimentale per la Selvicoltura
Istituto per la Valorizzazione del Legno e delle Specie Arboree
Ente Nazionale Energia Alternativa
Centro Nazionale Ricerche
Università Mediterranea di Reggio Calabria – Fornisce il supporto scientifico, analisi di laboratorio e strumentazione necessari al completamento del programma.
Università degli Studi Magna Graecia di Catanzaro – Garantisce il supporto scientifico, analisi di laboratorio e strumentazione necessari al raggiungimento degli obiettivi.
8. Metodologie di lavoro e sfruttamento dei risultati
Il progetto vede impegnate numerose figure professionali con competenze specifiche in vari settori; la cooperazione tra i diversi partner si rende necessaria per ben definire le linee programmatiche del progetto e garantire un approccio integrato alle problematiche emergenti ed agli obiettivi prefissati. Il trasferimento di tutte le informazioni necessarie è un obiettivo e va perseguito tramite incontri periodici (trimestrali) tra le varie UO che serviranno a:
- coordinare le attività definite dai moduli di lavoro,
- a realizzare i prodotti intermedi,
- a pianificare e predisporre i prodotti finali.
Gli incontri informativi (seminari) dovranno essere programmati ed organizzati in modo da poter garantire un assidua partecipazione dei potenziali soggetti fruitori del progetto, diffondere in tali occasioni, brochure informativa, quaderni divulgativi, pagine web e al termine del programma organizzare il workshop per la divulgazione completa dei risultati ottenuti.
9. Ricadute e benefici
La collaborazione sinergica tra le varie professionalità operanti nel progetto Ri-Natural permette di ottenere una strategia di azioni mirate nel settore del recupero ambientale e del biorisanamento. Lo sviluppo di tale programma permetterà di dare risposte su problematiche emergenti di rilevanza nazionale di sviluppo eco-sostenibile. La messa a punto di una strategia interventistica in tale campo , permetterà nel corso degli anni, notevoli ricadute in termini economici, tramite la nascita di aziende operanti nel settore (trasferimento di know-how , aumento occupazionale, crescita del tessuto produttivo), socio-ambientali per la rivalutazione paesaggistica ed ambientale del sito considerato, il miglioramento della qualità della vita della popolazione residente in salute e sicurezza. La realizzazione del progetto determinerà la creazione di banche dati utili all’informazione, documentazione e assistenza ad imprese, Enti, Istituti interessati; la redazione di protocolli di interventi di salvaguardia e recupero ambientale.
COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO,
COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED
ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 25.000
ANNO 2009: € 25.000 TRIENNIO:
€ 75.000
ANNO 2010: € 25.000
PROGETTO
FILIERA
CEREALICOLA
SCHEDA DI RICERCA
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PROGETTO: “SISTEMI CEREALICOLO ZOOTECNICI PER LA QUALITA’ DELLE PRODUZIONI E ECOCONDIZIONALITA’ DEL SISTEMA COLTURALE” |
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TITOLO
DELLA RICERCA: ITINERARI TECNICI E BCAA (Buone Condizioni Agronomiche ed
Ambientali) DELLE FILIERE CEREALICOLO-FORAGGERE |
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COSTO
DELLA RICERCA (CR): 928.400,00 |
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DURATA
PREVISTA DELLA RICERCA: 3 anni
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RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA: Dott. Agr. Giuseppe Salandria ISTITUZIONE DI APPARTENENZA: ARSSA-Calabria Centro Sperimentale Dimostrativo della Sibaritide Indirizzo: Via Nazionale SS 106 87070 Sibari (CS) Tel 0981 74037 Fax 0981 750736 E.mail arssa.cesa2@Libero.it |
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PARTECIPANTI ALLA RICERCA (responsabile incluso) |
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COGNOME E NOME |
QUALIFICA |
IMPEGNO MESI/ANNO |
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Dott.Agr. Giuseppe Salandria |
Direttore C.S.D. Sibari |
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Dott. Domenico Adduci |
Div.Agricolo Polivalente |
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P.A. Attilio Scaglione |
Agente tecnico – C.S.D. S. Marco |
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Dott. Agr. Fusaro |
Div. Agricolo Polivalente |
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Dott. Agr. Saverio Filippelli |
Div. Agricolo Polivalente |
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P.Ag. Vincenzo Granieri |
Agente tecnico C.S.D. Mirto |
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Dott. Scicchitano |
Div. Agricolo Polivalente |
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Dott. S. Curcio |
Div. Agricolo Polivalente |
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RIASSUNTO
DEI CONTENUTI DELLA SCHEDA DI RICERCA
La ricerca dovrà suddividersi in 4 linee d’azione: frumento (duro e tenero); foraggere; riso; altri cereali. In linea di massima verterà sul comportamento agronomico-produttivo e, soprattutto, sulle caratteristiche merceologiche e qualitative. Naturalmente si terrà conto dei Criteri di Gestione Obbligatori (CGO) e delle norme delle “Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali” (BCAA). Per il frumento duro si privilegeranno le varietà in linea con le determinazioni comunitarie (Reg. 2237/03) per il conferimento dei premi di qualità sulla base di parametri qualitativi e merceologici ben definiti (tenore proteico, qualità del glutine, colore, peso ettolitrico). Per i frumenti teneri si terrà conto della classificazione qualitativa determinata mediante l’ISQ e, naturalmente si privilegeranno le varietà che interessano ai trasformatori locali che, da indagini, preferiscono le classi FP ed FF. Per le foraggere il discorso qualitativo è ancora più accentuato tenuto conto delle emergenze sanitarie che stanno flagellando tutta la zootecnia europea (micotossine, in particolare aflatossine). Andranno testate mediche con diverso livello di saponina; i livelli di ADF e ADL su quante piu foraggere possibile; sanità nella conservazione dei loietti diploidi e tetraploidi; colture proteaginose succedanee alla soia e colture da insilato (triticale, loiessa, avena, ecc.) succedanei al mais (per non incorrere in rischi OGM). Sicuramente, per un discorso di produzioni di alta qualità andranno testate il più elevato numero possibile di specie per quando riguarda sia la produzione di proteine grezze che di unità foraggere. Per il riso andranno testate varietà di tipo Japonica che possano sostituire le Indica localmente coltivate; inoltre andranno testate varietà molto richieste dal mercato che attualmente non sono coltivate per disconoscenza delle cure agronomiche richieste. Per gli altri cereali andrà valutato il comportamento di specie, molto richieste dal mercato (catalogati come cereali minori), che potranno entrare nella rotazione colturale in sostituzione di altre colture; ci si riferisce al cosiddetto “funcional food (farro, all’orzo da perlare, al grano duro da cuscus, ecc.
STATO DELLE CONOSCENZE SULL'ARGOMENTO DELLA RICERCA
oppure
SITUAZIONE E PROBLEMATICHE DELLE SINGOLE CULTIVAR STUDIATE
La necessità delle prove sui frumenti derivano dal fatto che i trasformatori locali preferiscono ricorrere a prodotti di importazione perché quelli coltivati in zona non sono hanno i requisiti richiesti dal mercato e, di conseguenza, molto spesso i frumenti locali sono svenduti a intermediari pugliesi. Quindi, in poche parole bisognerebbe riacquistare la fiducia dei trasformatori attraverso prodotti qualificate programmando la produzione in funzione delle esigenze del mercato e delle industrie di trasformazione, garantendo prodotto con pregevoli caratteristiche qualitative e sanitarie e, soprattutto, in stocks omogenei.
Si vogliono rimarcare i problemi di carattere igienico sanitario sottolineando che, per la quasi totalità, derivano dall’alimentazione del bestiame. Foraggi qualitativamente scadenti minano la garanzia di qualità all’interno della filiera agroalimentare che, oggi più che mai rappresenta un duplice obiettivo di valorizzazione delle produzioni e di tutela del consumatore.
La coltivazione del riso in Calabria è concentrato totalmente nella Piana di Sibari (comuni di Cassano allo Ionio e Corigliano Calabro) e si estende su una superficie che varia da 550 a 600 ettari. L’impianto delle risaie in questa zona si sposa perfettamente con l’equilibrio podologico locale, perché permetterebbero di tenere sotto controllo le risalienze saline di vaste aree della Piana. Nei soli comuni di Corigliano, Cassano e Villapiana sono stimati in oltre 4.000 gli ettari interessati dalle risalienze saline (“salmastro”) che troverebbero notevole giovamento dalla coltivazione di questo cereale. L’ARSSA, negli anni passati ha già fatto qualche prova sperimentale sul riso; queste andrebbero riproposte alla luce delle nuove esigenze di mercato ed alla luce dei nuovi utilizzi che si sono aperti. Viene sfruttato il contenuto in gamma-orizanolo (con forte azione antiradicalica) e di vitamina antiossidanti (“A” ed “E”) del riso per la produzione, attraverso l’amido, di prodotti cosmetici e farmaceutici.
La promozione della coltivazione dei cereali, cosiddetti minori, può offrire alle aziende una valida alternativa di reddito con la coltivazione di prodotti che, inizialmente di nicchia, stanno conquistando fette considerevoli di mercato.
OBIETTIVI SPECIFICI INTERMEDI E FINALI DA CONSEGUIRE
L’obiettivo principale che si vuole raggiungere è quello di rivitalizzare comparti (cerealicolo e zootecnico), da sempre strategici, per l’agricoltura calabrese che negli ultimi anni stanno vivendo crisi profondissime dovute al mancato adeguamento delle aziende alle nuove strategie di mercato. Bisogna dimostrare, con prove concrete che queste filiere vanno, sempre più, verso una logica di qualità delle produzioni anche, spesso, a scapito della quantità. Questo per evitare che, con la fine degli aiuti comunitari per questi comparti (2013), si rischi veramente di trovarsi al collasso per non aver saputo adeguare le scelte di coltivazione agli andamenti di mercato.
RISULTATI ATTESI PER SINGOLO ANNO DI STUDIO
I risultati attesi per ogni anno di prova vertono sul:
· riscontro vegeto-produttivo del materiale vegetale messo in prova;
· valutazione dei parametri qualitativi e merceologici;
· risposte quali-quantitative a varie prove colturali (periodi di semina, concimazioni, diserbi, modalità e densità di semina, ecc.) atti ad implementare i valori merceologici;
· aspetti sanitari nella conservazione dei foraggi;
· produzione di proteine grezze e unità foraggere per ettaro;
· valutazione delle varie tecniche di fienagione;
·
possibilità di
utilizzazione multifunzionale (biomasse, biodiesel, ecc.) delle specie oggetto
di prova.
Dotazione di laboratori, attrezzature,
campi sperimentali, serre. di cui è dotata la I.A. che verranno utilizzati per
la ricerca proposta.
Il Centro Sperimentale Dimostrativo della Sibaritide è dotato di laboratorio per la determinazione di analisi delle acque e del terreno e per l’analisi tecnologica dei cereali e precisamente, per lo specifico, detiene la seguente attrezzatura: frigotermostato, molino a palla e cyclotec, determinatore di azoto e proteine, mulinetti per alveografi, alveografo di Chopin, glutamatic, farinigrafo, pulitore sementi, colorimetro, decorticatore, setacciatore, agitatore, bilance analitiche. Inoltre è dotato di capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale. Il parco macchine dell’azienda è abbastanza fornito e permette la coltivazione e la conduzione di buona parte delle prove in autonomia e senza ricorrere a contoterzismi tranne per alcune macchine specifiche per la fienagione e per la preparazione e conduzione delle risaie..
CONDIZIONALITA’
La condizionalità è una delle novità più importanti introdotte dalla riforma della Politica Agricola Comunitaria (PAC) approvata nel 2003.
Con questo nome sono raggruppate una serie di normative alle quali ogni agricoltore, che vuole beneficiare degli aiuti comunitari, deve attenersi a partire dal gennaio 2005 (pena una riduzione più o meno drastica dei pagamenti diretti cui ciascun agricoltore ha diritto)
Tali normative sono inerenti: la corretta gestione agronomica dei terreni, la salute pubblica, la salvaguardia dell’ambiente, il benessere degli animali.
Nell’ambito di questo progetto, la Divulgazione in concerto con i vari CAA, deve rappresentare una guida ed uno strumento che permetta agli agricoltori di rendere operative la totalità delle norme che sono raggruppate sotto il nome di “condizionalità”.
Per tutti i “Criteri di Gestione Obbligatori” e le norme delle “Buone Condizioni Agronomiche e Ambientali” andrebbero spiegate non solo le modalità di applicazione ma anche i principii che hanno ispirato i legislatori nell’emanazione di questa normativa; così facendo si potrà far intendere la “condizionalità” non come una serie di vincoli all’attività agricola ma come la possibilità di realizzare quel modello di agricoltura multifunzionale (più rispettosa dell’ambiente) da tempo auspicata.
COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO,
COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED
ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 261.800
ANNO 2009: € 265.100 TRIENNIO: €
796.900
ANNO 2010: € 270.000
PROGETTO
FILIERA
ZOOTECNICA
SCHEDA DI
PROGETTO
1. Tematica e Filiera |
Valorizzazione produzioni zootecniche regionali |
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2.
Titolo |
Conservazione
e valorizzazione della biodiversità per la produzione di prodotti tipici di
alta qualità |
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3.
Acronimo |
PROMOVAZOO |
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4.
Tipo di progetto |
|
Ricerca |
|
Sviluppo |
|
Dimostrativo |
X |
Misto |
|||
5.
Durata (mesi) |
36 |
|
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6.
Finanziamento complessivo
richiesto (€) |
Euro 3.141.100 |
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7.
Coordinatore di progetto |
Nome e Cognome |
Francesco
Monaco |
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Istituzione di appartenenza Indirizzo, telefono, e-mail |
Agenzia
Regionale per lo Sviluppo e per i Servizi in Agricoltura (ARSSA) – Viale
Trieste, 95 – 87100 Cosenza – Calabria – tel. 0984/6831 – arssacsdacri@libero.it |
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Sintesi del progetto
CONSERVAZIONE E VALORIZZAZIONE DELLA BIODIVERSITÀ PER LA PRODUZIONE DI PRODOTTI TIPICI DI ALTA QUALITÀ
La conservazione e la valorizzazione della biodiversità, per la produzione di prodotti tipici di alta qualità rappresenta per l’Agenzia Regionale, il principale obiettivo da perseguire in sintonia con l’attuale Politica Agricola Comunitaria che tende a collocare le produzioni in base alla naturale vocazione degli areali ed è sempre più pressante ed esigente in tema di protezione dell'ambiente, di salvaguardia della salute umana, di benessere degli animali, di valorizzazione delle risorse naturali e di tipizzazione delle produzioni, nel rispetto delle tradizioni locali e delle professionalità acquisite negli anni.
In tale ottica vengono programmate le attività dei Centri Sperimentali Dimostrativi, infatti da anni sono impegnati in attività di recupero, conservazione Genetica (Germoplasma) e valorizzazione di razze autoctone, in pericolo di estinzione, per la produzione di prodotti tipici di alta qualità e l’utilizzo di vaste aree .
La Calabria possiede un patrimonio zootecnico tradizionale di grande pregio, purtroppo spinte eccessivamente produttivistiche verso razze di importazione hanno costretto all’abbandono, e alla quasi estinzione.
L’interesse è attualmente rivolto al recupero, moltiplicazione, diffusione e valorizzazione del suino Calabrese, della razza Bovina Podolica ceppo Calabrese, della razza Ovina Gentile di Puglia ceppo Calabrese, della Capra Nera Rustica Calabrese, della trota Fario indigena Silana, della razza equina Salernitana Ceppo Calabrese, trota Fario indigena silvana ma anche della gelsi-bachicoltura e dell’apicoltura.
I programmi dell’ARSSA sono improntati al perseguimento di una triplice finalità: recuperare e preservare tali entità dalla completa estinzione; conservarne il germoplasma sia ai fini di una possibile utilizzazione zootecnica in aree marginali o difficili, sia come banca genetica per il miglioramento qualitativo delle produzioni; studiare la possibilità di includere (previa opportuna selezione di linee idonee) soggetti di tali razze locali in programmi di miglioramento genetico per la costituzione di una linea ibrida Calabria, allo scopo di introdurre nel patrimonio genetico dell’ibrido caratteri peculiari delle razze autoctone calabresi (elevato grado di rusticità e resistenza alle avversità ambientali, capacità di valorizzare le risorse pascolative locali, istinto materno, precocità, qualità delle carni, ecc.).
Il programma impone, l’allevamento in aree idonee, in cui diventa possibile intraprendere interessanti studi sulle attitudini pasculative di queste vecchie razze al fine di valorizzarne la funzione zootecnica nelle aree marginali e cioè nelle tipiche condizioni di allevamento semibrado, propedeutici per altro a una più completa conoscenza delle peculiarità attitudinali e produttive di tali ceppi etnici.
L’allevamento di un certo numero di soggetti potrà fungere anche da banca genica sia ai fini del miglioramento qualitativo delle produzioni, sia come semplice fonte di variabilità genetica da mettere a disposizione di genetisti e
selezionatori.
Ennesimo tassello per dare alle aziende zootecniche calabresi una ulteriore fonte di reddito, diversificando la propria attività e svincolandola dall’allevamento delle razze cosiddette “moderne”, eccessivamente ingentilite per le quali necessitano sia investimenti iniziali che di gestione notevoli.
Queste razze autoctone, sono presenti da sempre negli ambienti più difficili della Calabria, così come di gran parte dell’Italia meridionale.
Le caratteristiche di rusticità e adattamento ad ambienti particolarmente difficili tipiche di questi animali si esprimono sostanzialmente in una maggiore capacità di controllo omeostatico in condizioni ambientali di grande variabilità, in una maggiore lunghezza fisiologica della vita media, in una più elevata capacità di utilizzazione di alimenti poveri, nella capacità di sopravvivere anche a lunghe carenze nutrizionali specifiche.
Queste caratteristiche, inoltre, rendono questi animali particolarmente adatti per un allevamento non solo con finalità economiche e produttive, ma anche di salvaguardia ambientale. La loro presenza costituisce il presupposto per la conservazione, la salvaguardia e la valorizzazione ecosostenibile di tante aree del Mezzogiorno.
Lo sviluppo ambientale sostenibile da una parte e la produzione di prodotti alimentari, carni e latte, miele, lana, ecc. di qualità superiori dall’altra, inducono sempre più gli esperti al recupero, alla conservazione e valorizzazione del loro germoplasma.
Attraverso l’allevamento di tali animali, si possono diversificare le produzioni per l’ottenimento di prodotti con specifiche caratteristiche nutrizionali in funzione delle categorie dei consumatori ai quali sono destinati.
Il ricorso alle razze autoctone e ad un tipo di allevamento semibrado, produce un basso impatto ambientale e permette di ottenere prodotti di alta qualità nel rispetto, non solo del benessere degli animali che vengono sottratti al carcere a vita, ma anche della salute di chi alleva e di chi consuma.
Il suddetto progetto, si concretizza attraverso il potenziamento di alcuni centri sperimentali e dimostrativi per la conservazione e valorizzazione del germoplasma autoctono.
Inquadramento del progetto negli obiettivi della programmazione del settore
I Centri Sperimentali Dimostrativi (CSD), programmano ed attuano le attività in ottemperanza con quanto previsto dal Piano Triennale della Ricerca sul Sistema Agricolo ( PTRSA ) Regionale e Nazionale.
La conservazione e valorizzazione della biodoversità, attraverso la conservazione e valorizzazione delle razze autoctone rappresenta l’attività più importante a supporto della filiera zootecnica affinché possa recuperare le proprie identità e specificità allo scopo di produrre alimenti tipici di alta qualità, unici sia per caratteristiche intrinseche che estrinseche.
Sotto questa ottica, tutti i CSD rappresentano i "Centri Pilota" di orientamento nei vari settori dell'agricoltura, pilotando, per l'appunto, gli agricoltori e gli allevatori verso la scelta delle attività da poter condurre con successo nelle varie realtà agricole calabresi.
Stato dell'arte generale sull’argomento del progetto
Allo stato attuale, le principali razze autoctone quali: Suino TGA Calabrese, Podolica ceppo Calabrese, Ovina Gentile di Puglia ceppo Calabrese, Capra Nera Rustica Calabrese, trota Fario indigena Silana, razza equina Salernitana Ceppo Calabrese vengono ospitate presso alcuni Centri Sperimentali regionali i quali provvedono oltre alla loro conservazione, anche alla moltiplicazione e alla diffusione sul territorio.
Le suddette razze autoctone, sono state e sono oggetto di studio al fine di valorizzare al meglio le loro specificità genetiche che bene si prestano per tipologie di allevamento a basso impatto ambientale e per la produzione di prodotti tipici di alta qualità.
Obiettivi generali e specifici (intermedi e finali)
Obiettivo generale
Negli ultimi tempi è aumentata la sensibilità dei consumatori verso le produzioni della “propria terra d’origine” pertanto l’allevamento delle Razze autoctone sia per la produzione di carne fresca che di prodotti trasformati, rappresentano una ulteriore possibilità di produrre reddito. Le regioni meridionali italiane vantano una specifica vocazionalità per la produzione di prodotti tipici di alta qualità, tra questi spiccano salumi e formaggi. Pertanto tra gli obbiettivi generali, si evidenziano:
1) La valorizzazione delle razze autoctone
2) La produzione di quantità sufficienti di prodotto fresco e trasformato di alta qualità e con continuità, in modo da garantire il mercato sia per il consumo diretto che per quello della trasformazione.
Obiettivi specifici:
1.
Riduzione dei costi di
impianto e di gestione dell’allevamento.
2.
Sfruttamento dell’enorme
potenziale produttivo delle aree marginali e soprattutto boschive dei
comprensori collinari e montani e assicurare la presenza dell’uomo in zone ad
alto rischio ambientale.
3.
Accesso ai benefici previsti
dai regolamenti comunitari per quanto attiene l’agricoltura e la zootecnia
eco-compatibile.
4.
Compatibilità con la
normativa che regola le attività plausibili nei parchi. La Legge Quadro sulle
aree protette, la N° 394 del 6/12/91 all’Art. 12 comma 2.
5.
Tipizzare le produzioni e
quindi avere la possibilità di istituire dei marchi di qualità, sia per le
carni che per i prodotti trasformati.
Incremento e diversificazione della produzione di carne fresca e prodotti trasformati attraverso la definizione e la realizzazione di un sistema interregionale di commercializzazione e valorizzazione soprattutto per raggiungere i calabresi nel mondo.
Piano di attività
La Calabria è costituita da una superficie territoriale di ha 1.508.032 suddivisi in ha 630.802 di montagna, ha 741.856 di collina e ha 135.374 di pianura. Dunque il 91% circa è costituito da zone collinari e montuose.
Su questa superficie insistono 211.723 aziende circa che utilizzano una SAU di ha 663.418. Quindi la SAU disponibile per azienda è di ha 3,13. Infatti circa la metà delle aziende possiede una SAU inferiore ad ha 1. E’ da evidenziare in ogni caso che alla SAU disponibile mediamente si affiancano altri 4,5 Ha tra bosco ed incolti (superfici difficilmente meccanizzabili quindi non utilizzate).Dall’analisi di tale realtà e nell’intento di ottimizzare le capacità produttive, anche delle aziende di modica estensione, si propongono dei modelli di allevamento semi brado, en plain air, attraverso i quali sfruttare le terre marginali e boscate, di difficile meccanizzazione e nello stesso tempo, si assicura la presenza dell’uomo in aeree altrimenti abbandonate, proteggendo così l’ambiente da pericolosi fenomeni di degrado
Descrizione delle attività previste suddivise per linee di ricerca o attività
- Individuazione delle aree di allevamento
- Collaudo delle innovazioni tecnologiche offerte dalle industrie del settore zootecnico con lo scopo di verificarne la funzionalità, efficienza ed efficacia negli allevamenti suinicola calabresi.
- Acquisto di soggetti Autoctoni da utilizzare, dopo le dovute verifiche sanitarie, per il rinsanguamento dei gruppi originari al fine di evitare eventuali danni dovuti alla consanguineità.
- Realizzazione di stazioni di monta per il prelievo del seme.
- Potenziamento del laboratorio per il prelievo, la conservazione e la diffusione del seme.
- Realizzazione di un piccolo laboratorio per la rilevazione, post mortem, dei parametri produttivi e per effettuare eventuali prove di trasformazione delle carni per la tipizzazione dei prodotti regionali;
- Costituzione, a scopo dimostrativo e per la valorizzazione del nostro patrimonio boschivo, di alcuni nuclei di allevamento estensivo "semi-brado" compatibile con le esigenze di protezione dell'ambiente utilizzando soggetti autoctoni per la rilevazione in vita e dei parametri riproduttivi e produttivi;
- Prove di alimentazione, su soggetti in purezza, a base di granelle e/o altro coltivate sul territorio calabrese, assumendo in vita i relativi parametri di accrescimento;
- Realizzare un modello di tracciabilità
- Caratterizzazione genetica delle razze autoctone calabresi;
- Introduzione di queste razze in programmi di miglioramento genetico per l'esaltazione e valorizzazione delle principali caratteristiche di rusticità e qualità delle carni;
- Valorizzazione della resistenza a stress biotici ed abiotici del materiale genetico prodotto. Miglioramento della produzione dei foraggi e di altri alimenti, nonché del latte e dei formaggi con interventi nelle operazioni di coltivazione, allevamento, mungitura, lavorazione, stagionatura;
- Tipizzazione dei prodotti e avvio di iniziative di marketing e commercializzazione su caciocavallo silano, scamorza, burrini, mozzarelle "podoliche", nonché scamorzoni, mozzarelle e stracciatelle di bufala, yogurt con frutti "biologici" del sottobosco /fragole, lamponi, more, ribes), ecc.;
- Attività nel settore del miglioramento zootecnico – sanitario e della conservazione genetica di seme di razze autoctone in via di estinzione, da impiegare per la F.A. e T.E. per la successiva diffusione dei migliori soggetti.
- Centro Genetico Linea Femminile Bovino Podolico.
- Laboratorio lattiero caseario per prove di caseificazione per la produzione di prodotti tipici di alta qualità.
- Formazione, attraverso corsi teorico-pratici di giovani maestranze (allevatori), interessati al comparto zootecnico;
- Divulgazione dei risultati raggiunti attraverso incontri presso i CSD, comunicazioni a convegni, pubblicazione su riviste scientifiche e divulgative.
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Elenco delle Unità Operative (UO)
partecipanti e di eventuali collaborazioni
esterne
1) Centro Sperimentale Dimostrativo di Acri: Salvaguardia e Valorizzazione del Suino TGA Nero Calabrese
2)
Centro Sperimentale Dimostrativo di Molarotta:
Salvaguardia e Valorizzazione bovino Podolico – Centro per la selezione e la moltiplicazione in linea femminile della
razza Podolica
3) Centro Sperimentale Dimostrativo della Sibaritide: Salvaguardia e Valorizzazione del cavallo Salernitano ceppo Calabrese; Salvaguardia e Valorizzazione dell’asina per la produzione del latte
4) Centro Sperimentale Dimostrativo di Val di Neto: Salvaguardia e Valorizzazione delle razze ovi-caprine Gentile di Puglia ceppo Calabrese – Capra Nera Rustica Calabrese
5) Centro Sperimentale Dimostrativo di Mirto: Salvaguardia e Valorizzazione del Baco da seta e dell’Apis Mellifera
6) Centro Sperimentale Dimostrativo di Paola: Salvaguardia e Valorizzazione della selvaggina da ripopolamento
7) Centro Sperimentale Dimostrativo di Montebeltrano: Salvaguardia e Valorizzazione della selvaggina da ripopolamento
Descrizione dei ruoli e delle modalità di interazione
delle U.O. partecipanti e di eventuali collaborazioni esterne
Ogni singola U.O. sarà impegnata nella realizzazione di progetti specifici .
Le eventuali
collaborazioni esterne previste, saranno sempre a supporto di singoli progetti
pertanto le modalità di interazione e il relativo diagramma sarà riportato nel
progetto specifico.
Descrizione delle modalità di monitoraggio interno del
progetto e verifica dei risultati
Verrà costituito un comitato tecnico-scientifico che provvederà, al
monitoraggio dello stato di attuazione dei singoli progetti, il quale
provvederà preventivamente alla predisposizione della modulistica necessaria
per la valutazione ed il monitoraggio.
Il trasferimento delle informazioni necessarie avviene attraverso incontri
periodici tra le varie componenti del progetto.
I controlli e le verifiche saranno effettuate in funzione dei cicli e/o fasi di ogni singola attività.
Ostacoli prevedibili ed azioni
correttive
1) Il punto di debolezza principale del sistema agro-alimentare calabrese è dato dalla frammentazione eccessiva della base produttiva, che da origine ad un’altra serie di problemi che ostacolano lo sviluppo, soprattutto scarsità di risorse finanziarie da destinare agli investimenti, difficoltà di accesso al credito, impossibilità di sfruttare economie di scala. Le produzioni quantitativamente limitate ostacolano anche il rapporto con intermediari e GDO, che richiede grosse quantità, omogenee e stabili nel tempo. Altro punto debole è dovuto alle scarse competenze manageriali possedute dai titolari dell’azienda, che spesso hanno anche un’età avanzata e mentalità poco incline all’innovazione, nonostante gli incentivi per il cambiamento contenuti nelle politiche di sviluppo rurale della UE e italiane.
2) Mancanza di un programma organico nazionale di coordinamento tecnico-scientifico e professionale nel settore delle produzioni tipiche da razze autoctone. Tutto ciò penalizza fortemente il confronto e il trasferimento delle innovazioni create dai vari soggetti che hanno lavorato e lavorano in questo settore. Questa carenza potrebbe essere colmata da iniziative interregionali su obiettivi comuni e su strategie di sviluppo del settore concertate.
3) Scarsa organizzazione nel territorio di un sistema di assistenza specifica e di controllo sanitario.
4) Mancanza di un marketing appropriato: La mancanza del marketing di settore è consequenziale al disinteresse finora dimostrato dai consumatori. I risultati delle attività svolte hanno dimostrato che le performance delle razze autoctone calabresi allevate in semilibertà danno risultati ottimi. Pertanto sarebbe necessario implementare una sorte di marketing di campo, ovvero testare nelle aree vocate il comportamento delle razze autoctone calabresi. Questa ipotesi di marketing andrebbe affiancata con altre iniziative a supporto dei vari comparti produttivi, dalla tipologia di allevamento, trasformazione e commercializzazione anche attraverso la rete e il mercato on line.
5) Scarso collegamento trai singoli produttori etra essi e i trasformatori: Nell’ottica di una riduzione dei costi in tutta la filiera, è auspicabile promuovere collegamenti diretti in modo organico e non casuale tra i singoli produttori e tra loro e le imprese di trasformazione.
6) Costi di produzione elevati: Oggi i costi di produzione incidono fortemente sul prezzo finale del prodotto finito, sia fresco che trasformato, a carico dell’allevatore. Questo sia per il costo maggiore delle materie prime convenzionali, che degli altri mezzi di produzione dovuti soprattutto alla posizione geografica ed orografica delle aziende. Questo aggiore costo di produzione potrebbe venire compensato da adeguate politiche di marketing volte ad evidenziare la tipicità della filiera sia in termini di prodotto finito che delle varie materie prime impiegate nell’alimentazione degli animali. Dovrebbero essere utilizzate materie prime, soprattutto fonte di proteine, alternative alla soia, quindi altre leguminose, coltivate in loco.
Opportunità a favore delle razze autoctone
Allo scopo di definire una corretta strategia volta al miglioramento e all’allargamento delle produzioni autoctone allevate in semi-brado, nelle regioni del Sud Italia in generale e in Calabria in particolare occorre riflettere sulle principali motivazioni alla luce dei punti di forza. Tra questi si ricordano:
2.
Che sono attività produttive
a basso impatto ambientale e che si adattano egregiamente sia in ambienti marginali o boschivi, ove è
difficile se non impossibile realizzare strutture fisse; sia in ambienti agricoli
a produzione intensiva dove l’inserimento degli allevamenti nella rotazione
agraria, può ritenersi coltivazione
biennale miglioratrice.
3. Che le condizioni ambientali nonché l’enorme professionalità acquisita negli anni consentono, di produrre quasi tutto l’anno sia carne fresca che prodotti trasformati. Tali condizioni rappresentano una peculiarità soprattutto dell’alta collina e della montagna calabrese.
4. La disponibilità limitata di prodotto tipico locale: Attualmente l’offerta sia di carne fresca che di prodotti trasformati di alta qualità proviene da altre regioni d’Italia ed anche estere pertanto lo spazio di mercato esiste è va solo stimolato.
La disponibilità di materiale genetico idoneo all’ambiente Calabrese: La presenza in regione di diverse razze autoctone, consente di valorizzare al meglio gli areali altrimenti di difficile utilizzazione per le caratteristiche orografiche e vegetazionali.
Risultati attesi suddivisi per ogni linea di ricerca
Il prodotto finito, sia esso carne, latte, ecc. fresco che prodotto trasformato, deve soddisfare quanto previsto dai disciplinari di produzione in modo da garantire oltre alle specifiche caratteristiche intrinseche anche quelle estrinseche, cioè di appartenenza territoriale.
In accordo con le autorità locali e sulla base dei consorzi già esistenti a livello regionale, sarà valutata la possibilità di costituire un network tra gli attori coinvolti nell’intera filiera produttiva. Tale network rappresenterà il punto nodale dei processi di autocontrollo, di garanzia e diffusione degli strumenti impiegati e di sviluppo di azioni di marketing incentrato sulla qualità e riconoscibilità dei prodotti. Esso costituirà un valido strumento di concertazione e promozione in grado di garantire la sostenibilità, l’ampliamento ed il rafforzamento dell’intero settore.
A fronte di una crescente domanda di maggiore garanzia sulla qualità dei prodotti e per garantire un adeguato sistema di certificazione della produzione, il modello di tracciabilità interesserà l’intera filiera produttiva e distributiva interessando i seguenti livelli:
Produttori:
-
produttore,
zona di provenienza, razza, periodo di allevamento, quantità prodotta,
trasporto, formazione di lotti omogenei, trasformazione;
Trasporto:
-
data, mezzo e
modalità di trasporto, quantità;
Industrie di trasformazione:
- data di arrivo, trasformazione o confezione, trattamenti, modalità di confezionamento, modalità di conservazione, ecc.;
Distribuzione e commercializzazione:
- data di arrivo del prodotto, provenienza, confezioni fresco e trasformato, modalità di conservazione, ecc.
Consumatore:
- modalità di accesso alle informazioni.
Le modalità di rilevazione impiegate saranno diverse (codice a barre, tramite portale Web, tramite PC portatile, ecc.).
Tutti gli operatori appartenenti alla filiera (allevatori, trasformatori, confezionatori, distributori, ecc.) parteciperanno attivamente nella fase di progettazione e di implementazione, in modo da adeguare gli strumenti al contesto locale facilitandone così l’appropriazione.
Vedasi sintesi dei vari progetti
Ricadute e benefici
Benefici scientifici
Conservazione di una genetica antica, da utilizzare, eventualmente, per il rinsanguamento delle razze moderne, selezionate, eccessivamente ingentilite e non più idonee ad essere allevate in alcuni ambienti e non più idonei a valorizzare alcune tipologie di alimenti.
Possibilità di valutare, oggi, il potenziale riproduttivo e produttivo di queste razze antiche, alla luce delle attuali esigenze di tutti i soggetti della filiera.
Benefici economici
Nei Paesi sviluppati l’alimentazione ha perso, in parte, il suo significato originario di soddisfacimento del bisogno primario di mangiare, per assumere significati accessori più complessi che riguardano la sfera psicologica: soddisfazione del gusto, occasione di socializzazione, rispetto della tradizione e del territorio, occasione per fare turismo, salvaguardia ambientale, tutela della salute in senso lato, motivi di carattere etico. In un simile contesto si inseriscono a pieno titolo le specialità gastronomiche calabresi, le cui indiscutibili caratteristiche qualitative sono riconosciute e tutelate dall’Unione Europea attraverso i marchi DOP (Denominazione di Origine Protetta) e IGP (Indicazione Geografica di Provenienza) e STG1 (Specialità Tradizionale Garantita), a cui si affiancano le produzioni biologiche (Reg. CEE n. 2092/1991 e successive modifiche ed integrazioni). I prodotti calabresi riconosciuti dai marchi europei di qualità ad oggi sono 11 tra DOP ed IGP, ai quali vanno ad aggiungersi i vini che, nelle categorie DOC e IGT, riguardano 25 denominazioni calabresi, ed i 211 prodotti riconosciuti tradizionali Questi prodotti rappresentano il principale punto di forza del “made in Calabria.
Con la tipizzazione delle produzioni si avrà inoltre la possibilità di istituire un Marchio di Qualità aggiuntivo alle DOP già esistenti che, oltre a rassicurare il consumatore sulle caratteristiche organolettiche, nutrizionali e sulla sanità dei prodotti, garantisca agli allevatori di dette aree collinari e montane una ulteriore possibilità di incrementare il proprio reddito.
Strategie da seguire per i prodotti trasformati ottenuti dalle razze autoctone:si possono riassumere nei seguenti punti:
Rivolgersi al mercato interno, inserendosi nel circuito della ristorazione e dell’agriturismo basti pensare che in Calabria sono presenti circa 400 agriturismi dislocati sull’intero territorio regionale;
Prevedere una distribuzione del prodotto tramite canali alternativi, tentando di accorciare la filiera per spuntare condizioni di prezzo più vantaggiose, con la vendita diretta in azienda o in mercati riservati ai produttori.
Quest’ultimi, noti come farmer’s market e molto diffusi negli Stati Uniti ed in Gran Bretagna, sono piccoli mercati costituiti esclusivamente dai produttori che, periodicamente, pongono in vendita direttamente i loro prodotti al consumatore finale. In questo modo si accorcia la filiera con vantaggio reciproco per produttori e consumatori. Si stima che si possano raggiungere in questo modo percentuali di vendita pari al 10 – 15 % della produzione. Una soluzione del genere è praticabile tranquillamente anche in Italia, visto che il D.Lgs. n. 228/2001 “Legge di Orientamento” prevede la possibilità per i produttori agricoli di vendere direttamente al dettaglio su tutto il territorio nazionale i prodotti provenienti prevalentemente dalle loro aziende.
Altro sistema per accorciare la filiera è vendere direttamente ai consumatori, come attualmente sperimentato in una iniziativa congiunta tra alcuni comuni italiani e l’AIAB (Associazione Italiana Agricoltura Biologica) chiamata “Sportello Bio” per l’acquisto dai produttori di prodotti biologici . L’ordine avviene per telefono o via e-mail, si formano gruppi di acquisto in funzione della zona di residenza e la consegna è effettuata dai produttori in un punto del quartiere. Secondo AIAB circa 3000 cittadini aderiscono quotidianamente a questa iniziativa.
Sottoscrivere un protocollo d’intenti finalizzato alla valorizzazione delle produzioni tipiche calabresi, attraverso la loro utilizzazione negli esercizi commerciali e turistici che vogliono aderire all’iniziativa, all’interno di un sistema di rete con produttori di prodotti tipici qualificati.
Sia i produttori che gli esercizi commerciali e turistici devono sottoscrivere l’impegno a rispettare un disciplinare di produzione di qualità e norme comportamentali.
La Regione, assume nei confronti di tali strutture l’impegno di promuoverne ed incentivarne l’attività con azioni di marketing territoriale.
Questa iniziativa consente di mettere in relazione, lungo percorsi e itinerari turistici integrati, aziende di ristorazione, agriturismi e turismo rurale, artigianato locale e gastronomia tipica, produttori e trasformatori di produzioni tipiche Calabresi. In particolare persegue, tra gli altri, l’obiettivo di offrire nei punti chiave dell’offerta turistica territoriale le produzioni delle razze autoctone allevate in Calabria (carni e salumi, prodotti lattiero-caseari, miele e derivati delle produzioni delle api, ecc.) e le altre produzioni tipiche (tipizzazione della gastronomia).
In tal modo si potranno creare le migliori condizioni per una fruizione integrata e di qualità del territorio, attraverso l’integrazione delle filiere produttive offrendo nuovi sbocchi commerciali alle produzioni tipiche che interpretano ed esaltano le qualità del produzioni calabresi.
Esse rappresentano un prezioso patrimonio legato alla cultura della Calabria la cui valorizzazione potrà determinare una ricaduta in termini di valore aggiunto per tutti i soggetti che operano nell’ambito delle filiere produttive e commerciali delle stesse produzioni tipiche e tradizionali con positivi riflessi sull’economia e sull’occupazione dell’intera area.
Tutti i soggetti, pubblici e privati, che aderiscono alla rete delle, si impegnano a rispettare ed attuare il DISCIPLINARE DI QUALITA' di qualità territoriale" adottato dai soggetti aderenti.
Tutti i soggetti che aderiscono al progetto, con la sottoscrizione del disciplinare, si impegnano a soddisfare gli standard richiesti ed accettano di sottoporsi a controlli di verifica da parte di addetti appositamente nominati nonché alla diffusione ai propri clienti di un questionario di “soddisfazione del cliente” predisposto dagli Enti promotori.
La strategia per la commercializzazione del prodotto deve basarsi in primo luogo sul mantenimento delle identità e delle caratteristiche qualitative del prodotto, perché il venire meno della specificità, cioè la caratteristica distintiva rispetto alle produzioni di massa farebbe perdere loro ogni vantaggio competitivo. La qualità da sola non basta, bisogna fare conoscere i prodotti e comunicare costantemente al consumatore il valore aggiunto insito in questi: per questo motivo è opportuno organizzare iniziative a livello locale, come ad esempio fiere, sagre, strade del gusto, oppure all’estero, in collaborazione con l’ICE.
Impatto sociale
L’affermarsi
dell’allevamento delle razze autoctone allo stato semibrado, implicherebbe sicuramente un aumento della ricaduta
occupazionale. La continua richiesta da parte del consumatore finale di
alimenti di qualità di origine certa, potrebbe creare a seguito di mirate
campagne di promozione, dei remunerativi ed interessanti segmenti di mercato.
Da non sottovalutare inoltre la possibilità di sfruttare e rendere competitive
quelle vaste aree marginali di collina e di montagna che sempre più versano in
stato d’abbandono e degrado. Inoltre l’attuale legislazione in materia di multifunzionalità
renderebbe molto appetibile anche per i giovani un sistema di allevamento meno
sacrificato dal punto di vista della presenza in azienda rispetto a quello
tradizionale e la possibilità di garantirsi introiti integrativi derivanti da
altre attività svolgibili in ambito rurale.
L’allevamento delle razze autoctone e la trasformazione delle materie prime, offre la possibilità di distinguersi con livelli superiori di qualità e da la possibilità di confronto con competitori che sono enormemente più grandi e dispongono di risorse maggiori e di costi di produzione enormemente più bassi La strategia di differenziazione si fonda sulla capacità dell’impresa di offrire prodotti con caratteristiche uniche o almeno fortemente distintive. L’approccio si rivolge a consumatori sensibili all’aspetto qualitativo del prodotto e disponibili a pagare un prezzo maggiore (premium price) per ottenere beni con caratteristiche superiori. Le maggiori difficoltà nell’utilizzo di questo approccio consistono nell’attività di ricerca e sviluppo necessaria per ottenere il livello qualitativo necessario, nel processo di comunicazione della differenza qualitativa ai consumatori.
Impatto ambientale
L’allevamento di razze locali, permettono la conservazione di una cultura del territorio basata sul concetto di qualità sotto gli aspetti più diversi (legame alle proprie origini, senso di appartenenza, maggior rispetto dell’ambiente, salvaguardia delle caratteristiche organolettiche del prodotto, maggiore resistenza di piante e animali alle malattie).
Partendo da questi presupposti, il futuro dell’attività agricola, all’interno della UE e quindi anche in Calabria, riguarderà sempre di più la qualità del prodotto attraverso una pratica agricola “eco-compatibile” che unitamente alla qualità della produzione sappia salvaguardare l’ambiente, la qualità della vita di produttori e consumatori.
Patner coinvolti
Centro Ricerche Produzioni Animali di Reggio Emilia, Università della Calabria, Università di Reggio Calabria, Associazioni degli Allevatori e dei Trasformatori, Regione Toscana, Regione Sicilia, Regione Campania, Regione Basilicata, Regione Sicilia, Regione Sardegna, Aziende private, Associazioni professionali e di categoria, Cooperative, piccole e medie imprese di trasformazione agroalimentare, Università dell’Extremadura – Facoltà di Medicina Veterinaria (Spagna).
9.
Piano di sfruttamento dei risultati
1. Pubblicazioni scientifiche, tecniche e divulgative
2. Verranno realizzate almeno una pubblicazione, per ogni razza autoctona e per ogni tipologia di attività, contenete i dati scientifici ottenuti. Inoltre verranno realizzati diversi opuscoli divulgativi per il trasferimento dei risultati agli utenti finali.
3. 13.2 Convegni
4. Verranno organizzati almeno un convegno per ogni progetto di ricerca, sperimentazione e collaudo, sia a carattere regionale che nazionale ed eventualmente anche internazionale.
5. 13.3 Materiali didattici e Corsi di formazione
6. Sarà necessario acquisire tutto il materiale didattico utile per la realizzazione dei vari progetti e verranno organizzati alcuni corsi di formazione sia per tecnici che per operatori privati (allevatori, trasformatori, confezionatori, marketing)
7. 13.4 Brevetti
8. Se durante le diverse attività previste dovesse essere necessario brevettare un’attrezzatura o altro, saranno attivate le procedure necessaria per richiederne il brevetto.
9.
14. Eventuali altre
fonti di finanziamento
10. POR Calabria 2007-2013
11. Ministeriali
12. Progetti internazionali
13. Progetti interregionali
14. Altri enti pubblici e privati
COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:
ANNO 2008: €
1.110.200
ANNO 2009: €
1.030.900 TRIENNIO: €
3.141.100
ANNO 2010: €
1.000.000
PROGETTO
FILIERA AGRUMICOLA
|
PROGETTO: Ammodernamento del comparto agrumicolo calabrese |
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TITOLO
DELLA RICERCA: “Innovazione
tecnologica per l’igiene, la sicurezza alimentare e la competitività delle
produzioni agrumicole calabresi (Certificazione e valorizzazione) |
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COSTO
DELLA RICERCA (CR): |
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DURATA
PREVISTA DELLA RICERCA: 3 anni
|
||
RESPONSABILE SCIENTIFICO DELLA RICERCA: Dott. Agr. Di Leo Antonio ISTITUZIONE DI APPARTENENZA: ARSSA-Calabria Centro Sperimentale Dimostrativo di Mirto Indirizzo: c.da Pantano Martucci, Mirto Crosia (CS) Tel 0983. 42235 Fax 0983.480832 E.mail: adli@tiscali.it |
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PARTECIPANTI ALLA RICERCA (responsabile incluso) |
||
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COGNOME E NOME |
QUALIFICA |
IMPEGNO MESI/ANNO |
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Dott. Agr. Antonio Di Leo |
Direttore CSD di Mirto |
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Dott.Agr. Giuseppe Salandria |
Direttore C.S.D. Sibari |
|
|
Dott. Saverio Filippelli |
DAP - CSD di Mirto |
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P.A. Pasquale Danilo Fiore |
DAP - Ce.D.A. n° 6 – Rossano |
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|
Dott. Francesco Nocera |
DAP Ce.D.A. n° 5 |
|
|
P.A Vincenzo Granieri |
CSD Mirto |
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|
Dott. Domenico Turiano |
CSD – Area dello Stretto |
|
|
Dott. Giuseppe Bertolami |
CSD – Lamezia |
|
|
Dott. Gianfranco Spagnolo |
DAP - Ce.D.A. n° 12) |
|
|
Dott. Alessandro. Cuteri |
DAP - Ce.D.A. n° 21 |
|
|
A . Lentini |
DAP - Ce.D.A. n° 20 |
|
|
Dott.ssa Luigia A. Iuliano |
Direttore - CSD – Lamezia |
|
|
Dott. Cilona Vincenzo |
Direttore - CSD – Gioia Tauro |
|
|
Dott. Domenico Lanza |
DAP - Ce.D.A. n° 3 – Sibari |
|
|
Dott. Bertolami Giuseppe |
CSD - Lamezia |
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Dott. Luciano Perri |
Ce.D.A. n° 10 - Crotone |
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STATO DELLE CONOSCENZE SUGLI ARGOMENTI DELLA RICERCA
Il comparto agrumicolo è uno dei più importanti dell’agricoltura calabrese, con una superficie di circa 40.000 ettari e 31.000 aziende interessate. Si tratta di un settore che anche se caratterizzato da produzioni di eccellenza (Clementine della Piana di Sibari) e da prodotti esclusivi (Cedro e Bergamotto), nonostante gli interventi previsti nella programmazione degli ultimi anni (2000-2006), sembra essere poco dinamico e innovativo con perdita di quote di mercato a favore di Pesi europei e extra-europei. Risulta pertanto indispensabile intervenire in tutte le fasi della filiera, dalla produzione alla distribuzione commerciale. La globalizzazione dei mercati che consente la disponibilità di agrumi freschi tutto l’anno, impone alla ricerca l’individuazione di nuove cultivars di agrumi che consentano un periodo più lungo di commercializzazione da un lato, e nuovi sistemi di conservazione del prodotto che garantiscano nel tempo, la preservazione delle caratteristiche qualitative dello stesso. Altro aspetto fondamentale, e l’utilizzo quasi esclusivo del portinnesto Arancio Amaro per la realizzazione delle piantine di agrume e degli impianti presenti sul territorio regionale, portinnesto estremamente sensibile alla Tristezza degli agrumi (virosi già segnalata in Calabria, Sicilia e Puglia) e che potrebbe ulteriormente aggravare la crisi del comparto. Pertanto il progetto punta alla predisposizione di azioni finalizzate a verificare:
- Frigo - conservazione in atmosfera controllata di diverse cultivars di clementine provenienti sia da coltivazioni biologiche che integrate, a partire dal Clementine Comune. Ciò consentirebbe di attenuare gli effetti della concentrazione dell’offerta in un breve periodo dovuta all’epoca di maturazione delle Clementine con sicuri benefici sulla commercializzazione.
- Ricerca e collaudo di nuove selezioni di agrumi: L’introduzione di nuove varietà richiede la verifica del loro adattamento all’ambiente pedoclimatico, che insieme al portinnesto, può esercitare una notevole influenza sulle caratteristiche qualitative e sull’epoca di maturazione dei frutti. In passato l’introduzione di nuove varietà (Mapo, Rubino, Marisol, ecc.) di agrumi ritenute idonee sulla base di comportamenti valutati solo in alcune aree ha comportato gravi danni agli agrumicoltori dovuta ad una risposta vegeto-produttiva differente di quella osservata.
- Messa a punto di nuove tecniche di coltivazione a basso impatto ambientale: Buona parte della produzione agrumicola adotta sistemi di produzione a basso impatto ambientale (produzione integrata e biologica) dovuta ad un crescente riconoscimento dal mercato. In particolare saranno predisposte prove per il l controllo dei parassiti chiave (Ceratitis capitata e Aonidiella aurantii)
- Riduzione dei costi di produzione: I costi produzione sono di circa il 10% in più rispetto alla Spagna (principale concorrente commerciale) e di circa il 70% in più rispetto ai nuovi Paesi emergenti (Argentina). I costi di produzione più elevati, dipendono in parte dal costo elevato dei fertilizzanti e degli agrofarmaci , 40-50% in più rispetto agli altri Paesi Europei, in parte da problemi strutturali legati alle dimensioni aziendali e alla commercializzazione del prodotto effettuata da una miriade di strutture di commercializzazione che nel 98% dei casi si occupano di commercializzare solo prodotti agrumicoli con costi di ammortamento e di gestione delle strutture per la lavorazione del prodotto limitato a 2-3 mesi l’anno.
- Realizzazione di un campo di portinnesti tolleranti alla Tristezza degli agrumi, al fine di fornire semi ai vivaisti interessati o produrre piantine.
RIASSUNTO DEI CONTENUTI DELLA SCHEDA DI RICERCA
Il
progetto si propone di sviluppare nelle
diverse aree tematiche le seguenti linee di ricerca e sperimentazione:
- Miglioramento genetico e vivaismo-
- Il collaudo e la verifica dell’adattamento all’ambiente pedoclimatico
nelle diverse aree di nuove selezioni di Clementine, arance e ibridi triploidi ;
- Studio delle interazioni varietà-portinnesto di clementine con
epoca differente dal Clementine Comune;
- Costituzione campo germoplasma e di
moltiplicazione in sanità del Cedro;
- Realizzazione di un campo pilota di
nuove selezioni di portinnesti resistenti alla Tristezza per la produzione di
semi e/o piantine;
- Realizzazione di una banca del
germoplasma agrumicolo.
- Post-Raccolta -
– Verificare la possibilità di
frigoconservare in atmosfera controllata, per un periodo di 8 (otto) settimane
le clementine, al fine di allungare il periodo di commercializzazione delle
stesse;
- La verifica dell’efficacia di alcune
tecniche alternative a basso impatto ambientale (impiegate da sole o in
combinazione tra loro) contro “
WATER SPOT” su Clementine;
- Tecniche colturali -
- Verifica dell’efficacia dei
fertilizzanti e dei Principi attivi
ammessi in coltivazione biologica e nel controllo dei principali
parassiti;
- Ridurre l’impatto sull’ambiente degli
agrofarmaci, mediante la giusta regolazione delle irroratrici in funzione dei
parassiti da controllare;
- Riduzione dell’impatto sull’ambiente
dei fertilizzanti azotati (NITRATI);
- Razionalizzazione delle tecniche
colturali e delle forme di allevamento del Cedro;
- Influenza dei parametri nutrizionali e
climatici sulla qualità dell’essenza di bergamotto;
-
Definizione dei Coefficienti colturali Kc specifici per le Clementine
nell’area della Sibaritide;
- Potatura meccanica degli agrumi;
- Ridurre i costi di produzione
attraverso la gestione razionale dei diversi fattori della produzione;
- Controllo della mosca della frutta (Ceratitis capitata) con metodi alternativi
a basso impatto ambientale.
OBIETTII SPECIFICI INTERMEDI E FINALI DA CONSEGUIRE
Il Progetto si pone come obiettivi
specifici il miglioramento della qualità degli agrumi, incremento delle
produzioni a basso impatto ambientale,
la riduzione dei costi di produzione,
l’allungamento del calendario di raccolta e la costituzione di una attività vivaistica finalizzata alla
produzione di semi di portinnesti tolleranti alla Tristeza. Inoltre, si propone,
come obiettivo finale la creazione di un sistema integrato e sinergico
tra i Centri Sperimentali Dimostrativi
impegnati nell’attività di sperimentazione e ricerca nel comparto agrumicolo,
attraverso una azione combinata delle iniziative specifiche da intraprendere nelle
diverse aree tematiche.
RISULTATI ATTESI PER SINGOLO ANNO DI STUDIO
I risultati attesi per ogni anno di prova vertono sul:
Primo anno
· Riscontro vegeto-produttivo delle diverse selezioni clementine poste in prova;
· Risposte quali-quantitative delle diverse selezioni poste a confronto con i diversi i portinnesti.
· Prime risultati della di frigo - consevazione in atmosfera controllata delle clementine.
· Prime valutazioni degli ibridi triploidi
· Primi risultati prova controllo Ceratitis capitata
· Realizzazione e conduzione campo portinnesto tolleranti alla Tristezza;
· Predisposizione e primi risultati prova mobilità dell’azoto nel terreno;
· Primi risultati prova tecniche colturali Bergamotto;
· Primi risultati prova bergamotto;
· Realizzazione nuovi campi di orientamento varietale.
Secondo
anno
Elaborazione dati e continuazione prove intraprese
Terzo anno
Elaborazione e divulgazione dei risultati
DOTAZIONE DI LABORATORI, ATTREZZATURE, CAMPI SPERIMENTALI, SERRE. DI CUI È DOTATA LA I.A. CHE VERRANNO UTILIZZATI PER LA RICERCA PROPOSTA.
CSD –
Mirto
Il Centro Sperimentale Dimostrativo è particolarmente attrezzato per la realizzazione di prove e campi sperimentali dimostrativi, in quanto l’intera superficie agrumetata (SAU 6 ettari circa) è suddivisa in campi, parcelle e parcelloni sistemati e forniti autonomamente di punti acqua, inoltre sulla quasi totalità dell’area si può praticare la fertirrigazione. La struttura è dotata di capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale. Il parco macchine dell’azienda è abbastanza fornito e permette la coltivazione e la conduzione delle prove in autonomia e senza ricorrere a contoterzismi. Altre infrastrutture utilizzabili possono essere le celle frigorifere e la camera di incubazione gelsibachicola, che viene utilizzata come una vera camera a temperatura, umidità e luce controllata, laboratorio per le analisi qualitative dei frutti di agrumi, Sala panel (riconosciuta dal MiPAF), un banco prova mobile per la verifica funzionale e la regolazione (taratura) delle macchine irroratrici in uso.
CSD –
Sibaritide
- Campo oreientamento varietale di nuove selezioni (SAU circa 1 ettaro)
- Capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale.
- Laboratorio per le analisi chimico fisiche del terreno e dell’acqua per uso irriguo.
CSD –
Locri
- Superficie agrumetata 8,50 ettari circa
- Capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale.
- Laboratorio per le analisi chimico fisiche del terreno e dell’acqua per uso irriguo.
- Banco prova fisso per la verifica funzionale e la regolazione (taratura) delle macchine irroratrici.
CSD - Gioia Tauro
- Superficie agrumetata ettari 3,3 circa
- Banco prova fisso per la verifica funzionale e la regolazione (taratura) delle macchine irroratrici.
CSD – Lamezia
- Campo liste varietale (SAU circa 2,5 ettari)
- Banco prova mobile per la verifica funzionale e la regolazione (taratura) delle macchine irroratrici in uso.
CSD – “Area dello Stretto” Reggio Calabria
Azienda convenzionata con ARSSA CSD (ha 1.3) per prove sperimentali e dimostrative inerenti la nutrizione minerale ed organica su bergamotto cv. Fantastico.
CSD – Val di Neto
- Campo orientamento varietale agrumi (1,5 ha);
- Capannina meteo elettronica con rilevazione ed elaborazione dei dati in automatico, nonché la possibilità di inserire i dati in rete internet per la fruizione da parte dei ricercatori in tempo reale.
COLLABORAZIONI ESTERNE
a) CRA – Istituto sperimentale per l’Agrumicoltura di Acireale ;
b) Universita degli Studi Mediterranea Facoltà di Agraria Reggio Calabria - Dip. STAFA,
Sez. Meccanica;
c) Università degli Studi della Basilicata – Facoltà di agraria;
d) Universita degli Studi Mediterranea Facoltà di Agraria Reggio Calabria - Dip. Gestione
Sistemi agricoli e Forestali.
COSTO TOTALE PREVISTO PER LA REALIZZAZIONE DEL PROGETTO, COMPRENSIVO DELLE SPESE DI PERSONALE, STRUMENTAZIONE E DI MATERIALI ED ATTREZZATURE:
ANNO 2008: € 269.000
ANNO 2009: €
271.000 TRIENNIO: € 820.000
ANNO 2010: €
280.000
PROGRAMMA
OPERATIVO DI RICERCA APPLICATA E
SPERIMENTAZIONE
Triennio 2008-2010
QUADRO RIEPILOGATIVO
delle
ESIGENZE FINANZIARIE
Attività |
2008 |
2009 |
2010 |
Triennio |
Filiera Frutticola |
389.300 |
395.700 |
400.000 |
1.185.000 |
Filiera Biomasse |
316.500 |
368.500 |
400.000 |
1.085.000 |
Filiera Piante Officinali |
231.000 |
167.000 |
200.000 |
598.000 |
Filiera Orticola (fragola) |
72.500 |
72.500 |
72.500 |
217.500 |
Filiera Orticola (patata) |
196.800 |
196.800 |
196.800 |
590.400 |
Filiera Vitivinicola |
259.600 |
259.600 |
259.600 |
778.800 |
Filiera Vivaistica Forestale |
25.000 |
25.000 |
25.000 |
75.000 |
Filiera Cerealicola |
261.800 |
265.100 |
270.000 |
796.900 |
Filiera Zootecnica |
1.110.200 |
1.030.900 |
1.000.000 |
3.141.100 |
Filiera Agrumicola |
269.000 |
271.700 |
280.000 |
820.000 |
TOTALE |
3.131.700 |
3.052.800 |
3.103.900 |
9.288.400 |
PIANO DEI
SERVIZI DI SVILUPPO AGRICOLO
TRIENNIO
2008-2010
QUADRO FINANZIARIO
GENERALE RIEPILOGATIVO
Descrizione |
Soggetto Attuatore |
Anno 2008 |
Anno 2009 |
Anno 2010 |
Triennio |
Programma Operativo Divulgazione Agricola |
ARSSA |
1.849.450 |
1.886.150 |
1.987.000 |
5.722.600 |
OO.PP.AA. |
320.000 |
370.000 |
420.000 |
1.110.000 |
|
Programma Operativo Servizi Tecnici Supporto |
ARSSA |
418.400 |
418.400 |
418.400 |
1.255.200 |
Programma Operativo Ricerca Applicata e Sperimentazione |
CSD ARSSA |
3.131.700 |
3.052.800 |
3.103.900 |
9.288.400 |
TOTALE |
5.719.550 |
5.727.350 |
5.929.300 |
17.376.200 |