17/06/2021 - Riflessioni del Presidente del Consiglio regionale della Calabria sulle politiche regionali a cinquant’anni dalla loro istituzione




Cari Calabresi, cari Corregionali,


il Regionalismo ha da sempre svelato alcuni punti di criticità ma anche di forza delle Regioni italiane, ed in particolare di quelle meridionali. In una fase storica di transizione per il Paese, sotto il profilo politico – istituzionale, con gli enti locali che da Nord a Sud sembrano vacillare, per la sferzata dovuta agli effetti della pandemia, la struttura del regionalismo sembra aver tenuto e contenuto i suoi effetti deflagranti.
Sui temi connessi alle autonomie locali ed in particolare dell’esperienza ormai più che cinquantennale delle Regioni, il sistema degli enti locali e, in specie quello delle Regioni, mostra le crepe che sono sotto gli occhi di tutti, le ragioni vanno addebitate al modo con cui l’autonomia è stata, nella prassi, indirizzata. Sostanzialmente, discostandosi dai fini immaginati dai costituenti.
Sulla carta, attualmente le Regioni hanno una funzione legislativa che sembra amplissima, però, poi nei fatti non è così. Infatti, nel buco di indirizzo creato dalla mancata approvazione delle leggi di attuazione delle nuove norme costituzionali si è registrato un vero e proprio exploit del contenzioso fra Stato e Regioni dinanzi alla Corte costituzionale.
Quest’ultima, nel dirimere le controversie, ha costruito orientamenti palesemente centralisti, che si allontanano di fatto dalla governabilità, descrivendo il più delle volte in forma restrittiva l’agire degli interventi regionali, a tutto vantaggio di quelli spettanti al legislatore nazionale.
Questa forma di controversia di carattere istituzionale, ancora oggi fa registrare la tendenza che non guarda al rafforzamento dei controlli locali, bensì all’irrobustimento delle politiche statali, specie attraverso gli interventi legati alla sempre riecheggiata “spending review”; tra le azioni centrali più dolorose proprio per l’azione di governo e gestione regionale. Dunque una clamorosa e mai sbiadita contestazione culturale tra centralismo e regionalismo, che nemmeno la riforma statutaria del 2004 della Calabria, ha attenuato.
Eppure il regionalismo in Italia ha rappresentato un elemento di modernizzazione, di coinvolgimento delle realtà territoriali, di forte rottura con l’impianto di uno Stato centralizzato e lontano dalle popolazioni. Ritardi e contraddizioni legislative comunque non possono negare la grandezza dell’organizzazione decentrata dello Stato; perché l’assetto regionale della Repubblica italiana è una conquista irrinunciabile.
Non è più rimandabile lo sforzo di modernizzare il ruolo delle Regioni, renderle più autonome all’interno di un sistema solidale che assicuri a tutti gli italiani le stesse opportunità.
Occorre aprire una stagione nuova del regionalismo che corregga gli errori, gli squilibri tra i territori, le penalizzazioni per il Meridione, adeguando gli enti regionali ai cambiamenti “forzati” della società e fornendo ad esse gli strumenti per competere ad armi pari.
Occorre un regionalismo nuovo, che da un lato assicuri i livelli essenziali in materie come la sanità, l’istruzione, e coesione sociale, e dall’altro esalti l’autonomia regionale nei campi dell’ambiente, della cultura, del turismo, dell’agricoltura, delle energie rinnovabili. Questa è la vera sfida alla quale siamo chiamati, come Regione e come uomini impegnati dentro le istituzioni regionali.
Occorre infine, rimodellare, alla luce degli effetti della pandemia, il nuovo approccio di sviluppo economico puntando sull’ economia green, nuove tecnologie, innovazione tecnologica anche attraverso la rivoluzione digitale che impatta sul turismo, sull’agricoltura e sull’artigianato.
Parlare di regionalismo differenziato potrebbe significare pensare ad un nuovo modello, purché non sacrifichi la specificità delle regioni, è indubbio infatti, che qualora l’autonomia riuscisse ad esaltare le specificità e le competenze regionali, quest’ultima potrebbe diventare una straordinaria occasione di sviluppo dal basso, e in particolar modo in regioni che hanno un gap strutturale ed infrastrutturale da recuperare come la Calabria. Ma occorrerebbe anche la forza istituzionale per potere riconoscere e valorizzare, tra le potestà legislative di esclusivo governance regionale, l’importanza strategica, come la tutela della salute, il governo del territorio, la produzione, il trasporto e la distribuzione nazionale dell’energia, o la ricerca scientifica e tecnologica e sostegno all’innovazione per i settori produttivi.
Si tratta di temi “strategici” che, se gestiti con lungimiranza ed innovazione politica, potrebbero contribuire a rilanciare l’immagine della Calabria nel mondo, e segnare una traiettoria di sviluppo economico dai tratti distintivi e caratteristici, proprio per i calabresi.
Dunque, territori e cittadini protagonisti della ricostruzione per disegnare il futuro, indispensabile per la crescita inclusiva sociale e che possa dar vita ad un processo di modernizzazione della pubblica amministrazione e semplificazione delle procedure. Auspichiamo un contesto nel quale le autonomie territoriali diventino ancor più protagoniste, con ancor maggior forza ed incisività rispetto alla storia di questi ultimi cinquant’anni, per continuare ad essere un punto di riferimento serio e concreto per le Istituzioni locali, per l’economia, per il mondo produttivo.

Per la visione, l’analisi e lo studio del materiale prodotto dalla ricerca documentale cliccare il seguente link: Sezione Cinquanta anni di regionalismo


Dott. Giovanni Arruzzolo
Presidente del Consiglio regionale della Calabria