RELAZIONE
Con il D.P.R. 616/77 art. 66, lo Stato ha trasferito alle regioni le funzioni amministrative in materia di usi civici e di demanio ma a distanza di oltre 20 anni la Calabria, unica regione in Italia, non ha ancora provveduto ad emanare alcuna norma legislativa al fine di giungere ad una regolamentazione di tale importante materia, pur essendo una della regioni più interessate per la vastità dei terreni coinvolti. Ciò ha comportato e comporta da una parte l'accumulo negli anni di un enorme contenzioso presso il commissariato regionale degli usi civici, che lascia aperte sul territorio indecise e gravi situazioni di proprietà promiscue, che pregiudicano ed impediscono una razionale sistemazione ed utilizzazione del territorio regionale: dall'altra lascia insoddisfatto un immenso bisogno di sistemazione delle strutture agrarie del territorio regionale sia dal punto di vista economico che sociale.
Sarebbe auspicabile ed opportuno, invece, che proprio la Regione si facesse carico con appositi finanziamenti ed incaricando le università Calabresi, di promuovere una ricerca storica con la raccolta scientifica di documenti e testimonianze per la ricostruzione della legislazione speciale sugli usi civici in Calabria, che affonda le sue radici in tempi lontani, infatti il primo "diploma" di concessione di terre ad uso civico, pare sia avvenuto nel 1205, confermato successivamente da Federico Il nel 1220, che attribuiva ed estendeva i diritti di pascolo dell'erbatico alla raccolta delle ghiande a favore del monastero florense senza pagamento di alcun tributo, nell'area compresa tra il fiume Neto ed il Savuto nella Sila Badiale. I codici sugli usi civici fanno risalire al 1806 la prima legge che determinava la qualità demaniale delle cosiddette terre comuni dichiarate "inalienabili e imprescrittibili" Infatti Giuseppe Bonaparte subentrato ai Borboni nel regno di Napoli fece presentare tale progetto di legge antifeudale che, per la sua portata Rivoluzionaria, intaccava la potenza baronale ed ecclesiastica.
La legge annullava tutti quei privilegi, prerogative e diritti "giurisdizionali" che i feudatari avevano esercitato nei confronti della popolazione arrecando anche gravi danni al fisco.
Con questo provvedimento si voleva porre fine al regime feudale ed aprire la strada ad una nuova e moderna organizzazione fondiaria. Il grosso limite di quella legge fu costituito dal fatto che non precisava con chiarezza ciò che toglieva e ciò che lasciava ai Baroni, motivo per cui essi continuavano a godere del pieno e libero possesso di una parte consistente dei demani, mentre l'altra veniva assegnata ai comuni.
Sarebbe interessante ricostruire l'evoluzione legislativa con i decreti murattiani cominciando dal decreto dei 1810 "istituzioni speciali per le terre corse di Calabria " e dopo l'unità d'Italia con la legge n 3124 del 1876 sulla Sila Regia ed il Regio Decreto del 1877 n. 4012 con il relativo Regolamento applicativo.
Purtroppo anche a livello nazionale la legislazione è molto carente in quanto, tutto ruota intorno alla legge n. 1766 del 1927, che per quanto ottima per quel periodo, non è adeguata e proponibile alla luce di una sistemazione fondiaria e sociale completamente trasformata.