ATTREZZO/STRUMENTO |
CODICE |
1) Caldaia di rame stagnato: CACCAVO, CACCAMO, CACCU’, CACCAVU, CACCAVELLO, PIZZENTA DA PEZZENTE, CADDARA, CACCAMU,
Tale strumento oggi può essere anche di acciaio.
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CRS |
2) Tavolo inclinato: CHIANCU, RITA, RITEDDA, ROTULA, RUOTULA,
MASTREDDA, MASCIDDA, MASTRELLA, MASTREJA, VRUOJINA,
Tale strumento può essere di legno, acciaio, marmo o granito.
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TFF |
3) Ripiano di legno: TIMPAGNO,
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RPN |
4) Braccio di ferro ad L girevole, che tiene appesa la caldaia:
MONACO, MONACU, LAZZARUNE, JIMMIELLU, MAJARU, STACCIA, JANNI,
Tale strumento può essere anche di legno. |
BLC |
5) Spino: CUNOCCHIA, MINATURI, MISCULU, ROJIU,
NOCCA, ROCCA, ROSA, RODDU, RUOTULU, RUPPIQUAGGHIATA, ROJO, SCHIOCCA, ROTULU,
SCRUPULU, MINATURU, UGLIASTRU, MISCU,
Tale attrezzo può essere di legno (pero selvatico,
fico, ulivo selvatico, ecc.), di canna o di altra porzione di vegetale. A
volte può presentare un terminale di materiale vegetale che serve per pulire
il fondo della caldaia.
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BRC |
6) Cucchiaio di legno: VITORRA, COCCIO, MASTRA,
CUCCHIARA, MISTRA, QUAGLIATRICE, CUCCHIERA, QUAGGHIATRICE,
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CDL |
7) Contenitore che dà la forma al prodotto con la fuoriuscita del siero
FISCELLA, FUSCELLA, CUSTIGNA, FISCEDDU, FISCEDDRA, FASCEJI, FRISCARULE,
GUSTIGNU, MISULUCARA, MUSULUPARA, CALAMARI, CALAMARETTI,
Tale attrezzo può essere di giunco (in genere
trattasi del giunco pungente – Juncus Acutus L. – in dialetto
vruddu, vrullu, vrudu, vruju, bruju, vruru, gruddu, grudu, gruru, brullu) o di legno (come ad esempio la musulupara).
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CFS |
ALLEGATO II
Animaletti di Provola
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, da razze meticcie (in passato da bovini di razza
podolica), oggi anche da razze specializzate da latte. Alimentazione: pascolo
estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: la metà del latte di una produzione, previa
filtrazione, è immessa nella caldaia (CRS) e portata alla temperatura di 50–60
°C. Di seguito è aggiunta la restante parte del latte, cosicché si raggiunge la
temperatura di 38 °C, quindi si aggiunge il caglio di vitello, o di capretto o
di agnello; alcuni minuti dopo la coagulazione, si procede alla rottura del
coagulo per mezzo dello spino (BRC), fino a ridurlo in grumi del calibro di una
nocciola. Inizia così il periodo di maturazione della cagliata, che consiste in
un’energica fermentazione lattica.
Per conoscere se la pasta è
matura, ovvero, se è in grado di essere lavorata (filata), si fanno
successivamente, a brevi intervalli, degli assaggi, prendendone un pezzetto,
immergendolo nell’acqua quasi bollente (circa 85 °C) e provando se esso si
allunga in fibre elastiche (filatura).
La pasta filata è quindi lavorata a mano, dandogli la forma di un
piccolo animaletto (maialino, cavallo, giraffa, elefante, ecc.) dal peso che può
variare dai 35 gr. ai 300 gr.; si fanno raffreddare prima in acqua
fredda, poi si mettono in salamoia per qualche ora (5–6 ore), infine ad
asciugare. Matura in 4–5 giorni, in ambiente fresco ed aerato.
Stagionatura: generalmente qualche settimana.
Attrezzatura storica: BLC, CRS,
BRC.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta filata, forme che richiamano gli animali (es. maialini,
giraffe, elefanti, cavallucci, ecc.), del peso che può variare in base alle
dimensioni da circa 35 gr. a 200–300 gr. Crosta compatta, liscia e lucida, di
colore giallo paglierino. Pasta leggermente più chiara della crosta, compatta,
di sapore dolce se si usa caglio di vitello o agnello, leggermente più piccante
se si usa caglio di capretto.
Area di produzione: prevalentemente
nelle colline catanzaresi.
Calendario di produzione: tutto
l’anno.
Note: sono formaggi in genere presenti nei mercati e nelle fiere
calabresi, fatti dono in particolar modo nelle ricorrenze festive.
ALLEGATO III
Butirro
Materia prima: latte vaccino
intero, crudo, crema di latte, crema di siero, di bovini di razza podolica o
incroci con razza podolica, oggi anche da razze specializzate da latte.
Alimentazione: pascolo estensivo naturale e artificiale, con o senza
integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: questo prodotto può considerarsi una
variante della provola, alla cui scheda si rimanda per le lavorazioni in comune,
infatti, la pasta filata fa da involucro ad una sfera di burro; quest’ultimo può
essere ricavato dal siero della lavorazione delle provole, scamorze, mozzarelle.
Il burro è modellato a forma di pera allungata che si mette in acqua
freddissima per 12 ore, prima di inserirlo nell’involucro di pasta filata
dallo spessore di circa 1 cm, con l’apice chiuso da una specie di cresta a tre
punte. Matura in 7 giorni circa, in locali freschi.
Stagionatura: in genere si consuma fresco, ma
si può stagionare fino a due mesi circa, in appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CRS,
BRC, ed altri piccoli strumenti di legno.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta filata, peso kg 0,200–0,300; altezza 15 centimetri e 8–10 cm
di diametro. Forma a pera, crosta lucida, liscia e sottile, di colore giallo
chiaro. Pasta: il burro è più o meno bianco o giallo a secondo delle stagioni e
dal tipo di alimentazione delle bovine, l’esterno è costituito da un involucro
di pasta filata; sapore pieno e delicato in primavera, quando i pascoli sono
lussureggianti ed il burro acquista un elevato valore gastronomico. Risalta in
particolar modo il contrasto del salato dell’esterno con il dolce del burro.
Area di produzione: in tutta la
Regione, particolarmente pregiati quelli prodotti nell’Altopiano Silano (prov.
di CZ e CS) e nelle zone del Monte Pollino per la presenza di pascoli ricchi di
flora tipica mediterranea.
Calendario di produzione: tutto
l’anno.
Note: altre denominazioni sono:
Burrino, Piticelle, Manteca.
Questo formaggio nasce dalla necessità dei vecchi mandriani, di conservare e
trasportare il burro per un lungo periodo; l’involucro esterno di pasta di
provola, consentiva loro il raggiungimento di tale fine.
Al nome di butirro può seguire il nome del luogo dov’è prodotto, come ad esempio
butirro di Lamezia Terme, di Sibari, del Pollino, della Piana di Gioia Tauro,
della Locride, del Catanzarese, Crotonese, del Monte Poro, delle Serre Vibonesi,
Silana, dell’Aspromonte, ecc.
ALLEGATO IV
Caciocavallo di Ciminà
Materia prima: latte vaccino intero, crudo, per il 90-95 %,
prodotto da razze meticcie (in passato da bovini di razza podolica), oggi anche
da razze specializzate da latte; il restante 5-10 % del latte di capra intero,
crudo aggiunto, è prodotto in prevalenza dalla razza-popolazione autoctona Capra
dell’Aspromonte. Alimentazione: pascolo estensivo naturale e artificiale, con o
senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il
latte, vaccino e caprino, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS),
portato alla temperatura di 25–30 °C ed aggiunto il caglio in pasta di capretto.
A coagulazione avvenuta, si procede alla rottura del coagulo per mezzo dello
spino (BRC), fino a ridurlo in granuli della grandezza di una nocciola; si fa
sostare per qualche minuto, indi si procede alla raccolta manuale del coagulo
che è posto su un tavolo inclinato (TFF) per spurgare del siero in eccesso e per
farlo maturare. La fermentazione della cagliata avviene quindi a temperatura
ambiente, e si protrae per 4 -10 ore, in relazione alla temperatura esterna. Per
conoscere se la pasta è matura, ovvero, se è in grado di essere lavorata
(filata), si fanno successivamente, a brevi intervalli, degli assaggi,
prendendone un pezzetto, immergendolo nell’acqua quasi bollente (circa 85 °C) e
provando se esso si allunga in fibre elastiche (filatura). Allorquando la
cagliata ha raggiunto il giusto grado di maturazione, si procede al taglio della
stessa in piccole strisce che sono immesse in un recipiente con acqua calda
(circa 85 °C), agitate fin quando si raggiunge la filatura del tutto. Raggiunto
l’optimum di filatura si procede alla lavorazione della massa, creando in
principio un grosso cordone, che, ripiegato su sé stesso, va a realizzare, con
manualità particolare, la tipica forma ovoidale. La chiusura della pasta si
esegue immergendo la pasta per un istante nell’acqua bollente, mentre con il
pollice e l’indice si completa l’operazione. Le forme così plasmate, s’immergono
dapprima in acqua fredda, e dopo qualche minuto in salamoia al 20-25 %.
Tolte dalla salamoia le forme sono legate a coppie, con legacci in giunco o
rafia, sospese su delle pertiche, al fine di ottenere la stagionatura.
Stagionatura: da 2-3 giorni a
qualche mese, in appropriato ambiente fresco ed aerato.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC (ugliastru).
Caratteristiche del prodotto finito: formaggio a pasta filata, peso da kg 2 a kg 3;
forma ovoidale. La crosta è dura, rugosa e lucida, di colore bianco avorio.
Pasta: se a lungo stagionata è friabile, scagliosa, di colore giallo oro; di
sapore dolce e burroso a media stagionatura, pronunciatamene piccante e salato a
stagionatura avanzata.
Area di produzione: versante del
basso Ionio reggino dell’Aspromonte, ed in particolare nei Comuni di Ciminà e
Antonimina della provincia di Reggio Calabria.
Calendario di produzione: tutto
l’anno.
Note: Il caciocavallo di Ciminà
tipico è a stagionatura naturale e non è mai affumicato.
ALLEGATO V
Caciocavallo podolico
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, da razze meticcie (in passato da bovini di razza
podolica), oggi anche da razze specializzate da latte. Alimentazione: pascolo
estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: la metà del latte
di una produzione, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS), portato
alla temperatura di 50–60 °C, segue l’aggiunta della restante parte del latte,
cosicché la massa raggiunge la temperatura di 36/38 °C, indi si aggiunge il
caglio liquido di vitello o in pasta di agnello o capretto. Dopo circa 60 minuti
si procede alla rottura del coagulo per mezzo dello spino (BRC), fino a ridurlo
alle dimensioni di chicchi di riso; si fa sostare per circa 15 minuti, indi si
realizza una semicottura a 44 °C. Di seguito si completa la maturazione della
cagliata a temperatura ambiente, che può avvenire anche con copertura della
cagliata stessa con siero caldo proveniente dalla lavorazione della ricotta.
Allorché la cagliata ha raggiunto il giusto grado di maturazione, è estratta e
posta su di un ripiano (RPN) per circa 15 minuti. Di seguito la cagliata è
ridotta in piccole strisce che sono immesse in un recipiente con acqua calda
(circa 80/85 °C), agitate fin quando si raggiunge la filatura del tutto.
Raggiunto l’optimum di filatura si procede alla lavorazione della massa, con una
operazione consistente nella formazione di un “cordone” che viene plasmato fino
a raggiungere la forma voluta. La pasta così ottenuta si comprime in modo tale
da avere la superficie esterna liscia, senza sfilature e pieghe e la parte
interna senza vuoti. Si procede, quindi, alla chiusura della pasta all’apice di
ogni pezzo, immergendo la parte velocemente in acqua bollente alla temperatura
di 80/85 °C completando l’operazione a mano. Infine si dà alla pasta la forma
opportuna: ovoidale con testina o troncoconica strozzata al centro. Le forme
così modellate, del peso di circa 2,5 kg, s’immergono in acqua fredda; il
giorno dopo si effettua la salatura in salamoia al 25 %. Tolte dalla salamoia le
forme sono legate per la testa a coppie, con legacci in giunco o rafia, sospese
su delle pertiche, al fine di ottenere la stagionatura che è realizzata in
apposito ambiente aerato e fresco per non meno di due mesi.
Stagionatura: generalmente 2–7
mesi, in alcuni casi anche oltre sei anni, in appropriato ambiente fresco. La
quantità di grasso non deve essere inferiore al 38%.
Attrezzatura storica: BLC, CRS,
BRC, RPN.
Caratteristiche del prodotto finito: formaggio a pasta filata, peso da kg 1 a kg 2,5;
la forma nel rispetto delle consuetudini locali è ovoidale con testina o tronco
conica strozzata al centro, con presenza di insenature dipendenti dalla
posizione dei legacci. La crosta è dura, liscia, sottile e lucida, di colore
bianco avorio. Pasta: se a lungo stagionata è friabile, scagliosa, di colore
giallo oro; di sapore dolce e burroso a media stagionatura, pronunciatamene
piccante a stagionatura avanzata, soprattutto se si utilizza caglio di capretto.
Area di produzione: in tutta la
Regione; particolarmente rinomato quello prodotto nella Sila cosentina e
catanzarese.
Calendario di produzione: tutto
l’anno.
Note: la denominazione, per alcuni
Autori, sembra deriva dal fatto che il prodotto, per essere stagionato era
appeso “a cavalcioni” a coppie tramite una cordicella d’origine vegetale
(generalmente giunco) sopra una pertica. La tecnica di lavorazione, molto
raffinata, deriva dall’antica necessità di renderlo facilmente conservabile per
lungo tempo, poiché costituiva, insieme ai prodotti della lavorazione del
maiale, la riserva di cibo per tutto l’anno, sia per i bovari che per i grossi
proprietari di mandria. Il nome podolico deriva dal fatto che anticamente tale
formaggio era prodotto con latte di vacche di razza podolica, tipica del
meridione d’Italia ed in particolare della Regione Calabria. Il caciocavallo
podolico tipico è a stagionatura naturale e non è mai affumicato.
ALLEGATO VI
Cacioricotta
Materia prima: latte di
capra intero crudo (in genere di razze o popolazioni autoctone come la
Nicastrese, la Tropeana, la Rustica di Calabria o la Capra dell’Aspromonte).
Alimentazione con pascolo estensivo naturale e artificiale, con o senza
integrazione con concentrati e fieno.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte, previa filtrazione, è trasferito
in caldaia (CRS) e portato ad ebollizione. In alcuni casi è prevista l’aggiunta
di sale da cucina nella misura del 2-3 %. Si procede quindi, all'allontanamento
della caldaia dal fuoco, facendo raffreddare il latte fino a portarlo alla
temperatura di 36-37 °C, indi si aggiunge il caglio in pasta di capretto, nella
misura di 0,3-0,35 grammi per litro di latte, previo stemperamento in acqua o
latte tiepido.
In circa 60 minuti si realizzano la coagulazione del latte ed il rassodamento
del coagulo, per poi procedere alla rottura della cagliata con lo spino (BRC),
che deve essere sminuzzata alle dimensioni di chicchi di riso. Lasciata
sedimentare in caldaia, la cagliata, è estratta e posta nei canestri (CFS),
leggermente pressata a mano, e messa a spurgare su un tavolo inclinato (TFF) per
24 ore. La salatura in genere è effettuata a secco.
Stagionatura: 2–4 giorni se consumato fresco, da 10 a 30 giorni se è stagionato.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, BRC, CFS, TFF.
Caratteristiche del prodotto finito: di forma cilindrica, con scalzo di 8-10 cm,
verticale, e diametro di 5-6 cm; il peso si aggira attorno ai 500 grammi.
Presenta sulla crosta esterna, le caratteristiche striature dovute all'impronta
lasciata dai canestri di giunco. Il colore del prodotto fresco è bianco-latte,
mentre quello usato da grattugia o stagionato è di colore bianco avorio; è un
formaggio privo di crosta il primo, mentre il secondo evidenzia una leggera
crosta. Il prodotto fresco esprime un sapore sapido con note di retrogusto di
selvatico, mentre quello stagionato un sapore piccante ed intenso. Umidità media
a quattro giorni di conservazione: circa 59 %.
Area di produzione: intera Regione Calabria, in particolare nelle province di
Reggio Calabria e Cosenza.
Calendario di produzione: in prevalenza nel periodo primaverile-estivo.
Note: è un prodotto molto ricercato e delicato, usato sia fresco che stagionato,
da taglio o da grattugia. E' utilizzato in molte ricette tipiche calabresi.
Al nome di cacioricotta può seguire il luogo dov’è prodotta, come ad esempio
cacioricotta di Lamezia Terme, di Cardinale, della Piana di Gioia Tauro, di
Sibari, del Pollino, della Locride, del Catanzarese, Crotonese, del Monte Poro,
delle Serre Vibonesi, Silana, dell’Aspromonte, ecc.
ALLEGATO VII
Caciotta
Materia prima:
latte vaccino, ovino, caprino, intero crudo. Alimentazione: erbai coltivati o
naturali e pascolo estensivo naturale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
crudo, previa accurata filtrazione, è immesso in caldaia (CRS), portato alla
temperatura di 35-37 °C, ed aggiunto il caglio liquido di vitello o in pasta
d’agnello o capretto nella misura di 30-50 ml per quintale di latte. La
coagulazione avviene in un tempo di 40-60 minuti, cui segue il rassodamento che
si realizza in circa 10 minuti. Di seguito si procede alla rottura spinta della
cagliata con lo spino (BRC), e ad una cottura a 50 °C per qualche minuto, segue
una sosta della pasta sotto siero per circa 30 minuti. Si procede quindi,
all’estrazione della cagliata ed alla messa nei canestri (CFS) posti su un
tavolo inclinato (TFF), pressata manualmente e rivoltata più volte. La salatura
è realizzata in salamoia al 22-25 % per circa 30 minuti per le forme piccole, ma
si può protrarre per 2 ore per quelle più grandi.
Stagionatura: da qualche settimana
a 2-3 mesi.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
forma cilindrica, scalzo 12-18 cm circa, verticale, e diametro di 10 cm. Peso:
da 300 grammi ad 1,5 Kg, crosta di colore giallo paglierino, sottile, con i
tipici solchi dei canestri; pasta di colore bianco con leggere occhiature, di
consistenza elastica, sapore dolce e sapido.
Area di produzione: in tutta la
Regione.
Calendario di produzione:
generalmente da novembre a luglio.
Note: formaggio da taglio, da
consumarsi fresco. Il latte di capra utilizzato deriva in genere da razze o
popolazioni autoctone come la Nicastrese, la Tropeana, la Rustica di Calabria o
la Capra dell’Aspromonte. Al nome di caciotta può seguire il luogo dov’è
prodotta, come ad esempio caciotta di Lamezia Terme, di Cardinale, Silana, della
Locride, del Catanzarese, Crotonese, del Monte Poro, delle Serre Vibonesi, della
Piana di Gioia Tauro, dell’Aspromonte, del Pollino, di Sibari, ecc. nonché la
specie da cui deriva il latte, come ad esempio caciotta caprina, pecorina,
vaccina, mista, seguita dal luogo dov’è prodotta.
ALLEGATO VIII
Caciotto di Cirella di Platì
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, da razze meticcie (in passato da bovini di razza
podolica), oggi anche da razze specializzate da latte. Alimentazione: pascolo
estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il
latte, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS), portato alla
temperatura di 25–30 °C ed aggiunto il caglio in pasta di capretto. A
coagulazione avvenuta, si procede alla rottura del coagulo per mezzo dello spino
(BRC), fino a ridurlo in granuli della grandezza di una nocciola; si fa sostare
per qualche minuto, indi si procede alla raccolta manuale del coagulo che è
posto su un tavolo inclinato (TFF) per spurgare del siero in eccesso e per farlo
maturare.
La fermentazione della cagliata avviene quindi a temperatura ambiente,
e si protrae per 4 -10 ore, in relazione alla temperatura esterna. Per conoscere
se la pasta è matura, ovvero, se è in grado di essere lavorata (filata), si
fanno successivamente, a brevi intervalli, degli assaggi, prendendone un
pezzetto, immergendolo nell’acqua quasi bollente (circa 85 °C) e provando se
esso si allunga in fibre elastiche (filatura). Allorquando la cagliata ha
raggiunto il giusto grado di maturazione, si procede al taglio della stessa in
piccole strisce che sono immesse in un recipiente con acqua calda (circa 85 °C),
agitate fin quando si raggiunge la filatura del tutto. Raggiunto l’optimum di
filatura si procede alla lavorazione della massa, fino a realizzare, con
manualità particolare, la tipica forma a pera.
Stagionatura: da 2-3 giorni a
qualche mese in appropriato ambiente fresco ed aerato.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF, BRC (ugliastru).
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta filata, peso da kg 0,300 a kg 1; forma a pera. La crosta è
sottile e lucida, di colore giallo paglierino. Di sapore dolce e burroso a media
stagionatura, pronunciatamene piccante a stagionatura avanzata.
Area di produzione: versante del
basso Ionio reggino dell’Aspromonte, ed in particolare nei Comuni di Cirella di
Platì, Ciminà e Antonimina della provincia di Reggio Calabria.
Calendario di produzione:
generalmente da novembre a luglio.
ALLEGATO IX
Canestrato
Materia prima: latte
vaccino, ovino e caprino intero crudo, singolo o miscelati tra loro.
Alimentazione con pascolo estensivo naturale e seminato, con o senza
integrazione in stalla con concentrati e fieno.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il
latte, previa filtrazione, è immesso in caldaia (CRS), riscaldato a 32-40 °C, e
fatto coagulare con l'impiego di caglio di capretto, agnello o vitello, in
ragione di 30-35 grammi per quintale di latte, stemperato in precedenza in acqua
tiepida. A 50 minuti circa si realizza la coagulazione, segue il rassodamento
del coagulo, quindi si procede alla rottura dello stesso con lo spino (BRC) la
cui dimensione delle particelle dipenderà dal tipo di formaggio che si vuole
realizzare, e cioè se un prodotto da consumo fresco o stagionato; tale
operazione può avvenire con l’ausilio del calore. Realizzatasi la sedimentazione
e il compattamento della cagliata in caldaia, si trasferisce la stessa nei
canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF), operando di seguito una
pressione manuale, con l'obiettivo di spurgare il più possibile la massa; anche
tale operazione è condizionata al tipo di prodotto finale che si vuole
realizzare. La salatura può avvenire sia a secco che in salamoia.
Stagionatura: il formaggio consumato fresco o “Primosale”
richiede 8-10 giorni di stagionatura ed ha subito la salatura, mentre quello
stagionato o da grattugia richiede da due mesi ad oltre 4 mesi di stagionatura,
in ambiente fresco ed aerato, avendo cura di rivoltarlo periodicamente. Viene
anche consumato appena prodotto senza salatura: “Tuma”.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, BRC, CFS, TFF.
Caratteristiche del prodotto finito: diametro di 18-30 cm, scalzo di
10-25 cm, verticale o leggermente convesso, peso da 1 a 20 Kg. Di forma
cilindrica a facce piane nel prodotto fresco, leggermente concave in quello
stagionato; crosta sottile, pasta di colore bianco nel primo caso e giallo
paglierino nel secondo caso. Di sapore dolce il prodotto fresco, piccante e di
odore pungente lo stagionato. Le forme possono essere strofinate con olio o
morchia d’olio d’oliva, ossia, con peperoncino in polvere o in pasta. E’
previsto l’uso di peperoncino all’interno della cagliata, nel momento della posa
della stessa nei canestri.
Area di produzione: intera Regione Calabria.
Calendario di produzione: generalmente da ottobre a luglio.
Note: il latte di capra utilizzato è prodotto in genere da animali di razze o
popolazioni autoctone come la Nicastrese, la Tropeana, la Rustica di Calabria o
la Capra dell’Aspromonte. Al nome di canestrato può seguire il luogo dov’è
prodotto, come ad esempio canestrato di Lamezia Terme, Crotonese, della Locride,
del Catanzarese, delle Serre Vibonesi, di Sibari, del Pollino, di Morano
Calabro, del Monte Poro, di Miglierina, di Cardinale, di Lattarico, di
Taurianova, di San Floro, della Piana di Gioia Tauro, Silano, ecc. nonché può
essere denominato in base al tipo di latte impiegato nella lavorazione, come
pecorino, caprino, vaccino o misto, seguito dal luogo in cui è prodotto, come ad
esempio pecorino di Morano, pecorino del Pollino, caprino della Sila, vaccino di
Lamezia Terme, ecc.
ALLEGATO X
Canestrato dell’Aspromonte
Materia prima:
latte vaccino, ovino e caprino intero crudo, singolo o miscelati tra loro.
Alimentazione: erbai coltivati e pascolo estensivo naturale, in genere senza
integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
crudo, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS). La coagulazione
avviene tra 26-30 °C aggiungendovi caglio liquido di capretto o agnello.
Trascorsi circa 60 minuti, si procede alla rottura del coagulo per mezzo dello
spino (BRC). Dopo la rottura della cagliata (a dimensione molto piccole) si
lascia riposare la massa, che tende a raccogliersi sul fondo della caldaia (CRS),
e con le mani si avvicinano le particelle caseose fino a formare un unico corpo;
tale operazione avviene con l’ausilio del calore. Manualmente si procede
all’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS) che è messa nei canestri (CFS)
posti su un tavolo inclinato (TFF); sulle forme è esercitata una continua
pressatura ed un continuo rivoltamento manuale, che sono svolti in modo accurato
e prolungato. La salatura avviene immediatamente su entrambe le facce; nel
periodo primaverile/estivo avviene direttamente sulla cagliata prima della
rottura.
Stagionatura: da 1 a 3 mesi fino ad
un anno.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
scalzo 5 cm, verticale o leggermente convesso, peso Kg 1,500-4,000, forma
cilindrica, crosta di colore giallo. La pasta è compatta, di colore bianco o
giallo chiaro, di consistenza media tendente al morbido fino al 4-5 mese di
stagionatura; il sapore rasenta la neutralità all’inizio della produzione, per
sviluppare in primavera un mosaico di toni aromatici tipici e caratteristici,
conferitogli dai preziosi pascoli dell’Aspromonte.
Area di produzione: provincia di
Reggio Calabria ed in particolare dell’Aspromonte.
Calendario di produzione:
generalmente da novembre a luglio.
Note: formaggio da taglio,
raramente usato da grattugia. Il latte di capra utilizzato deriva nella
generalità dei casi dalla razza-popolazione autoctona Capra dell’Aspromonte, la
cui particolare qualità, unitamente alla pregevole natura dei pascoli
dell’Aspromonte, conferiscono al prodotto finale, tipiche qualità organolettiche
uniche al mondo.
ALLEGATO XI
Caprino dell’Aspromonte
Materia prima:
latte di capra intero, crudo (in prevalenza di razza-popolazione autoctona Capra
dell’Aspromonte). Alimentazione con pascolo estensivo naturale.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
crudo, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS). La coagulazione
avviene tra 30-38 °C aggiungendovi caglio di capretto. Realizzatasi la
coagulazione, si procede alla rottura del coagulo per mezzo dello spino (BRC).
Dopo la rottura della cagliata (a dimensioni di chicchi di riso) si lascia
riposare la massa, che tende a raccogliersi sul fondo della caldaia (CRS), e con
le mani si avvicinano le particelle caseose fino a formare un unico corpo.
Manualmente si procede all’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS) che è
messa nei canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF); sulle forme è
esercitata un’energica pressatura ed un continuo rivoltamento manuale. La
salatura avviene a secco immediatamente su entrambe le facce; nel periodo
primaverile/estivo avviene direttamente sulla cagliata prima della rottura.
Stagionatura: da qualche giorno a
qualche settimana.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
scalzo 7-15 cm, verticale o leggermente convesso, peso Kg 1,000-3,500, forma
cilindrica, crosta riportante i solchi dei canestri, in genere di colore giallo,
con sfumature che variano in base alle stagioni.
Area di produzione: provincia di
Reggio Calabria ed in particolare dell’Aspromonte.
Calendario di produzione:
generalmente da ottobre a luglio.
Note: prodotto molto radicato nel
territorio di produzione, per lo spiccato profumo e sapore conferitogli dalla
flora tipica dell’Aspomonte, nonché per la particolare qualità del latte delle
Capre dell’Aspromonte.
ALLEGATO XII
Caprino della Limina
Materia prima:
latte di capra intero crudo, prodotto in prevalenza, dalla razza-popolazione
Capra dell’Aspromonte. Alimentazione: pascolo estensivo naturale, in genere
senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
crudo, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS), si aggiunge il caglio
precedentemente stemperato in poca acqua e si riscalda. Trascorsi circa 60
minuti, si procede alla rottura del coagulo per mezzo dello spino (BRC). Dopo la
rottura della cagliata si lascia riposare la massa, che tende a raccogliersi sul
fondo della caldaia (CRS), e, con le mani, si avvicinano le particelle caseose
fino a formare un unico corpo. Manualmente si procede all’estrazione della
cagliata dalla caldaia (CRS) che è messa nei canestri (CFS) posti su un tavolo
inclinato (TFF); sulle forme è esercitata una continua pressatura ed un continuo
rivoltamento manuale, che sono svolti in modo accurato e prolungato con
l’ausilio di una miscela d’olio d’oliva e aceto che è cosparsa sulle forme.
Stagionatura: da qualche settimana
ad un anno.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
scalzo 10-15 cm, verticale o leggermente convesso, peso Kg 1-2. Di forma
cilindrica, crosta di colore giallo nel tipo fresco, marrone scuro in quello
stagionato. La pasta è compatta, di colore bianco latte, di consistenza media
tendente al morbido fino al 3-4 mese di stagionatura; il sapore rasenta la
neutralità all’inizio della produzione, per sviluppare in primavera un mosaico
di toni aromatici tipici e caratteristici, conferitogli dai preziosi pascoli
dell’Aspromonte.
Area di produzione: comprensorio
del Parco dell’Aspromonte e Comuni ricadenti nella Comunità Montana della Limina.
Calendario di produzione:
generalmente da novembre a luglio.
Note: formaggio da sempre prodotto
nel comprensorio dell’Aspromonte, dove radicato è l’allevamento della capra,
culla d’origine della Capra dell’Aspromonte.
ALLEGATO XIII
Farci–Provola
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, da razze meticcie (in passato da bovini di razza
podolica), oggi anche da razze specializzate da latte, soppressata o capocollo.
Alimentazione: pascolo estensivo naturale e artificiale, con o senza
integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: la
stessa della provola alla cui scheda si rimanda per le fasi di lavorazione
comuni; la pasta filata è confezionata a forma di provola molto allungata con
l’interno cavo che è farcito con soppressata o capocollo stagionato. Richiuso
l’apice si mette a raffreddare in acqua fredda. La salatura si effettua
in salamoia per diverse ore. Matura in pochi giorni, in ambiente fresco e
aerato, dove le forme sono appese a coppie su bastoni.
Stagionatura: da qualche settimana
ad un paio di mesi, in appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CRS,
BRC, RPN, ed altri piccoli strumenti di legno.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta filata; peso da 1 a 3 Kg. Forma allungata, crosta compatta,
liscia e lucida, di colore bianco avorio. Pasta: la stessa della provola, sapore
pieno e corposo per l’abbinamento del salume e del formaggio.
Area di produzione: colline
Catanzaresi.
Calendario di produzione: tutto
l’anno.
Note: particolare pregio assume
tale prodotto se i salumi utilizzati provengono da suini di razza calabrese o
nero di Calabria. Esistono altre varianti con diversi tipi di farcitura. Questo
formaggio, nasce come soluzione al problema che avevano gli abitanti dei Comuni
di Miglierina ed Amato, della provincia di Catanzaro, ad inviare salumi, ai
propri emigrati residenti nelle americhe. Per ovviare questo problema, avvolsero
i salumi in pasta di provola, facendoli apparire come provole, consentendo così
il passaggio dei salumi alla frontiera.
ALLEGATO XIV
Felciata di Calabria
Materia prima: latte di
capra (in genere di razze o popolazioni autoctone come la Rustica di Calabria)
intero, crudo con piccola percentuale di latte di pecora intero, crudo.
Alimentazione con pascolo estensivo naturale.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte, previa filtrazione, è immesso in
caldaia (CRS), portato alla temperatura di 34 °C circa, ed aggiunto il caglio in
pasta d’agnello o capretto. Trascorsi 30-45 minuti, si procede alla raccolta
della cagliata con apposito strumento (CDL), che è sistemata in dei secchielli
di gelso o di noce, alternando strati di cagliata e strati di felci.
Stagionatura: si consuma fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, CDL (cucchiera), e secchielli
di legno.
Caratteristiche del prodotto finito: è un formaggio fresco, con superficie
liscia, senza crosta, tenero, delicato, di debole consistenza. Il colore è
bianco porcellana, con un sapore aromatico e profumato, attribuitogli dai forti
pascoli delle montagne appenniniche calabresi.
Area di produzione: provincia di Cosenza, in particolare comprensorio di Morano
Calabro (CS) e Pollino cosentino.
Calendario di produzione: generalmente periodo primaverile-estivo.
Note: è un formaggio senz'altro unico per la
tecnologia di lavorazione e per l'incommensurabile qualità della materia prima,
che potrebbe essere definito un distillato dei pascoli del Pollino calabrese.
ALLEGATO XV
Formaggio di capra
Materia prima: latte di
capra intero, crudo (in genere di razze o popolazioni autoctone come la
Nicastrese, la Tropeana, la Rustica di Calabria o la Capra dell’Aspromonte).
Alimentazione con pascolo estensivo naturale e seminato, con o senza
integrazione con concentrati e fieno.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il
latte, previa filtrazione, è immesso in caldaia (CRS), riscaldato a 35-38 °C, e
fatto coagulare con l'impiego di caglio in pasta di capretto, in ragione di
30-35 grammi per quintale di latte, stemperato in precedenza in acqua tiepida. A
60 minuti si realizza la coagulazione, segue il rassodamento del coagulo, quindi
si procede ad un'energica rottura dello stesso con lo spino (BRC), fino a
ridurlo alle dimensioni di chicchi di riso, al fine di favorire un facile
spurgo. Realizzatasi la sedimentazione e il compattamento della cagliata in
caldaia, si trasferisce la stessa nei canestri (CFS) posti su un tavolo
inclinato (TFF), operando di seguito un'energica pressione manuale, con
l'obiettivo di spurgare il più possibile la massa. A seconda del periodo
stagionale, le forme sono estratte dai canestri (12 ore dalla lavorazione in
estate e 24 ore in inverno) per essere salate a secco e per una sola volta.
Stagionatura: se il formaggio è consumato fresco richiede da 10 giorni
ad un mese di stagionatura, se deve essere consumato da grattugia 5-7 mesi, in
ambiente fresco ed aerato, avendo cura di rivoltarlo periodicamente.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, BRC, CFS, TFF.
Caratteristiche del prodotto finito:
diametro di 18-20 cm, scalzo leggermente concavo di 6-7 cm, peso da 1 a 2 Kg,
con crosta sottile, di colore bianco-crema nel prodotto fresco e giallo-bruno in
quello stagionato. La pasta si presenta burrosa ed elastica nel primo caso,
consistente e granulosa nel secondo. Esprime un sapore dolce-acidulo nel
prodotto fresco, accentuatamente piccante in quello stagionato; si evidenzia una
piccola, ma fitta occhiatura. Ha un odore classico di lattico nel prodotto
fresco, piccante ed intenso in quello stagionato. Umidità media a due mesi di
conservazione: circa 43 %.
Area di produzione: intera Regione Calabria.
Calendario di produzione: in genere da ottobre a luglio.
Note: è uno dei più antichi formaggi prodotti
in Calabria, cambia odore e sapore a seconda del luogo dove è prodotto, per via
della diversa composizione botanica dei pascoli, che conferiscono al formaggio
un diverso flavour. Al nome di formaggio di capra può seguire il luogo dov’è
prodotto, come ad esempio formaggio di capra di Lamezia Terme, di Miglierina, di
Lattarico, di Cardinale, Crotonese, delle Serre Vibonesi, della Piana di Gioia
Tauro, della Locride, di Sibari, del Catanzarese, del Monte Poro, Silano, del
Pollino, ecc.
ALLEGATO XVI
Giuncata di capra
Materia prima: latte di
capra intero, crudo (in genere di razze o popolazioni autoctone come la
Nicastrese, la Tropeana, la Rustica di Calabria o la Capra dell’Aspromonte).
Alimentazione con pascolo estensivo naturale.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte, previa filtrazione direttamente
in caldaia (CRS), è riscaldato ad una temperatura di 32-35 °C, quindi coagulato
con caglio in pasta di capretto nella misura di 0,3-0,5 grammi per litro di
latte. In circa 60 minuti avviene la coagulazione, segue il rassodamento che si
realizza in circa 10 minuti. Di seguito si procede alla rottura della cagliata
con lo spino (BRC), fino a ridurla alle dimensioni di un mandarino. Si estrae la
cagliata e si sistema nei canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF),
lasciandola asciugare per 2-3 giorni. Successivamente si procede alla salatura
delle forme, una sola volta e a secco.
Qualora si voglia preparare un formaggio stagionato, le forme sono messe su dei
ripiani di legno per 8-10 giorni.
Stagionatura: da 5 a 10 giorni per un formaggio leggermente stagionato, in
appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, BRC, CFS, TFF.
Caratteristiche del prodotto finito: forma
cilindrica, con scalzo leggermente convesso di 3-5 cm e diametro di 15-18 cm; il
peso oscilla da 500 grammi a 2 Kg. Il prodotto fresco presenta una pasta
morbida, di colore bianco e senza crosta, poco consistente, con leggera presenza
di siero. Esprime un sapore dolciastro ed un odore di latte. Umidità media ad un
giorno di conservazione: circa 56 %.
Area di produzione: intera Regione
Calabria.
Calendario di produzione: in prevalenza nel periodo primaverile-estivo.
Note: in genere si produce a fine lattazione, quando la quantità di latte
prodotta dalle capre è minima ed insufficiente per produrre una ragionevole
quantità d'altri tipi di formaggio.
Al nome di giuncata di capra può seguire il luogo dov’è prodotta, come ad
esempio giuncata di capra di Lamezia Terme, della Locride, della Piana di Gioia
Tauro, del Catanzarese, di Sibari, Crotonese, delle Serre Vibonesi, del Monte
Poro, di Cardinale, Silana, dell’Aspromonte, di Sibari, del Pollino, ecc.
ALLEGATO XVII
Giuncata di vacca
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, da razze meticcie (in passato da bovini di razza
podolica), oggi anche da razze specializzate da latte. Alimentazione: pascolo
estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
della mungitura serale e mattutina, previa filtrazione, è immesso in caldaia (CRS),
riscaldato a 36-38 °C, fatto coagulare con l'impiego di caglio liquido di
vitello. Trascorsi 20-30 minuti si procede alla rottura della cagliata con lo
spino (BRC), fino a ridurla alle dimensioni di un mandarino. Nell’arco di 5-10
minuti avviene la sedimentazione della cagliata in caldaia, a cui segue il
prelievo della stessa direttamente con appositi canestri (CFS), che saranno
colmati, e posti su un tavolo inclinato (TFF) affinché sgrondi del siero in
eccesso. Non è effettuata la salatura.
Stagionatura: non si effettua.
Attrezzatura storica: BLC, TFF, CRS,
BRC, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
è un formaggio da tavola che va consumato fresco. Il peso varia da Kg
0,200–0,400; di forma rotonda con superficie che riporta i solchi dei canestri,
lucente di colore bianco porcellana. La pasta è consistente, con piccole cavità
sierose; sapore dolce e delicato.
Area di produzione: prevalentemente
nella zona di Morano Calabro, altopiano della Sila, piana di Sibari (CS).
Calendario di produzione: tutto
l’anno.
Note: è un prodotto molto ricercato
durante le festività natalizie. Un tempo se non era consumato fresco, si faceva
stagionare ed era ottimo adoperato come condimento.
Al nome di giuncata di vacca può seguire il luogo dov’è prodotta, come ad
esempio giuncata di vacca di Lamezia Terme, della Locride, della Piana di Gioia
Tauro, del Catanzarese, Crotonese, delle Serre Vibonesi, del Monte Poro, di
Cardinale, Silana, dell’Aspromonte, di Sibari, del Pollino, ecc.
ALLEGATO XVIII
Mozzarella
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, da razze meticcie (in passato da bovini di razza
podolica), oggi anche da razze specializzate da latte. Alimentazione: pascolo
estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
di una produzione, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS), portato
alla temperatura di 37 °C, indi si aggiunge il caglio in pasta di capretto. Dopo
circa 60 minuti si procede alla rottura del coagulo, per mezzo dello spino (BRC)
fino a ridurlo in granuli della grandezza di chicchi di riso; di seguito è
realizzata una semicottura a 40 °C che consente ai granuli di agglomerarsi tra
loro. Raccolta la cagliata, è prelevata manualmente, e posta su un ripiano per
acidificare a temperatura ambiente. Allorquando la massa raggiunge un
particolare grado di maturazione, è fatta spurgare del siero acido per mezzo di
lavaggi con acqua. Ottenuto il giusto grado d’acidificazione, si procede alla
filatura manuale della pasta, realizzando le mozzarelle del calibro voluto,
segue, l’immersione delle stesse in un recipiente con acqua fresca per farle
rassodare. Finito tale processo le mozzarelle sono salate in salamoia.
Stagionatura: non è effettuata.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, BRC, ed altri piccoli strumenti di legno.
Caratteristiche del prodotto finito: formaggio a pasta filata, peso e dimensioni
varie da 25 gr. a 400 gr. circa, la superficie è liscia, lucente, di colore
bianco; la pasta ha consistenza morbida ed elastica. Al taglio si verifica la
fuoriuscita di siero lattiginoso.
Area di produzione: in tutta la Regione.
Calendario di produzione: tutto l’anno.
Note: al nome di mozzarella può
seguire il luogo dov’è prodotta, come ad esempio mozzarella di Lamezia Terme,
Silana, di Lattarico, dell’Aspromonte, della Locride, del Catanzarese,
Crotonese, di Sibari, delle Serre Vibonesi, del Monte Poro, del Pollino, della
Piana di Gioia Tauro, ecc.
ALLEGATO XIX
Musulupu
Materia prima: latte di capra intero, crudo (in prevalenza di
razza-popolazione autoctona Capra dell’Aspromonte) o di pecora intero, crudo.
Alimentazione con pascolo estensivo naturale.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il
latte, previa filtrazione, è trasferito in caldaia (CRS), portato alla
temperatura di 35-38 °C, coagulato con caglio in pasta d'agnello o di capretto,
nella misura di 30-35 grammi per quintale di latte, e agitato lentamente con lo
spino (BRC). La coagulazione si realizza in circa un'ora, mentre il rassodamento
della cagliata in non oltre 10 minuti. Di seguito, per quasi quindici minuti, la
cagliata è sottoposta alla rottura con spino (BRC), riducendola in piccoli
granelli delle dimensioni di chicchi di riso; segue la sedimentazione della
cagliata. Di seguito la cagliata è portata su un tavolo inclinato (TFF), e
suddivisa in grossi pezzi del peso di 400 grammi circa. L'ultima operazione
consiste nello scottare i grossi pezzi di cagliata in siero caldo, alla
temperatura di 36-38 °C, quindi immessi negli appositi stampi di legno (CFS),
internamente incisi, riportanti in genere simboli liturgici.
Stagionatura: non è effettuata.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CFS (musulupara).
Caratteristiche del prodotto finito: è un formaggio fresco, se di
forma semisferica con diametro di 10-12 cm ed altezza di 4-5 cm, se d’altra
forma (quasi rettangolare, riportante immagini di santi) alto 15 cm, largo 6 cm
e profondo 1,5 cm circa. Non ha crosta, pasta di colore bianco latte, di
consistenza molle, con peso che varia dai 250 ai 500 grammi; di sapore dolce e
odore caratteristico di lattico. Umidità media a due giorni di conservazione:
48-49 %.
Area di produzione: tutta la provincia di
Reggio Calabria, ed in particolare l’area grecanica dell’Aspromonte,
dello Zomaro e la fascia ionica della stessa provincia.
Calendario di produzione: in
concomitanza delle festività pasquali.
Note: è un formaggio d'origine greco-albanese,
il cui nome secondo alcuni significa "boccone del lupo", per altri deriva
dall’arabo maslûk “derivato dal latte – estratto dal latte”; lo stesso
stampo prende il nome dal formaggio (musulupara, musulucara). Il legno
utilizzato per la realizzazione delle musulupare in genere è quello di gelso
nero o pero selvatico.
Altri nomi del formaggio: Musulucu, Misulucu, Mussulupu, Musulucru, Misuluca,
Musuluca, Musulupa.
ALLEGATO XX
Paddaccio
Materia prima: latte di
capra intero, crudo (in genere di razze o popolazioni autoctone come la Rustica
di Calabria) o di pecora intero, crudo. Alimentazione con pascolo estensivo
naturale.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il
latte, previa filtrazione, è trasferito in caldaia (CRS), portato alla
temperatura di 35-38 °C, quindi coagulato con caglio in pasta d'agnello o di
capretto, nella misura di 30-35 grammi per quintale di latte, e agitato
lentamente con lo spino (BRC). La coagulazione si realizza in circa un'ora,
mentre il rassodamento della cagliata in non oltre 10 minuti. Per quasi quindici
minuti, la cagliata è sottoposta alla rottura con spino (BRC), riducendola in
piccoli granelli delle dimensioni di chicchi di riso; segue la sedimentazione
della cagliata. Di seguito la cagliata è portata su un tavolo inclinato (TFF), e
suddivisa in grossi pezzi del peso di 500 grammi circa a cui segue il
confezionamento che è realizzato in involucri di felci intrecciate a forma di
sacchetti.
Stagionatura: non si effettua.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF, BRC.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio fresco; forma sferoidale, con diametro di 15-18 cm ed altezza di 6-7
cm. Il peso si aggira attorno ai 500 grammi, privo di crosta, con leggera
rugosità sulla superficie esterna. La pasta è molle, di colore bianco latte, di
sapore dolce ed odore caratteristico di lattico. Umidità media a tre giorni di
conservazione: circa 54 %.
Area di produzione: provincia di Cosenza, in particolare comprensorio
di Cassano allo Jonio (CS) e del Pollino calabrese.
Calendario di produzione: in genere si produce in concomitanza delle festività
pasquali.
Note: è un prodotto delicato, ricercato soprattutto nel periodo pasquale. Altro
nome: Peddaccio.
ALLEGATO XXI
Pecorino con il pepe
Materia prima:
latte ovino e/o caprino intero, crudo. Alimentazione: pascolo estensivo naturale
e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: ricalca
quella del Pecorino Crotonese, con la variante dell’aggiunta del pepe nero in
grani, nel momento della messa in forma della cagliata.
Stagionatura: da 1 a 4 mesi fino ad
un anno circa, in appropriato ambiente fresco. Attrezzatura storica:
BLC, CFS, CRS, TFF, BRC.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta dura, semi-cotto a media o lunga maturazione. Il peso va da
1,500 a 2 Kg, scalzo verticale o leggermente convesso da 7 a 10 cm, forma
cilindrica, diametro 15–20 cm; crosta dura, con impresso i segni del canestro,
di colore giallo paglierino nel prodotto fresco tendente ad inscurire (ocra) con
la stagionatura. La pasta è bianca/paglierina, compatta con rare occhiature da
dove escono lacrime di grasso; sapore pieno, gradevole, armonico e delicato, che
progredisce con la stagionatura a sapido e piccante. Forte e gradevole
risulta la presenza dei grani di pepe nero, che conferiscono al formaggio un
caratteristico sapore.
Area di produzione: in tutta la
Regione; rinomato è quello prodotto nel Crotonese.
Calendario di produzione:
generalmente da giugno a luglio.
Note: al nome di pecorino con il
pepe può seguire il luogo dov’è prodotto, come ad esempio pecorino con il pepe
di Lamezia Terme, Crotonese, della Locride, del Catanzarese, delle Serre
Vibonesi, di Sibari, del Pollino, di Morano Calabro, del Monte Poro, di
Cardinale, Silano, dell’Aspromonte, della Piana di Gioia Tauro, ecc.
ALLEGATO XXII
Pecorino Crotonese o
Crotonese
Materia prima:
latte ovino intero crudo, che può essere misto con latte di capra intero crudo
nella percentuale massima del 20 %. Alimentazione: pascolo estensivo naturale e
artificiale, che si realizza sulle tipiche colline di argilla pliocenica, con
integrazione di fieno e concentrati. Il pascolo può variare di composizione
nelle zone montane ricadenti nell’area di produzione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il
latte crudo, previa filtrazione e termizzazione a 68 °C, è immesso nella caldaia
(CRS). La coagulazione avviene a circa 36-38 °C, aggiungendovi caglio in pasta
di capretto. Si possono utilizzare esclusivamente innesti di batteri lattici
autoctoni o siero-innesti naturali preparati in caseificio. Trascorsi 40-50
minuti, si procede alla rottura del coagulo, per mezzo dello spino (BRC). Dopo
la rottura della cagliata (a dimensioni di chicchi di riso), tenendo in
agitazione la massa casearia con lo spino (BRC), si procede ad una semi-cottura
a 42– 44 °C per 5–6 minuti, indi si lascia depositare la cagliata sul fondo.
Rassodata la massa sul fondo della caldaia (CRS), si preleva manualmente e si
pone negli appositi canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF). La
cagliata è sottoposta ad un’energica pressatura nei canestri (CFS), ed a
continui rivoltamenti, al fine di far spurgare il siero in surplus e di dare
forma alla massa. Si procede infine, ad un’immersione delle forme in caldaia (CRS)
con siero caldo all’interno, ad una temperatura di 50-55 °C, al fine di
sigillare perfettamente le forme. La salatura è effettuata sia a secco che in
salamoia. Qualora è eseguita a secco, le forme rimangono sotto sale per più
giorni, avendo cura di rivoltarle affinché il sale sia diffuso su tutte e due le
facce; viceversa se la salatura avviene in salamoia satura, le forme resteranno
immerse per uno o due giorni in rapporto alla pezzatura.
Stagionatura: da tre mesi ad un
anno circa, in appropriato ambiente fresco. Durante questo periodo, le forme
possono essere cappate con olio o morchia d’olio d’oliva.
Attrezzatura storica: BLC, CFS, CRS,
TFF, BRC.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta dura, semi-cotto a media o lunga maturazione, peso da 1,700 a
2,500 Kg con scalzo verticale o leggermente convesso da 7 a 10 cm e diametro di
15–20 cm. Di forma cilindrica, crosta dura, con impresso i segni del canestro,
di colore giallo paglierino nei più freschi tendente ad inscurire (ocra) con la
stagionatura. La pasta è bianca/paglierina, compatta con rare occhiature (occhio
di pernice) da dove escono lacrime di grasso; sapore pieno, gradevole, armonico
e delicato che progredisce con la stagionatura a sapido e piccante.
Area di produzione: provincia di
Crotone e parte delle province di Catanzaro e Cosenza.
Calendario di produzione:
generalmente da ottobre a giugno.
Note: un tempo il pecorino
crotonese era prodotto esclusivamente con latte proveniente da pecore di razza
Gentile di Puglia, oggigiorno la razza prevalentemente allevata risulta la
Sarda. Il latte di capra utilizzato deriva in genere da razze o popolazioni
autoctone come la Nicastrese e la Rustica di Calabria o con derivate garganiche.
ALLEGATO XXIII
Pecorino del Monte Poro
Materia prima:
latte ovino, intero, crudo. Alimentazione: pascolo estensivo naturale e
artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
crudo, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS). La coagulazione
avviene a circa 32-36 °C, aggiungendovi caglio in pasta d’agnello. Trascorsi 45
minuti, si procede in modo energico, e per circa 5 minuti, alla rottura del
coagulo, per mezzo dello spino (BRC), fino a ridurlo alle dimensioni di chicchi
di riso. Successivamente si lascia riposare la massa, che tende a raccogliersi
sul fondo della caldaia (CRS), e con le mani si avvicinano le particelle caseose
fino a formare un’unica massa; tale operazione avviene a freddo. Manualmente
si procede all’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS) che è messa nei
canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF); sulle forme è esercitata una
continua pressatura ed un continuo rivoltamento manuale, che sono svolti in modo
accurato e prolungato. Il giorno successivo le forme sono salate a secco, e
rivoltate continuamente per qualche giorno; di seguito il formaggio è avviato
alla stagionatura.
Stagionatura: da un mese ad oltre
un anno, in appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CFS, CRS,
TFF, BRC.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta cruda, a media maturazione. Il peso va da 1 a 2,500 Kg, scalzo
verticale o leggermente convesso da 12 a 14 cm, forma cilindrica, facce piane,
diametro 7–8 cm. La crosta è sottile, liscia, di colore giallo-oro tendente al
rossiccio per le continue cappature di peperoncino ed olio d’oliva; pasta
compatta, con leggere occhiature, di colore bianco ghiaccio. Il sapore è
intenso, pieno e aromatizzato.
Area di produzione: provincia di
Vibo Valentia ed in particolare tutta la zona del Monte Poro.
Calendario di produzione: in
prevalenza da settembre a luglio.
Note: i pascoli del Monte Poro sono
ricchi di erbe aromatiche, le cui essenze conferiscono al latte ed indi al
formaggio un tipico aroma, unico al mondo. Un tempo il percorino del monte Poro
era prodotto esclusivamente con latte proveniente da pecore di razza Sciara o
Moscia Calabrese, oggigiorno la razza allevata prevalentemente è la Sarda e gli
incroci con la razza Pinzirita e Comisana.
E’ prevista nella produzione di questo formaggio, l’aggiunta di una piccola
percentuale di latte vaccino.
ALLEGATO XXIV
Pecorino della locride
Materia prima:
latte ovino intero crudo, da solo o miscelato con latte di capra intero, crudo
(in genere di razza-popolazione autoctona Capra dell’Aspromonte). Alimentazione:
pascolo estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
crudo, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS). La coagulazione
avviene a circa 32-38 °C, aggiungendovi caglio in pasta d’agnello o di capretto.
Trascorsi 50 minuti, alla rottura del coagulo, per mezzo dello spino (BRC), fino
a ridurlo alle dimensioni di chicchi di riso. Successivamente si lascia riposare
la massa, che tende a raccogliersi sul fondo della caldaia (CRS), e con le mani
si avvicinano le particelle caseose fino a formare un’unica massa. Manualmente
si procede all’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS) che è messa nei
canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF); sulle forme è esercitata una
continua e spinta pressatura ed un continuo rivoltamento manuale, che sono
svolti in modo accurato e prolungato. Le forme sono salate a secco, e rivoltate
continuamente per qualche giorno; di seguito il formaggio è avviato alla
stagionatura.
Stagionatura: da qualche settimana
a qualche mese, in appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CFS, CRS,
TFF, BRC.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a media maturazione, peso da 1 a 3,5 Kg con scalzo verticale o
leggermente convesso da 7 a 15 cm e diametro di 10-25 cm. Di forma cilindrica,
crosta rugosa con impressi i solchi del canestro; di colore bianco nei prodotti
freschi, e ocra in quelli stagionati. La pasta è compatta, di colore
bianco-ghiaccio nel prodotto fresco, giallo-paglierino in quello stagionato. Il
sapore è gradevole e delicato.
Area di produzione: areale della
locride.
Calendario di produzione: in
prevalenza da ottobre a luglio.
ALLEGATO XXV
Pecorino della vallata
“Stilaro-Allaro”
Materia prima:
latte ovino intero crudo, miscelato con latte di capra intero, crudo (in genere
di razza-popolazione autoctona Capra dell’Aspromonte). Alimentazione: pascolo
estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
crudo, previa filtrazione, è immesso nella caldaia (CRS). La coagulazione
avviene a circa 30-35 °C, aggiungendovi caglio in pasta di capretto. Trascorsi
60 minuti, si procede in modo energico, alla rottura del coagulo per mezzo dello
spino (BRC), fino a ridurlo in piccole dimensioni; questa operazione avviene
senza l’ausilio del calore. Successivamente si lascia riposare la massa, che
tende a raccogliersi sul fondo della caldaia (CRS), e con le mani si avvicinano
le particelle caseose, fino a formare un’unica massa; durante questo processo è
esercitata sulla massa una forte pressatura. Manualmente si procede
all’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS) che è messa nei canestri (CFS)
posti su un tavolo inclinato (TFF); sulle forme è esercitata una continua
pressatura ed un continuo rivoltamento manuale. Il giorno successivo le forme
sono salate a secco, e rivoltate continuamente per qualche giorno; di seguito il
formaggio è avviato alla stagionatura.
Stagionatura: da 4 a 10 mesi, in
appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CFS, CRS,
TFF, BRC.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta dura, a media o lunga maturazione, peso da 1 a 2 Kg con scalzo
verticale o leggermente convesso da 8 a 14 cm e diametro di 15-20 cm. Di forma
cilindrica, crosta dura e rugosa con impressi i solchi del canestro; di colore
bianco nei prodotti freschi, e ocra in quelli stagionati. La pasta è di colore
bianco-ghiaccio nel prodotto fresco, giallo-paglierino in quello stagionato,
compatta; sapore gradevole e delicato che progredisce a sapido e piccante
con l’avanzare della stagionatura.
Area di produzione: alto jonio
reggino.
Calendario di produzione: in
prevalenza da ottobre a luglio.
ALLEGATO XXVI
Pecorino di Vazzano
Materia prima:
latte ovino, intero, crudo. Alimentazione: pascolo estensivo naturale e
artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: ricalca
quella del pecorino del monte Poro, con la differenza che la rottura della
cagliata avviene 40 °C. Matura in tre mesi circa, in ambiente fresco, dove le
forme sono unte con olio e peperoncino. Resa 18%.
Stagionatura: da un mese ad un anno
circa in appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CFS, CRS,
TFF, BRC.
Caratteristiche del prodotto finito:
peso da 1,2 a 2,500 Kg, scalzo da 12 a 14 cm, verticale o leggermente convesso,
di forma cilindrica, facce piane, diametro 8–10 cm. La crosta è sottile, liscia,
di colore giallo-oro tendente al rossiccio per le continue cappature di
peperoncino ed olio d’oliva; pasta compatta, con rare occhiature, di colore
bianco o giallo paglierino. La ricchezza aromatica del formaggio è conferita dai
ricchi pascoli delle serre vibonesi. Il sapore è intenso, pieno e aromatizzato.
Area di produzione: provincia di
Vibo Valentia ed in particolare nella zona delle Serre Vibonesi.
Calendario di produzione: in
prevalenza da settembre a giugno.
Note: i pascoli delle Serre e
pre-Serre vibonesi sono ricchi di flora spontanea tipica del bacino mediterraneo
che conferiscono a tale formaggio particolarità organolettiche uniche. Un tempo
il pecorino di Vazzano, era prodotto esclusivamente con latte proveniente da
pecore di razza Sciara o Moscia Calabrese; oggigiorno la razza allevata
prevalentemente è la Sarda ed incroci con la razza Pinzirita e Comisana. E’
prevista nella produzione di questo formaggio, l’aggiunta di una piccola
percentuale di latte di capra.
ALLEGATO XXVII
Pecorino “Valle dell’Ancinale”
Materia prima: latte ovino, intero, crudo. Alimentazione:
pascolo estensivo, naturale e artificiale,
con o senza integrazione.
Microflora: naturale
Tecnologia di lavorazione:
il latte, dopo due mungiture, si filtra
munto fino a raggiungerei 20° centigradi, si lascia a riposo per circa
un'ora, il tempo necessario alla solidificazione della cagliata.
Dopo si riattizza il fuoco, girando con il
mestolo lentamente nella cagliata,
fin quando la
temperatura non sale intorno ai 40°,
temperatura che permette la solidificazione della pastata, detta
"zuma" che, dopo essere raccolta, viene
messa in contenitori della capienza di Kg 1, Kg 2, Kg 3.
Dopo la lievitazione ha inizio il processo
curativo per trasformare la "tuma" in formaggio.
Stagionatura:
da un mese ad un anno e
mezzo (interamente stagionato) circa in un luogo fresco, al riparo dagli agenti
esterni, curato di tanto in tanto con una miscela di olio e peperoncino tritato.
Attrezzatura storica:
stanza igienica ben
piastrellata, focolare murato, recipiente di rame, contenitori di "giunco",
vassoio in legno, mestolo.
Caratteristiche del prodotto
finito: di colore bianco appena sformato, attraverso la lavorazione e
la cura, con il passare del tempo, prende
altri colori a seconda delle sostanze con cui si tratta. Rossiccio se trattato
con peperoncino tritato misto ad aceto ed olio, giallognolo se trattato solo con
il sale.
Il gusto varia a seconda della
stagionatura, delicato, se si consuma fresco, piccante e sapido, quando
viene consumato stagionato.
Area di produzione.
Provincia di Catanzaro
ed in particolare nella Valle dell'Ancinale.
Calendario di produzione:
in prevalenza da settembre a giugno
Note: i pascoli sono
incontaminati perché la Valle dell'Ancinale non ha subito la pesante mano
dell'uomo e tutto è allo stato naturale.
I locali per la stagionatura e la conservazione, detti "casulari", sono
il segreto per la buona riuscita del formaggio.
ALLEGATO XXVIII
Provola
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, da razze meticcie (in passato da bovini di razza
podolica), oggi anche da razze specializzate da latte. Alimentazione: pascolo
estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il latte
previa filtrazione, è riscaldato in caldaia (CRS) ad una temperatura di circa
35-38 °C, trasferito nel tino di legno ove si aggiunge il caglio in pasta di
vitello. Dopo circa 30 minuti, si procede alla rottura della cagliata per mezzo
dello spino (BRC), indi si lascia riposare per circa 15 minuti. Di seguito si
elimina il siero che è riscaldato a 65–70 °C, si rompe di nuovo la cagliata,
sulla quale si riversa il sieroinnesto (proveniente dalla lavorazione
precedente) e, successivamente, il siero caldo, avendo cura di girare la pasta
con lo spino (BRC). Si toglie il siero e si lascia riposare la massa per 4–5 ore
coperta di scotta. A maturazione della pasta avvenuta, la massa è posta su un
ripiano (RPN), frazionata in grosse dimensioni, e lasciata riposare per circa 20
minuti, indi è ridotta in piccole strisce che sono immesse in un recipiente con
acqua calda ed agitate fin quando si raggiunge la filatura del tutto. Raggiunto
l’optimum di filatura si procede alla lavorazione della massa, fino a creare un
unico cordone che è suddiviso manualmente in tronchetti; quest’ultimi, avvolti
su se stessi, vanno a formare con movimenti manuali, il prodotto finito. Subito
dopo, le forme sono immerse in acqua fredda per poi passare in salamoia.
Stagionatura: da pochi giorni ad un
paio di mesi, in appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CRS,
BRC, RPN, ed altri piccoli strumenti di legno.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta filata, peso da 1 Kg a circa 3 Kg; forma tronco-conica. La
crosta è compatta, liscia e lucida, di colore giallo o bianco avorio, in base al
tempo di stagionatura. La pasta è in genere poco più chiara della crosta; sapore
dolce.
Area di produzione: in tutta la
Regione.
Calendario di produzione: tutto
l’anno.
Note: al nome di provola può
seguire il luogo dov’è prodotta, come ad esempio provola di Lamezia Terme,
Silana, dell’Aspromonte, di Sibari, delle Serre Vibonesi, Crotonese, della
Locride, del Catanzarese, del Monte Poro, di Lattarico, del Pollino, della Piana
di Gioia Tauro, ecc. E’ evidente che il sapore è esaltato utilizzando latte
proveniente da vacche al pascolo.
In alcuni luoghi della Regione, i pezzi di cagliata utilizzati per le prove di
filatura, vengono definiti Stracciatella o Strazzatella, al cui
nome può seguire il nome del luogo dove viene prodotta, come la Strazzatella
Silana, ecc.
ALLEGATO XXIX
Rasco
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, proveniente da vacche meticcie, ove prevale, la
razza podolica. Alimentazione: pascolo estensivo naturale con o senza
integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: Il
latte crudo, previa accurata filtrazione, è immesso in caldaia (CRS) e portato a
temperatura di 36-38 °C, quindi, si aggiunge il caglio di capretto in pasta,
nella misura di 30 grammi per 100 lt di latte. A coagulazione avvenuta, si
procede alla rottura a freddo della cagliata con lo spino (BRC) o a mano,
fino a raggiungere dei grani di dimensione varia tra il mais e la nocciola. Al
fine di consentire una migliore coesione delle particelle caseose della massa,
si procede all’immissione in caldaia (CRS) d’acqua calda; di seguito si procede
al riempimento dei canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF), senza
azione di frugatura ma con una leggera pressatura manuale. Le forme, dopo aver
ceduto parte del siero, sono rivoltate e calate nel siero caldo alla temperatura
di 60 °C, al fine di favorire una migliore chiusura della pasta; dopo 8-10 ore
dalla fine della lavorazione, si effettua una prima salatura a secco seguita da
una seconda a distanza di 24 ore.
Stagionatura: da consumarsi fresco
oppure dopo 20 gg. di affumicatura.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
forma cilindrica, leggermente schiacciata, scalzo cm 20, diametro cm 8-12. Il
peso è di Kg 0,500-0,750, la crosta di colore chiaro nel tipo non affumicato,
marrone scuro dopo affumicatura; pasta compatta o con leggera occhiatura,
bianca. Il sapore è dolce, armonioso, il cui aroma è influenzato dal tipo di
pascolo.
Area di produzione: zone collinari
e montuose del Catanzarese e Crotonese.
Calendario di produzione: da
novembre a luglio.
Nota: prodotto scomparso di cui si
tramanda memoria in cenni storici bibliografici, ha rappresentato nei secoli
scorsi uno dei formaggi di punta del patrimonio caseario calabrese.
ALLEGATO XXX
Ricotta
Materia prima:
siero di latte vaccino e/o ovi-caprino, con aggiunta di latte vaccino e/o
ovi-caprino intero, crudo. Alimentazione: pascolo estensivo naturale e
artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: dopo
l’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS), il siero residuo, previa
filtrazione, è rimesso in caldaia (CRS). Allorquando il siero ha raggiunto la
temperatura di 65 °C, si aggiunge latte crudo (max 10%) e sale (2 %); si agita
delicatamente per mezzo dello spino (BRC), fino all’affioramento della ricotta
che avviene tra 85-90 °C circa. Ad affioramento avvenuto, con apposito cucchiaio
(CDL), si preleva delicatamente la ricotta e si trasferisce nei canestri (CFS)
posti su un tavolo inclinato (TFF). Le ricotte si lasciano per un po’ a spurgare
sul tavolo (TFF), e di seguito possono venire rivoltate per conferirgli la
tipica forma dei canestri (fuscelle).
Stagionatura: si consuma fresca.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CDL, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
scalzo verticale, variabile per altezza, diametro variabile, peso da Kg
0,080–1,000; forma in genere tronco–conica. Pasta sierosa, adesiva, morbida e
delicata, di colore bianco/bianco avorio; di sapore delicato.
Area di produzione: in tutta la Calabria.
Calendario di produzione:
prevalentemente da ottobre a luglio.
Note: al nome di ricotta può
seguire il luogo dove è prodotta, come ad esempio ricotta di Mammola, di Lamezia
Terme, Crotonese, di Cardinale, di Sibari, della Locride, del Catanzarese,
Silana, delle Serre Vibonesi, di Miglierina, del Monte Poro, di Lattarico, di
Taurianova, di San Floro, dell’Aspromonte, del Pollino, della Piana di Gioia
Tauro e della Valle dell’Ancinale, ecc. nonché la specie da cui deriva il latte,
come ad esempio ricotta caprina, pecorina, vaccina, mista, seguita dal luogo
dove è prodotta.
ALLEGATO XXXI
Ricotta affumicata
Materia prima:
siero di latte vaccino e/o ovi-caprino, con aggiunta di latte vaccino e/o
ovi-caprino intero, crudo. Alimentazione: pascolo estensivo naturale e
artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: dopo
l’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS), il siero residuo, previa
filtrazione, è rimesso in caldaia (CRS). Allorquando il siero ha raggiunto la
temperatura di 65 °C, si aggiunge latte crudo (Max 10%) e sale (2 %); si agita
delicatamente per mezzo dello spino (BRC), fino all’affioramento della ricotta
che avviene tra 85-90 °C circa. Ad affioramento avvenuto, tramite un apposito
cucchiaio (CDL), si preleva delicatamente la ricotta e si trasferisce nei
canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF). Le ricotte si lasciano per un
po’ a spurgare sul tavolo (TFF), e di seguito possono venire rivoltate per
conferirgli la tipica forma dei canestri (fuscelle). Trascorso uno o due
giorni, le ricotte vengono messe su dei graticci ad essiccare ed affumicare con
procedimenti naturali e tradizionali. I locali di affumicatura in genere sono
coperti con tegole o da semplici tettoie. L’operazione d’affumicatura prosegue
per qualche settimana in base al grado di maturazione richiesto, quindi dall’uso
finale, se cioè da consumo fresco o da grattugia.
Stagionatura: da qualche settimana
a sei mesi.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CDL, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
scalzo concavo, di 10 cm circa; diametro 5 cm, peso da 200 a 300 gr . Forma
cilindrica, crosta con presenza dei tipici solchi delle fuscelle, di colore
marrone più o meno intenso; pasta di colore bianco, compatta adesiva e burrosa.
Di sapore delicato, dolce e leggermente piccante.
Area di produzione: in tutta la
Calabria
Calendario di produzione:
generalmente da novembre a luglio.
Note: uso da grattugia o da taglio.
Al nome di ricotta affumicata può seguire il luogo dove è prodotta, come ad
esempio ricotta affumicata di Mammola, di Lamezia Terme, Crotonese, di
Cardinale, di Sibari, Silana, delle Serre Vibonesi, del Monte Poro, della
Locride, del Catanzarese, dell’Aspromonte, del Pollino, della Piana di Gioia
Tauro e della Valle dell’Ancinale, ecc. nonché la specie da cui deriva il latte,
come ad esempio ricotta affumicata caprina, pecorina, vaccina, mista, seguita
dal luogo dove è prodotta.
ALLEGATO XXXII
Ricotta infornata
Materia prima:
siero di latte vaccino e/o ovi-caprino, con aggiunta di latte vaccino e/o
ovi-caprino intero, crudo. Alimentazione: pascolo estensivo naturale e
artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: dopo
l’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS), il siero residuo, previa
filtrazione, è rimesso nella caldaia (CRS). Allorquando il siero ha raggiunto la
temperatura di 65 °C, si aggiunge latte crudo (max 10%); si agita delicatamente
per mezzo dello spino (BRC), fino all’affioramento della ricotta che avviene tra
85-90 °C circa. Ad affioramento avvenuto, tramite apposito cucchiaio (CDL), si
preleva delicatamente la ricotta e si trasferisce nei canestri (CFS) posti su un
tavolo inclinato (TFF). Le ricotte si lasciano per un po’ a spurgare sul tavolo
(TFF), e, di seguito, possono venire rivoltate, per conferirgli la tipica forma
dei canestri (fuscelle). Dopo qualche giorno si esegue la salatura a
secco per favorire la formazione della crosta, si mettono quindi, in terrine di
ceramica o terracotta, per poi essere cotte in forno a 200 °C per un tempo che
varia da 15 a 40 minuti, a secondo del peso e dell’intensità d’imbrunimento che
si vuole raggiungere.
Stagionatura: da qualche settimana
a sei mesi in appropriato ambiente fresco.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CDL, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
altezza e diametro variabili; peso da Kg 0,200 a 0,800. Di forma tronco–conica,
pasta compatta, di colore bianco. Il sapore è intenso e persistente.
Area di produzione: in tutta la
Calabria.
Calendario di produzione:
generalmente da novembre a luglio.
Note: al nome di ricotta infornata
può seguire il luogo dove è prodotta, come ad esempio ricotta infornata di
Mammola, di Lamezia Terme, Crotonese, della Locride, del Catanzarese, di
Cardinale, di Sibari, Silana, delle Serre Vibonesi, del Monte Poro,
dell’Aspromonte, del Pollino, della Piana di Gioia Tauro e della Valle dell’Ancinale,
ecc. nonché la specie da cui deriva il latte, come ad esempio ricotta infornata
caprina, pecorina, vaccina, mista, seguita dal luogo dove è prodotta.
ALLEGATO XXXIII
Ricottone salato
Materia prima:
siero di latte vaccino e/o ovi-caprino, con aggiunta di latte vaccino e/o
ovi-caprino intero, crudo. Alimentazione: pascolo estensivo naturale e
artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: dopo
l’estrazione della cagliata dalla caldaia (CRS), il siero residuo, previa
filtrazione, è rimesso in caldaia (CRS). Allorquando il siero ha raggiunto la
temperatura di 65 °C, si aggiunge latte crudo (max 10%); si agita delicatamente
per mezzo dello spino (BRC), fino all’affioramento della ricotta che avviene tra
85-90 °C circa. Ad affioramento avvenuto, tramite un cucchiaio (CDL), si preleva
delicatamente la ricotta e si trasferisce nei canestri (CFS) posti su un tavolo
inclinato (TFF). Le ricotte si lasciano per un po’ a spurgare sul tavolo (TFF),
e di seguito possono venire rivoltate per conferirgli la tipica forma dei
canestri (fuscelle). La salatura si esegue a secco, per 7 giorni.
Stagionatura: da qualche settimana
ad un anno circa, in appropriato ambiente fresco. Durante detto periodo, le
forme sono raschiate e pulite da ogni accenno di muffa.
Attrezzatura storica: BLC, CRS, TFF,
BRC, CDL, CFS.
Caratteristiche del prodotto finito:
scalzo cm 5-8, diametro cm 12-18, peso Kg 0,500-1,000. Di forma tronco–conica,
crosta dura come la pasta, dal colore bianco avorio con zone più scure; pasta
con struttura dura e compatta, dello stesso colore della crosta. Il sapore è
intenso e persistente, tendente al piccante.
Area di produzione: prevalentemente
nelle zone collinari-montuose di tutta la Regione.
Calendario di produzione:
generalmente da novembre-luglio.
Note: al nome di ricottone salato
può seguire il luogo dove è prodotta, come ad esempio ricottone salato di
Mammola, di Lamezia Terme, Crotonese, di Cardinale, della Locride, del
Catanzarese, Silano, di Sibari, delle Serre Vibonesi, della Piana di Gioia Tauro
e della Valle dell’Ancinale, del Monte Poro, dell’Aspromonte, del Pollino, ecc.
nonché la specie da cui deriva il latte, come ad esempio ricottone salato
caprino, pecorino, vaccino, misto, seguito dal luogo dove è prodotta.
ALLEGATO XXXIV
Scamorza
Materia prima:
latte vaccino intero, crudo, da razze meticcie (in passato da bovini di razza
podolica), oggi anche da razze specializzate da latte. Alimentazione: pascolo
estensivo naturale e artificiale, con o senza integrazione.
Microflora: naturale.
Tecnologia di lavorazione: il
latte, previa filtrazione, è riscaldato fino ad una temperatura di circa 30-35
°C nella caldaia (CRS), trasferito nel tino di legno si aggiunge il caglio in
pasta di vitello; dopo circa 40 minuti si procede alla rottura della cagliata,
per mezzo dello spino (BRC), indi si lascia riposare per circa 15 minuti. Di
seguito si elimina il siero che è riscaldato a 65–70 °C, si rompe di nuovo la
cagliata, sulla quale si riversa il sieroinnesto (proveniente dalla lavorazione
precedente), e, successivamente il siero caldo, avendo cura di girare la pasta
con lo spino (BRC). Si toglie il siero e si lascia riposare la massa per 4–5 ore
coperta di scotta. A maturazione della pasta avvenuta, si pone la stessa su un
ripiano (RPN), si fraziona in grosse dimensioni, e si lascia riposare per circa
20 minuti, indi è ridotta in piccole strisce che sono immesse in un recipiente
con acqua calda ed agitate fin quando si raggiunge la filatura del tutto.
Raggiunto l’optimum di filatura si procede alla lavorazione della massa, fino a
creare un unico cordone che è suddiviso manualmente in tronchetti, i quali,
avvolti su se stessi, vanno a formare con movimenti manuali, il prodotto finito.
Subito dopo le forme sono immerse in acqua fredda per passare in salamoia al
16–20 %. Resa a 24 ore 11–13 %.
Stagionatura: è un formaggio da
consumo fresco, oppure da consumare entro 15 giorni.
Attrezzatura storica: BLC, CRS,
BRC, RPN, ed altri piccoli strumenti di legno.
Caratteristiche del prodotto finito:
formaggio a pasta filata, con peso che va da 0,250 Kg a circa 0,800 Kg; forma ad
otto o comunque tronco-conica strozzata al centro o all’apice in base alle
dimensioni. La crosta è compatta, liscia, lucida e sottile, di colore bianco o
bianco avorio in base ai giorni di stagionatura; pasta bianca, butirrosa e
compatta, esente da occhiature. Il sapore è dolce. E’ un prodotto che può essere
anche affumicato, in questo caso la crosta risulterà dorata o leggermente
marrone.
Area di produzione: in tutta la
Regione.
Calendario di produzione: tutto
l’anno.
Note: se è affumicata (con procedimenti naturali e tradizionali) alla
denominazione di origine deve seguire la dicitura “affumicata”. Al nome di
scamorza può seguire il luogo dov’è prodotta, come ad esempio scamorza di
Lamezia Terme, Silana, dell’Aspromonte, di Sibari, delle Serre Vibonesi, della
Locride, del Catanzarese, del Monte Poro, del Pollino, ecc. Se è affumicata, al
nome di scamorza affumicata può seguire il luogo dov’è prodotta, come ad esempio
scamorza affumicata di Lamezia Terme, di Lattarico, di Taurianova, Silana,
dell’Aspromonte, di Sibari, delle Serre Vibonesi, della Locride, del
Catanzarese, del Monte Poro, del Pollino, della Piana di Gioia Tauro , ecc. E’
evidente che il sapore è esaltato utilizzando latte proveniente da vacche al
pascolo.
ALLEGATO XXXV
Formaggio ovino e caprino
Materia prima: latte ovino e caprino intero, crudo (in genere di
razze o popolazioni autoctone). Alimentazione con pascolo estensivo naturale e
seminato, con o senza integrazione con concentrati e fieno.
Tecnologia di lavorazione: il latte, previa filtrazione, viene immesso in
caldaia (CRS), riscaldato a 35-38 °C, e fatto coagulare con l’impiego di
caglio in pasta di capretto, in ragione di 30-35 grammi per quintale di
latte, stemperato in precedenza in acqua tiepida. A 60 minuti si realizza la
coagulazione, segue il rassodamento del coagulo, quindi si procede ad
un’energica rottura dello stesso con lo spino (BRC), fino a ridurlo alle
dimensioni del chicco di riso, al fine di favorire uno spurgo del coagulo.
Realizzatasi la sedimentazione e il compattamento della cagliata in caldaia,
si trasferisce la stessa nei canestri (CFS) posti su un tavolo inclinato (TFF),
operando di seguito un’energica pressione manuale, con l’obiettivo di
spurgare il più possibile la massa. A seconda del periodo stagionale, le
forme vengono estratte (12 ore dalla lavorazione in primavera e 24 ore in
inverno) per essere salate a secco e per una sola volta.
Stagionatura: se il formaggio è consumato fresco, necessita da 20 giorni
ad un mese di stagionatura, se deve essere consumato da grattugia necessita
di 6-7 mesi, in ambiente fresco ed areato, avendo cura di ritrovarlo
periodicamente.
Attrezzatura storica: BCL, CRS, BRC, CFS, TFF.
Caratteristiche del prodotto finito: diametro di 18-20 cm, scalzo
leggermente concavo di 6-7 cm peso da 1 a 2 Kg, con crosta sottile, di
colore bianco – crema nel prodotto fresco e giallo – bruno in quello
stagionato; la pasta si presenta burrosa ed elastica nel primo caso,
consistente e granulosa nel secondo. Esprime un sapore dolce – acidulo nel
prodotto fresco, accentuatamente piccante in quello stagionato; si evidenzia
una piccola, ma fitta occhiatura. Ha un odore classico di lattico nel
prodotto fresco, piccante ed intenso in quello stagionato. Umidità media a
due mesi di conservazione: circa 43%
Area di produzione: Cardeto (provincia di Reggio Calabria).
Calendario di produzione: in genere da ottobre a giugno.
Note: è uno dei più antichi formaggi prodotti in Calabria, cambia odore e
sapore a seconda del luogo dove è prodotto, per via della diversa
composizione flogistica dei pascoli che conferiscono al formaggio in diverso
flavour.