3 agosto 2011    

Il ponte ''insostenibile'' adesso è a rischio (di Romano Pitaro )


I suoi fans già lo vedevano svettare  nel mitico Stretto. Concentrato di tecnologia e totem alla volontà di potenza.  L’euforia generale poneva in cattiva luce   chi era dell’idea che il Ponte avrebbe collegato soltanto due deserti.   Adesso, com’è accaduti a zio Paperone (Topolino n 1401) che il Ponte sullo Stretto  lo voleva per far soldi ma se l’è visto porta via con dei palloncini, di colpo Bruxelles lo  affonda.  Sembrava quasi fatto.  Sentite il  ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Altero Matteoli, qualche mese fa: “Il Ponte è un vanto per l’ingegneria e la tecnologia italiane, un’opera prioritaria per il  Mezzogiorno, per l’Italia e l’Europa, essendo un tassello del corridoio Berlino-Palermo”.  Altro che calabresi e siciliani costretti a vivere  sotto il Ponte e in un territorio lacerato, come paventavano gli ambientalisti. E quest’altra: “I detrattori del ponte sono spesso ispirati da una scarsa conoscenza della finanza, dell’ambientalismo e della tecnica ingegneristica. Il  progetto  è costoso ma  non è costosissimo”. Parole di un entusiasta Pietro Ciucci,  presidente dell’Anas e  deus ex machina della “Stretto di Messina Spa”,  che il Ponte lo vedeva già realizzato, al punto da spingersi  a definire “una sciocchezza” l’ipotesi della chiusura del Ponte durante le giornate particolarmente ventose: “Il ponte sarà aperto 24 ore su 24 e per 365 giorni all’anno. Su questo rispondo io, ma anche gli studiosi del vento e gli ingegneri della galleria del vento del Politecnico di Milano. E’ più facile che si fermino i traghetti per il mare mosso e non che si chiuda il ponte“.  Immaginabile la delusione ora che l’Europa ha detto stop e che difficilmente lo Stretto, uno dei topos  più affascinanti del mondo, sarà ingombrato dal Ponte.   Abbattuto in un sol colpo: nella proposta di bilancio “Europa 2020” inviata dalla Commissione Ue il 29 giugno all’Europarlamento la geografia delle grandi infrastrutture è stata sobillata.  Nelle priorità infrastrutturali, all’ex Corridoio Berlino-Palermo subentra il Corridoio 5 Helsinki- Valletta, che a Napoli vira verso Bari. Salta la Calabria e  rende inutile il Ponte.  Di cui si  riparlerà   in un’altra epoca.  D’altronde, di che stupirsi? Del Ponte sullo Stretto si discute dal tempo dei romani. Il primo ad averlo immaginato è stato  il console Lucio Cecilio Metello per consentire il passaggio di 140 elefanti sottratti al generale cartaginese Asdrubale. A  seguire:  Carlo Magno e Ruggero il Normanno.  Adesso, dopo che i giocatori  del poker politico l’hanno trasformato  nella  grande illusione per i cittadini che vivono nei due deserti infrastrutturali che la campata unica ( costo previsto  6.3 miliardi di euro lunga 3.300 metri, larga 60 e sostenuta da due piloni)  avrebbe dovuto collegare, cade un fulmine micidiale  sull’infrastruttura.  E a  dire il no definitivo non  è stata la paura dell’eventualità di un evento sismico  e neanche la paura  che potesse fare la fine del Colosso di Rodi, opera ardita   ma priva di qualunque utilità pratica, o che non si abbia ancora una  tecnologia  in grado  di assicurarne la stabilità rispetto  ad un evento sismico di magnitudo 7,2 della scala Richter. Una decisione simile spiazza anche chi del Ponte ha detto  tutto il male possibile.  Come l’economista Domenico Marino (insegna  politica economica all’Università di Reggio Calabria): “il Ponte è’ un inutile spreco di danaro pubblico, frutto di uno schema economico e culturale vecchio e superato”.   Autore di un pamphlet di successo, “L’insostenibile leggerezza del Ponte”, Marino  qualche mese fa,  intervistato più volte  dalla Rai, ospite di trasmissioni importanti come quella di Augias,   e da una nugolo di  televisioni straniere,  ha mandato di traverso l’ottimismo con cui si annuncia l’ottava meraviglia del mondo per gennaio 2017.

Professore la scelta di Bruxelles è come una mannaia per i 40 mila  posti di lavoro che si annunciavano. Un vero colpo al cuore per  questa parte del Mezzogiorno...

Andiamo piano. La stima di 40.mila  posti lavoro creati non si riferisce all’opera a regime. I 40.mila posti sarebbero stati  il risultato della traduzione in termini di Ula (Unità Lavorative Anno) dei lavori di costruzione.  Non  posti di lavoro stabili, ma posti di lavoro che, secondo le stime più ottimistiche  avrebbero avuto  una durata di cinque o sei anni. Una volta finiti i lavori del Ponte, questi lavoratori  sarebbero tornati  essere disoccupati. Ma il vero problema sarebbe stato un altro:  a regime  il saldo dell’occupazione creata sarebbe stato  negativo. Una volta a regime, il Ponte avrebbe prodotto poco meno di mille posti di lavoro stabili, un  numero  inferiore agli esuberi che si sarebbero avuti  nel settore dei trasporti navali. A regime,  nella migliore delle ipotesi, si sarebbero spostati posti di lavoro dal settore marittimo ai servizi connessi con il Ponte, ma con un saldo negativo. La marginalizzazione dei centri urbani di Reggio Calabria e Messina avrebbe avuto come conseguenza il declino dell’attività economica e  una perdita indiretta di posti di lavoro; solo una parte di essi sarebbe stata  recuperata dai servizi indiretti  a ridosso del Ponte, ma anche in questo caso il saldo sarebbe stato  negativo. Il Ponte sullo Stretto avrebbe portato   nel lungo periodo a un peggioramento dell’occupazione nell’area. Vanno peraltro inclusi nel computo anche i danni ambientali che avremmo avuto  dalla fase di costruzione e di esercizio, che avrebbero  peggiorato  il potenziale turistico dell’area.

Da quanti anni si discute della realizzazione del Ponte?

Da secoli, come lei sa bene. Però,  il  moderno dibattito sulla realizzazione del Ponte sullo Stretto si può far risalire al 1866, anno in cui il ministro dei Lavori pubblici Stefano Jacini incarica il costruttore Alfredo Cottrau di verificare la fattibilità della costruzione del Ponte. Da questo momento in poi, diversi progettisti si cimentano nel tentativo di ipotizzare collegamenti stabili fra le due rive dello Stretto, ma bisogna aspettare il 1950 per avere un progetto sulla cui fattibilità si può aprire il dibattito. In quell’anno, infatti, l’ingegnere statunitense David B. Steinman progetta un ponte in acciaio a tre campate che collega le due sponde dello Stretto. Nella seconda metà del Novecento, cresce in Italia l’attenzione per l’idea del Ponte. Nel 1969, l’Anas indice un concorso internazionale di idee per la realizzazione del Ponte. Nel 1971, la legge 1158 definisce la realizzazione dell’opera «di interesse nazionale», e nel 1982 nasce la Società Stretto di Messina Spa. In questi anni si discute ancora sul tipo di attraversamento stabile da realizzare, se attraverso un ponte sospeso o un tunnel  sottomarino, fino a giungere all’approvazione, nel 1992, di un progetto di ponte sospeso a campata unica. Nel 1999 il Cipe nomina gli Advisor per la verifica di fattibilità del progetto. Nel 2001 questi consegnano i risultati delle loro analisi, in cui – pur nel quadro di una sostanziale approvazione dell’opera – vengono messe in rilievo alcune criticità del progetto che non sono affatto banali e costituiscono problemi ancor oggi irrisolti. La legge Obiettivo segna l’inizio della progettazione del Ponte; nel 2003 viene approvato il progetto di massima e nel 2005, a seguito di gara, l’incarico viene assegnato a un raggruppamento di imprese il cui capofila è Impregilo. Nel 2006 il governo Prodi accantona il progetto e tenta di sciogliere la Società Stretto di Messina Spa, che si salva grazie all’intervento dell’allora ministro dei Lavori Pubblici, Antonio Di Pietro. Dopo la caduta del governo Prodi, nel 2008 il governo Berlusconi fa ripartire la progettazione.

Quanto si è  speso finora?

Fino ad oggi  nella progettazione infinita del Ponte sono stati spesi in 30 anni poco meno di mezzo miliardo di euro. Ovviamente, si tratta di valori semplicemente sommati e non attualizzati cosa che rende la cifra ancora più imponente. Il risultato di questo enorme esborso monetario è un progetto preliminare approvato nel 2003 e un progetto definitivo che pare sia stato consegnato dal Contraente Generale alla “Stretto di Messina Spa”, ma che nessuno ha ancora potuto visionare. Se poi il ponte non verrà costruito questo denaro sarà stato speso in maniera totalmente improduttiva.

Si aspettava un terremoto del genere per il Ponte?

Non ho mai creduto, e l’ho detto  ripetutamente, alla sua realizzazione. In parte sì, e le spiego perché. Prendo atto dell’ eliminazione da parte dell’Unione europea del Corridoio 1 e la sua sostituzione con il Corridoio 5. In sostanza nel piano di sviluppo delle TEN il corridoio 1 che doveva unire Berlino a Palermo e che secondo i fautori era l’elemento che certificava la strategicità del Ponte è stato sostituito dal Corridoio 5 che unisce Helsinki a La Valletta passando per Napoli e Bari. Devo dire, però, che in altri scritti ho  espresso dei dubbi sulla reale valenza economica e trasportistica dei Corridoi, che, come dimostra questo recente orientamento dell’Unione europea, possono essere fatti mutare velocemente. Avevo sempre considerato  debole la giustificazione economica del Ponte in quanto elemento finale del ormai dismesso Corridoio 1. Perciò non mi stupisce più di tanto quant’è avvenuto. Certo questa cancellazione pone una pietra tombale sul Ponte,  che dovrà essere costruito, se si vorrà insistere,  con i soli fondi del Governo Italiano, senza intervento di Fondi europei,  ma con delle finanziarie di quasi 100 miliardi di tagli per i prossimi anni sarà difficile anche solo ipotizzare di trovare finanziamenti. Oggi lo stanziamento per il Ponte è di zero euro. Ma anche l’ipotetica strategicità dell’opera viene meno. Far passare da Napoli e da Bari il Corridoio 5, tagliando le regioni del Sud non è opera di un leghista che vuole affossare il Sud, ma il risultato di una politica infrastrutturale sbagliata e in ultima analisi il risultato perverso di tanti anni di progettazione di un Ponte che non si farà mai. Inseguendo l’idea del Ponte sono state trascurate le altre infrastrutture. L’alta velocità non può andare, salvo grandi finanziamenti e 20 anni di tempo, oltre Napoli.  E’ quindi ovvio che il corridoio per collegare Malta non possa essere ferroviario.  Se invece di progettare un opera inutile, avessimo affrontato il tema dell’alta velocità nel Mezzogiorno oggi non saremmo in questa situazione.

Che accadrà d’ora in avanti?

Personalmente, mi  aspetto che i che i pontisti convinti oltre al Ponte sullo Stretto propongano, per far passare il Corridoio 5 dalla Calabria e dalla Sicilia, anche la costruzione del Ponte Trapani-Pantelleria-La Valletta e la costituzione della relativa società “Canale di Sicilia SPA”. E’ ovviamente  fantasia pura, ma non escludo che qualcuno possa veramente fare questa proposta.

 segnala pagina ad un amico
 CHIUDI