24 settembre 2010    

'Ndrangheta tra storia e attualità (di Filippo Diano)


Il termine ‘ndrangheta, è di etimo certo. La parola deriva dal greco andros agatos,  ovvero, bell’uomo. Non di fattezze fisiche, o almeno, non solo, quanto piuttosto riferito al portamento dignitoso della persona. ‘Omu drittu’, ‘bell’uomo’, trovano infatti rispondenza nella più importante ‘qualità’ dell’ uomo d’onore: quella di non doversi mai piegare dinanzi a chicchessia, se non per servire gli obiettivi della sua ‘famiglia’.
Antonio Nicaso, ricercatore puntiglioso delle vicende di 'ndrangheta, con il Procuratore aggiunto di Reggio Calabria, Nicola Gratteri, hanno storicizzato l’evoluzione della ndrangheta, monade chiusa, a partire dai territori, il reggino ed il vibonese, fino all’espansione in ogni continente. La 'ndrangheta, sin dalla sua nascita si caratterizza come organizzazione parassitaria, seppure  innervata di anarchismo ribellista tipico delle dinamiche sociali calabresi, tanto da individuarla da parte di qualche intellettuale, almeno agli albori, come un’organizzazione nata per difendere i deboli dai soprusi che venivano commessi, soprattutto sui contadini e i braccianti agricoli da parte dei proprietari terrieri.
La storia vera, invece, è un’altra: la 'ndrangheta, come la mafia siciliana, sta sempre dalla parte del potere costituito, anzi, ne diviene spesso braccio armato e mazziere, proprio contro i ranghi sociali più deboli. Efficace, perché violento e spesso impunito, calmieratore sociale.
Nel ventunesimo secolo, e lo scrivono bene anche il magistrato Vincenzo Macrì e il prof. Enzo Ciconte in un saggio recente, la ndrangheta spazia sui cinque continenti, tenendo saldo il rapporto con la terra madre, i suoi riti di iniziazione, i matrimoni contratti spesso tra parenti ed affini, affinchè ‘il sangue non si perda’, sia che si viva a Plati o San Luca, in Aspromonte, che in Australia ed in Germania. E’ strutturata rigidamente secondo ‘cariche’ e distribuita sul territorio in ‘locali’, la cui apertura può essere autorizzata e ufficializzata soltanto dal ‘crimine’, figura  di vertice della ndrangheta di San Luca in Aspromonte. Ogni ‘locale’ ha un capo bastone, che ha potere di vita e di morte su tutti; un ‘contabile’, che gestisce le finanze e la così detta ‘bacinella’, dove sono raccolte le somme destinate agli affiliati ristretti in galera; un ‘crimine’, un vero e proprio ministro di guerra, che coordina gli omicidi e i regolamenti di conti con le cosche rivali. Ed ancora: il ‘mastro di società’, delegato ai rapporti ‘diplomatici’ con gli altri gruppi criminali; il ‘camorrista di società’, che coordina le attività estorsive; il ‘mastro di giornata’, che deve rendere conto ai superiori di tutto che ciò che quotidianamente avviene sul territorio di interesse della cosca, camorristi semplici, capo giovane e picciotti. Una gerarchia rigida che si può scalare soltanto dimostrando ‘coraggio’ nell’eseguire il mandato dei capi, che può riguardare un attentato dinamitardo, un’estorsione, fino all’omicidio. Droga, armi, usura, traffico di rifiuti speciali, insomma qualsiasi attività criminale che porti soldi alla cosca, viene avviata dalla ndrangheta. Il rapporto più forte, però, rimane il collante territoriale. Ogni ‘ndrina aperta all’estero è,infatti, solo un distaccamento autorizzato dalla casa madre. Lo testimoniano i risultati delle indagini sulla strage di Duisburg, il 15 agosto 2007, una ‘scapigliatura’  della  ventennale faida di San Luca tra i Nirta-Strangio e i Pelle-Vottari, cosche attivissime in Germania, e, quindi concorrenti tra loro nel riciclaggio di capitali, traffico di cocaina, investimenti immobiliari. Ma è sul territorio di origine che ogni cosca si consolida economicamente e trova legittimazione. Lì, grazie alle entrature con la politica, ogni cosca tenta di fare  il vuoto nel settore degli appalti pubblici e dell’edilizia privata residenziale. Un processo in crescita, testimoniato, purtroppo, da decine di scioglimenti di comuni per infiltrazione mafiosa, con conseguenze letali per l’affermazione democratica di ogni comunità. Il rapporto crimine organizzato-istituzioni-poteri occulti, è ormai diventato il punto dirimente non per la Calabria, ma per l’intero Paese. Hic Rhodus, hic salta.

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