9 giugno 2010    

«Regioni, lavorare per un Paese forte e coeso» (di Vasco Errani*)


“Il 40° delle Regioni, che cade mentre celebriamo l’impegnativo Anniversario dell’Unità d’Italia, deve servirci per dire parole chiare sul nostro sistema istituzionale in trasformazione, a partire dai valori che danno forza alla prima parte della Costituzione, illustrati in modo straordinario (e attuale) negli atti del dibattito fra i Costituenti e da Lei Presidente Schifani qui rappresentato in modo così alto. Da allora al 1970 (l’atto di nascita delle Regioni a statuto ordinario) passano più di venti anni, a rappresentare la lungimiranza dei Costituenti, penso all’articolo 5, ma anche alle difficoltà del processo di affermazione del decentramento, dell’autonomismo. Le resistenze centraliste da un lato, i localismi, la riproduzione in sedicesimo di centralismi periferici. E dall’altro i difetti conseguenti di un edificio, come sappiamo, non privo di sovrapposizioni e ridondanze. Interpretare e dare voce al nuovo Paese, alle comunità locali e regionali: questa la missione che vogliono fare propria le Regioni, con l’ambizione di contribuire a superare limiti storici del sistema politico ed istituzionale. E rilanciare l’unità nazionale. Oggi, dopo la riforma del Titolo V, siamo tutti consapevoli di essere parte fondamentale della Repubblica, parte fondamentale del governo del Paese, con compiti specifici e distinti. E lealmente lavoriamo ad un progetto istituzionale: quello di un Paese più forte e coeso, consapevole del valore proprio dei diversi territori, che aspira ad istituzioni più semplici, capaci e autorevoli. Per portare gli italiani, tutti gli italiani più vicini alla casa del governo, ossia ai luoghi delle decisioni. E’ il progetto di un federalismo partecipativo e solidale, che dà forma e sostanza ad un lungo lavoro per il riconoscimento e la promozione delle Autonomie come elemento essenziale di qualità della nostra democrazia. Un percorso che vogliamo completare e rendere coerente in un confronto trasparente, L'Italia delle Regioni comprensibile, semplice; moltiplicando (e non già dividendo) le cose importanti che ci rendono Italia nel mondo. Su questo grande valore dobbiamo investire di più, noi ci siamo. Scegliendo il nostro futuro nel difficile mondo di domani. Scegliendo priorità che sono nostre per tradizione e per vocazione: creatività, industriosità, studio, ricerca, cultura.


L’amore per il bello e per il buono. Attenzione, non perdiamo contatto con ciò che siamo e ciò che sappiamo. Con la ricchezza dei nostri territori e della nostra gente. Questa è identità. Per valorizzarla e rilanciarla occorre ricollocare il nostro Paese nel panorama globale. E servono riforme efficaci, istituzioni più leggere, efficienti e forti, una seria cooperazione istituzionale, nuove politiche pubbliche che esaltino il protagonismo della società. A questo obiettivo di qualità va condotta la necessaria ed urgente manovra di stretta quantitativa dei conti pubblici. Ma ciascun livello istituzionale faccia equamente la propria parte. Le Regioni ci sono e si vogliono misurare su tutto ciò. Con grande responsabilità, partecipando e condividendo i diversi passaggi. Penso alla “regia di governo” che abbiamo concretizzato nel contrasto ad una crisi pesante che ancora stiamo vivendo e sul tema degli ammortizzatori sociali in deroga: stabilendo assieme esigenze, priorità, risorse. Lo abbiamo fatto con linearità e con sostenibilità. Senza passare il cerino, con assunzioni di responsabilità reciproche. Un modello utile, che dà sostanza al principio di leale collaborazione. Ora c’è la priorità di affrontare l’emergenza lavoro prima di tutto per i giovani, il rilancio del Paese e la grande questione del superamento degli squilibri fra Nord e Sud. Due grandi compiti ci spettano, perché questa esperienza sia davvero produttiva e per dare coerenza al discorso federalista. Il primo riguarda l’esigenza di fare presto un quadro esatto e trasparente della contabilità pubblica nel suo insieme, specie nel momento in cui dobbiamo dare corpo con i decreti legislativi all’attuazione della delega per il federalismo fiscale, a cui tanti devono contribuire. La Conferenza delle Regioni lo ha chiesto da tempo: solo un patrimonio di dati comuni può consentire di ragionare ad un serio federalismo fiscale e insieme di fare una azione equa di risparmio e risanamento dei conti. Il secondo è di grande respiro istituzionale. Investe il necessario superamento del bicameralismo perfetto e l’esigenza di dare rappresentanza al sistema federale.


Certo, c’è un problema di tempo, e l’esigenza di accelerare e giungere a sintesi ampiamente condivise è evidente. Signor Presidente della Repubblica, Autorità tutte, siamo qui per questo Anniversario, per le Regioni, per ribadire le ragioni del patto democratico che ci lega. Possiamo in ogni sede discutere le scelte che vengono fatte, dal più piccolo Comune fino a Palazzo Chigi e al Parlamento, ma ci assumiamo assieme l’impegno convinto alla valorizzazione delle istituzioni nel loro insieme e alla cooperazione tra loro. Lo affermo e lo affermiamo contro la retorica e le semplificazioni che fanno male a tutti. I luoghi comuni verbali secondo cui le istituzioni sono inutili e comunque uno spreco hanno poco a che vedere con serie politiche di rigore e con l’esigenza di riforma della macchina amministrativa. E più spesso hanno a che vedere con una politica che rinuncia alla progettualità, si piega ai personalismi e ricerca il consenso facile. Non vogliamo cadere in questo errore. Perché la lotta più dura contro gli sprechi e i cattivi servizi la si conduce facendo leva sulle eccellenze, sulle pratiche migliori, stabilendo sistemi cogenti in base a parametri e risultati (come sul capitolo più delicato, quello della sanità). Le Regioni ci sono. Faremo la nostra parte, con equità ed equilibrio, pienamente consapevoli che anche le Regioni debbono cambiare con una incisiva autoriforma e che l’etica della responsabilità, della legalità e la moralità della politica, debbono essere alla base del rilancio dell’Italia nel nuovo scenario europeo e globale, per un nuovo sviluppo socialmente e ambientalmente sostenibile. Con una stella polare: l’idea che il bene della nostra gente è il bene del nostro Paese".-


* Presidente della Conferenza delle Regioni e delle Province autonome
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