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29 luglio 2008
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Silenzio, oggi parla il talento (di Romano Pitaro)
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Pazientate qualche ora ragazzi; da domani, sparsi negli uffici pubblici della Calabria, dopo la laurea col massimo dei voti, avrete l’occasione per mettervi alla prova. Silenzio, signori delle parole ed esteti del pensiero fluttuante, oggi a Reggio, nell’Auditorium dell’Assemblea regionale, parla il talento. Si dica quel che si vuole, ma se la cultura ha ancora un senso e un verso, oggi trova, proprio nel Palazzo della politica, un segno d’ inequivocabile riconoscimento. Succede che mentre l’Italia è ferma e c’è chi evoca la Grande depressione, Bossi maltratta i professori del Sud e la Svimez schiaccia la Calabria sull’Africa, una Professoressa/Manager d’impronta statunitense ma con evidenti tratti calabresi, sale sul podio. E tiene una lezione sul talento ai superlaureati calabresi. Non è solo la Calabria ad avere dimenticato i consigli di Confucio: “Sì d’esempio per i subalterni, assolvi chi ha commesso reati minori e promuovi chi è dotato di virtù e talento”, ma l’Italia del 2008 che di colpo si scopre impoverita, disorientata e non più in grado di programmare il futuro. Ebbene, in questa congiuntura, la Calabria indica, investendo 6 milioni di euro, un punto su cui far leva per uscire dal pantano: il talento. Sarà insufficiente ma l’arma, in questo mare d’affanni, è decisiva: le idee, il progetto; e la passione per ciò che si fa, spesso soppiantata da un approccio burocratico, sciatto, che bada alle forme e non all’obiettivo, alle procedure e al loro susseguirsi monotono e freddo e mai all’utilità da rendere alla società. Alla figlia di un maestro elementare emigrato in America che, in una delle tre classi elementari di Santa Caterina Albanese nella Calabria ancora preda del latifondo parassitario dei primi anni ’50, scopre, per la prima volta, la sua irrefrenabile passione per la cultura, tocca, questa mattina, ricordare l’importanza di avere più rispetto verso se stessi e le proprie, peculiari, inclinazioni; e sempre a lei spetta richiamare l’attenzione di tutti noi per il senso più intimo delle cose e la qualità dei lavori che, se fatti bene, generano soddisfazione. A questa donna di 59 anni, asciutta nel fisico e dallo sguardo acuto, docente alla Columbia University di latino medievale ed esperta di manoscritti antichi, tocca pronunciarsi contro l’ideologia del facile guadagno che caratterizza un tempo che sbiadisce i rapporti umani, premia la fugacità delle relazioni, frustra i sentimenti, induce all’evanescenza della parola e del pensiero. Ecco una parte della lezione. Che riguarda senz’altro la responsabilità della politica ma non può lasciare indifferente nessuno. Quando finisce le elementari, lei che oggi è alla guida dell’American Academy, per poter frequentare le medie, col freddo dei mattini invernali, insieme a un gruppo di coetanei attende l’arrivo della corriera per andare fino a Malvito, il paese vicino al suo. Spesso la corriera non arrivava e le toccava andare a piedi. “Ma eravamo ripagati dal piacere dei libri, del sapere che ci arricchiva e che esaudiva le nostre curiosità intellettuali”. Fino a 14 anni ragazzina vispa di uno di quei paesi a nido d’aquila della Calabria, Santa Caterina Albanese, un borgo di 400 famiglie arbëreshë dell’Alta Valle dell’Esaro, aveva davanti a sé il destino di una carriera d’insegnante stinta e mal retribuita. Non sapeva una parola d’inglese quando giunse nel Bronx, ma aveva l’amore indiscusso per il latino e il greco, affascinata dalle magnifiche biblioteche di New York finì ad Harvard con una borsa di studio. Gli Stati Uniti l’hanno ospitata e vezzeggiata, accompagnata e premiata al punto da metterla alla testa di uno dei loro più qualificati Istituti culturali. Oggi quella ragazzina calabrese che prendeva la corriera per Malvito, ha un piglio decisionista. E’ stata ragazzina in una Calabria avvolta nella miseria e si presenta a noi col volto di chi ce l’ha fatta. Dirige non un Comune del Nord o un Ente dello Stato, ma il più grande Istituto straniero a Roma che si regge non grazie a finanziamenti pubblici ma conta, esclusivamente, su fondi privati: 10 milioni di dollari l’anno. Nei suoi edifici, al Granicolo, sono passati artisti che hanno rivoluzionato il senso comune, cultori delle arti, scultori, pittori, architetti famosi come John Russel Popo e scrittori del calibro di Gore Vidal. La calabrese della corriera ( come non vederla col viso smagrito contro il finestrino opaco?) non ha preconcetti né complessi d’inferiorità, perché il suo percorso non ha evitato i sacrifici, anzi grazie ad essi si è temprata. Guida un’istituzione che tra i suoi mecenati ha avuto grandi tycoon come il petroliere John Rockefeller. Di questo mondo smagliante e spietatamente competitivo, ha le chiavi la calabrese di Santa Caterina Albanese. E le ha grazie al suo talento. Nessuno zio prete e nessun boss della politica le ha agevolato il salto. Lei ogni cosa se l’è guadagnata. Questa la quintessenza della sua lezione. E’ vero: non tutti possono comprendere. Ci vuole talento per scrutare nelle pieghe del passato e dell’animo umano. Se la sua presenza a Reggio non è sufficiente per offrire una esaustiva definizione di talento, certo lo è per escludere che sia talento quello acquistato, tanto al chilo, al mercato delle clientele; in un modo o nell’altro, offrendo servigi vari e inchinandosi al potente di turno con sussiego mieloso e pietosa vocazione all’irrilevanza. Perciò oggi il talento che è di scena a Reggio a noi tocca ascoltarlo e compiacerci di poterlo mirare come un’apparizione di cui si ha bisogno per affrancarci da una quotidianità che i campioni spesso li azzoppa. A Reggio non è in mostra, si badi, il talento azzimato e coltivato in qualche setta o congrega e reso presentabile per officiare nelle aule universitarie, di tribunale o della routine variopinta della società. Ma il talento vero. Che, per emergere, non si è mai ritratto dall’ affrontare le avversità a viso aperto. Misurandosi, per sbocciare nella sua più genuina valenza, non con il volto sbiancato di poteri più o meno occulti, meschini e chiusi, ma con il mercato globale, confrontandosi non con le burocrazie asfittiche del vieto meridionalismo, ma con i saperi eterogenei, umanistici e scientifici, che sono la linfa del dibattito internazionale. In un mondo che corre e tenta di fare a meno dell’umanità, direbbe un altro grande calabrese come lo scrittore Ernesto Sabato coscienza critica dell’America Latina, ma che non è ancora riuscito a fare a meno delle idee, dei migliori, dei talenti, la lezione di oggi non è acqua che scorre sulle pietre. La lezione, però, può essere utile se i talenti che l’ascoltano non cedono alla tentazione di fare a meno dei sacrifici per affermare il loro punto di vista. Alla condizione che i talenti in ascolto non si lascino trasformare in talenti di cartapesta, ma restino autentici e difendano le loro attitudini anche a costo di mettere a soqquadro gli ambienti dove andranno a lavorare. Pronti alla sfida del cambiamento che è, in fondo, la sfida cui li invita, per una volta, la politica calabrese. I magnifici 5oo, infatti, non dovranno solo intascare un assegno mensile per due anni, ma introdurre, lo si spera, delle novità nel sistema della pubblica amministrazione, per cambiarlo dall’interno e renderlo efficiente e trasparente.
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