Pubblicato il 30/10/2023
N. 05884/2023 REG.PROV.COLL.
N. 03905/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania
(Sezione Quarta)
ha pronunciato la presente
ORDINANZA
sul ricorso numero di registro generale 3905 del 2023, integrato da motivi aggiunti, proposto da

 

Regione Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dagli avvocati xxxxxxx xxxx, xxxxx xxxxxxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso lo studio xxxxx xxxxxxx in Napoli, via xxxx xxxx ...;

 

contro
Presidenza del Consiglio dei Ministri, non costituita in giudizio;
Ministero dell'Istruzione e del Merito, Ministero dell'Economia e delle Finanze, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Distrettuale Napoli, domiciliataria ex lege in Napoli, via xxxx ...;
nei confronti
Regione Lombardia, non costituita in giudizio;
e con l'intervento di
ad adiuvandum:
Flc - Federazione Lavoratori della Conoscenza - Cgil Campania, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxx xxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia e domicilio eletto presso il suo studio in xxxxxx, via xxxxxx xxxxxxx n. ...;
Federazione Uil Scuola-Rua, in persona del legale rappresentante pro tempore, rappresentato e difeso dall'avvocato xxxxxxx xxxx, con domicilio digitale come da PEC da Registri di Giustizia;
per l'annullamento
Per quanto riguarda il ricorso introduttivo:
dei seguenti atti:
1. del decreto interministeriale n. 127 del 30.6.2023, recante criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni per il triennio 2024/2025, 2025/2026, 2026/2027, ai sensi dell'art. 19, commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies del d.l. 6.7.2011 n. 98, come modificato e no-vellato dall'art. 1, comma 557, della l. 29.12.2022, n. 197, nella parte in cui assegna alla Regione Campania n. 839 istituzioni scolastiche;
2. della nota prot. n. 3723 del 4.8.2023, con cui il Ministero dell'Istruzione e del Merito ha comunicato alle Regioni la registrazione, in data 2.8.2023, del decreto interministeriale e ne ha disposto l'esecuzione;
3. della nota prot. U.3489 del 25.7.2023, di trasmissione del decreto;
4. della nota del Ministero dell'Istruzione e del Merito prot. U.1988 del 5.7.2023;
5. di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente;
Per quanto riguarda i motivi aggiunti presentati da Regione Campania il 20/9/2023:
per l'annullamento, previa sospensiva
1. del decreto interministeriale n. 127 del 30.6.2023, recante criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni per il triennio 2024/2025, 2025/2026, 2026/2027, ai sensi dell'art. 19, commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies del d.l. 6.7.2011 n. 98, come modificato e novellato dall'art. 1, comma 557, della l. 29.12.2022, n. 197, nella parte in cui assegna alla Regione Campania n. 839 istituzioni scolastiche;
2. della nota prot. n. 3723 del 4.8.2023, con cui il Ministero dell'Istruzione e del Merito ha comunicato alle Regioni la registrazione, in data 2.8.2023, del decreto interministeriale e ne ha disposto l'esecuzione;
3. della nota prot. U.3489 del 25.7.2023, di trasmissione del decreto;
4. della nota del Ministero dell'Istruzione e del Merito prot. U.1988 del 5.7.2023;
5. di ogni altro atto preordinato, connesso e conseguente

 

Visti il ricorso, i motivi aggiunti e i relativi allegati;
Visti tutti gli atti della causa;
Visti gli atti di costituzione in giudizio di Ministero dell'Istruzione e del Merito e di Ministero dell'Economia e delle Finanze;
Relatore nella Camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2023 il Consigliere. Alfonso Graziano e uditi per le parti i difensori come specificato nel verbale;

 

1. Con il ricorso in trattazione, depositato in data 11 settembre 2023, la Regione Campania impugna il Decreto n. 127 del 30 giugno 2023 con il quale il Ministero dell'Istruzione e del Merito, di concerto con il MEF, ha stabilito i criteri per la definizione del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni per il triennio 2024/2025, 2025/2026, 2026/2027, assegnando alla Regione Campania n. 839 istituzioni scolastiche.
Il gravame è esteso altresì alle note ministeriali numero 3489 e 3723 del 2023 con le quali si è comunicata l'avvenuta registrazione del predetto decreto e se ne è precisata l'operatività.
1.1. Va premesso che il decreto interministeriale n. 127 del 30 giugno 2023, recante "Criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni per il triennio 2024-2027", costituisce pedissequa attuazione dell'art. 19, commi 5-bis, 5-ter, 5-quater, 5-quinquies e 5-sexies del d.l. 6.7.2011 n. 98, come modificato e novellato dall'art. 1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197.
La fonte statale, ossia l'art.1, comma 557, della legge 29 dicembre 2022, n. 197 ("Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025"), innovando la precedente disciplina, stabilisce che: "All'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il comma 5-ter sono inseriti i seguenti: «5-quater. Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, tenendo conto del parametro della popolazione scolastica regionale indicato per la riforma 1.3 prevista dalla missione 4, componente 1, del citato Piano nazionale di ripresa e resilienza, nonché della necessità di salvaguardare le specificità delle istituzioni scolastiche situate nei comuni montani, nelle piccole isole e nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, anche prevedendo forme di compensazione interregionale, sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento. Ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo schema del decreto è trasmesso dal Ministero dell'Istruzione e del Merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Con deliberazione motivata della regione può essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato; 5-quinquies. Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dello anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato (...).
1.2. La ricorrente Regione Campania lamenta che in forza delle riportate disposizioni, con l'impugnato decreto n. 127 del 30 giugno 2023, il Ministero dell'Istruzione e del Merito, di concerto con il MEF, ha stabilito i criteri per la definizione del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni per il triennio 2024/2025, 2025/2026, 2026/2027, assegnando alla Regione Campania n. 839 istituzioni scolastiche. in luogo delle 899 precedenti. Il che si risolverebbe in un evidente vulnus contravvenendo alle esigenze di presenza dell'istituzione scolastica sul territorio regionale, specialmente nelle are contrassegnate da maggiore disagio sociale.
Al contestato assetto si è pervenuti all'esito di una riunione della Conferenza unificata negativo per il manifestato dissenso di alcune regioni (tra le quali alcune hanno presentato ricorso alla Corte Costituzionale in via principale).
Rappresenta, infatti, la Regione, che con nota prot. n. 76453 del 23.5.2023, in applicazione del comma 5-quater dell'art. 19 del d.l. 98/2011, introdotto dall'art. 1, comma 557, l. 197/2022, il Ministero dell'Istruzione e del Merito ha trasmesso alla Conferenza unificata lo schema di decreto, recante criteri per la definizione del contingente di dirigenti scolastici e DSGA per il triennio 2024/25, 2025/26, 2026/27. Non essendo stata prestata l'intesa, nella seduta del 24.5.2023, per il voto contrario delle Regioni -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS-, -OMISSIS- e -OMISSIS-, la Conferenza unificata ha sancito il mancato accordo.
1.3. Con nota prot. n. 1988 del 5.7.2023, il Ministero dell'Istruzione e del Merito ha confermato la determinazione della rete scolastica in Campania in n. 839 unità, in luogo delle 899 ricavabili sulla scorta dei dati in possesso della ricorrente, basandola sul solo dato della costante diminuzione della popolazione scolastica, nonché su una asserita vanificazione delle economie di spesa, già quantificate nella legge di bilancio e reinvestite nel sistema nazionale di istruzione. Al che con successiva nota prot. n. 3489 del 25.7.2023, il Ministero dell'Istruzione e del Merito ha trasmesso alle Regioni, nelle more della registrazione da parte degli organi di controllo, il suddetto decreto interministeriale e, con ulteriore nota prot. n. 3723 del 4.8.2023, ha comunicato alle Regioni l'avvenuta registrazione, in data 2.8.2023, del medesimo decreto interministeriale da parte della Corte dei Conti, precisando che a partire da tale data, esso ha acquisito piena efficacia e va pertanto eseguito dagli enti competenti
2. Si è costituito il Ministero dell'Istruzione e del merito, che ha poi prodotto memoria defensionale in data 14 settembre 2023.
3. La Regione Campania ha proposto inoltre motivi aggiunti depositati il 20 settembre 2023 con annessa domanda cautelare; con tale mezzo di gravame la ricorrente arricchiva le censure del ricorso principale con nuove argomentazione (c.d. motivi aggiunti propri o deduttivi).
4. Dopo un rinvio determinato da impedimento del Presidente f.f.e relatore alla Camera di consiglio del 20 settembre 2023, la causa veniva introitata alla succedeva Camera di consiglio del 4 ottobre 2023, all'esito della quale, udita l'ampia discussione dei patroni delle parti, la domanda cautelare è stata ritenuta in decisione per il vaglio della questione di legittimità costituzionale delle norme statali presupposte.
5. Orbene, è oggetto del presente giudizio il decreto n. 127 del 30 giugno 2023, il Ministero dell'Istruzione e del Merito, di concerto con il MEF, ha stabilito i criteri per la definizione del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le Regioni per il triennio 2024/2025, 2025/2026, 2026/2027, assegnando alla Regione Campania n. 839 istituzioni scolastiche.
L'impugnazione coinvolge altresì le successive note ministeriali prot. n. 1988 del 5.7.2023 recante conferma della determinazione della rete scolastica in Campania in n. 839 unità, in luogo delle precedenti 899 nonché le note prott. nn. 3489 e 3723/2023 di comunicazione dell'avvenuta registrazione del decreto ministeriale e di precisazione dell'operatività del medesimo.
5.1. Il Decreto interministeriale impugnato rinviene la sua fonte nell'art.1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 ("Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025") il quale, novellando la precedente disciplina, stabilisce che: "All'articolo 19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, dopo il comma 5-ter sono inseriti i seguenti: «5-quater. Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, a decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, (...) sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento. Ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo schema del decreto è trasmesso dal Ministero dell'Istruzione e del Merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto. Con deliberazione motivata della regione può essere determinato un differimento temporale di durata non superiore a trenta giorni. Gli uffici scolastici regionali, sentite le regioni, provvedono alla ripartizione del contingente dei dirigenti scolastici assegnato".
A seguire, il comma 5-quinquies dell'art.19 del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 dispone che "Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dello anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato (...).
Inoltre, il comma 5-sexies, norma di prima applicazione per gli anni 2023-2026, prevede, anche in tal caso senza alcun coinvolgimento regionale, la determinazione in progressiva riduzione degli organici.
Stabilisce infatti tale comma che: "5-sexies. In sede di prima applicazione, per l'anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all'articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e, per l'anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5- quinquies del presente articolo definisce un contingente organico, comunque, non superiore a quello determinato mediante l'applicazione dei commi 5 e 5-bis. A decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un contingente organico, comunque, non superiore a quello determinato sulla base dei criteri definiti nell'anno scolastico precedente. Eventuali situazioni di esubero trovano compensazione nell'ambito della definizione del contingente".
5.2. Orbene, la ricorrente Regione Campania si duole che le riportate disposizioni violino il sistema di riparto di competenze legislative tra Stato e Regioni scolpito all'art, 117, comma 3 della Carta costituzionale, che annovera tra le numerose materie di legislazione concorrente, l'istruzione, stabilendo all'ultimo periodo che " Nelle materie di legislazione concorrente spetta alle Regioni la potestà legislativa, salvo che per la determinazione dei principi fondamentali, riservata alla legislazione dello Stato".
Le norme censurate sarebbero invasive della sfera di competenza legislativa riservata alla regione, nella misura in cui non si limiterebbero alla consentita determinazione dei principi fondamentali, sostanziando invece disposizioni di dettaglio, che spetta solo all'Ente regionale dettare.
L'impugnato decreto interministeriale n. 127/2023 sarebbe dunque viziato in via di derivazione dalla illegittimità costituzionale dell'art. 19, commi quater, 5-quinquies del D.L. n. 98/2011 convertito con la legge n. 111/2011, commi inseriti dall'art.1, comma 557 della legge 29 dicembre 2022, n. 197 ("Bilancio di previsione dello Stato per l'anno finanziario 2023 e bilancio pluriennale per il triennio 2023-2025") .
5.3. Rileva al riguardo la ricorrente che una prima disciplina circa i criteri di determinazione sul territorio regionale delle sedi scolastiche risaliva al d.l. 98/2011, convertito in l. 111/2011. Siffatto originario assetto ordinamentale prevedeva all'art. 19, comma 4, che " [...] gli istituti compresivi per acquisire l'autonomia devono essere costituiti con almeno 1.000 alunni, ridotti a 500 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche" e al successivo comma 5 che "Negli anni scolastici 2012/2013 e 2013/2014 alle istituzioni scolastiche autonome costituite con un numero di alunni inferiore a 600 unità, ridotto fino a 400 per le istituzioni site nelle piccole isole, nei comuni montani, nelle aree geografiche caratterizzate da specificità linguistiche, non possono essere assegnati dirigenti scolastici con incarico a tempo indeterminato. Le stesse sono conferite in reggenza a dirigenti scolastici con incarico su altre istituzioni scolastiche autonome".
Segnala la Regione che con sentenza n. 147/2012 la Corte Costituzionale ha dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 19, comma 4, del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98 (Disposizioni urgenti per la stabilizzazione finanziaria), convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, per violazione dell'art. 117, comma 3, Cost., in quanto tale disposizione normativa, regolando nel dettaglio la rete scolastica e il dimensionamento degli istituti, è riconducibile alla competenza concorrente in materia di istruzione. Le disposizioni indicate sono costituzionalmente illegittime per evidente violazione delle norme costituzionali indicate in rubrica e chiara lesione delle attribuzioni regionali. 1.
Come noto, a mente dell'art. 117, 2 comma, lett. n) Cost., appartengono alla legislazione esclusiva statale le norme generali sull'istruzione, mentre, ai sensi dell'art. 117, comma 3, costituisce materia concorrente quella dell'istruzione, tra cui rientra certamente la funzione organizzativa del servizio pubblico in questione. Materia, quest'ultima, nella quale spetta alle Regioni la potestà legislativa e quella regolamentare, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali. In argomento la giurisprudenza ha chiarito la differenza esistente tra le norme generali sull'istruzione - riservate alla competenza esclusiva dello Stato ai sensi dell'art. 117, 2 comma, lett. n), Cost. - e i principi fondamentali della materia "istruzione", che l'art. 117, 3 comma, Cost. riserva alla legislazione dello Stato in tema di competenza legislativa concorrente.
La ricorrente ricorda che si è statuito al riguardo che rientrano tra le norme generali sull'istruzione "quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali". Sono, invece, espressione di principi fondamentali della materia dell'istruzione "quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale" (cfr. Corte Cost. n. 147/2012, n. 92/2011 e n. 200/2009).
6. Deve preliminarmente il Collegio darsi carico di scrutinare l'eccezione di incompetenza territoriale di questo Tribunale sollevata dalla difesa dello Stato sul rilievo, in sintesi, che il D.M. n. 127/2023 è provvedimento emanato da un'autorità centrale ed ha effetti sull'intero territorio nazionale, ragion per cui sarebbe competente a vagliarne la legittimità il T.A.R. Lazio, sede di Roma.
6.1. Ad avviso del Collegio l'eccezione va disattesa in considerazione della portata della proposta impugnazione, delimitata dai confini dell'interesse azionato dalla ricorrente.
Ai sensi dell'art. 13, co. 1, secondo periodo del Codice del processo amministrativo, infatti, ferma restando la regola recata dal primo periodo secondo cui "Sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni è inderogabilmente competente il tribunale amministrativo regionale nella cui circoscrizione territoriale esse hanno sede" , e quella - residuale - sancita al comma 3 a termini del quale "Negli altri casi è inderogabilmente competente, per gli atti statali, il Tribunale amministrativo regionale del Lazio, sede di Roma", stabilisce che "Il tribunale amministrativo regionale è comunque inderogabilmente competente sulle controversie riguardanti provvedimenti, atti, accordi o comportamenti di pubbliche amministrazioni i cui effetti diretti sono limitati all'ambito territoriale della regione in cui il tribunale ha sede." Il riportato secondo periodo dell'art. 13, comma 1 istituisce infatti il criterio c.d. degli effetti del provvedimento, che, ove limitati al territorio della regione in cui ha sede il T.A.R. periferico, ne determinano la competenza territoriale.
Gli effetti si determinano in relazione all'interesse portato dal ricorrente e quindi alla portata e al perimetro dell'impugnazione.
Nel caso all'esame, la Regione Campania ha impugnato il D.M. n. 127/2023 e le pedisseque note attuative, relativamente alle conseguenze lesive che tali atti e provvedimenti determinano nell'ambito del territorio regionale, nella misura in cui comportano una riduzione significativa - pari a circa 600 unità - del numero delle istituzioni scolastiche e dei relativi dirigenti e connessi direttori e dei servizi generali amministrativi.
Tali effetti diretti negativi circoscrivono l'interesse della Regione Campania e la conseguente portata della spiegata impugnazione.
Dal che discende che anche la decisione sia essa cautelare o di merito, di eventuale accoglimento che il giudice dovesse assumere potrà avere effetti - pur ove l'atto impugnato sia stato adottato da un'autorità statale - nel solo ambito territoriale soggetto alla competenza del T.A.R. periferico adito dal ricorrente.
6.2.La giurisprudenza è costante sul punto. Conviene richiamare le pronunce più significative, tra cui consta l'arresto d'appello secondo cui "Il rapporto tra i due criteri di competenza territoriale previsti dall'art. 13, comma 1, c.p.a. segue una logica di complementarietà e di reciproca integrazione: il criterio principale è quello della sede dell'autorità che ha adottato l'atto impugnato ma nel caso in cui la potestà pubblicistica spieghi i propri effetti diretti esclusivamente nell'ambito territoriale di un tribunale periferico, il criterio della sede cede il passo a quello dell'efficacia spaziale.." (Cons. giust. amm. Sicilia sez. giurisd., 1 febbraio 2018, n.51), assunto fatto proprio dal giudice di prime cure più di recente, che ha affermato la prevalenza del criterio dell'efficacia dell'atto precisando che "Qualora i due criteri di competenza territoriale previsti dall'art. 13, comma 1, cod. proc. amm. - ossia, quello del luogo in cui l'autorità emanante ha sede, e quello del luogo in cui si producono gli effetti dell'atto impugnato - conducano a risultati diversi, deve ritenersi prevalente il criterio del luogo di efficacia dell'atto, deponendo in tal senso sia l'argomento letterale desumibile dall'uso della parola «comunque» nella seconda parte del citato comma 1, sia l'argomento sistematico secondo cui il criterio della sede dell'autorità emanante, quale norma generale, cede di fronte al criterio del luogo degli effetti, quale norma speciale." (T.A.R Sicilia - Catania, Sez. IV, IV, 14 novembre 2022, n.2931; ID, Sez. I, 21/09/2020, n.2250; in tal senso anche T.A.R. Lombardia - Milano, Sez. IV, 10 gennaio 20020, n.69, secondo cui "Con l'entrata in vigore del nuovo Codice di rito amministrativo la competenza territoriale del Giudice di primo grado è divenuta inderogabile e, ai sensi dell'articolo 13, comma 2, II periodo, c.p.a., il Tribunale periferico è inderogabilmente competente a conoscere gli atti di una Amministrazione centrale, ove questi abbiano effetti territoriali limitati alla circoscrizione del Tribunale medesimo.").
7. Approdando al merito della soggetta questione di legittimità costituzionale, ritiene il Collegio che essa sia rilevante e non manifestamente infondata.
La rilevanza è presto argomentata sol che si consideri che ove la Corte Costituzionale dovesse ritenere fondata la prospettata questione di legittimità costituzionale e per l'effetto espungere dall'ordinamento la fonte statale autorizzante, l'impugnato decreto ministeriale n. 127/2023 perderebbe il suo fondamento legislativo autorizzante e pertanto sarebbe illegittimo con l'ovvia conseguenza che il Tribunale dovrebbe accogliere il ricorso.
Si profila pertanto evidentemente rilevante ai fini del decidere il giudizio di codesta Sovrana Corte sulla conformità o meno a Costituzione della norma di fonte statale presupposta.
8. Quanto alla non manifesta infondatezza il Collegio ne affida la enucleazione alle considerazioni che seguono.
Si è già anticipato nell'esposizione introduttiva che è censurata la norma statale costituita in primo luogo dall'art. 5-quater del d.l. 6 luglio 2011, n. 98 convertito, con modificazioni, con la l. 15 luglio 2022, n. 11, il quale stabilisce che "Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, (...) sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata di cui all'articolo 8 del decreto legislativo 28 agosto 1997, n. 281, da adottare entro il 31 maggio dell'anno solare precedente all'anno scolastico di riferimento. Ai fini del raggiungimento dell'accordo, lo schema del decreto è trasmesso dal Ministero dell'Istruzione e del Merito alla Conferenza unificata entro il 15 aprile. Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto.
Prosegue la contestata norma statale stabilendo al comma 5-quinquies che "Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000, e tenuto conto dei parametri, su base regionale, relativi al numero degli alunni iscritti nelle istituzioni scolastiche statali e dell'organico di diritto dello anno scolastico di riferimento, integrato dal parametro della densità degli abitanti per chilometro quadrato (...)."
A sua volta, conseguentemente, con norma ad applicazione temporanea per definire l'assetto in questione per gli anni 2023-2026, il comma 5-sexies stabilisce che "5-sexies. In sede di prima applicazione, per l'anno scolastico 2023/2024, restano ferme le disposizioni dei commi 5, 5-bis e 5-ter del presente articolo, con i parametri indicati all'articolo 1, comma 978, della legge 30 dicembre 2020, n. 178, e, per l'anno scolastico 2024/2025, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5- quinquies del presente articolo definisce un contingente organico, comunque, non superiore a quello determinato mediante l'applicazione dei commi 5 e 5-bis. A decorrere dall'anno scolastico 2025/2026, il decreto di cui al comma 5-quater o quello di cui al comma 5-quinquies definisce un contingente organico, comunque, non superiore a quello determinato sulla base dei criteri definiti nell'anno scolastico precedente. Eventuali situazioni di esubero trovano compensazione nell'ambito della definizione del contingente".
Tutti i riportati commi dell'art. 19 del d.l. n.. 98/2011 sono fatti oggetto dell'eccezione di illegittimità costituzionale sollevata dalla ricorrente Regione.
8.1. Come noto, a mente dell'art. 117, 2 comma, lett. n) Cost., appartengono alla legislazione esclusiva statale "le norme generali sull'istruzione", mentre, ai sensi dell'art. 117, comma 3, costituisce materia concorrente quella dell'istruzione, tra cui rientra certamente la funzione organizzativa del servizio pubblico in questione. Materia, quest'ultima, nella quale spetta alle Regioni la potestà legislativa e quella regolamentare, salvo che per la determinazione dei princìpi fondamentali.
Come pone in luce la ricorrente, codesta sovrana Corte ha in argomento statuito che rientrano tra le norme generali sull'istruzione «quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario e uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali».
Sono, invece, espressione di principi fondamentali della materia dell'istruzione "quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale» (cfr. Corte Cost. n. 147/2012, n. 92/2011 e n. 200/2009).
8.2. Consta in argomento una prima chiara indicazione nella giurisprudenza costituzionale, che ha avuto modo di chiarire al riguardo che "proprio alla luce del fatto che già la normativa antecedente alla riforma del Titolo V prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 d.lgs. n. 112 del 1998, è da escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le Regioni di una funzione che era già ad esse conferita, sia pure soltanto sul piano meramente amministrativo. La disposizione impugnata non invade, perciò, la competenza delle Regioni a disciplinare l'attività di dimensionamento della rete scolastica sul territorio (sentt. nn. 34/2005; 200/2009)" (cfr. Corte Cost. 21 dicembre 2016, n. 284).
La pronuncia costituzionale che appare più chiarificatrice in ordine ai confini della competenza statale è la sentenza n. 92/2011 che ha esaminato una fattispecie similare, inerente il dimensionamento della rete scolastica, allorché codesta Sovrana Corte ha tracciato con sufficiente chiarezza la differenza tra norme generali sull'istruzione e principi fondamentali che è consentito allo Stato fissare.
La Corte ha al riguardo significativamente precisato che "rientrano tra le norme generali sull'istruzione "quelle disposizioni statali che definiscono la struttura portante del sistema nazionale di istruzione e che richiedono di essere applicate in modo necessariamente unitario ed uniforme in tutto il territorio nazionale, assicurando, mediante una offerta formativa omogenea, la sostanziale parità di trattamento tra gli utenti che fruiscono del servizio dell'istruzione (interesse primario di rilievo costituzionale), nonché la libertà di istituire scuole e la parità tra le scuole statali e non statali", mentre sono espressione di principi fondamentali della materia dell'istruzione "quelle norme che, nel fissare criteri, obiettivi, direttive o discipline, pur tese ad assicurare la esistenza di elementi di base comuni sul territorio nazionale in ordine alle modalità di fruizione del servizio dell'istruzione, da un lato, non sono riconducibili a quella struttura essenziale del sistema d'istruzione che caratterizza le norme generali sull'istruzione, dall'altra, necessitano, per la loro attuazione (e non già per la loro semplice esecuzione) dell'intervento del legislatore regionale". (Corte Cost., 21 marzo 2011, n. 92)
8.2.1.Ritiene il Collegio che la differenza, additata da Codesta Sovrana Corte, tra norme che richiedono per l'attuazione l'intervento ragionale e norme che invece richiedono solo un intervento esecutivo della Regione, può individuarsi nella circostanza che le prime, per poter essere portate ad effetto, postulano l'intervento di ulteriori atti del legislatore regionale, laddove quelle che richiedono il mero intervento esecutivo dell'ente territoriale sono quelle che hanno già definito in modo più completo la fattispecie normativa.
Ebbene, solo le norme che dettano principi fondamentali, e che quindi necessitano per la loro attuazione di ulteriori norme di legge regionale, possono legittimamente essere varate dello Stato.
Nel caso esaminato dalla Corte, è stata ritenuta non rientrante tra le norme che contengono principi fondamentali quella che stabiliva che l'istituzione di nuove scuole - quindi norma che incideva in via diretta sul dimensionamento della rete scolastica - dovesse avvenire con legge statale previa collaborazione con le Regioni.
Si è infatti già statuito in proposito che "la norma oggetto di conflitto che, in riferimento alla scuola dell'infanzia, dispone che "l'istituzione di nuove scuole e di nuove sezioni avviene in collaborazione con gli enti territoriali, assicurando la coordinata partecipazione delle scuole statali e delle scuole paritarie al sistema scolastico nel suo complesso", non può essere considerata norma generale sull'istruzione e, riguardando in maniera diretta il dimensionamento della rete scolastica sul territorio, invade la competenza concorrente delle regioni (in materia di istruzione) sul punto specifico di adattamento della rete scolastica alle esigenze socio-economiche di ciascun territorio regionale; né, d'altra parte, la norma può essere ascritta all'area dei principi fondamentali della materia concorrente dell'istruzione [ ...]" (Corte Costituzionale, 21 marzo 2011, n. 92).
8.3. Orbene, opina il Collegio che una norma come quella indubitata di infrazione costituzionale, di cui all'art. 19 comma 5-quater del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, secondo cui "Al fine di dare attuazione alla riorganizzazione del sistema scolastico prevista nel Piano nazionale di ripresa e resilienza, decorrere dall'anno scolastico 2024/2025, i criteri per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni, (...) sono definiti, su base triennale con eventuali aggiornamenti annuali, con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, previo accordo in sede di Conferenza unificata", appare incontrovertibilmente esorbitante i confini delle norme dettanti i soli principi fondamentali della materia dell'istruzione e come tale riservata alla normazione statale.
Invero, una disposizione come quella censurata, che autorizza un decreto interministeriale a fissare criteri direttivi per la definizione del contingente organico dei dirigenti scolastici (i pregressi presidi e direttori didattici secondo la vecchia definizione) e dei DSGA (direttori generali dei servizi amministrativi, i pregressi segretari) e la loro distribuzione sul territorio regionale, integra norma di dettaglio e non certo di principio.
Dettare dei criteri a cui debba uniformarsi la normazione regionale equivale, infatti, in ultima analisi, a imbrigliare la potestà normativa della regione entro margini assai limitati, atteso che appare evidente che ogni criterio in quanto tale circoscrive e astringe lo spazio di determinazione autonoma del destinatario del criterio stesso.
8.3.1. Non deve trarre in inganno il periodo successivo del comma 5- quater laddove dispone che "Le regioni, sulla base dei parametri individuati dal decreto di cui al primo periodo, provvedono autonomamente al dimensionamento della rete scolastica entro il 30 novembre di ogni anno, nei limiti del contingente annuale individuato dal medesimo decreto".
Il cennato riferimento ad un autonomo dimensionamento appare alquanto illusorio e di ardua concretizzazione al cospetto di una norma statale determinativa dei criteri dello stesso.
Invero, non può certo configurarsi e realizzarsi "autonomo" dimensionamento della rete scolastica da parte dell'Ente territoriale, a fronte di una presupposta griglia di criteri - dettati dal legislatore statale - la quale non può che avere l'effetto di costringere lo spazio di residua autonomia normativa affidato alle Regioni.
8.3.2. Non può, inoltre, essere fondatamente opposto che le censurate norme di legge statali (art. 19, commi 5-quater e 5-quinques, L. n. 122/2011) non enunciano alcun criterio ai fini del dimensionamento della rete scolastica, ma lo affidano al previsto decreto interministeriale emanando previo parere della conferenza unificata.
La sospetta infrazione costituzionale, infatti, discende dal congiunto operare delle citate norme di legge statale autorizzante e della pedissequa fonte secondaria, disposizioni che finiscono per costituire un tutt'uno con la norma statale.
8.3. Né, per altro verso, potrebbe sostenersi che tale corpus normativo, nel contemplare unicamente dei criteri per la definizione concreta del contingente dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali ed amministrativi, è in linea con l'art. 117, co.3, ultimo periodo della Costituzione, che nelle materie di legislazione concorrente riserva alla Stato la definizione di principi fondamentali.
Invero, non deve sfuggire la differenza ontologia tra <<principi fondamentali>> e meri <<criteri>>. I primi evocano infatti le linee di base, di fondo, della legislazione, afferenti a nozioni e concetti di ampia portata e respiro; laddove i criteri (dal latino tardo medioevale "criterium", derivato dal greco Krino, giudicare) si traducono in fattori e parametri guida, che consistono in proposizioni utili a distinguere, discernere, giudicare e sono pertanto caratterizzati da un concreto tasso di definitorietà e specificità, a differenza dei principi fondamentali che si arrestano, invece ad un più rarefatto livello di generalità.
9.Rimarca inoltre il Collegio che il divisato incostituzionale carattere che va fondatamente ascritto alle norme in questione, emerge poi con una certa evidenza nella parte della disposizione che istituisce un potere di intervento sostitutivo in capo allo Stato, operante per il caso di mancato raggiungimento dell'accordo, che è quello posto all'attenzione del Collegio.
Ebbene, in tale ipotesi le avversate norme stabiliscono che "Decorso inutilmente il termine del 31 maggio di cui al primo periodo del comma 5-quater, il contingente organico dei dirigenti scolastici e dei direttori dei servizi generali e amministrativi e la sua distribuzione tra le regioni sono definiti con decreto del Ministro dell'istruzione e del merito, di concerto con il Ministro dell'economia e delle finanze, da adottare entro il 30 giugno, sulla base di un coefficiente indicato dal decreto medesimo, non inferiore a 900 e non superiore a 1000" (art. 19, co. 5-quinnquies, D.L. n. 98/2022, conv. con L. n. 122/2011).
Con tale disposizione, dunque, il legislatore statale fissa addirittura un coefficiente numerico per l'individuazione da parte dei due ministeri interessati, il numero dei dirigenti scolastici entro un range oscillante tra 900 e 1000 unità.
Non è chi non veda come tale norma si connoti per uno spiccato carattere di disposizione di dettaglio e non certo di principio, elidendo in toto ogni spazio di con corrente intervento del legislatore regionale che finisce per essere in buona sostanza esautorato.
9.1. Sull'argomento la giurisprudenza costituzionale finora passata in rapida e sintetica rassegna è di una tale pertinenza che da sola basterebbe a supportare il vaglio di non manifesta infondatezza della prospettata questione di costituzionalità.
Ritiene tuttavia il Collegio di sottoporre all'attenzione di codesta Sovrana Corte una illuminante pronuncia, spesso richiamata nelle successive sentenze, con la quali la Corte ha deciso una fattispecie assai consimile a quella oggetto del presente giudizio.
È stato dichiarato costituzionalmente illegittimo l'art. 64, comma 4, lettera f bis) d.l. 25 giugno 2008 n. 112 (c.d. Decreto Bersani), conv., con modificazioni, in l. 6 agosto 2008 n. 133 che dettava norme di dettaglio per la definizione del ridimensionamento della rete scolastica.
Si è statuito sul punto che "È costituzionalmente illegittimo l'art. 64, comma 4, lettera f bis) d.l. 25 giugno 2008 n. 112, conv., con modificazioni, in l. 6 agosto 2008 n. 133".
Al riguardo Codesta Corte ha così argomentato: "Premesso che la normativa antecedente alla riforma del Titolo V della parte seconda della Costituzione prevedeva la competenza regionale in materia di dimensionamento delle istituzioni scolastiche, e quindi postulava la competenza sulla programmazione scolastica di cui all'art. 138 d.lg. n. 112 del 1998, e che deve quindi escludersi che il legislatore costituzionale del 2001 abbia voluto spogliare le regioni di una funzione che era già ad esse conferita sia pure soltanto sul piano meramente amministrativo, la disposizione censurata, la quale prevede che, con atto regolamentare, si dovrà provvedere alla "definizione di criteri, tempi e modalità per la determinazione e l'articolazione dell'azione di ridimensionamento della rete scolastica", lungi dal poter essere qualificata come "norma generale sull'istruzione", invade spazi riservati alla potestà legislativa delle regioni relativi alla competenza alle stesse spettante nella disciplina dell'attività di dimensionamento della rete scolastica sul territorio, poiché la mera sussistenza di un ambito materiale di competenza concorrente comporta che non è consentita, ai sensi del comma 6 dell'art. 117 cost., che attua il principio di separazione delle competenze, l'emanazione di atti regolamentari (sent. n. 34 del 2005)." (Corte Cost., 2 luglio 2009, n. 200).
Non necessitano ulteriori sviluppi deduttivi per illustrare la piena assonanza delle conclusioni cui Codesta sovrana Corte è pervenuta nella fattispecie scrutinata con la riportata sentenza n. 200/2009 rispetto al caso all'odierno esame, sol che si consideri che anche l'art. 19, commi 5 quater e quinquies del d.l. n. 98/2011 come modificato con la legge di conversione n. 122/2011 invade gli spazi riservati alla potestà legislativa delle Regioni concernente il dimensionamento della rete scolastica, per tutte le ragioni e gli effetti che si sono più sopra illustrati, di tal ché possono de plano essere calate nella vicenda per cui è causa, le statuizioni di cui alla ridetta sentenza costituzione n. 2 luglio 2009, n. 200 secondo cui la norma in questione, indubitata di violazione costituzionale "invade spazi riservati alla potestà legislativa delle regioni relativi alla competenza alle stesse spettante nella disciplina dell'attività di dimensionamento della rete scolastica sul territorio".
10. In definitiva, alla luce delle considerazioni tutte fin qui svolte, la prospettata questione di legittimità costituzione le si profila rilevante e non manifestamente infondata e impone di sollevare la stessa innanzi a codesta Corte formalmente denunciando il contrasto dell'art. 19, commi 5-quater e 5-quinquies e 5 sexies del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111,con l'art. 117, comma 3 della Costituzione.
Sul fondamento delle argomentazioni che precedono ed alla stregua della rilevanza e della reputata non manifesta infondatezza della questione prospettata, si rimette la sua definizione alla Corte Costituzionale con sospensione del presente giudizio.
11. Deve inoltre il Collegio accogliere la domanda cautelare formulata contestualmente al ricorso principale e ai motivi aggiunti sospendendo, nei limiti dell'interesse regionale della ricorrente Regione Campania e fino al deposito della sentenza della Corte Costituzionale e alla sua comunicazione alla Segreteria, il D.M. n. 127/2023 e le successive note ministeriali n. 3489 e 3723/ 2023.
Milita nel senso della pronunciata sospensione il periculum in mora determinato dallo stadio avanzato del processo di attuazione delle denunciate norme e dell'imminente realizzazione del dimensionamento scolastico, come rappresentato dalla Regione Campania ricorrente anche nel corso della discussione di camera di consiglio.
P.Q.M.
Il Tribunale Amministrativo Regionale della Campania (Sezione Quarta) Dichiara rilevante e non manifestamente infondata la questione di legittimità costituzionale dell'art. 19, commi 5-quater, 5-quinquies e 5 sexies del decreto-legge 6 luglio 2011, n. 98, convertito, con modificazioni, dalla legge 15 luglio 2011, n. 111, per contrasto con l'art. 117, comma 3 della Costituzione.
Accoglie la domanda cautelare e per l'effetto sospende il D.M. n. 127/2023 e le note ministeriali impugnate, nei limiti dell'interesse della ricorrente.
Sospende medio tempore il presente giudizio con rinvio al definitivo per ogni ulteriore statuizione in rito, nel merito e sulle spese di lite.
Dispone l'immediata trasmissione degli atti alla Corte Costituzionale.
Ordina che, a cura della Segreteria del Tribunale, la presente Ordinanza sia notificata alle parti in causa ed al Presidente del Consiglio dei Ministri, nonché comunicata ai Presidenti delle due Camere del Parlamento.
Dalla data di pubblicazione sulla Gazzetta Ufficiale della conseguente pronuncia della Corte Costituzionale decorre il termine perentorio di mesi 6 per la riassunzione in questa sede del giudizio medio tempore con la presente Ordinanza sospeso.
Così deciso in Napoli nella Camera di consiglio del giorno 4 ottobre 2023 con l'intervento dei Magistrati:
Alfonso Graziano, Presidente FF, Estensore
Rita Luce, Consigliere
Germana Lo Sapio, Consigliere


IL PRESIDENTE, ESTENSORE
Alfonso Graziano



IL SEGRETARIO