R E P U B B L I C A I T A L I A N A IN NOME DEL POPOLO ITALIANO Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta) ha pronunciato la seguente sul ricorso in appello n. 1027 del 1995, proposto da BERTASI Napoleone, BERTI Riccardo, CAVAGNA Dario, DAL CHIELE Maurizio, FELLIN Guido, GADLER Stefano, GAZZIERO Giancarlo, LORENZINI Bruno, MARCON Claudio, MARCON Renzo, MILIZIA Alberto, PATUZZI Alberto, REITSAMER Lea, TECINI Maria Pia e TESOLIN Massimiliano, tutti rappresentati e difesi dagli avv.ti Christoph Baur e Luigi Manzi ed elettivamente domiciliati presso lo studio del secondo, in Roma, via F. Confalonieri, 5, c o n t r o la PROVINCIA AUTONOMA di BOLZANO, in persona del Presidente della Giunta Provinciale p.t., costituitasi in giudizio, rappresentata e difesa prima dagli avv.ti Armando Bertorelle e Gianfranco Martini e poi dagli avv.ti Enrico Bertorelle e Michele Costa ed elettivamente domiciliata, da ultimo, presso lo studio dell’avv. Michele Costa, in Roma, via Eleonora Pimentel, 2, per l’annullamento della sentenza del Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano, n. 131/94. Visto il ricorso, con i relativi allegati; Visto l’atto di costituzione in giudizio della Provincia Autonoma di Bolzano; Visto il successivo atto di costituzione dei nuovi difensori della Provincia stessa; Vista la memoria prodotta dagli appellanti a sostegno delle loro domande; Visti gli atti tutti della causa; Data per letta, alla pubblica udienza del 25 maggio 2004, la relazione del Consigliere Salvatore Cacace; Udito, alla stessa udienza, l’avv. Carlo Mola, in sostituzione dell’avv. Luigi Manzi, per l’appellante, nessuno essendo comparso per l’Amministrazione appellata; Ritenuto e considerato in fatto e in diritto quanto segue: Con ricorso proposto al Tribunale Regionale di Giustizia Amministrativa, Sezione Autonoma per la Provincia di Bolzano, notificato in data 12 febbraio 1993, depositato il successivo 3 marzo ed ivi rubricato al n. 59/93 Reg. Ric., il sig. Fabio Beatrici ed altri, esposto di essere insegnanti diplomati di ruolo della formazione professionale della Provincia Autonoma di Bolzano inquadrati provvisoriamente nella sesta qualifica funzionale ai sensi dell’art. 37 della L.P. 21 maggio 1981, n. 11 e di avere presentato in data 22 giugno 1992 od in data 14 luglio 1992 domanda alla Provincia stessa chiedendo l’inquadramento definitivo nella settima qualifica funzionale con la stessa decorrenza del primo inquadramento e con ricostruzione della rispettiva posizione giuridica ed economica, instavano per l’annullamento della nota dell’Assessore alla formazione professionale in lingua italiana in data 14 dicembre 1992, con la quale era stata respinta la detta richiesta ( reiterata con atto di diffida in data 18 novembre 1992 ), nonché per la dichiarazione di illegittimità dell’omesso, preteso, inquadramento. Affermavano in proposito, in sostanza, il loro diritto ad essere inquadrati, in virtù della dichiarata unicità della funzione docente, nella stessa qualifica funzionale attribuita agli insegnanti in possesso di laurea. Il T.R.G.A. di Bolzano, con la sentenza n. 131 del 28 maggio 1994, respingeva il ricorso, rilevando come le norme, sulle quali i ricorrenti fondavano la loro pretesa ( e cioè gli artt. 38 e 54 della L.P. n. 11/1981 ), fossero state abrogate dall’art. 21 della L.P. 16 ottobre 1992, n. 36 “ e di conseguenza la diffida in oggetto, intesa ad ottenere l’applicazione di dette norme, notificata solo il 18 novembre 1992 quando cioè le norme di cui si chiede l’applicazione erano già state abrogate, è inefficace ed inammissibili sono quindi i motivi di gravame contro il diniego assessorile in risposta a detta diffida ” ( pagg. 4 – 5 sent. ). Di detta sentenza si dòlgono gli odierni appellanti ( solo in parte coincidenti con i ricorrenti in primo grado, che non hanno tutti proposto appello ), deducendo che il T.A.R. ha errato nel ritenere che la semplice presenza della norma abrogatrice potesse da sola giustificare il rigetto della loro domanda e riproponendo quindi i motivi e le considerazioni già svolti dinanzi al giudice di prime cure. Essi chiedono, in conclusione, che, in riforma della sentenza impugnata, sia annullato il diniego impugnato in primo grado e che sia dichiarata l’illegittimità del loro omesso inquadramento nella qualifica superiore. La Provincia Autonoma di Bolzano si è costituita in giudizio, chiedendo la reiezione dell’appello. In prossimità dell’udienza fissata per la discussione nel mérito, gli appellanti hanno brevemente ribadito con memoria le loro ragioni. La causa è stata chiamata e trattenuta in decisione alla udienza pubblica del 25 maggio 2004. 1. - L'appello è da respingersi, risultando il ricorso di primo grado inammissibile sotto più profili. In sostanza, i ricorrenti, docenti diplomati di ruolo della formazione professionale della Provincia Autonoma di Bolzano inquadrati nella sesta qualifica funzionale in forza del disposto dell’art. 37 della L.P. n. 11/1981, sostengono di aver diritto al trattamento giuridico ed economico attribuito, nell’ordinamento del personale provinciale, agli insegnanti laureati. Fanno derivare tale pretesa dal concetto di “ funzione unica docente ” , sul quale sarebbe basato il sistema della formazione professionale della Provincia Autonoma, “ nel quale il titolo di studio posseduto dal docente è di secondaria importanza, in quanto è lo stesso Ispettorato a curare – prima dell’immissione in ruolo del personale con i corsi abilitanti e successivamente mediante l’aggiornamento – la formazione dei propri docenti ” (pag. 6 app.). 2. - Questo Collegio ritiene tuttavia che la pretesa dei ricorrenti all’accertamento del diritto a conseguire un diverso status giuridico – economico, fondata sul fatto che a parità di mansioni espletate “ sussiste un divario nell’inquadramento tra due gruppi di docenti ” ( pag. 7 app. ), appare inammissibile, in quanto essa si collega ad una posizione di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, attesa la natura autoritativa degli atti di inquadramento giuridico ed economico del personale. Conformemente, invero, ai principii vigenti in materia da tempo affermati in giurisprudenza, occorre qui ribadire che l'inquadramento del personale è provvedimento autoritativo, con il quale l'Amministrazione definisce lo " status " giuridico ed economico del dipendente nell'àmbito del proprio apparato organizzativo, per cui nei confronti di tale atto sono configurabili solo posizioni di interesse legittimo e non di diritto soggettivo, come tali insuscettibili di autonoma azione di accertamento (cfr., ex aliis, Cons. Stato, Sez. VI, 21 novembre 1992, n. 924; id., Sez. V, 29 maggio 2000, n. 3083; id., 7 maggio 1996, n. 513; id., 8 luglio 1995, n. 1041; id., 10 novembre 1992, n. 1238; id., 14 ottobre 1992, n. 991); sì che è inammissibile il ricorso del pubblico dipendente vòlto all’accertamento ed alla declaratoria del diritto alla ricostruzione giuridica ed economica della carriera e dell’inquadramento in una qualifica funzionale diversa, non esistendo un diritto soggettivo del dipendente stesso ad ottenere l’attribuzione di detta qualifica. È noto, infatti, in quanto da tempo costituisce ius receptum, che, in materia di inquadramenti e, più in generale, nei confronti dell'attività amministrativa che definisce la posizione funzionale dell'impiegato all'interno dell'apparato organizzativo dell'Amministrazione, i pubblici dipendenti vantano esclusivamente posizioni di interesse legittimo al corretto esercizio del potere organizzatorio - pur sempre autoritativo, ancorché vincolato - della Pubblica amministrazione e non posizioni di diritto soggettivo accertabili, in quanto tali, dal Giudice amministrativo ( cfr. Cons. giust. Amm. Reg. Sicilia, sez. giurisd., 20 agosto 2002, n. 528; id., 26 febbraio 1993, n. 60). E’ appena il caso di notare come, nel caso di specie, l’impugnazione del diniego opposto dall’Amministrazione all’atto di diffida notificatole dai ricorrenti appaia niente più che una fictio, consistendo la pretesa sostanziale dell’azione giurisdizionale intentata nell’accertamento del loro diritto alla equiparazione giuridico-economica tra il docente diplomato e quello laureato, che presuppone posizioni di diritto soggettivo, come detto, insussistenti; donde l’inammissibilità di tale azione. 3. - Nello stesso tempo il ricorso originario va dichiarato inammissibile sotto altro profilo. La Provincia di Bolzano, in materia di ordinamento degli ufficii e del personale, ai sensi dell’art. 8, nn. 1 e 4, dello Statuto di autonomia approvato con d.P.R. 31 agosto 1972, n. 670, ha competenza legislativa primaria ed esclusiva. Essa è tuttavia vincolata, in tale esercizio, dai principii di riforma economico-sociale stabiliti dalle leggi dello Stato, fra i quali va annoverato, per quanto qui ne occupa, quello ricavabile dall’art. 3 della legge quadro sul pubblico impiego 29 marzo 1983, n. 93 (il cui articolo 1 attribuisce appunto la predetta natura ai principii desumibili dall’intero corpus della legge), a norma del quale, fra gli altri aspetti dell’organizzazione del lavoro e del rapporto di impiego, “ l’identificazione delle qualifiche funzionali, in rapporto ai profili professionali ed alle mansioni ” ( comma 1, n. 3 ) è disciplinata esclusivamente “ con i procedimenti e gli accordi contemplati dalla presente legge ” . E’ invero evidente che, a fronte della pretesa, qui fatta valere, all’inquadramento di cui all’art. 38 della legge provinciale 21 maggio 1981, n. 11 ( che, a prescindere dalla questione della sua perdurante applicabilità dopo l’abrogazione operatane dalla legge provinciale 16 ottobre 1992, n. 36, prevedeva un inquadramento definitivo del personale provinciale preceduto dall’inserimento dei profili professionali nelle qualifiche funzionali ), il “ diritto ” al superiore inquadramento, cui aspirano gli odierni appellanti con revisione della posizione di status di dipendenti della Provincia Autonoma di Bolzano e del trattamento giuridico-economico in godimento, può essere conseguito non per il tramite immediato di provvedimenti autoritativi di inquadramento o con autonome azioni giudiziali di accertamento, ma soltanto con l’attivazione dei meccanismi di contrattazione collettiva, cui è riservata nel nostro ordinamento la determinazione di tutta una serie di istituti giuridici ed economici relativi al personale alle dipendenze delle pubbliche amministrazioni, fra i quali, appunto, la individuazione dei profili professionali e la correlazione fra questi e le qualifiche funzionali. E siffatti principii risultano correttamente trasfusi, nella legislazione della Provincia Autonoma di Bolzano, ancor prima che nelle disposizioni del Capo III della legge 16 ottobre 1992, n. 36, già nell’art. 6 della L.P. n. 11/1991 e nell’art. 3 della legge provinciale 13 marzo 1990, n. 6, anteriori alle istanze proposte in via amministrativa dagli odierni appellanti. 4. – Per completezza di motivazione, va, comunque, chiarito che l’agognata ( dagli appellanti ) modifica dell’assetto del proprio rapporto di pubblico impiego, con la prospettazione del loro diritto ad una diversa qualifica di inquadramento con conseguenti riflessi giuridici ed economici sulla loro posizione di status, è stata correttamente ritenuta preclusa dal T.R.G.A. sulla base delle disposizioni della legge provinciale 16 ottobre 1992, n. 36, che, fra gli altri, ha abrogato gli invocati artt. 38 e 54 della L.P. n. 11/1981. Infatti, è principio generale che i provvedimenti di inquadramento dei pubblici dipendenti, salve contrarie disposizioni legislative, abbiano di regola decorrenza giuridica ed economica dalla data della loro adozione ( v. Consiglio Stato, sez. V, 20 maggio 1994, n. 505 ), sì che gli stessi ( così come quelli adottati dall’Amministrazione in relazione a domanda di riesame della propria posizione giuridico-economica proveniente dal dipendente ) non possono che fare applicazione delle disposizioni vigenti al momento dell’adozione, da parte dell’Amministrazione stessa, delle determinazioni di sua competenza, senz’alcuna possibilità di sopravvivenza od ultrattività di disposizioni anteriori, che non sia espressamente prevista dal legislatore. Nella specie, il legislatore provinciale del 1992 ha ritenuto, nell’esercizio della discrezionalità tipica che gli è propria, di abrogare, per quanto qui interessa, sia l’art. 37 che l’art. 38 della precedente L.P. n. 11/1981 e ciò sulla base dell’evidente constatazione del fatto che l’eventuale salvezza delle modalità di inquadramento del personale ivi previste ( prima in via provvisoria, poi in via definitiva previa individuazione dei profili professionali ) avrebbe vanificato i nuovi criterii formali, stabiliti sin dal 1990 dalla legislazione provinciale, in attuazione dei principii di riforma economico-sociale stabiliti in materia dal legislatore statale ed in omaggio, peraltro, al principio costituzionale di buona amministrazione. Né tale abrogazione configura una qualche forma di retroattività della legge provinciale del 1992, sulla base della quale gli appellanti sviluppano varie censùre di incostituzionalità della legge medesima, che sono pertanto da respingersi per erroneità del loro stesso presupposto di fondo; e ciò perché è tipico del principio della successione delle leggi nel tempo sia l’effetto abrogativo ( esplicito od implicito ) delle disposizioni preesistenti regolanti la stessa materia, sia la sottoposizione alla nuova disciplina di tutte le situazioni non definite sotto il regime precedente e rispetto a tale principio si pone semmai fuori dell’ordinamento proprio la tesi di fondo degli appellanti, che pretendono di affermare l’ultrattività delle norme del 1981 in palese contrasto con la volontà del legislatore provinciale del 1992. Né, per finire, la nuova legge provinciale del 1992 ha l’effetto, temuto dagli appellanti, di “ conferma ex lege del proprio inquadramento provvisorio risalente alla L.P. n. 11/1981 ” ( pag. 19 app. ), atteso che, essendo stato dalla stessa abrogato anche l’art. 37 della legge da ultimo citata ( che quell’inquadramento prevedeva ), è evidente che l’inquadramento definitivo degli appellanti deve ritenersi devoluto, a norma della L.P. n. 36/92, alla contrattazione collettiva, sulla base dei principii affermati dal legislatore nazionale a partire dalla legge-quadro n. 93 del 1983, cui, come s’è visto, si ispira correttamente la legislazione provinciale ad essa successiva. 5. – In conclusione, in riforma della sentenza impugnata, il ricorso di primo grado va dichiarato inammissibile, con conseguente reiezione dell’appello. Sussistono comunque giusti motivi per compensare integralmente tra le parti costituite le spese di giudizio. P.Q.M. il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Quarta), definitivamente pronunciando sul ricorso indicato in epigrafe: - in riforma della sentenza impugnata, dichiara il ricorso di primo grado inammissibile; - per l’effetto, respinge l’appello. Spese compensate. Ordina che la presente decisione sia eseguita dall’Autorità amministrativa. Così deciso in Roma, addì 25 maggio 2004, dal Consiglio di Stato in sede giurisdizionale – Sezione Quarta – riunito in Camera di consiglio con l’intervento dei seguenti Magistrati: Paolo Salvatore - Presidente Klaus Dubis - Consigliere Filippo Patroni Griffi - Consigliere Antonino Anastasi – Consigliere Salvatore Cacace - Consigliere, rel. est. |