Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo Presidente: V. Minerva – Relatore: F. Pepe FATTO Con atto di citazione depositato in data 30 dicembre 2002, il Procuratore regionale presso la Sezione giurisdizionale in intestazione chiamava in giudizio Franco T. e Fulco P. per “ essere ivi condannati al pagamento in favore dell’Ente Parco Nazionale d’Abruzzo delle somme, rispettivamente: il sig. Franco T. di € 594.857,00 … il sig. Fulco P. di € 174.158,00 … o di altre che saranno ritenute di giustizia, oltre agli interessi, alla rivalutazione ed alle spese di giudizio, queste ultime in favore dell’Agenzia regionale delle entrate ” . I fatti contestati dalla Procura regionale erano i seguenti: “ “ In relazione a varie segnalazioni di eterogeneo e generico contenuto ed a seguito di una verifica amministrativo-contabile esperita dalla Ragioneria generale dello Stato – Ispettorato generale di finanza, la cui relazione ispettiva veniva resa in data 21.11.1997 ricomprendendo nell’articolato quadro di indagine alcune “ zone d’ombra ” ed investendo criticamente la complessiva gestione del Parco Nazionale d’Abruzzo, emergevano talune prassi amministrative ed operative di evidente anomalia. In tale circostanza e raccogliendo esigenze informative prospettate da questa stessa Procura, la predetta relazione rilevava la situazione patologica dell’Ente in ordine ai bilanci preventivi e consuntivi, non approvati dai Ministeri vigilanti, censurando comportamenti non in linea con i limiti dell’autonomia amministrativo-contabile. Nel contesto di siffatti comportamenti, caratterizzati da gestioni fuori bilancio, dalla mancata osservanza della convenzione di cassa stipulata con l’Istituto bancario tesoriere, dal ricorso esteso ad anticipazioni di tesoreria, da deficienze di cassa e da patologici disavanzi, in ordine ai quali è in corso separata iniziativa di questa Procura, emergeva una serie di attività amministrative sviluppata allarmantemente secondo metodi e prassi svincolati da qualunque modulo regolamentare o, comunque, normativo. Siffatte censure venivano confermate dalla relazione della Corte dei conti - Sezione del controllo sugli enti, resa con riferimento alla gestione finanziaria del Parco Nazionale d’Abruzzo fino all’anno 1997, nella quale, oltre ad evidenziare temi gestionali generali, si segnalavano aspetti patrimoniali ed amministrativi non conformi ad un corretto esercizio dei poteri di amministrazione, senza omettere che il potere di vigilanza ministeriale era risultato quanto meno carente. Alla stessa relazione faceva seguito quella adottata dallo stesso Organo e relativa al periodo amministrativo 1998 – 1999, rilevando anche in quest’ultima – oltrechè gravi carenze ascrivibili alla disapplicazione di normative funzionali ed istituzionali – un’ampia congerie di distonie ed irregolarità, fino a gravi carenze ed a diffuse illegittimità. E ciò, ancorché si fosse constatato il recupero di una sostenuta azione di vigilanza da parte delle Amministrazioni centrali a ciò deputate, così come un’alacre attività di controllo da parte del Collegio dei revisori. L’impressionante quadro di irregolarità, riverberato per tutto il ricordato periodo sulla gestione finanziaria e sulle stesse risorse dell’Ente, investiva l’intera gestione patrimoniale ed amministrativa. Va, al riguardo, richiamato che, precedentemente al presente atto e su espressa segnalazione degli organi istituzionali, questa Procura regionale ha in tre diverse occasioni promosso azioni risarcitorie, nei confronti del Commissario governativo, del Direttore del Parco ed altri e, successivamente, nei confronti del Consiglio di amministrazione dello stesso Ente, in ordine ad erogazioni ritenute illegittime. Dal primo atto introduttivo era scaturito un giudizio, terminato con la condanna in appello del Commissario governativo e del direttore (sent. SS.RR. n. 36/96/A depositata il 25.3.1993). Dal secondo atto promosso nei riguardi del Commissario governativo, del Direttore ed altri è scaturita la sentenza di assoluzione n. 422/98 della Sez. giur. Abruzzo, depositata il 19.6.1998. Dal terzo giudizio n. 232 R ed altro si attende, all’attualità, la pronuncia in primo grado della Sezione giurisdizionale per l’Abruzzo. Stante l’ampiezza delle irregolarità contabili che connotavano il sistema finanziario – contabile dell’Ente, rendendolo “ opaco ed inattendibile ” , questa Procura promuoveva una apposita, nuova relazione ispettiva, sulla cui opportunità concordava la Ragioneria generale dello Stato. Cosicché, veniva acquisita in data 6.6.2002 una aggiornata relazione ispettiva, conseguita in tempi commendevolmente contenuti e dalla quale poteva trarsi conferma documentata ed argomentata delle singole fattispecie di danno. Ne risultava, conseguentemente, un’elencazione di attività organizzative, ordinamentali, amministrative, così come di comportamenti fattuali, sicuramente affetti da patologie decisionali ed operative, nonché la percezione in termini concreti e monetari – e non più soltanto sintomatici – del pregiudizio derivato per la finanza dell’Ente e per il suo patrimonio. Va, infatti, premesso che, ai sensi della normativa introdotta con le leggi nn. 19 e 20 del 1994 e n. 639 del 1996, nonché dei canoni valutativi dalle stesse presupposti, l’azione risarcitoria esercitabile da parte di questa Procura regionale deve essere radicata in specifiche fattispecie dannose, e non può, quindi, investire complessivamente la gestione dell’Ente, le cui generali distonie trovano più appropriata censura nei poteri sanzionatori commessi alle Amministrazioni vigilanti ed alle iniziative conseguenti. Dalla stessa relazione ispettiva emergevano o venivano confermate le irregolarità cui si è fatto cenno e relative alla gestione finanziaria, ai debiti fuori bilancio, all’uso di mezzi di pagamento, alle missioni, alle commistioni di attività con soggetti privati, alla gestione mobiliare ed immobiliare, alla localizzazione ed uso delle sedi, ed inoltre al personale ed alle peculiari posizioni di impiego, di stato ed economiche, ai rapporti di impiego o di lavoro ed ai rispettivi strumenti elusivamente adottati, alle indennità di carica ed ai contratti integrativi, in termini di valutazione concreta e, di massima, quantificata. Avendo ravvisato in tali elementi informativi che, ad eccezione della materia della corresponsione dell’indennità mensile pensionabile già oggetto del giudizio in corso, venivano portati a conoscenza nella loro integrità e nella pienezza del concreto pregiudizio derivatone per l’Ente, questo requirente emetteva in data 11.7.2002 l’invito a produrre deduzioni, previsto dall’art. 5 legge n. 19 del 1994, nei confronti del presidente del Parco Nazionale d’Abruzzo, sig. Fulco P., dei componenti in carica o recentemente dimessi dall’incarico, del Comitato direttivo, sigg.: Aldo D., Giancarlo A., Gianluigi C., Geremia C., Franco C., Manfredo E., Giovanni Diego F., Anna Maria F., Eustachio Gentile, Augusto Vigna Taglianti, Paolo dell’Anno e Piergiorgio Landini, nonché del direttore pro tempore dello stesso Parco, come si è successivamente appreso destinatario di un procedimento di licenziamento, sig. Franco T.. Con i predetti inviti venivano contestati i danni con riferimento al mancato, deviante o illegittimo esercizio dei poteri rispettivamente conferiti alle predette persone in virtù della carica rivestita ed in relazione alla normativa vigente per il Parco. Venivano, inoltre, acquisite note di servizio, lettere di contestazione, corrispondenza ed altri atti, dai quali emergevano nella loro imponenza i contrasti precedentemente insorti tra Ente Parco ed Amministrazione vigilante dai quali - anche indipendentemente dal tono ispirato da uno schematico quanto enfatico fine di non ricevere – si rileva la recisa e pervicace difesa di un’autonomia, tanto apodittica, quanto fragile per la sua unipolare riaffermazione di inammissibili illegittimità, assunta da parte del presidente dell’Ente, spesso a firma congiunta dell’ex direttore. Il termine posto per le controdeduzioni veniva prorogato da questo requirente su richiesta dei legali nominati in rappresentanza del presidente, che nell’imminenza della scadenza chiedevano altresì di accedere alla visione degli atti. Corrispondentemente veniva prorogato il termine per alcuni componenti del Consiglio direttivo, senza compromettere il complessivo rispetto dei termini per il deposito del presente atto. Il sig. Franco T. ex direttore del Parco non faceva pervenire difese. Il sig. Fulco P., presidente del Parco, contestava la genericità dell’invito, l’impossibilità di assumere copia degli atti ai quali era stato consentito l’accesso, la non ostensibilità della relazione ispettiva, l’accreditabilità al deducente delle azioni e delle iniziative del Consiglio direttivo, riferendo le attività illegittime al direttore anche per la loro natura occulta ed accreditandosi la soltanto graduale conoscibilità delle stesse, le iniziative per la cessazione dello stesso direttore dall’incarico, la non riferibilità dell’invito agli accertamenti ancora in corso. I componenti del Consiglio direttivo dell’Ente Parco, pressocchè unanimemente, deducevano a proprio discarico la rarità delle convocazioni, la soltanto graduale percezione della situazione finanziaria e patrimoniale, l’esercizio di un autoritario, “ autocratico, monocratico, quanto illecito, potere personale ” da parte del direttore, l’immediata attivazione delle misure ricognitive e ripristinatorie non appena emerse le illegittimità - fino alla nomina di una Commissione d’intesa con i revisori dei conti -, la complessità delle questioni che avevano richiesto decisioni interlocutorie, l’impegno al recupero e rispetto della normativa contabile, la natura di organo meramente consultivo del Consiglio come configurato dalla normativa vigente, la sostanziale riferibilità dei fatti a data anteriore alla immissione nei poteri di legge, la frequente manipolazione degli atti discendenti dalle deliberazioni dalla quale è derivato procedimento penale presso la competente Procura della Repubblica nei confronti del direttore pro tempore successivamente licenziato, e, in definitiva, rigettando l’imputazione di condotte omissive. Sui contenuti delle deduzioni difensive, confermati in sede di audizione personale dei componenti che ne hanno fatto richiesta, ci si soffermerà nella trattazione in diritto ” ” . L’Ufficio requirente, con lo stesso atto, aggiungeva: “ “ Il Parco Nazionale d’Abruzzo, originariamente disciplinato dal DPR 30 giugno 1951 n. 535, dettante disposizioni per l’organizzazione dell’Ente autonomo Parco Nazionale d’Abruzzo, e successivamente iscritto alla categoria IV della tabella allegata alla legge 20 marzo 1975, n. 70, nonché inserito nella tabella A allegata alla legge 21 ottobre 1984, n. 720 istitutiva della Tesoreria unica, è assoggettato alla legge 6 dicembre 1991, n. 394 (legge quadro sulle aree protette) il cui art. 35, comma 1, ha devoluto la normativa organizzativa dell’Ente all’emanazione di un decreto del Presidente del Consiglio dei Ministri, effettivamente adottato il 26.11.1993. Le funzioni degli organi e l’itinerario amministrativo degli atti fondamentali di pianificazione territoriale sono stati, poi e da ultimo, disciplinati dalla legge 9 dicembre 1998, n. 426. Come ha rilevato la Corte dei conti – Sezione del controllo enti nella determinazione n. 89/2001, la ritardata elaborazione, adozione e predisposizione di atti fondamentali per la struttura istituzionale, amministrativa, organizzativa, finanziaria e patrimoniale dell’Ente, come lo statuto, il regolamento del personale ed i piani, ha favorito una cristallizzazione delle competenze, come configurate antecedentemente al 1998 e concentrate nel Presidente e nel Consiglio direttivo, con una forte caratterizzazione monocratica del primo organo, in quanto titolare dei poteri di rappresentanza e, secondo l’ordinamento del DPR n. 535 del 1951, di tutti i poteri residuali non specificamente attribuiti all’organo collegiale. Vero è che tale ordinamento può dirsi superato, per quanto riguarda le disposizioni innovative recate dalla legge quadro n. 394 del 1991 e, per le ulteriori specificazioni delle competenze, dal DPCM del 1993, ferma restando, come da quest’ultimo precisato (art. 1), la vigenza per l’Ente della legge 20 marzo 1975, n. 70 e conseguentemente, del DPR 18 dicembre 1979, n. 696. In realtà, l’art. 3 dello stesso decreto puntualizza che il Consiglio direttivo è organo consultivo e propositivo, inglobando inoltre al proprio interno il Presidente ed il vice presidente. Nondimeno, occorre considerare che i poteri spettanti agli organi di un ente pubblico devono essere ricostruiti in modo coerente con le finalità allo stesso attribuite legalmente, consentendo una piena esplicazione del mandato istituzionale, di modo che deve ritenersi conservata al presidente la funzione amministrativa di coordinamento, attribuita per prevenire la reciproca incomprensione di tutti gli organi e favorire l’allineamento delle reciproche funzioni, così come a suo tempo previsto espressamente dall’art. 9, c. 3, del DPR n. 535 del 1951, che devolve a tale carica le funzioni di coordinatore. L’anomalia, conclamata da tutte le persone invitate a difendersi e riconoscibilmente, quanto sorprendentemente, pervasiva di tutta l’attività del Parco, è invece rappresentata dal ruolo del tutto trasmodante che, nel volgere di un prolungato servizio, è stato assunto dal direttore del Parco stesso. Previsto come direttore soprintendente dall’art. 9, c. 8, del DPR n. 535 del 1951, con poteri estesi a tutte le questioni generali e di bilancio ma, comunque interpretabili nei limiti della soprintendenza ai servizi, l’incarico è stato svolto in modo da assumere una posizione di forte ed inframmettente presenza, come segnalato e lamentato da tutti i componenti del Consiglio direttivo e dal presidente. Al riguardo, questo requirente rileva che, ove si riscontrasse qualche omissione o fuga dalle responsabilità imputabili agli altri organi del Parco, siffatta condotta omissiva o recessiva non potrebbe certo trasferire automaticamente gli effetti risarcitori delle imputazioni a carico dell’organo usurpatore delle funzioni, dovendo considerarsi sostanzialmente equivalente sul piano della efficacia causale del pregiudizio, tanto l’occupazione abusiva, quanto la rinuncia all’esercizio di potestà e competenze previste dalla legge. Peraltro, dovendo questo requirente attenersi alla regola della individuazione del raccordo causale determinante tra danno e condotta, l’esame delle procedure e degli atti, così come delle diffuse illegittimità, riconduce all’azione del direttore un’efficacia assolutamente prevalente ed invasiva. Si osserva, al riguardo, che sebbene le funzioni dell’organo collegiale, cui ab origine sono intestate attribuzioni di regolazione e di amministrazione, inclusa l’approvazione dei bilanci, siano enunciate come consultive e propositive (vds. cit. art. 3 DPCM del 1993), la struttura degli enti pubblici, così come configurata anche dalla legge n. 70 del 1975, non può prescindere dall’operatività concreta dell’organo stesso anche nelle funzioni di alta vigilanza, quanto meno per quanto concerne le proprie deliberazioni. Peraltro, è stato concordemente dichiarato dai suoi attuali componenti che l’inizio degli accertamenti sul merito delle attività del direttore ha tratto spunto da manipolazioni delle deliberazioni e da altre forzature delle valutazioni del Consiglio, perfettamente credibili nella unanimità delle deduzioni. Conseguentemente, di fronte ad una così pervadente ed incisiva personalizzazione delle attività amministrative e tanto più di fronte a convocazioni infrequenti dell’organo da parte del presidente, questo requirente, anche alla luce della complessiva documentazione acquisita, ritiene che gli elementi di colpevolezza, presenti talora fino all’ingenuità, forniscano una valutazione, pur sempre di trascuratezza, ma non caratterizzata da quei connotati di gravità, quali si riscontrerebbero in una condotta sprovveduta e negligente. E ciò, considerando anche la sufficientemente pronta attivazione per il recupero della legalità, non appena emersi gli aspetti di patente irregolarità riscontrati nell’espletamento delle funzioni consiliari ed approfonditi a seguito della nomina della Commissione di accertamento. Non sembra confliggere con tale valutazione la circostanza che tutti i componenti dell’organo collegiale appartenessero – o appartengano – ad altri organismi presso i quali viene ordinariamente svolta una qualificata ed avvertita attività amministrativa, rivestendovi ruoli di spiccata competenza (sindaco, componente di giunta comunale o di comunità montana, componente di organi di amministrazione universitaria, etc.) in considerazione del carattere di fatto usurpativo presentato dall’attività del direttore. Alla stregua di siffatta premessa, lo stesso presidente del Parco appare responsabile limitatamente agli atti da lui stesso adottati. Invero, questo requirente è tenuto a ricercare le responsabilità ed a promuovere la discendente iniziativa risarcitoria in base all’imputabilità a titolo di colpa grave dei danni arrecati all’Ente, in funzione di un nesso di causalità diretta e nell’esercizio di attività correlate ad un rapporto di servizio, vagliando l’efficacia della condotta in concreto. Allo stato, pertanto, si ritiene che per le fattispecie di seguito elencate risultino assorbenti la qualificazione dannosa, la connessa imputabilità e la determinante causalità comportamentale riferibili rispettivamente al direttore pro tempore prof. Franco T. ed al presidente dell’Ente arch. Fulco P., secondo quanto specificamente indicato per ciascuna di esse. A) Sede di rappresentanza. Specifico discorso va affrontato in ordine alla locazione in Roma di uno stabile adibito a sede di rappresentanza dell’Ente peraltro, in linea di principio, in conformità al decreto autorizzativo del Ministero vigilante risalente al 1993 (solo parzialmente annullato in sede giurisdizionale nel 1997, per la parte concernente la sede del Parco in Roma). La soluzione adottata e consistente nell’acquisizione in locazione di un intero stabile, avente dimensioni ed estensione tali da configurarne in via di fatto una vera e propria sede operativa – e non di mera rappresentanza - fino ad assorbire i servizi del personale, l’Ufficio grafico-artistico e le segreterie del presidente, del direttore e del vice direttore, con conseguente minore gravitazione sulla sede effettiva e legale del Parco, ha sicuramente obbedito a logiche personalistiche e di prestigio non istituzionali. E ciò, considerando che la sede di rappresentanza ha ospitato altresì come più avanti precisato, due soggetti privati. L’evidenza dell’eccessiva onerosità della scelta operata, e tutt’al più giustificata fino all’epoca dell’annullamento del decreto sopra richiamato, avrebbe dovuto comportare immediate iniziative di contenimento della spesa e la ricerca di altre soluzioni. Tali iniziative e soluzioni non onerose risultano effettivamente e soltanto successivamente adottate per effetto dell’attivazione del direttore succeduto in relazione al licenziamento del precedente. La totale carenza di iniziative ad attivazione del precedente direttore risulta, perciò, produttiva di danno dal 1998 in poi. L’inerzia deve, infatti, essere censurata anche alla luce delle gravi difficoltà economiche nelle quali si dibatteva il Parco ed alla cui attenuazione avrebbe rilevantemente concorso il pieno recupero della sede operativa in Abruzzo. Per quanto in misura equitativa, pertanto, ed ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., si indica il pregiudizio subìto dal Parco in dipendenza dell’omessa attivazione di iniziative di ricerca di sedi idonee ad una pura e semplice funzione di rappresentanza – come reso obbligatorio a causa del nuovo contenuto autorizzatorio del decreto ministeriale sopra ricordato – nella misura equitativamente determinata del 25% del canone di locazione corrisposto nel quadriennio 1998-2001 (£ 496.312.000), pari a £ 124.078.000. Pertanto, il danno è da riferire a responsabilità del presidente e dell’ex direttore, rispettivamente ed in parti uguali, nella misura individuale di £ 62.039.000, pari ad € 32.040,00, quale onere per l’Ente derivato dall’eccessività ed improduttività della spesa. B) Finanziamento illegittimo di enti privati. Particolarmente significativo delle deviazioni cui un’arbitraria e personalistica gestione di un Ente pubblico può pervenire, il conferimento indebito in favore di enti privati di risorse tratte dal patrimonio e dalla finanza del Parco ha presentato elementi di pregiudizio concreto ed attuale, nonché onerosamente prolungato nel tempo a carico del bilancio dello stesso Ente. Tale indebito sostegno ha riguardato tanto il “ Comitato Parchi ” , quanto il “ Centro Parchi ” , ambedue entità di diritto privato e con responsabilità gestionali affidate a famigliari del direttore soprintendente ed a dipendenti del Parco. Non è, ovviamente, quest’ultimo il profilo di censura prevalente in questa sede, presso la quale rilevano, in funzione del danno risarcibile, le concesse utilizzazioni a titolo gratuito per le attività dei predetti soggetti privatistici della sede di rappresentanza in Roma, accompagnata dalla fornitura di servizi generali e da vendita presso le sedi del Parco di prodotti e manufatti realizzati con le risorse dell’Ente, i cui proventi venivano direttamente incassati dagli stessi soggetti. Che, poi, tali concessioni non fossero di carattere meramente nominalistico o di cortesia è dimostrato dalla enorme mole della documentazione del “ Comitato Parchi ” dallo stesso asportata all’atto della restituzione della sede di rappresentanza. La difficoltà di acquisizione di elementi di prova del danno, stanti le personali commistioni di ruoli e di funzioni sopra segnalate, è superabile ai sensi dell’art. 1226 cod. civ., puntualizzando che il danno va ripartito in ragione della compresenza degli altri due soggetti indicati e va valutato, in termini di ripartizione e conseguente accollo delle spese di gestione nella misura del 25% del totale. Esso va posto a carico, in parti uguali, del direttore che dispose l’illustrato, illegittimo ed abusivo utilizzo, e del presidente del Parco il quale, svolgendo attività presso la predetta sede di rappresentanza e conoscendone l’occupazione parziale da parte dei privati, stante la chiara visibilità della loro presenza, non si adoperò per regolarizzarne la posizione e per stabilire tempestivamente, quanto meno, i termini e le condizioni per contrattare una forma conveniente di recupero. La somma derivante e rispettivamente contestata con il presente atto, pari al 25% delle spese di manutenzione, acqua, Enel, riscaldamento e pulizia locali, corrispondenti per il quinquennio 1997 – 2001 (pari a £ 94.682.080 : 4 = 23.670.520), va ripartita in parti uguali per il presidente e per l’ex direttore a ciascuno dei quali va addebitata la somma di £. 11.835.260, pari ad € 6.112,40. Essa va ulteriormente maggiorata a carico dell’ex direttore, stante l’intervenuta erogazione, senza titolo di riscontrabile corrispettività, di £ 2.949.700 pari ad € 1.523,39, in favore dei predetti soggetti (pagg. 14 – 16 della rel. isp.). C) Utilizzazione di appartamento di proprietà dell’Ente. Nell’ambito del compendio immobiliare del Parco, in Pescasseroli, venne stipulato, con decorrenza dal 1° gennaio 1972, un contratto di locazione, registrato il 20 gennaio successivo, con il quale veniva affidato all’ex direttore un appartamento, risultante di sei vani al canone annuo di £. 120.000, elevato successivamente a £. 480.000 e comprensivo di oneri per utenze elettriche, termiche ed idriche. Il palese, anche per quell’epoca, contenimento del canone fu espressamente giustificato in ragione dell’interesse dell’Ente locatore a favorire la presenza del conduttore nel compendio immobiliare anche al di fuori dello stretto orario di servizio, assimilando così il contratto di locazione al modulo della concessione amministrativa. Nondimeno, che si trattasse di vera e propria locazione è dimostrato dalla rinuncia dell’Ente ad esercitare ad nutum il diritto di recuperare la disponibilità dell’immobile. In considerazione dell’epoca remota della stipulazione e dell’accertata circostanza dell’uso saltuario dell’immobile, avendo l’ex direttore trasferito la propria residenza a Roma e, per effetto dell’uso della sede di rappresentanza ivi istituita, anche la residenza di servizio, egli avrebbe dovuto restituire l’immobile all’Ente in base ad elementari istanze deontologiche, ma ancor più per effetto dell’obbligo giuridico di corretta amministrazione del patrimonio incombente sullo stesso ex direttore, considerato anche che la previsione della rinnovabilità annuale, con ben 30 rinnovi, testimoniava la stretta connessione del beneficio con l’esistenza di reali esigenze di sinallagmaticità. Pertanto, l’omissione d’iniziative al riguardo, in violazione di obblighi di servizio, ed il trasmodante impegno dell’Ente, che ha dovuto rinunciare a recuperare l’appartamento per un impiego d’investimento più proficuo, conferiscono all’attribuzione illegittima del beneficio dell’uso esclusivo da parte dell’ex direttore un carattere palesemente dannoso, cosicchè la valutazione del pregiudizio contenuta nella relazione ispettiva (pagg. 20 – 21) appare appropriata base di riferimento. Ai sensi dell’art. 2948 cod. civ., vanno perciò recuperate cinque annualità del canone calcolato su analoghi appartamenti della zona (£ 7.200.000 x 5 = £ 36.000.000 - £ 2.400.000 effettivamente corrisposte) e pari a £. 33.600.000, ossia ad € 17.352,95, da addebitare esclusivamente all’ex direttore. D) Utilizzazione abusiva e gratuita di immobile dell’Ente ad uso del vice direttore. Risulta assentita in via di mero fatto e da parte dell’ex direttore la concessione informale di un secondo appartamento situato in una palazzina del Parco, in favore del vice direttore, peraltro senza alcun provvedimento di affidamento, di concessione od altro titolo di utilizzazione. Anche tale appartamento, utilizzato in via esclusiva e solo saltuariamente in riferimento alla assolutamente prevalente dislocazione delle attività del vice direttore presso la sede di rappresentanza di Roma, costituisce danno per l’Ente, da valutare equitativamente con criteri analoghi a quelli di riferimento per l’immobile in uso all’ex direttore il quale, come nella precedente fattispecie, ha violato obblighi di servizio, consentendo consapevolmente l’impropria utilizzazione del patrimonio dell’Ente e trascurandone la fruttuosa e proficua destinazione. Il danno, calcolato come sopra per cinque annualità, ammonta a £ 36.000.000, pari ad € 18.592,45, da addebitare all’ex direttore. E) Detenzione di beni di proprietà dell’Ente. Risultano richiesti in restituzione all’ex direttore e mai restituiti un’autovettura di costo elevato a lui in uso, dallo stesso acquistata e di classe sicuramente eccedente le esigenze operative, oltrechè una biblioteca di 283 libri ed altre apparecchiature ed attrezzature, il tutto di proprietà del Parco. Il valore reale dei beni può essere stimato all’attualità in: autovettura Mercedes 2,8 serie E SW 4 matic £ 70.000.000; biblioteca £ 17.358.700; apparecchiature ed attrezzature £ 2.400.000, per un totale di £ 89.758.000, pari ad € 46.356,50 (pagg. 17 – 19 della rel. isp.) da addebitare interamente all’ex direttore. F) Illegittimo affidamento di autoveicolo. A seguito della pur censurabile acquisizione di una seconda autovettura di rappresentanza, costituita da una AUDI A4 Avant ampiamente accessoriata, e giustificata con la necessità di seguire progetti ed istanze istituzionali, è stato accertato l’affidamento in uso esclusivo della stessa vettura al vice direttore per utilizzazioni non controllate ed indiscriminatamente continuative. Prescindendo dagli effetti sanzionatori di tipo tributario adombrati dalla relazione ispettiva (pag. 22 e segg.) che non trovano ancora attualità, va constatata la mancanza di qualsiasi oggettiva rispondenza dell’acquisto e dell’impiego dell’automezzo ad effettive esigenze dell’Ente, attesa anche l’omessa rendicontazione dell’uso. Il concorso degli elementi accertati, la classe dell’autoveicolo, l’esenzione tollerata da qualsiasi riferimento di oggettivo controllo della rispondenza dell’impiego alle necessità dell’Ente configurano grave violazione di obblighi di servizio da parte dell’ex direttore, attesa anche l’insussistenza di funzioni rappresentative in capo al vice direttore; anche per la presente contestazione, pertanto, esiste la responsabilità dell’ex direttore, cui si ritiene equitativamente di addebitare tanto l’eccessivo costo dell’autovettura, in misura pari al 50% del valore di acquisto (£ 30.000.000), quanto un ulteriore 10% in relazione al tollerato uso indebitamente elusivo, per un totale di £ 33.000.000, pari ad € 17.043,08. E ciò, considerato anche che allo stesso ex direttore è riferibile l’omissione dell’obbligo di puntualmente disciplinare ai fini contabili, ed operativi l’effettivo uso di servizio ed il controllo delle spese di consumo degli automezzi, come pure sarebbe stato suo specifico obbligo funzionale ex art. 50 DPR n. 696 del 1979 cit. G) Spese per missioni all’estero ed in Italia. La straripante attività svolta fuori sede e le gravi carenze di corrispondente documentazione hanno posto e pongono temi di regolarità e dubbi di legittimità, riepilogati nel contesto della attenta relazione ispettiva. Nella sede della presente chiamata in giudizio, tuttavia, l’istanza viene consapevolmente circoscritta alle voci la cui portata probatoria è da considerare indiscutibile, con riserva di integrazione per le spese di missione non perspicuamente e chiaramente dimostrabili come non legittime. Conseguentemente ed attesa la sicura carenza di documentazione, oltrechè la scorretta destinazione delle somme, quando queste non siano da considerare addirittura come forme surrettizie ed alternative o sostitutive di non consentiti compensi, si prospetta la sicura dannosità delle seguenti: g 1) 1998 (estero) mandato n. 391 £ 4.081.280; mandato n. 1653 £ 24.922.500; mandato n. 122 £ 1.200.000; mandato n. 1492 £ 3.810.800; 1999 (estero) mandato n. 364 £ 15.225.000; mandato n. 1190 £ 14.565.583; mandato n. 1544 £ 9.114.853; mandato n. 1593 £ 15.000.000; mandato n. 1614 £ 1.101.100; 2000 (estero) mandato n. 1216 £ 26.650.000; mandato n. 1021 £ 1.241.245; mandato n. 1167 £ 6.084.208; mandato n. 1410 £ 7.531.927; mandato n. 27 £ 2.565.372 ;mandato n. 1510 £ 34.846.559; 2001 (estero) mandato n. 1060 £ 44.560.244; mandato n. 669 £ 8.305.572; mandato n. 877 £ 2.292.161; mandato n. 428 £ 1.861.000; mandato n. 654 £ 1.154.000, per un totale complessivo di £ 226.113.300 e corrispondentemente di € 116.777,80, per i quali la responsabilità va fatta risalire all’ex direttore; g 2) acconti su indennità di missione non seguiti da liquidazione definitiva, eppertanto costituenti partite in sospeso (cfr. all. 13 alla rel. isp.) in quanto indebitamente non comprovate e non corredate di documentazione: 1995 £ 13.612.885 (;) 1996 £ 36.339.745 (;) 1997 £ 26.000.000 (;) 1998 £ 10.000.000 (;) 1999 £ 27.000.000 (;) 2000 £ 48.000.000 (;) 2001 £ 10.700.000 (;) 2002 € 4.792,72 per un totale di £ 180.932.630, pari ad € 93.443,90 da addebitare all’ex direttore. Tali ultime somme rappresentano danno per l’Ente, trattandosi di acquisizioni di fondi dichiaratamente provvisorie e mai rendicontate, né restituite dall’interessato, cosicchè non è applicabile nemmeno il termine prescrizionale quinquennale, che è stato invece ritenuto da questo Ufficio operante per il periodo antecedente al 1998 per le spese di missione ordinariamente, ancorché irregolarmente, liquidate a saldo. H) Spese per missioni all’estero ed altro in conto funzionamento Comunità del Parco. La natura di organo consultivo e propositivo correttamente riferita dalla relazione ispettiva alla Comunità del Parco ex art. 10, c. 2, legge n. 394/91 cit., rende illegittime le spese per missioni, manifestazioni, convegni prandiali e contributi erogate per gli anni 1998 e 1999, trattandosi tutti di eventi estranei alle modalità, circostanze e previsioni stabilite per il funzionamento della stessa Comunità, cui sono altresì estranei funzioni e compiti di rappresentanza istituzionale. Del resto, la natura delle spese stesse ne rende assai dubitabile la funzione rappresentativa. Le somme da addebitare a titolo di responsabilità all’ex direttore dell’Ente, in quanto preposto ai servizi sono: per l’anno 1998 £ 20.340.295 (;) per l’anno 1999 £ 32.129.950, pari a complessive £ 52.470.245, e ad € 27.098,62. I) Mancata rendicontazione delle spese di missione nazionali. Trattandosi non di liquidazioni definitive, bensì di acconti per spese asseritamente da sostenere per missioni tra il 1995 ed il 2002, l’assoluta mancanza di riscontri contabili ne produce, allo stato, l’integrale addebitabilità al percettore il quale, è appena il caso di soggiungere, non può eccepirne la parziale prescrizione proprio perché il correlato procedimento di liquidazione non ha ancora trovato definizione, tra l’altro per causa a lui imputabile. Il relativo importo risulta di £ 180.932.630 (cfr. pag. 13 della rel. isp.), da addebitare al solo direttore nel corrispondente ammontare di € 93.443,90. L) Utilizzazione di carte di credito. Ancorché non sia risultata ancora possibile una compiuta verifica, e ciò anche in relazione alle difficoltà di cernita dell’imponente materiale documentario conservato personalmente dal direttore ed acquisito dal Parco solo con difficoltà e mediante accesso forzoso, è stata accertata in sede ispettiva l’indimostrata od abusiva utilizzazione delle carte di credito intestate all’Ente ed in uso all’ex direttore. Tali spese non risultano, comunque giustificate, né controllabili, mediante riscontro amministrativo (cfr. pagg. 11 – 12 della rel. isp.). Il relativo ammontare (£ 5.505.360 + 14.092.661) va, allo stato, addebitato conseguentemente all’utilizzatore delle carte di credito, e cioè all’ex direttore, il quale deve rispondere per il corrispondente valore di € 10.121,53. M) Anticipo dell’indennità di fine rapporto in favore dei dipendenti. E’ stato accertato (cfr. pagg. 69 e segg. della rel. isp.) che è stata indebitamente erogata, a titolo di anticipazione dell’indennità di fine rapporto, una quota dei fondi appositamente accantonati presso l’Ente, invocando l’applicazione della L. 26 maggio 1982, n. 297, ma senza tener conto dell’art. 4, c. 6, della stessa legge, che interdice l’estensione ai dipendenti pubblici di tali disposizioni, nemmeno applicabili in dipendenza della privatizzazione del rapporto d’impiego recata dal D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29, stante la temporanea esclusione applicativa sancita dall’art. 72, c. 4, dello stesso decreto. Ovviamente, il pregiudizio scaturisce dalla sopravvenuta carenza di disponibilità finanziaria per la liquidità dell’Ente in corrispondenza quantitativa e cronologica delle somme erogate e calcolabile, in relazione al tasso d’interesse da corrispondere per conseguire uguale disponibilità di provvista, in £ 40.767.115, pari ad € 21.054,46. La responsabilità per tale improvvida ed illegittima misura, che ha prodotto ulteriore depauperamento delle risorse del Parco, grava esclusivamente sul suo presidente, cui risale l’emanazione della determinazione amministrativa adottata con propria “ decisione ” in data 23.1.1999. N) Attribuzioni di funzioni superiori. Dagli atti acquisiti emergono gravi incongruenze nell’attribuzione di mansioni superiori a favore di dipendenti dell’Ente Parco (cfr. pagg. 78 e segg. della rel. isp.). Numerose posizioni risultano, infatti, prive di riscontri in ordine al conferimento delle stesse funzioni, essendo irreperibili i relativi provvedimenti di incarico. Nondimeno, trattandosi di attività svolte con formale provvedimento di riconoscimento, sussiste il dubbio per la maggioranza delle stesse posizioni che possa trattarsi di un vizio del procedimento, cosicché per le stesse, salvi ulteriori accertamenti, non appaiono all’attualità presenti elementi di prova producibili in giudizio. Nondimeno, per una delle predette posizioni l’azionabilità nel presente giudizio appare incontestabile, essendosi proceduto al conferimento delle mansioni superiori mediante attribuzione di qualifica dirigenziale, riconoscendo le mansioni superiori di “ dirigente f.f. ” alla sig.ra Flavia C., dipendente dell’Ente. Il conferimento delle predette funzioni ha costituito oggetto di ben due provvedimenti ministeriali di annullamento, non impugnati (note Ministero Ambiente nn. 7623 del 20.5.1998 e 12157 del 24.7.2000). Appare incontestabile, pertanto, la palese illegittimità delle attribuzioni di fatto, del genere testè richiamato, secondo quanto riconosciuto da consolidata giurisprudenza (cfr. Corte dei conti, Sez. contr. 30.5.1999, n. 39; 17.4.2001, n. 19). Va richiamato, peraltro, che siffatto conferimento va ritenuto illegittimo sia ai sensi dei principi recati del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, il quale disciplinava il conferimento di funzioni dirigenziali astrattamente preordinate, ma pur sempre predefinite, sia per effetto della sopravvenuta normativa di cui all’art. 19 D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29, il quale dispone che il conferimento in questione sia formalizzato con contratto, per di più a tempo determinato, e non con procedimento autoritativo, e comunque subordinato alla fissazione di obiettivi da perseguire. Cosicchè, mentre sul piano astratto sembra essere in presenza di un atto di conferimento nullo sul piano concreto della valutazione degli effetti pregiudizievoli per l’Ente, il danno patrimonialmente valutabile appare esistente nella sua oggettività, mentre per la sua entità ritiene questo requirente che debba farsi riferimento alla indebita corresponsione del trattamento economico accessorio. Quest’ultimo è stato valutato in £ 204.177.737 per il periodo 1998 – 2001, quale differenza tra il trattamento economico previsto per l’appartenenza della sig. Flavia C. al 9° livello funzionale ed il trattamento percepito in base al conferimento di funzioni dirigenziali. La responsabilità per tale indebita attribuzione va riferita alla trasgressiva decisione del direttore ratificata dal presidente dell’Ente con decisione n. 18 del 27.7.1995, ed ulteriormente da questi confermata il 30.12.1997 con decisione n. 104. Ambedue vanno conseguentemente chiamati a tale titolo, per pari quota, al risarcimento della somma £. 204.177.737, pari alla quota individuale di € 52.724,50, con riferimento al periodo 1998-2001, stante la palese violazione degli obblighi di servizio riferibili alla carica, e che nella specie, risulta produttiva di effetti dannosi permanenti, in quanto persistenti ben oltre il quinquennio. O) Spese di rappresentanza. Dalla relazione ispettiva emergono chiaramente eccessi non riconducibili alla tipologia delle spese di vera e propria rappresentanza, così come configurabile alla stregua della giurisprudenza di questa Corte dei conti, in quanto destinate a potenziare il prestigio dell’Ente ed a rafforzarne l’immagine nelle circostanze di ufficialità. Le spese contestate risultano, rispettivamente per gli anni dal 1998 al 2001, le seguenti: 1998 £ 55.000.000; 1999 £ 59.000.000; 2000 £ 64.000.000; 2001 £ 62.975.416 per un totale di £ 240.975.416 pari ad € 124.453,34 da addebitare in parti uguali, in relazione alle posizioni funzionali rivestite, al presidente ed all’ex direttore, nella misura rispettiva ed individuale di € 62.226,67. Per quanto concerne il riconoscimento in via definitiva del trattamento economico accessorio denominato indennità mensile pensionabile, questo pubblico ministero formula riserva di procedere a specifiche, ulteriori ed eventuali iniziative risarcitorie all’atto della definizione del giudizio in corso sullo stesso oggetto e nei confronti dei soggetti responsabili. In relazione agli altri profili di grave irregolarità emergenti dalla relazione ispettiva, ritiene questo requirente che non ogni elemento probatorio, correlato alla sussistenza di un pregiudizio per l’Ente arrecato con dolo o colpa grave da parte degli amministratori o dei dipendenti, sia stato ancora acquisito nella – pur necessaria – integralità e compiutezza, tanto da costituire quanto meno un principio di prova sostenibile nel presente giudizio. Inoltre, l’acquisizione di ulteriori elementi potrà consolidare le premesse risarcitorie, sulla cui futura proposizione è necessario esprimere riserva in questa sede, anche alla stregua dei criteri sanciti dalla L. 20 dicembre 1996, n. 639, inclusa la sussistenza di cause oggettive di corrispettività per quanto riguarda i rapporti di prestazione d’opera e l’eventuale beneficio per il Parco, per quanto concerne le seguenti materie: 1) Compendio di debiti fuori bilancio pagati con lettere del direttore o con mandati. Premesso che, indipendentemente dall’eventuale irregolarità formale della sottoscrizione da parte di persona non abilitata a rappresentare l’Ente, trattasi di spese che, per effetto della mancata corrispondenza con previsioni od impegni assunti con le prescritte deliberazioni, avrebbero dovuto trovare espresso riconoscimento da parte del Consiglio direttivo prima del pagamento, la valutazione dell’intrinseca dannosità delle erogazioni non può che essere operata con i canoni stabiliti per gli enti locali dall’art. 194 T.U. 18 agosto 2000, n. 267, eppertanto essa deve essere subordinata alla previa ricognizione di un’oggettiva corrispettività delle controprestazioni. Tuttavia, un profilo inevitabilmente dannoso esiste comunque trattandosi, in carenza di fondi propri, d’attivazioni di anticipazioni di tesoreria, indebitamente provocate e senza dubbio onerose. Siffatta onerosità che, come è stato rilevato dall’ispettore (cfr. rel. isp., pagg. 9 – 10) ha rappresentato una costante e la cui illegittimità discendente dalla violazione del Regolamento approvato con DPR 18 dicembre 1979, n. 696, rappresenta altresì un pregiudizio discendente da violazione di norme tassative di gestione contabile poste a presidio della finanza dell’Ente e che deve essere risarcita dal direttore, il quale ha trasgredito obblighi di servizio al cui rispetto era tenuto e che, anzi, avrebbe dovuto vigilare sull’osservanza delle regole da parte degli uffici. L’ammontare del danno correlato alle spese fuori bilancio va, quindi articolato a seconda che trattasi di: a) spesa per natura, entità ed oggetto assolutamente estranei alle finalità dell’Ente; b) oneri per anticipazioni illegittimamente promosse presso il tesoriere. Peraltro, essendo gli accertamenti ancora in corso, si fa riserva di eventuali integrazioni della presente richiesta risarcitoria. 2) Indennità di carica. Come si è fatto cenno, l’argomento, pur trattato nella relazione ispettiva, costituisce oggetto di separata iniziativa, mentre, per quanto concerne le irregolarità constatate in sede di applicazione della seguente voce: 3) Contratto integrativo Per il quale risultano avviate dall’Ente iniziative di recupero, cosicchè la questione rimane estranea ai contenuti del presente atto di iniziativa. 4) Contratti a tempo determinato ed indeterminato; assegnazioni di “ borse di studio ” ; collaborazioni coordinate e continuative; incarichi professionali. I rapporti instaurati dall’Ente risultano caratterizzati dall’estrema eterogeneità della tipologia contrattuale e dall’oggettiva, prevalente funzione dissimulatoria che essa ha rivestito ai fini della contrattazione di rapporti di lavoro con personale in maggioranza precario. La procedura risulta sicuramente affetta da illegalità, e ciò non soltanto per i profili attinenti ad una corretta instaurazione dei rapporti di lavoro ed alla completa tutela dei lavoratori. Consta, infatti, che all’arbitrarietà delle scelte ed alla carenza di poteri in capo agli stipulanti per conto dell’Ente si è unita spesso una grave incongruenza degli incarichi, così come formalmente definiti, rispetto alle reali capacità professionali delle controparti private. Peraltro, la funzione attribuita ai rapporti instaurati dal Parco e dalle persone coinvolte sembra interpretabile come formula d’acquisizione – sia pur elusiva ed illegittima – di forza lavoro. In mancanza di elementi sicuri circa la non corrispondenza dell’instaurazione dei rapporti di lavoro alle reali esigenze del Parco, così come a loro volta interpretate dalla dirigenza e dal contesto territoriale, in quanto rappresentato negli organi dello stesso Ente e con qualche inevitabile effetto di discrezionalità, si ritiene non sicuramente dimostrabile un pregiudizio attuale e concreto, salvi eventuali, ulteriori accertamenti e pur nella consapevolezza dell’assoluta illegittimità e scorrettezza dei procedimenti seguiti. Quanto sopra, nella pari consapevolezza, che, qualora investite sull’argomento altre giurisdizioni, potranno emergere ulteriori e pregiudizievoli – quanto risarcibili – effetti anche sul piano di questa giurisdizione. La chiara imputabilità del pregiudizio, finora oggettivamente accertato, consente pertanto di proporre l’immediata richiesta di risarcimento nei confronti dei responsabili con le riserve, anticipate in diritto, in ordine alla successiva, eventuale produzione di atti di citazione integrativi del presente giudizio. In assenza di deduzioni difensive da parte dell’ex direttore, si richiamano soltanto, in questa sede, le difese del presidente dell’Ente, in quanto non idonee a superare le contestazioni sollevate con l’atto d’invito a produrre deduzioni. Va ricordato che la relazione ispettiva ha puntualizzato in termini di oggettiva e giustiziabile concretezza gli elementi già noti al convenuto in quanto precedentemente oggetto di censure o richieste di chiarimenti da parte del Collegio dei revisori, o comunque conosciute in relazione alle precorse contestazioni del Ministero dell’Ambiente. Queste ultime, polemicamente respinte dall’Ente con supporto di considerazioni spesso pretestuose, presuppongono approfondimenti direttamente riferibili alla presidenza ed alla dirigenza del Parco, tanto da rendere inattendibile l’addotta insufficiente conoscenza dei temi trattati dalla relazione ispettiva. D’altro canto, l’articolata elencazione degli stessi temi, contenuta nel richiamato atto d’invito, toglie fondamento alla dedotta genericità delle contestazioni, così come alla rilevanza dell’affermata pregiudizialità della diretta visione della relazione e del non consentito rilascio di copie di documenti, dei quali peraltro è stata assentita visione per due giornate consecutive. Premesso che le persone invitate avevano piena conoscenza degli addebiti ratione officii, si richiama la consolidata giurisprudenza che conferisce all’atto di invito di cui all’art. 5 della legge n. 19 del 1994 la finalità di mettere il convenuto in grado di fornire elementi aventi sufficiente consistenza ai fini di un valido contributo difensivo, ispirato al carattere costruttivo della dialettica del giudizio. La riferibilità, così apoditticamente affermata, di un’esclusiva responsabilità al direttore non sembra, poi, validamente ed attendibilmente sostenibile da chi, come il presidente dell’Ente, si è sovente avvalso del supporto direttoriale per contrastare qualsiasi intervento correttivo da parte dell’Autorità vigilante, con ciò colpevolmente accreditando ruoli e personalismi non giustificabili in base alla normativa che disciplina l’organizzazione ed il funzionamento dell’Ente, con violazione della funzione di coordinamento. La tardiva dissociazione del presidente, rispetto a fatti e comportamenti di sicura illiceità, ma oggetto di rilievi tempestivi che non potevano sfuggire al suo ruolo di rappresentante e di coordinatore, non può nemmeno accreditargli l’iniziativa delle ulteriori azioni recuperatorie e sanzionatorie, alle quali non può essere attribuito carattere diverso da quello di una resipiscenza intempestiva. D’altra parte, il presente atto assume finalità risarcitorie fondate sulle illegittimità degli atti, attività ed omissioni dannosi riconducibili tanto alla condotta dell’ex direttore, quanto ad iniziative assunte direttamente dal presidente, o con il suo concorso diretto, agli stessi immediatamente e direttamente imputabili per colpa grave nell’esercizio di cariche e con effetti immediati sull’Ente pubblico cui gli stessi erano preposti nelle rispettive funzioni ” ” . A tale citazione, preceduta dal contraddittorio preliminare, ex art. 5, comma 1, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in Legge 14 gennaio 1994, n. 19, seguiva l’atto aggiunto depositato in data 20 maggio 2003 con il quale si contestava: “ “ Con atto di citazione in data 30 dicembre 2002, contestualmente depositato presso la Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Abruzzo, questo Procuratore regionale conveniva in giudizio i sigg. Fulco P., quale Presidente dell’Ente Autonomo Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, e Franco T., quale ex Direttore dello stesso Ente, contestando ad ambedue gravi irregolarità gestionali ed amministrative e, per l’effetto, chiedendone la condanna al risarcimento in favore dell’Ente stesso delle somme, rispettivamente, di € 174.158,00 per il sig. Fulco P. e di € 594.857,00 per il sig. Franco T.. Nello stesso atto venivano dal requirente prospettate talune espresse riserve di integrazione dell’originaria istanza risarcitoria, con riferimento ad accertamenti in corso, tutti correlati a fatti e condotte ab initio qualificati nel medesimo contesto recuperatorio e contestati con gli inviti a produrre deduzioni a suo tempo rivolti alle medesime persone. Siffatti ulteriori accertamenti, in parte già promossi ed altri definitivamente commessi al medesimo ispettore del Dipartimento della Ragioneria generale dello Stato in sede di delega in data 25.2.2003, ricomprendevano, a fini di monitoraggio del danno, anche i profili della corresponsione dell’indennità mensile pensionabile sulla quale, all’epoca, non era ancora intervenuto il deposito della sentenza n. 232/2003, sopraggiunto il 6 maggio 2003 e che ha sancito l’illegittimità di tale erogazione, condannando i convenuti in quella sede, ad eccezione delle persone motivatamente non convenute da questa Procura regionale. Nondimeno, la predetta sentenza ha riferito il risarcimento all’intero danno, giudicando in ordine all’incidenza causale delle censurate condotte e, conseguentemente, graduandone l’entità. Ritiene, pertanto, questo requirente che la situazione delle persone non convenute sia stata implicitamente assorbita, con la conseguenza che la questione appare oggi integralmente giudicata, in primo grado, per quanto riguarda l’indebita corresponsione dell’indennità pensionabile. Le spese cui è stato esteso il ricordato, secondo accertamento ispettivo concernono, invece, fasi ed effetti amministrativi riconducibili al Presidente dell’Ente e, in prevalenza, all’ex Direttore dell’Ente, mentre, con separata delega ispettiva, è stato conferito l’incarico di accertare autonome responsabilità del tesoriere. Dalla relazione ispettiva, pertanto, vengono ulteriormente stralciati, oltre alle fattispecie testé richiamate, gli aspetti correlati ai rapporti intrattenuti con l’Istituto tesoriere e con altri Istituti di credito, per i quali si procede a separate valutazioni, stante l’esigenza procedurale di far luogo ex novo alle contestazioni richieste dall’art. 5, legge 14 gennaio 1994, n. 19, trattandosi d’aspetti oggettivamente non riconducibili agli originali inviti per la produzione di deduzioni, posti a fondamento del richiamato atto introduttivo del giudizio, che con il presente viene opportunamente modificato. In sostanza, il presente atto prende le mosse da accertamenti già concretati in relazione all’an e che vengono fatti rifluire, riversandoli nel presente giudizio, in relazione all’esigenza di adeguare il quantum del risarcimento, in riferimento alle seguenti fattispecie: 1. Prelevamenti diretti operati presso il cassiere. Trattandosi di spese giustificate in relazione alle funzioni di presidente del sig. Fulco P. ed all’attività direttoriale del sig. Franco T., esse vanno ricondotte alla voce “ O) Spese di rappresentanza ” dell’atto di citazione in giudizio. Il sistema amministrativo anomalo, emerso in sede ispettiva, risulta fondato su prelevamenti di denaro a richiesta, assentiti dal Servizio economale e dal Servizio contabile, tanto presso la sede operativa di Pescasseroli, quanto presso la sede di rappresentanza di Roma, nonché gestiti attraverso registrazioni “ in sospeso ” . Il credito nei confronti di operai per somme da questi anticipate (€ 1.670,00), in ordine al quale questo requirente ritiene trattarsi di semplice irregolarità formale, di fronte ad una situazione di presumibile sinallagmaticità, non viene qui ricompreso. Tenuto conto dei rimborsi operati medio tempore, inclusi quelli effettuati dal Presidente dell’Ente, risulta un ulteriore debito dell’ex Direttore, da assommare a quello elencato nella ricordata lett. 0), pari ad € 2.496,00. 2. Trattamento dirigenziale corrisposto alla sig. Flavia C.. Originariamente attribuite dall’ex Direttore, e successivamente ratificate e poi confermate dal Presidente dell’Ente con decisioni n. 18 e n. 104 rispettivamente del 27.7.1995 e del 30.12.1997, le mansioni superiori di dirigente “ facente funzioni ” , con il connesso trattamento economico, costituiscono oggetto della voce N) dell’atto di citazione, i cui oneri sono stati imputati in parti uguali al Presidente ed all’ex Direttore dell’Ente. Il complesso del trattamento economico indebitamente corrisposto (al netto dell’indennità mensile pensionabile) ammonta, per il periodo 1998-2002 e complessivamente, ad € 134.458,39 per compensi fissi erogati sulla base dell’illegittimo conferimento di funzioni dirigenziali, tra l’altro svolte con censurabile carenza di controlli sull’attività svolta. L’addebito individuale complessivo rispettivo per la voce N) viene conseguentemente elevato ad € 67.229,20. 3. Spese per buoni benzina devoluti all’ex Direttore. Risultano consegnati all’ex Direttore e mai rendicontati in relazione all’uso, comunque da quest’ultimo autorizzato, buoni benzina per quantità corrispondenti ad un valore di € 18.542,88. Tale valore va, conseguentemente, ad integrare la chiamata risarcitoria di cui alla lettera E) dell’atto di citazione introduttivo del giudizio, corrispondendo esso a beni di proprietà dell’Ente, usati o ritenuti dall’ex Direttore senza idonea documentazione giustificativa. 4. Spese su carte di credito assegnate all’ex Direttore. La voce trova riscontro nella lettera L) dell’atto di citazione. L’aggiornamento del dato, correlato a strumenti di pagamento non autorizzati, non supportati da documentazione ed utilizzati esclusivamente dell’ex Direttore, eleva l’addebito, sotto l’aspetto appropriativo e comprensivo del periodo successivo al licenziamento, eppertanto con modalità assolutamente illecite e non giustificabili, per il periodo intercorrente tra il 1998 ed il 2002. Pertanto, la richiesta risarcitoria di € 10.121,53 va elevata alla somma di € 97.554,16, a carico dell’ex Direttore. 5. Finanziamento illegittimo di enti privati. E’ stata ulteriormente accertata dall’Ente Parco, ed inoltre constatata in sede ispettiva, una consistente congerie di attività editoriali, pubblicitarie, promozionali e di sostegno in favore di due entità private operanti nel settore naturalistico e fruenti di diretta e personale collaborazione e direzione operativa da parte dell’ex Direttore e dei suoi famigliari, come già anticipato, con espressa imputazione risarcitoria, nella lettera B) dell’atto di citazione. La richiesta risarcitoria ivi contenuta va, pertanto, integrata con una somma corrispondente all’entità dell’indiretto ed illegittimo finanziamento, qui contestato e che, in relazione ad una sicuramente limitata contiguità delle finalità perseguite dai predetti enti privati con quelle affidate ex lege al Parco nazionale, può ritenersi in minima parte non pregiudizievole in quanto, in qualche misura, sinergico con la cultura e le finalità di quest’ultimo. Si indica, perciò, su base equitativa, ex art. 1226 cod. civ., il pregiudizio arrecato all’Ente Autonomo Parco Nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise, nella misura dell’80% delle spese illegittimamente disposte per l’anzidetto sostegno, che così vengono aggiuntivamente imputate all’ex Direttore nella ridotta misura di € 356.699,72, quale somma pregiudizievolmente destinata a finalità non autorizzate e non autorizzabili di gratuita erogazione in danno di un ente pubblico. Si deve, inoltre, dare atto della necessità di rettificare la richiesta risarcitoria radicata presso la Sezione per quanto riguarda la voce di cui alla lettera I) – “ Mancata rendicontazione delle spese di missione nazionali ” , in quanto l’imputazione della predetta somma, per effetto della complessità di calcoli in parte deduttivi, deriva dalla reiterazione che con la stessa si è operata dell’addebito ricompreso nella lett. G). La voce sub I) – “ Mancata rendicontazione delle spese di missione nazionali ” va, quindi, espunta, in tal guisa e corrispondentemente riducendo la chiamata originaria nell’atto di citazione nei confronti dell’ex Direttore per un ammontare di € 93.443,90. Gli altri, non richiamati profili di pregiudizio, rappresentati in sede ispettiva, non appaiono presentare, allo stato, i presupposti minimi di attualità e concretezza ai fini dell’esercizio di iniziativa risarcitoria … La continuità del presente atto d’iniziativa con la citazione introduttiva del giudizio in data 30 dicembre 2002 consente di fare diretto richiamo e riferimento alle censure ivi espresse nei confronti del Presidente e dell’ex Direttore dell’Ente Autonomo Parco nazionale d’Abruzzo, Lazio e Molise. Appaiono, infatti, manifestamente trasmodanti e trasgressivi delle regole di corretta gestione i prelevamenti diretti di somme non rendicontate, per le quali si palesa una sostanziale appropriazione in carenza del deposito di documentazione giustificativa conforme alla generale disciplina contabile, dalla quale possa evincersi il corretto uso dei fondi per le esigenze dell’Ente. Dal riscontro operato in sede ispettiva appare che altre somme furono direttamente prelevate dal Presidente dell’Ente Parco, ma da questi regolarizzate. Restano, quindi, inadempiuti gli anzidetti obblighi da parte dell’ex Direttore, la cui grave negligenza ed intenzionale trasgressione risultano palesi. Del tutto abnorme appare la determinazione del Presidente dell’Ente in ordine alla concessione di qualifica e funzioni dirigenziali alla sig. Flavia C., dipendente di 9° livello, tenuto conto del palese contrasto di siffatto conferimento con l’art. 56 D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29 e successive modificazioni, non sussistendo i presupposti per tale conferimento ai sensi dell’art. 57 dello stesso decreto, come novellato dall’art. 25 del D.L.vo 23 dicembre 1993, n. 546. La responsabilità dell’ex Direttore, quale emanante la prima e condizionante determinazione, e del Presidente dell’Ente, quale autorità ratificante e conferente l’indebito beneficio, appare pertanto evidente, stante la chiara violazione di legge che ne sancisce l’imputabilità a titolo di colpa grave. Le appropriazioni di buoni benzina, alla stessa stregua delle altre analoghe irregolarità censurate nell’atto di citazione, appaiono, più che illegittime, illegali. Il carattere illecito non dissimile dalle ricordate violazioni appare manifesto per le spese operate sulle carte di credito, comprensive di oneri e commissioni di rinnovo, per effetto della carenza di correlazione tra ordinazione e finalità proprie dell’Ente, non essendo riscontrabili nemmeno le motivazioni di utilità o di destinazione proficua a beneficio di questo. Infine, il finanziamento illegittimo di enti privati, soprattutto nelle circostanze censurate in sede ispettiva, presenta ugualmente carattere di gravemente colpevole comportamento sul quale hanno evidentemente influito interessi di natura privata. Tutte le condotte che hanno prodotto danni gravissimi per l’equilibrio finanziario dell’Ente, già precario come rilevato dalla sentenza n. 232/2003 della Sezione giurisdizionale della Corte dei conti per l’Abruzzo, appaiono censurabili per assoluta trasgressione delle regole amministrative e di buon andamento nonché per subordinazione dell’interesse generale e delle finalità del Parco nazionale ad interessi od atteggiamenti elusivi o di aperta violazione delle norme statutarie e di diritto pubblico. Riepilogando gli addebiti, come con il presente atto integrati, il pregiudizio per l’Ente, contestato con l’originario atto di citazione, viene così complessivamente aggiornato: voce A) “ Sede di rappresentanza ” (richiesta immutata) Sig. Fulco P. € 32.040,00 (;) Sig. Franco T. € 32.040,00 (;) voce B) “ Finanziamento illegittimo di enti privati ” Sig. Fulco P. € 6.112,40 (richiesta immutata) (;) Sig. Franco T. (richiesta aggiornata) (6.112,40+1.523,29+356.699,72=) € 364.335,41 (;) voce C) “ Utilizzazione d’appartamento di proprietà dell’Ente ” (richiesta immutata) Sig. Franco T. € 17.352,95 (;) voce D) “ Utilizzazione abusiva e gratuita d’immobile dell’Ente ad uso del vice Direttore ” (richiesta immutata) Sig. Franco T. € 18.592,45 (;) voce E) “ Detenzione di beni di proprietà dell’Ente ” (richiesta aggiornata) Sig. Franco T. (46.356,50+18.542,88=) € 64.899,38(;) voce F) “ Illegittimo affidamento di autoveicolo ” (richiesta immutata) Sig. Franco T. € 17.043,08 (;) voce G) “ Spese per missioni all’estero ed in Italia ” (richiesta immutata) Sig. Franco T. € 93.443,90 (;) voce H) “ Spese per missioni ed altro in conto funzionamento Parco ” (richiesta immutata) Sig. Franco T. € 27.098,62 (;) voce I) “ Mancata rendicontazione di spese di missione nazionali ” (da espungere in quanto erroneamente reiterata) Sig. Franco T. - € 93.443,90 (;) voce L) “ Utilizzazione carte di credito ” (voce aggiornata) Sig. Franco T. € 97.554,16 (;) voce M) “ Anticipo indennità fine rapporto ” (voce immutata) Sig. Fulco P. € 21.054,46 (;) voce N) “ Attribuzione di funzioni superiori ” (voce aggiornata) Sig. Fulco P. € 67.229,19 (;) Sig. Franco T. € 67.229,19 (;) voce 0) “ Spese di rappresentanza ” (voce aggiornata) Sig. Fulco P. € 62.226,67 (richiesta immutata) (;) Sig. Franco T. (richiesta aggiornata) (62.226,67+2.496,00=) € 64.722,67. Le predette somme, costituenti danno erariale e riferibili al periodo 1998-2002 in relazione al disposto di cui all’art. 1, comma 2, legge 14 gennaio 1994, n. 20, sono conseguentemente addebitate complessivamente come segue: 1. sig. Franco T. € 770.868,00; 2. sig. Fulco P. € 188.663,00 ” ” . Con lo stesso atto il Pubblico Ministero chiedeva, altresì, l’autorizzazione al sequestro conservativo nei confronti del T. e del P. “ nei limiti del danno patrimoniale contestato e fino alla concorrenza delle somme così rispettivamente suddivise: Sig. Franco T. € 770.868,00; Sig. Fulco P. € 188.663,00 ” . Il Presidente della Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo: con decreto depositato in data 21 maggio 2003 e in seguito a specifica istanza avanzata in data 14 maggio 2003 dal Procuratore regionale, rinviava al 24 settembre 2003 l’udienza di discussione già fissata per il giorno 17 giugno 2003; con decreto depositato in data 22 maggio 2003, autorizzava, inaudita altera parte, il sequestro conservativo di cui sopra e fissava, per il giorno 1 luglio 2003, l’udienza di comparizione delle Parti innanzi al Giudice designato. Con atto depositato in data 28 maggio 2003, l’Avv. Carlo Milana, per Franco T.: eccepiva, in via preliminare, il “ difetto di giurisdizione del Giudice contabile nei confronti del pubblico dipendente per qualsiasi controversia concernente aspetti normativi, economici e diritti consequenziali nascenti dal rapporto di lavoro ” ; rappresentava, in relazione agli “ stessi addebiti ” , la pendenza di causa civile presso il Giudice del lavoro; illustrava il curriculum del T. e alcuni particolari delle risorse finanziarie assegnate all’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo; confutava, secondo l’ordine di elencazione formulato dal Procuratore regionale con la prima citazione, i singoli addebiti “ al fine di evidenziare, subordinatamente all’eccepito difetto di giurisdizione, l’irriferibilità di ciascun addebito al Prof. T., l’assenza di colpa grave, l’inesistenza di nesso causale e di danno ” ; riteneva “ insindacabili ” ovvero “ incensurabili ” alcune scelte discrezionali (rispettivamente, per le contestazioni di cui alle lettere B) – “ finanziamento illegittimo di enti privati ” - e C) – “ utilizzazione di appartamento di proprietà dell’Ente ” – dell’atto introduttivo del giudizio); concludeva per la dichiarazione del difetto di giurisdizione e, in via subordinata, per il rigetto delle domande di Parte attrice, avanzando, infine, diverse richieste in via istruttoria (nomina di un consulente tecnico d’ufficio, acquisizione di documenti e ammissione di prove testimoniali). Con memoria depositata in data 28 maggio 2003, gli Avvocati Filippo Satta, Francesco Cardarelli e Fabrizio Foglietti, per Fulco P.: premettevano che il P. “ “ si trova ad essere l’unico convenuto in questo giudizio – oltre naturalmente al vero protagonista della vicenda, il direttore Franco T.. Poiché … le contestazioni della Procura non riguardano atti posti autonomamente in essere dall’arch. P. (salvi episodi privi di ogni rilievo), ma atti che hanno il loro presupposto in iniziative del T., non si vede la ragione per cui nel comportamento tenuto dai membri del consiglio del Parco siano state ravvisate “ trascuratezza ed ingenuità ” , ma non colpa grave, solo parzialmente estese al Presidente. Non vi è alcuna norma né alcuna decisione giurisprudenziale che limiti l’esimente di responsabilità costituita dalla colpa lieve a favore soltanto dei componenti degli organi collegiali e non anche del loro presidente ” ” ; ripercorrendo l’evoluzione storica e giuridica del Parco nazionale “ più antico d’Italia ” , sostenevano che la Legge 6 dicembre 1991, n. 394 “ “ è stata destinata a spostare il baricentro dell’assetto organizzativo e funzionale degli enti parco dalla figura del Presidente a quella del Consiglio Direttivo: difatti, come pure affermato nella relazione ispettiva n. 89/2001, “ il naturale destinatario delle funzioni di direzione politica è senz’altro il Consiglio Direttivo secondo quanto previsto dall’art. 9 della legge 394/1991 (pgg. 28, 31 relazione ispettiva n.89/2001) ” ” ; contestavano, con articolate argomentazioni, gli addebiti formulati dal Pubblico Ministero circa “ sede di rappresentanza ” , “ finanziamento illegittimo di enti privati ” , “ anticipo dell’indennità di fine rapporto in favore dei dipendenti ” , “ attribuzione di funzioni superiori ” e “ spese di rappresentanza ” (lettere A), B), M), N) e O) del primo atto di citazione); eccepivano, in ordine alla vicenda concernente il riconoscimento delle mansioni superiori alla Signora Flavia C., la prescrizione dell’azione di responsabilità ex art. 1, comma 2, della Legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in Legge 20 dicembre 1996, n. 639, richiamando anche la giurisprudenza in materia; concludevano per la reiezione delle pretese di Parte attrice. Con memorie depositate in data 1 luglio 2003, gli Avvocati Carlo Milana, Filippo Satta, Francesco Cardarelli e Fabrizio Foglietti, richiamando sostanzialmente e parzialmente il contenuto dei precedenti atti defensionali, chiedevano il rigetto della domanda cautelare. Con ordinanza n. 65 depositata in data 11 agosto 2003, il Giudice designato, ex art. 5, comma 3, del D.L. 15 novembre 1993, n. 453, convertito in Legge 14 gennaio 1994, n. 19, accoglieva parzialmente il ricorso per sequestro conservativo e confermava il corrispondente decreto. Con atto depositato in data 22 agosto 2003, l’Avv. Carlo Milana proponeva reclamo al Collegio, ex art. 669 terdecies c.p.c., avverso la suddetta ordinanza, prospettando in particolare: i vizi di “ omessa motivazione e/o di motivazione apparente ” del provvedimento di conferma del sequestro conservativo; il difetto di giurisdizione della Corte dei conti; il “ difetto assoluto ” del fumus boni iuris e l’inesistenza del periculum in mora. Con provvedimento n. 4 depositato in data 27 agosto 2003, il Giudice designato, in seguito ad istanza presentata in data 26 agosto 2003 dal Procuratore regionale, rettificava la citata ordinanza. Con atto depositato in data 4 settembre 2003, l’Avv. Carlo Milana: richiamava le precedenti memorie, soffermandosi, in particolare, sull’eccezione circa il difetto di giurisdizione della Corte dei conti e sulla pendenza di causa in seguito alla presentazione del ricorso “ ex art. 414 cpc … avanti la sez. Lavoro del Tribunale ordinario di Roma, distinto con R.G. 216574, e fissato per la discussione del 29.04.04 ” ; ribadiva, in relazione a una parte dei fatti contestati, la sussistenza di precisi benefici a favore dell’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo; sosteneva la “ inesistenza di fondamento per ogni singolo addebito ” ; in ordine alla lettera N) ( “ attribuzione di funzioni superiori ” ) degli atti di citazione e alla relativa eccezione di prescrizione, già sollevata con atto depositato in data 1 luglio 2003, citava, a favore della propria tesi, recente giurisprudenza (Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenza n. 3/QM in data 15 gennaio 2003); contestava il valore di “ prova processuale ” delle relazioni ispettive “ commesse ” dalla Procura regionale; concludeva per la dichiarazione del difetto di giurisdizione e, in via subordinata, per il rigetto delle domande di Parte attrice, avanzando, infine, diverse richieste in via istruttoria (nomina di un consulente tecnico d’ufficio, acquisizione di documenti e ammissione di prove testimoniali). Con ordinanza n. 69 depositata in data 11 settembre 2003 il Collegio rigettava il suddetto reclamo e confermava il provvedimento cautelare in questione. In occasione dell’udienza di discussione in data 24 settembre 2003: l’Avv. Francesco Cardarelli, per Fulco P., ritenendo pacifica la giurisdizione della Corte dei conti e invocando sia l’integrazione del contraddittorio, nel senso già illustrato con memoria depositata in data 28 maggio 2003, sia l’esecuzione di ulteriore attività istruttoria: contestava le singole voci di presunto danno ( “ sede di rappresentanza ” , “ finanziamento illegittimo di enti privati ” , “ anticipo dell’indennità di fine rapporto in favore dei dipendenti ” , “ attribuzione di funzioni superiori ” e “ spese di rappresentanza ” – lettere A), B), M), N) e O) degli atti di citazione); eccepiva nuovamente la prescrizione dell’azione di responsabilità circa i fatti esposti sub lettera N); chiedeva il rigetto della domanda risarcitoria nonché, in via subordinata, la riduzione dell’addebito in ordine alle contestazioni di cui alle citate lettere A) e B); l’Avv. Fabrizio Foglietti, per lo stesso Convenuto, richiamando precedente orientamento, in materia di locazione, del Collegio giudicante: confutava le argomentazioni di Parte attrice, soffermandosi, in particolare, sugli addebiti di cui alle lettre A), B) e O); concludeva per la reiezione delle pretese de quibus; il Pubblico Ministero, insistendo per l’affermazione della giurisdizione del Giudice contabile e negando, in virtù di quanto rappresentato con l’atto introduttivo del giudizio, la necessità d’integrare il contraddittorio: poneva in risalto la valenza delle relazioni ispettive; chiedeva la cancellazione, ex art. 89 c.p.c., di alcune espressioni ritenute offensive (pag. 8, righe 22 e 23, dell’atto defensionale depositato dall’Avv. Carlo Milana in data 4 settembre 2003: “ e apertamente commissionate dalla parte attrice con evidente scopo accusatorio ” ); confermava l'istanza di risarcimento e concludeva per la condanna dei Convenuti. Considerato in D I R I T T O L’ordine di esame delle questioni è rimesso al prudente apprezzamento del Giudice (Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenza n. 727 in data 2 ottobre 1991). Il Parco nazionale d’Abruzzo, originariamente istituito con R.D.L. 11 gennaio 1923, n. 257, avente ad oggetto la “ Costituzione del Parco nazionale d’Abruzzo ” , convertito in Legge 12 luglio 1923, n. 1511, successivamente soppresso con R.D.L. 11 dicembre 1933, n. 1718, recante la “ Modifica alle disposizioni relative all’ordinamento e alla gestione dei Parchi nazionali del Gran Paradiso e d’Abruzzo ” , convertito in Legge 25 gennaio 1934, n. 233, e, infine, ricostituito con Legge 21 ottobre 1950, n. 991, concernente la “ Ricostituzione dell’Ente autonomo del Parco nazionale d’Abruzzo ” , già posto sotto la vigilanza del Ministero dell’agricoltura e delle foreste (art. 1, comma 1, del D.P.R. 30 giugno 1951, n. 535, avente ad oggetto le “ Norme per l’organizzazione e per il funzionamento dell’Ente autonomo del Parco nazionale d’Abruzzo ” ) e, postea, del Ministro dell’ambiente (art. 9, comma 1, della Legge 6 dicembre 1991, n. 394, recante la “ Legge quadro sulle aree protette ” ), è Ente autonomo, ha personalità di diritto pubblico e ad esso si applicano le disposizioni di cui alla Legge 20 marzo 1975, n. 70 (articoli 1, commi 1 e 3, del D.P.C.M. 26 novembre 1993, in materia di “ Adeguamento ai principi della legge – quadro sulle aree protette 6 dicembre 1991, n. 394, della disciplina dell’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo ” , 1, comma 1, del citato D.P.R. e 9, comma 1, della suddetta Legge 6 dicembre 1991, n. 394). Inoltre, il Parco nazionale d’Abruzzo è Ente pubblico non economico e opera per interessi generali di protezione del territorio, della flora e della fauna, qualità confermata dall’art. 1, comma 1, della Legge 6 dicembre 1991, n. 394 (Corte di cassazione, Sezioni unite, sentenza n. 11306 in data 28 ottobre 1995). Pertanto, la figura soggettiva de qua è sottratta alla disciplina di diritto comune e presenta il carattere " strumentale " proprio delle persone giuridiche pubbliche, costituendo, di conseguenza, mezzo per il raggiungimento di precisi fini pubblici, esplicitamente individuati dal suddetto quadro normativo, completato dalla Legge 9 dicembre 1998, n. 426, recante “ Nuovi interventi in campo ambientale ” . Per di più, la citata giurisprudenza, in fattispecie riguardante lo stesso Parco nazionale d’Abruzzo e nella quale la Corte dei conti si limitava “ ad accertare la qualità di pubblico funzionario (del convenuto), il suo comportamento astrattamente e pretesamente collegato all’esercizio delle sue funzioni e l’esistenza di un danno patrimoniale a carico dell’Ente di appartenenza ” ne ammetteva il “ controllo sull’attività dei pubblici funzionari e dipendenti che rientra istituzionalmente nelle sue attribuzioni, senza travalicare i limiti esterni della giurisdizione ” , escludendo l’invasione di un “ ambito protetto dalla c.d. riserva di amministrazione ” ovvero del “ merito dell’attività amministrativa esercitata ” e dichiarando la giurisdizione del Giudice contabile (Corte di cassazione, Sezioni unite, sentenza n. 8449 in data 26 agosto 1998). Del resto, la disposizione circa l’insindacabilità nel merito delle scelte discrezionali – norma richiamata più volte dall’Avv. Carlo Milana - ex art. 1, comma 1, della Legge 14 gennaio 1994, n. 20, nel testo sostituito dall’art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in Legge 20 dicembre 1996, n. 639: non preclude, nel giudizio contabile, la valutazione delle scelte discrezionali che, eccedendo i limiti della ragionevolezza, sconfinino nell’arbitrio e siano, perciò, viziate d’illegittimità per eccesso di potere (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 9 in data 8 gennaio 2003); consente la piena sindacabilità delle scelte discrezionali quando si sia agito in contrasto con prescrizioni dell’ordinamento e l’opzione scelta disattenda in modo palese canoni di razionalità e di adeguatezza funzionale (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 2 in data 7 gennaio 2003); non esclude che l’oggetto del giudizio riguardi la razionalità e congruità dell’azione amministrativa nonché il corretto perseguimento dell’interesse pubblico (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Emilia Romagna, sentenza n. 2329 in data 1 ottobre 2002). In tal guisa e nella specie, deve essere affermata sia la giurisdizione della Corte dei conti (cognizione, peraltro, già riconosciuta implicite dal Collegio giudicante in altre controversie riguardanti il medesimo Ente; sentenze nn. 232 in data 5 maggio 2003 e 422 in data 19 giugno 1998) sia la possibilità di sindacare, entro i limiti descritti, la ragionevolezza e la congruità delle scelte amministrative (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza n. 1544 in data 25 settembre 2000; Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 238 in data 9 dicembre 1997). Preliminare si rivela anche l’esame della presunta litispendenza eccepita dal Difensore del T.. Invero: il giudizio contabile non è precluso né soggetto a sospensione necessaria per la pendenza di un processo civile, neppure se avente ad oggetto il recupero dell’indebito dedotto come illecito amministrativo – contabile (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 443 in data 18 dicembre 2002); la giurisdizione amministrativa - contabile e quella civile sono reciprocamente indipendenti nei profili istituzionali, anche quando investono un medesimo fatto materiale, dal momento che l'interferenza può avvenire tra i giudizi ma non fra le giurisdizioni (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 221 in data 11 luglio 2001); in base al principio di autonomia dell'azione di responsabilità amministrativa rispetto all'azione civile, la pendenza di giudizio civile non preclude l'azione della Procura regionale (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lombardia, sentenza n. 28 in data 18 gennaio 2001). La disciplina della litispendenza, pertanto, non può trovare applicazione quando le controversie siano incardinate presso giurisdizioni diverse, con profili del tutto autonomi e distinti per l'esercizio dell'azione (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenza n. 94 in data 18 febbraio 2002). Inoltre, ad avviso dello stesso Difensore, sembrerebbe “ veramente paradossale ” che il “ Giudice del lavoro dichiari legittima la posizione dirigenziale del Vice Direttore Flavia C., mentre la Corte dei Conti imputi al dr. T. come danno il riconoscimento delle mansioni superiori di dirigente dalla stessa effettivamente esercitate ” (atto depositato in data 4 settembre 2003 – pag. 7). In sostanza, secondo l’Avv. Carlo Milana, non appare possibile che alcuni provvedimenti possano essere considerati legittimi nell’ambito del rapporto di lavoro ed illegittimi invece in diversa situazione, quale quella dedotta nel presente giudizio. Tale dilemma non ha ragion d’essere. In realtà, deve essere riconosciuta la possibilità di valutare pregiudizialmente la legittimità del provvedimento amministrativo ai fini della successiva pronuncia sulla liceità del comportamento dei soggetti che la sua emanazione determinavano e, in tal caso, si tratterà non di declaratoria di illegittimità del provvedimento ma di mera disapplicazione del provvedimento medesimo, proprio in quanto ritenuto illegittimo, e la stessa non potrebbe che essere, come ogni disapplicazione, incidentale ai sensi degli articoli 4, comma 1, e 5 della Legge 20 marzo 1865, n. 2248, all. E, avente ad oggetto la “ Legge sul contenzioso amministrativo ” , applicabile ai giudizi di responsabilità amministrativa in virtù del rinvio alle norme sul processo civile di cui all’art. 26 del R.D. 13 agosto 1933, n. 1038, recante la “ Approvazione del regolamento di procedura per i giudizi innanzi alla Corte dei Conti ” , (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 100 in data 10 marzo 2003, la quale, sebbene riguardi in senso stretto i limiti di riparto della giurisdizione tra il Giudice amministrativo e quello contabile, enuncia principi applicabili anche al caso in esame; d’altronde, la questione sottoposta alle valutazioni del Giudice d’appello concerne proprio una fattispecie riguardante l’asserita illegittimità di una deliberazione d’inquadramento del personale). La giurisprudenza appena citata aggiunge: “ “ La disapplicazione presuppone, infatti, un atto illegittimo ma efficace che il giudice “ devitalizza ” con esclusivo riguardo agli effetti dedotti nel processo. Il che comporta, tra l’altro, la conservazione dell’atto e la piena operatività degli ulteriori effetti riferibili al provvedimento non dedotti in sede contenziosa (si tratti dello stesso effetto destinato a prodursi nei riguardi di altri soggetti o di altri effetti riguardanti il medesimo soggetto). Ed e perciò che non si può sostenere che non avrebbe senso disapplicare nel processo innanzi a questa Corte l’atto presupposto in quanto proprio dalla sua applicazione è derivato l’evento che integra l’illecito contabile. Al contrario, poiché la disapplicazione è limitata, come s’è detto, a “ devitalizzare ” l’atto con esclusivo riguardo agli effetti dedotti nel processo ciò da un lato consente che, acquisita nel giudizio contabile l’illegittimità dell’atto, si possa conseguentemente e coerentemente giungere alla valutazione della responsabilità del suo autore senza più la preclusione, nel processo medesimo, della presenza di un atto almeno formalmente legittimo. Dall’altro, non si impedisce che l’atto, malgrado la sua illegittimità, produca i suoi effetti, anche quelli dannosi, all’esterno del processo … Vi è cioè l’esigenza di assicurare una verifica della legittimità dei provvedimenti amministrativi che non sia affidata esclusivamente al destinatario dell’atto … Affermare che una tale verifica non possa essere fatta nell’ambito del processo sia pure ai ridotti fini e con i limitati effetti di cui sopra varrebbe perciò solo ad ampliare l’ambito di sostanziale esenzione degli atti amministrativi da una verifica in sede giurisdizionale ” ” . Deve essere rigettata, parimenti, l’eccezione di prescrizione dell’azione di responsabilità sollevata da entrambi i Convenuti con riguardo alla contestazione di cui alla lettera N) degli atti di citazione ( “ attribuzione di funzioni superiori ” ), addebito, peraltro, riferibile al periodo 1998 – 2002 (pagina 4 dell’atto aggiunto di citazione). Ciò in aderenza a quanto costantemente enunciato dal Collegio giudicante in materia di decorrenza della prescrizione e d’individuazione del dies a quo della medesima nella data degli effettivi pagamenti (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Abruzzo, sentenze nn. 128 in data 4 luglio 2001, 332 in data 9 aprile 2001, 1112 in data 8 novembre 1999 e 1119 in data 18 novembre 1999). Più di recente e sempre in tema di illegittimi inquadramenti, si precisa che il dies a quo della prescrizione s’identifica nel pagamento degli stipendi, in quanto ogni erogazione costituisce evento del tutto autonomo per cui la prima decorre, per ciascuna di esse, da ogni singolo mese (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, sentenza n. 240 in data 6 febbraio 2003). Circa la chiamata in causa di ulteriori soggetti, invocata espressamente dalla Difesa del P., si osserva che la richiesta evocazione non può apportare contributo alcuno al giudizio e, del resto, la verifica dell'integrità del contraddittorio deve essere eseguita con riferimento alla domanda introduttiva e alla prospettazione dell'Attore e non con riguardo a ipotesi di responsabilità costruite sulla scorta delle tesi difensive del Convenuto, che possono ben valere a contestare la fondatezza nel merito della domanda stessa ma non comportano la necessaria estensione soggettiva del processo (Corte dei conti, Sezione I giurisdizionale centrale, sentenza n. 15 in data 20 gennaio 1998). Le altre contestazioni di Parte attrice appaiono fondate, nei limiti di seguito precisati, e non possono essere superate, allo stato, dagli elementi addotti dai Convenuti. Deve essere ritenuto sussistente, di conseguenza, il pregiudizio patrimoniale, nocumento certo ed evidente innanzi all’esito delle articolate relazioni ispettive in atti di causa (relazioni del Dott. Renato Antonelli in data 5 giugno 2002, 17 aprile 2003 e 7 maggio 2003, pervenute rispettivamente all’Ufficio requirente in data 6 giugno 2002, 28 aprile 2003 e 13 maggio 2003), accertamenti istruttori considerati completi ed affidabili (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 2 in data 7 gennaio 2003) nonché elementi ampiamente attendibili e decisivi al fine della pronuncia (Corte dei conti, Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 178 in data 28 maggio 2002). In generale, i suddetti, analitici accertamenti confermano ampiamente sia il quadro di irregolarità gestorie sia il grado d'intensità particolarmente qualificato (colpa grave) dell’atteggiamento psicologico, elemento richiesto, in alternativa al dolo, dall’art. 1, comma 1, della Legge 14 gennaio 1994, n. 20, come sostituito dall’art. 3 del D.L. 23 ottobre 1996, n. 543, convertito in Legge 20 dicembre 1996, n. 639, e non disgiunto dalla reiterata violazione delle fondamentali e semplici regole di oculata e corretta gestione. La qualità degli stessi accertamenti, per di più, consente di prescindere da ulteriori attività istruttorie. Invero, la descritta serie di azioni e omissioni, protratta nel tempo e unita alla negligenza e/o all’inerzia dei Convenuti, evidenzia un comportamento di questi ultimi del tutto anomalo ed inadeguato, con grave ed evidente violazione sia dei compiti e dei doveri di servizio, palesemente trascurati, sia dei comuni, elementari ed irrinunciabili canoni di corretta amministrazione e di sana gestione i quali impongono, in sostanza, la costante corrispondenza delle spese all’interesse dell’Ente. All’azione di Franco T., comunque sia e come osservato dal Procuratore regionale, deve essere riconosciuta una efficacia prevalente, comportamento che risulta particolarmente censurabile anche alla luce della delicata attività svolta dai Direttori di parco, delle specifiche ed elevate competenze richieste agli stessi (art. 9, comma 11, della citata Legge 6 dicembre 1991, n. 394; D.M. 28 giugno 1993, avente ad oggetto la “ Istituzione dell’elenco di idonei all’esercizio dell’attività di direttore di parco presso il Servizio conservazione della natura del Ministero ” ) e dei titoli di studio, di servizio e scientifici in possesso degli interessati (D.M. 3 luglio 1995, recante i “ Criteri per la valutazione del giudizio di idoneità all’esercizio dell’attività di direttore di parco ” ; D.M. 10 agosto 1999, concernente la “ Istituzione dell’albo degli idonei all’esercizio dell’attività di direttore di parco ” ; D.M. 2 novembre 2000, recante “ Albo degli idonei all’esercizio dell’attività di direttore di parco e annullamento del D.M. 3 luglio 1995 ” ). Nulla quaestio, invece, sul rapporto di servizio e sul nesso di causalità, risultando pacifico il primo e palese, innanzi alla consequenzialità tra le citate condotte e le diverse fattispecie di danno, il secondo. In ordine alle singole situazioni riguardanti i Convenuti e al fine di determinare il rispettivo quantum da risarcire, deve essere precisato quanto segue, ferme restando le precedenti argomentazioni sulla sussistenza degli elementi necessari per l’affermazione di responsabilità oggetto delle domande di Parte attrice. “ Sede di rappresentanza ” , lettera A) degli atti di citazione. L’eccessiva onerosità della scelta operata circa la locazione di un intero immobile in Roma di dimensioni tali da configurare, di fatto, una vera e propria sede operativa e non di mera rappresentanza, sino a comprendere altri servizi dell’Ente, e la carenza di successive iniziative idonee per il contenimento degli oneri finanziari in questione devono essere attribuite esclusivamente alla responsabilità del Direttore, al quale spettava la sovrintendenza ai servizi dell’Ente, ex art. 9, comma 1, del D.P.R. 30 giugno 1951, n. 535, incarico da ricondurre nell’ambito della vigilanza tecnico – amministrativa e, nel caso concreto, “ svolto in modo tale da assumere una posizione di forte ed inframmettente presenza, come segnalato e lamentato da tutti i componenti del Consiglio direttivo e dal presidente ” (pag. 9 del primo atto di citazione). Per di più, con la citata sentenza n. 422 in data 19 giugno 1998, il Collegio giudicante affermava che l’attività relativa alle locazioni “ rientrava nelle competenze del Direttore dell’Ente e non del Presidente, secondo il modulo esistente presso l’ente pubblico ” . D’altronde, come osservato dagli Avvocati Satta, Cardarelli e Foglietti con atto depositato in data 1 luglio 2003, la “ nomina a Presidente del PNA di Fulco P. è avvenuta nel 1995, e cioè risale ad un periodo posteriore alla stipulazione del contratto di locazione suindicato (non è quindi riferibile a P. l’acquisizione in locazione dello stabile) ” . La somma da porre a carico di Franco T. è pari a quella indicata dal Requirente (€ 32.040,00). “ Finanziamento illegittimo di enti privati ” , lettera B) degli atti di citazione. Le considerazioni di cui al punto precedente, circa la reale, effettiva e costante suddivisione delle competenze all’interno dell’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo escludono, altresì, il coinvolgimento del Presidente nella produzione del danno derivante dal conferimento in favore di organizzazioni private ( “ Comitato Parchi ” e “ Centro Parchi ” ) di risorse tratte dal patrimonio e dalla finanza del Parco. Quindi, sussiste unicamente la responsabilità del Direttore, il quale deve rispondere per la somma indicata in conclusione (€ 364.335,41) dal Pubblico Ministero. “ Utilizzazione di appartamento di proprietà dell’Ente ” , lettera C) degli atti di citazione. L’inerzia nel porre rimedio alla situazione rappresentata da Parte attrice deve essere imputata esclusivamente al Direttore il cui comportamento, del tutto irregolare e insufficiente, si concretava in una macroscopica deviazione dai comuni canoni di corretta amministrazione. Il danno, nella specie, è pari a € 17.352,95, come quantificato dal Pubblico Ministero. Ad uguali conclusioni, in base ai medesimi asserti, si perviene relativamente alla “ utilizzazione abusiva e gratuita di immobile dell’Ente ad uso del vice Direttore ” , lettera D) degli atti di citazione. Il danno, nel caso specifico, è uguale a € 18.592,45, secondo quanto indicato dal Requirente. “ Detenzione di beni di proprietà dell’Ente ” , lettera E) degli atti di citazione. Anche in questo caso appare provata la condotta gravemente colposa del Direttore nella causazione del danno. Nondimeno, considerate le contestazioni riguardanti le “ spese per buoni benzina devoluti all’ex Direttore ” (pag. 4 dell’atto aggiunto di citazione) e riconosciuto ancorché non provato un vantaggio per l’Ente autonomo ragguagliato al 10 % degli specifici oneri (€ 18.542,88 – pag. 3 della relazione ispettiva in data 7 maggio 2003), la somma complessivamente addebitabile al T. è pari a € 63.045,00. “ Illegittimo affidamento di autoveicolo ” , lettera F) degli atti di citazione. L’acquisizione di una seconda autovettura di rappresentanza (marca AUDI modello A4 Avant), ampiamente accessoriata e affidata in uso esclusivo al “ vice direttore per utilizzazioni non controllate ed indiscriminatamente continuative ” e in “ mancanza di qualsiasi oggettiva rispondenza dell’acquisto e dell’impiego dell’automezzo ad effettive esigenze dell’Ente, attesa anche l’omessa rendicontazione dell’uso ” (pag. 18 del primo atto di citazione), costituisce ennesima voce di danno addebitabile al T., per un importo pari a € 17.043,08, somma corrispondente a quella contestata dal Pubblico Ministero. “ Spese per missioni all’estero ed in Italia ” , lettera G) degli atti di citazione. La somma originariamente richiesta dal Requirente - € 116.777,80, sub lettera g 1), e € 93.443,90, sub lettera g 2), pagine 20 e 21 del primo atto di citazione – e da considerare “ immutata ” (pag. 10 dell’atto aggiunto di citazione), rappresenta danno per l’Ente Parco, attesa la “ sicura carenza di documentazione ” , valutata la “ scorretta destinazione delle somme, quando queste non siano da considerare addirittura come forme surrettizie ed alternative o sostitutive di non consentiti compensi ” e trattandosi anche di “ acquisizioni di fondi dichiaratamente provvisorie e mai rendicontate, né restituite dall’interessato ” (pagine 19, 20 e 21 del primo atto di citazione), e deve essere addebitata esclusivamente al T.. “ Spese per missioni all’estero ed altro in conto funzionamento Comunità del Parco ” , lettera H) degli atti di citazione. Attesa la “ natura di organo consultivo e propositivo correttamente riferita dalla relazione ispettiva alla Comunità del Parco ex art. 10, c. 2, legge n. 394/91 ” (pag. 21 del primo atto di citazione), le spese per missioni, manifestazioni, convegni prandiali e contributi erogate per gli anni 1998 e 1999, appaiono estranee agli scopi della stessa Comunità – organizzazione alla quale non sono riferibili funzioni e compiti di rappresentanza istituzionale – e, pertanto, devono essere ritenute illegittime. Tali somme devono essere addebitate al T. per complessivi € 27.098,62. “ Mancata rendicontazione delle spese di missione nazionali ” , lettera I) degli atti di citazione. Circa l’importo di € 93.443,90, oggetto di prima contestazione (pag. 22 del relativo atto di citazione), lo stesso Pubblico Ministero precisa (pag. 6 dell’atto aggiunto di citazione): “ “ Si deve, inoltre, dare atto della necessità di rettificare la richiesta risarcitoria radicata presso la Sezione per quanto riguarda la voce di cui alla lettera I) – “ Mancata rendicontazione delle spese di missione nazionali ” , in quanto l’imputazione della predetta somma, per effetto della complessità di calcoli in parte deduttivi, deriva dalla reiterazione che con la stessa si è operata dell’addebito ricompreso nella lett. G) ” ” . Tale voce, pertanto, deve essere esclusa per l’importo corrispondente dal novero delle contestazioni in argomento. “ Utilizzazione carte di credito ” , lettera L) degli atti di citazione. Gli accertamenti ispettivi richiamati dal Requirente evidenziano una “ abusiva utilizzazione delle carte di credito intestate all’Ente ed in uso all’ex direttore ” (pag. 23 del primo atto di citazione) poiché le relative spese “ non sono mai state giustificate ” (pag. 23 della relazione in data 17 aprile 2003, ove si afferma, d’altra parte, che agli “ atti dell’Ente non sono stati neanche rinvenuti i relativi documenti (ricevute, scontrini, fatture) ” ). Attesa la mancata rendicontazione dell’uso delle carte in questione (pag. 5 dell’atto aggiunto di citazione), lo specifico ammontare, correlato, altresì, a “ strumenti di pagamento non autorizzati ” (pag. 5 dell’atto aggiunto di citazione), deve essere posto a carico del T., utilizzatore delle tre carte di credito in questione ( “ Diners Club International ” , “ Top Card Visa ” e “ Carta Oro Base American Express ” ), per complessivi € 97.554,16 (somma aggiornata con l’atto aggiunto di citazione). “ Anticipo dell’indennità di fine rapporto in favore dei dipendenti ” , lettera M) degli atti di citazione. Le spese a titolo di anticipazione dell’indennità di fine rapporto di una “ quota dei fondi appositamente accantonati presso l’Ente, invocando l’applicazione della L. 26 maggio 1982, n. 297, ma senza tener conto dell’art. 4, c. 6, della stessa legge, che interdice l’estensione ai dipendenti pubblici di tali disposizioni, nemmeno applicabili in dipendenza della privatizzazione del rapporto d’impiego recata dal D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29, stante la temporanea esclusione applicativa sancita dall’art. 72, c. 4, dello stesso decreto ” (pag. 23 del primo atto di citazione) costituirebbero, secondo la tesi del Requirente, indebite erogazioni. Tali conclusioni appaiono fondate. Invero, la normativa in materia considerava “ ferma la disciplina legislativa del trattamento di fine servizio dei dipendenti pubblici ” (art. 4, comma 6, della Legge 29 maggio 1982, n. 297, concernente la “ Disciplina del trattamento di fine rapporto e norme in materia pensionistica ” ), disposizione ancora attuale poiché riprodotta, con simile e inequivocabile formulazione, dagli articoli 72, comma 4, del D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29, recante la “ Razionalizzazione dell’organizzazione delle amministrazioni pubbliche e revisione della disciplina in materia di pubblico impiego, a norma dell’art. 2 della Legge 23 ottobre 1992, n. 421 ” , e 69, comma 2, del D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165, avente ad oggetto le “ Norme generali sull’ordinamento del lavoro alle dipendenze delle amministrazioni pubbliche ” . D’altronde, il Giudice delle Leggi, dichiarando la manifesta infondatezza della questione di legittimità costituzionale dell’art. 4, comma 6, della citata Legge 29 maggio 1982, n. 297, sollevata in riferimento agli articoli 2, 3, 36 e 47, comma 2, della Costituzione, sosteneva che la mancata estensione dell’anticipazione del trattamento di fine rapporto ai lavoratori pubblici “ non può di per sé costituire alcun’altra delle prospettate offese al dettato costituzionale, rientrando nella piena discrezionalità del legislatore dimensionare la portata dell’istituto, il quale – come questa Corte ha già avuto occasione di affermare – legittimamente può essere addirittura non previsto affatto (sent. n. 142 del 1991) ” (Corte Costituzionale, ordinanza n. 9 in data 10 gennaio 2000). Inoltre, l’art. 2, commi 5, 6, 7 e 8, della Legge 8 agosto 1995, n. 335, recante la “ Riforma del sistema pensionistico obbligatorio e complementare ” - provvedimento che secondo i Difensori del P. “ prevede la generale applicabilità dell’art. 2120 c.c. a tutti i dipendenti delle amministrazioni pubbliche di cui all’art. 1 del D. Lgs. 29/93 ” (pag. 7 dell’atto depositato in data 1 luglio 2003) – rimanda alla contrattazione collettiva nazionale la definizione delle modalità per l’applicazione, nei confronti dei lavoratori già occupati alla data del 31 dicembre 1995 (si prescinde, in questa sede, dalla valutazione delle disposizioni destinate ai lavoratori assunti con decorrenza 1 gennaio 1996 in virtù del fatto che la decisione n. 147 in data 23 gennaio 1999 del Presidente dell’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo riguarda soltanto i dipendenti che abbiano maturato quindici o trenta anni di servizio), della disciplina in materia di trattamento di fine rapporto. Ugualmente, i successivi articoli 59, comma 56, della Legge 27 dicembre 1997, n. 449, avente ad oggetto le “ Misure per la stabilizzazione della finanza pubblica ” , circa la possibilità di “ richiedere la trasformazione dell’indennità di fine servizio in trattamento di fine rapporto ” e 26, comma 19, della Legge 23 dicembre 1998, n. 448, recante le “ Misure di finanza pubblica per la stabilizzazione e lo sviluppo ” , sulle modalità applicative connesse all’esercizio della predetta opzione da parte del personale, rinviano, rispettivamente, a specifiche trattative con le organizzazioni sindacali dei lavoratori (accordo quadro nazionale sul “ Trattamento di fine rapporto e di previdenza complementare per i dipendenti pubblici ” , intervenuto solo in data 29 luglio 1999) e ad apposito “ decreto del Presidente del Consiglio dei ministri ” (emanato soltanto in data 20 dicembre 1999 e seguito dal D.P.C.M. in data 2 marzo 2001, entrambi aventi ad oggetto il “ Trattamento di fine rapporto e istituzione dei fondi pensione dei pubblici dipendenti ” ). Pertanto, la disciplina del trattamento de quo, al tempo dell’adozione della suddetta decisione n. 147, non poteva ritenersi compiuta né costituire, di conseguenza, valido riferimento normativo (lo stesso, contestato provvedimento, in realtà, è fondato unicamente su una peculiare interpretazione della Legge 29 maggio 1982, n. 297, e sulla generica opportunità di “ regolamentare in via generale la materia, anche al fine di soddisfare le legittime richieste del personale dell’Ente avente diritto ” ). Infine, non appare superfluo rammentare che la nuova disciplina del trattamento di fine rapporto per i dipendenti pubblici è tuttora in fase di prima (e incerta) applicazione. Il nocumento è pari a quello indicato dal Pubblico Ministero - € 21.054,46 - e la responsabilità grava esclusivamente sul Presidente al quale “ “ risale l’emanazione della determinazione amministrativa adottata con propria “ decisione ” in data 23.1.1999 ” ” (pag. 24 del primo atto di citazione). “ Attribuzione di funzioni superiori ” , lettera N) degli atti di citazione. Il conferimento delle mansioni superiori mediante attribuzione di qualifica dirigenziale alla Signora Flavia C., dipendente dell’Ente Parco, costituiva “ oggetto di ben due provvedimenti ministeriali di annullamento, non impugnati (note Ministero Ambiente nn. 7623 del 20.5.1998 e 12157 del 24.7.2000) ” (pag. 24 del primo atto di citazione) e, di conseguenza, non può essere negata l’illegittimità delle “ attribuzioni di fatto, del genere testè richiamato, secondo quanto riconosciuto da consolidata giurisprudenza (cfr. Corte dei conti, Sez. contr. 30.5.1999, n. 39; 17.4.2001, n. 19) … sia ai sensi dei principi recati del D.P.R. 30 giugno 1972, n. 748, il quale disciplinava il conferimento di funzioni dirigenziali astrattamente preordinate, ma pur sempre predefinite, sia per effetto della sopravvenuta normativa di cui all’art. 19 D.L.vo 3 febbraio 1993, n. 29, il quale dispone che il conferimento in questione sia formalizzato con contratto, per di più a tempo determinato, e non con procedimento autoritativo, e comunque subordinato alla fissazione di obiettivi da perseguire ” (pag. 25 del primo atto di citazione). La giurisprudenza in tema di danno ingiusto derivante dall’illegittima attribuzione di mansioni superiori (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Lazio, citata sentenza n. 240 in data 6 febbraio 2003; Sezione III giurisdizionale centrale, sentenza n. 267 in data 9 ottobre 2001; Sezione giurisdizionale per la Regione Campania, sentenza n. 53 in data 7 settembre 1999; Sezione giurisdizionale per la Regione Puglia, sentenza n. 34 in data 6 maggio 1999) ovvero di illegittimità del conferimento di funzioni dirigenziali (Corte dei conti, Sezione controllo, deliberazioni nn. 124 in data 17 settembre 1997, 58 in data 21 marzo 1999 e 96 in data 21 luglio 1995) è univoca e sfavorevole ai Convenuti. La suddetta attribuzione, valutate anche le restrittive norme ricavabili dall’art. 56 del citato D. Lgs. 3 febbraio 1993, n. 29 (ora art. 52 del citato D. Lgs. 30 marzo 2001, n. 165), appare indebita e configura altra voce di danno, valutato dal Requirente in complessivi € 134.458,39 “ per compensi fissi erogati sulla base dell’illegittimo conferimento di funzioni dirigenziali, tra l’altro svolte con censurabile carenza di controlli sull’attività svolta ” (somma aggiornata con l’atto aggiunto di citazione - pag. 4). La responsabilità, considerata la “ decisione del direttore ratificata dal presidente dell’Ente con decisione n. 18 del 27.7.1995, ed ulteriormente da questi confermata il 30.12.1997 con decisione n. 104 ” (pag. 26 del primo atto di citazione), deve essere attribuita ad entrambi i Convenuti i quali devono risarcire la quota individuale di € 67.229,19. “ Spese di rappresentanza ” , lettera O) degli atti di citazione. Gli affermati “ eccessi non riconducibili alla tipologia delle spese di vera e propria rappresentanza, così come configurabile alla stregua della giurisprudenza di questa Corte dei conti, in quanto destinate a potenziare il prestigio dell’Ente ed a rafforzarne l’immagine nelle circostanze di ufficialità ” (pag. 26 del primo atto di citazione) costituiscono - allo stato degli atti e in assenza sia di una completa specificazione delle voci di danno sia di una esauriente indicazione delle ragioni della domanda - generica allegazione dalla quale deriva l’inammissibilità della specifica richiesta risarcitoria. Da tale istanza, infatti, non si desume sufficientemente l’esposizione dei fatti e degli elementi di diritto posti a sostegno della pretesa di Parte attrice e, in altri termini, l’indicazione della causa petendi appare indeterminata (Corte dei conti: Sezione giurisdizionale per la Regione Basilicata, sentenza n. 286 in data 3 novembre 1999; Sezione giurisdizionale per la Regione Trentino Alto Adige, sentenza n. 1 in data 14 gennaio 1998). Nel complesso, l’entità delle singole obbligazioni risarcitorie deve essere così determinata: € 914.512,56 a carico di Franco T. e € 88.283,65 a carico di Fulco P.. La gravità dei fatti contestati e la reiterazione dei descritti comportamenti non consentono di ricorrere al potere riduttivo dell'addebito. Peraltro, il mancato ricorso a tale potere non comporta alcun obbligo di motivazione, obbligo sussistente solo quando si faccia uso in positivo del medesimo potere (Corte dei conti, Sezioni riunite, sentenza n. 563 in data 22 dicembre 1987). Si condannano, quindi, i Convenuti al risarcimento delle somme indicate, importi da ritenersi comprensivi di rivalutazione monetaria fino alla data di deposito della presente sentenza. Sono invece dovuti gli interessi legali dalla predetta data e sino all’effettiva e intera soddisfazione del credito. Le spese di giudizio, liquidate come in dispositivo, seguono la soccombenza con la medesima ripartizione. Infine, in relazione alla richiesta formulata dal Pubblico Ministero in occasione dell’udienza in data 24 settembre 2003 per l’espunzione dall’atto defensionale depositato in data 4 settembre 2003 di alcune espressioni ritenute offensive (pag. 8, righe 22 e 23: “ e apertamente commissionate dalla parte attrice con evidente scopo accusatorio ” ), condividendo i riferimenti normativi e giurisprudenziali ampiamente illustrati in occasione dell’esame di analoga fattispecie (Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Calabria, ordinanza n. 126 in data 27 maggio 2002) e considerata, in palese violazione del dovere di lealtà e di probità, ex art. 88 c.p.c., l’oggettiva sconvenienza delle suddette espressioni - le quali tendono ad attribuire all’esercizio della funzione di giustizia svolta dalla Procura regionale i connotati di una azione indirizzata a mero detrimento del Convenuto, azione da ritenersi, al contrario, estranea allo svolgimento del munus publicum che la Legge attribuisce al Requirente contabile - se ne dispone la cancellazione. Nec plus ultra. P. Q. M. definitivamente pronunciando, respinta ogni contraria istanza, eccezione o deduzione: dichiara inammissibile la domanda sub lettera O) degli atti di citazione; accoglie per quanto di ragione le altre domande di Parte attrice e, per l’effetto: condanna Franco T. al pagamento, in favore dell’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo, della somma di € 914.512,56; condanna Fulco P. al pagamento, in favore dell’Ente autonomo Parco nazionale d’Abruzzo, della somma di € 88.283,65, importi da ritenersi comprensivi di rivalutazione monetaria fino alla data di deposito della presente sentenza; sono invece dovuti gli interessi legali dalla predetta data e sino all’effettiva e intera soddisfazione del credito; ordina la cancellazione dall’atto depositato dall’Avv. Carlo Milana in data 4 settembre 2003 delle espressioni indicate in motivazione; liquida le spese di giudizio, sino alla data di pubblicazione della sentenza, in € 2.981,49 ( duemilanovecentottantuno/49 ) a carico dei soccombenti; manda alla Segreteria per gli adempimenti di rito. Così deciso in L’Aquila, nella Camera di consiglio in data 24 settembre 2003. Depositata in Segreteria il 7 gennaio 2004. |