Pubblicato il 23/02/2024
N. 01839/2024REG.PROV.COLL.
N. 04032/2023 REG.RIC.

REPUBBLICA ITALIANA
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Il Consiglio di Stato
in sede giurisdizionale (Sezione Settima)
ha pronunciato la presente
SENTENZA
sul ricorso numero di registro generale 4032 del 2023, proposto da
Agenzia del Demanio, Ministero delle Infrastrutture e dei Trasporti, in persona del rispettivo legale rappresentante pro tempore, rappresentati e difesi dall'Avvocatura Generale dello Stato, domiciliataria ex lege in Roma, via ......., ...;
contro
Regione Veneto, Comune Di -OMISSIS-, in persona del rispettivo legale rappresentante, non costituito in giudizio;
per la riforma
della sentenza del Tribunale Amministrativo Regionale per il Veneto (Sezione Prima) n. 298/2023, resa tra le parti;

 

Visti il ricorso in appello e i relativi allegati;
Visti l'atto di costituzione in giudizio ed il ricorso incidentale proposto da -OMISSIS- S.r.l.;
Visti tutti gli atti della causa;
Relatore nell'udienza pubblica del giorno 20 febbraio 2024 il Cons. Marco Morgantini e uditi per le parti gli avvocati xxxxx xxxxx e xxxxx xxxxx e l'Avv. dello Stato xxxxxx xxxxx;
Ritenuto e considerato in fatto e diritto quanto segue.

 

FATTO e DIRITTO
1. Con la sentenza appellata è stato accolto il ricorso proposto per l'annullamento del provvedimento di diniego di sdemanializzazione ex art. 35 del codice della navigazione in zona -OMISSIS-.
La motivazione della sentenza appellata fa riferimento alle seguenti circostanze.
Con nota del 14 giugno 2021 la Direzione Generale del Patrimonio dell'Agenzia del Demanio ha comunicato al Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, nonché alla Direzione Regionale Veneto, il proprio avviso negativo. A fondamento di tale parere, l'Amministrazione - segnalata la pendenza di altri procedimenti finalizzati alla sclassificazione di porzioni limitrofe dell'intero ambito demaniale, "vista la necessità di una trattazione organica delle procedure", considerato che "allo stato attuale la continuità della dividente demaniale marittima sarebbe compromessa dal prosieguo dell'iter di sclassifica", e tenuto conto della necessitò di coinvolgere "più qualificate Amministrazioni al fine di individuare prescrizioni e/o interventi che aiutino a preservare la molteplicità degli interessi pubblici che devono essere posti in comparazione nella procedura" - riteneva "al momento perdurante l'interesse pubblico al mantenimento della destinazione demaniale all'area".
Il provvedimento 22 dicembre 2021, nel richiamare le comunicazioni appena menzionate, che hanno fornito "le motivazioni per le quali si ritiene al momento perdurante l'interesse pubblico al mantenimento della destinazione demaniale", ha confermato "la necessità di una trattazione organica delle procedure di sdemanializzazione attivate sul litorale di -OMISSIS-", restituendo, "non controfirmato lo schema di decreto qui inviato..."
Il Tar ha ritenuto fondato il primo motivo del ricorso introduttivo - ove si lamenta la violazione dell'art. 10 bis della legge n. 241 del 1990 per l'omissione del preavviso di rigetto -, mentre vanno respinti il secondo motivo del ricorso introduttivo, e il secondo motivo dei motivi aggiunti, nelle parti in cui sono censurati il difetto di competenza in capo alla Direzione Governo del Patrimonio dell'Agenzia del Demanio e la natura vincolante del parere impugnato. Restano invece assorbiti i restanti profili di censura, esposti nel secondo motivo del ricorso introduttivo e nel primo e secondo motivo dei motivi aggiunti, - diretti ad evidenziare l'asserita opinabilità e la contraddittorietà del parere - dovendo l'Amministrazione determinarsi nuovamente.
IL Tar ha ricordato che "a seguito della novella introdotta con l'art. 12, comma 1, lettera i), d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con l. 11 settembre 2020, n. 120, il mancato rispetto dell'obbligo di preventiva comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento di una istanza, imposto dall'art. 10-bis, l. 7 agosto 1990 n. 241, determina l'annullamento del provvedimento discrezionale senza che sia consentito all'Amministrazione dimostrare in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso da quello in concreto adottato".
Nella fattispecie esaminata non vi è dubbio che la gravata determinazione assunta dall'Agenzia del Demanio (idonea, come visto, a determinare l'arresto del procedimento), fondata su argomentazioni riferite alla necessità di trattare unitariamente le procedure di sdemanializzazione in atto e di tenere conto dell'attuale continuità della dividente demaniale, non sia stata ritualmente preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, che - non vertendosi di atto vincolato - avrebbe dovuto essere tempestivamente inoltrata alla ricorrente al fine di consentirle la piena partecipazione all'interno di tale fase del procedimento così da poter meglio precisare le proprie posizioni giuridiche.
Il Tar ha precisato che non è condivisibile l'obiezione sollevata dalla difesa erariale, secondo cui il preavviso di rigetto nella fattispecie all'esame sarebbe un atto non dovuto, in quanto il procedimento di sdemanializzazione previsto dall'art. 35 del codice della navigazione sarebbe un procedimento attivabile solamente d'ufficio.
Tale tesi non persuade perché in realtà si tratta di un procedimento che può essere attivato oltre che d'ufficio, anche su istanza di parte. Qualora sia attivato su istanza di parte, come è avvenuto nel caso di specie, il preavviso di diniego, in ragione della sua portata generale sopra richiamata, costituisce un atto dovuto.
Il Tar ha respinto invece le censure di incompetenza.
In relazione alla fondatezza del motivo di ricorso sopra descritto, sono stati assorbiti i motivi di ricorso diretti a censurare aspetti motivazionali posti a fondamento del contestato parere negativo e dei restanti atti oggetto del gravame.
Ne discende, secondo il Tar, l'obbligo dell'Agenzia del Demanio di provvedere al riesame dell'istanza una volta instaurato, secondo i principi sopra esposti, il necessario contraddittorio procedimentale.
2. L'Amministrazione appellante ritiene che la sentenza appellata sia errata per avere ritenuto applicabile al caso di specie la regola di cui all'art. 10 bis e 21 octies della Legge n. 241 del 1990, come novellato dal d.l. n. 76 del 2020, art. 12, comma 1, lett. i).
Il procedimento di sdemanializzazione, infatti, non sarebbe procedimento "a istanza di parte", tanto più agli effetti della nuova previsione di una sanzione forte per la mancata comunicazione dei motivi ostativi, quale è l'impossibilità per l'Amministrazione di dimostrare in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso da quello in concreto adottato.
La Capitaneria di Porto attiva normalmente d'ufficio l'istruttoria di sdemanializzazione; in particolare: verifica l'esistenza dei requisiti per la sdemanializzazione relativamente agli usi pubblici del mare, compila il Mod. 78, acquisisce i pareri, tra cui quelli delle Direzioni Regionali dell'Agenzia del demanio.
Le Direzioni Regionali esprimono il proprio parere relativamente agli aspetti di natura dominicale ed operano congiuntamente con le Capitanerie di Porto per le attività eventualmente necessarie per il buon esito dell'istruttoria.
Qualora all'esito delle relative istruttorie, tutte le Amministrazioni interessate esprimano parere favorevole alla sdemanializzazione, la Capitaneria di Porto invia la documentazione alla Direzione Generale per la Vigilanza sulle Autorità di Sistema Portuale per il trasporto marittimo e per vie d'acqua interne del Ministero delle Infrastrutture e della Mobilità Sostenibili, per le verifiche di propria competenza.
Qualora invece vi sia un parere sfavorevole, l'iter si arresta.
In questo quadro, l'istanza di parte (certamente possibile, ma non necessaria) può al più costituire l'occasione per l'amministrazione di avviare la procedura di cui all'articolo 35 del codice della navigazione (ed eventualmente di cui all'articolo 32 dello stesso codice), mentre la vendita dopo la chiusura della procedura di sdemanializzazione deve essere sempre concorsuale.
L'Amministrazione appellante lamenta che Il TAR del Veneto ha affermato erroneamente che qualora il procedimento si è attivato su istanza di parte il preavviso di diniego costituisce un atto dovuto.
Il preavviso di diniego sarebbe dovuto solo quando il dovere di provvedere sorge a seguito e solo a seguito della istanza del privato, il che non è nel caso della sdemanializzazione.
3. L'appello è infondato.
Infatti la sentenza appellata è correttamente motivata in relazione alla circostanza che, a seguito della novella introdotta con l'art. 12, comma 1, lettera i), d.l. 16 luglio 2020, n. 76, convertito con l. 11 settembre 2020, n. 120, il mancato rispetto dell'obbligo di preventiva comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento di una istanza, imposto dall'art. 10-bis, l. 7 agosto 1990 n. 241, determina l'annullamento del provvedimento discrezionale senza che sia consentito all'Amministrazione dimostrare in giudizio che il provvedimento non avrebbe potuto avere contenuto diverso da quello in concreto adottato" (così Cons. di Stato, Sez. III, 24 novembre 2022 n. 10353).
La gravata determinazione assunta dall'Agenzia del Demanio, motivata in relazione a circostanze riferite alla necessità di trattare unitariamente le procedure di sdemanializzazione in atto e di tenere conto dell'attuale continuità della dividente demaniale, non è stata ritualmente preceduta dalla comunicazione dei motivi ostativi all'accoglimento dell'istanza, che - non vertendosi di atto vincolato - avrebbe dovuto essere tempestivamente inoltrata alla ricorrente al fine di consentirle la piena partecipazione all'interno di tale fase del procedimento così da poter meglio precisare le proprie posizioni giuridiche.
Sul punto va precisato che non è condivisibile l'obiezione sollevata dalla Amministrazione appellante, secondo cui il preavviso di rigetto nella fattispecie all'esame sarebbe un atto non dovuto, in quanto il procedimento di sdemanializzazione previsto dall'art. 35 del codice della navigazione sarebbe un procedimento attivabile solamente d'ufficio.
Infatti si tratta di un procedimento che può essere attivato oltre che d'ufficio, anche su istanza di parte. Qualora sia attivato su istanza di parte, come è avvenuto nel caso di specie, il preavviso di diniego, in ragione della sua portata generale sopra richiamata, costituisce un atto dovuto.
Il collegio osserva altresì che la determinazione di diniego assunta dall'Agenzia del Demanio è fondata su argomentazioni riferite alla necessità di trattare unitariamente le procedure di sdemanializzazione in atto e di tenere conto dell'attuale continuità della dividente demaniale.
Ne consegue che la comunicazione del preavviso di diniego costituisce, in relazione allo specifico contenuto motivazionale, l'adempimento di un onere che non comporta in punto di fatto aggravio del procedimento.
Quanto sopra poi essere coerente con:
a)la consolidata giurisprudenza amministrativa che ha sostenuto, con specifico riferimento all'istanza di sdemanializzazione, che "il silenzio serbato su una circostanziata istanza di sdemanializzazione di un bene è del tutto ingiustificato ed invera la fattispecie del silenzio-inadempimento, con conseguente violazione dell'art. 2 della legge 7 agosto 1990, n. 241, recante la previsione dell'obbligo per la pubblica amministrazione di attivare il procedimento e di concluderlo con un espresso provvedimento (ex multis, Consiglio di Stato, sez. IV, 20 gennaio 2015, n. 138, T.A.R. Basilicata, sezione I, sentenza n. 287 del 2019; T.A.R. Napoli sez. VII, 3.9.2021, n.5695);
a1) se l'istanza del privato fosse tamquam non esset, siccome infondatamente sostenuto dall'Amministrazione, allora l'omessa risposta all'istanza non sarebbe giustiziabile, il che, come prima chiarito, non coincide con le condivisibili conclusioni della giurisprudenza amministrativa;
b)sotto il profilo sistematico, la tesi propugnata nell'appello principale, perviene ad una interpretazione estremamente riduttiva di un istituto (il preavviso di rigetto) certamente di garanzia per il privato, e che, come prima chiarito, il Legislatore di recente, nel 2020 si è fatto carico di rafforzare nei termini suindicati; inoltre, ipotizza una categoria di procedimenti (quelli attivabili "esclusivamente su istanza del privato" ) che non sembra rinvenibile nel sistema giuridico italiano, connotato dall'inesauribilità del potere amministrativo e nell'attivabilità d'ufficio di pressochè ogni tipo di procedimento, di guisa che l'istituto resterebbe confinato - a seguire l'appello principale- ai soli casi previsti dalla legislazione "condonistica", il che svuota la portata della citata disposizione.
L'appello deve pertanto essere respinto.
4. Con l'appello incidentale parte appellata contesta la competenza degli uffici centrali dell'Agenzia del Demanio.
Ritiene che la competenza spetti dall'autorità amministrativa localmente competente ovvero la Capitaneria di Porto e l'Agenzia del Demanio - Direzione Regionale Veneto.
Fa riferimento a tal fine alla circostanza che il fulcro dell'istruttoria sta nell'accertare in concreto, sulle aree oggetto di esame e cioè 'sul posto', attraverso un giudizio tecnico-discrezionale sui caratteri naturali del sito, se le aree oggetto dell'iter siano o meno utilizzabili per pubblici usi del mare.
Lamenta inoltre che i pareri impugnati non avrebbero il contenuto proprio degli atti d'indirizzo.
5. Il collegio prescinde dall'esame della questione di improcedibilità del ricorso incidentale per sopravvenuta carenza d'interesse (peraltro, l'appellante incidentale sentito sul punto all'udienza pubblica ha escluso che dalla eventuale reiezione dell'appello principale conseguisse una improcedibilità dell'appello incidentale, ed in assenza di evidenze contrarie il Collegio, nel rammentare la consolidata giurisprudenza secondo cui l'inutilità di una pronuncia di merito sulla domanda (anche incidentale) articolata dalla parte può affermarsi solo all'esito di una indagine "condotta con il massimo rigore, onde evitare che la declaratoria in oggetto si risolva in un'ipotesi di denegata giustizia e quindi nella violazione di un diritto costituzionalmente garantito" -Consiglio di Stato, Sez. VII, 10 agosto 2022, n. 7076; Id., Sez. VI, 12 settembre 2022, n. 7895; in particolare, "la dichiarazione di improcedibilità del ricorso per sopravvenuto difetto di interesse presuppone che, per eventi successivi alla instaurazione del giudizio, debba essere esclusa l'utilità dell'atto impugnato, ancorché meramente strumentale o morale, ovvero che sia chiara e certa l'inutilità di una pronuncia di annullamento dell'atto impugnato" Consiglio di Giustizia amministrativa per la Regione siciliana, 3 luglio 2020, n. 536) e passa allo scrutinio di quest'ultimo, che è comunque infondato.
Ai sensi dell'art. 5, comma 1, del vigente Regolamento di Amministrazione e Contabilità dell'Agenzia del Demanio, deliberato dal Comitato di Gestione in data 16 luglio 2019 e approvato con d.m. del 27 agosto 2019, "a livello centrale operano, alle dirette dipendenze del Direttore dell'Agenzia e sulla base degli indirizzi dallo stesso forniti, le seguenti strutture di vertice", e tra di esse, la "Direzione Governo del Patrimonio responsabile delle attività di indirizzo, supporto e monitoraggio sul complesso dei processi economico-gestionali e amministrativi per la gestione integrata del patrimonio immobiliare pubblico e il suo ottimale utilizzo, assicurando [...] il supporto specialistico su specifiche trattazioni complesse, atipiche o di interesse per il vertice, anche con la collaborazione delle strutture territoriali e delle altre strutture di centro".
Alla stregua di tale disposizione, la Direzione Governo del Patrimonio costituisce dunque la struttura dell'Agenzia specificamente preposta alla complessiva attività di indirizzo della gestione del patrimonio portata ad esecuzione alle Direzioni Regionali. A queste ultime compete infatti lo svolgimento dei processi operativi inerenti alla gestione e all'amministrazione dei patrimoni immobiliari, gestione e amministrazione che sono rigorosamente vincolate all'osservanza "degli indirizzi [...] delle strutture centrali" (art. 6, comma 3, del citato Regolamento di Organizzazione).
All'interno di tale assetto, il parere impugnato in primo grado costituisce, pertanto, doveroso esercizio dell'attività di indirizzo assegnata alle strutture centrali dell'Agenzia (nel caso di specie, alla Direzione Governo del Patrimonio).
Le direzioni regionali sono tenute a dare mera "attuazione", pur "in autonomia", agli indirizzi definiti dalle strutture centrali eseguendo "ogni processo operativo inerente la gestione e amministrazione dei patrimoni immobiliari gestiti" (art. 6, comma 3 del regolamento sopra citato).
Quanto sopra è sufficiente altresì per confutare la censura secondo cui i pareri impugnati non avrebbero il contenuto proprio degli atti d'indirizzo.
D'altro canto le determinazioni adottate sono coerenti con l'art.2 dello Statuto dell'Agenzia del Demanio, approvato dal Ministero dell'Economia e delle Finanze con nota prot. n. 3-2010 del 23.2.201, pubblicato sulla G.U. n. 58 dell'11.03.2010, che prevede, in tema di finalità e compiti, che l'Agenzia svolge tutte le funzioni e i compiti ad essa attribuiti dalla legge relativamente ai beni immobili dello Stato, e provvede, tra l'altro, a:
a) definire la loro ottimale composizione nel tempo e tutelarne l'integrità e la corretta utilizzazione, assicurando il soddisfacimento delle esigenze statali, anche attraverso le occorrenti acquisizioni, dismissioni e sdemanializzazioni;
b) assicurare le conoscenze complete ed aggiornate delle loro caratteristiche fisiche e giuridiche;
c) garantire i più alti livelli di redditività e definire e realizzare, anche in collaborazione con gli enti
locali, gli interventi finalizzati alla loro valorizzazione;
d) coordinare la programmazione dei loro usi ed impieghi nonché degli interventi edilizi sugli stessi, monitorandone lo stato di attuazione;
e) svolgere tutte le attività connesse e strumentali rispetto a quelle di cui alle precedenti lettere.
6. Parte appellata ripropone, poi, i motivi di ricorso ritenuti assorbiti dal Tar.
Parte appellata lamenta il difetto di motivazione e richiama l'art. 35 del codice della navigazione che stabilisce quale unico parametro ai fini della esclusione dal demanio marittimo l'utilizzabilità per i pubblici usi del mare.
Ne consegue, secondo parte appellata, che la determinazione negativa impugnata da un lato non sarebbe congruamente motivata in relazione ai pareri positivi antecedenti e dall'altro sarebbero ultronei gli interessi 'ambientali, dominicali, paesaggistici, idrogeologici, e comunque diversi dall'unico parametro legislativamente rilevante ai fini della sdemanializzazione: i "pubblici usi del mare" citati dall'art. 35 cod. nav..
7. La censura di difetto di motivazione contenuta nei motivi di primo grado riproposti è infondata.
Infatti l'Amministrazione ha fatto riferimento alla circostanza che nel territorio del Comune di -OMISSIS- erano state attivati quattro procedimenti di declassificazione che fanno riferimento alla necessità di una trattazione organica che affronti in modo unitario le problematiche poste dall'area vasta da considerare.
Inoltre non sono risolte le problematiche ambientali connesse alle singole aree per le quali è stata presentata l'istanza di declassificazione, come la presenza di dune all'interno dell'ambito sia le problematiche connesse alla cessione delle aree demaniali al Comune di -OMISSIS- che richiedono la soluzione di profili finanziari di gestione allo stato non risolti.
L'Amministrazione ha dunque congruamente motivato che l'attivazione di singoli procedimenti di sdemanializzazione lungo la fascia demaniale rischia di frammentare la linea demaniale al di fuori di una necessaria logica unitaria.
Ne consegue altresì che nelle more della soluzione dei problemi connessi a ciascun ambito la soluzione di preservare l'attuale dividente ha il pregio di essere caratterizzata da uniformità del confine demaniale.
8. In conclusione devono essere respinti l'appello principale, l'appello incidentale e i motivi di ricorso rimasti assorbiti in primo grado e riproposti.
La soccombenza reciproca impone di compensare le spese dell'appello.
P.Q.M.
Il Consiglio di Stato in sede giurisdizionale (Sezione Settima), definitivamente pronunciando sull'appello principale e sull'appello incidentale, come in epigrafe proposti, li respinge, e per l'effetto, conferma l'appellata sentenza.
Spese dell'appello compensate.
Ordina che la presente sentenza sia eseguita dall'autorità amministrativa.
Così deciso in Roma nella camera di consiglio del giorno 20 febbraio 2024 con l'intervento dei magistrati:
Fabio Taormina, Presidente
Fabio Franconiero, Consigliere
Raffaello Sestini, Consigliere
Marco Morgantini, Consigliere, Estensore
Rosaria Maria Castorina, Consigliere


L'ESTENSORE IL PRESIDENTE
Marco Morgantini Fabio Taormina





IL SEGRETARIO